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Genere e professione medica. Quali ostacoli alle carriere femminili?

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Academic year: 2021

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(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE

CORSO DI LAUREA IN

SOCIOLOGIA E MANAGEMENT DEL SERVIZIO SOCIALE

TESI DI LAUREA:

GENERE E PROFESSIONE MEDICA.

Quali ostacoli alle carriere femminili?

Relatore:

Prof. ssa Rita Biancheri

Candidata:

Simona Giacopinelli

(2)

INDICE

INTRODUZIONE ... 5

I. Lo sviluppo della medicina nel corso della storia…...………11

1.1. La malattia... 11

1.2. La nascita della medicina ... 13

1.2.1. La medicina come scienza ... 16

1.2.2. Differenza tra medicina e sanità ... 18

1.3. Dalla medicina Preistorica alla medicina Medioevale... 20

1.3.1. La medicina nell’Antico Egitto... 25

1.3.2. La medicina nell’Antica Grecia ... 27

1.3.3. La medicina in Epoca Preromana e in Epoca Romana 32 1.3.4. Il Medioevo ... 35

1.4. Gli sviluppi della medicina dopo la fine del Medioevo ... 39

1.4.1. La peste nera del Trecento ... 40

1.4.2. Il Quattrocento ... 44

1.4.3. Il Cinquecento... 46

1.5. Le trasformazioni Post-Rivoluzione Scientifica del Seicento . 48 1.6. La medicina e la sanità nel Settecento ... 51

(3)

1.8. Gli avvenimenti dell’Italia riunita ... 57

1.8.1. Dalla peste al colera: le malattie tra Ottocento e Novecento ... 61

1.8.2. Il dilagare di una nuova malattia ... 65

1.9. La riforma della sanità italiana post-bellica: dal Primo Dopoguerra alla legge 833/1978 alle riforme più recenti in materia sanitaria ... 67

1.9.1. Le riforme sovranazionali e d’oltre Oceano: la Carta di Ottawa e il Rapporto Flexner ... 71

II. La femminilizzazione della professione medica……….……75

2.1. Le donne e la professione medica ... 75

2.1.2. Maternità e levatrici: due facce della stessa medaglia .. 78

2.2. Il primo accesso delle donne alla professione medica ... 84

2.2.1. Le prime laureate in medicina e in Italia e a Pisa ... 87

2.2.2. Le prime laureate non sono Italiane ... 94

2.3. Giovani “medichesse” in un mondo maschilista ... 96

2.3.1. Perché tanta riluttanza nei confronti delle medichesse? ... 98

2.3.2. La collocazione professionale ... 100

2.3.3. Professione in un mondo composto da soli uomini ... 103

2.3.4. Gli anni del dopoguerra ... 109

(4)

2.4.1. Una vita professionale sempre più attiva ... 118

2.4.2. Nuovi ruoli per le donne nel sistema sanitario ... 120

2.4.3. Il rapporto con i colleghi ... 122

2.4.4. Il rapporto medico-paziente: un confronto fra i generi ... 125

2.5. Le dottoresse hanno davvero introdotto un nuovo modo di fare medicina?... 128

III. Le carriere femminili nei Dipartimenti di Medicina dell’Università di Pisa ... 132

3.1. Introduzione ... 132

3.1.1. Metodologia di indagine ... .134

3.1.2. La scheda di rilevazione ... 135

3.2. Analisi delle interviste ... 137

3.2.1. Vita privata ... 138

3.2.2. Percorso professionale ... 146

3.2.3. Analisi del grafico ... 151

3.2.4. Nascono nuovi concetti di medicina ... 157

3.3. Confronto di genere nelle carriere accademiche ... 161

3.3.1. Vita priva dei professori associati e dei professori ordinari ... 161

3.3.2. Percorso professionale dei professori ... 166

(5)

3.3.4. Nuovi concetti di medicina dal punto di vista dei

professori ... 168

3.4. La situazione delle carriere accademiche nel 2017 ... 170

CONCLUSIONI ... 175

1. Un tentativo di sintesi ... 175

2. Confronto tra le carriere accademiche ... 177

APPENDICE ... 180

BIBLIOGRAFIA ... 187

SITOGRAFIA ... 190

(6)

5

INTRODUZIONE

Solitamente ci rechiamo dal medico per ricevere le cure di cui abbiamo bisogno, senza dover necessariamente pagare ogni singola prestazione che riceviamo. Inoltre, i farmaci che ci vengono prescritti sono spesso gratuiti oppure hanno un costo per noi tutti molto accessibile. In realtà, la situazione che siamo abituati a vivere è frutto di tutta una serie di movimenti e trasformazioni che hanno portato alla nascita del Sistema Sanitario Nazionale1. Questo sistema di welfare

ha dato la possibilità ai membri di ogni classe sociale di accedere alla sanità. Dall’Ottocento e oltre, coloro i quali appartenevano alle classi sociali meno abbienti non potevano permettersi ogni genere di cura e né farmaci adeguati. Di fatto la salute è stata definita dall’OMS2 come: “uno stato di completo

benessere fisico, mentale e sociale e non la sempre assenza dello stato di malattia o infermità”. Si tratta di quindi una modalità di intendere la salute, non solo in relazione alla malattia, come di fatto è sempre stata storicamente intesa, bensì anche in relazione alla società o all’ambiente di vita. A questo proposito diventa sempre più importante il dibattito sull’inquinamento, che certamente ha comportato un malessere nelle persone, non solo di tipo fisico, ma anche di tipo mentale, per coloro i quali sono costretti a vivere in codesti ambienti. Nel seguente percorso di Tesi viene affrontato il dibattito storico in relazione alla nascita e allo sviluppo della medicina come scienza. In particolare si può osservare come la medicina come scienza sia una costruzione sociale

1 Il Sistema Sanitario Nazionale italiano è stato costituito inseguito all’emanazione della L. 833/1978.

2 Con la sigla OMS si fa riferimento all’Organizzazione Mondiale della Sanità, un ente sovranazionale, nato nel 1946, a cui tutti gli Stati aderenti devono rifarsi per quanto riguarda le normative relative alla sanità.

(7)

6 sviluppatasi in anni più recenti, poiché da sempre la medicina è stata frutto di credenze mistiche, anziché frutto di agenti patogeni che attaccano l’organismo umano. Per molto tempo la medicina ha avuto poco a che fare con la scienza e solo nel momento in cui questi due ambiti entreranno in contatto, nascerà la medicina vera e propria.

È anche, interessante, osservare che gran parte delle grandi malattie affrontate dall’umanità, siano state conseguenza dei commerci, poiché attraverso le navi venivano trasportati non solo generi alimentari, ma anche animali affetti dalle stesse malattie che durante il viaggio hanno infettato gli uomini dell’equipaggio, che a loro volta, arrivati nei porti, hanno infettato altre persone. Così, come una reazione a catena, malattie come la peste nera3, si sono

diffuse, causando la morte di moltissime persone4, in gran parte del mondo

Occidentale. Inoltre, il propagarsi delle malattie è stato aiutato dalla totale assenza di igiene nelle città post Rivoluzione Industriale, in cui vennero meno i sistemi fognari. Questi ultimi non furono adeguati al numero della popolazione sempre più in crescita, poiché si sviluppò una importante migrazione dalle campagne verso le città, di persone in cerca di un lavoro.

Nel corso della storia, il sapere scientifico, ha dovuto confrontarsi con le credenze popolari e in particolar modo con la Chiesa (specialmente in Italia). Quest’ultima inizialmente non concesse ai primi medici l’autorizzazione a studiare adeguatamente il corpo umano (si veda per esempio il divieto di praticare delle autopsie). Ma col tempo questi riuscirono ad ottenerne il permesso dalla Chiesa. Inizialmente, solo in alcuni periodi dell’anno, per

3 Con l’espressione, peste nera, si vuole fare riferimento all’epidemia di peste che colpì l’Europa tra il 1347 e il 1352.

4 Pare che la peste nera causò la morte tra i venti e i venticinque milioni di persone in tutta Europa.

(8)

7 arrivare a poterli praticare in qualsiasi momento lo ritengano opportuno alla finalità della didattica; da cui è risultato che, le autopsie, furono un ottimo strumento didattico da impiegare nelle università di tutta Europa.

Ciò che ha contribuito allo sviluppo della medicina, nel corso della storia, sono state anche le guerre. In questi momenti vi è stata una richiesta pressante di personale medico ed infermieristico da impiegare vicino ai campi di battaglia, per curare i soldati feriti, ma anche tutti i civili che furono coinvolti nei conflitti bellici. Ma grazie ai conflitti di ogni epoca, i medici riuscirono ad affinare sempre più, molte tecniche, che ancora oggi vengono utilizzate nella cura dei malati.

Le infermiere, furono una figura molto importante, perché svolsero un ruolo di supporto ai medici e soprattutto ai malati, in qualsiasi momento, sia durante i conflitti bellici, che in assenza di essi. È paradossale osservare il fatto che le donne furono estromesse, per lungo tempo, dalla possibilità di laurearsi in medicina e di praticare tale arte; ma di fatto svolgendo la professione di infermiere, poterono lavorare all’interno di tale professione, mostrando quelle capacità empatiche, che la società ha, da sempre, attribuito alle donne. Le prime infermiere della storia furono le mogli e le figlie di medici, che affiancarono nell’esercizio della loro professione quotidiana. Inizialmente tale professione non prevedeva alcun corso di preparazione, ma nell’Ottocento vennero fondate delle vere e proprie scuole, che prima di tutto insegnavano alle donne a leggere e a scrivere (vi era un alto tasso di alfabetizzazione) e poi tutto quello che concerneva la professione infermieristica.

Le donne, nel corso della storia, si avvicinarono alla professione medica non solo facendo le infermiere, ma anche facendo le ostetriche. Si tratta di un lavoro che era visto dalla società come totalmente femminile: donne che aiutano altre donne durante il parto. Solo nel momento in cui fu vietato alle donne di aiutare

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8 le partorienti, durante l’antica Grecia, queste ultime si rifiutarono di partorire, comportando conseguenze importanti, poiché non volevano essere aiutate in quel momento dagli uomini, in particolare per un senso di pudore. Come anche per le infermiere, anche per le ostetriche furono fondate delle scuole di preparazione nel corso dell’Ottocento, in modo che, grazie alle scoperte effettuate sul parto, in quegli anni, potessero essere trasmesse alle stesse.

Intorno alla fine dell’Ottocento, le donne, furono ammesse agli studi universitari, e questo comportò una svolta importante per queste ultime. Le donne hanno da sempre incarnato quella figura che si è sempre occupata della cura della famiglia e quindi dargli la possibilità di curare, non solo i membri della famiglia fu decisamente una svolta epocale. La loro ammissione, comunque, comportò non poche difficoltà, poiché per i colleghi di studi erano delle rivali nella ricerca di un posto di lavoro; mentre per i professori non erano adatte al lavoro negli Ospedali.

È interessante, allora, notare, come le prime laureate in Italia, abbiano scelto poco dopo aver conseguito il titolo di studio, di dedicarsi interamente alla cura della propria famiglia, scegliendo di non lavorare. A dimostrazione dell’idea, secondo cui una donna non può avere una famiglia e dedicarsi contemporaneamente alla carriera, come invece sono perfettamente in grado gli uomini. Tale idea, tipica della mentalità di fine Ottocento e dei primi del Novecento, pare comportare una differenziazione di genere, che nonostante siano passati tanti anni, continua ad essere presente all’interno del mondo medico, anche se con alcune differenziazioni.

Nel corso del Novecento, le donne hanno avuto la possibilità di dimostrare le loro capacità, in particolare nel settore medico, anche se gradualmente; sempre più donne sono riuscite a laurearsi e a dedicarsi ad una carriera, comportando

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9 però dei sacrifici importanti nelle rispettive famiglie, poiché le ore di lavoro per un ospedaliero sono molte, e in particolar modo i turni di notte.

Le medichesse, sono riuscite a conquistarsi sempre più ruoli all’interno dello stesso sistema sanitario, dove i settori di specializzazione sono cambiati. Mentre al momento dell’entrata delle donne all’interno della professione medica, queste venivano indirizzate verso alcune specializzazioni, come pediatria, ostetricia e ginecologia. Nel corso del XX secolo si è assistito ad un graduale aumento della presenza femminile in molte altre specializzazioni, che fin dall’inizio furono intese, invece, più adatte agli uomini. Non solo vi sono state più specializzazioni per le donne, ma risulta che queste, nell’ambito dello svolgimento della loro professione, riescano ad instaurare un rapporto migliore con i pazienti, per le loro capacità empatiche. Come, anche, sono in grado di instaurare migliori rapporti di lavoro con i colleghi, poiché paiono meno competitive, rispetto ai colleghi.

Nella parte finale di questo elaborato, è stata svolta un’analisi dettagliata di alcune interviste, fatte ai professori associati e ai professori ordinari, dei Dipartimenti di Medicina, dell’Università di Pisa. In particolare, è stata attuata una differenziazione di genere, poiché l’intenzione è stata quella di analizzare, inizialmente, i punti di vista delle dottoresse che ricoprono posizioni più vicine alla fine della carriera, cercando di comprendere qual è stato il percorso che le ha portate a ricoprire tale posizione, all’interno dell’Università. Mentre in una successiva fase è stato interessante analizzare i punti di vista dei colleghi, che ricoprono le stesse posizioni.

Dalla comparazione fra le interviste fatte sia ai professori che alle professoresse, sono emersi molti punti di convergenza, soprattutto in relazione alla possibilità per una donna di fare carriera all’interno dei Dipartimenti di Medicina. Mentre,

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10 contemporaneamente sono emersi dei punti di vista differenti, soprattutto in relazione all’impiego delle medicine alternative5.

È, inoltre, emerso che la presenza femminile all’interno dei Dipartimenti di Medicina, continua a scarseggiare. Mentre il numero dei laureati presenta una suddivisione equa per quanto riguarda il genere; nelle successive fasi della carriera, si può osservare una netta diminuzione della presenza femminile, in particolar modo nell’ultima fase della stessa. Perciò è stato interessante andare ad indagare le possibili cause di tale fenomeno.

Insomma, il mondo della medicina pare essere ancora un mondo esclusivamente maschile, mentre le donne, a discapito di tutte le lotte per la parità di genere, continuano ad essere relegate in particolari settori, diversi rispetto a quelli delle prime laureate, ma comunque quello che si prefigge tale elaborato è che se continua ad esistere la segregazione di genere.

5 Con medicine alternative si vogliono indicare tutti quelle pratiche impiegate nella cura di varie patologie, per le quali non esistono prove scientifiche della loro efficacia; e qualora vi sia stata una verifica sperimentale, è stata ravvisata l’inefficacia e spesso anche la relativa pericolosità.

(12)

11

CAPITOLO I:

LO SVILUPPO DELLA MEDICINA NEL CORSO DELLA STORIA

1.1. La malattia.

La parola “malattia” ha sempre fatto parte del linguaggio quotidiano, dall’antichità ad oggi, ed ha indicato, a seconda dell’epoca storica, sempre situazioni differenti, accomunate da uno stato di malessere fisico e a volte anche psichico. Tutto ciò, però, a seconda dell’epoca storica è stato interpretato sulla base delle conoscenze che gli uomini di “scienza” possedevano in quel dato periodo storico.

Attualmente viene usata, quasi in maniera interscambiabile, con la parola “salute”. Infatti se si legge attentamente la definizione che ne dà l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)6 possiamo notare che si tratta di:

“uno stato di completo benessere fisico, sociale e mentale, e non soltanto l’assenza di malattia o di infermità”.

Prosegue specificando che: “la salute viene considerata non tanto una condizione astratta, quanto un mezzo finalizzato ad un obbiettivo che, in termini operativi, si può considerare una risorsa che permette alle persone di condurre una vita produttiva sul piano individuale, sociale ed economico. La salute è una risorsa per la vita quotidiana e non lo scopo dell’esistenza. Si tratta

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12 di un concetto positivo che valorizza le risorse sociali e personali, oltre alle capacità fisiche”7.

Con tale definizione l’OMS ha voluto mettere in evidenza una serie di aspetti, come l’uso di risorse economiche adeguate, il cibo, l’abitazione, un ecosistema stabile ed un uso sostenibile delle risorse. Essi sono dei requisiti ritenuti ormai essenziali in tutto il Mondo Sviluppato, mentre spesso vengono messi in secondo piano in Paesi in via di Sviluppo e soprattutto in quelli Sottosviluppati. La Salute, infatti, nei Paesi Sviluppati, viene considerata un diritto fondamentale; per esempio nella Costituzione Italiana l’articolo 32 riconosce il diritto alla salute come fondamentale diritto dell’uomo e della collettività8.

Inoltre, come riportano nell’Introduzione del testo “Sociologia della Salute” D. Caricaburu e M. Ménoret, oggi si ritiene che: “ogni malattia ha una componente sociale, anche se la malattia e la salute, a lungo, hanno avuto come riferimento esclusivo la sfera organica e sono state colte all’interno di un solo registro interpretativo: quello medico”9. Con tale frase i due sociologi intendono

affermare che si è scoperto che la malattia ha sempre un risvolto di tipo sociale e non solo di malessere fisico. Spesso un malato cronico ha difficoltà ad intrattenere rapporti sociali all’interno di una rete amicale e questo comporta un suo isolamento, che avrà sicuramente ripercussioni sul suo stato di malessere. Essi proseguono affermando che: “Solo di recente i modi d’essere che comunemente chiamiamo malattia e salute si sono affrancati da un ambito

7 Definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità riportata nella Carta di Ottawa del 1948.

8 Articolo 32 Costituzione Italiana: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto

dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

9 Carricaburu D. e Ménoret M., in Sociologie de la santé, ed. Armand Colin, Paris 2005, edizione italiana a cura di Mario cardano, ed. il Mulino, Bologna 2005

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13 strettamente biologico e individuale per essere riconosciuti nella loro dimensione collettiva e politica”10. Questo è accaduto, secondo i due sociologi,

perché la sociologia ha iniziato recentemente ad occuparsi di salute, anche se si tratta di una disciplina nuova, che ha ancora pochi riconoscimenti, ma che molti sociologi auspicano venga presa sempre più in considerazione, in particolare dai politici.

Come già riportato sopra, storicamente la malattia e la salute non erano riconosciute come lo sono oggi, né tanto meno vi erano dei riferimenti all’interno delle Costituzioni, che sono comunque frutto dell’ultimo decennio del ‘700 e di tutto il corso dell’800 e poi del ‘900, come conseguenza di alcuni moti rivoluzionari che sono avvenuti nei vari Paesi e che hanno comportato una sempre maggiore richiesta di riconoscimenti da e per il Popolo. Anche la Costituzione italiana, del 1948, parla di uguaglianza, che riguarda qualsiasi aspetto della vita degli uomini e delle donne, compresa la salute.

1.2. La nascita della medicina.

Il termine “medicina” deriva dal latino médeor, cioè curare, apportare le cure a qualcuno. “Tale sostantivo viene tuttora usato per intendere tutto ciò che reca sollievo, conforto, consolazione”11. A. Castiglioni, invece, la definisce come:

“ogni tentativo di rimediare con le proprie forze o con l’aiuto di altri al dolore,

10 D. Carricaburu e M. Ménoret, op. cit. pag. 7. 11https://doc.studenti.it

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14 al danno o al pericolo causato da infermità sopravvenuta per varie cause visibili o invisibili, note o ignote, rientra nell’ambito della Medicina”12.

La storia della medicina è inesorabilmente collegata alla storia dei luoghi, degli ambienti, delle strutture, delle epidemie e ovviamente dei malati. Essa si occupa proprio di ricostruire, attraverso delle datazioni precise, tutti quei passaggi che hanno affrontato le varie malattie nel corso dei tempi e dei mezzi posti in opera per lo studio di esse e per la loro cura13.

In particolare colui che è considerato il primo storico della medicina è Cornelio A. Celsio, vissuto nel I secolo d.C. nell’Impero Romano. Fabio Cavalli riporta proprio nella sua introduzione alla Breve storia della medicina, che Celso nella sua opera più celebre, il De re medica, fa un riepilogo “della storia della medicina dalla guerra di Troia fino ad Asclepiade, mostrando come la medicina degli antichi non solo mantenesse integra tutta la sua validità, ma che alcuni aspetti della medicina a lui contemporanea ed in particolare quelli che contraddicevano gli assunti antichi erano senza dubbio deteriori rispetto a questi ultimi”14. Ma già prima di Celsio ci fu un signore che si fece strada

nell’ambito medico e questo fu Ippocrate, famoso filosofo che si occupò, tra le altre cose, anche di medicina. A questo proposito F. Cavalli afferma che Ippocrate nel suo Sulla Medicina Antica: “ipotizzava che la nascita della medicina (e della gastronomia, sua parente strettissima) fosse concisa con l’uscita dell’uomo della “ferinità”, ovvero dello stato di natura”15. In sostanza

Cavalli intende affermare che per Ippocrate era importante l’uso di

12 Definizione di Medicina div A. Castiglioni riportata in Enciclopedia Treccani, conosciuta anche come Enciclopedia Italiana.

13https://doc.studenti.it

14 F. Cavalli, in Breve storia della medicina. Antichità e Medioevo, Anno Accademico 2013/2014, introduzione

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15 un’alimentazione corretta, che si adattasse alle persone sia in caso di assenza di malattie che in presenza di malattie. Attualmente, però, i medici, secondo gli storici della medicina del XX secolo d.C., si discostano molto dal pensiero di Ippocrate e di Celsio, non solo perché sono venuti molti secoli dopo di loro, ma anche perché ormai la medicina del ‘900 ha la presunzione di essere in grado di sconfiggere ogni male, sia del passato che del futuro. Di fatto, la medicina dei tempi di Ippocrate e di Celsio non fu in grado di sconfiggere alcuna malattia a loro contemporanea, arrivando ad utilizzare anche spiegazioni a volte un po' magiche e dettate dalle credenze religiose.

Spesso, nell’antichità la malattia era frutto di un elemento soprannaturale e quindi la funzione di cura veniva svolta da un “sacerdote” della divinità, come un intermediario di essa. Questo tipo di medicina viene detta, per questo elemento di intermediazione e per la natura magica dei riti e dei miti che vi sono alla base, medicina teurgica, o sacrale, o magica, o carismatica, o superstiziosa. Essa va però distinta dalla medicina magica, in quanto quest’ultima presuppone la presenza di un Dio in veste di spirito maligno e di uno stregone-mago, ossia un suo sacerdote, che ha la capacità di conferire salute e malattia per mezzo della magia. Poi c’è stato l’avvento della medicina istintiva o naturale, che presupponeva la ricerca di erbe o radici da poter applicare sulle ferite tramite impacchi, oppure per poterne fare delle bevande che possono apportare benessere al malato. Infine, l’ultimo tipo di medicina che si è incontrato nel corso del tempo fu quella empirica, che presupponeva l’applicazione del metodo scientifico, il quale si basava e si basa tutt’oggi, sull’osservazione dei fenomeni. Ovviamente la vera scienza nasce nel momento in cui l’uomo non si accontenta di osservare semplicemente i fatti, bensì inizia a cercare delle possibili spiegazioni ai fenomeni che osserva in natura.

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16

1.2.1. La medicina come scienza.

Nel linguaggio quotidiano viene immediato affermare che la medicina sia una scienza che ha per oggetto i fenomeni che alterano o possono alterare la funzionalità dell’organismo umano, e quindi si interviene con lo scopo di mantenere o ripristinare, mediante gli opportuni mezzi preventivi o terapeutici, lo stato ottimale delle condizioni di salute16. Invece nella definizione riportata

nella Enciclopedia Treccani vi è un riferimento alla medicina come: “ogni tentativo di rimediare con le proprie forze o con l’aiuto di altri al dolore, al danno o al pericolo causato da infermità sopravvenute per varie cause visibili o invisibili, note o ignote, rientra nella medicina”17.

Un elemento che caratterizza la medicina contemporanea è sicuramente la presenza di due anime: da una parte è possibile parlare di clinica, terapia e cura; mentre dall’altra parte si può parlare di medicina preventiva, di sanità ed igiene. Questa distinzione è importante perché da un lato si possono osservare quegli interventi che potrebbero rendersi necessari qualora ci si trovi difronte ad una malattia, ad un malessere fisico della persona; mentre, dall’altro lato si osservano voci, come la medicina preventiva o la sanità o l’igiene, in quanto ad oggi la medicina moderna in un modo o nell’altro cerca di attuare delle politiche di “prevenzione”, con l’intento di evitare di arrivare, per esempio, all’ospedalizzazione del paziente. Con l’intento, quindi, di limitare il numero di ricoverati all’interno degli ospedali, in quanto si è già intervenuti prima che la malattia si acutizzi e richieda cure e terapie più complesse e spesso anche più costose. Infatti, la prevenzione è un elemento estremamente importante, su cui la sanità attuale fa molto affidamento: in Italia, uno dei sistemi migliori di

16 Definizione riportata dal Grande dizionario della lingua italiana, a cura di Battaglia. 17 Definizione riportata dall’Enciclopedia Italiana Treccani alla voce medicina.

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17 prevenzione sono i vaccini, anche se recentemente vi sono molte polemiche relative a tale tema, poiché molti ritengono essere frutto solo di interessi di Case Farmaceutiche e non somministrati per apportare benefici alla popolazione. Va poi specificato, che con l’espressione, medicina come scienza, si intende lo studio della medicina come corpo di conoscenze; ossia sulla base dell’insieme delle conoscenze biologiche che si hanno sull’uomo: com’è fatto il corpo umano, come funziona, come si conserva, come si “guasta” (in presenza di una malattia) e infine come si può riparare, quando è “guasto”, cioè malato. In particolare la medicina si fonda sulle scienze biologiche, che hanno a che fare con oggetti di studio ben precisi, cioè i corpi umani e gli organismi viventi. Tale scienza considera anche i fattori ambientali, che come già riportato sopra, influenzano gli organismi viventi e sono legati indissolubilmente alla loro storia.

Sicuramente dalla seconda metà dell’Ottocento la base scientifica, sperimentale e tecnologica si è allargata esponenzialmente, grazie alle scoperte che ci sono state non solo in campo medico ma anche in altri campi scientifici. La medicina, ha assimilato quel paradigma riduzionistico e meccanicistico tipico delle scienze fisico-chimiche di quel periodo storico, le quali sono state poste alla base della nascita della medicina sperimentale. Come conseguenza, in questo stesso periodo, si è venuta a creare una sempre più netta distinzione tra il medico ricercatore e il medico pratico. Essi diventano, appunto, col passare del tempo, due specializzazioni nettamente separate, in quanto l’uno si occupa di fare ricerca in laboratorio, mentre l’altro si occupa in prima persona dei pazienti, o meglio delle persone, poiché è questo che sono, anche se non sempre gli viene riconosciuto questo status. L’Ottocento, è stato il secolo in cui si è iniziato ad intendere il corpo umano come una sorta di macchina e la malattia come un suo guasto da trovare in un suo organo. Tutto ciò, però, ha portato alla

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18 spersonalizzazione, all’incapacità di contemplare l’individualità e la storia del paziente, i quali sono elementi estremamente importanti per individuare le cause del malessere e la possibile cura.

La medicina oltre che una scienza, per molti è anche un’arte. In particolare, nel famosissimo giuramento di Ippocrate, che i medici continuano a recitare al momento della l’abilitazione, riconosce alla medicina una componente artistica: “con innocenza e purezza io custodirò la mia vita e la mia arte”. In questa prima frase, si può notare, come i medici giurino di custodire un’arte, che è quella della professione medica, e non una scienza. Proseguendo nel giuramento di Ippocrate, esso recita: “la vita è breve, l’arte è vasta, l’occasione fuggevole, l’esperienza fallace, il giudizio difficile”. Nell’esercizio di tale professione sono importanti: l’esperienza, che sicuramente non deriva solo dai libri di testo ma anche dalla pratica continua, e il giudizio con cui Ippocrate intendeva affermare che non è facile prendere delle decisioni sulla vita di altre persone.

1.2.2. Differenza tra medicina e sanità.

Medicina e Sanità non sono la stessa cosa: molto spesso nel linguaggio quotidiano tendono ad essere usati come sinonimi, quasi come se fossero la stessa cosa, ma in realtà non lo sono. Sono nomi che designano una stessa realtà, ma su livelli differenti. Secondo Cosmacini la sanità o la salute riguardano un: “fenomeno naturale e sociale, interfaccia di strutture profonde, biologiche ed economiche”18, ciò significa che la salute è un fenomeno sociale, e

quindi frutto della società in cui quelle date persone risiedono, la quale a sua

18 G. Cosmacini, in Storia della medicina e della sanità in Italia. Dalla peste europea alla guerra

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19 volta viene influenzata dalle tradizioni, dagli usi e dalle credenze locali. La sanità allora è un qualcosa di mutevole, proprio perché è legata alla società che è un’organizzazione di individui in continuo mutamento. Allo stesso tempo la sanità è anche un fenomeno naturale, in quanto nelle società di ogni tempo si è sempre cercato di costituire delle modalità per apportare delle cure agli stati di malessere degli individui e contemporaneamente si sono sempre preferite quelle persone che venivano definite “sane” in quanto si potevano impiegare meglio nel lavoro, sia che fosse nei campi o che fosse nelle fabbriche, a seconda dell’epoca storica. Infatti, la medicina è: “un epifenomeno, o un fenomeno sovrastrutturale, che si modella sul fenomeno sottostante, con il quale interagisce, modificandolo”19. Qui, Cosmacini da una spiegazione della

medicina come un fenomeno composto da più strutture che interagendo tra loro portano al raggiungimento del risultato che era stato prefissato in partenza. Medicina e sanità, come afferma Cosmacini, sono: “mutabili e modificabili nel tempo, ambedue sono variabili storiche, interdipendenti, del rapporto uomo/natura, in ambito individuale, e del rapporto uomo/società, in ambito collettivo”20. Come già riportato sopra, essi sono frutto della tecnica, della

scienza, della cultura, della mentalità, che sono proprie e caratterizzanti ogni epoca storica. Esse sono sempre state e continuano tutt’oggi ad essere in interazione tra di loro: poiché sono collegate, non si può non parlare dell’una senza parlare dell’altra. È la medicina a dichiarare, nella persona del medico, “elevandosi sopra a qualsiasi altra cosa”, se un individuo è sano oppure no, e in quest’ultimo caso è lei ad indicare quali sono i “passi” da fare per raggiungere la completa salute fisica della persona.

19 G. Cosmacini, op. cit. pag. X Introduzione. 20 G. Cosmacini, op. cit. pag. X Introduzione.

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20 Nella definizione che dà Cosmacini di medicina si evince come sia intesa in relazione a: “l’insieme delle teorie e delle pratiche finalizzate a non perderla o a riacquistarla”21. Essa è l’insieme di strutture che raggruppano tutte le teorie e le

pratiche che portano la persona a riacquistare il suo status di benessere fisico, ma oggi possiamo aggiungere anche psicologico: poiché il benessere fisico va di pari passo con quello psicologico. Al contrario la salute, è intesa dallo storico della medicina, come: “il bene o il bisogno primario che corrisponde a una tecnologia e a un’antropologia specifiche, mediche appunto”22. Per questo

motivo la medicina e la sanità vengono usate in maniera interscambiabile nel linguaggio quotidiano: sono una la conseguenza dell’altra. A questo proposito Ariés riferisce che la medicina e la sua storia vanno di pari passo con la storia dell’umanità, con tutti gli avvenimenti storici, in particolare quelli bellici, ma è anche legata a tutte le pestilenze che si sono susseguite nel corso del tempo ai quattro angoli del mondo. Il sociologo prosegue affermando che: “la storia della salute è storia di una umanità anonima in cui, tuttavia, ciascuno di noi può riconoscersi”23. Di fatto, nell’anonimato dell’umanità la salute è sempre stata

presente e sempre la sarà e ogni uomo potrà sempre riconoscersi al suo interno.

1.3. Dalla medicina preistorica alla medicina medioevale.

Tradizionalmente si tende a far coincidere la nascita della medicina con la società greca, in particolare quella di Ippocrate o della “scuola” di Cnido24. In

21 G. Cosmacini, op. cit. pag. IX Introduzione. 22 G. Cosmacini, op. cit. pag. XIII Introduzione.

23 Ph. Ariés, Storia delle mentalità, in La nuova Storia, in Mondadori, Milano 1980, p. 147.

24 A metà del VI secolo a.C. nasce a Cnido quella che è considerata la prima vera scuola di medicina scientifica, con un indirizzo di ricerca ben preciso anche se tendente alla semplificazione sia per quanto riguarda la spiegazione delle malattie che gli interventi terapeutici a cui ricorrere. Anche se il concetto di patologia fu piuttosto rudimentale, in quanto

(22)

21 realtà, F. Cavalli afferma, che la medicina ha iniziato ad essere praticata ben prima dello sviluppo della civiltà greca: già durante la Preistoria, inseguito alla formazione di alcune società strutturate e più complesse di cacciatori-raccoglitori, l’umanità dovette avere a che fare con la diffusione di alcune malattie infettive.

Circa due milioni di anni fa, con l’inizio del Paleolitico, periodo in cui l’uomo ha lentamente imparato a produrre, accumulare e trasmettere saperi, tecniche e strumenti per adattarsi all’ambiente e a poterlo trasformare. Tale periodo fu caratterizzato da bande di cacciatori-raccoglitori, composte da soggetti nomadi o semi-nomadi. Tale tipo di società era di tipo egualitario, in quanto mancava di stratificazione sociale: infatti le risorse sono ivi egualmente distribuite. Ma al termine dell’era glaciale i ghiacci lasciarono spazio a vaste foreste, laghi ed acquitrini, comportando un cambiamento nelle abitudini di vita negli uomini e negli animali. Tutto ciò ebbe come conseguenza, il passaggio dalla società Paleolitica a quella Neolitica, caratterizzata non più da cacciatori-raccoglitori, bensì da agricoltori.

In questo periodo, anche se F. Cavalli afferma che non sono state trovate molte prove a riguardo, la medicina inizia ad essere intesa come una forma di: “strategia per il mantenimento dello stato di salute e come correzione delle sue alterazioni”25. Sicuramente la diffusione di alcune malattie infettive

ogni singolo sintomo era considerato un fenomeno completamente isolato e relativo solo all’organo che era colpito. Le malattie, infatti, venivano suddivise in due grandi gruppi: quelle riconducibili all’apparato respiratorio e quelle riguardanti problemi di carattere intestinale. Inoltre, anche la terapia era poco sviluppata, in quanto si basava sulla somministrazione al paziente di latte, siero e succhi di alcune piante. Tali rimedi venivano adottati caso per caso sulla base dell’esperienza diretta o delle innumerevoli conoscenze che i medici di Cnido avevano acquisito nell’osservazione delle malattie e che erano state raccolte in varie opere conservate nella biblioteca della scuola.

(23)

22 comportarono una lotta alla vita di quegli stessi uomini: avevano a disposizione solamente l’alimentazione, caratterizzata da carne, in quanto erano cacciatori, e dai frutti che raccoglievano in natura o che iniziarono a coltivare loro stessi. Infatti, la manipolazione di alcuni ortaggi, avvenne intorno all’8.500 a.C. nella Mezzaluna Fertile, seguita a distanza di alcuni secoli dall’allevamento di pecore e capre26. L’uomo del Neolitico apparteneva ad una società caratterizzata da

una suddivisione in villaggi, solitamente in prossimità di corsi d’acqua, poiché tali terreni erano di più facile coltivazione. Si trattava, solitamente, di gruppi con parentele riconosciute, anche se il sistema di governo era ancora informale e tutti erano eguali, in quanto non vi erano classi sociali, le quali nasceranno successivamente al Neolitico.

In tale tipo di contesto, spesso poco igienico, le malattie parassitarie tendevano a svilupparsi più facilmente. Infatti, la costante vicinanza uomo-animale ha comportato una maggiore proliferazione di malattie, come: la diffusione della zanzara anopheles27, soprattutto a causa di continui disboscamenti si venne a

creare un habitat a loro sempre più compiacente. Tale zanzara causò svariare malattie, tra cui la malaria: esse erano pressoché sconosciute ai cacciatori-raccoglitori, infatti quando erano nomadi o semi-nomadi e non vivevano a stretto contatto con gli animali non soffrivano di nessuna pestilenza. A discapito dell’insorgenza di tali malattie, la sedentarietà permetteva di ridurre il rischio legato ad una scarsa alimentazione, che come conseguenza ha una maggiore capacità riproduttiva. Infatti, lo sviluppo di tali villaggi ha comportato, col tempo, lo sviluppo di sempre migliori tecnologie e strategie per la cura delle malattie infettive. Non ci sono però pervenute molte informazioni

26 F. Cavalli, op. cit. pag. 1.

27 La zanzara anopheles è il vettore principale di trasmissione di numerose patologie parassitiche che colpiscono l’uomo, come la malaria.

(24)

23 a riguardo: “non sappiamo ovviamente come questa medicina primitiva fosse amministrata né le strategie terapeutiche, che probabilmente erano diverse a seconda della geomorfologia degli insediamenti e quindi della prevalenza dell’una o dell’altra malattia. Sta di fatto che pochi millenni dopo, nelle grandi città-stato, troviamo testimonianze di una classe specializzata di “operatori della sanità” che, ovviamente, doveva far fronte alle stesse crisi del mondo neolitico ma amplificate dalla maggiore densità abitativa”28.

Grazie alla “rivoluzione” urbana, avvenuta intorno al IV millennio nella Mezzaluna Fertile, territorio compreso tra il Nilo, il Mediterraneo Orientale e la Mesopotamia29, ebbe uno sviluppo molto importante una civiltà, sia a livello

sociale che tecnologico. In particolare, fu proprio la scrittura, inventata nel III millennio a.C., a rendere tale popolo così avanti rispetto ai popoli contemporanei. In particolare, tale popolo, ci ha lasciato un testo, denominato Codice di Hammurabi30, databile all’inizio del II millennio, e in cui sono

contenute, oltre a numerose leggi che indicano il funzionamento dello stato babilonese, come alcune disposizioni sulle ricompense o sulle punizioni per le

28 F. Cavalli, op. cit. pag. 1.

29 La Mesopotamia era un territorio, che fu denominato in questo modo dagli Antichi Greci. 30 Il Codice di Hammurabi è una fra le più antiche raccolte di leggi scritte che sia pervenuta fino ad oggi. Esso fu scoperto dall’archeologo J. De Morgan nell’inverno 1901-1902 fra le rovine della città di Susa. Fu stilato durante il regno del re babilonese Hammurabi che regno dal 1792 a.C. al 1750 a.C. circa. Le disposizioni di legge contenute nel Codice sono precedute da un prologo nel quale il sovrano si presenta come rispettoso della divinità, distruttore degli empi e portatore di pace e di giustizia. Il Codice è una raccolta di duecento ottantadue disposizioni, di cui però una parte è andata distrutta. Le disposizioni sono state ordinate dal re Hammurabi di Babilonia e furono scolpite in caratteri cuneiformi su una stele di basalto raffigurante alla sommità il re in piedi, in atteggiamento di venerazione di fronte al dio solare della giustizia. Il Codice, al suo interno, è suddiviso in capitoli che riguardano varie categorie sociali e di reati, e abbraccia molte delle possibili situazioni dell’umano convivere del tempo, dai rapporti familiari a quelli commerciali ed economici, dall’edilizia alle regole per l’amministrazione della repubblica e della giustizia. Grazie alla sua vastità tutt’oggi siamo a conoscenza del funzionamento di tale società.

(25)

24 prestazioni professionali dei medici31. Il Codice assieme ad una serie di altri

manufatti simili, sono attualmente conservati nella città di Ninive e sono stati molto utili in quanto hanno consentito agli storici di: “intuire la concezione della salute e della malattia in questo periodo, così come pure le tecniche mediche”32. La medicina praticata in questo periodo storico era basata sulla

religione, poiché la malattia era considerata un castigo divino e il compito del medico era quello di combattere, in tutti i modi a lui possibili, quei demoni che “attaccavano” il corpo umano. Perciò si può affermare che la medicina fosse appannaggio della classe sacerdotale, in cui alcuni sacerdoti, che praticavano esorcismi e scongiuri, erano affiancati dai medici-sacerdoti. La terapia, a sua volta, consisteva nel cercare di rientrare nuovamente nelle grazie della divinità da parte del malato, che doveva esorcizzare in qualche modo il demone responsabile del suo stato di salute, attraverso esorcismi, preghiere ed offerte. A sua volta il medico disponeva di un discreto: “armamentario di tipo farmacologico: ci sono pervenute notizie su circa duecentocinquanta piante curative oltreché su alcuni rimedi minerali o di origine animale riportate negli elenchi delle tavolette di Ninive”33. I medici babilonesi, praticavano, inoltre,

della chirurgia, che però era piuttosto limitata rispetto a quella attuale e che si occupava soprattutto di: “fratture e delle ferite, anche se l’odontoiatria conosceva la protesica e la cura delle carie mediante piombaggio”34.

31 F. Cavalli, op. cit. pag. 1. 32 F. Cavalli, op. cit. pag. 1. 33 F. Cavalli, op. cit. pag. 2. 34 F. Cavalli, op. cit. pag. 2.

(26)

25

1.3.1. La medicina nell’Antico Egitto.

Sempre nella Mezzaluna Fertile, e più precisamente nella Valle del Nilo, risiedette, tra il 3185 a.C., fino alla sua decadenza avvenuta tra il 1070 e il 663 a.C., il popolo egizio. Questo popolo fu caratterizzato da una struttura fortemente gerarchizzata di tipo piramidale dove all’apice vi era un re teocratico, detto Faraone. Di conseguenza, F. Cavalli afferma che: “i medici hanno una struttura fortemente gerarchizzata con al vertice il medico personale del Faraone”35. La medicina, qui, era di esclusiva competenza dei sacerdoti, in

quanto univa una competenza magica ad una di tipo colto. A questo proposito è importante osservare come la letteratura medica egiziana, tramandata fino ad oggi in numerosi papiri, ci abbia consentito di conoscere appieno il tipo di medicina praticata da tale popolo: in particolare sono “rappresentate dal papiro Ebers (1500 a.C. circa) e dal papiro Edwin Smith, a cui si affiancano i papiri di Kahoun, Hearst, Londra, ed altri frammenti minori”36. Il primo è un rotolo

scritto in ieratico37, che contiene un ricettario38 sui composti da somministrare ai

malati e un trattato sui vasi sanguigni che: “pone il cuore come responsabile del polso e al centro di una complessa rete di vasi che portano nutrimento alle membra”39. Ancora, la visita medica era caratterizzata da diverse fasi:

“ispezione dove valuta l’aspetto del paziente, stato di coscienza, potere uditivo, odore, secrezioni; semiotica, misura del polso, temperatura e osservazione delle

35 F. Cavalli, op. cit. pag. 3. 36 F. Cavalli, op. cit. pag. 3.

37 La scrittura ieratica fu utilizzata nell’Antico Egitto nel quotidiano. Essa si legge sempre da destra verso sinistra; inizialmente poteva essere scritta sia in verticale che in orizzontale, ma dopo la XII dinastia si standardizzò in senso orizzontale. Tale tipo di scrittura fu utilizzata per tutto il periodo dei faraoni fino al periodo greco-romano, per essere sostituito, intorno al 660 a.C., dal demotico e inseguito dal greco; anche se la classe sacerdotale continuò ad utilizzare lo ieratico fino al III secolo a.C.

38 Il ricettario riguarda un insieme di miscele a base di erbe, che i medici Egiziani impiegavano nella cura dei pazienti, per le loro qualità curative.

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26 feci e delle urine; prognosi, ovvero l’affermazione della possibilità terapeutica”40. Quindi, l’ispezione, la semiotica e la prognosi sono le fasi che, il

medico egiziano, deve osservare rigorosamente per poter fare una diagnosi accurata dello stato di salute del paziente e per poter, poi, somministrargli la terapia più adeguata al suo stato.

Erodoto, storico greco del V secolo a.C., ci ha, inoltre, tramandato che i medici egiziani erano: “divisi in specialisti di singole (o gruppi di) malattie”41. Qui, si

può notare come le suddivisioni in specializzazioni all’interno di tale popolo, comportarono la costituzione di una medicina molto avanzata per l’epoca, se paragonata a quella degli altri popoli confinanti, anche se rimaneva appannaggio esclusivo dei sacerdoti e non di una classe medica ben precisa, come accadrà in epoche successive.

Per quanto riguarda i tipi di malattie, scoperte grazie ai Papiri di cui sopra e grazie alle scoperte degli archeologi avvenute sulle mummie, sono emerse diverse patologie di tipo infettivo-parassitario, caratterizzate dalla presenza di acque ristagnanti, conseguenti, in particolar modo, alle esondazioni del fiume Nilo: “le mummie ci mostrano evidenze di vaiolo, poliomielite e tubercolosi ma anche malattie legate al ciclo alimentare come la trichinosi o la cisticercosi”42.

Queste, sono tutte malattie che hanno trovato una cura solo in anni più recenti a noi, in particolar modo grazie ai vaccini, i quali sono riusciti (quasi) a debellare tali malattie. In particolare: il virus del vaiolo si localizza a livello della piccola circolazione della cute del cavo orale e della faringe, e si manifesta con un’eruzione maculo-papulare e con vesciche piene di liquido43; la poliomielite è,

40 F. Cavalli, op. cit. pag. 11. 41 F. Cavalli, op. cit. pag. 12. 42 F. Cavalli, op. cit. pag. 12. 43 Cfr.https://it.wikipedia.org

(28)

27 invece, un’infiammazione della sostanza grigia del midollo spinale, si tratta di una malattia infettiva contagiosa che si diffonde da persona a persona, in particolare per via oro-fecale44.

F. Cavalli, mette in risalto un aspetto interessante della medicina Egizia, che è quella dell’ortodonzia. Infatti, dai rilevamenti avvenuti sulle mummie è emerso che: “le dentature egizie sono caratterizzate da forte usura della superficie occlusale dentaria con frequente esposizione della polpa e formazione di ascessi, cisti apicali e fenomeni osteomielitici mascellari e mandibolari”45.

L’autore, prosegue specificando che: “questo elevato grado di usura dello smalto si può osservare nel caso di masticazione di alimenti particolarmente abrasivi, talora conseguenti ad uso di macine di pietra costruite con materiale poco compatto”46. Molti ritengono che ciò sia dovuto al fatto che gli egiziani

masticassero frequentemente steli di papiro, ricchi di particelle di silice.

1.3.2. La medicina nell’Antica Grecia.

Lo sviluppo dell’Antica Grecia ha avuto origine a partire dal III millennio a.C. sull’Isola di Creta. Questa popolazione ebbe un importante sviluppo proprio grazie ai commerci che intraprese nel Mar Mediterraneo, in particolare con l’Egitto. Infatti, le prime testimonianze sulle pratiche mediche di tale popolazione ci sono pervenute dagli scritti egiziani: pare che la medicina non fosse un esclusivo appannaggio della classe sacerdotale, come invece accadeva

44 Cfr.https://it.wikipedia.org 45 F. Cavalli, op. cit. pag. 13. 46 F. Cavalli, op. cit. pag. 13.

(29)

28 in Egitto, e che tale popolo apprezzasse molto le proprietà curative termali, di cui noi oggi siamo a conoscenza47.

All’inizio del II millennio la Grecia venne progressivamente occupata da popolazioni indoeuropee culturalmente affini agli Ittiti: gli Achei. Tale popolo aveva una struttura sociale di tipo tribale, spesso in lotta tra di loro e quindi munite di fortificazioni poste a protezione delle acropoli. Questo periodo storico è stato caratterizzato, da una medicina mostrata in una duplice veste: “quella di tipo medico-magico e quella empirico-razionale”48. L’autore prosegue

spiegando che nell’Iliade la medicina di tipo medico-magico si “esplica attraverso una tradizione che porta a Chirone, il migliore dei Centauri (mostri originali della Tessaglia) descritto come educatore e maestro dell’arte sacra della medicina”49. Mentre, nell’Odissea, la medicina empirico-razionale è

rappresentata dai medici dell’Egitto: “terra che, a parere d’Omero “produce molti farmaci, molto buoni e, misti con quelli, molti mortali; e ognuno è medico, esperto al di sopra di molti uomini, perché stirpe sono di Pèone”50. Tali scritti,

che ci sono pervenuti nel corso di tanti secoli, riescono ancora a darci una perfetta fotografia della vita quotidiana di tali popoli, all’interno della quale si inserisce perfettamente la medicina.

Le cause delle malattie presenti in questo periodo storico erano di tipo religioso, in quanto era dio a decretare chi dovesse ammalarsi e chi, invece, dovesse essere sano. Oltre a tale spiegazione, erano riconosciute le ferite e le morti inseguito ad eventi bellici, come ferite da taglio. F. Cavalli, afferma che Omero: “appare accurato nella descrizione del tipo di ferita e nella terminologia

47 F. Cavalli, op. cit. pag. 14. 48 F. Cavalli, op. cit. pag. 16. 49 F. Cavalli, op. cit. pag. 16. 50 F. Cavalli, op. cit. pag. 16.

(30)

29 adottata, tanto da far pensare non tanto ad Omero come “medico militare” come fantasiosamente ebbe a sostenere Frolich oltre un secolo fa, quanto ad una società guerriera in qualche modo permeata dalla medicina e dal suo lessico”51.

Di certo, secondo Cavalli, nella società in cui viveva Omero era comune adottare termini specifici quando si riferivano all’ambito medico e quindi fu normale per l’autore greco utilizzare tali tipi di descrizioni così appropriate sia nell’Iliade che nell’Odissea. Inoltre, all’interno dell’Odissea e probabilmente anche nella società greca del II millennio a.C., i medici erano visti come degli artigiani di valore e in particolare: “sono questi i medici demiurgi che praticano la loro arte per vivere e sono portatori di una tecnica e di un’esperienza lungamente tramandata”52.

Nel VI secolo a.C. l’Antica Grecia iniziò a praticare il Culto di Asclepio, presso un santuario fuori dalla città di Epidauro. F. Cavalli, a questo proposito, descrive tale Santuario come luogo in cui si svolgevano sia una funzione di cura che di culto degli dei, a cui i malati si rivolgevano per chiedere di essere guariti. Il malato, quindi, si reca presso il luogo di culto, in cui deve purificarsi prima di accedere al luogo sacro: doveva dormire per ben tre notti nell’abaton in attesa di ricevere una visita dal dio Asclepio ed ottenere la cura. Se la cura non avveniva erano i sacerdoti del tempio, quelli dediti alla funzione di “medici”53, a

prendersi cura del malato.

F. Cavalli spiega che: “per molti storici della medicina, la medicina occidentale nasce nell’ambito della discussione ionica sulla Natura, quindi tra VI e V secolo

51 F. Cavalli, op. cit. pag. 16. 52 F. Cavalli, op. cit. pag. 17.

53 I medici che erano dediti alla cura dei malati all’interno del tempio di Asclepio erano di fatto dei medici e non semplicemente dei sacerdoti del luogo di culto, infatti vanno distinti dai sacerdoti propriamente detti, i quali si occupavano esclusivamente della divinità.

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30 a.C.”54. Tra il VI e il V secolo a.C. ci fu un importante sviluppo economico della

Grecia classica, che a sua volta comportò un importante benessere economico dove iniziarono a svilupparsi alcuni dibattiti su svariati temi sulla Natura, che: “porterà alla nascita del pensiero scientifico occidentale”55. Inoltre, grazie a

questo sviluppo economico, nacquero sempre più importanti scambi commerciali, attività artigianali ed industriali, favorendo la formazione di una nuova classe commerciante, che mise in crisi l’aristocrazia terriera conservatrice, comportando un sempre maggiore benessere comune. In questo contesto economico nacque Ippocrate, il quale, secondo una lettura di Platone, fatta da F. Cavalli, era considerato: “il medico per antonomasia”56. Lo storico

prosegue, inoltre, affermando che: “Ippocrate seguiva un metodo secondo il quale non era possibile curare la singola malattia, e il singolo paziente, ‘senza conoscere la natura del tutto’”57. In sostanza, secondo quanto ci è pervenuto ad

oggi, grazie agli scritti di Platone, sappiamo che Ippocrate riteneva importante osservare il paziente nel suo complesso e non semplicemente quella parte specifica malata. Questo pensiero è ancora ritenuto importante dai medici di oggi, in quanto molti specialisti ritengono che una buona anamnesi sia utile a comprendere al meglio le motivazioni che stanno alla base dello stato di malessere in cui versa la persona. Il pensiero di Ippocrate può essere così sintetizzato in tre punti principali: “dare alla medicina uno statuto epistemologico tenendola però separata dalla filosofia della Natura; trasformare la medicina da un’arte familiare a una disciplina che possa essere insegnata ad altri; ribadire la capacità del medico, fatta di acume, esperienza e conoscenza,

54 F. Cavalli, op. cit. pag. 19. 55 F. Cavalli, op. cit. pag. 19. 56 F. Cavalli, op. cit. pag. 24-25. 57 F. Cavalli, op. cit. pag. 25.

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31 per esprimere una diagnosi e fornire una terapia”58. Tali presupposti, sono

importanti ancora oggi, in quanto continuano ad essere applicati dai medici nell’applicazione pratica della loro professione. Sicuramente, però, tale pensiero fu ben rivoluzionario rispetto al periodo storico in cui visse Ippocrate, in cui, la medicina aveva una connotazione prettamente religiosa.

Durante sviluppo dell’Ellenismo, ossia tra la morte di Alessandro all’unificazione del Mediterraneo da parte di Augusto, intorno a circa il 30 d.C., fu caratterizzato dalla diffusione di alcuni valori e dalla cultura greca. La medicina che si sviluppò in questo periodo storico offrì ai medici greci “un ambiente ideale per condurre le proprie ricerche”59. Secondo Cavalli i sovrani

Tolomei, siti in Alessandria d’Egitto, ebbero l’intento di rafforzare il proprio prestigio grazie alla promozione della cultura: raccolsero all’interno della città molti testi della tradizione greca del V e del IV secolo nel Corpus Hippocraticum. In questo contesto la figura del medico fu intesa come: “un soggetto che racchiude nella sua disciplina non solo la pratica diagnostico-terapeutica ma anche l’esercizio di una ricerca teorica relativamente disinteressata alla terapia, ricerca che il medico “ippocratico” della Grecia dei secoli precedenti non poteva coltivare per motivi di tempo e per mancanza di adeguate strutture ‘pubbliche’”60. Il medico, così, iniziò ad unire la pratica diagnostico-terapeutica

con la ricerca teorica della terapia. Hanno anche la possibilità, in questo periodo storico, di: “[superare il tabù] dell’apertura del corpo e quindi agli studi anatomici e anatomo-fisiologici, ovvero all’apertura della ‘scatola nera’”61.

Quindi, durante il periodo ellenistico si superano quelle credenze “mistiche” sulla sacralità del corpo umano, a vantaggio della possibilità di comprendere

58 F. Cavalli, op. cit. pag. 26. 59 F. Cavalli, op. cit. pag. 26. 60 F. Cavalli, op. cit. pag. 26. 61 F. Cavalli, op. cit. pag. 27.

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32 come funziona realmente e di conseguenza anche di come può avvenire un suo mal funzionamento.

1.3.3. La medicina in Epoca Preromana e in Epoca Romana.

Dal IX-VIII secolo a.C. in Italia, e più precisamente nei territori corrispondenti alle attuali regioni di: Toscana, Pianura Padana a nord, Umbria, Lazio settentrionale e Campania a sud, si sviluppò la società etrusca. Essa ebbe un importante sviluppo fino al V-IV secolo a.C., quando i Romani conquistarono, progressivamente, tutte le loro città. Tale popolo fu organizzato in città-stato indipendenti, facenti parte di una federazione, a cui capo vi erano dei sovrani, affiancati da un consiglio di anziani e da un’assemblea popolare.

Il tipo di medicina praticata dagli Etruschi non era particolarmente avanzata rispetto a quella di altre popolazioni più antiche. Fondamentalmente essa era esercitata da un pater familias, ossia il padre di famiglia che era anche custode delle memorie degli antenati e “fuoco domestico”, attorno al quale si veneravano gli dei della famiglia62.

Con l’espansione dei Romani in tutta la Penisola Italica, a partire dal II millennio a.C., dal Lazio centro-meridionale, si assistette all’inglobazione di altre popolazioni presenti nella Penisola, in particolar modo degli Etruschi. In questo periodo la medicina era appannaggio del pater familias, proprio come nel caso degli Etruschi, il quale aveva l’obbligo di occuparsi della salute della famiglia, che al suo interno comprendeva gli schiavi e i capi di bestiame posseduti. F. Cavalli, riferisce che, alcuni enciclopedisti, quali Varrone o Catone erano “informati circa la presenza di una terapia tradizionale talora unita alla

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33 pratica dello scongiuro e di una piccola chirurgia, dedicata sostanzialmente alla cura dei traumi e delle ferite”63. Da tale affermazione si può desumere che i

Romani, all’inizio del loro “dominio” sulla Penisola, praticavano una tipologia di medicina che era basata essenzialmente sul culto degli dei e degli antenati; anche se ovviamente venivano curate diversamente le ferite di guerra, in quanto veri e propri traumi visibili esternamente.

Con l’arrivo dei medici greci, intorno all’ultimo ventennio del III secolo a.C., la medicina romana iniziò una lenta trasformazione: inizialmente, questi non furono accolti favorevolmente dalla società romana, ma col tempo iniziarono ad essere sempre più ben voluti. Questo accade in quanto “la medicina greca ha le carte in regola per essere vincente: a prescindere dall’efficacia, che doveva essere perlomeno superiore a quella della medicina tradizionale anche per un più ampio armamentario farmaceutico e chirurgico, proponeva una spiegazione naturale delle malattie assieme ad una interpretazione globale dell’uomo e del mondo, ossia una solida base epistemologica per una disciplina che pur restando una technè, cioè un’arte “meccanica” nondimeno si presentava come razionale e specialistica, degna quindi di un professionista e degna anche di essere opportunamente ricompensata”64. Riprendendo quando già detto sopra,

la medicina greca era la più avanzata nel Mediterraneo dell’epoca, in quanto non basava semplicemente le sue credenze su fatti “mistici”, bensì sull’esperienza e su di una base epistemologica.

Sarà, poi, l’epoca imperiale a dare un maggiore slancio alla figura del medico, come scienziato, riprendendo gli insegnamenti dei medici greci. Infatti, in questo periodo si sviluppano delle “sette mediche”, ossia gruppi con a capo un “padre fondatore”, che funge anche da guida per il gruppo stesso. Di fatto, si

63 F. Cavalli, op. cit. pag. 32. 64 F. Cavalli, op. cit. pag. 33.

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34 trattava di: “un fenomeno che non interessa, se non marginalmente, la prassi terapeutica e lo studio delle malattie, quanto un fenomeno letterario medico sulla discussione”65. In sostanza, tali gruppi non hanno comportato alcun

cambiamento per quanto riguarda le terapie da adottare, bensì hanno sviluppato una fiorente letteratura.

Inoltre, si può osservare la presenza di: “cliniche private (come la “casa del chirurgo di Pompei, che contiene numerosi strumenti), infermerie di campagna destinate ai soldati, la cui vita era preziosa per l’Impero, e infermerie nei grandi latifondi, destinate agli schiavi, la cui forza lavoro era una ricchezza da preservare”66.

Con l’avvento del Cristianesimo, tra il I e il II secolo d.C., si ebbe una particolare influenza sulla concezione del rapporto tra il corpo e la salute: questo accade in quanto “le fonti cominciarono ad essere di origine cristiana e soprattutto di tipo monastico, cioè provenienti da una élite intellettuale che aveva fatto dell’ortodossia un principio di vita e, per certi versi, di potere”67. Di fatto, gli

insegnamenti cristiani ebbero il sopravvento sul modo di concepire i fatti quotidiani dei romani e ciò comportò una sorta di retrocessione, rispetto a quanto gli stessi avevano appreso principalmente dai medici greci. Sempre inseguito all’affermarsi del Cristianesimo, in particolare dal IV secolo, D. Carricaburo ed M. Ménoret affermano che: “si [svilupparono] delle vere e proprie strutture di “carità”, spesso per iniziativa di ricchi convertiti che decidono di consacrare una villa al ricovero di povere gravemente malati”68.

Tali membri della nobiltà romana, appena convertiti al cristianesimo,

65 F. Cavalli, op. cit. pag. 33.

66 D. Carricaburu e M. Ménoret, op. cit. pag. 16. 67 F. Cavalli, op. cit. pag. pag. 35.

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35 abbracciarono il nuovo credo, nella sua interezza, decidendo di dedicare una villa di loro proprietà a tutti coloro ne avevano bisogno. Contemporaneamente con l’emanazione di un testo di medicina a Bisanzio, da parte del Concilio di Nicea, nel 325 d.C., “in cui si chiede ai vescovi di allestire in ogni città uno xenodochium destinato ad accogliere i viaggiatori e i poveri che abbiano necessità di cure: per esempio, il fondo di Edessa, in Terra Santa, poteva ospitare fino a 300 persone”69. Così nacquero gli xenodochium, ossia: “una

struttura di appoggio ai viaggi nel Medioevo, adibita a ospizio gratuito per pellegrini e forestieri”70. In questo modo i pellegrini che volevano dirigersi

verso i luoghi santi potevano farlo in tutta tranquillità.

1.3.4. Il Medioevo.

Per l’esattezza il Medioevo si suddivise in due parti: l’Alto e il Basso Medioevo. Il primo va: dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente, avvenuta circa tra il 476 e l’anno 1000. In questo periodo si ebbe una profonda crisi sia economica che sociale. Infatti, molti anni di guerra e la peste comportarono una drastica diminuzione demografica.

In Occidente, dal VI secolo d.C. si svilupparono delle istituzioni ospedaliere cristiane, di modeste dimensioni e non paragonabili a quelle bizantine. D. Carricaburo e M. Ménoret illustrano tali istituzioni ospedaliere, all’interno di edifici già esistenti come: “il più delle volte sono strutture inserite nelle abitazioni messe a disposizione da ricchi credenti, e vengono chiamate, in Francia, “Maison-Dieu” oppure ‘Hotel-Dieu’”71. Si tratta di strutture situate

69 D. Carricaburu e M. Ménoret, op. cit. pag. 16. 70 Cfr.https://it.m.wikipedia.org

(37)

36 vicino ai luoghi di culto, come alle Cattedrali, e sono gestite dai Vescovi: non erano Ospedali propriamente detti, bensì si trattava di centri in cui era assente un personale medico specializzato, e in cui, di fatto, si nutrivano e si facevano alloggiare i più bisognosi. Ma poiché le condizioni igieniche in cui i “pazienti” versavano erano “spaventose”72, a detta dei due sociologi francesi,

probabilmente causavano ancora più danni che in loro assenza. Per via della mancanza di posti letto, spesso venivano posizionati più malati in un letto solo, senza attuare alcuna distinzione di patologia, causando, spesso ancora più danni: questi luoghi diventavano un centro di proliferazione di malattie ed infezioni, anziché un luogo di cura vero e proprio. Nei secoli successivi, tra il XIII e il XIV, grazie a sempre più numerose donazioni agli Hotel-Dieu, si verificarono sempre più abusi nella loro gestione finanziaria e morale, a svantaggio sempre di tutti coloro i quali vi venivano ricoverati. Essi, infatti, nel XVII cedettero il passo agli ospedali generali, istituti, in Francia, da Luigi XIV. Dall’VIII secolo nacquero gli hospitalia, ossia luoghi in cui i pellegrini: “potevano trovare riparo ed eventualmente farsi curare”73. In ogni monastero vi

era un monaco specializzato nell’uso delle piante medicinali, che utilizzava per curare i pellegrini. Anche se, i sociologi riferiscono che secondo J. Imbert74

sostiene che: “la preoccupazione maggiore di queste congregazioni religiose restava la salvezza delle anime e non la cura dei corpi malati”75. Quindi, tali

medici Medievali preferivano occuparsi della salvezza delle anime dei malati di cui si occupavano, piuttosto che della salvezza del corpo umano.

72 D. Carricaburu e M. Ménoret, op. cit. pag. 17. 73 D. Carricaburu e M. Ménoret, op. cit. pag. 17. 74 J. Imbert, Les Hospitaux en France, Paris 1996, PUF. 75 D. Carricaburu e M. Ménoret, op. cit. pag. 17.

Riferimenti

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