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Modellazione ed analisi di un sistema basato sulla Pressure Retarded Osmosis

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Academic year: 2021

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Scuola di Ingegneria

Corso di Laurea in Ingegneria Energetica

Modellazione ed analisi di un sistema basato sulla

Pressure Retarded Osmosis

Relatori Candidato

Prof. Umberto Desideri Francesco Orciuolo

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Indice

1 Introduzione ... 1

2 Stato dell’arte osmosi ... 3

2.1 Concentrazione e pressione osmotica ... 3

2.2 Caratteristiche dei fenomeni osmotici ... 5

2.2.1 Osmosi inversa e dissalazione ... 7

2.2.1.1 Tipologie di impianti di dissalazione ... 8

2.2.1.2 Taglie esistenti... 10

2.2.1.3 Recovery e pressione operativa ... 11

2.2.1.4 Specific Energy Consumption (SEC) ... 12

2.2.2 Pressure Retarded Osmosis ... 13

2.2.2.1 Cenni storici ... 13

2.2.2.2 Potenziale osmotico e massima energia teoricamente estraibile ... 15

2.2.2.3 Energia realmente utilizzabile e rendimento di processo ... 17

2.2.2.4 Fenomeni secondari intrinsechi al processo ... 19

3 Caratteristiche impiantistiche RO e PRO ... 23

3.1 Membrane ... 23

3.1.1 Materiali ... 24

3.1.2 Geometrie ... 26

3.1.3 Parametri caratteristici ... 29

3.2 ERDs (Energy Recovery Devices) ... 31

3.3 Modularità e architetture realizzabili ... 36

4 Modellazione dei fenomeni fisici ... 39

4.1 Modello semplificato del dissalatore ... 39

4.2 Modellazione della pressure retarded osmosis ... 42

4.2.1 Modello fisico del sistema ... 46

4.2.2 Calcolo iterativo del flusso permeato ... 52

4.2.3 Variazione dei parametri tra l’ingresso e l’uscita ... 53

4.2.4 Imposizioni di controllo ... 55

5 Metodologia nell’analisi delle prestazioni del PRO ... 57

5.1 Validazione del modello ... 57

5.1.1 Confronto tra fluidi diversi ... 61

5.2 Confronto utilizzando membrane diverse ... 66

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6.1 RO stand-alone ... 70

6.2 Integrazione RO+PRO ... 72

6.2.1.1 Primo layout impiantistico ... 73

6.2.1.2 Secondo layout impiantistico ... 74

6.2.2 Utilizzo di membrane più performanti ... 75

7 Risultati ... 76

7.1 Analisi di sensibilità ai parametri operativi ... 76

7.2 Consumi specifici di energia RO e RO+PRO a confronto ... 81

7.3 Utilizzo di membrane più performanti ... 83

8 Conclusioni e prospettive future ... 86

Bibliografia ... 87

(4)
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1

1 Introduzione

Data la necessità della riduzione dei consumi di combustibili fossili nell’ambito energetico al fine di rallentarne l’esaurimento e ridurne l’impatto ambientale, un crescente interesse è rivolto alle fonti di energia rinnovabili o quasi rinnovabili. Oltre alle fonti più diffuse (solare, eolico e biomassa) sono studiate altre forme di energia potenzialmente sfruttabili che permettano l’ampliamento del mix energetico derivante da fonte rinnovabile.

Ne è un esempio la tecnologia basata sulla “Pressure Retarded Osmosis” (PRO), ancora allo stato sperimentale, che ha lo scopo di ottenere energia dall’espansione in turbina di un flusso d’acqua in pressione permeato attraverso una membrana semi-permeabile sfruttando il potenziale osmotico esistente tra due liquidi a diversa concentrazione.

La letteratura esistente si concentra sullo studio di applicazioni della PRO che utilizzano coppie di soluzioni con una consistente differenza di concentrazione ed una bassa concentrazione media, legata all’utilizzo di soluzioni poco saline come acqua di fiume. Queste coppie presentano però degli svantaggi dovuti ad esempio alla aleatorietà della portata (quando una delle due soluzioni è acqua di fiume) e alla scarsa potenziale diffusione (quando una delle due soluzioni è acqua iper-salina dei laghi salati). Per tali motivi in questo lavoro di tesi è stato proposto lo sfruttamento dell’acqua di mare come soluzione a bassa concentrazione in coppia con una portata costante di una soluzione a più alta concentrazione (salamoia) derivante da un processo industriale.

Dato che i modelli in letteratura si sono rivelati eccessivamente semplificati per permetterne l’utilizzo quando entrambe le soluzioni presentano alta concentrazione, l’obbiettivo del presente lavoro è ottenere un modello più versatile che non sia influenzato dalle caratteristiche degli ingressi al PRO.

Lo sviluppo di tale modello permette di valutare le prestazioni della tecnologia PRO per la produzione di potenza con flussi ad alta concentrazione salina anche integrata ad un processo industriale energivoro per ridurne i consumi. Il processo industriale che meglio si presta è un processo di dissalazione ad osmosi inversa. La scelta dell’integrazione con osmosi inversa è dettata da motivi pratici di affinità di processo

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2

riguardanti i fluidi utilizzati, i pre-trattamenti e post-trattamenti necessari e la possibilità di integrazione senza onerose aggiunte al sistema.

L’integrazione di un sistema basato sulla PRO ad un processo RO permette potenzialmente di ottenere un duplice vantaggio: riduzione del consumo specifico di energia (SEC) dell’RO e post-trattamenti meno intensivi, perché effettuati su una salamoia a concentrazione inferiore.

La possibilità di ridurre i consumi specifici è valutata secondo due layout impiantistici integrati che si differenziano in base alla localizzazione del recupero energetico e ai flussi che ne prendono parte. Questi consumi sono messi a confronto con quelli derivanti da un dissalatore ad osmosi inversa non integrato.

Utilizzando una soluzione a bassa concentrazione (5 g/L), e una membrana sperimentale più performante, sono infine presentate le possibili prestazioni ottenibili allo stato attuale e in prospettiva nell’ambito dei sistemi integrati RO+PRO

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3

2 Stato dell’arte osmosi

Con il termine osmosi viene inteso un processo di diffusione tra due soluzioni liquide miscibili a concentrazioni diverse di soluti, separati tra di loro attraverso una membrana [1]. A seconda delle sue proprietà la membrana può permettere la permeazione del solo solvente (membrana semi-permeabile) o anche del soluto. Quando si ha una membrana semi-permeabile perciò sarà teoricamente presente un unico flusso di solvente che attraverserà la membrana dalla soluzione meno concentrata verso quella più concentrata. Se invece la membrana non è selettiva i flussi saranno due, uno di solvente e uno di soluto, e avranno direzione opposta Il fenomeno dell’osmosi è quindi condizionato dalle tipologie di soluzioni liquide che ne prendono parte e dalla tipologia di membrana che le separa. Le tipologie di soluzioni liquide forniscono il potenziale osmotico in termini di differenza di concentrazione e pressioni osmotiche, mentre le membrane definiscono la qualità con la quale il potenziale osmotico può essere sfruttato. Nel capitolo 2.1 verrà spiegata la fisica ed i fattori condizionanti il fenomeno dell’osmosi, mentre nel capitolo 3.1 saranno presentate le membrane in termini di proprietà, configurazioni geometriche e materiali.

2.1 Concentrazione e pressione osmotica

L’indice che fornisce indicazioni riguardo il potenziale osmotico di una soluzione è la pressione osmotica. Quindi, per due liquidi con la stessa pressione idrostatica, maggiore sarà la differenza di pressione osmotica tra due fluidi, maggiore sarà la forza motrice che tende a ristabilire l’equilibrio osmotico. Esiste quindi una forma di energia, chiamata energia osmotica, teoricamente sfruttabile, che risulta proporzionale alla differenza di concentrazione delle due soluzioni. Ribaltando la prospettiva, in presenza di equilibrio osmotico (Δc = 0) è necessaria una spesa energetica per creare una differenza di concentrazione tra le due soluzioni, e questa spesa sarà tanto maggiore quanto più alta è la differenza di concentrazione desiderata. Quest’ultimo è il principio su cui si basano i dissalatori ad osmosi inversa.

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4

Esistono differenti correlazioni che legano la pressione osmotica di una soluzione e la sua concentrazione. Tra queste l’equazione più comunemente nota ed utilizzata è l’equazione di Van’t Hoff:

𝜋 = 𝑖 ∗ 𝑅 ∗ 𝑇 ∗ 𝑀𝑟 [Pa] 2.1) Dove:

π= pressione osmotica della soluzione;

i = fattore di Van’t Hoff (variabile a seconda del soluto); R = 8,3145 J/mol*K costante universale del gas;

T = temperatura assoluta della soluzione in °K; Mr = molarità del soluto in mol/L.

L’equazione di Van’t Hoff indica come la pressione osmotica sia funzione oltre che della concentrazione molare della soluzione, anche della temperatura e del tipo di soluto dissolto. Questa equazione non è propriamente esatta, ma è sufficientemente accurata per soluzioni poco concentrate.

Per soluzioni più vicine alla saturazione vengono proposte equazioni più precise. Una di queste è l’equazione di Morse che ha una forma simile all’equazione di Van’t Hoff ma si differenzia in quanto utilizza la concentrazione molale [mol/kg] invece che quella molare [mol/L]:

𝜋 = 𝑖 ∗ 𝜌 ∗ 𝑅 ∗ 𝑇 ∗ 𝑀𝑙 [Pa] 2.2) Utilizzando l’equazione di Morse si ha il vantaggio che la molalità non è funzione della densità.

L’equazione che risulta valida per un più ampio range di concentrazioni è quella che si basa sull’attività dell’acqua aw e sui volumi molari Vm :

𝜋 = 𝑅𝑇

𝑉𝑚 ln (𝑎𝑤) [Pa] 2.3)

Prendendo come riferimento quest’ultima equazione che è la più accurata, un confronto con le altre equazioni in figura 2-1 mostra come l’equazione di Van’t Hoff e l’equazione di Morse non modificata superata una certa concentrazione si discostino molto con approssimazioni non più accettabili [1].

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5 Figura 2-1 Confronto tra le diverse correlazioni utilizzate per calcolare la pressione osmotica in funzione della concentrazioni [1]

Se si escludono fonti iper-saline come i laghi salati, difficilmente si trattano liquidi con concentrazioni che superano il 7% in peso di soluto. Questo spiega perché l’equazione di Van’t Hoff, a fronte di una maggior semplicità, è largamente utilizzata senza introdurre grossolani errori di approssimazione.

2.2 Caratteristiche dei fenomeni osmotici

I fenomeni nei quali entra in gioco il processo di osmosi sono scindibili in due categorie che si differenziano in base ad un confronto tra:

• Il potenziale osmotico tra due fluidi, caratterizzato dalla loro differenza di pressione osmotica Δπ;

• La differenza di pressione idrostatica (o idraulica) ΔPi.

Si parlerà semplicemente di osmosi nel caso in cui Δπ > ΔPi: il flusso di soluto migrerà

dalla soluzione più concentrata a quella più diluita ed il flusso di solvente dalla soluzione più diluita a quella più concentrata, secondo cioè le direzioni che tendono all’equilibrio. Questo fenomeno avviene naturalmente fintanto che Δπ =ΔPi. Nel caso

in cui non esista differenza di pressione idrostatica, al nuovo stazionario, le due soluzioni avranno la stessa concentrazione e la differenza di pressione osmotica sarà nulla. Questo caso particolare (ΔPi = 0) viene chiamato “osmosi diretta” (forward

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contrastata in alcun modo. Nel caso in cui invece ΔPi ≠ 0, ma risulti comunque

inferiore alla pressione osmotica, il processo di osmosi viene in parte contrastato ritardando la permeazione del flusso, per tale ragione è stato coniato il termine “osmosi ritardata dalla pressione” (Pressure Retarded Osmosis).

Quando invece ΔPi > Δπ il flusso di solvente inverte la sua direzione di permeazione,

migrando dalla soluzione più concentrata a quella più diluita. Questo fenomeno è chiamato osmosi inversa (Reverse Osmosis) ed è ampiamente utilizzata al giorno d’oggi negli impianti di dissalazione dell’acqua di mare. La figura 2-2 riassume i rapporti tra ΔP e Δπ nei tre fenomeni osmotici.

L’osmosi inversa richiede una spesa energetica per aumentare la pressione di uno dei due fluidi in esame, e permettere la permeazione del liquido nella direzione del gradiente di concentrazione negativo. Questa spesa sarà proporzionale alla Δπ dei due fluidi.

Figura 2-2 Andamento del flusso d’acqua in funzione della differenza tra la pressione idrostatica e la pressione osmotica ai due lati della membrana. Valori di flusso positivi indicano il passaggio dell’acqua dalla soluzione più concentrata a quella più diluita (gradiente di concentrazione decrescente), mentre i valori negativi indicano il passaggio dalla soluzione più diluita a quella più concentrata (gradiente di concentrazione crescente) [2]

In base alla direzione del flusso d’acqua permeata, vengono definite le due soluzioni in funzione del lato della membrana in cui si trovano. Sarà definito lato “draw” il lato di estrazione, cioè il lato verso il quale permeerà il solvente, ed lato “feed” il lato di alimentazione, cioè il lato da dove verrà prelevato il flusso d’acqua.

L’entità in modulo del flusso di acqua pura che attraversa la membrana si calcola come:

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- Per la Forward Osmosis e la Pressure Retarded Osmosis (Δπ > ΔP) [3], [4] [5]:

𝐽𝑤 = 𝐴 ∗ (∆𝜋 − ∆𝑃) [m3/m2*s] 2.4)

Con il flusso d’acqua che attraverserà la membrana nella direzione che va dal lato a bassa concentrazione al lato ad alta concentrazione. Questa permeazione cesserà nel momento in cui i due lati avranno raggiunto concentrazioni uguali (nella configurazione FO per la quale abbiamo ΔP = 0) o l’uguaglianza tra la pressione osmotica e quella idrostatica (nella configurazione PRO per la quale invece ΔP ≠ 0).

- Per la Reverse Osmosis (ΔP > Δπ) [6]:

𝐽𝑤 = 𝐴 ∗ (∆𝑃 − ∆𝜋) [m3/m2*s] 2.5)

Con il flusso d’acqua che attraverserà la membrana nella direzione che va dal lato ad alta concentrazione al lato a bassa concentrazione. Questa permeazione avviene nella direzione opposta al caso precedente, grazie alla spesa di energia utilizzata per mettere in pressione il lato feed allo scopo di avere ΔP > Δπ. Le relazioni sopra mostrate rappresentano i flussi che avremmo attraverso la membrana nel caso non fossero presenti effetti secondari che nella realtà ne compromettono il funzionamento.

Nei prossimi capitoli saranno presentati nello specifico l’osmosi inversa RO e l’osmosi a pressione ritardata PRO per evidenziarne i loro campi di applicazione e le loro grandezze caratteristiche.

2.2.1 Osmosi inversa e dissalazione

La principale applicazione per cui viene utilizzato il processo di osmosi inversa è la dissalazione dell’acqua di mare.

Sempre più paesi al mondo devono convivere con la scarsità di approvvigionamenti idrici. Infatti solo il 2,5% dell’acqua presente sulla Terra rispetta le caratteristiche di “acqua dolce” e se valutiamo le fonti superficiali accessibili la percentuale scende allo 0,008%. In conseguenza di ciò il processo di dissalazione dell’acqua di mare ha attratto a se sempre più interesse portando ad una rapida diffusione di diverse tecniche per ottenere acqua a bassa concentrazione dall’acqua di mare [7].

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Comunemente con il termine acqua dissalata viene inteso un volume d’acqua all’interno del quale la concentrazione di solidi disciolti totali sia inferiore a 1000 mg/L. Utilizzando questo valore come limite superiore, sono stati imposti limiti nazionali e sub-nazionali al valore della concentrazione di total dissolved solid (TDS) all’interno dell’acqua per poterla considerare potabile. Ad esempio la World Healt Organization (WHO) ritiene che la concentrazione massima di TDS affinché l’acqua possa essere considerata potabile sia di 250 mg/L, mentre la U.S. Environmental Protection Agency (EPA) propone come limite secondario (non obbligatorio) una concentrazione massima di 500 mg/L.

Quindi le aziende operanti nel settore della dissalazione lavorano con impianti che permettono di ottenere in uscita flussi d’acqua con valori di concentrazione di TDS pari a 500 mg/L o inferiori [6].

2.2.1.1 Tipologie di impianti di dissalazione

Complessivamente le tecniche utilizzate ed in fase di sviluppo nell’ambito della dissalazione sono mostrate in figura 2-3.

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Le due categorie principali di impianti di dissalazione con le quali sono ottenuti volumi di acqua con queste concentrazioni sono quelle che utilizzano processi termici e quelli che utilizzano processi a membrana.

Tra queste quelle che hanno avuto uno sviluppo maggiore e occupano una posizione di rilievo nel mercato mondiale sono la Multi-Stage Flash Desalination (MSF) e la Reverse Osmosis (RO) che insieme coprono più dell’80% della capacità totalmente installata al mondo.

Storicamente, il primo impianto di dissalazione industriale sfruttava il processo termico. In breve tempo ai processi di dissalazione termici per evaporazione, più intuitivi, si sono affiancati i processi di dissalazione a membrana.

Consolidata la tecnologia, si è assistito ad un aumento esponenziale della capacità di produzione di acqua dissalata nel mondo (Fig.2-4)

Figura 2-4 Andamento della capacità installata di impianti di dissalazione dal 1945 fino al 2004 [6]

Nonostante il rapido sviluppo delle tecniche a membrana i paesi del Medio Oriente continuano ad avere per più dell’85% della loro capacità totale di dissalazione impianti termici. I motivi principali di questa scelta sono due:

1) Vantaggio economico dei dissalatori termici, che necessitano in input combustibili fossili ottenibili a basso costo in Medio Oriente;

2) Limiti tecnici dovuti alle alte pressioni richieste dai dissalatori ad osmosi inversa necessarie alla dissalazione di acqua ad alta salinità dei mari circostanti che sottoporrebbero la membrana a sollecitazione talvolta intollerabili.

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Al di là dei paesi del Medio Oriente e qualche altra eccezione, lo sviluppo di membrane sempre più performanti ha migliorato il processo di osmosi inversa e ne ha ridotto i costi. Un paragone dei costi delle tecnologie di dissalazione più affermate è mostrato in figura 2-5.

Figura 2-5 Confronto dei costi per le tipologie di impianti di dissalazione più diffusi sul mercato [7]

Si prospetta quindi che la dissalazione con RO, dati i suoi costi inferiori rispetto ai processi termici, sarà la tecnologia leader del mercato della dissalazione.

2.2.1.2 Taglie esistenti

La tecnologia RO ha come importante pregio un grado spinto di modularità. Questa caratteristica rende possibile una vasta varietà di taglie senza compromettere l’efficienza di funzionamento.

Generalmente le taglie dell’RO sono imposte dalla domanda di acqua dissalata richiesta, che ne definisce la capacità. Si può quindi variare da applicazioni ad uso domestico, molto compatte che trattano piccoli volumi di acqua fino alle applicazioni industriali nelle quali vengono prodotti migliaia di metri cubi di acqua dissalata al giorno.

Il più grande impianto RO esistente al mondo è stato reso operativo ad Ashkelon, Israele, nel 2005 e produce 330°000 m3 di acqua dissalata al giorno [6].

Una classificazione che può essere fatta per distinguere le taglie degli impianti è la seguente [6]:

- Piccoli impianti  Capacità < 5000 m3/d;

- Medi impianti  5000 m3/d < Capacità < 60000 m3/d;

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11 2.2.1.3 Recovery e pressione operativa

Il grado di recovery (Re) è un parametro caratteristico dei dissalatori, in quanto definisce il rapporto tra portata volumetrica di acqua dissalata prodotta e la portata di acqua di mare necessaria per ottenerla. Definita quindi la capacità del dissalatore in funzione della richiesta d’acqua dissalata da soddisfare, attraverso il grado di recovery sono noti i flussi in ingresso ed in uscita all’RO.

Il grado di recovery viene definito come: 𝑅𝑒 = 𝑄𝑑𝑖𝑠𝑠

𝑄𝑖𝑛𝑅𝑂 2.6)

dove Qdiss costituisce la portata volumetrica di acqua dissalata richiesta dal

processo, mentre QinRO è la portata volumetrica di acqua di mare in ingresso all’RO.

Per il bilancio di massa dell’RO, la portata di salamoia Qsalamoia in uscita viene

ottenuta come differenza tra la portata in ingresso all’RO e la portata dissalata in uscita:

𝑄𝑠𝑎𝑙𝑎𝑚𝑜𝑖𝑎 = 𝑄𝑖𝑛𝑅𝑂− 𝑄𝑑𝑖𝑠𝑠 2.7) Un grado di recovery maggiore sottintende, a parità di richiesta di acqua dissalata, una portata minore in ingresso oppure, a parità di acqua di mare in ingresso, una maggiore portata di acqua dissalata in uscita. Ciò può essere interpretato come un miglior utilizzo dell’acqua di mare al fine di ottenere acqua dolce. Questo utilizzo più efficace dell’acqua di mare si ottiene però con una spesa energetica maggiore. Infatti più a lungo sfrutterò ogni m3 d’acqua, più alta sarà la sua concentrazione in

uscita dall’RO e di conseguenza anche la differenza di pressione osmotica sarà maggiore. Se consideriamo l’equazione 2.5) si osserva che per vincere una pressione osmotica più alta è necessario creare una differenza di pressione adeguata, e ciò è possibile solo con una spesa maggiore per le pompe.

Quindi se tendenzialmente, a parità di portata dissalata, per ridurre gli ingombri e le quantità di acqua di mare da trattare, si scelgono gradi di recovery crescenti, gli alti valori sono limitati dalle alte spese energetiche che richiedono e dai vincoli di resistenza meccanica delle membrane alle alte pressioni.

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12 Figura 2-6 Range tipico del grado di recovery per l'osmosi inversa [8]

La figura 2-6 mostra i valori del grado di recovery utilizzati nella pratica comune; come si può vedere questi variano generalmente tra il 40% ed il 50%.

2.2.1.4 Specific Energy Consumption (SEC)

Il parametro che definisce dal punto di vista energetico le prestazioni di un dissalatore è il Consumo Specifico di Energia (SEC):

𝑆𝐸𝐶 = 𝑃𝑛𝑒𝑡𝑡𝑎

1000∗𝑄𝑑𝑖𝑠𝑠 [kWh/m

3] 2.8)

Il SEC fornisce la spesa di energia complessivamente necessaria per ottenere un metro cubo di acqua dissalata. Il termine Pnetta si ottiene quindi facendo un bilancio

di energia su tutto l’impianto di dissalazione.

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13

La figura 2-7 confronta il consumo specifico per varie tipologie di dissalatori. Nel caso specifico di dissalazione con osmosi inversa, non essendoci utilizzi diretti di energia termica, il SEC è rappresentato dal consumo della sola energia elettrica. Tra i dissalatori più diffusi sul mercato quelli ad osmosi inversa presentano il consumo specifico più basso.

2.2.2 Pressure Retarded Osmosis

A differenza dell’osmosi inversa, ormai largamente diffusa nel maggior numero di installazioni per dissalare l’acqua di mare, la tecnologia basata sulla PRO è ad oggi ancora in fase di studio. I principi su cui si basa sono stati studiati solo negli ultimi 50 anni, raccogliendo crescente interesse, con la speranza di raggiungere in futuro una rapida diffusione analoga a quella riscontrata con i dissalatori ad osmosi inversa. Per la produzione di potenza ha come vantaggio rispetto alla FO di non ottenere energia sotto forma di prevalenza geodetica, ma di ottenerla principalmente sotto forma di prevalenza barometrica. In tal senso rende più facile l’applicazione con geometrie di membrane diverse dalla classica “plate and frame”. Un confronto semplificato tra la FO e la PRO è mostrato nella figura 2-8.

Figura 2-8 Differenze di flusso permeato e di pressione tra FO e PRO [2]

2.2.2.1 Cenni storici

La produzione di energia da sistemi a gradiente di salinità fu proposta per la prima volta da Pattle a metà degli anni 50 [9], ma solo nel 1973 il professore dell’Università

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Ben-Gurion di Negev, Beersheba, Israele, Sidney Loeb per la prima volta ne fece un’applicazione reale. I suoi studi produssero la prima pubblicazione sull’argomento nel 1975 [2].

In particolare il professor Loeb ha condotto esperimenti con acqua di fiume e acqua ad alta concentrazione salina come quella del Mar Morto in Israele e del Grande Lago Salato negli USA ottenendo però risultati poco incoraggianti in quanto utilizzava membrane non adatte allo scopo (membrane per RO).

Successivamente agli studi del professor Loeb è cresciuto l’interesse riguardo alle potenzialità della Pressure Retarded Osmosis, spinto dall’evoluzione tecnologica che ha permesso l’utilizzo di membrane migliori. Nel 2009 è stata possibile la costruzione del primo prototipo di impianto di potenza osmotica al mondo in Norvegia da parte della compagnia energetica Statkraft [10].

Il prototipo di PRO installato da Statkraft aveva come obbiettivo la produzione di energia elettrica sfruttando come flusso feed acqua di fiume e come flusso draw acqua di mare. L’impianto aveva una densità di potenza pari ad 1 W/m2 e produceva

2kW di potenza utilizzando una superficie di 2000 m2 [2].

Una raffigurazione fedele della struttura impiantistica è riportata in figura 2-9.

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15

Tuttavia Statkraft ha deciso nel 2013 di interrompere l’operatività dell’impianto PRO a causa della bassa produttività che non bilanciava le elevate spese operative e le inefficienze di sistema.

Con lo scopo di sfruttare la coppia acqua di mare-acqua di fiume, è prevista a partire dal 2020 la costruzione di un impianto pilota lungo il fiume Saint Lawrance in Quebec; il progetto è sviluppato da “Hydro-Quebec”, una società di servizi canadese in collaborazione con “Statkraft” e “H2O Innovation” e ipotizza una taglia di 12 GW.

Ulteriori progetti hanno utilizzato differenti coppie di fonti primarie, come ad esempio il progetto Mega-ton Water System. Questo progetto derivante da una collaborazione tra industria ed università in Giappone, consiste nell’implementare la tecnologia PRO in prossimità di un impianto di dissalazione ad osmosi inversa ed di un impianto di trattamento di acque di processo. Sfruttando una turbina Pelton all’uscita del modulo PRO era possibile ottenere energia elettrica. Anche in questo caso però sono stati riscontrati problemi relativamente al basso rendimento di turbina e agli alti costi di investimento per il PRO. Un altro progetto sviluppato dalla Korean National Research chiamato “Global MVP” studia un interazione molto simile a quella giapponese, dove però il flusso in pressione che esce dal PRO viene inviato a scambiatori di pressioni multipli (con rendimento maggiore della turbina Pelton) per pressurizzare l’acqua in ingresso al dissalatore senza convertire l’energia di pressione in energia elettrica. In questo modo il consumo del dissalatore è stato ridotto del 20-25% [9].

2.2.2.2 Potenziale osmotico e massima energia teoricamente estraibile

La massima energia teoricamente ottenibile dal miscelamento di due fluidi a concentrazioni diverse è data dall’energia di miscelamento di Gibbs, ΔGmix, che nella

sua forma più generale si può scrivere come [11]:

−∆𝐺𝑚𝑖𝑥 = 𝑅𝑇([∑𝑥𝑖ln(𝛾𝑖𝑥𝑖)]𝑀− 𝜙𝐴[∑𝑥𝑖 ln( 𝛾𝑖𝑥𝑖)]𝐴− 𝜙𝐵[∑𝑥𝑖ln(𝛾𝑖𝑥𝑖)]𝐵) [J/mol] 2.8)

I pedici “M”, “A” e “B” indicano rispettivamente la miscela, la generica soluzione A e la generica soluzione B, mentre gli altri simboli rappresentano:

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R = Costante universale dei gas pari a 0,083145 L bar/mol°K; T = Temperatura assoluta in °K;

Φ = Rapporto molare tra le moli dei flussi che prendono parte al miscelamento e le moli totali della miscela;

ϒi = Coefficiente di attività della specie i-esima della miscela;

xi = Frazione molare della specie i-esima della miscela.

Le specie presenti nell’acqua salata oltre all’H2O sono quelle riportate in figura 2-10.

I numeri decretano che la concentrazione maggiore è costituita da Na e Cl presenti sotto forma di sale disciolti in acqua. A tal proposito saranno H2O e NaCl le due specie

che con buona approssimazione forniscono l’energia di miscelamento di Gibbs utilizzando la formula (1).

Figura 2-10 Composizione molecolare dell'acqua di mare a diverse concentrazioni (TDS = Total Dissolved Solid) [12]

Alcuni studi riportano un energia di miscelamento di Gibbs pari a 0,7 kWh/m3 di

acqua “dolce” quando una quantità infinitesima di acqua deionizzata a concentrazione salina nulla si miscela con una quantità infinita di acqua di mare con concentrazione pari a 35000 ppm [9]. Un valore di 2,7 kJ/kg (0,75 kWh/m3) di acqua

“dolce” viene proposto quando questa viene miscelata con un’infinita quantità di acqua salata alla concentrazione di 32 g/L di NaCl [13].

Questa rappresenta quindi la massima energia teoricamente estraibile dal miscelamento di acqua di mare con acqua di fiume; se invece avessi a disposizione una sorgente di acqua a concentrazione maggiore (quelle comunemente chiamate acque iper-saline) accoppiata con acqua di fiume la massima energia teoricamente estraibile sarebbe maggiore. Di seguito viene riportata la massima energia teoricamente estraibile da ogni m3 di feed mescolando un flusso d’acqua di fiume (C

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= 0,01 wt/wt%) con un flusso d’acqua iper-salina, fino a che questa non raggiunga la concentrazione dell’acqua di mare, in funzione della concentrazione percentuale in massa di quest’ultimo. L’andamento è mostrato in figura 2-11.

Figura 2-11 Energia massima teoricamente estraibile dal miscelamento di acqua di fiume (0,05 wt%) e acqua ipersalina al variare della sua salinità percentuale in peso. Viene considerato un miscelamento tale che l’acqua

ipersalina raggiunga al nuovo stazionario una concentrazione pari a l’acqua di mare (3,5 wt%) [11]

I valori massimi sopra citati sono teorici, in quanto ottenibili esclusivamente in caso in cui il processo sia termodinamicamente reversibile. Nella realtà, perciò, l’energia effettivamente estraibile si ottiene da questo valore detraendo l’energia persa a causa di fenomeni secondari e inefficienze del processo.

2.2.2.3 Energia realmente utilizzabile e rendimento di processo

Conoscendo quindi l’energia massima teoricamente estraibile, quantificabile come ΔGmiscelamento, è possibile avere un indicazione della qualità del nostro processo

confrontando questo valore con l’energia realmente estratta. Si ottiene quindi il rendimento di processo così definito [11]:

𝜂 = 𝐸𝑒𝑠𝑡𝑟𝑎𝑡𝑡𝑎

Δ𝐺𝑚𝑖𝑠𝑐𝑒𝑙𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 2.9)

Dato che la PRO è una tecnologia a membrana, quando si vuole valutare l’energia estratta dalla membrana è logico parlare di densità di potenza della membrana. Questa densità di potenza è definita in termini di potenza su unità di superficie. Per ottenere un corretto confronto con la ΔGmiscelamento l’energia estratta dovrebbe

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18

essere ottenuta dalla densità di potenza della membrana per la superficie di membrana che prende parte al processo per il tempo necessario affinché i flussi in ingresso raggiungano entrambi la stessa concentrazione intermedia.

𝐸𝑒𝑠𝑡𝑟𝑎𝑡𝑡𝑎 = 𝑊 ∗ 𝑆𝑡𝑜𝑡∗ 𝑡 [J] 2.10) dove abbiamo indicato con W la densità di potenza della membrana [W/m2], con S

tot

la superficie totale di membrana utilizzata e con t il tempo di raggiungimento dell’equilibrio in termini di concentrazione.

A parità di energia estratta è chiaro che una maggiore densità di potenza permetta di utilizzare una superficie complessiva di membrana inferiore con conseguenti risparmi in termini di costo e ingombro. In maniera duale con la stessa membrana riuscire a estrarre potenze maggiori. Diventa quindi di notevole importanza poter utilizzare membrane sotto opportune condizioni operative che mi permettano la più alta densità di potenza. La densità di potenza è definita come:

𝑊 = 𝐽𝑤 ∗ Δ𝑃 [W/m2] 2.11)

Il termine Jw indica il flusso permeato attraverso la membrana, mentre ΔP è la

differenza di pressione tra i due liquidi in uscita dal PRO. Entrambi i termini però subiscono delle variazioni lungo la direzione di sviluppo della membrana (z), perciò la densità di potenza non è direttamente calcolabile senza conoscere i valori medi sull’intera membrana. Il flusso Jw, variando lungo z in dipendenza dell’entità della

differenza di concentrazione effettiva esistente ai due lati della membrana. Questa differenza però, proprio a causa del flusso permeato si riduce più o meno velocemente lungo z. Il flusso medio può essere calcolato come [14]:

𝐽𝑊= 1

𝐿∫ 𝐴 ∗ (∆𝜋(𝑧)− ∆𝑃(𝑧))𝑑𝑧 𝐿

0 [m3/m2*s] 2.12)

La differenza di pressione presente nella 2.11 invece corrisponde al valore ΔP (z=L) calcolabile come:

∆𝑃 (𝑧 = 𝐿) = 𝑃𝐷(𝑧 = 𝐿) − 𝑃𝐹(𝑧 = 𝐿) [bar] 2.13)

dove PD e PF indicano la pressione lato draw e quella lato feed rispettivamente.

I valori raggiunti dai due liquidi in uscita dal PRO si possono calcolare considerando le perdite di carico secondo le equazioni 2.14) e 2.15) [14]:

𝑃 (𝑧 = 𝐿) = 𝑃 (𝑧 = 0) − ∫ ∆𝑃𝑐𝑎𝑟𝑖𝑐𝑜(𝑧) 𝐿

(23)

19

∆𝑃𝑐𝑎𝑟𝑖𝑐𝑜(𝑧) = ∫ 𝑓(𝑧)∗𝜌(𝑧)∗𝑣(𝑧)2∗𝑑 2

𝐻(𝑧) 𝑑𝐿

𝐿

0 [bar] 2.15)

Il valore raggiunto della densità di potenza ha un forte impatto sulla futura diffusione di questa tecnologia.

I fenomeni che concorrono nel ridurre la densità di potenza sono:

- Non perfetta impermeabilità della membrana al soluto e flusso inverso di soluto;

- Polarizzazione delle concentrazioni; - Perdite di carico dovute ad attriti.

2.2.2.4 Fenomeni secondari intrinsechi al processo

Passando da una valutazione puramente teorica ad una valutazione che tenga di conto degli effetti reali bisogna soffermarsi su alcuni punti. Primo fra tutti, nella realtà non esiste una membrana che allo stesso tempo permetta la permeazione dell’acqua pura (con concentrazione di soluto nulla) e impedisca totalmente il passaggio alle particelle di soluto. Occorrerà quindi includere nell’analisi che la permeazione dell’acqua è sempre accompagnata da una permeazione di soluto.

Inoltre la permeazione ha intrinsecamente delle conseguenze sul processo che si risentono in termini della variazione dei parametri in prossimità della membrana.

Flusso di soluto

Sebbene in prima approssimazione la membrana selettiva impedisce la permeazione del soluto, nella realtà parte di questo riesce a permeare. Dato però che il soluto permea la membrana nella direzione per la quale la concentrazione diminuisce, il flusso di soluto avrà una direzione opposta al flusso di acqua pura. L’entità di questo flusso inverso di soluto può essere ottenuta dalla seguente relazione [15]:

𝐽𝑠 = 𝐵 ∗ ∆𝐶𝑒𝑓𝑓 2.13) La relazione mostra come il flusso inverso di soluto sia funzione di un parametro della membrana B, che indica la sua permeabilità al soluto, e della differenza di concentrazione effettiva ai lati dello strato attivo della membrana.

(24)

20

Al fine di ridurre il flusso di sale occorre diminuire queste grandezze, tenendo di conto però che:

- La differenza di concentrazione ΔCeff, se viene ridotta, oltre a diminuire il

flusso di soluto causa anche la riduzione del flusso di solvente che costituisce il mio effetto utile;

- La riduzione del parametro B si traduce nell’utilizzo di una membrana che per sue caratteristiche permette una minor permeazione di soluto. Questo si ottiene generalmente con una riduzione della permeabilità della membrana in generale, e quindi tale membrana presenterà un parametro A anch’esso ridotto. Di nuovo quindi questo meccanismo di riduzione del flusso di soluto inevitabilmente induce ad una riduzione dell’effetto utile [14].

Da queste considerazioni si può quindi concludere che la presenza di un flusso inverso di soluto deve essere considerata come un fenomeno intrinseco del processo che ne peggiora le prestazioni. I tentativi fatti allo scopo di ridurne il contributo hanno effetti dannosi sul funzionamento del processo in quanto riducono anche l’effetto utile desiderato.

Polarizzazione delle concentrazioni

Con polarizzazione delle concentrazioni ci riferiamo alla non linearità del gradiente di concentrazione che si sviluppa a cavallo della membrana derivante dall’accumulo di uno strato d’acqua sul lato draw ed un accumulo locale di soluto sul lato feed e all’interno dello strato di supporto della membrana.

Analizzando separatamente il lato feeded il lato drawsi può constatare che:

• Lato feed: il flusso di acqua che si appresta ad attraversare la membrana, trasporta con se oltre a molecole di acqua anche molecole di soluto. Queste molecole nell’attraversamento della membrana, in parte permeano, ma la maggior parte rimane nel lato feed in prossimità della membrana o nello strato di membrana utilizzato per scopi strutturali (se abbiamo la configurazione con lo strato attivo della membrana rivolto verso il lato draw). A causa di questo accumulo locale, la concentrazione entro un certo strato limite δF a ridosso della membrana non sarà alla stessa concentrazione

(25)

21

concentrazione di “bulk”), ma avrà un andamento crescente avvicinandosi allo strato attivo.

• Lato DRAW: in modo analogo al lato feed, il lato drawavrà uno strato limite δD nel quale l’andamento della concentrazione sarà variabile e decrescente

avvicinandosi allo strato attivo della membrana, in quanto il flusso permeante diluirà localmente il liquido rispetto alla concentrazione di “bulk” posseduta a sufficiente distanza dalla membrana.

Data la relazione che intercorre tra la concentrazione e la pressione osmotica di un fluido, la ridotta concentrazione effettiva comporta un ridotto potenziale osmotico e quindi anche il flusso d’acqua che permea sarà inferiore. Complessivamente tutto ciò si traduce in un calo della densità di potenza della membrana [14].

Per poter visualizzare il fenomeno viene mostrato un tipico andamento del gradiente di concentrazione caratterizzato dalla polarizzazione delle concentrazioni nei casi in cui lo strato di supporto sia posizionato sul lato feed o sul lato draw. La figura 2-12 mostra chiaramente come la forza motrice effettiva del processo, la differenza di concentrazione effettiva, sia in realtà ben inferiore alla forza motrice apparente, la differenza di concentrazione di “bulk” [16].

Figura 2-12 Andamento delle concentrazioni in prossimità della membrana derivanti dall'effetto di polarizzazione delle concentrazioni [16]

Analizzando il fenomeno di polarizzazione delle concentrazioni viene solitamente fatta una distinzione tra “polarizzazione della concentrazione esterna” (ECP) e “polarizzazione della concentrazione interna” (ICP). La ECP riguarda l’andamento della concentrazione lato feed e lato draw a ridosso della membrana mentre la ICP

(26)

22

riguarda l’accumulo di soluto che si ha all’interno dello strato di supporto della membrana (lo strato attivo è troppo sottile per risentire della ICP).

Considerando la configurazione (b) della figura 2-12, durante le condizioni operative il passaggio del flusso d’acqua causa una locale diluizione dell’acqua presente in prossimità della membrana facendo in modo che Csurface<Cdraw; contemporaneamente

data la non perfetta impermeabilità della membrana al soluto, parte di esso si accumulerà nello strato di supporto e in prossimità di questo sul lato FEED così che Csurface>Cfeed e si abbia un andamento crescente della concentrazione all’interno del

supporto nella direzione del flusso d’acqua.

Studi recenti hanno dimostrato che l’ICP è la principale causa della riduzione delle prestazioni della membrana, mentre in confronto l’ECP ha un effetto marginale, soprattutto per piccoli flussi permeanti. In questo ambito i miglioramenti delle proprietà di membrana e la scelta dei parametri di funzionamento devono quindi indirizzarsi con priorità verso una riduzione della ICP [2].

Per completezza può essere considerato come fenomeno positivo legato alla polarizzazione delle concentrazioni la riduzione del flusso di soluto, che come visto in equazione 2.13 è proporzionale alla differenza di concentrazione effettiva ΔCeff.

Perdite di carico

A causa dell’inevitabile presenza di forze di attrito esercitate dalle pareti sul fluido che attraversa l’impianto PRO, parte dell’energia posseduta dai due fluidi sotto forma di energia di pressione viene convertita in calore. Dato che, come mostra la 2.11, la densità di potenza è funzione oltre che del flusso permeato anche della pressione in uscita lato DRAW e quindi diminuisce di conseguenza alla riduzione della pressione. La quantificazione delle perdite di carico è strettamente legata alla velocità con cui i flussi lato FEED e DRAW attraversano il PRO. Durante il passaggio lungo i canali, a causa della permeazione che avviene attraverso la membrana, le velocità si modificano e di conseguenza anche le cadute di pressione. Ai fini pratici andrà valutata perciò la perdita di carico complessiva integrando lungo l’intera lunghezza della membrana.

(27)

23

3 Caratteristiche impiantistiche RO e PRO

I due fenomeni, come visto nel precedente capitolo, presentano similitudini sia in termini della fisica che li contraddistingue, sia in termini dei dispositivi impiantistici da cui sono composti. Infatti sebbene con caratteristiche diverse (come parametri e geometria), entrambe basano il loro funzionamento su di una membrana semi-permeabile che divide due soluzioni a diversa concentrazione, con l’ausilio di pompe e dispositivi di recupero energetico (ERDs). Per aumentare inoltre la vita utile delle membrane, le quali costituiscono l’elemento più delicato e imprescindibile del sistema, entrambe le tecnologie necessitano di pre-trattamenti atti ad eliminare solidi in sospensione di consistente grandezza e i composti chimici che potrebbero inibire la selettività dello strato attivo della membrana. Nei paragrafi successivi verranno brevemente presentati i principali componenti dei sistemi RO e PRO.

3.1 Membrane

Una volta noto il potenziale osmotico tra due liquidi, le modalità con cui questo potenziale viene sfruttato (FO e PRO) o contrastato (RO) dipende dai parametri operativi e dalla membrana che li separa. L’utilizzo della membrana sbagliata può vanificare gli sforzi fatti nell’utilizzo di parametri operativi ottimali. Nella tecnica comune le prestazioni delle membrane utilizzate per applicazioni osmotiche sono sintetizzate da tre parametri fondamentali:

- La permeabilità all’acqua A espressa in m3/m2*s*Pa oppure in LMH/bar

(L/m2*h*bar);

- La permeabilità al soluto B espressa in m3/m2*s oppure in LMH (L/m2*h);

- Il parametro strutturale S espresso in m.

Negli anni sono stati quindi effettuati test per valutare quali materiali siano più adatti per la costruzione di membrane osmotiche in base ai valori che i parametri A, B ed S assumevano.

Quando si parla di membrane è importante aver chiaro che queste sono generalmente costituite da più strati come mostrato in figura 3-1. Questi strati hanno funzioni diverse:

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24

• Lo strato attivo, “skin”: è di norma molto sottile e tramite la sua selettività impedisce la normale permeazione ad alcune specie molecolari;

• Lo strato poroso: costituisce la frazione di spessore maggiore, al quale è demandato lo scopo di supporto e protezioni dello strato attivo da eventuali danneggiamenti.

• Supporto in tessuto: un ulteriore strato di supporto necessario per alcune geometrie di membrane che costituiscono uno strato distanziatore tra una membrana e un’altra.

Figura 3-1 Rappresentazione dei vari strati che costituiscono una membrana asimmetrica

3.1.1 Materiali

Le membrane che ad oggi hanno una più vasta diffusione sono in acetato di

cellulosa (CA), nella forma di diacetato e triacetato, ed in poliammide (PA). Le prime costituiscono una membrana asimmetrica nella quale una struttura di supporto sorregge una sub-struttura porosa ed il sottile (100-200 nm) strato attivo, entrambi costituiti di materiale polimerico. Le membrane in PA invece sono costituite da una struttura di supporto non in tessuto, lo strato di supporto ed un sottile (circa 100 nm) strato attivo sotto forma di film di materiale composito (TFC) [17]. Lo spessore degli strati di supporto è variabile in funzione delle pressioni operative e influenza il parametro strutturale S. In figura 3.2 è visibile una membrana a triacetato di

(29)

25

Tra queste due categorie le membrane PA TFC si sono dimostrate più competitive [9] in quanto hanno range di lavoro più ampi in termini di temperatura e pH e risentono meno di possibili attacchi batterici [17].

Figura 3-2 Figura 3 2 Membrana in triacetato di cellulosa (CTA) [12]

In questa categoria di membrane, essendo lo strato attivo depositato sotto forma di film, il substrato su cui poggia influenza la tipologia di membrana. In generale, una membrana TFC più permeabile e più ruvida si forma su di un supporto altamente poroso e idrofobo; mentre uno strato più sottile e più liscio di PA con bassa permeabilità è preparato utilizzando un supporto relativamente idrofilo [17].

Sviluppi di membrane più performanti sono in atto, e si basano sulla miglioramento dei parametri attuabile durante la fase di produzione della membrana stessa, utilizzando temperature e tempi di trattamento diversi, oppure aggiungendo additivi di matrice organica e/o inorganica [17]. Un confronto tra i pregi, i difetti ed i campi di applicazione delle membrane costituite in PA e CA è visibile in figura 3-3.

Figura 3-3 Confronto prestazioni e campi di applicazione delle membrane in acetato di cellulosa (CA) e in poliammide (PA) [17].

(30)

26

3.1.2 Geometrie

Oltre alle tipologie di materiali utilizzati le membrane si differenziano anche in base alla forma geometrica con la quale si interpongono tra il liquido lato feed ed il liquido lato DRAW.

Le geometrie più note si sono susseguite partendo dalla semplice membrana piana (flat sheet), nella configurazione “plate and frame” [18] che si è poi sviluppata nella configurazione a spirale (spiral wound). Più recentemente è stata pensata una forma geometrica cilindrica costituita da membrane cave (hollow fiber) con disposizione analoga a quella dei condotti di uno scambiatore di calore a “fascio tubiero”.

La geometria “plate and frame” è caratterizzata da semplicità costruttiva, ma è fortemente limitata dalla mancanza di un valido strato di supporto. Ciò comporta vincoli sui parametri operativi in termini di differenza di pressione idrostatica tra i due lati della membrana. Inoltre a causa di un basso valore di densità di impaccamento, gli ingombri e i costi sono solitamente alti [18]. Inserita in un reticolo di poliestere permette di ottenere scarse prestazioni a causa della bassa permeabilità e delle bassa impermeabilità al soluto [9].

La bassa densità di impaccamento è ciò che ha portato all’utilizzo della flat sheet in configurazione avvolta a spirale intorno ad un condotto. Nella configurazione a spirale più membrane, incollate tra di loro e separate da distanziatori, creano canali di passaggio per il flusso che permea, che andrà a raccogliersi in un collettore interno. In base all’utilizzo che ne viene fatto (FO, RO o PRO), cambia la disposizione dei flussi [18].

(31)

27 Figura 3-4 Spaccato di una membrana a spirale avvolta [18]

Questa geometria di membrana è molto diffusa come unità base dei dissalatori ad osmosi inversa. Con l’aiuto della figura 3-4 che mostra nel dettaglio le parti che compongono una membrana avvolta a spirale, si può capire come si distribuiscono i flussi. Le membrane semi-permeabili, costituite da strato attivo, strato poroso e strato in tessuto, sono fatte aderire tra loro e avvolte intorno ad un cilindro cavo. La soluzione entra ed esce assialmente fluendo attraverso gli strati reticolati del tessuto facendo permeare attraverso lo strato attivo acqua priva di soluto che si raccoglie in canali a spirale che convergono verso il centro. Nel tubo cavo viene raccolto tutto il liquido permeato che esce assialmente attraverso condotti separati del resto.

La configurazione spiral wound ha ottenuto una diffusione sul mercato maggior del 90% [17].

Negli ultimi anni la configurazione che ha ottenuto più interesse è quella a fibre cave (hollow fiber) perché hanno un’ottima densità di compattamento come si può vedere dalla figura 3-5 e grazie alla geometria cilindrica si auto-sostengono senza la necessità di spaziatori [3], [19].

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28 Figura 3-5 Raffigurazione di una membrana con geometria a fibre cave [18]

Per le membrane hollow fiber sono possibili più modalità di funzionamento: si può avere ad esempio ingresso ed uscita lato draw assiali accoppiati con ingresso ed uscita lato feed assiali oppure con o l’ingresso, o l’uscita radiali. Nel caso di ingresso od uscita radiali occorre considerare le variazioni dei parametri operativi non più solamente sulla lunghezza della singola membrana, ma anche in base alla distanza dall’asse [15].

Vantaggi e svantaggi delle membrane con geometria a lastra piana e delle membrane con geometria a fibre cave sono visibili in tabella 3.1:

Tabella 3-1 Vantaggi e svantaggi delle geometrie a lastra piana e delle geometrie a fibre cave [9]

Geometria Vantaggi Svantaggi

Flat Sheet (Plate & Frame, Spiral wound) - Facilità costruttiva - Valori di S mediamente inferiori - Consistenti flussi d’acqua - Bassa densità di impaccamento (ingombri alti) - Maggiore vulnerabilità e rischio di danni per

pressioni consistenti (necessità di distanziatori) Tubulari (hollow fiber) - Alti valori di densità

di impaccamento - Accentuata scalabilità - Fluidodinamica favorevole - Maggiori perdite di carico - Rischio di intasamento più frequente (necessità di pre-trattamenti ad alta qualità)

(33)

29 - Auto supporto

meccanico [18] (no distanziatori)

Allo stato attuale delle cose, a causa della scarsa efficienza delle membrane “flat sheet”, le membrane tubolari sembrano essere destinate in futuro ad avere la maggior diffusione sul mercato [9].

3.1.3 Parametri caratteristici

I tre parametri di membrana che racchiudono al loro interno le prestazioni con cui il fenomeno osmotico viene sfruttato sono: la permeabilità all’acqua A, la permeabilità al soluto B ed il parametro strutturale S.

Permeabilità della membrana

La permeabilità di una membrana in senso generico è la capacità della stessa di essere attraversata. Nelle applicazioni osmotiche normalmente si fa riferimento a molecole d’acqua e di sali in essa disciolti.

La permeabilità all’acqua A, è il parametro che indica quanti metri cubi di acqua permeano ogni secondo attraverso un metro quadro di membrana quando a cavallo di essa è presente una differenza di pressione di un Pascal. Questa differenza di pressione può essere:

• Osmotica: attribuita alla normale differenza di concentrazione di due soluzioni (come nel caso della Forward Osmosis);

• Idrostatica: naturale o indotta tramite una spesa di energia (come nella fase iniziale della Reverse Osmosis);

• La differenza dei due contributi: nel caso esista contemporaneamente una differenza di concentrazione ai due lati della membrana (come nella Pressure Retarded Osmosis dove Δπ > ΔP o nelle fasi operative della Reverse Osmosis dove ΔP >Δπ).

Perciò maggiore sarà il valore di A, più il flusso permeato sarà grande a parità delle altre condizioni. In tal senso quindi alti valori di A sono sempre preferibili così da

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30

raggiungere il fine desiderato con un numero di membrane inferiore, riducendo i costi e gli ingombri del sistema.

La permeabilità al soluto B invece è un indice di quanto la membrana in realtà sia effettivamente selettiva a determinate specie molecolari. La completa impermeabilità della membrana al soluto è infatti vera solamente in linea teorica. Questo valore determina per una data differenza di concentrazione quale sarà l’entità del flusso di soluto che attraverserà la membrana dal lato a più alta concentrazione verso il lato a più bassa concentrazione secondo la 2.13. La permeazione di soluto in ogni fenomeno osmotico rappresenta il fenomeno fisico indesiderato perché contribuisce ad annullare il potenziale osmotico. Perciò per certe applicazioni più di altre (ad esempio quelle nelle quali si interfacciano due liquidi con differenza di concentrazione elevata) diviene fondamentale assicurarsi che il parametro B di membrana sia sufficientemente basso da rendere il flusso di soluto poco consistente.

Correlazione tra A e B

Entrambi i parametri A e B sono relativi nello specifico allo strato attivo della membrana. Si può intuire come non sia possibile in linea di massima ottenere contemporaneamente alti valori di permeazione all’acqua e bassi valori di permeazione al soluto. Infatti è stato riconosciuto come un aumento di permeabilità della membrana all’acqua sia sempre accompagnato da una riduzione della sua selettività [5], [20].

Alcuni studi hanno proposto la correlazione 3.1 che vincola i valori della permeabilità al sale B ai valori della permeabilità all’acqua A valida se entrambi i parametri sono espressi in LMH ed in LMH/bar rispettivamente [3] [21].

𝐵 = 0,0133 𝐴3 3.1) Questa correlazione è dovuta in parte al fatto che la membrana, in funzione della compattezza e della spaziatura delle fibre da cui è costituita, permetterà un maggiore od un minore passaggio di molecole indipendentemente che esse siano di acqua o di soluto.

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31

Il parametro S è un parametro che, a differenza di A e B, non compare nel calcolo del flusso d’acqua o di soluto che permeano la membrana. Il suo valore è definito secondo l’equazione 3.2 una volta noto lo spessore complessivo della membrana λ, la sua porosità ε ed dalla sua tortuosità τ [9]:

𝑆 =𝜏∗𝜆

𝜀 [m] 3.2)

La porosità di una membrana è definita come [22]: 𝜀 = 𝑉𝑝𝑜𝑟𝑖

𝑉𝑚𝑒𝑚𝑏𝑟𝑎𝑛𝑎 3.3)

dove Vpori è il volume occupato dai pori della membrana, mentre Vmembrana è il volume

dell’intera membrana.

La tortuosità invece è una caratteristica geometrica che indica il rapporto tra la lunghezza del percorso più breve attraverso una membrana ed il suo spessore [23]. Per quantificare il suo valore è necessaria un’analisi microscopica.

Il piccolo spessore (decimi di μm) e la composizione non porosa dello strato attivo della membrana fanno sì che il parametro S sia praticamente attribuibile al solo strato di supporto. Nonostante S non condizioni direttamente i flussi che interessano la membrana, l’aumento del suo valore si traduce nell’aumento dello spessore della membrana. Questo aumento favorisce una maggiore polarizzazione delle concentrazioni interna, condizionando indirettamente il flusso d’acqua permeato. Da questo punto di vista, per non compromettere le prestazioni del sistema, è consigliabile utilizzare uno strato di supporto poroso il più sottile possibile in particolar modo in tutte quelle applicazioni nelle quali il potenziale osmotico di partenza è già ridotto. Questa scelta può però andare a scontrarsi con esigenze pratiche derivanti dal fatto che a parità di materiale un maggiore spessore resiste a pressioni più elevate proteggendo l’intera membrana da eventuali danni [24].

3.2 ERDs (Energy Recovery Devices)

Con il termine ERDs viene intesa una classe di dispositivi utilizzati allo scopo di recuperare l’energia posseduta dal flusso in uscita da un processo produttivo. Il loro utilizzo deve essere giustificato dalla presenza di una quantità di energia che ne ripaghi i costi di installazione. Nei processi di dissalazione con osmosi inversa e nei

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sistemi basati sulla PRO trovano possibilità di impiego in quanto entrambi prevedono in uscita una salamoia in pressione, la cui energia può essere utilizzata internamente al processo. I dispositivi di recupero energetico sono usualmente divisi in due classi [6]:

- ERDs di classe I: fanno parte di questa categoria tutti i dispositivi nei quali si ha una conversione diretta di energia idraulica in energia idraulica;

- ERDs di classe II: fanno parte di questa categoria i dispositivi nei quali invece esiste un passaggio intermedio di conversione da energia idraulica ad energia cinetica per poi restituire l’energia cinetica sotto forma di energia idraulica. L’utilizzo di questi dispositivi è stato un motivo trainante dello sviluppo della dissalazione tramite RO negli anni recenti, portandolo ad essere la tecnologia di dissalazione con il maggior numero di nuove installazioni. Dato che gli ERDs di classe II sono costituiti dalle ben note turbine idrauliche e dai turbocharger, di seguito verranno presentati gli ERDs di classe I più diffusi: i Rotary Pressure Exchanger e i Piston Work Exchanger.

Rotary Pressure Exchanger

Il Rotary Pressure Exchanger, a cui spesso ci si riferisce utilizzando la sigla PX o PEX, è un dispositivo costruito con materiale resistente alla corrosione che permette lo scambio di energia sotto forma di pressione idraulica tra due liquidi in contatto tra di loro. Il suo utilizzo più diffuso è relativo agli impianti di dissalazione ad osmosi inversa per il recupero della pressione della salamoia scaricata dal processo. In quest’ambito avremo quindi il lato ad alta concentrazione, con l’ingresso e l’uscita della salamoia affacciati alla stessa testata, ed il lato a bassa concentrazione con l’ingresso e l’uscita dell’acqua di mare affacciati alla testata opposta. Le testate sono in contatto diretto con un manicotto all’interno del quale è libero di ruotare un rotore. Il rotore, costituito da canali interni, ruotando apre e chiude le luci di passaggio delle testate. La simmetria complessiva del dispositivo fa in modo che entrambe le luci o siano aperte o siano chiuse. Così facendo si può distinguere una fase attiva, nella quale i liquidi dei condotti sono in contatto tra loro attraverso il canale del rotore, durante la quale scambiano la pressione ed una fase di sigillo nella quale il liquido si trova confinato all’interno del canale del rotore e ruota con esso dalle zone ad alta pressione a quelle a bassa pressione e viceversa.

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Sfruttando un ingresso tangenziale al PX da parte del liquido in pressione, il movimento del rotore viene mantenuta durante il funzionamento. In figura 3-6 è mostrato uno spaccato del dispositivo.

Figura 3-6 Spaccato di un Pressure Exchanger rotativo [25]

Le diverse fasi che si susseguono, mostrate in figura 3-7, sono:

- Apertura della luce che mette in comunicazione l’acqua da dissalare a bassa pressione con la brine a bassa pressione che ha ceduto la sua energia di pressione; l’acqua di mare, muove il volume di brine intrappolato all’interno del canale del rotore verso l’uscita bassa pressione, prendendone il posto. Questa fase inizia all’aprirsi della luce di bassa pressione e termina quando questa si richiude completamente;

- Il volume di acqua di mare, sigillato nel canale del rotore, ruota con entrambe le luci chiuse passando dalla zona a bassa pressione alla zona ad alta pressione.

Questa fase ha inizio alla chiusura completa delle luci, e termina dopo la rotazione all’aprirsi nuovamente delle luci.

- All’apertura delle luci, il liquido di alta pressione fornisce la sua energia di pressione al volume sigillato all’interno del canale, così che esso lasci il PX dal condotto di uscita di alta pressione ad un valore di pressione prossimo a

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quello del liquido in ingresso che gliel’ha ceduta, che prende il suo posto all’interno del canale del rotore.

Al pari della prima fase, anche questa ha una durata che coincide con il tempo di apertura delle luci.

- Chiuse le luci il volume di brine all’interno del canale, ora a bassa pressione, ruota dalla zona ad alta pressione verso la zona a bassa pressione affinché il ciclo ricominci.

Figura 3-7 Fasi alternate del PX [25]

Per assicurare un funzionamento continuo, il rotore è costruito con più canali di sigillo. La velocità di rotazione è calibrata in funzione delle portate in ingresso in maniera tale da assicurare che la fase di pressurizzazione termini prima che il liquido in pressione percorra l’intero canale del rotore, mescolandosi ed uscendo insieme all’altro liquido.

Il minimo rendimento garantito del PX varia in base ai modelli e alle portate con cui lavora da valori superiori al 93% fino a valori superiori al 97%, rendendolo la tecnologia con maggior efficienza nella categoria degli ERDs.

Le perdite attribuibili a questa tecnologia sono dovute alle perdite di carico all’interno dei condotti del PX e ad un fattore di perdita di portata di Brine (leakage) pari a circa l’1% che non prende parte alla pressurizzazione dell’acqua di mare. Inoltre il fenomeno di miscelamento avviene parzialmente, causando un aumento della salinità dell’acqua di mare in ingresso all’RO. Ciò si traduce in un aumento della pressione operativa del dissalatore e quindi di una maggior spesa energetica delle pompe.

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Questa tecnologia di recupero di energia chiamata “Dual Work Exchanger Energy Recovery” (DWEER) opera in maniera analoga al PX fornendo direttamente energia di pressione dalla brine all’acqua di mare utilizzando un sistema a pistoni. Anch’essa lavora in maniera ciclica, ma in questo caso lo “switch” da una fase di ciclo alla successiva è ottenuto grazie all’apertura e alla chiusura di valvole coordinate che quando aprono il condotto di aspirazione chiudono quello di mandata e viceversa.

Figura 3-8 DWEER [25]

A differenza del PX questo scambiatore di pressione a pistoni ha un unico ingresso ad alta pressione e due uscite a bassa pressione lato brine, mentre ha due ingressi e due uscite rispettivamente a bassa e ad alta pressione lato acqua di mare. Le fasi si possono brevemente riassumere come:

- Apertura della valvola di aspirazione dell’acqua di mare a bassa pressione che occupando il volume della tubazione tramite l’azione del pistone movimenta il volume di brine contenuto nel tubo verso l’uscita a bassa pressione;

- Chiusura della valvola di aspirazione e apertura della valvola di mandata con il pistone a fine corsa in modo tale che il volume di brine ad alta pressione entri nella tubazione muovendo in senso opposto il pistone cedendo la sua energia di pressione al volume di acqua di mare a bassa pressione che uscirà dal tubo ad alta pressione.

L’utilizzo di due tubi in parallelo e di due otturatori che in base alla differenza di pressione che risentono chiudono una delle due uscite lato brine e permettono l’ingresso della brine ad alta pressione ad uno solo dei due tubi determina la ciclicità del processo ed evita cortocircuitazioni dal liquido.

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Il rendimento della tecnologia DWEER è alto e varia tra il 95% ed il 98%. Al pari della tecnologia PX le perdite di efficienza si possono attribuire al miscelamento dei liquidi, a perdite di liquido in pressione a scopi lubrificanti e alle

perdite di carico.

A parità di condizioni operative il DWEER ha maggiori perdite di carico dovute alle dimensioni più grandi, ma fenomeni di miscelamento meno pronunciati in quanto il pistone costituisce una barriera fisica tra i due liquidi.

3.3 Modularità e architetture realizzabili

Un vantaggio non secondario delle tecnologie a membrana è la sua modularità. Infatti definita un’unità base, è possibile replicarla teoricamente all’infinito senza riscontrare problemi sostanziali. Nell’ambito dell’osmosi inversa un grosso impianto è costituito da diversi sezioni, ognuna delle quali può essere frammentata in più stadi. Ogni stadio è formato da più moduli posti in parallelo e questi moduli sono costituiti dall’unità base che contiene la membrana.

Una possibile unità base per questi impianti di dissalazione è quella mostrata in figura 3-4. Il modulo contiene normalmente un numero di unità base che varia in funzione del grado di recovery richiesto. Un modulo standard largamente utilizzato contiene 7 unità base [25], ma in generale il numero può variare da 1 a 8. In figura 3-10 è mostrato un modulo con 3 unità base.

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Definita la portata trattata da uno di questi moduli, il numero di moduli necessario viene scelto in base alla portata totale da trattare. I moduli vengono perciò disposti secondo una griglia, con dei collettori per l’ingresso dell’acqua di mare e per le uscite di acqua dissalata e salamoia.

Figura 3-10 Stadio di un impianto di dissalazione di acqua di mare [25]

Quello mostrato in figura 3-11 è uno stadio del processo di dissalazione costituito da più moduli operanti in parallelo tra loro. Ogni modulo possiede al suo interno più membrane distribuite in serie come in figura 3-10.

L’impianto di dissalazione può essere monostadio oppure multistadio. La scelta deriva dalla concentrazione salina che vuol essere ottenuta, dato che per concentrazioni sotto una certa soglia la configurazione multistadio diviene l’unica possibilità, come mostrato dal confronto della figura 3-12 con la figura 3-13 [6].

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38 Figura 3-12 Schema impiantistico di un dissalatore ad osmosi inversa a 4 stadi [6].

Il confronto mostra anche che aumentando il numero di stadi diminuisce il grado di recovery. Il grado di recovery massimo è ottenuto quindi utilizzando un sistema monostadio.

Anche la tecnologia basata sulla Pressure Retarded Osmosis mantiene la suddivisione in moduli vista per gli impianti ad osmosi inversa che permette di parzializzare la portata complessiva secondo lo schema di figura 3-14.

Figura 3-13 Parzializzazione della portata attraverso i moduli per un impianto PRO [20]

Le considerazioni sul PRO, non avendo questa tecnologia ancora ottenuto la

fattibilità economica per l’affermazione su larga scala, sono fortemente influenzate dallo stato dell’arte dei processi ad osmosi inversa. Negli ultimi anni più studi hanno affrontato le potenzialità del PRO in configurazione multistadio allo scopo di

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39

4 Modellazione dei fenomeni fisici

Sono stati fatti due modelli diversi per i due fenomeni osmotici che entrano in gioco: l’osmosi inversa (RO) e la pressure retarded osmosis (PRO). Nella modellazione dei due fenomeni è stata posta però più cura e attenzione nei riguardi della PRO. Dato che l’osmosi inversa è ormai largamente diffusa su larga scala ed esiste una vasta letteratura che spiega il suo funzionamento, lo sviluppo di un modello avanzato esula dagli obbiettivi preposti. Sarà quindi utilizzato un modello semplificato che non tiene di conto nel dettaglio dei fenomeni secondari presenti (come ad esempio la polarizzazione delle concentrazioni), ma risulta comunque utile per lo scopo di confronto dei layout. La PRO invece viene modellata più nel dettaglio: la membrana è infatti stata discretizzata e per ogni tratto sono state calcolate le grandezza di interesse tenendo di conto anche dei fenomeni secondari. Tra questi vengono citati la polarizzazione delle concentrazioni, il flusso di soluto inverso e le perdite di carico tra l’ingresso e l’uscita del PRO. Entrambi i fenomeno osmotici coinvolgono un gran numero di grandezze per i liquidi utilizzati, le quali si influenzano reciprocamente e variano tra l’ingresso e l’uscita. Per poter ottenere risultati validi senza appesantire i calcoli, sono state fatte delle ipotesi semplificative. In ordine sarà prima proposto il modello semplificato utilizzato per il dissalatore ad osmosi inversa (RO) e poi quello utilizzato per la tecnologia basata sulla PRO. Le ipotesi utilizzate per entrambi i modelli sono:

- Fenomeno isotermo con temperatura di lavoro T = 20 °C = 293 °K; - Concentrazione acqua di mare pari a C = 35 g/L [26], [4];

- Soluzioni che evolvono nei sistemi costituiti da acqua con all’interno solo NaCl come sale disciolto;

- Pre-trattamenti e post-trattamenti non necessari;

- Rendimenti dei dispositivi uguali a ηpompa = 0,8 e ηPEX = 0,95.

4.1 Modello semplificato del dissalatore

Il modello del dissalatore si basa sulle relazioni fortemente semplificate dalle ipotesi utilizzate:

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