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È possibile migliorare le previsioni di voto usando lo IAT? Una prova sul campo in occasione delle politiche del 2006

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È possibile migliorare le previsioni di voto usando lo IAT?

Una prova sul campo in occasione delle elezioni politiche italiane del 2006

Michele Roccato Cristina Zogmaister

Università di Torino Università di Padova

Michele Roccato, Dipartimento di Psicologia, Università di Torino. Via Verdi, 10 – 10124 Torino. Tel. 0116702015, Fax 0116702061, Email roccato@psych.unito.it

Cristina Zogmaister, Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione, Università di Padova. Via Venezia, 8 – 35131 Padova. Tel. 0498276572, Fax 0498276547, Email

cristina.zogmaister@unipd.it

NOTA: Le risorse economiche per condurre questo lavoro sono state fornite dal finanziamento Cofin-Miur 2005141050_005.

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Abstract (italiano)

Lavorando sui dati Itanes, rilevati su un campione della popolazione italiana rappresentativo per quanto concerne le principali variabili sociodemografiche (N = 1377) ed intervistato due volte, una prima e una dopo le elezioni politiche del 2006, abbiamo analizzato la strettezza delle relazioni che esistono fra i punteggi emersi dall’Implicit Association Test (IAT), un test adatto a rilevare gli atteggiamenti impliciti degli intervistati, e il comportamento elettorale. I punteggi IAT rilevati nell’intervista pre-elettorale si sono dimostrati strettamente legati al comportamento elettorale sia degli intervistati che prima delle elezioni avevano dichiarato la loro intenzione di voto, sia di quelli che non l’avevano fatto. Tuttavia, essi si sono rivelati meno efficaci nella predizione del voto di un’altra variabile capace di rilevare per procura l’intenzione di voto, i giudizi su scala 1-10 espressi nei confronti di Prodi e Berlusconi. L’uso problematico dello IAT per prevedere il comportamento degli italiani viene discusso.

Abstract (inglese)

Using the data collected by Itanes on a sample of the Italian population, representative according to the main socio-demographic variables, we analyzed the relation between implicit political attitudes, assessed by the Implicit Associaton Test (IAT), and the voting behavior. Participants (N = 1,377) were interviewed twice, both before and after the 2006 Italian national election. The IAT scores, assessed before the election, showed a strong link with the voting behavior both among participants who, before the election, declared their voting intention and among those who didn’t declare it. However, the predictive power of the IAT scores was much weaker than that of the explicit judgments expressed for Prodi and Berlusconi. We discuss the problematic use of the IAT in predicting the voting behavior of the Italians.

Parole chiave

Atteggiamenti impliciti; Implicit Association Test; Comportamento elettorale; Previsione; Sondaggi elettorali

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Del doman non v'è certezza

(Lorenzo il Magnifico)

1. Gli elettori indecisi e la previsione dei risultati del voto

L’arte divinatoria affascina da sempre l’umanità, ma è raramente foriera di onori e gloria. Qualche migliaio di anni fa, la povera Cassandra era condannata a vedere perfettamente il futuro ma a rimanere inascoltata. Ai giorni nostri, benché per opposte ragioni, coloro che cercano di prevedere i risultati elettorali non hanno una sorte molto più rosea. Al contrario di Cassandra, essi vengono infatti ascoltati con molta attenzione, ma sembra essere spesso preclusa loro la possibilità di fare premonizioni altrettanto accurate. Si pensi all’errore clamoroso nella previsione dei risultati delle recenti elezioni politiche italiane: nelle settimane precedenti all’appuntamento elettorale i principali istituti d’indagine prevedevano uno scarto di 4-5 punti percentuali a favore del centro-sinistra, che invece come tutti sappiamo ha vinto di strettissima misura.

Ci sono diverse cause all’origine di questa difficoltà di previsione. Alcuni dei potenziali elettori, che potremmo classificare come ‘reticenti’, rifiutano di rispondere ai sondaggi ed esprimere le loro intenzioni di voto. Altri, che chiameremo ‘indecisi’, si dichiarano ipoteticamente disponibili a farci conoscere il loro orientamento di voto, ma sostengono di non avere ancora maturato una decisione. All’interno della categoria degli indecisi, molto probabilmente si trovano due gruppi diversi di persone. I primi sarebbero coloro che hanno maturato una scelta di voto e preferiscono non esprimerla ma, a differenza dei reticenti espliciti, si celano dietro la cortina dell’indecisione. I secondi sarebbero invece persone che sono realmente incerte sul comportamento da tenere. Anche chi esprime un chiaro orientamento di voto, infine, a volte si comporta in maniera difforme da quanto dichiarato nei sondaggi: sono gli elettori ‘volubili’ o quelli che, percependo che nel paese domina un clima di opinione contrario alle loro idee, preferiscono non dare una risposta sincera quando viene loro chiesto di dichiarare per chi intendono votare (Noelle-Neumann, 1982).

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Anche se non sempre nei sondaggi elettorali si dà un’adeguata visibilità alle percentuali dei reticenti e degli indecisi, sappiamo che esse non sono affatto trascurabili. Per esempio, sulla base dei risultati di una ricerca pubblicata da La Repubblica il 23 marzo 2006, ossia 15 giorni prima delle elezioni politiche del 9-10 aprile, il 10% dell’elettorato si descriveva come indeciso. Le analisi di Giacomo Sani (2006) hanno inoltre mostrato che il 13% degli italiani ha deciso per chi votare solo nell’ultima settimana prima delle elezioni, e addirittura il 9,5% lo ha fatto dentro la cabina elettorale. Queste percentuali sono sensibilmente superiori rispetto al divario tra le due coalizioni che emergeva dai sondaggi pre-elettorali, indicando chiaramente che gli elettori indecisi avrebbero potuto determinare il risultato finale delle elezioni.

Esistono diversi modi per far fronte a questi problemi di dati mancanti. Una prima strategia, un po’ semplicistica, consiste nell’ignorarne la presenza, assumendo che i comportamenti di chi non dichiara un’intenzione di voto rispecchieranno quelli di chi esprime un chiaro orientamento. I dati empirici smentiscono categoricamente questo postulato (vedi ad esempio Mannheimer, 2006). Una seconda possibilità consiste nel cercare di correggere le previsioni sulla base delle informazioni disponibili su queste fasce di elettori. Anche questa strategia non è però del tutto soddisfacente. Per effettuare le correzioni, ci si può basare sui comportamenti di voto nelle passate elezioni, rispetto alle quali possono però essere intervenuti importanti cambiamenti nel quadro politico o elettorale. Anche la possibile soluzione di considerare le intenzioni di voto di altri individui con caratteristiche socio-demografiche analoghe a quelle di chi non ha espresso l’intenzione di voto ha notevoli limiti. Si corre, infatti, il rischio di ignorare caratteristiche importanti nel determinare la scelta, ma a noi sconosciute. Una terza strategia, applicabile alla categoria degli indecisi, consiste nel raccogliere delle informazioni, durante il sondaggio elettorale, che permettano di ricostruire la struttura della rappresentazione cognitiva dell’intervistato relativamente al sistema politico e dei suoi atteggiamenti verso le forze politiche. Attraverso queste informazioni sarà quindi possibile fare una previsione relativa alla decisione di voto che verrà maturata o che, già maturata, è celata dietro la cortina dell’indecisione.

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2. Una recente proposta: l’uso dell’Implicit Association Test

Una recente proposta, che si colloca nell’ambito delle strategie volte a raccogliere indicatori indiretti degli atteggiamenti politici al fine di prevedere il comportamento elettorale, è quella di utilizzare gli strumenti di rilevazione degli atteggiamenti impliciti recentemente sviluppati all’interno del paradigma di ricerca socio-cognitivo. Questi ultimi sono costituiti da una serie di tecniche che, basandosi sulla velocità e l’accuratezza con cui le persone svolgono dei semplici compiti, permettono di fare inferenze sulle strutture d’atteggiamento dei rispondenti (cfr. Maass et

al., 2000; Zogmaister, Castelli, 2006).

Più in particolare, Luciano Arcuri e i suoi collaboratori (Arcuri et al., 2006; Arcuri et al., 2005; Galdi et al., 2005: quest’ultimo è stato pubblicato in un precedente numero di Polena) hanno proposto di utilizzare l’Implicit Association Test (IAT, Greenwald et al., 1998) per catturare gli atteggiamenti impliciti degli elettori. Dopo aver condotto uno studio preliminare, in occasione delle elezioni politiche del 2001, nel quale era stato evidenziato un elevato livello di coerenza fra gli atteggiamenti impliciti degli elettori che avevano espresso un’intenzione di voto e il loro successivo comportamento elettorale, un mese prima delle elezioni amministrative del 2005 gli autori hanno rilevato le preferenze politiche implicite di un campione di votanti indecisi. Dopo le elezioni è stato registrato il loro comportamento di voto. Anche in questo caso, la misura IAT di preferenza politica si è rivelata un buon predittore del comportamento di voto. Sulla base di questi risultati, sembrerebbe sensato affermare che lo IAT possa essere uno strumento utile a inferire le preferenze elettorali di coloro che, nei sondaggi, si dichiarano indecisi. Tuttavia, non è ancora stato chiarito se lo IAT può effettivamente migliorare in modo sensibile le capacità predittive dei sondaggi.

In effetti, due questioni cruciali rimangono aperte. La prima consiste nel confronto tra lo IAT e gli altri strumenti a disposizione del ricercatore per sondare la struttura degli atteggiamenti e delle rappresentazioni cognitive alla base del comportamento di voto. Oltre a chiedere all’elettore quale sia la sua intenzione di voto, è possibile per esempio domandargli di esprimere una

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valutazione relativa all’operato dei leader del centro-destra e del centro-sinistra, oppure sulle sue aspettative circa le future performance del governo, a seconda che vinca l’uno o l’altro schieramento. Lo IAT potrà essere considerato un valido aiuto operativo per il ricercatore che si occupi di sondaggi politici soltanto se si rivelerà uno strumento migliore rispetto alle domande indirette già a sua disposizione. Valutare accuratamente la sua efficacia è particolarmente rilevante perché – come risulterà chiaro quando presenteremo le caratteristiche del test – somministrare lo IAT a un ampio campione è un compito piuttosto gravoso dal punto di vista economico e temporale, dato che la somministrazione deve necessariamente basarsi su interviste faccia a faccia: questo rende indispensabili un complesso processo di formazione degli intervistatori, una rete di intervistatori sparsa per il territorio abitato dalla popolazione oggetto della ricerca e una sincronizzazione dell’interazione fra intervistati e intervistatori (è infatti necessario fissare e rispettare un appuntamento in cui rilevare i dati).

Il secondo aspetto fondamentale consiste nel verificare l’applicabilità dello IAT per l’indagine degli atteggiamenti politici utilizzando un campione ampio e rappresentativo della popolazione di interesse, anziché un campione di comodo. Oltre alle ricerche di Arcuri e dei suoi collaboratori, di cui abbiamo parlato, altri studi hanno indagato gli atteggiamenti politici impliciti (Friese et al., in stampa; Knutson et al., 2006; Nosek et al., 2002), ma nessuno di essi si è avvalso di campioni sufficientemente grandi e di modalità di campionamento adeguate a poterli considerare rappresentativi della popolazione elettrice. Lo studio di Nosek e dei suoi collaboratori ha visto in particolare coinvolto un campione di rispondenti elevatissimo. Questi ricercatori hanno somministrato lo IAT, durante le elezioni presidenziali americane del 2000, attraverso internet. Nella ricerca sono state coinvolte parecchie migliaia di rispondenti ed è stato evidenziato che questo strumento era sensibile alla preferenza dei rispondenti per i due candidati politici, dichiarata subito dopo la somministrazione dello strumento. I rispondenti erano tuttavia volontari auto-selezionati tra coloro che fanno uso del world wide web ed erano verosimilmente caratterizzati da un elevato

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interesse per la politica e da uno status educativo superiore alla media della popolazione. Perciò, anche in questo caso i rispondenti non rispondevano ai criteri di rappresentatività.

L’obiettivo della presente ricerca è stato pertanto quello di sottoporre a verifica l’ipotesi che lo IAT, utilizzato in un sondaggio elettorale con un campione di rispondenti rappresentativo della popolazione degli elettori ed affiancato alle tecniche di rilevazione già a disposizione dei ricercatori, possa fornire indicazioni utili per migliorare la previsione del risultato elettorale. La ricerca è stata condotta in occasione delle elezioni politiche italiane del 9-10 aprile 2006, che vedevano coinvolti gli opposti schieramenti dell’Unione nel centro-sinistra e della Casa delle Libertà (in seguito: CdL) nel centro-destra. Prima di passare alla ricerca vera e propria, spenderemo ancora qualche parola per ricordare brevemente le caratteristiche dello strumento.

3. La struttura dell’Implicit Association Test

La procedura IAT prevede la somministrazione al computer di una sequenza di prove di categorizzazione. In ciascuna di queste prove, al centro del monitor compare uno stimolo. In uno IAT volto ad indagare l’atteggiamento verso due opposte coalizioni politiche, per esempio, gli stimoli utilizzati possono essere i nomi dei partiti appartenenti a ciascuna delle due coalizioni avversarie o i loro principali leader da un lato e delle parole dalla chiara valenza positiva (ad esempio, amore, felicità) e negativa (ad esempio, odio, malattia) dall’altro. Ogni volta che uno di questi stimoli compare sul monitor, il partecipante lo deve classificare premendo uno di due appositi tasti, uno all’estrema destra e uno all’estrema sinistra della tastiera. Ciascuno dei tasti di risposta deve perciò essere utilizzato per due delle categorie di stimoli. La risposta va data nel modo più rapido ed accurato possibile.

Le prove dello IAT sono suddivise in blocchi e l’associazione tra i tasti di risposta e le categorie di stimoli viene modificata in ciascun blocco. In particolare, due dei blocchi di prove sono critici, mentre gli altri vengono sottoposti al partecipante per permettergli di apprendere le modalità di risposta. In uno dei due blocchi critici, i partecipanti devono premere uno stesso tasto qualora

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compaiano nomi dei partiti o dei leader appartenenti alla coalizione di centro-sinistra oppure parole con valenza positiva. L’altro tasto deve essere usato per i partiti o i leader del centro-destra e le parole con valenza negativa. Nell’altro blocco critico, un tasto serve per categorizzare i partiti o i leader appartenenti alla coalizione di centro-destra e le parole positive, l’altro per i partiti o i leader del centro-sinistra e le parole negative. I blocchi critici sono preceduti da blocchi di categorizzazione semplice, per consentire al rispondente di apprendere le modalità di risposta. La procedura complessiva prevede perciò cinque blocchi di prove, come quelli indicati nella sequenza indicata nella Tabella 1.

Per coloro che hanno una preferenza spontanea per il centro-sinistra rispetto al centro-destra, il blocco in cui i partiti o i leader del centro-sinistra condividono la modalità di risposta con le parole caratterizzate da valenza positiva dovrebbe essere più facile dell’altro blocco, nel quale gli stessi partiti o gli stessi leader condividono invece la modalità di risposta con le parole caratterizzate da valenza negativa. Dovrebbero pertanto essere più rapidi ed accurati nel primo blocco, rispetto al secondo. Risultato opposto dovrebbe emergere per coloro che invece, a livello degli atteggiamenti spontanei, preferiscono il centro-destra rispetto al centro-sinistra. Come si vedrà in maniera più puntuale nella sezione dedicata ai risultati di questa ricerca, per ogni intervistato è possibile calcolare un punteggio differenziale, basato sulla sua velocità e sulla sua accuratezza in ciascuno dei blocchi critici (Greenwald et al., 2003). Questo punteggio viene considerato un indicatore dell’atteggiamento sottostante alle risposte ed è stata evidenziata la sua validità predittiva in relazione a diversi tipi di comportamento (cfr. Poehlman et al., 2005).

Una caratteristica dello IAT che è particolarmente importante nel contesto della previsione dei comportamenti elettorali degli indecisi è costituita dal fatto che al rispondente non viene posta alcuna domanda relativa ai suoi atteggiamenti politici. Questi ultimi vengono esclusivamente inferiti sulla base della velocità e dell’accuratezza della prestazione. Per questa ragione, affinché la preferenza spontanea per la coalizione di centro-destra o centro-sinistra possa emergere, non sono necessarie né la consapevolezza degli atteggiamenti, né l’intenzionalità di esprimerli (si rimanda a

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Zogmaister, Castelli, 2006, per una descrizione più approfondita dello strumento e ad Arcuri et al., 2006, per un’analisi relativa al suo uso nell’indagine degli atteggiamenti elettorali). Esso si presenta pertanto come uno strumento adeguato a indagare le preferenze politiche di coloro che dichiarano indecisione a proposito delle proprie intenzioni di voto.

4. La ricerca: obiettivi e ipotesi

Come abbiamo anticipato, la nostra ricerca si proponeva di verificare se l’uso dello IAT può aumentare la capacità predittiva dei sondaggi pre-elettorali. Più in dettaglio, gli obiettivi della ricerca sono stati due. Innanzitutto abbiamo voluto analizzare la strettezza della relazione fra i punteggi IAT e il comportamento elettorale ragionando con ottica differenziale, al fine di verificare se i risultati trovati dai nostri predecessori su campioni di comodo reggano quando si analizzi un ampio campione rappresentativo della popolazione generale.

In linea generale, se lo IAT avesse mantenuto le sue promesse, gli atteggiamenti politici impliciti rilevati prima delle elezioni avrebbero dovuto essere coerenti con le successive dichiarazioni di voto. Nel dettaglio, da un lato abbiamo ipotizzato che, prima delle elezioni, i futuri elettori dell’Unione avrebbero mostrato, attraverso i loro punteggi IAT, atteggiamenti impliciti favorevoli al centro-sinistra, che i futuri elettori della CdL avrebbero mostrato atteggiamenti impliciti favorevoli al centro-destra e che chi non avrebbe espresso un voto valido per uno dei due principali schieramenti (non andando a votare, o votando scheda bianca o nulla, o votando per un partito esterno alle due coalizioni: da qui in poi li etichetteremo come elettori “non schierati”) avrebbe mostrato punteggi IAT intermedi, che non avrebbero segnalato né una preferenza implicita per il centro-sinistra, né per il centro-destra.

Sulla scorta di Galdi et al. (2005), abbiamo ipotizzato che questa relazione tra atteggiamenti impliciti e comportamento di voto sarebbe emersa anche per gli elettori che, prima delle elezioni, non hanno dichiarato un’intenzione di voto ma che poi, nel segreto dell’urna, hanno votato. In particolare, ci aspettavamo che gli elettori che si sono dichiarati indecisi nel sondaggio

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pre-elettorale e successivamente hanno votato per un partito collocato entro una delle due coalizioni avrebbero mostrato, già prima delle elezioni, punteggi IAT favorevoli alla coalizione entro la quale si collocava il partito da loro votato, mentre coloro i quali non si sarebbero schierati avrebbero mostrato punteggi IAT intermedi, né orientati verso il sinistra, né orientati verso il centro-destra.

Il nostro secondo obiettivo è stato quello di analizzare le relazioni fra lo IAT e il voto con ottica predittiva, ossia di comprendere se lo IAT aggiunga valore predittivo alle variabili che tradizionalmente si usano nei sondaggi elettorali. La finalità di questo obiettivo era genuinamente applicativa, dato che esso può essere tradotto nella seguente domanda: dovremmo suggerire a chi fa sondaggi di usare lo IAT per prevedere l’esito delle elezioni? Al meglio della nostra conoscenza, questa era la prima volta che si cercava di rispondere a una domanda di questo genere: non essendo possibile costruire un’ipotesi univoca, abbiamo lavorato con ottica esplorativa. Dopo avere analizzato la strettezza delle loro relazioni, abbiamo scelto di confrontare il potere predittivo del voto di tre variabili, tutte rilevate prima delle elezioni: l’intenzione di voto, l’indice IAT e la differenza fra le “pagelle” date a Prodi e a Berlusconi (ognuna delle quali consisteva in un giudizio espresso su scala 1-10). Abbiamo ritenuto che sarebbe valsa la pena consigliare ai sondaggisti di usare lo IAT per prevedere il comportamento degli italiani solo se il suo potere predittivo avesse superato quello dell’intenzione di voto e quello delle pagelle a Prodi e Berlusconi: due variabili decisamente meno onerose da rilevare empiricamente rispetto allo IAT1.

5. Metodo

Come è ormai tradizione dai primi anni ’90, anche nel 2006 il gruppo Itanes2, cui appartiene il

primo dei due firmatari di questo articolo, ha studiato il voto espresso dagli italiani nelle elezioni politiche. La ricerca si è articolata in alcuni filoni; quello che ci interessa in questa sede ha indagato le dinamiche del voto dei nostri connazionali analizzando le risposte date da un panel di 1377 persone, intervistate (a casa loro, con metodo Capi3) due volte: la prima all’incirca un mese prima

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delle elezioni e la seconda immediatamente dopo le consultazioni. Al termine dell’intervista pre-elettorale si è chiesto loro di cimentarsi in uno IAT.

Dal punto di vista del loro contenuto, abbiamo costruito due diversi tipi di test. Uno di essi, che abbiamo chiamato ‘IAT-partiti’, era volto a indagare gli atteggiamenti impliciti preferenziali dei rispondenti per i partiti della coalizione di centro-sinistra o di centro-destra. L’altro, che abbiamo chiamato ‘IAT-politici’, analizzava invece la preferenza implicita dei rispondenti per i leader dei partiti di centro-sinistra o di centro-destra.

Lo ‘IAT-partiti’ era suddiviso nella sequenza di cinque blocchi di prove descritta schematicamente nella Tabella 1. Ai partecipanti è stato chiesto di classificare i nomi di quattro partiti del centro-sinistra (Rifondazione Comunista, Democratici di Sinistra, Margherita, Verdi) e di quattro partiti del centro-destra (Forza Italia, Lega Nord, Alleanza Nazionale, Udc), oltre a quattro parole positive (carezza, arcobaleno, amore, felice) e quattro parole negative (marcio, morte, vomito, puzza). I tre blocchi indicati con i numeri 1, 2 e 4 erano di apprendimento: in altre parole avevano la funzione di permettere al partecipante di apprendere l’associazione tra i tasti e le categorie di risposta. I due blocchi indicati con i numeri 3 e 5 erano invece critici e la prestazione in questi blocchi era utilizzata per l’inferenza dell’atteggiamento implicito dei rispondenti.

Lo ‘IAT-politici’ era del tutto analogo allo ‘IAT-partiti’, tranne che per il fatto che per rappresentare le due coalizioni sono stati utilizzati i nomi dei principali leader politici ad esse appartenenti. Per rappresentare il centro-sinistra sono stati utilizzati i nomi di Romano Prodi, Piero Fassino, Francesco Rutelli e Fausto Bertinotti, mentre per rappresentare il centro-destra abbiamo usato i nomi di Silvio Berlusconi, Gianfranco Fini, Pierferdinando Casini e Umberto Bossi.

Seguendo le indicazioni di Greenwald e colleghi (1998), al fine di contro-bilanciare tra i partecipanti l’ordine dei blocchi critici di prove, sono state sviluppate due diverse versioni per ciascuno IAT. Nella versione che abbiamo chiamato “Centro-sinistra positivo”, il blocco critico che i partecipanti svolgevano per primo associava il centro-sinistra alle parole caratterizzate da valenza positiva mentre il secondo blocco critico associava il centro-destra alle parole caratterizzate da

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valenza positiva. Nella versione che abbiamo chiamato ”Centro-destra positivo” i partecipanti svolgevano prima il blocco che associava il centro-destra alle parole positive e poi quello che associava a queste ultime il centro-sinistra.

Nel complesso, sono state perciò predisposte quattro versioni del test, combinando fra loro due diversi criteri: l’ordine di presentazione dei due compiti critici (versione ”Centro-sinistra positivo” vs. versione ”Centro-destra positivo”) e il tipo di stimoli del test (politici vs. IAT-partiti). La scelta della versione da sottoporre a ogni singolo intervistato è stata affidata al caso; nel complesso hanno completato il compito 1231 persone, pari all’89,5% degli intervistati.

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Tabella 1. La sequenza dei blocchi di prove utilizzati nello IAT.

Blocco Istruzioni Stimoli associati al tasto

sinistro

Stimoli associati al tasto destro

Numero di prove 1.

Blocco di apprendimento: valenza

Premere il tasto ‘E’ per le parole piacevoli ed il tasto ‘I’ per le parole spiacevoli

Parole positive (carezza, arcobaleno, amore, felice)

Parole negative

(marcio, morte, vomito, puzza)

24

2.

Blocco di apprendimento: partiti

Premere il tasto ‘E’ per i partiti del centro-sinistra ed il tasto ‘I’ per i partiti del centro-destra

Partiti del centro-sinistra (Rifondazione

Comunista, Democratici di Sinistra, Margherita, Verdi)

Partiti del centro-destra (Forza Italia, Lega Nord, Alleanza Nazionale, UdC) 24 3. Blocco critico: Associazione centro-sinistra e positivo

Premere il tasto ‘E’ per i partiti del centro-sinistra e le parole piacevoli; premere il tasto ‘I’ per i partiti del centro-destra e le parole spiacevoli

Partiti del centro-sinistra e parole positive (ad esempio, Rifondazione Comunista, carezza)

Partiti del centro-destra e parole negative (ad esempio, Forza Italia, marcio)

60

4.

Blocco di apprendimento: valenza

Premere il tasto ‘E’ per le parole spiacevoli ed il tasto ‘I’ per le parole piacevoli

(modalità di risposta contraria al blocco 1)

Parole negative (ad

esempio, vomito) Parole positive (adesempio, arcobaleno) 48

5.

Blocco critico:

Associazione centro-destra e positivo

Premere il tasto ‘E’ per i partiti del centro-sinistra e le parole spiacevoli; premere il tasto ‘I’ per i partiti del centro-destra e le parole piacevoli

Partiti del centro-sinistra e parole negative (ad esempio, Democratici di Sinistra, puzza)

Partiti del centro-destra e parole positive (ad esempio, Lega Nord, amore)

60

NOTA: L’ordine dei compiti di apprendimento e dei compiti critici era controbilanciato tra i partecipanti, come descritto nel testo. Nella tabella viene presentato lo ‘IAT-partiti’, nell’ordine ”Centro-sinistra positivo”.

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Il punteggio IAT è stato calcolato per ciascun partecipante seguendo la procedura proposta da Greenwald e colleghi (2003). Questa procedura prevede il calcolo di un indice ponderato, che tiene conto sia della velocità, sia dell’accuratezza con cui vengono svolti i due compiti critici. Il primo passo dell’algoritmo di calcolo del punteggio prevede la sostituzione della latenza di ciascuna categorizzazione sbagliata emessa dal partecipante con la latenza media del blocco in cui la risposta errata è stata data, penalizzata di 600 ms. Il secondo passo è costituito dal calcolo della latenza media di ciascun blocco, basata sulle latenze corrette del partecipante e sulle penalizzazioni effettuate nel passo precedente. Il terzo passo consiste nel calcolo della differenza tra la latenza media dei due blocchi. Nel quarto passo, tale differenza viene divisa per la deviazione standard delle latenze nei due blocchi critici e il valore così calcolato costituisce l’indice IAT.

Convenzionalmente abbiamo deciso di orientare i punteggi in direzione favorevole all’Unione, che ha vinto le elezioni. Di conseguenza, gli indici IAT positivi esprimono favore per il centro-sinistra e quelli negativi esprimono favore per il centro-destra, mentre quelli pari a 0 indicano equidistanza attitudinale fra le due coalizioni.

La Tabella 2 mostra la quota di persone che hanno fornito una risposta valida alle variabili critiche che abbiamo preso in considerazione. Un’ultima osservazione prima di presentare i risultati. Come accade sistematicamente nella ricerca su questi temi, il campione intervistato non è risultato essere perfettamente rappresentativo della popolazione italiana. Il sistema di ponderazione matematico-statistica dei dati che, al momento delle nostre analisi, aveva predisposto il gruppo Itanes ha consentito di riportare il campione a rappresentare la popolazione italiana per quel che concerne le principali variabili sociodemografiche (genere, età, zona geopolitica di residenza e dimensione del comune di residenza), ma non per le variabili politiche: il nostro campione è infatti piuttosto sbilanciato a sinistra (voto dichiarato alla Camera: 42,5% per un partito dell’Unione, 32,9% per un partito della Cdl; il 24,6% ha dichiarato di aver votato scheda bianca ha dichiarato di non aver votato oppure di aver votato scheda bianca o nulla o per un partito non alleato con le due

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principali coalizioni). Per tale ragione, i riusatati che mostreremo non possono essere generalizzati alla popolazione italiana per quel che concerne il suo comportamento elettorale.

Tabella 2. Frequenza delle risposte alle variabili critiche

Variabile Frequenza Percentuale di casi validi

Intenzione di voto 826 60,0%

Pagella a Prodi e a Berlusconi 1273 92,5%

IAT 1231 89,4%

Voto 1057 76,8%

Totale 1377 100,0%

6. Risultati

Analisi preliminari hanno rivelato che i punteggi IAT non sono variati in funzione del tipo di stimoli proposto (i.e., IAT-politici vs. IAT-partiti), t(1229) = 0,631, p = 0,528. Tuttavia, abbiamo riscontrato un debole effetto esercitato dall’ordine di presentazione dei blocchi critici (“Centro-sinistra positivo”: M = 0,09, DS = 0,69; “Centro-destra positivo”: M = -0,03, DS = 0,71,  =

0,006). Così, come Bluemke e Friese (2006) e Fiedler e Zogmaister (2001), abbiamo calcolato un nuovo indice IAT utilizzando la seguente procedura. Inizialmente abbiamo diviso il campione in due sotto-campioni in base all’ordine di presentazione dei blocchi critici. Abbiamo poi standardizzato l’indice IAT separatamente nei due sottocampioni. Abbiamo infine unito nuovamente i due sottocampioni, ottenendo un indice IAT depurato dall’effetto di questa variabile di disegno4.

Lo IAT discrimina fra i diversi tipi di elettori che hanno espresso un voto valido?

Nel complesso la risposta è affermativa. Come mostra la Tabella 3, le persone che hanno votato per il destra evidenziavano indici IAT negativi, quelle che hanno votato per il centro-sinistra evidenziavano indici IAT positivi e quelle non schierate evidenziavano indici IAT intermedi5.

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Tabella 3. Indice IAT per voto espresso alle elezioni (tutto il campione)

Voto N Media Deviazione standard

CdL 414 - 0,39 0,67

Unione 546 + 0,33 0,60

Non schierati 271 + 0.05 0,61

Totale 1231 + 0,03 0,70

Lo IAT discrimina fra chi non esprime un’intenzione di voto a favore di uno dei due schieramenti?

Anche in questo caso la risposta è affermativa. Come mostra la Tabella 4, le persone che nell’intervista pre-elettorale non avevano espresso un’intenzione di voto ma poi hanno votato per l’Unione mostravano, all’epoca dell’intervista pre-elettorale, punteggi IAT favorevoli alla coalizione di centro-sinistra. Allo stesso modo, i futuri elettori della CdL che un mese prima delle elezioni non avevano espresso un’intenzione di voto mostravano, nello stesso momento, punteggi IAT favorevoli alla coalizione di centro-destra. Le persone che nel segreto dell’urna non hanno votato e che nell’intervista pre-elettorale non avevano espresso un’intenzione di voto hanno evidenziato punteggi IAT intermedi6.

Tabella 4. Indice IAT per voto espresso alle elezioni (solo gli intervistati che non hanno espresso un’intenzione di voto)

Voto N Media Deviazione standard

CdL 107 - 0,23 0,62

Unione 159 + 0,24 0,58

Non schierati 194 + 0,07 0,59

Totale 460 + 0,05 0,62

Lo IAT aggiunge valore predittivo alle variabili usate per prevedere il voto?

Prima di tentare a pieno titolo di rispondere a questa domanda abbiamo esplorato il terreno, percorrendo una strada molto semplice. Per farlo, abbiamo suddiviso l’insieme dei nostri intervistati

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in due sottocampioni. Il primo è costituito dalle 635 persone che nell’intervista pre-elettorale hanno espresso un’intenzione di voto “schierata”, hanno prodotto un indice IAT diverso da 0, hanno espresso la loro valutazione per Prodi e per Berlusconi dando loro un voto diverso e nell’intervista post-elettorale hanno dichiarato di aver votato per un partito inserito nell’Unione o nella CdL. L’altro sottocampione è costituito dai 220 intervistati che nell’intervista pre-elettorale non hanno espresso un’intenzione di voto schierata, ma hanno prodotto un indice IAT diverso da 0 e hanno espresso la loro valutazione per Prodi e per Berlusconi dando un voto diverso ai due leader, e che nell’intervista post-elettorale hanno dichiarato di aver votato per un partito incardinato in una delle due coalizioni.

Nel primo sottocampione abbiamo costruito sei tabelle di contingenza, incrociando fra loro le quattro variabili per noi cruciali dopo averle dicotomizzate (intenzione di voto: per un partito dell’Unione vs. per un partito della CdL; indice IAT: superiore vs. inferiore a 07; differenza fra le

pagelle a Prodi e a Berlusconi: favorevole al primo vs. al secondo; voto: per l’Unione vs. per la Cdl). Nel secondo campione le variabili a nostra disposizione erano solo tre, dato che questa parte di intervistati non aveva espresso un’intenzione di voto. Ne sono dunque derivate tre tabelle di contingenza. Per ragioni di spazio non presentiamo i risultati di tutti gli incroci, per altro assolutamente coerenti dal punto di vista logico (i lettori interessati a conoscerli possono scrivere agli autori del lavoro per ottenerli), ma – per ognuno dei sottocampioni – solo una tabella riassuntiva che riporta la percentuale di casi non contraddittori, ossia di persone che hanno espresso una posizione di destra oppure una posizione di sinistra in entrambe le variabili incrociate. Come mostra la Tabella 5, quando si lavora sul primo sottocampione in tre occasioni la quota di persone coerenti supera il 95%: si tratta di quelle in cui non è implicato lo IAT. Quando lo IAT viene incrociato con le altre variabili tale quota scende sensibilmente, non arrivando in alcuna occasione al 75%. La quota di persone coerenti non dipende dal fatto che le due variabili incrociate siano rilevate nello stesso momento o in due momenti successivi.

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Tabella 5. Percentuale di elettori coerenti (persone che hanno espresso un’intenzione di voto) Variabili incrociate Momento della rilevazione Percentuale di coerenti

Intenzione di voto*Voto Pre-post 96,8

Pagelle*Voto Pre-post 95,4

Intenzione di voto*Pagelle Pre-pre 97,1

Intenzione di voto* IAT Pre-pre 73,7

IAT *Voto Pre-post 72,5

Pagelle* IAT Pre-pre 72,5

Analogamente, anche quando si lavora sul secondo sottocampione le pagelle a Prodi e Berlusconi si associano al voto molto più strettamente di quanto non facciano i punteggi IAT (cfr. Tabella 6).

Tabella 6. Percentuale di elettori coerenti (persone che non hanno espresso un’intenzione di voto) Variabili incrociate Momento della rilevazione Percentuale di coerenti

Pagelle *Voto Pre-post 86,8

Pagelle* IAT Pre-pre 70,1

IAT *Voto Pre-post 64,2

La nostra esplorazione preliminare ha mostrato in sostanza che le associazioni fra l’indice IAT e il voto sono sensibilmente più deboli di quelle fra il voto e le variabili che abbiamo usato come concorrenti dello IAT. Ma per essere certi riguardo all’efficacia dello IAT nella predizione del voto occorre costruire dei veri e propri modelli predittivi, mettendo in competizione le variabili candidate a essere usate in un sondaggio elettorale. Per farlo, abbiamo lavorato su tre diversi insiemi di casi. Il primo, quello più generale, è costituito da chi il giorno delle elezioni ha espresso un voto valido per un partito dell’Unione o per uno della Casa delle Libertà (N = 1057). Gli altri due sono rispettivamente costituiti da chi – indipendentemente dal successivo comportamento elettorale – nell’intervista pre-elettorale aveva espresso un’intenzione di voto (N = 826) e l’altro da chi non l’aveva fatto (N = 550). Per ognuno di questi campioni abbiamo condotto un insieme di regressioni logistiche, usando come predittori del voto l’intenzione di voto, l’indice IAT e la differenza fra le

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pagelle espresse nei confronti di Prodi e di Berlusconi, utilizzando tali variabili sia singolarmente, sia nelle loro possibili combinazioni.

La Tabella 7 mostra l’efficienza delle diverse variabili usate per tentare di prevedere l’esito del voto lavorando sul campione più ampio, costituito da chi ha votato il giorno delle elezioni8.

Come si nota, se si sceglie di usare una sola variabile, l’intenzione di voto è la variabile più efficiente per prevedere il comportamento di voto, seguita dalla differenza fra le pagelle e – a grande distanza – dallo IAT. Tuttavia, usare l’intenzione di voto porta a lavorare su molti meno casi di quanti se ne userebbero ricorrendo alla differenza fra le pagelle o allo IAT. Usare più di una variabile indipendente non aggiunge quasi nulla in termini di potere predittivo del voto, e in compenso abbassa sensibilmente il numero dei casi su cui si lavora. Se si ragiona su tutto il campione sembra insomma che sia saggio non ricorrere allo IAT per prevedere il voto degli italiani.

Tabella 7. Efficienza delle variabili di predizione del voto (tutto il campione)

Modello N Pseudo Rquadro9 Cox & Snell Nagelkerke

% di casi classificati correttamente

Intenzione di voto 743 0,783 0,660 0,883 96,4

Differenza fra la pagella a Prodi e quella a Berlusconi

1007 0,576 0,545 0,731 89,4

IAT 961 0,209 0,246 0,331 71,9

Intenzione di voto + differenza fra le pagelle

730 0,800 0,667 0,893 96,6

Intenzione di voto + IAT 694 0,790 0,662 0,886 96,4

Differenza fra le pagelle + IAT 928 0,621 0,571 0,767 90,8

Intenzione di voto +

differenza fra le pagelle + IAT

684 0,807 0,670 0,897 96,6

Passiamo al primo sotto-campione, quello costituito dai soli intervistati che, nell’intervista pre-elettorale, hanno dichiarato un’intenzione di voto. Tre soli modelli di regressione logistica

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avrebbero potuto aggiungere qualcosa ai risultati presentati in Tabella 7: sono quelli in cui non era implicata l’intenzione di voto (quando essa è stata utilizzata i risultati che mostriamo non potevano che coincidere con quelli mostrati nella tabella precedente). Nel complesso i risultati confermano quelli emersi in precedenza: da solo lo IAT è un predittore meno efficiente dell’intenzione di voto e della differenza fra le pagelle a Prodi e a Berlusconi, e associato ai suoi concorrenti non aggiunge loro quasi niente quanto a potere predittivo del voto (cfr. Tabella 8).

Tabella 8. Efficienza delle variabili di predizione del voto (solo chi esprime un’intenzione di voto)

Modello N Pseudo Rquadro

Cox & Snell Nagelkerke % di casi classificati correttamente Intenzione di voto 743 0,783 0,660 0,883 96,4

Differenza fra la pagella a Prodi e quella a Berlusconi

729 0,690 0,613 0,82 93,8

IAT 694 0,256 0,296 0,397 75,5

Intenzione di voto + differenza fra le pagelle

730 0,800 0,667 0,893 96,6

Intenzione di voto + IAT 694 0,790 0,662 0,886 96,4

Differenza fra le pagelle + IAT 683 0,721 0,628 0,842 94,1

Intenzione di voto +

differenza fra le pagelle + IAT

684 0,807 0,670 0,897 96,6

E veniamo finalmente ai risultati più interessanti, quelli ottenuti analizzando solo quegli intervistati che, prima delle elezioni, non avevano dichiarato per chi avrebbero votato. Lo IAT è utile a prevedere il loro voto? E, se sì, esso è più utile di quanto sono le pagelle a Prodi e Berlusconi? I dati per rispondere sono presentati in Tabella 9. Dalla sua analisi si nota innanzitutto che quando si lavora su chi non esprime un’intenzione di voto la prestazione dei nostri modelli si abbassa notevolmente. Si tratta di un dato tutt’altro che sorprendente, se si considera che, rispetto a quelle che dichiarano un’intenzione di voto, si tratta di persone meno interessate alla politica (2(1)

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= 104,338, p < 0,001), che parlano meno spesso di politica (2(1) = 97,736, p < 0,001), più propense a pensare che non importa molto per chi si vota, tanto alla fine non cambia nulla (2(1) = 126,132, p < 0,001), meno inclini a collocarsi sull’asse sinistra-destra (2(1) = 266,922, p < 0,001) e con un senso di autoefficacia politica inferiore (t(1295) = 11,899, p < 0,001)10. Ma il risultato più

interessante è quello relativo alla “competizione” fra lo IAT e le pagelle. Ed è un risultato inequivoco: nonostante sia efficace a prevedere il voto, lo IAT è molto meno efficiente della differenza fra le pagelle attribuite a Prodi e a Berlusconi. Inoltre, ricorrere ad esso piuttosto che alle pagelle porta a una riduzione del numero di casi su cui si finisce per lavorare decisamente più elevata.

Tabella 9. Efficienza delle variabili di predizione del voto (solo chi non esprime un’intenzione di voto)

Modello N Pseudo Rquadro

Cox &

Snell Nagelkerke

% di casi classificati correttamente Differenza fra la pagella

a Prodi e quella a Berlusconi

279 0,285 0,316 0,429 77,6

IAT 267 0,104 0,125 0,168 67,3

Differenza fra le pagelle + IAT 245 0,353 0,378 0,511 80,2

7. Conclusioni

In questa ricerca ci siamo proposti di analizzare l’utilità dello IAT per prevedere il comportamento di voto degli italiani. Questo ci è stato possibile grazie alla fortunata concorrenza di due fattori: da un lato, la presenza di un’elezione nazionale in cui testare l’efficacia dello IAT, dall’altro la disponibilità di un ingente finanziamento del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica, che ha consentito di disporre della cospicua cifra indispensabile a condurre l’indagine.

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Il fatto che l’elezione – contrariamente a quanto facevano supporre i sondaggi pre-elettorali – sia stata decisa di strettissima misura ha reso la ricerca ancora più intrigante.

A nostro parere le principali conclusioni che possono essere tratte della nostre analisi sono due. La prima è che – come avevano già mostrato alcune ricerche precedenti (Arcuri et al., 2005; Arcuri et al., 2006; Galdi et al., 2005; Friese et al., in stampa; Knutson et al., 2006; Nosek et al., 2002) – esistono relazioni piuttosto strette fra i punteggi IAT e il comportamento di voto messo in atto sia dalle persone che prima delle elezioni hanno dichiarato come avrebbero votato, sia – il che è particolarmente interessante – da quelle che non lo hanno fatto. A differenza di quelli ottenuti nelle indagini condotte prima di questa, questi risultati sono generalizzabili dal campione intervistato alla popolazione da cui esso è stato estratto (in questo caso la popolazione italiana maggiorenne) per quel che concerne le sue principali variabili sociodemografiche. Fin qui tutto bene, dunque.

La seconda conclusione è tuttavia assai meno rassicurante: lo IAT mostra una capacità di prevedere il voto degli italiani sensibilmente inferiore a quella manifestata da una semplicissima variabile sostitutiva dell’intenzione di voto, la differenza fra i giudizi su scala 1-10 accordati ai leader delle due principali coalizioni in competizione (Prodi e Berlusconi). Al meglio della nostra conoscenza questa era la prima volta che si conduceva un test di questo genere. Si tratta di un risultato piuttosto solido, che vale sia quando si analizzano le risposte date da tutti gli intervistati, sia quando si ragiona solo sul segmento elettorale più interessante e oscuro, quello degli italiani che non dichiarano un’intenzione di voto nell’intervista pre-elettorale. Questi risultati indicano insomma che se si vuole prevedere il comportamento elettorale degli italiani, sia di quelli che prima delle elezioni dichiarano un’intenzione di voto, sia – soprattutto – di quelli che non lo fanno, è più produttivo ricorrere a due semplicissime variabili esplicite di atteggiamento politico piuttosto che al complesso tentativo di accedere agli atteggiamenti impliciti degli intervistati. Questo per due ragioni: da un lato, per la superiore capacità predittiva delle prime rispetto alle seconde, dall’altro per il fatto che la loro rilevazione implica un investimento di tempo e di risorse economiche

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decisamente inferiore, dato che esse possono essere agevolmente rilevate telefonicamente, mentre quelle implicite devono per forza essere rilevate in un’intervista faccia a faccia.

La pagina relativa allo IAT nella predizione del comportamento elettorale dovrebbe dunque essere chiusa per sempre? In base ai nostri risultati parrebbe plausibile che sia così. Tuttavia, si potrebbe sostenere che trarre conclusioni definitive da questo lavoro possa essere avventato. Torniamo per un attimo a quel che è successo nell’intervista pre-elettorale. I partecipanti alla ricerca hanno risposto a un’intervista approfondita, nella quale sono stati affrontati diversi aspetti dei loro atteggiamenti sociali, delle loro opinioni politiche e delle loro intenzioni di voto. Infine, solo dopo

che era stato chiesto loro per quale partito intendessero votare, gli intervistati hanno effettuato lo

IAT volto a rilevare le loro preferenze implicite per l’uno o per l’altro schieramento.

Quest’ordine di somministrazione degli strumenti d’indagine, dettato da ragioni pratiche di fattibilità, ha vantaggi e svantaggi. Attraverso le domande degli intervistatori venivano infatti attivate le strutture di rappresentazione presumibilmente rilevanti per la scelta di voto. Alcune recenti dimostrazioni di malleabilità degli atteggiamenti e delle credenze implicite (cfr. Blair, 2002; Mitchell et al., 2003) suggeriscono che l’espressione di associazioni implicite possa essere influenzata dai processi cognitivi che l’hanno preceduta e dalla situazione contestuale. Da una parte è possibile pensare che le domande degli intervistatori, rendendo le strutture di conoscenza particolarmente attive al momento della rilevazione degli atteggiamenti impliciti, abbiano promosso la forza del legame tra i punteggi IAT e il comportamento di voto. È d’altra parte possibile che l’intervista che ha preceduto lo IAT abbia toccato numerosi aspetti della rappresentazione cognitiva della politica che non sarebbero stati successivamente direttamente rilevanti per la scelta di voto. Ne consegue che essa potrebbe avere attivato contenuti mentali non rilevanti, che avrebbero temporaneamente influito sull’espressione degli atteggiamenti impliciti. In questo modo, l’intervista avrebbe diminuito la validità predittiva dello IAT in relazione alla scelta che sarebbe successivamente maturata.

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Alla luce di tutto questo, un ricercatore particolarmente affezionato allo IAT potrebbe sostenere che, prima ancora di chiedersi se il piccolo aumento della capacità predittiva del voto degli incerti ottenuto grazie allo IAT, rispetto al solo uso delle pagelle ai leader, possa valere l’elevato impegno di risorse richiesto dalla somministrazione di questo strumento, sarebbe auspicabile una ricerca in cui lo IAT venisse somministrato in maniera slegata dalle altre misure. In questo modo gli atteggiamenti impliciti sarebbero influenzati dalle rappresentazioni della politica spontaneamente disponibili all’intervistato al momento della rilevazione. Ciononostante, riteniamo che la coerenza e la forza dei nostri dati renda plausibile prevedere che, anche ricorrendo a questi accorgimenti, i risultati che si otterrebbero non sarebbero sensibilmente diversi da quelli emersi in questa ricerca. In ogni caso, in assenza di un test di tale genere, al momento attuale ci sentiamo di sconsigliare ai sondaggisti di ricorrere allo IAT per prevedere il voto degli italiani.

(25)

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(29)

NOTIZIE SUGLI AUTORI:

Michele Roccato insegna Psicologia sociale e La dimensione psicologica del territorio all’Università di Torino. Lavora all’Osservatorio del Nord Ovest e fa parte del gruppo Itanes (Italian National Election Studies). Fra le sue pubblicazioni ricordiamo Le tendenze

antidemocratiche: Psicologia sociale dell’autoritarismo (Einaudi, Torino, 2003) e L’inchiesta e il sondaggio nella ricerca psicosociale (Il Mulino, Bologna, 2006).

Cristina Zogmaister è assegnista di ricerca all’Università di Padova e collabora con il Dipartimento di Psicologia dell'Università di Pavia, dove insegna Psicologia delle differenze individuali. Fra le sue pubblicazioni più recenti ricordiamo Zogmaister, C. e Castelli, L. (2006). La misurazione di costrutti impliciti attraverso l’Implicit Association Test, Psicologia Sociale, 1, 65-94, e Sanchez, A., Zogmaister, C. e Arcuri, L. (2007). When “They” Becomes “We”: Multiple Contrasting Identities in Mixed Status Groups, in pubblicazione su Self and Identity, 6.

(30)

1 Un anonimo revisore ci ha fatto notare che i dati ottenuti con lo IAT e quelli ottenuti con le pagelle non sono “omogenei”. Infatti, come vedremo, i contendenti a confronto sono nel caso delle pagelle i punteggi ottenuti dai leader delle due coalizioni, mentre nel caso dello IAT derivano dai giudizi di classificazione espressi nei confronto di una gamma di partiti o leader (di partito e di coalizione). Ne potrebbe derivare un confronto fra situazioni di giudizio decisamente sbilanciate: molto mirata nel caso delle pagelle, molto frastagliata e differenziata nel caso dello IAT. Questo potrebbe aver determinato una corsa ad handicap, in cui i punteggi IAT sarebbero stati svantaggiati rispetto ai giudizi. Poiché ai partecipanti alla ricerca era stato chiesto di esprimere una valutazione per ciascuno dei leader del centro destra (Berlusconi, Fini, Bossi e Casini) e del centro sinistra (Prodi, Fassino, Bertinotti e Rutelli) proposti nello IAT, è stato possibile sottoporre a controllo quest’eventualità. Abbiamo calcolato un indice costituito dalla differenza tra la valutazione media dei leader del centro-sinistra e la valutazione media dei leader del centro destra. Analisi parallele a quelle presentate nell’articolo sono state condotte usando questo nuovo indice, anziché quello relativo alla differenza tra le valutazioni attribuite a Prodi e Berlusconi. I risultati emersi sono stati sostanzialmente identici a quelli che riportiamo nel testo. Per ragioni di spazio non presentiamo questi risultati, che possono comunque essere richiesti agli autori.

2 La sigla Itanes sta per Italian National Election Studies: per i dettagli di questo programma di ricerca si consulti il sito http://www.cattaneo.org/index.asp?l1=ricerche&l2=sistema_politico&l3=itanes.

3 Il metodo Capi (Computer-Assisted Personal Interview) si è diffuso negli ultimi anni. Consiste nel mandare gli intervistatori a rilevare i dati usando un computer portatile che mostra loro sullo schermo le domande da rivolgere agli intervistati e nel quale essi registrano direttamente le risposte ottenute.

4 Abbiamo scelto di usare questo indice IAT corretto per coerenza con la letteratura sullo IAT. Tuttavia, per controllo abbiamo condotto le stesse analisi che presentiamo usando tre indici IAT alternativi ad esso. Il primo è l’indice IAT originario, non depurato dall’effetto dell’ordine dei blocchi critici. Il secondo è un indice trasformato usando la stessa logica utilizzata per creare quello che abbiamo presentato nell’articolo, ma ottenuto centrando e non standardizzando l’indice IAT nei due sottocampioni. Il terzo è stato ottenuto salvando i residui di una regressione lineare semplice in cui abbiamo usato l’indice IAT originario come variabile dipendente e la dicotomia che esprime l’ordine di presentazione dei due blocchi critici come variabile indipendente, I risultati ottenuti seguendo le quattro procedure sono

sovrapponibili.

5 Un’analisi della varianza ha mostrato che la differenza fra le tre medie è statisticamente significativa, F(2,1227) = 154,809, p < 0,001, 2 = 0,194. I confronti post hoc hanno evidenziato che tutte le tre medie differiscono statisticamente fra loro (test di Bonferroni). Un test t per campione unico ha mostrato che il punteggio IAT dei non schierati è

statisticamente uguale a 0, t(270) = 0,627, p = 0,531.

6 Anche in questo un’analisi della varianza ha mostrato che la differenza fra le tre medie è statisticamente significativa,

F(2,457) = 18,918, p < 0,001, 2 =0,077. I confronti post hoc hanno evidenziato che la media degli elettori della CdL era significativamente diversa dalle altre, e che la media degliu elettori dell’Unione era tendenzialmente diversa da quella degli elettori “non schierati” (p = 0,065). Un test t per campione unico ha mostrato che il punteggio IAT dei non schierati è statisticamente uguale a 0, t(193) = 1,147, p = 0,253.

7 Questa suddivisione dei punteggi IAT a seconda del fatto che siano superiori o inferiori allo zero potrebbe sembrare poco ortodossa, poiché la metrica sottostante allo IAT è arbitraria (Blanton, Jaccard, 2006) e, in generale, non esiste un punteggio IAT che corrisponda allo zero e perciò ad atteggiamenti neutrali verso i due schieramenti. Tuttavia, il fatto che il punteggio medio dei rispondenti che decidevano di non votare per nessuno dei due schieramenti fosse

statisticamente uguale a zero suggerisce che nel presente caso il valore nullo possa effettivamente corrispondere ad un atteggiamento neutrale.

8 In questa e nelle prossime tabelle tale efficienza è stata stimata mediante quattro indici. I primi tre, compresi fra 0 e 1, indicano qual è la quota della variabilità della probabilità di prevedere correttamente il voto degli intervistati che viene intercettata dal modello. In linea teorica, una quota pari a 0 indicherebbe che le variabili indipendenti sono

completamente inutili a prevedere la variabile dipendente, mentre una quota pari a 1 indicherebbe che le variabili indipendenti consentono di prevedere senza errore la variabile dipendente. Nella pratica della ricerca è estremamente improbabile cadere in uno di questi casi estremi: si tratta allora di confrontare fra loro i diversi modelli di predizione, al fine di individuare quello più efficiente. L’ultimo indice è costituito dalla quota di casi classificati correttamente in base alla conoscenza del loro stato sulle variabili indipendenti. Dato che la variabile dipendente è dicotomica, se il campione è sufficientemente ampio tirando a indovinare dovremmo classificare correttamente il 50% dei casi. Ogni incremento rispetto a tale quota deriva dunque da un’efficiente scelta della variabili indipendenti utilizzate per prevedere la variabile dipendente. Anche in questo caso è estremamente improbabile sia fermarsi al 50% dei casi classificati correttamente, sia arrivare al 100%.

9 Qui e nelle prossime tabelle l’indice è stato calcolato con la formula (L0-L1)/L0, in cui L0 e L1 rappresentano rispettivamente l’indice -2Log Likelihood del modello caratterizzato dalla sola presenza dell’intercetta e l’indice -2Log

Likelihood del modello con tutte le variabili indipendenti utilizzate.

10 Con un’eccezione, tutte queste variabili sono state rilevate con domande singole. L’eccezione concerne il senso di autoefficacia politica, rilevato mediante sei item quali “La gente come me non ha alcuna influenza su quello che fa il governo” e “Talvolta la politica sembra così complicata che non si riesce a capire che cosa sta succedendo” e combinati in un unico indice sulla base di  = 0,743.

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