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NUOVE STRATEGIE PER LO SVILUPPO DEMOCRATICO E L'INTEGRAZIONE POLITICA IN EUROPA. RELAZIONE INTRODUTTIVA

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Rivista N°: 3/2014 DATA PUBBLICAZIONE: 12/09/2014 AUTORE: Adriana Ciancio*

NUOVE STRATEGIE PER LO SVILUPPO DEMOCRATICO E L’INTEGRAZIONE

POLITICA IN EUROPA. RELAZIONE INTRODUTTIVA**

1. Premessa. – 2. Problemi della rappresentanza. – 3. Deputati indipendenti ed efficienza del Parlamento. – 4. Comunicare l’Europa ai cittadini europei. – 5. Diritti sociali e nuove istanze di tutela per il cittadino-consumatore. – 6. Verso una giustizia costituzionale europea?

1. Premessa

Il Progetto “Nuove strategie per lo sviluppo democratico e l’integrazione politica in Eu-ropa”, come rivela nell’intitolazione, ha lo scopo di elaborare, attraverso la riflessione scienti-fica condotta in chiave interdisciplinare, proposte per approfondire il nesso tra i termini (de-mocrazia ed integrazione) di quella che appare oggi un’endiadi cruciale per il futuro dell’Unione europea.

Non pare revocabile in dubbio, infatti, che ancora oggi uno dei principali fattori di attri-to, che intercetta, rallentandolo, il processo di integrazione politica nell’UE sia in buona parte da individuare nel suo insufficiente tasso di sviluppo democratico1.

Sotto il profilo fattuale, se ne trae indiretta conferma anche dai risultati dell’ultima tor-nata elettorale per il rinnovo dell’Europarlamento, che ha segnato un indubbio successo di forze politiche, in senso lato, “euroscettiche”, dando vita – come era stato, peraltro, ampia-mente preannunciato2 - ad un’Assemblea attraversata da un forte vento antieuropeista3, che

* Associato di Diritto Costituzionale nell’Università degli Studi di Catania.

** In corso di pubblicazione nel Volume, a cura di Adriana Ciancio, “Nuove strategie per lo sviluppo de-mocratico e l’integrazione politica in Europa”, per i tipi di Aracne, Roma.

1 Sul “nuovo” significato, che sarebbe da attribuire oggi all’idea di deficit di democrazia nell’UE cfr. A. MANZELLA, Verso un governo parlamentare euro-nazionale?, in Il sistema parlamentare euro-nazionale, a cura di A. MANZELLA –N.LUPO, Torino, 2014, p. 5 ss.

2 Le indicazioni in tal senso nei mesi precedenti le elezioni erano state molteplici: dalle sollecitazioni ad abbandonare l’euro da parte di numerose forze politiche, non solo italiane, che hanno fatto della controversa

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pro-spira, per così dire, sulla più usuale divaricazione tra popolari, socialdemocratici e liberali, cui vanno aggiunti ancora i verdi e la sinistra radicale, volendo citare i raggruppamenti tradizio-nalmente presenti all’interno del PE4. A ciò si aggiunge il dato sull’astensionismo, pure

regi-stratosi in percentuale consistente in taluni Paesi dell’Unione, soprattutto di più recente ac-quisizione5, che testimonia una diffusa percezione dell’UE come fenomeno distante dal

cor-po elettorale, che pertanto palesa, anche attraverso l’assenza dalle urne, il proprio disinte-resse, se non vera e propria ostilità, verso una realtà che sente quantomeno estranea.

La multiforme avversione (di destra e di sinistra, nazionalista e/o populista) al feno-meno dell’integrazione, che ha trovato espressione nel voto (ovvero nel non-voto) affonda le proprie radici in circostanze abbondantemente note, che non richiedono, pertanto, oggi di venir ripercorse, se non in estrema sintesi. Invero, la profonda differenza tra l’attuale condi-zione socio-economica dei Paesi (per lo più) del Sud e quelli del Nord Europa interseca il complesso rapporto tra Stati dentro e fuori l’Eurozona, laddove, tra i primi, taluni hanno fruito degli strumenti di salvataggio finanziario adottati in deroga all’originario divieto di bail-out po-sto dal Trattato di Lisbona6, mentre, tra i secondi, alcuni non hanno mai inteso farne parte

(Gran Bretagna, in primis, che oltretutto rivendica con sempre maggiore insistenza una resti-tuzione di sovranità), ed altri, che pure in passato avevano spinto sull’acceleratore dell’adesione all’euro, sono tuttora in fase di forte crescita (ad esempio la Polonia, economi-camente a traino della Germania), sicché guardano ormai con perplessità alla prospettiva di ingresso nella “moneta unica”, per la situazione di grave sofferenza economica-finanziaria di Stati che, appunto, ne fanno già parte.

È, però, altresì noto che l’integrazione europea ha sempre tratto linfa dalle situazioni di crisi: così era già accaduto con la firma dell’originario Trattato di Roma, elaborato nelle condizioni di grave depressione in cui versava il vecchio continente dopo la fine della secon-da Guerra mondiale, e analogamente si era verificato dopo il crollo del muro di Berlino ed il superamento della contrapposizione Est-Ovest con la stipulazione di Maastricht, sicché non sorprende che l’obiettivo dell’integrazione politica possa riprendere vigore nel momento at-tuale, a condizione di superare il richiamato scetticismo con cui i popoli dell’Europa mostrano spettiva di riconsegnare agli Stati la sovranità quantomeno monetaria uno dei cavalli di battaglia della propria campagna elettorale; alle ancora recenti elezioni amministrative francesi, che avevano già registrato un indubbio successo del partito della destra ultraconservatrice e nazionalista, per definizione contraria al processo dell’inte-grazione europea. Criticamente, sulla proposta di abbandonare la moneta unica, cfr., ex multis, l’articolo-appello

Uscire dall’Euro, una tentazione pericolosa, apparso su “Il Corriere della sera” il 9 aprile 2014, a firma L. Bini

Smaghi e altri.

3 Come preannunciato anche da A. M

ANZELLA, Quei segnali per l’Unione, in “La Repubblica” del 10-02-2014.

4 Più ampiamente, in argomento, A. M

ANZELLA, Prima lettura di un Parlamento (un po’ meno) Europeo, in

Federalismi.it, 2014, n. 11, p. 1 ss.

5 Per ulteriori considerazioni al riguardo, espresse “a caldo” della diffusione dei risultati elettorali, cfr., fra gli altri, O. MASSARI, Un terremoto elettorale e politico? No e sì, in Federalismi.it., 2014, n. 11.

6 Cfr., almeno, F. D

ONATI, Crisi dell’euro, governance economica e democrazia nell’Unione europea, in in

Riv. AIC, 2013, n.2, p. 1 ss.; e E. C. RAFFIOTTA, Il governo multilivello dell’economia, Bologna, 2013, p. 58 ss., in particolare 66 ss.

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di guardare al fenomeno dell’integrazione, dovuto in buona parte, proprio a quello che - con espressione forse ormai abusata, ma sicuramente ancora appropriata - viene comunemente definito il “deficit democratico” dell’Unione europea7, cui solo in parte si è da ultimo ovviato,

sotto il profilo del diritto primario, con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e le nuove norme sul funzionamento dell’Unione.

Invero, per quanto notevoli progressi siano stati compiuti rispetto ai precedenti Tratta-ti, fondamentalmente a seguito del rafforzamento del ruolo del Parlamento8 - unica

istituzio-ne europea, convieistituzio-ne ricordare, a diretta legittimazioistituzio-ne democratica e quindi rappresentativa dei cittadini9 - è a tutti noto che il dilagare della crisi finanziaria in Europa ha condotto, per

altri versi, a una sorta di emarginazione di esso dai circuiti decisionali10, a seguito

dell’intensificazione del metodo intergovernativo, di recente infittito anche per effetto della istituzionalizzazione dei cd. Eurosummits11, e più in generale a causa del rafforzamento delle

sedi, per così dire, “tecnocratiche” di decisione, per lo più prive di legittimazione democratica e di dubbia compatibilità con lo stesso diritto dell’Unione12.

2. Problemi della rappresentanza

Ne soffre la stessa rappresentanza politica europea, laddove viene anzitutto da chie-dersi se e in che termini sia possibile declinare con riferimento ad un ordinamento complesso

7 Cfr., per tutti, J. H

ABERMAS, La nuova Europa in quattro mosse, in “La Repubblica” del 07-02-2014. Ma già in precedenza ID., Una Costituzione per l’Europa? Osservazioni su Dieter Grimm, in Il futuro della

Costituzio-ne, Torino, 1996, p. 369 ss.

8 In particolare attraverso l’estensione della procedura di codecisione, ormai assurta a “procedura legi-slativa ordinaria” (art. 289, par. 1 TFUE) e la previsione di numerose occasioni di controllo politico, principalmente nei confronti della Commissione (nomina del Presidente, potere di censura, svolgimento di interrogazioni), che oltretutto annualmente è tenuta a presentare al primo una relazione generale sull’attività dell’Unione (art. 249, par.2 TFUE), oltre a relazioni specifiche su singoli settori, ma anche rispetto ad altre istituzioni (interrogazioni al Consiglio, all’Alto rappresentante per gli affari esteri e persino alla BCE, nonostante il carattere di assoluta indi-pendenza di essa). Inoltre il Parlamento partecipa alla formazione e approvazione del bilancio ai sensi degli art. 314 ss. TFUE. Sulle competenze del Parlamento dopo il Trattato di Lisbona cfr., almeno, C. FASONE – N.LUPO, Il

Parlamento europeo alla luce delle novità introdotte nel Trattato di Lisbona e nel suo regolamento interno, in Stu-di sull’integrazione europea, VII, 2012, p. 329 ss.; L. GIANNITI –L.DI GIAMBATTISTA, Il Parlamento europeo:

com-posizione, organizzazione, funzioni, in Il sistema parlamentare euro-nazionale, cit., p. 41 ss.; e, tra le trattazioni

manualistiche di diritto europeo, U. VILLANI, Istituzioni di Diritto dell’Unione europea, 2 ed., Bari, 2010, p. 126 ss. 9 Così adesso l’art. 14, par. 2 TUE, laddove l’art. 10, par. 2 del medesimo Trattato ribadisce che i cittadi-ni europei sono direttamente rappresentati, a livello dell’Ucittadi-nione, nel Parlamento.

10 Rileva come la crisi economico-finanziaria degli ultimi anni abbia frenato l’ascesa cui sembrava desti-nato il PE dopo Lisbona, A. GIOVANNELLI, Vincoli europei e decisione di bilancio, in Quad. cost., 2013/4, p. 963, al quale il Parlamento appare ancora come “il vertice debole del triangolo istituzionale” europeo. Di segno contrario le conclusioni di A. MANZELLA, Verso un governo parlamentare euro-nazionale?, cit., p. 13 ss.

11 EUCO 52/11 par.1.7 e art. 12 TSCG.

12 La sottolineatura del rafforzamento del metodo intergovernativo a scapito delle procedure parlamentari è espressa, tra gli altri, da P. BILANCIA, La nuova governance dell’Eurozona e i “riflessi” sugli ordinamenti

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e di persistente difficile inquadramento teorico come quello dell’UE concetti che pure appar-tengono alle categorie giuridiche classiche. Invero, si evidenzia non solo la problematica e-nucleazione del “rappresentato”, mancando ancora un vero e proprio popolo europeo, che vada oltre la somma dei singoli cittadini dell’Unione, ma persino la difficoltà di discorrere in senso proprio, secondo la teoria generale del diritto, del “rappresentante”, nonché di indivi-duare ciò che viene ad essere rappresentato, ossia quali siano le categorie di interessi di cui finiscono per farsi effettivamente carico gli Europarlamentari13, in quanto è già la stessa

no-zione di rapporto rappresentativo, che, trasposta a livello europeo, mostra segni di tensione per la persistenza di alcuni grossi nodi, che tardano ad essere sciolti.

Uno dei più consistenti, sul quale quindi si è indotti a insistere14, riguarda l’inattuato

consolidamento di un sistema strutturato e stabile di partiti politici di livello genuinamente eu-ropeo15, in modo da poter definitivamente sottrarre le campagne elettorali e, più

radicalmen-te, l’intera gestione delle elezioni europee ai partiti politici nazionali, cui finora sono rimaste sostanzialmente affidate16, i quali oltretutto non sempre si impegnano su problemi di respiro

europeo, spesso rendendo l’agone elettorale terreno di ulteriore confronto per misurare i re-ciproci rapporti di forza in vista delle successive elezioni sul piano nazionale o comunque interno17.

Nonostante una spinta in avanti nella direzione auspicata in anni recenti sia giunta dalle norme sullo “Statuto ed il finanziamento dei partiti politici europei”18, manca ancora a

livello europeo quella forma di “cerniera” tra cittadini e istituzioni, in cui tradizionalmente si risolvono i partiti, che serva a far maturare la volontà politica dei primi ed a convogliarla nelle sedi istituzionali, ponendosi in particolare come la piattaforma politica per la costituzione dei gruppi all’interno del Parlamento. E ciò nonostante negli ultimi tempi alcuni segnali positivi nel senso di un deciso salto di qualità nel processo di inveramento del sistema partitico eu-ropeo siano giunti, sotto il profilo fattuale, dalle candidature uniche alla Presidenza della Commissione, maturate nei mesi precedenti l’ultima elezione del PE fra i partiti che si ricono-scono nelle grandi famiglie politiche europee, quali sintomo di politiche transnazionali condi-vise19.

13 A tali questioni è stato dedicato il primo Seminario del Progetto, intitolato “Problemi della

rappresen-tanza” (Catania, 25/10/2013).

14 In argomento sia consentito richiamare le più ampie considerazioni già svolte in A. C

IANCIO, I partiti

po-litici europei e il processo di democratizzazione dell’Unione, in Federalismi.it, 2009, ora in A. CIANCIO, Persona e

“Demos”. Studi sull’integrazione politica in Italia e in Europa, Torino, 2010, p. 235 ss.

15 In generale sul tema v. anche V. L

IPPOLIS, I partiti politici europei, in Rass. Parl., 2002, p. 943 ss.; e G. GRASSO, Partiti politici europei, in Dig. Disc. Pubbl., Agg., Torino, 2008, p. 609 ss.

16 Sul punto, da ultimo, M.R.

ALLEGRI, I partiti politici a livello europeo fra autonomia politica e dipendenza

dai partiti nazionali, in Federalismi.it, 2013, p. 29 ss.

17 Più diffusamente in proposito, se si vuole, di recente anche A. C

IANCIO, Quali prospettive per

l’integrazione politica in Europa dopo le elezioni?, in Federalismi.it, 2014, n. 11, p. 4 ss.

18 In proposito può leggersi ancora A. C

IANCIO, I partiti politici europei, cit., p. 255 ss. 19 Lo sottolinea anche A. M

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Peraltro, che la piena attuazione del principio democratico passi dal consolidamento dei partiti europei è nella consapevolezza delle istituzioni dell’Unione, che di recente hanno posto nuovamente attenzione al tema con la redazione di un ulteriore Regolamento sullo sta-tuto ed il finanziamento20, il cui tratto saliente consiste nella possibilità per le formazioni

poli-tiche che rispondano ai requisiti prescritti di ottenere, previa registrazione presso il Parla-mento, una vera e propria personalità giuridica di diritto europeo, con il relativo status comu-ne21. L’intento della nuova disciplina è palese: con l’attribuzione di uno statuto unico basato

sul diritto dell’Unione si vuol favorire l’autonomizzazione dei partiti europei dalle forme giuri-diche nazionali, che ne hanno finora condizionato la struttura, definendone i limiti, e poter così far decollare effettivamente un sistema di partiti europei22, che permetta ad essi di

as-solvere al ruolo attribuito ormai da tempo dai Trattati, di contribuire “a formare una coscienza politica europea e ad esprimere la volontà dei cittadini dell’Unione”23.

Altro grosso nodo irrisolto, che intercetta la sostanza del rapporto rappresentativo, collegandosi strettamente al primo, riguarda la persistente carenza di una procedura eletto-rale uniforme per il Parlamento europeo, nonostante gli auspici da lungo tempo formulati24,

poi espressi negli atti normativi25, che, però, dal punto di vista della realizzazione concreta,

non sono andati oltre la formulazione di alcuni generalissimi principi comuni, accolti nelle singole leggi nazionali26, tra i quali il principale concerne l’adozione di un sistema elettorale di

tipo proporzionale27.

Tuttavia si è ancora lontani dal giungere a presentare liste uniche di candidati per tutti gli elettori europei, individuati sulla base di programmi politici comuni ed eleggibili sulla base di una procedura elettorale uniforme sull’intero territorio dell’Unione28.

Ciò riverbera sulla rappresentanza politica europea, ed a cascata persino sulla stessa efficienza del Parlamento, nel senso che la persistente, forte dipendenza dei deputati dai partiti nazionali che li hanno candidati, promuovendone l’elezione, fa sì che essi tutt’oggi sia-no tentati di farsi carico degli interessi dei singoli Stati piuttosto che di quelli generali dell’Unione, rallentando così il processo di integrazione, per il prevalere, sovente, dei

20 Approvato definitivamente dal Parlamento il 16 aprile 2014 e destinato ad entrare in vigore il 1 gennaio 2017. Sul tortuoso iter che ha condotto al varo del nuovo Regolamento cfr. M R. ALLEGRI, Democrazia, controllo

pubblico e trasparenza dei costi della politica, in Federalismi.it, 2014, n.9, p. 9 ss.

21 Più in dettaglio sui contenuti delle nuove norme G. S

AVOIA, Democrazia interna ai partiti in Italia e

nell’Unione Europea: discipline a confronto, in Federalismi.it, 2014, n. 6, p. 2 ss.

22 Considera ormai tramontata l’ipotesi S. S

TAIANO, I partiti europei fuori tempo, in Federalismi.it, 2012, n. 15.

23 Art. 10, par. 4 TUE (già art. 191, 1 co. TCE). Ma v. anche art. 12, par. 2 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

24 Così, per tutti, già G.E.

VIGEVANI, Parlamento europeo: una nuova procedura elettorale uniforme, in

Quad. cost., 2003, p. 175 ss.

25 Da ultimo in tal senso l’art. 223, par. 1 TFUE.

26 Sinteticamente riportate nell’articolo Proporzionale, preferenze, liste. Ecco i 28 sistemi elettorali

dell’Unione, in “Il Sole 24 ore” del 29 marzo 2014. In argomento cfr. S. SASSI, op. cit., p. 33 ss.

27 Cfr. le decisioni CE n. 772 del 2002 ed Euratom del 25 giugno e 23 settembre 2002. 28 Considerazioni non dissimili, di recente, esprime J. H

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tivi tornaconti nazionali rispetto ad una progettazione politica di respiro autenticamente euro-peo. E ciò a dispetto della circostanza che il Parlamento sia l’unica istituzione europea in cui la rappresentanza sia articolata sulla base delle affiliazioni ideologiche e non della prove-nienza territoriale dei propri componenti.

La considerazione, unita all’altra sulla “forza” tradizionalmente espressa a livello eu-ropeo dalle Lobbies e dai gruppi di pressione e sulla capacità di questi ultimi di condizionare i processi decisionali29 attraverso canali differenti ed alternativi a quelli usuali delle

democra-zie rappresentative30, conduce, richiamando quanto sopra anticipato, ad intravvedere una

sorta di “scivolamento” della rappresentanza politica europea dalle categorie generali del di-ritto pubblico verso approdi che sembrano più assimilabili alla rappresentazione degli inte-ressi particolari di stampo civil-privatistico.

3. Deputati indipendenti ed efficienza del Parlamento

Sulla base di tali premesse la riflessione quasi naturalmente, per così dire, si sposta sui temi connessi all’organizzazione del Parlamento31, tuttora incentrata sulla presenza e sul ruolo determinante di quelle tradizionali figure associative interne che sono i gruppi parla-mentari32, i quali, oltre a rivelarsi fondamentali nella determinazione dei lavori, siccome soli-tamente accade nei Parlamenti nazionali, all’interno del PE rivelano la loro particolare forza politica33 allorché – invertendo il più usuale rapporto che vi è tra gruppi e partiti nelle Assem-blee rappresentative nazionali, ove i primi per lo più costituiscono la “longa manus” dei se-condi - essi hanno rappresentato e continuano, in un certo senso, a rappresentare il “punto di emersione” delle forze politiche di dimensione sovranazionale34. I partiti europei, agli albori

della loro formazione, germinano, infatti, dai raggruppamenti tra gli europarlamentari prove-nienti da partiti nazionali politicamente affini, considerato oltretutto che - a tenore del Rego-lamento generale dell’Assemblea (art.30) - tra le condizioni per la formazione dei gruppi vi è la condivisione di “affinità politiche”, di cui la giurisprudenza europea ha da tempo affermato

29 Cfr. S. S

ASSI, I rappresentanti di interessi nel contesto europeo. Ruolo e sinergie con le istituzioni, Mi-lano, 2012, p. 95 ss.

30 Nel medesimo senso già T.R.

BURNS – S.ANDERSEN, L’Unione e la politica postparlamentare, in Il

Muli-no, 1998, n. 47, p. 419 ss., i quali ritengono che l’Unione darebbe vita ad una democrazia delle organizzazioni

degli interessi diversa dal modello di democrazia rappresentativa fondata sui partiti a causa della forza partico-larmente accentuata assunta dalle Lobbies a livello europeo.

31 A tali problematiche è stato dedicato il Seminario “Deputati indipendenti ed efficienza del Parlamento” (Catania, 29/11/2013).

32 In generale sul tema sia consentito rinviare alle più ampie riflessioni svolte in A. CIANCIO, I gruppi

parlamentari. Studio intorno ad una manifestazione del pluralismo politico, Milano, 2008, passim.

33 Cfr. C. F

ASONE –N.LUPO, Il Parlamento europeo, cit., p. 332 ss. 34 Cfr., volendo, A. C

IANCIO, Partiti politici e gruppi parlamentari nell’ordinamento europeo, in Pol. Dir., 2007, p. 153 ss. Al riguardo M.R. ALLEGRI, I partiti politici a livello europeo, cit., p. 8 ss. mette, peraltro, in luce come in anni più recenti siano pure apparse a livello europeo nuove formazioni politiche senza corrispondenza con raggruppamenti all’interno dell’Assemblea parlamentare.

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il carattere cogente, poiché solo la riunione dei deputati sulla base di un programma ideolo-gico comune, per quanto generico e non eccessivamente stringente, permetterebbe, se sommata all’altro requisito inerente la cd. transnazionalità, di trascendere i particolarismi poli-tici locali e promuovere effettivamente l’integrazione cui mirano i Trattati35.

Invero, la richiamata affermazione del Giudice europeo aveva preso le mosse dalla contestazione, ormai non più recente, condotta da un gruppo (denominato “Gruppo tecnico dei deputati indipendenti”), che aveva preteso di negare apertamente ogni affinità politica tra i propri componenti36, ad imitazione, dunque, del gruppo misto presente nell’ordinamento

ita-liano, ma ignoto a quello europeo, allo scopo di reagire alle limitazioni di diritti e di possibilità cui andavano incontro nei fatti i deputati cd. indipendenti, altra figura, che - sul modello del parlamentarismo francese - è pure presente all’interno del PE.

Tali preoccupazioni hanno in fine trovato eco nell’organizzazione interna dell’Assemblea per altra via, con la previsione nel Regolamento generale dell’Assemblea (art. 33) di appositi, rafforzati stanziamenti di personale e di budget a carico del bilancio del Parlamento per i deputati “non iscritti”. Per quanto con evidenza elaborata con l’intento di superare le censure di discriminazione a danno dei parlamentari indipendenti di cui - come accennato - in passato era stata tacciata l’organizzazione parlamentare, la disposizione pre-senta, tuttavia, un risvolto negativo nella misura in cui si presta, sia pur indirettamente, ad agevolare la frammentazione all’interno di un’Assemblea, che invece necessita, anche nello sforzo di conquistare maggior peso nei rapporti, soprattutto con il Consiglio, ma pure con la Commissione (ed oggi persino con il Consiglio europeo37, in relazione ai relativi poteri di

indi-rizzo38), di accrescere la propria forza “contrattuale”, non alimentando troppe divisioni

inter-ne, bensì favorendo il coagulo di maggioranze su progetti politici di respiro europeo pure di lungo periodo.

Da qui, probabilmente, la necessità di individuare un punto di equilibrio tra deputati “i-scritti” e parlamentari “non i“i-scritti”, i quali ultimi, supponendosi indipendenti sostanzialmente dai partiti politici – che, come detto, sono ancora principalmente quelli nazionali - negli auspi-ci potrebbero anche favorire il miglioramento persino dell’effiauspi-cienza del Parlamento in termini

35 Cfr. Trib. di I grado, sez. III ampliata, 2 ottobre 2001, cause riunite T-222/99, T-327/99 e T-329/99, Martinez – De Gaulle – Front National- Bonino e altri c. Parlamento europeo, in Racc. giur., 2001, II-2823, poi non smentito nel merito dalla CGE, secondo quanto già argomentato in a A. CIANCIO, I gruppi parlamentari, cit., p. 83 ss., cui, pertanto, sia consentito rinviare ancora.

36 Sulla vicenda cfr. S. B

ARONCELLI, I gruppi parlamentari nell’esperienza del Parlamento europeo, in

Rappresentanza politica, gruppi parlamentari, partiti: il contesto europeo, I, Torino, 2001, p. 47 ss. e, se si vuole,

A. CIANCIO, I gruppi parlamentari, cit., p. 76 ss.

37 Solo con la stipulazione di Lisbona incluso formalmente tra le istituzioni dell’Unione, ai sensi dell’art. 13 e ss. TUE.

38 Su cui, per tutti, L. M

EZZETTI, Le istituzioni e la forma di governo dell’Unione, in P. COSTANZO - L. MEZZETTI – A. RUGGERI, Lineamenti di diritto costituzionale dell’Unione europea, Torino, 2010, p. 181 ss.

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di utilità generale delle decisioni adottate39 in vista dell’edificazione della cd. “casa comune

europea”.

4. Comunicare l’Europa ai cittadini europei

Per altri versi, il diffuso scetticismo con cui i popoli dell’Europa (di)mostrano di guar-dare al fenomeno dell’integrazione è dovuto anche alla propaganda antieuropeista condotta spesso a livello nazionale dalla classe politica, in ciò non di rado sostenuta dai media, tanto più che risulta agevole per i Governi scaricare altrove (ed, in particolare, sull’UE) la respon-sabilità di manovre di risanamento economico e di contenimento del debito pubblico non sempre adeguate, ma comunque soffocanti per i cittadini40.

Ciò conduce a sottolineare l’importanza delle comunicazione e della circolazione del-le informazioni41, che deve avvenire nella maniera più ampia, chiara e completa possibile42, il

che finisce per addossare grandi responsabilità tanto alle istituzioni, europee e nazionali, nell’aprire e rendere intellegibili i propri percorsi decisionali ai cittadini, quanto anche ai me-dia ed alle imprese giornalistiche e, più in generale, a tutti i fornitori di servizi di informazio-ne43, affinché venga favorito un dibattito pubblico che sia effettivamente plurale44 e di

dimen-sione transnazionale e, attraverso esso, la formazione di una matura e consapevole co-scienza politica europea.

D’altra parte, in mancanza di altri elementi identitari comuni, e, fra l’altro, nella etero-geneità dei linguaggi45, diventa indispensabile individuare un essenziale fattore di

39 Cfr. la proposta formulata, sia pur non con specifico riferimento al PE, da M. C

ASERTA – C. GAROFALO

– A. PLUCHINO – A. RAPISARDA – S. SPAGANO, Democrazia a sorte, Catania, 2012, i quali hanno elaborato un pro-cedimento logico-matematico per identificare l’esatta percentuale di deputati cd.”indipendenti”, che dovrebbe es-sere presente in un Parlamento ipotetico, individuato sulla base di predeterminate semplificazioni, al fine di mi-gliorare la complessiva efficienza parlamentare in termini di utilità generale delle leggi, e più in generale delle decisioni adottate. Il modello poi si completa con la previsione di un meccanismo di selezione “a sorte” di questa peculiare categoria di rappresentanti, i quali, pertanto, dovrebbero risultare del tutto indipendenti dai partiti politici già per le modalità di preposizione all’organo, che non sarebbe affidata all’elezione.

40 Con riferimento al contesto italiano, una perspicua critica, in termini giuridici, della prospettiva che ri-conduce ad un “vincolo esterno” (imposto dall’Europa, cioè) quello che ab origine sarebbe invece da considerare un limite costituzionale interno all’indebitamento pubblico in funzione del mantenimento dell’equilibrio di bilancio è ora in G. DELLA CANANEA, Lex fiscalis europea, in Quad. cost., 2014, n., 1, p. 7 ss., in particolare p. 21 ss.

41 Il tema ha costituito oggetto del Seminario “Comunicare l’Europa ai cittadini europei” (Catania, 17/11/2014).

42 In prospettiva sociologica, cfr. al riguardo le considerazioni di M. P

ARITO, Comunicare l’Unione

Euro-pea, Milano, 2012, p. 11 ss., in particolare p. 62 ss.

43 In argomento, recentemente, O. P

OLLICINO, Tutela del pluralismo nell’era digitale: ruolo e

responsabili-tà degli Internet service provider, in Consultaonline, 2014.

44 Per più ampi riferimenti al tema da ultimo accennato nel testo può leggersi A. C

IANCIO, Il pluralismo

al-la prova dei nuovi mezzi di comunicazione, in Il pluralismo alal-la prova dei nuovi mezzi di comunicazione, Torino,

2012, p. 9 ss.; e ID., Nuovi mezzi di comunicazione e pluralismo etico, linguistico e religioso, in Nuovi mezzi di

comunicazione e identità: omologazione o diversità?, Roma, 2012, p. 13 ss.

45 Cfr. D. G

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ne di natura culturale, determinante per il consolidamento di quel senso di identità collettiva, che, senza smarrire il proprium delle singole identità nazionali, costituisce tuttavia la premes-sa per la formazione di un “popolo europeo”, che vada oltre la somma dei singoli cittadini dell’Unione, quale precondizione sociale del perfezionamento del processo di integrazione politica in Europa. Esso - prefigurato nel controverso richiamo alle “radici cristiane dell’Europa”, poi abbandonato nella stesura definitiva del Trattato di Lisbona a favore di un più generico riferimento, contenuto nel Preambolo, alle eredità anche religiose dell’Europa - andrà pertanto rinvenuto altrove, potendosi, forse, enucleare attraverso l’invito al rispetto del-la dignità umana, deldel-la libertà, democrazia, uguaglianza, dei diritti umani e, più in generale, dei principi dello Stato di diritto quali valori fondanti dell’Unione, in quanto condivisi dagli Stati membri, anticipato nel medesimo Preambolo e normativamente espresso nell’art. 2 TUE e nel processo di omogeneizzazione costituzionale che quest’ultimo sollecita46, ponendo in tal

modo le premesse per la ripresa di un nuovo, autentico processo costituzionale europeo.

5. Diritti sociali e nuove istanze di tutela per il cittadino-consumatore

In questo percorso di realizzazione di una coscienza collettiva europea passaggio importante è, altresì, rappresentato dalla possibilità di controllo democratico delle scelte e delle politiche europee, il che, per altri versi, conduce a sottolineare la necessità di porre il Parlamento al centro del circuito decisionale europeo, nonché del dialogo tra istituzioni statali e sovranazionali, a maggior ragione in un questo particolare momento storico in cui pare im-porsi per l’Unione una svolta fondamentale e non più procrastinabile.

Infatti, giunti a questo punto della storia europea e versandosi nell’attuale congiuntura economico-finanziaria, delle due, l’una: o si procede a tappe forzate verso il rafforzamento, rectius completamento del processo di integrazione politica, al limite attraverso l’edificazione di un vero e proprio ordinamento di tipo federale47; o si rinuncia definitivamente al progetto politico ripiegando sull’idea più modesta di una comunità di Stati asfitticamente confinata alla dimensione di libero mercato e tutt’al più di unione puramente monetaria, quest’ultima peral-tro palesemente “dimezzata” a causa della notoria (e per il futuro ancora probabile) non coin-cidenza della zona Euro con l’intero territorio dell’Unione.

L’idea, ormai apertamente caldeggiata anche nelle sedi istituzionali europee, è, per-tanto, quella di muovere a grandi passi verso la delineazione di un ordinamento autentica-mente federale, che ponga come modello di governo futuro per l’intera Unione la zona euro48

46 Cfr. R. M

ICCÙ, Proteggere la democrazia, rinnovare il contratto sociale europeo, in Federalismi.it, 2014, p. 2 ss.

47 In tal senso, fra gli altri, già B. C

ARAVITA, La grande sfida dell’Unione europea tra prospettive di rilancio

e ombre di declino, in Federalismi.it, 2012, n.1, p. 2 ss.; e ID., Trasformazioni costituzionali nel federalizing pro-cess europeo, ivi, 2012, n. 17, p. 5 ss.

48 Cfr. l’opinione espressa dal Vicepresidente della Commissione Viviane Reding, riportata da N. W

ATT,

Eurozone countries should form United States of Europe, says EC vice-president, in “The Guardian” del

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e l’assunzione da parte di essa di concrete competenze economiche e fiscali, superando l’attuale, sconcertante ambivalenza che vede dislocati su livelli differenti politica monetaria, da un lato, e governo dell’economia, dall’altro. Invero, l’affidamento della prima alle compe-tenze europee senza che vi si accompagni formalmente la seconda conduce, per un verso, alla paralisi dello stesso modello sociale europeo49, che, per quanto sufficientemente definito

nei diritti individuali, nelle libertà collettive e nei servizi pubblici previsti a vantaggio dei citta-dini-consumatori50, sconta la carenza da parte dell’Unione dei mezzi operativi per la

realizza-zione di quegli obiettivi di solidarietà cui pure è intitolato il Titolo IV della Carta di Nizza-Strasburgo51, atteso che - notoriamente - l’Unione non eroga direttamente (salvo casi

margi-nalissimi) prestazioni sociali52; e, dall’altro lato e correlativamente, sottraendo agli Stati la

possibilità di decidere i tassi di inflazione, svuota le competenze politiche nazionali del più tipico tra gli strumenti di manovra (di rilancio) dell’economia, pur mantenendone formalmente le attribuzioni di governo, mettendo in ultima analisi in crisi, anche sul piano puramente inter-no, persino la stessa tenuta del modello del Welfare State53.

Si moltiplicano in tal modo le proposte volte a realizzare, quantomeno per la zona eu-ro, un effettivo governo europeo dell’economia54, sul presupposto, peraltro, di un riequilibrio

nei rapporti tra Parlamento, da un lato, e Consiglio, Consiglio europeo e Commissione, dall’altro, al cui fianco non vanno trascurati la ridefinizione del ruolo e delle competenze della BCE, la cui posizione, oltretutto, appare ancora troppo distante rispetto a quella di un effetti-vo Istituto bancario federale, in particolare rapportandola agli ampi margini di manovra di cui gode, negli Stati Uniti d’America, la Federal Reserve55, che, a tacer d’altro, può scegliere

come punto di riferimento per i propri obiettivi il tasso di disoccupazione, laddove l’Istituto di Francoforte è tuttora vincolato a rapportarsi prioritariamente al livello dei prezzi. In peraltro apertamente manifestata anche nelle Conclusioni del Consiglio europeo del 26-27/06/2014, consultabili anche in Federalismi.it, 2014, n. 14.

49 In prospettiva giuslavoristica, sull’argomento, anche A. A

LAIMO, Presente e futuro del modello sociale europeo. Lavoro, investimenti sociali e politiche di coesione, in Riv. giur. lav., 2013, p. 253 ss.

50 Ampiamente sul punto, nella recente letteratura giuspubblicistica, tra gli altri, D. U. G

ALETTA, La tutela

dei diritti fondamentali (in generale, e dei diritti sociali in particolare) nel diritto UE dopo l’entrata in vigore del Trat-tato di Lisbona, in Riv. It. Dir. Pubbl. com., 2013, p. 1175 ss., alla quale si rinvia per ulteriori richiami dottrinali e

giurisprudenziali.

51 Il Trattato di Lisbona, inoltre, ha rafforzato obiettivi e politiche sociali dell’Unione, affermando che la piena occupazione, il progresso sociale, la lotta contro l’esclusione sociale e la protezione sociale rientrano tra gli obiettivi dell’UE (art. 3 TFUE) e che un elevato livello di occupazione, un’adeguata protezione sociale e la lotta contro l’esclusione sociale devono essere presi in considerazione nell’elaborazione e nell’attuazione delle sue politiche (art. 9 TFUE), riconoscendo altresì il ruolo della parti sociali (art. 152 TFUE).

52 Il tema ha costituito oggetto del Seminario “Diritti sociali e nuove istanze di tutela per il

cittadino-consumatore” (Catania, 21/03/2014).

53 Sul tema, diffusamente, A. M

ORRONE, Crisi economica e diritti. Appunti per lo Stato costituzionale in

Europa, in Quad. cost., 2014, n.1, p. 86 ss.

54 Sia consentito in questa sede far limitato riferimento a A. C

IANCIO, Quali prospettive per l’integrazione

politica in Europa, cit., p. 8 ss. ed ivi il richiamo ad altra dottrina sul tema.

55 Resta in proposito ancora interessante lo studio di S. B

ARONCELLI, La Banca centrale europea: profili

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so, occorrerà ipotizzare anche forme di controllo sulla Banca Centrale nell’attività di determi-nazione della politica economica europea attraverso gli strumenti monetari-finanziari di cui quest’ultima appare ormai essersi dotata ben al di là delle norme vigenti56, ma senza

smar-rirne, al tempo stesso, l’irrinunciabile posizione di indipendenza.

In ogni caso appare cruciale l’intensificazione del dialogo fra l’Europarlamento e gli omologhi nazionali57, da cui conseguirebbero numerosi effetti positivi: di ridurre il tradizionale

metodo intergovernativo, a favore di procedure interparlamentari, che avrebbero fra l’altro maggiori probabilità di far meglio accettare ai cittadini decisioni (quali quelle di contenimento dei salari, di riduzione dei servizi sociali e/o di aumento della pressione fiscale) sicuramente considerate più indigeste quando vengono imposte su indicazione di istituzioni non legittima-te democraticamenlegittima-te58; di rispettare le “tradizioni costituzionali (democratiche) comuni”59,

ponendo al centro dei circuiti di indirizzo e controllo politico (anche) federale le assemblee rappresentative; nonché, nei sistemi con una seconda Camera espressiva delle autonomie territoriali60, persino di rilanciare, sia pur indirettamente, la partecipazione degli enti locali al

processo decisionale europeo61, avviata soltanto a Maastricht, in particolare con l’istituzione

del Comitato delle Regioni62.

Tale via è tanto più da favorire quanto più si prenda atto dell’inadeguatezza della poli-tica economica unica finora sostanzialmente imposta, come lascia intravvedere la proposta avanzata di recente dal Consiglio europeo di consentire misure di risanamento del deficit e-conomico differenziate per i diversi Paesi63, sia pur nel quadro della formulazione di grandi

56 Sulla posizione di “supplenza” assunta dalla Banca Centrale Europea a far data dal biennio 2010-11, cfr. A. GIOVANNELLI, op. cit., p. 935 ss. In argomento anche F. DONATI, op. cit., p. 6 ss.

57 Secondo quanto suggerisce A. M

ANZELLA, Verso un governo parlamentare euro-nazionale?, cit., p. 13 ss.; e già, in precedenza, ID., La cooperazione interparlamentare nel “Trattato internazionale” europeo, in

www.astrid.eu, Rassegna, 22-02-2012, p. 1 ss. Sulle odierne esperienze di conferenze interparlamentari cfr. A.

ESPOSITO, La cooperazione interparlamentare: principi, strumenti e prospettive, in Il sistema parlamentare

euro-nazionale, cit., p. 133 ss. Criticamente, sull’inadeguatezza di esse N. LUPO, La Conferenza interparlamentare

sulla governance economica e finanziaria, cit., p. 113 ss.

58 Anticipazioni in tal senso anche in P. B

ILANCIA, La nuova governance dell’Eurozona, cit., p. 15 ss. 59 In posizione critica nei confronti delle soluzioni adottate a Lisbona, osserva che esse contrastano con i principi democratici comuni sui quali poggiano i sistemi di governo dei Paesi membri G. GUARINO, Ratificare

Li-sbona?, Firenze, 2006, p. 8 ss., in particolare 158.

60 In tale direzione com’è noto, si sta muovendo in fine anche l’ordinamento italiano secondo quanto pre-visto nel D.D.L. costituzionale A.S. n. 1429 del 2014 contenente”Disposizioni per il superamento del bicamerali-smo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzio-ni, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V della parte seconda della Costituzione”, per i cui com-menti a prima lettura si rinvia ai contributi contenuti in Federalismi.it, 2014, ed ivi gli aggiornacom-menti sull’iter di ap-provazione.

61 In generale sul tema cfr., almeno, A. D’A

TENA, Costituzionalismo multilivello e dinamiche istituzionali, Torino, 2007, p. 64 ss.; in chiave comparatistica, A.A. V.V., L’Europa delle Autonomie. Le Regioni e l’Unione

eu-ropea, (a cura di A. D’Atena), Milano, 2003; e, con più specifico riferimento all’ordinamento italiano, A.A. V.V. Regionalismo e sovranazionalità, (a cura di A. D’Atena), Milano, 2009, p. 1 ss.

62 In argomento anche P. C

OSTANZO – A. RUGGERI, Unione europea ed autonomie territoriali, in P. C O-STANZO - L. MEZZETTI – A. RUGGERI, Lineamenti di diritto costituzionale dell’Unione europea, cit., p. 451 ss.

63 Ne fa cenno ancora A. M

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linee generali di limitazione del disavanzo e di conseguente contenimento della spesa pub-blica. Ciò che, come anticipato, dovrebbe condurre alla sottolineatura della centralità dell’Europarlamento ed al suo porsi quale motore istituzionale, in un rapporto dialogico co-stante con i Parlamenti nazionali64, di una decisa spinta federalista che, partendo dalla zona

Euro, sulla scia delle principali manovre di politica economica e finanziaria già concretamen-te assunconcretamen-te a livello sovranazionale65, conduca in ultima analisi ad attrarre anche formalmente

nelle competenze dell’Unione sostanziali attribuzioni di governo dell’economia66, con

l’o-biettivo finale della redazione di un bilancio comune, la creazione di un Tesoro unico e la previsione di un’autonoma capacità di imposizione fiscale.

6. Verso una giustizia costituzionale europea?

Per altri versi, che il dialogo fra istituzioni europee ed omologhi nazionali sia destinato ad intensificarsi nel processo di costruzione di un’Unione politica europea di stampo autenti-camente federale è confermato, da altra angolazione, da quanto negli ultimi tempi va matu-rando nei rapporti tra Corte di Giustizia e Tribunali costituzionali nazionali, a seguito del rin-vio pregiudiziale per questione interpretativa di recente operato da taluni Giudici costituziona-li, tra i quacostituziona-li, nuovamente, la Corte costituzionale italiana67, peraltro adìta in via incidentale68,

64 Evidenzia la posizione di emarginazione in cui appaiono sempre più confinati i Parlamenti statali nel complessivo processo decisionale europeo, a dispetto dei riferimenti ad essi contenuti negli atti e nei documenti europei, A. GIOVANNELLI, op. cit., p. 963 ss. Sulle previsioni del Trattato di Lisbona che prevedono forme di coin-volgimento dei Parlamenti nazionali nelle procedure legislative dell’Unione europea, diffusamente, C. FASONE – N. LUPO, op. cit., p. 350 ss.

65 Il riferimento è – per usare sigle ormai note – agli Accordi EFSM, FESF, SIX-PACK, TWO-PACK, Eu-ro-plus, MES, e, soprattutto, TSCG, meglio conosciuto come Fiscal Compact, per quanto alcune norme di essi riguardino anche Paesi estranei all’eurozona. Per maggiori dettagli sui differenti contenuti dei vari accordi cfr., ex

multis, P. BILANCIA, op. cit., p. 2 ss.; G. BIZIOLI, La disciplina europea della finanza pubblica. Origine, evoluzione e

crisi del patto europeo di stabilità e crescita, in Riv. dir. fin. e sc. finanze, 2012, I, p. 121 ss.; F. DONATI, op. cit., p. 1 ss.; e A. GIOVANNELLI, Vincoli europei e decisione di bilancio, cit., 938 ss., il quale mette in luce come, trasfor-mandosi anche in una “comunità di rischi” l’eurozona si spinga molto avanti, sotto il profilo del vincolo, “in un pro-cesso cui non può negarsi un carattere sostanzialmente costituzionale”.

66 Tra i numerosi contributi sui risvolti giuridici della crisi dell’euro e sulle conseguenze che essa ha com-portato sul piano istituzionale in Europa, cfr., almeno, E. CHITI, Le risposte alla crisi della finanza pubblica e il

rie-quilibrio dei poteri nell’Unione, in Giorn. Dir. amm., 2011, p. p. 311 ss.; G. NAPOLITANO, La crisi del debito sovrano

e il rafforzamento della governance europea, in Uscire dalla crisi. Politiche pubbliche e trasformazioni istituzionali,

Bologna, 2012, p. 383 ss.; G. PITRUZZELLA, Chi governa la finanza pubblica in Europa, in Quad. cost., 2012, p. 9 ss.; A. VITERBO – R. CISOTTA, La crisi del debito sovrano e gli interventi dell’UE: dai primi strumenti finanziari al

Fiscal Compact, in Il Diritto dell’Unione europea, 2012, p. 323 ss.

67 Ord. n. 207 del 2013, su cui, ex multis, U. A

DAMO, Nel dialogo con la Corte di Giustizia la Corte

costi-tuzionale è un organo giurisdizionale nazionale anche nel giudizio in via incidentale. Note a caldo sull’ord. n.207/2013, in www.forumcostituzionale.it, (24 luglio) 2013; B. GUASTAFERRO, La Corte costituzionale e il primo

rinvio pregiudiziale in un giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale: riflessioni sull’ordinanza n. 207 del 2013, in Forum di quad. cost., (21 ottobre) 2013; ID., Il primo rinvio pregiudiziale in un giudizio di legittimità costi-tuzionale in via incidentale, in Quad. cost., 2013, p. 980 ss.; G. REPETTO, La Corte costituzionale effettua il rinvio

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e persino dal Bundesverfassungsgericht69, che finora aveva sempre rifiutato di porsi in

rap-porto dialogico con i Giudici di Lussemburgo. Nonostante le questioni da cui muovono, ri-spettivamente, i Giudici italiani e tedeschi siano prima facie assai diverse70, a ben guardare

si tratta pur sempre di casi che attengono lato sensu al delicato problema del mantenimento degli equilibri finanziari dello Stato, laddove l’iniziativa di Karlsruhe appare tanto più significa-tiva perché lascia intravvedere un primo cedimento della Germania rispetto alle drastiche misure di contenimento del debito pubblico nazionale finora da essa sostanzialmente impo-ste agli altri Stati nelle sedi decisionali intergovernative71, sia pur senza tralasciare –

confor-memente ai propri precedenti - di richiamare il principio democratico72, quale limite sempre

addotto dalla Germania rispetto alle richieste di ulteriori cessioni di sovranità a favore dell’Unione73 e, conseguentemente, al rafforzamento dell’integrazione in seno ad essa74.

In questo modo pare, infatti, possa sintetizzarsi la censura opposta alle iniziative della Banca Centrale in tema di Outright Monetary Transactions75, in particolare nel punto in cui

viene contestata la competenza dell’Istituto di Francoforte a procedere all’acquisto dei titoli di debito sovrano degli Stati sotto stress finanziario, così da produrre un’indebita redistribuzione di risorse tra i Paesi dell’area euro, esorbitando dal campo della politica monetaria attribuito-gli, per attingere a quello della politica economica riservata agli Stati, in mancanza, peraltro, di adeguata legittimazione democratica e del necessario controllo parlamentare sui suoi atti. ottobre) 2013; A. ADINOLFI, Una “rivoluzione silenziosa”: il primo rinvio pregiudiziale della Corte costituzionale

ita-liana in un procedimento incidentale di legittimità costituzionale, in Riv. Dir. Intern., 2013, p. 1249 ss.; M. LOSANA,

La Corte costituzionale e il rinvio pregiudiziale nei giudizi in via incidentale: il diritto costituzionale (processuale) si piega al dialogo tra le Corti, in Riv. AIC, (24 gennaio) 2014; O. POLLICINO, From Partial to Full Dialogue with

Lux-embourg: The Last Cooperative step of the Italian Constitutional Court, in Eur. Const. Law Rev., 2014, p. 143 ss.

68 Superando in tal modo le “strettoie” di cui al precedente del 2008, secondo gli auspici formulati già da F. SORRENTINO, I diritti fondamentali in Europa dopo Lisbona, in Corr. Giur., 2010/2, p. 3.

69 BVerfG, 2 BvR 2728/13 del 14 gennaio 2014. Tra i primi commenti cfr. E. O

LIVITO, Atto primo: il

Bun-desverfassungsgericht rinvia alla Corte di Giustizia su OMT e poteri della BCE. Un’occasione per il futuro dell’Unione europea?, in Costituzionalismo.it, 2013, n. 3; A. DI MARTINO, Le Outright Monetary Transactions tra

Francoforte, Karlsruhe e Lussemburgo. Il primo rinvio pregiudiziale del BVerfG, in Federalismi.it., 2014, n.4; A. DE

PETRIS, Un rinvio pregiudiziale sotto condizione? L’ordinanza del Tribunale Costituzionale Federale sulle Outright Monetary Transactions, ivi; G. DELLEDONNE, La “prima volta” di Karlsruhe: il rinvio pregiudiziale relativo alle Ou-tright Monetary Transactions, in www.csfederalismo.it, Commenti, 2014, n. 25.

70 Esse - com’è noto - sinteticamente riguardano la normativa italiana sul rinnovo dei contratti di docenza a tempo determinato nella scuola, in rapporto alla direttiva n. 1999/70/CE, l’una; ed il programma di acquisto con-tinuato di titoli del debito sovrano sul mercato secondario preannunciato dalla BCE, rispetto al TFUE e allo Statu-to del SEBC, l’altra.

71 Così anche M. S

CHIERITZ, Karlsruhe drückt sich, in “Zeitonline” del 7 Feb 2014. 72 Cfr. A. D

I MARTINO, Le Outright Monetary Transactions, cit., p. 4 ss.

73 Particolarmente rigida, in tal senso, la celebre BVerfG, 2 BvE 2/08, 30 giugno 2009, Lissabon Urteil, su cui, criticamente, per tutti, S. CASSESE, L’Unione europea e il guinzaglio tedesco, in Giorn. Dir. amm., 2009, p. 1003 ss.

74 Per una sintesi della giurisprudenza costituzionale tedesca sul tema dell’integrazione europea, cfr. A. DI MARTINO, La sentenza del Bundesverfassungsgericht sul Meccanismo europeo di stabilità e sul Fiscal

Com-pact: una lettura alla luce della giurisprudenza precedente, in Federalismi.it, 2012, n.18, p. 3 ss.

75 Cfr. A. D

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E, peraltro, chiaro che se la Corte di Giustizia – come appare prevedibile – non scon-fesserà la BCE76, ne avallerà in un certo senso il rafforzamento della posizione e delle

possi-bilità decisionali ben oltre le (attuali) attribuzioni istituzionali, convalidando la prospettiva dell’edificazione di un’Unione politica federale europea, che abbia come motore la zona euro e ne utilizzi come combustibile una comune politica economica-finanziaria77, attraverso però

il passaggio obbligato del rafforzamento della democraticità delle sue istituzioni e delle relati-ve procedure.

Più in generale, le decisioni di rinvio dei giudici nazionali realizzano comunque un ul-teriore passo avanti nella direzione della prevalenza del diritto europeo su quello interno, tappa fondamentale del processo di integrazione78, giacché questa è inevitabilmente

condi-zionata dalla possibilità di armonizzazione degli ordinamenti nazionali, che solo quella preva-lenza è in grado di assicurare, e che non può limitarsi al piano legislativo, ma richiede più in profondità di attingere alla dimensione costituzionale79.

Invero, nel panorama istituzionale complessivo non può smarrirsi la centralità della Corte di Lussemburgo e del dialogo fra essa e le Giurisdizioni costituzionali nazionali80, allo

scopo di favorire nel modo più ampio quella circolazione dei valori e dei principi e, ancora più a monte, l’uniforme interpretazione degli stessi, che ha come fine ultimo il consolidamento e l’inveramento di un autentico patrimonio costituzionale comune, come presupposto per la ripresa del processo costituente europeo81.

È ancora presto, in realtà, per anticipare giudizi prognostici sullo sviluppo che avrà il rinvio pregiudiziale da parte dei Tribunali costituzionali nazionali, considerato che i preceden-ti risultano tuttora assai esigui e anche alquanto distanziapreceden-ti nel tempo82. Sembrano tuttavia

76 In tal senso le previsioni di A. D

I MARTINO, Le Outright Monetary Transactions, cit., p. 13 ss.; A. A LESI-NA – F. GIAVAZZI, E ora le banche non hanno scuse, in “Corriere della sera” del 9 Feb 2014; e A. MORRONE, op.

cit., p. 83 ss., il quale, al riguardo, considera indicativo il precedente offerto dalla CGE nella decisione cd. Pringle

(Causa C-370/12), emessa a seguito di rinvio pregiudiziale proposta dalla Suprema Corte di Irlanda, in cui è stato riconosciuto dai Giudici di Lussemburgo che il programma europeo di interventi in funzione di salvataggio degli Stati in difficoltà finanziaria, per quanto si ponga al limite del diritto positivo dell’Unione, appare comunque sorret-to da una specifica legittimazione.

77 Ad un “principio di solidarietà responsabile interstatale”, che starebbe prendendo forma nell’attuale congiuntura economico-finanziaria, in funzione “costituente” per la realizzazione di un’effettiva unità politica euro-pea, fa riferimento ancora A. MORRONE, op. cit., p. 84.

78 Considera il rinvio pregiudiziale “uno dei più potenti fattori dell’integrazione europea”, M. C

HITI, Il rinvio

pregiudiziale e l’intreccio di tra diritto processuale nazionale ed europeo: come custodire i custodi dagli abusi del diritto di difesa?, in Riv. It. Dir. Pubbl. Com., 2012/5, p. 748.

79 Nel medesimo senso, da ultimo, R. M

ICCÙ, Proteggere la democrazia, cit., p. 2 ss. 80 Come più distesamente sostenuto in A. C

IANCIO, A margine dell’evoluzione della tutela dei diritti

fon-damentali in ambito europeo, tra luci ed ombre, in Federalismi.it, 2012/21, p. 6 ss., cui, pertanto, sia consentito

rinviare.

81 Cfr. AA. VV., Il processo costituente europeo, a cura di P. Bilancia, Milano, 2002.

82 Ad oggi soltanto i Giudici costituzionali di 7 Stati, sui 28 Paesi membri dell’Unione, hanno fatto ricorso all’istituto del rinvio pregiudiziale ex art. 177 Trattato CEE, poi art. 234 Trattato CE e, da ultimo, art. 267 TFUE. A parte i precedenti dell’Italia e della Germania, già richiamati, vanno ancora ricordate le iniziative del Belgio; dell’Austria; della Lituania, che ha effettuato il suo primo (e, finora, unico) rinvio l’8 maggio 2007; della Spagna,

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poste le premesse per un dialogo più intenso e in fine diretto83, che dovrebbe indurre il

Giu-dice europeo a voler operare ormai come un vero GiuGiu-dice costituzionale84, che assicuri

senz’altro la prevalenza dei principi comuni di valore “ontologicamente” costituzionale85,

co-me lasciano intendere talune decisioni più recenti86, per quanto la Corte di Lussemburgo

manifesti ancora talune resistenze a garantire i diritti fondamentali, ed in particolare quelli sociali, per ciò che essi esprimono in sé nel loro “nucleo di valore” a corredo della dignità umana, al di là della garanzia del principio di non discriminazione ovvero del bilanciamento con le libertà economiche riconosciute dall’Unione87.

La constatazione lascia dubitare che il processo di integrazione possa giungere a compimento esclusivamente attraverso la giurisprudenza, ed in particolare seguendo l’unica via della tutela giurisdizionale dei diritti. Ciò che mette ulteriormente in luce ciò che dovrebbe già apparire evidente in sé, su come, cioè, resti ineludibile per ragionare di un vero e proprio sistema europeo di Giustizia costituzionale l’adozione di un documento di natura ove il Tribunal Constitucional adisce per la prima volta la CGE nel 2011(dec. N.86/11); e della Francia, il cui

Con-seil Constitutionnel ha avviato il rinvio pregiudiziale a Lussemburgo soltanto il 4 aprile 2013 (déc- 2013-314 P

QPC), su cui cfr. S. CATALANO, Il primo rinvio pregiudiziale del Conseil Constitutionnel alla Corte di giustizia

dell’Unione europea: contesto e ragioni di una decisione non rivoluzionaria, in Riv. AIC, 2013. A ciò possono

ag-giungersi le affermazioni di auto legittimazione al rinvio pregiudiziale proclamate, rispettivamente, dalla Corte co-stituzionale polacca e dal Tribunale coco-stituzionale portoghese, cui, però, al momento, non hanno fatto seguito conseguenziali iniziative concrete. In generale sul tema, cfr., almeno, A. ALEN, Le relazioni tra la Corte di Giustizia

delle Comunità europee e le Corti costituzionali degli Stati membri, in Profili attuali e prospettive di diritto costitu-zionale europeo, a cura di E. Castorina, Torino, 2007, p. 209 ss.

83 Cfr. M. C

ARTABIA, La Corte costituzionale italiana e la Corte di Giustizia europea: argomenti per un

dia-logo diretto, in Diritto comunitario e diritto interno, Milano, 2008, p. 153 ss..

84 All’interrogativo “Verso una giustizia costituzionale europea?” è stato dedicato il V Seminario del Pro-getto (Catania, 11/04/2014).

85 Non appare, al riguardo, casuale che la maggior parte delle iniziative di rinvio assunte dai Giudici co-stituzionali nazionali (di cui è cenno alla precedente nota 82) intercettino le problematiche inerenti i diritti fonda-mentali della persona posti in gioco dal cd. mandato di arresto europeo, come, più diffusamente, argomenta M. IACOMETTI, Il caso Melloni e l’interpretazione dell’art. 53 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea tra

Corte di Giustizia e tribunale costituzionale spagnolo, in Riv. AIC, 2013, p. 3 ss.

86 Nel testo si vuol fare riferimento al noto caso Kadi in materia di terrorismo (C-85/2009) risolto con l’annullamento di un regolamento in tema di sicurezza e contrasto al terrorismo per violazione dei diritti di difesa e di proprietà, e ancora più recentemente al caso Digital Rights Ireland Ltd e Seitlinger e a. (Cause riunite C-293/12 e C-594/12) conclusosi con l’annullamento della direttiva sulla conservazione e il trattamento dei dati personali da parte dei fornitori di servizi di comunicazione elettronica per violazione dei diritti (sanciti nella Carta di Nizza-Strasburgo) alla privacy e alla protezione dei dati di carattere personale.

87 Invero, la centralità del balancing test come tecnica di giudizio dei Giudici di Lussemburgo appare evi-dente anche in decisioni, quali la sentenza Schmidberger del 2003 o la sentenza Omega del 2004, in cui pure la CGE ha ritenuto senz’altro prevalente l’esigenza di garanzia dei diritti fondamentali rispetto alle libertà economi-che affermate dai Trattati. Sinteticamente, su tali celebri pronunce, ex multis, F. DONATI, La tutela dei diritti

fon-damentali nel sistema comunitario, in Profili attuali e prospettive, cit., p.253 ss.; e, volendo, anche A. CIANCIO, A

margine dell’evoluzione della tutela dei diritti fondamentali, cit., p. 5 ss. Criticamente, sul bilanciamento “libero”

operato dai Giudici europei in assenza di “vincoli costituzionali (o para-costituzionali)” G. AZZARITI, Le Garanzie

del lavoro tra costituzioni nazionali, Carta dei diritti e Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in Europeanrights.eu,

2011, p. 10 ss.; cui aderisce S. GAMBINO, I diritti sociali fra Costituzioni nazionali e costituzionalismo europeo, in

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te e materialmente costituzionale88, su cui oltretutto far gravare il futuro, ipotizzato impianto

federale europeo. L’elaborazione di una nuova piattaforma normativa di natura costituzionale appare, infatti, a questo punto irrinunciabile. Tale nuova costruzione costituzionale, superan-do l’attuale impianto dei Trattati, superan-dovrebbe, fra l’altro, sotto il profilo organizzatorio, attribuire alle istituzioni comuni effettive competenze in materia economico-finanziaria unitamente ad una ridefinizione dei reciproci rapporti, che ponga al centro delle procedure di indirizzo, oltre che di decisione e controllo, adottate a livello europeo il Parlamento, secondo quanto già au-spicato89, segnando il tal modo la riaffermazione della politica e, a cascata, della legislazione

anche in uno spazio giuridico finora abbondantemente regolato altrimenti che non attraverso gli usuali circuiti decisionali della rappresentanza politica90.

Se quanto finora affermato mostra una sua plausibilità si può allora, forse, sin d’ora anticipare che le strategie che occorrono per rafforzare il processo democratico in funzione dell’integrazione politica in Europa siano sintetizzabili nella necessità di avviare un nuovo processo costituente europeo, che, anche alla luce dell’esperienza fallimentare della cd. “Costituzione” del 2004, proceda su (differenti) binari di legittimazione democratica, attraver-so quantomeno l’intervento del Parlamento e comunque in vista di un suo ulteriore e adegua-to rafforzamenadegua-to.

88 Nel medesimo senso già A. M

ORRONE, Crisi economica e diritti, cit., p. 95 ss., il quale dubita che in mancanza di una Costituzione europea, e la sottostante scelta politica, il processo di integrazione possa giungere a compimento attraverso la sola via giudiziaria della tutela dei diritti fondamentali.

89 Più diffusamente sull’argomento, se si vuole, A. C

IANCIO, Quali prospettive per l’integrazione politica in

Europa, cit., p. 12 ss. ed ivi ulteriori richiami dottrinali.

90 Per più ampi riferimenti alla problematica da ultimo accennata nel testo cfr., ancora, A. M

ORRONE, op.

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