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Leggerezza e magia in Dīvār meṁ ek khiṛkī rahtī thī di Vinod Kumar Shukla

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Academic year: 2021

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LEGGEREZZA E MAGIA

IN DĪVĀR MEṀ EK KHIṚKĪ RAHTĪ THĪ

DI VINOD KUMAR SHUKLA

Veronica Ghirardi

he cosa si intende per leggerezza in ambito letterario? Quali sono le caratteristiche di una un’opera dotata di

leggerezza? Bede Scott, nel suo On Lightness in World Literature (2013: 1-2), definisce la leggerezza come un

valore estetico transculturale, al di là delle diverse epoche storiche; un valore che è stato più o meno privilegiato nei secoli, ma che è sempre stato presente come necessaria controparte delle più gravi e pesanti problematiche che affliggono l’esperienza umana. Nella tradizione occidentale, la leggerezza, intesa come qualità letteraria, è stata ampiamente sottostimata, in particolare a causa della gravosa eredità imposta dal realismo ottocentesco. Per Scott, la leggerezza non deve essere tanto considerata come direttamente connessa al contenuto di un’opera, quanto all’attitudine «toward that content, its style of being, its tone […] its dominant structure of feeling vis-à-vis the world it describes and the audience it addresses» (Scott B. 2013: 4-5).

C

In maniera analoga, Italo Calvino nelle sue celebri Lezioni

americane descrive la leggerezza come una modalità

alternativa con cui guardare al reale. La leggerezza non implica una fuga dalla realtà o la negazione della stessa, quanto una nuova prospettiva da cui osservala e gestirla. Calvino ricorre al mito di Perseo per illustrare questo concetto: l’eroe riuscì a sconfiggere Medusa e a sfuggire al suo sguardo pietrificante evitando di guardarla direttamente in volto. Egli non si astenne dal guardare Medusa, ma lo fece attraverso la sua immagine riflessa nello scudo di bronzo: «è

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sempre in un rifiuto della visione diretta che sta la forza di Perseo, ma non in un rifiuto della realtà del mondo di mostri in cui gli è toccato vivere, una realtà che egli porta con sé, che assume come proprio fardello» (Calvino I. 1993:9). L’autore sottolinea come, anche quando sembriamo condannati alla pesantezza, sia possibile cambiare approccio, «guardare il mondo con un’altra ottica, un’altra logica, altri metodi di conoscenza e verifica» (Calvino I. 1993:12).

Ora, anche Vinod Kumar Shukla1 conduce con la sua prosa un’operazione analoga. Descrive infatti una realtà umile, con le sue luci e le sue ombre, ma, come disse Calvino a proposito del proprio percorso letterario (Calvino I. 1993:7), sottraendo peso ai suoi personaggi, alle vicende e al suo linguaggio.

Annotazioni sulla prosa hindi moderna e contemporanea

Prima di proseguire è necessaria una breve presentazione del panorama letterario all’interno del quale va collocato il romanzo di Shukla2. Osservando l’evoluzione della prosa in lingua hindi nel corso del XX secolo, è possibile notare come sia stata ampiamente caratterizzata da un primato del realismo (si vedano a titolo esemplificativo Anjaria U. 2012 e Mishra S.K. 2011) e da un diffuso senso di gravità. Come insegnò Premchand (1880-1936), padre della prosa in lingua hindi (e in parte anche di quella in urdu), la letteratura deve occuparsi soprattutto delle problematiche che affliggono la società, dando voce specialmente (ma non solo) ai gruppi 1 Vinod Kumar Shukla nasce nel gennaio 1937 a Rajnandgaon, nello stato del Chhattisgarh. Attualmente vive a Raipur, dove per anni ha insegnato presso l’Indira Gandhi Agricultural University. È autore di svariate raccolte poetiche (a riguardo si veda Offredi M. 1998), tra cui Lagbhag jay Hind (1971), Sab

kuch honā bacā rahegā (1992), Atirikt nahīṁ (2001) and Ākāś dhartī ko khaṭkhaṁ ek khiṛṭātā hai (2006). Il suo primo romanzo, Naukar kī kamīz, è

stato pubblicato nel 1979 e, circa vent’anni più tardi, è stato trasposto in versione cinematografica da Maṇi Kaul. Altri suoi celebri romanzi sono

Khilegā to dekheṃge (1996) e Dīvār meṁ ek khiṛkī rahtī thī (1997).

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svantaggiati, spesso relegati a una posizione di marginalità3. Dal pragativād (progressismo)4 all’āñcaliktā (regionalismo)5 —anche se con considerevoli differenze a livello di prospettive e obiettivi— il realismo ha rappresentato una modalità di espressione privilegiata, con una spiccata attenzione per i poveri e gli oppressi 6. Nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta, con la nayī kahānī (nuovo racconto), fulcro dell’attenzione diviene la realtà del ceto medio urbano, anche se in questo caso si tratta di una “realtà esperienziale”, data dall’interazione di individuo (vyakti) e ambiente

3 Anch’egli, peraltro, era conscio della necessità dell’alleggerimento della narrazione, che per l’appunto in grazia di una certa “leggerezza” invogliasse il pubblico a proseguire la lettura di romanzi e racconti. Di qui la sua preferenza per una sintesi nei propri scritti tra realismo e idealismo. Lo strumento cui fece più spesso ricorso è un acuto senso dell’umorismo. Si veda in proposito Dolcini D. 1997.

4 Il pragativād prese forma come movimento letterario durante gli anni Trenta, come reazione alla scuola chāyāvād (letteralmente “scuola delle ombre”, spesso designata come il romanticismo indiano), ormai in declino. Gli autori progressisti, profondamente influenzati dall’ideologia marxista, consideravano la letteratura come specchio della società e strumento attraverso il quale influire sul corso degli eventi. Yashpal (1903-19), Bhisham Sahni (1915-2003), Nagarjun (1911-1998), Rangeya Raghav (1923-1962) sono alcuni degli autori che, almeno per una parte della loro vita, abbracciarono il movimento.

5 Il termine āñcaliktā venne coniato con la pubblicazione di Mailā āñcal di Phanishwar Nath Renu (1921-1977) nel 1954. L’autore nella prefazione al romanzo definiva il proprio testo un āñcalik upanyās, un “romanzo regionale”. La parola āñcal si riferisce sia al lembo di terra, sia all’estremità della sari che ricade sul seno e sul grembo della donna. Il lembo, pertanto, è al contempo simbolo della condizione di marginalità e della madre Terra. La narrativa

āñcalik è normalmente associata alla rappresentazione di aree rurali, di gruppi

socialmente svantaggiati in aree geograficamente marginali. Per una valida e documentata traduzione in italiano si veda Cossio C. 1987.

6 Con questa affermazione, ovviamente, non sostengo che il realismo di stampo

sociale sia stata l’unica tendenza della letteratura hindi moderna/contemporanea: ciò implicherebbe, per esempio, la negazione del

prayogvād (sperimentalismo) o del chāyāvād. A ogni modo è importante anche

sottolineare come sia chāyāvād sia prayogvād siano state esperienze letterarie principalmente connesse con la poesia.

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(pariveś)7. Gli autori connessi con questo movimento8, seppur con le loro peculiarità individuali, descrivono la crisi dell’individuo moderno in India, all’interno di un mutato e mutevole contesto sociale. Anche in questo caso il realismo e il senso di gravità hanno continuato a esercitare un ruolo cruciale e tale tendenza è stata ampiamente confermata sul finire del XX secolo (anche se con sostanziali differenze a livello tematico e di prospettiva) dal fiorire della letteratura

dalit9. Quale può essere, pertanto, il ruolo della leggerezza nella prosa hindi contemporanea?

Secondo l’eminente critico Sudhish Pachauri (2010 e 2012), con la fine del millennio, sono emersi due fenomeni apparentemente antitetici. Da un lato, la scrittura di donne e

dalit (tradizionalmente ai margini del canone10 letterario in lingua hindi, dominato da autori uomini e di casta alta) ha raggiunto una visibilità e un riconoscimento senza precedenti. 7 Un interessante articolo circa il realismo modernista della nayī kahānī è stato pubblicato da Preetha Mani nel corso del 2019, con il titolo What Was So New

about the New Story? Modernist Realism in the Hindi Nayī Kahānī.

8 Alcuni nomi di spicco della nayī kahānī sono Kamleśvar (1932–2007), Mohan Rākeś (1925–72), Rājendra Yādav (1929–2013) e la moglie Mannū Bhaṇḍarī (nata 1931).

9 In proposito, si vedano a esempio Brueck L. 2014, Gajarawala T.J. 2013, Mehra P.K. 2014.

10 La definizione stessa del canone letterario in lingua hindi nel corso dei decenni meriterebbe specifica trattazione (ne rappresenta una prova il dibattuto testo di Tripathi The Hindi Canon, pubblicato per la prima volta in lingua hindi nel 2015 con il titolo Hindī ālocnā meṁ kainan nirmāṇ kī prakriyā). In questo contesto, mi limiterò a sottolineare come il termine canone sia ampiamente inteso dalla critica letteraria in lingua hindi come sinonimo della storia della letteratura hindi. L’eminente critico Namvar Singh, in una lezione tenuta presso l’università di Allahabad nel 1999, a tale proposito affermò «The history of Hindi literature constitutes a ‘canon’. From Tulsi to Nirala and Muktibodh, a canon has taken shape. The paradox of the ‘canon’ is that it belongs at the same time to the past and is absolutely contemporary» (cit. in Tripathi 2018: 1). Il canone letterario hindi, quando definito in questi termini, iniziò a prendere forma con il celeberrimo Hindī sāhitya kā itihās (“Storia della letteratura hindi” 2009 [1929]) di Ramchandra Shukla. Nella seconda metà del Novecento sono stati soprattutto critici di stampo marxista come Ramvilas Sharma (1927-1990) e Namvar Singh (1927-2019) a definire quali nuovi autori potessero entrare a far parte di questo canone.

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Dall’altro lato, alcuni autori mainstream (o quantomeno non provenienti da gruppi tradizionalmente discriminati) hanno iniziato a proporre testi caratterizzati da un senso di maggior levità e giocosità. Come ha sottolineato Pachauri in un’intervista da me realizzata nel 2016, nel mondo contemporaneo piacevolezza e intrattenimento hanno assunto un ruolo centrale, prendendo il posto della realtà. Nella società dei consumi, i lettori non vogliono comprare dolore e sofferenza (componente rilevante della tradizione realista), ma benessere e felicità. Pertanto, iniziano a comparire testi la cui trama è estremamente ridotta, senza grandi ideali o verità da impartire. Si possono trovare semplici immagini di vita quotidiana, ma anche storie lievi (quantomeno a una lettura più superficiale), con molteplici allusioni sessuali e affascinanti giochi linguistici. Questo secondo gruppo di testi individuato da Pachauri può, a mio parere, essere letto come una possibile realizzazione della leggerezza intesa al modo di Calvino. Il romanzo di Vinod Kumar Shukla, nella fattispecie, rappresenta un valido esempio di tale nuova tendenza narrativa.

Dīvār meṁ ek khiṛkī rahtī thī e la poesia delle piccole cose

Dīvār meṁ ek khiṛkī rahtī thī può essere considerato come

la terza parte della trilogia di Shukla sulla lower-middle-class indiana, trilogia completata da Naukar kī kamīz (“la camicia del servitore, 1979) e Khilegā to dekheṃge (“quando fiorirà vedremo”, 1996)11. La trama del romanzo è estremamente ridotta: si tratta di una serie di immagini della vita quotidiana dei suoi protagonisti, Raghuvar Prasad, giovane insegnante di matematica, e sua moglie Sonsi. La loro vita è umile, ma felice. Nonostante siano sposati da poco, sviluppano presto una grande complicità. L’arrivo di Sonsi, inoltre, permette a Raghuvar di scoprire un mondo nuovo, magico, al di là della 11 Tutti questi romanzi sono stati tradotti in inglese da Satti Khanna (si vedano

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finestra di casa. Qui possono godere della bellezza di un giardino edenico, dove la vegetazione è sempre rigogliosa, gli uccellini cinguettano, il fiume scorre mite con le sue acque limpide. La vita di Raghuvar si snoda tra due poli: la scuola e la sua modesta dimora. A connettere queste due realtà normalmente ci sono auto rickshaw, scooter, bus e biciclette, fino a quando, un giorno, fa la sua comparsa un elefante. Un

sadhu (santone), sul dorso del pachiderma, offre a Raghuvar

un passaggio a casa; il giovane inizialmente si sente nervoso, ma un po’ alla volta riesce a rilassarsi. Raghuvar comincia così a viaggiare regolarmente con il sadhu e scopre un modo nuovo e allo stesso tempo antico di spostarsi, lentamente, in accordo con i ritmi della natura. Come mette in luce Vishnu Khare nella postfazione al romanzo, Shukla non propone grandi avvenimenti o conflitti, ma immagini di vita e degli elementi naturali nella loro forma più pura (Shukla V.K. 2014a: 168). Ray G. (2002: 362), in tono alquanto critico, sostiene che se nel primo romanzo di Shukla, Naukar kī

kamīz, la componente sperimentale (bhāsik krīṛā) si reggeva

ancora a una trama strutturata, in Dīvār diventa puro gioco

(khilvāṛ mātr), fine a se stesso.

Il mondo tratteggiato da Shukla, nonostante le umili condizioni dei suoi personaggi, è pervaso di magia e poeticità. L’autore sembra suggerire che raggiungere una tale visione della realtà richieda necessariamente un approccio fatto di candore e apertura mentale. In particolare, l’amore gioca un ruolo primario in questo processo di rivelazione. Raghuvar, infatti, scopre il giardino paradisiaco al di là della finestra di casa e la poesia che emana dai più piccoli aspetti della quotidianità grazie alla presenza della sua novella sposa Sonsi. Shukla, attraverso le immagini di questi due giovani immersi in un eden del tutto personale, attraverso le immagini della loro intimità e complicità propone ai suoi lettori un nuovo modo di rappresentare la vita della

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di impegno sociale. Al contempo ciò non implica che lo scrittore neghi le difficoltà, le mancanze, le preoccupazioni dei propri protagonisti: la coppia vive in un modesto monolocale in affitto e dispone di pochi beni, in gran parte forniti dalla sorella maggiore di Raghuvar, così che a volte lui si sente colpevole di non poter garantire abbastanza sostegno ai genitori:

«A Raghuvar Prasad il padre sembrava debole. Se gli avesse chiesto della sua salute, il padre avrebbe iniziato a parlargli di tutte le sue malattie. Allora Raghuvar Prasad avrebbe iniziato ad agitarsi. Se il suo stipendio fosse stato migliore avrebbe potuto mostrare a suo padre quanto un figlio possa essere premuroso. Di fronte alle piccole aspettative del padre si sentiva impotente: non poteva essere considerato un bravo figlio».12

Nonostante i piccoli e grandi problemi che affliggono la quotidianità di Raghuvar e Sonsi, il tono della narrazione non sconfina verso un senso di pesantezza e gravità. La giovane coppia, di fondo, non smette mai di vedere e apprezzare la bellezza, la magia delle piccole cose. Shukla, inoltre, costella il romanzo di descrizioni poetiche della natura, offrendo al suo lettore dipinti multisensoriali, con inconsuete associazioni e frequente ricorso alla sinestesia. Nel brano qui di seguito, per esempio, Raghuvar segue con lo sguardo la moglie al di là della finestra ed è felice, come se lei fosse il centro del suo intero mondo:

«Raghuvar Prasad continuò a seguire Sonsi sul sentiero. Come i piedi lasciano le impronte, così l’incedere di Sonsi lasciava dietro di

12 Questo passo, così come i successivi, è stato da me tradotto dall’originale, che qui riporto: रघुवर प्रसाद को पि ता कमजोर लग रहे थे। पि ता से तपि यत के ारे में ूछेंगे तो अ नी स ीमारिरयाँ तलाने लगेंगे। त रघुवर प्रसाद को घ राहट होने लगती थी। उसका वेतन अच्छा होता तो वह ताता पिक एक ुत्र अ नी पि ता की पिकस तरह रवाह करता है। पि ता की छोटी-छोटी अ ेक्षाओं के सामने वह असहाय हो जाता था पिक वह अच्छा ुत्र नहीं समझा जा रहा है। (Shukla V.K. 2014a: 30)

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sé un ritmo a pervadere ogni direzione. La scena era fatta di ritmo. Il laghetto era un laghetto fatto di ritmo. L’albero era fatto di ritmo. Il sentiero era fatto di ritmo. Raghuvar Prasad procedeva come se i suoi piedi stessero danzando. Dal cielo alla terra si protendeva la dimora di Sonsi e Raghuvar Prasad».13

Il ritmo dei passi di Sonsi sembra essere diventato qualcosa di materiale, di visibile e diffuso nell’intera realtà, un ritmo che determina anche le scelte stilistiche dell’autore, con la costante ripetizione di parole, suoni e con la giustapposizione di brevi periodi14. A proposito di questa scena è interessante notare come, attenendosi alle convenzioni sociali, ci si potrebbe aspettare che una donna in un paese dell’Asia meridionale cammini a tre passi dietro al marito, non che lo preceda e addirittura ne determini la camminata. Nel brano appena presentato tale modello è sovvertito: il mondo al di là della finestra sembra libero dai vincoli e dalle norme sociali che regolano la vita di tante persone. Il potere dell’amore, in particolare dell’amore coniugale, è celebrato dall’intera narrazione e la sua importanza è rimarcata, ancor prima dell’inizio del romanzo, dalla dedica alla moglie di Shukla e da una poesia composta dallo stesso autore:

«Nel romanzo, al principio, c’era una poesia Tra le innumerevoli stelle, una ne emerse.

Come è riuscita una stella a venir fuori tra quelle innumerevoli? Separata da quelle,

sola,

per un po’ rimase la prima. Un soffio di vento giunse

13 गडण्डी र रघुवर प्रसाद सोनसी के पि,र ीछे हो गए। जैसे ैर के पि-ह्न छूटते हैं उसी तरह आगे -ल रही सोनसी के ीछे सोनसी के -ाल की ल य के छूटे हुए पि-ह्न की तरह स कुछ स तर, था। लय का दृश्य था। ताला लय का ताला था। ेड़ लय का था। ेड़ में खि6ले ,ूल लय थे। लय की गडण्डी थी। रघुवर प्रसाद के ैरों में -लते हुए पिथरकन थी। आकाश से लेकर धरती तक सोनसी और रघुवर प्रसाद का घराना था। (Shukla V.K. 2014a: 131-132)

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tra gli innumerevoli soffi di vento, per un po’ rimase il primo.

Tra le innumerevoli onde, anche un’onda emerse, la prima, solo per alcuni istanti.

Dall’innumerevole,

l’innumerevole solo l’innumerevole. Tra le innumerevoli una sola emerse,

una compagna per la vita intera».15

La celebrazione dell’amore coniugale non rappresenta, in realtà, una novità nella produzione letteraria di Shukla; infatti la si può riscontrare anche all’interno del già citato Naukar kī

kamīz16. Anche in questo caso la relazione tra marito (Santu Babu) e moglie è segnata dalla routine, da piccole incomprensioni, ma anche da pensieri delicati e momenti di profonda intimità. In varie occasioni Santu Babu elogia la bellezza della moglie, nonostante la sua mancanza di cosmetici e di vestiti ricercati. Un giorno Santu Babu osserva, non visto, la moglie accompagnare la loro padrona di casa a fare acquisti: gli appare così diversa dal solito, così sicura. Come se la vedesse per la prima volta, è stupefatto dalla sua bellezza e dalla musicalità della sua voce. Nella sezione

15 उ न्यास में हले एक कपिवता रहती थी अनपिगन से पिनकलकर एक तारा था।/ एक तारा अनपिगन से ाहर कैसे पिनकला था?/ अनपिगन से अलग होकर/ अकेला एक/ हला था कुछ देर।/ हवा का झोंका जो आया था/ वह भी था अनपिगन हवा के झोंकों का/ हला झोंका कुछ देर।/ अनपिगन से पिनकलकर एक लहर भी/ हली, स कुछ ल।/ अनपिगन का अकेला/ अनपिगन अकेले अनपिगन।/ अनपिगन से अकेली एक/ संपिगनी जीवन भर। (Shukla V.K. 2014a: 7)

16 Il protagonista, Santu Babu, è un giovane impiegato che narra in prima persona alcuni episodi della propria vita domestica e lavorativa. Il titolo del romanzo allude a un momento specifico della narrazione, circa a metà del romanzo, in cui Santu Babu è costretto a indossare la camicia di colui che era stato il servitore del suo capo e a lavorare presso la sua abitazione per alcuni giorni. Quando Santu Babu torna a casa con addosso la camicia incriminata, avverte su di sé gli occhi di tutte le persone che incontra. Si sente talmente avvilito e sminuito dal ruolo che sembra essergli stato attribuito, da non volersi fare vedere da nessuno, neppure dalla propria moglie. La camicia è percepita come una macchia da rimuovere al più presto, come un qualcosa di cui vergognarsi: Santu Babu è un impiegato, non un servo e vuole difendere il proprio status.

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finale del romanzo, inoltre, la gravidanza sembra risvegliare un’ulteriore tenerezza e desiderio di accudimento:

«continuavo a guardarla respirare affannosamente sdraiata sul letto. Appoggiai poi una guancia sulla sua e la abbracciai, in modo da non farle alcuna pressione sul ventre. Gli occhi chiusi, iniziai a respirare in accordo con il suo respiro. Non stavamo respirando uniti l’aria dispensatrice di vita per noi stessi, stavamo respirando uniti uno per l’altro»17.

Insieme con l’amore, la natura è la seconda componente essenziale che contribuisce a creare la magia del mondo di

Dīvār. In modo particolare luna e stelle sembrano giocare

complici con i protagonisti del romanzo. Nel brano seguente, Raghuvar sta cercando la moglie dalla finestra, ma, essendo buio, per alcuni instanti non riesce a vederla. Improvvisamente la luna sorge in cielo:

«Non appena la luna spuntò Sonsi apparve, distesa su una grande roccia, piatta nera e liscia, [proprio come una] pietra saggia-oro. Le decorazioni di plastica argentea della sua sari color della curcuma la facevano sembrare una sari adorna di raggi lunari. La cavigliera d’argento era fatta di raggi lunari. Gli orecchini d’argento, a un orecchio, erano fatti di luce lunare. All’altro orecchio il piccolo orecchino regalatole da Ammā era una goccia di luce dorata. I bracciali d’oro ai suoi polsi erano fatti di luce dorata. Oltre a ciò, il corpo di Sonsi era talmente luminoso da sembrare adorno di gioielli di luce lunare».18 17 मैं पि स्तर र उसे हाँ,ता दे6ता रहा। पि,र उसके गाल से गाल सटाकर इस तरह पि- ट गया पिक उसके ेट र थोड़ा भी द ाव न ड़े ।आँ6 मूँदे-मूँदे उसकी साँस से सटा हुआ मैं भी साँस लेने लगा। हम लोग अ ने-अ ने पिलए अलग-अलग जीवनदापियनी हवा नहीं इकट्टा कर रहे थे, एक दूसरे के पिलए इकट्टा कर रहे थे। (Shukla V.K. 2000: 187) 18 एक ड़ी, -ौरस, काली, पि-कनी -ट्टान र लेटी हुई सोनसी -न्द्रमा के पिनकलते ही पिद6ी। ीली हल्दी साड़ी की -ाँदी की प्लाखिDक जरी -न्द्रमा के प्रकाश की पिकनार लगी साड़ी लग रही थी। -ाँदी की ैर ट्टी -न्द्रमा के प्रकाश से नी ैर ट्टी थी। -ाँदी के ाले -न्द्रमा के प्रकाश से ने कान में थे। दूसरे कान में छोटी सी कन,ुल्ली जो अम्मा ने दी थी वह सुनहरे प्रकाश पि न्ददु की ,ुल्ली थी। हाथ में सोने के कड़े भारी सुनहरे प्रकाश से ने लग रहे थे। इसके अलावा भी सोनसी का शरीर कहीं-कहीं इतना रह-रहकर

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La luna rivela a Raghuvar la presenza della moglie e la stessa luce lunare sembra adornare il suo corpo: sari, cavigliere, orecchini, bracciali, tutto appare fatto di luce lunare19. In altre occasioni, la natura sembra partecipare in modo ancor più attivo alla vita della coppia, per esempio aiutandola durante un periodo di separazione. Quando Sonsi va a trovare i suoceri e la sua famiglia, il cielo diviene la lettera da cui cogliere i messaggi dell’amato:

«“Non appena avrò tempo andrò a sdraiarmi sulla pietra saggia-oro. E starò a guardare il cielo”.

“Dalla finestra guarderò quello stesso cielo che anche tu avrai guardato”. Il guardare al cielo di Raghuvar Prasad sarebbe stato la sua lettera. La luna sarebbe stato il suo modo di farsi capire da Sonsi. Le stelle la sua scrittura, che Sonsi avrebbe immediatamente decifrato. Sdraiato sulla pietra saggia-oro Raghuvar Prasad avrebbe guardato un cielo immenso. Il cielo immenso sarebbe stato la [sua] lunga lettera. Se Sonsi dalla finestra avesse visto una piccola porzione di cielo, la [sua] lettera sarebbe stata breve. Il cielo sarebbe stato la lettera che l’uno avrebbe scritto all’altro».20

L'episodio richiama immediatamente la tradizione kāvya, il

Meghadūta di Kalidasa per esempio, dove uno yakṣa affida a

‘un nuvolo’ il ‘messaggio’ per l’amata lontana. Ricreare una

प्रकापिशत होता था पिक वह भी -न्द्रमा के प्रकाश के गहने से सजा हुआ लगता था। (Shukla V.K. 2014a: 94)

19 Il ruolo della luna e della sua luce in connessione con la dimensione erotica e amorosa è un topos classico che si riscontra in tutte le letterature dell’Asia meridionale e dell’India in particolare. Data la vastità degli scritti di storia e di critica sul tema, a puro titolo esemplificativo si veda in proposito Damsteegt 2001. 20 “ज भी समय पिमलेगा मैं कसौटी के त्थर र जाकर लेट जाऊँगा। और आकाश को ” दे6ता रहूँगा। “ मैं भी खि6डक़ी से तुम्हारे दे6े हुए आकाश को दे6 लूँगी। रघुवर प्रसाद का आकाश ” दे6ना रघुवर प्रसाद का पि-ट्ठी पिल6ना होगा। -न्द्रमा सोनसी के पिलए पिल6ा हुआ सम्बोधन होगा। तारों की पिलपि होगी पिजसे तत्काल सोनसी ढ़ लेगी। रघुवर प्रसाद कसौटी के त्थर र लेटकर एक ड़ा आकाश दे6ेंगे। ड़ा आकाश लम्बी पि-ट्ठी होगी। सोनसी खि6ड़की से छोटा आकाश दे6ेगी तो छोटी होगी। आकाश एक दूसरे को पिल6ी पि-ट्ठी होगी। (Shukla VK. 2014: 151)

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realtà intrisa di magia, in cui la natura partecipa attivamente alle vicissitudini umane non deve, pertanto, essere considerato come qualcosa di completamente nuovo: al contrario proviene da una tradizione antichissima e sempre vitale, che viene qui rielaborata in un nuovo contesto, come filtro alternativo attraverso il quale leggere la realtà quotidiana di una coppia di modeste condizioni.

Shukla, al fine di rendere la magia del mondo di Dīvār, non si limita a ricorrere agli aspetti meramente visivi della narrazione, ricorre infatti anche al senso dell’udito. In molteplici occasioni Raghuvar e Sonsi trasformano le rispettive parole in modo creativo e personale, rimodellando discorsi, talvolta eliminandone alcune parti, rivelando così i loro intimi desideri. Altrove Raghuvar e Sonsi sembrano capaci di sentire i reciproci pensieri. Nel brano che segue Raghuvar prepara una lezione, mentre Sonsi svolge alcune faccende domestiche. La giovane donna pensa alla sua routine e Raghuvar immediatamente ripete i suoi pensieri.

«“Adesso preparo le foglie di jarī21, i gambi li taglio e li cucino

stasera”. Poco dopo cambiò idea. “I gambi li cucino ora”. Allora Raghuvar chiese a Sonsi: “Cosa stavi dicendo?” “Proprio nulla,” disse Sonsi.

“Sonsi, adesso ti metterai a cucinare i gambi di jarī, vero?” “Sì” disse lei. “Tu come lo sai?”

“Lo so.”

Dopo un poco Raghuvar Prasad udì, “Ho passato la scopa, ma ho scordato di passare lo straccio”.

“Hai finito di spazzare, e hai dimenticato di passare lo straccio. Se lo passi ora dovrai lavarti un’altra volta. Questo stavi pensando, vero? Fa’ così, non passare lo straccio.”

“Sì, era proprio quello che stavo pensando, ma tu come lo sai?” “Così.” Disse Raghuvar Prasad come fosse un mago.

“Adesso dimmi quello che penserò dopo.”

“Sì, te lo dirò. Ma non ora. Quando sarà il momento.”

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“Oggi quando arriverà la venditrice di braccialetti gliene prenderò uno.” disse Sonsi continuando a lavorare. Raghuvar pensò che stesse parlando con lui.

“Cos’hai detto?” [Le] chiese.

“Ma niente.” Rispose Sonsi turbata.

“Senti, oggi pomeriggio prendi un braccialetto dalla venditrice” disse Raghuvar Prasad.

“Era esattamente quello che stavo pensando” esclamò Sonsi con lo stupore di una bambina».22

Si potrebbe ipotizzare che Sonsi stia semplicemente pensando ad alta voce, in maniera inconsapevole, ma svariati altri episodi permettono di capire come tra moglie e marito vi sia un modo speciale di comunicare. Quando non sono soli, ad esempio in occasione di una delle visite dei familiari di Raghuvar, riescono a scambiarsi i pensieri mentalmente, addirittura nel sonno. La loro complicità, il loro amore trasforma il semplice atto di “udire” in qualcosa di magico, 22 “अभी जरी की भाजी ना लेती हूँ, शाम को डण्ठल काटकर ना लूँगी। थोड़ी देर ाद” “ ” उसका मन दल गया। अभी डण्ठल ना लूँगी त रघुवर प्रसाद ने सोनसी से ूछा “तुम क्या कह रही थी?” “कुछ तो नहीं सोनसी ने कहा। ” “सोनसी अभी तुम जरी की डण्ठल ना रही हो न। ” “ ” हाँ उसने कहा। “तुमको कैसे मालूम” “मालूम है ” थोड़ी देर ाद रघुवर प्रसाद ने सुना दे6ो झाडू लग गई र ोंछा लगाना भूल गई। “ ” “तुम झाडू लगा ली हो और ोंछा लगाना भूल गई। अ तो तुम ोंछा लगाओगी तो तुम ” दु ारा नहाओगी यही सो- रही थीं न। ऐसा करो तुम ोंछा मत लगाओ “ हाँ मैं तो यही सो- रही थी, र तुमको कैसे ता -ला?” “ऐसे ही जादूगर की तरह रघुवर प्रसाद ने कहा। ” “अ मैं जो सो-ूँगी तो मुझको ता दोगे?” “ हाँ ता दूँगा। र अभी नहीं। ज ताना होगा त ।” “-ूड़ी वाली पिनकलेगी तो उससे आज -ूड़ी लूँगी। सोनसी ने काम करते- ” करते कहा। रघुवर प्रसाद को लगा पिक उनसे कहा गया। “क्या ोली?” रघुवर प्रसाद ने ूछा। “कुछ तो नहीं व्यस्त सोनसी ने कहा। ” “सुनो आज दो हर को -ूड़ी वाली से तुम -ूड़ी 6रीद लेना रघुवर प्रसाद ने कहा। ” “ मैं यही सो- रही थी। एक च्ची के आश्चयW से वह -पिकत 6ड़ी थी।” (Shukla V.K. 2014a: 148-149)

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capace di raggiungere i più profondi e inaspettati livelli di comprensione.

Riflessioni conclusive

La prosa di Vinod Kumar Shukla è stata spesso associata al realismo magico, un fenomeno letterario che ha destato attenzione a livello planetario grazie al capolavoro di Gabriel García Márquez Cien años de soledad (1967) e al cosiddetto

boom latinoamericano. Theo D’haen (1995), in un contributo

estremamente stimolante, ha proposto un’interpretazione del realismo magico che sposa perfettamente la prosa di Shukla. Secondo lo studioso, il realismo magico è strettamente connesso con la condizione di ec-centricità, con il parlare dai margini, da un luogo altro rispetto al centro. Con le parole di D’haen:

«To write ex-centrically, then, or from the margin, implies dis-placing this discourse. My argument would be that magic realist writing achieves this end by first appropriating the techniques of the "centr"-al line and then using these not, as is the case with these central movements, "realistically," i.e. to duplicate existing reality as perceived by the theoretical or philosophical tenets underlying said movements, but rather to create an alternative world correcting so-called existing reality, and thus to right the wrongs this "reality" depends upon»

(D’haen T. 1995: 195)

La narrativa di Shukla non condivide la prospettiva dei centri privilegiati sia in termini di letteratura mondiale (o planetaria che dir si voglia), sia in termini di letteratura hindi. Da un lato, infatti, a causa delle sue origini (in una ex-colonia e, per di più, da una regione periferica come il Chhattisgarh) e della lingua in cui scrive, si colloca in una posizione marginale, lontana dal più sfavillante mondo della letteratura anglo-indiana. Dall’altro lato, Shukla trova un proprio modo di esprimersi, liberandosi dalle atmosfere gravi che hanno

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caratterizzato tanta parte del canone letterario hindi23. La poesia delle piccole cose – resa attraverso il senso della vista (con le immagini del giardino al di là della finestra) e dell’udito (con la speciale maniera di comunicare di Sonsi e Raghuvar) – pervade l’intero romanzo. Come Perseo e il suo specchio-tramite, Vinod Kumar Shukla non rifiuta di rendere conto della realtà dei propri personaggi, ma trova un nuovo e più lieve modo per dipingerla.

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Riferimenti

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