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Norme di attuazione del Puc e realizzazione delle pertinenze nelle zone agricole

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INDA

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ANZILLOTTA

Ministro Affari regionali

e Autonomie locali

Il codice delle Autonomie:

servizio pagina 4

Anno XVI - n°

5/6 Marzo

2007

Spedizione in abbonamento postale Comm.

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Norme di attuazione del

Puc nelle zone agricole

servizio a pagina 6/9

Segretari comunali e provinciali:

elezioni Ages in campania e nazionali

servizio a pagina 22/23 Limite temporale dei mandi ed ineleggibilità regionale e locale

servizio a pagina 10/13 Federazione regionale delle Autonomie locali della Campania :

A nci-Legautonomie -Aiccr e-Uuncem - upi

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Autonomie locali

Autonomie locali

delle

Rivista amministrativa, economica, finanziaria, legislativa e politico-culturale

Rinnovo Amministrativo: la Regione Campania parte dal personale

(2)

In copertina: Costiera Amalfitana,

Atrani di notte

Campania Autonomia

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Nicola Nigro

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sito web: www.linformatore.info

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Regionale

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delle

delle

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Associazioni

autonomistiche

autonomistiche

della

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Campania

Campania

Anci

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Lega

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utonomie

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Aiccre - Uncem

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Hanno collaborato

all'elaborazione

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numero:

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STAMPA Arti Grafiche Boccia Via Tiberio Claudio Felice, 7 Tel.089/303311-telefax 089/771017

84131 Fuorni-Salerno delle Autonomie locali

Avvertenza

Tutti coloro che vogliono prendere parte al dibattito, lo possono fare inviando testi dattiloscritti o e-mail attinenti ai temi della rivista, cioè alle problematiche sugli Enti locali. Gli articoli non pubblicati non si restituiscono. Eventuali fonti di acquisizione notizie: Gazzetta Ufficiale, Bollettino Ufficiale della Regione, "Il Sole «24 Ore» " Italia Oggi" e cittadinolex, etc.

Indice

Anci 25 Sspal Nazionale 27 Formez 31 Asis 33 Bollettini d’informazione: -Regione Campania 34 -Provincia di Salerno 36 -Provincia di Napoli 40 -Provincia di Caserta 43 -Provincia di Avellino 45 -Comune di Salerno 46 -Comune di Napoli 48 -Comune di Bellizzi 51 -Comune di Casapesenna 52 Editoriale 3 Il “ Codice delle Autonomie ”

di Linda Lanzillotta 4

Il Puc e l’indice di fabbricabilità nelle zone agricole

di Enrico Bonelli 6 I mandati elettorali e la loro limitazione temporale

di Giovanni Cordini 10 Capitali privati per opere pubbliche

di Gianpiero Fortunato 14

L’elezione del Difensore Civico

di Vincenzo Vanacore 16

Nuova revisione del Patto di stabilità interno

di Chiara Ariano 17

Legge quadro in materia di lavori pubblici

di Nicola Assini 18

La valutazione dei dirigenti

di Alfonso De Stefano 21

Elezioni per l’Agenzia dei Segretari comunali e provinciali 22 L’Edilizia abitativa e la politica regionale ed europea

di Alfonso Andria 24

Comitati

COORDINATORE

Silio Aedo V

Silio Aedo V

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Docente di legislazione dei Beni Culturali ed Ambientali 2^Università di Napoli

Comitato Scientifico

Giuseppe Abbamonte Docente di Diritto Amministrativo Università Federico II Napoli Andrea Abbamonte Avvocato Assessore regionale agli Enti locali Andrea Amatucci

Scienze delle Finanze Università Federico II Napoli Carlo Amirante Dottrina dello Stato -Università Federico II - Anna Maria Armenante - Avvocato dello Stato - Nicola Assini - Di-ritto e Legislazione Urbanistica - Università di Firenze - Enrico Bonelli - DiDi-ritto regionale ed Enti locali Università FedericoII Napoli Antonio Brancaccio Avvocato Pietro Ciarlo -Diritto costituzionale - Università di Cagliari - Paolo Cirillo - Consigliere di Stato -Vincenzo

Cocozza - Diritto Costituzionale - Università Federico II - Napoli - Giovanni Cordini - Diritto

Pubblico Comparato - Università di Pavia - Nicola Crisci - Diritto del Lavoro - Università di Sa-lerno - Federico d’Ippolito - Storia del diritto romano - 2° Università di Napoli - Francesco

Forte - Docente di Urbanistica - Università Federico II - Napoli - Lucio Iannotta - Diritto

Am-ministrativo - 2° Università - Napoli - Antonio Lamberti - Diritto AmAm-ministrativo - Università Federico II - Napoli - Giovanni Leone - Diritto Processuale Amministrativo - Università Federi-co II - Napoli - Amedeo Lepore - Storia EFederi-conomica delle relazioni internazionali - Università di Bari - Vincenzo Maggioni - Economia e Gestione delle Imprese - 2° Università di Napoli - Di-rettore Sspal Campania - Enzo Maria Marenghi - Diritto Amministrativo - Università di Salerno

- Riccardo Marone - Avvocato - Deputato al Parlamento - Andrea Migliozzi - Magistrato

Tar Toscana - Ruggero Musio - Avvocato in Salerno - Antonio Palma - Diritto Romano - Università Federico II Napoli Giuseppe Palma Diritto Amministrativo UniUniversità Federico II -Napoli - Raimondo Pasquino - Rettore Università di Salerno - Vincenzo Pepe - Diritto dell’Ambiente 2° Università di Napoli Andrea Piraino Diritto pubblico Università di Palermo Direttore nazionale Sspal Salvatore Prisco Diritto pubblico Università Federico II Napoli

-Nino Saija - Direttore responsabile di “Prime Note”- Michele Scudiero - Diritto costituzionale

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Ciro Centore - Avvocato in Caserta - Alfredo Contieri - Diritto Amministrativo - Università di

Cassino - Alfonso De Stefano - Vice Direttore nazionale Sspal - Gherardo Marone - Avvocato in Napoli Riccardo Satta Flores Avvocato in Napoli Antonio Scippa Commercialista -Presidente Ancrel Campania - Fiorentino Trosino - Dirigente comune di Napoli - Giancarlo

(3)

1. Quando le norme di attuazione del Piano Urbanistico -denominazione che sostituisce quella di Piano Regolatore Generale ex L.R. Campania n. 16 del 22.12.04 - di un Comune (nella specie Napoli) sono mantenute ad un grado di indeter-minatezza, tale da non consentire l’esatta individuazione della disciplina edilizia di una zona urbanistica, scatta l’integrazione (eteronoma) ad opera della legge regionale, ancorchè quest’ul-tima abbia natura di indirizzo: è questo il rilevante principio affermato da una recente sentenza del T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, la n. 73 del 5 gennaio 2007.

Con il provvedimento impugnato in sede giurisdizionale, il competente dirigente negava il richiesto permesso di costruire per la realizzazione di pertinenze in zona agricola (E), ritenen-do che, in attuazione dell’art. 40 delle norme di attuazione della variante al P.R.G. (ora P.U.C.) del Comune di Napoli, dovesse applicarsi (per tutte le costruzioni di cui al progetto presentato dal ricorrente) l’unico indice di fabbricabilità dello 0,03, com-prendente cumulativamente residenze e pertinenze:di qui l’im-possibilità di assentire un volume aggiuntivo, pari allo 0,10, per opere pertinenziali destinate all’esercizio dell’azienda agricola. Il T.A.R. Campania - Napoli, con la sentenza sopra ricordata, ha accolto il ricorso ed annullato tutti gli atti impugnati, seguendo una linea interpretativa che è stata poi confermata da una sua successiva sentenza, la n. 700 del 25 gennaio 2007, di contenuto pressoché identico alla precedente. Come si vede, si tratta di un indirizzo che va consolidandosi e che merita, quin-di, particolare attenzione.

2. Il punto nodale affrontato dal giudice amministrativo riguarda proprio l’indice di fabbricabilità previsto dall’art. 40 delle norme di attuazione della detta variante per le costru-zioni pertinenziali e connesse alla conduzione del fondo, posto che il Comune di Napoli, secondo la propria interpretazione, riteneva che per tali opere dovesse applicarsi un unico indice di fabbricabilità dello 0,03, comprendente cumulativamente residenze e pertinenze, senza per queste ultime riconoscere l’applicabilità di un indice ulteriore rispetto al primo (e cioè lo 0,10). È il caso di ricordare che la disposizione da applicare (e cioè l’articolo 40 delle norme di attuazione della variante cit.), espressamente prevede che “sono ammessi interventi relativi alla costruzione di pertinenze per usi accessori funzionali all’attività agricola”. Tuttavia, per individuare l’indice di fab-bricabilità, relativo a tali pertinenze, non si può ricavare alcu-na indicazione dalla norma di attuazione appealcu-na citata, poi-ché in essa (colpevolmente) manca qualsiasi specificazione al riguardo. Conviene, inoltre, precisare che la materia è regola-ta, in via astratta e generale, dalla Legge regionale della Campania n. 14 del 20 marzo 1982 (contenente “Indirizzi pro-grammatici e direttive fondamentali relative all’esercizio delle funzioni delegate in materia di urbanistica”) ed in par-ticolare dal punto 1.8 dell’allegato 1, secondo cui per la rea-lizzazione di pertinenze agricole (cioè “stalle, silos, magazzi-ni e locali per la lavorazione dei prodotti agricoli, in funzio-ne della conduziofunzio-ne del fondo”) è ammesso un indice di fab-bricabilità fino a 0,10 mc./mq., non compreso in quello

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Marzo 2007

Marzo 2007

Per la realizzazione di pertinenze agricole (stalle, silos, magazzini e

loca-li per la lavorazione dei prodotti agricoloca-li, in funzione della conduzione

del fondo) è ammesso un indice di fabbricabilità fino a 0,10 mc./mq.,

non compreso in quello (0,03) previsto per le residenze.

Norme di attuazione del Puc e realizzazione

delle pertinenze nelle zone agricole

di E

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*

Secondo la giurisprudenza del T.A.R. Campania, è la legge regionale di indirizzo

(n. 14 del 1982) ad integrare, all’occorrenza, la pianificazione urbanistica carente

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(0,03) previsto per le residen-ze. Ciò posto, è sufficiente leg-gere la formulazione dell’arti-colo 40 delle ricordate norme di attuazione, per rendersi conto che l’indice di fabbrica-bilità dello 0,03 è previsto uni-camente per gli interventi di realizzazione di opere destina-te a residenza agricola. La disposizione, infatti, preve-de che sono ammessi interven-ti relainterven-tivi alla costruzione di edifici destinati a scopo resi-denziale e, subito dopo, testual-mente recita “l’indice di fabbri-cabilità consentito è di 0,03 mc/mq”.

Soltanto dopo tali previsioni, che sono per dir così autosuffi-cienti, la norma prevede che sono anche ammessi ulteriori e diversi interventi relativi alla costruzione di pertinenze per

usi accessori, funzionali all’attività agricola, senza alcuna ulte-riore specificazione.

3. È fuor di dubbio che, sotto il profilo gerarchico,

collocando-si la norma (di attuazione) comunale ad un livello inferiore rispetto alla legge regionale, la questione affrontata dal T.A.R., coinvolge necessariamente quella dell’attuale riparto delle competenze nella materia dell’urbanistica e dell’edilizia, alla luce dell’intervenuta modifica dell’art. 117, comma 4, Cost., secondo cui il “governo del territorio” rientra nell’ambito della competenza legislativa regionale concorrente.

Quello che qui preme sottolineare è che la questione dell’in-terpretazione dell’espressione usata dal Costituente, mentre ha dato luogo in dottrina a non pochi contrasti, è stata affron-tata e risolta, come spesso accade, in modo puntuale ed equili-brato dalla Corte costituzionale.

Quest’ultima, partendo dal presupposto che devono ricom-prendersi, per ragioni logico-sistematiche, nella materia “governo del territorio”, sia l’urbanistica che l’edilizia, già in precedenza ascritte, in virtù di un’evoluzione legislativa costante, alla competenza legislativa regionale concorrente, non ha mancato di precisare che le dette materie non esauri-scono la nozione presa in considerazione dalla riforma del Titolo V, in quanto tale nozione coinvolge l’intera e più ampia disciplina del territorio, comprensiva di tutto ciò che concerne l’uso del territorio e la localizzazione di impianti e di attività (Corte cost., 1.10.2003 n. 303; v. anche, id., 19.12.2003, n. 362 e 28.6.2004, n. 196).

Da tale interpretazione, consegue necessariamente l’attribu-zione alla competenza concorrente alle Regioni della materia urbanistico-edilizia e l’insostenibilità della tesi volta ad attri-buire alla legislazione esclusiva regionale la relativa compe-tenza.

Ne consegue che spetta allo Stato emanare soltanto le norme generali di principio, mentre rimane riservata alla legislazione regionale l’adozione della disciplina concreta e dettagliata, facendo salva, ovviamente, la potestà regolamentare, ex art. 117, VI co., Cost., riconosciuta alle Regioni, nelle materie di competenza esclusiva e concorrente, e agli Enti locali, in

ordi-ne alla disciplina dell’organizza-zione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite. Molti dei problemi lasciati aper-ti dalla riforma cosaper-tituzionale (priva, peraltro, di norme transi-torie) sono stati risolti, tra non poche difficoltà, dal Legislatore ordinario che è intervenuto con la Legge n. 131/03 (c.d. “Legge La Loggia”).

Quest’ultima, a sua volta, al quarto comma dell’art. 4 contie-ne un’espressa “riserva” in favo-re della potestà favo-regolamentafavo-re locale (concernente “la discipli-na dell’organizzazione, dello svolgimento e della gestione delle funzioni dei Comuni, delle Province e delle Città metropo-litane”), mentre demanda alla legislazione statale o regionale (nell’ambito delle rispettive competenze) la previsione dei “requisiti minimi di uniformità”.

Viene così disegnato un sistema autonomistico che perde via via i caratteri dell’uniformità (ridotti al minimo) e ciò in virtù di un nuovo assetto istituzionale fondato sulla ridistribuzione delle competenze fra le diverse fonti dell’ordinamento locale. Tale nuovo assetto deve misurarsi, tuttavia, in subiecta mate-ria, con la previsione dell’art. 2 del D.P.R. n. 380/2001 (entrato in vigore il 30 giugno 2003, in virtù del disposto dell’art. 2 del D.L. 20 giugno 2002 n. 122, conv. in L. 1° agosto 2002 n. 185) che, al comma 1, dispone che le Regioni esercitino la potestà legislativa concorrente in materia edilizia nel rispetto dei prin-cipi fondamentali statali desumibili dallo stesso Testo Unico. Con norma, poi, avente una valenza transitoria sui generis (in quanto dettata dal Legislatore statale anteriormente alla revi-sione del Titolo V, ma entrata in vigore, come si è detto, circa un anno dopo) al comma 3 dello stesso articolo viene preci-sato che le disposizioni anche di dettaglio del T.U., attuative dei “principi di riordino” in esso contenuti, operano diretta-mente nei confronti della legislazione regionale ordinaria, fino a quando questa non si adegui ai principi medesimi. Nel successivo comma 4, peraltro, la stessa norma non manca di precisare che i Comuni disciplinano l’attività edilizia nel-l’ambito della propria autonomia normativa, attribuita ex art. 3 del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267.

Indubbiamente, ne viene fuori un quadro normativo non privo di confusione e contraddittorietà, che suscita forti dubbi di incostituzionalità, dal momento che la nuova com-petenza regionale concorrente non dovrebbe essere concul-cata (in tutte le materie previste dal 3° comma dell’art. 117) da una legislazione statale comportante una sostanziale com-pressione della produzione normativa dell’Ente autonomo. Infatti, nella prospettiva della revisione, tale Ente Regione è solo tenuto ad armonizzare la propria produzione normati-va con principi (statali) di carattere generale e fondamenta-le volti, per ogni materia, ad assicurare esigenze di portata più ampia, quali l’unità giuridica ed economica dell’ordina-mento con particolare riferidell’ordina-mento alla tutela dei livelli essen-ziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali

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(cfr. art. 117, co. 2, lett. m) e art. 120, co. 2).

Trattasi, però, di una lettura che è parsa subito trop-po restrittiva (specie in subiecta materia) al giudice delle leggi, il quale non ha mancato di riconoscere al Legislatore nazionale il potere di emanare, nel-l’esercizio della propria discrezionalità politico-legislativa, norme principio, purchè queste ultime non contengano una disciplina di dettaglio invasiva della sfera di competenza regionale. In tale ottica, è stata ascritta alla competenza dello Stato l’emana-zione di norme principio in materia urbanistica (rientrante nell’ambito del “governo del territo-rio”), che, disciplinando i titoli abilitativi richiesti per taluni interventi edilizi (DIA), siano volte ad evitare “che la legislazione regionale concorrente e le funzioni amministrative in materia non risultino inutilmente gravose per gli amministrati e siano dirette a semplificare le procedure e ad evitare la duplicazione di valutazioni sostanzialmente già effettuate dalla Pubblica Amministrazione” (cfr. Corte cost., 1.10.2003, n. 303).

Il che non esclude che possa riconoscersi al T.U. un carattere cedevole rispetto ai futuri interventi legi-slativi regionali, tranne che per la parte II (artt. 51 e ss.), la quale, secondo l’opinione che appare pre-feribile, recando la normativa tecnica per l’edilizia, ripete la copertura costituzionale della riserva in favore dello Stato dalla formulazione sia della sopracitata lettera m) del co. 2 dell’art. 117 sia della lett. r) (“pesi e misure”) dello stesso comma, riferi-bile, in via interpretativa, a tutte le metodiche di ordine tecnico che appaiono strumentali rispetto alla tutela prevista dalla stessa lett. m).

Aggiungasi che la nuova formulazione dell’art. 118 e il riferimento ai principi di sussidiarietà, propor-zionalità e adeguatezza nella distribuzione delle funzioni amministrative fra Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, comportano la titolarità delle funzioni più strettamente ineren-ti alla gesineren-tione amministraineren-tiva in capo agli Enineren-ti locali, in ogni materia. Pertanto, proprio nella materia edilizia, nella quale non si colgono interfe-renze sensibili con interessi di livello ultracomuna-le, deve essere riconosciuta oggi ai Comuni una piena potestà regolamentare ed amministrativa, tenendo conto che l’art. 4 del T.U. cit., coerente-mente con il riconoscimento pieno dell’autonomia normativa degli Enti locali, individua il contenuto minimo della regolamentazione secondaria di competenza dei Comuni sulla base del contenuto (ancor più articolato) del precedente art.33 L. 1150 del 1942.

Ovviamente, deve ritenersi esclusa dall’ambito di competenza di tale normazione secondaria ogni prescrizione di natura tecnica contenuta nella seconda parte del Testo Unico (art. 52 e ss.), che rimane invece immediatamente applicabile nel-l’ordinamento edilizio dei Comuni, quale espres-sione della competenza esclusiva statale, salva la potestà di adeguare i precetti tecnici alle diverse situazioni territoriali e geografiche del nostro Paese.

Con l’ulteriore corollario che, quando una Regione eserciti la propria potestà legislativa concorrente (come verificatosi per la Regione Campania, attra-verso la L.R. n. 14/1982 e, per gli aspetti procedi-mentali, la L.R. n. 16/2004 recante “norme sul governo del territorio”), ove si ravvisi un contra-sto tra legge regionale e norma regolamentare locale, tale contrasto non potrebbe non risolversi a scapito della seconda che, ove impugnata nei ter-mini, sarebbe votata a sicuro annullamento da parte del giudice amministrativo.

4. Ma quid jus se l’Ente locale viene meno all’eser-cizio di funzioni regolamentari ed amministrative proprie, specie in relazione alla esatta individuazio-ne degli indici plano-volumetrici applicabili all’atti-vità edilizia in una determinata zona?

Secondo una prima soluzione, ove le norme di attuazione della pianificazione territoriale non contengano tale individuazione, l’attività edilizia dovrebbe essere inibita o quanto meno sospesa in attesa dell’intervento del “legislatore” comunale. È evidente che trattasi di una soluzione estrema ed in contrasto con il principio di inscindibilità del diritto di superficie da quello di proprietà, da cui discende di norma l’utilizzabilità della proprietà privata ai fini edificatori, sia pure nei limiti della pianificazione urbanistica e nel rispetto della nor-mativa vincolistica.

Non resta, pertanto, che sposare l’altra tesi, sedo cui quansedo la legge regionale (di indirizzo) con-tenga la specificazione dell’indice volumetrico massimo, l’attività edilizia possa e debba essere consentita entro tali limiti in virtù di un processo di integrazione eteronoma ad opera della normativa primaria.

Correttamente, quindi (come ritenuto dal giudice amministrativo) anche nel nuovo quadro delle competenze disegnato dalla revisione del Titolo V – stando alla formulazione della norma di attua-zione, come sopra ricostruita – “se ne può indurre che lo strumento urbanistico, in parte qua, avendo l’amministrazione comunale omesso di esercitare il potere di determinazione dello stesso indice, debba

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essere integrato in via interpretativa dalla normativa di indirizzo generale posta a carattere regionale”. In buona sostanza, mancando l’indicazione specifica dell’indice di fabbricabilità nella norma di attuazione della variante, l’unico criterio ermeneutico possibile è quello per cui, nell’ipotesi in cui lo strumento urbani-stico consenta l’edificazione in una zona, ma sia privo di specificazione dell’indice di fabbricabilità (perché l’Amministrazione comunale, per una mera omissione, non esercita il potere di determinazione dello stesso), tale strumento vada integrato eteronomamente dalla normativa di indirizzo adottata a livello regionale. Per quanto riguarda la Regione Campania, è proprio la L.R. n. 14/82 a contenere tutte le necessarie specifica-zioni relative alla zona interessata (nella specie “zona agricola E”), distinguendo l’indice per le residenze (0,03) da quello per le pertinenze (0,10), senza che essi mai risultino accomunati in un unico indice. Anzi, il punto 1.8 della ricordata legge regionale prevede espressamente che nel computo dei volumi abitativi da destinarsi ad uso residenziale “non sono da conteggiar-si: stalle, i silos, i magazzini e i locali per la lavorazione dei prodotti agricoli, in funzione della conduzione del fondo” e che per tali realizzazioni “possono essere sta-biliti indici di fabbricabilità territoriali rispetto al fondo

non maggiore di 0,10 mc/mq”. Se ne inferisce che non è mai possibile che i Comuni della Regione Campania, in sede di pianificazione urbanistica, possano applicare un unico indice di fabbricabilità per gli edifici ad uso residenziale e per quelli destinati a pertinenze agricole con la conseguenza che in sede pianificatoria devono essere tenute distinte le due tipologie d’intervento, con i rispettivi indici.

Sicché, in sede di adozione dello strumento urbanistico (attraverso l’iter legislativamente predeterminato), lo spatium deliberandi del Comune potrà svolgersi entro questi precisi limiti, fermo restando che l’Ente locale potrà avvalersi dell’apporto collaborativo dei privati, che sono facultati a presentare proprie “osservazioni” endoprocedimentali (cfr. art. 9, comma 2, l. n. 1150/1942 e art. 5 e 24 L.R. Campania n. 16/2004).

Una volta poi che sia concluso l’iter e sia ammessa dalla normativa comunale la realizzazione delle perti-nenze agricole, senza la specificazione del relativo indi-ce di fabbricabilità, non può non ritenersi che tale rea-lizzazione sia consentita, in virtù dell’integrazione ete-ronoma di cui si è detto, entro il limite massimo indica-to dalla legge regionale di indirizzo.

* Professore associato di Diritto regionale e degli Enti locali

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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7) DICKMANN R., La Corte costituzionale attua (ed integra) il

Titolo V (Osservazioni a Corte Cost. 1° ottobre 2003, n. 303), in www.federalismi.it.

8) LOTTI P., Urbanistica, edilizia, costituzione e leggi regionali: ancora un difficile cambio?, in www.giustamm.it - Rivista di diritto amministrativo, n. 1/2006.

9) MIRANDA R., Corte cost. n. 303/2003: la vocazione dinami-ca della sussidiarietà quale fattore di flessibilità dell’allodinami-cazione delle competenze.

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Riferimenti

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