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Etologia dell'emozione animale: studio e interpretazione

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(1)

1 ETOLOGIA DELL’EMOZIONE ANIMALE: STUDIO E INTERPRETAZIONE

1 2

Elisabetta Palagia e Ivan Norsciab 3

4

aMuseo di Storia Naturale, Università di Pisa 5

bDipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi, Università di Torino 6

7

email: elisabetta.palagi@unipi.it; ivan.norscia@unito.it 8

9

Abstract 10

Humans live completely nestled in an emotional network that makes us socially inter-dependent 11

beings. But in this "emotional sphere" we are not alone. Animals experience and express emotions, 12

too. This is now a matter of fact, not a speculation anymore. The study of emotions requires a multi-13

disciplinary approach because many internal and external factors concur in triggering and modulating 14

the emotional outcome to social and environmental stimuli. One of the most fertile fields of research 15

is the facial and bodily motor expression of emotions, including how human and non-human animals 16

are able to perceive others' emotions by mimicking the same motor pattern making such emotion 17

manifest. The same face–same emotion mechanism is an extremely adaptive phenomenon that is 18

based on the perception-action coupling mechanism mediated by the mirror neuron system. Mimicry 19

regulates dyadic relations and favors the formation of strong, enduring social bonds, which in turn 20

enhance reproductive success. Considering the importance that facial mimicry may play in sharing 21

emotions and regulating social interactions, it has been proposed that this phenomenon can be more 22

widespread than previously thought and not confined to humans. In the last decades, many researchers 23

have become increasingly aware that the only possibility to understand even the most complex forms 24

of human empathy was to look at other branches on the evolutionary tree. As a result of this new 25

interest, some convincing data emerged on similar phenomena in non-human species. In this 26

contribution, we will review and present original observational and experimental data showing how, 27

in primate and non-primate species, facial mimicry and yawn contagion are good regulators of social 28

interactions and reliable predictors of emotional closeness. An inter-subjective emotional bridge 29

which we share with other social species and that helps us keep in mind that we are, as a matter of 30

fact, at base and at most, animals. 31 32 33 34 35 36

(2)

2 Lo studio delle emozioni negli animali non umani: filosofia, neurobiologia e comportamento 37

Il ruolo delle emozioni è stato da sempre oggetto di dibattito in ambito filosofico, ancor prima che 38

scientifico. Un grande nodo di discussione ha riguardato il rapporto tra componente emotiva, 39

componente razionale e dimensione sociale degli individui, analizzato da angolature diverse. Nel 40

trattato "La Politica" Aristotele definisce l'uomo un animale sociale per natura. La vita solitaria 41

sarebbe emotivamente insopportabile per l’essere umano, in quanto entità avente senso compiuto solo 42

se intercalata in una rete di relazioni sociali. L'istinto che porta al legame con gli altri è quindi per 43

una condizione innata, imprescindibile. L'isolamento sociale è infatti considerato dal filosofo greco 44

come la più pesante delle punizioni. Le emozioni condivise e mediate dal processo di socializzazione 45

rappresentano per Aristotele una forma di completamento dell’uomo, impossibilitato per natura a fare 46

a meno degli altri per raggiungere il benessere psico-emotivo. Qualche secolo dopo, Thomas Hobbes 47

dedica l'intero XVII capitolo del suo "Leviatano" alla critica della visione aristotelica riguardo la 48

propensione sociale dell'uomo. Hobbes sostiene che l'essere umano è un animale asociale e che la 49

condizione solitaria è da considerarsi assolutamente naturale e che le società esistono solo perché gli 50

individui capiscono razionalmente l'importanza degli altri per arrivare a soddisfare i propri bisogni e 51

necessità. Secondo l'economista inglese quindi i legami tra soggetti umani sono dettati da relazioni 52

di tipo razionale perché è la spinta opportunistica a correggere la natura asociale/solitaria dell'uomo. 53

Appare chiara quindi la dicotomia tra i due diversi approcci filosofici quello secondo cui la sfera 54

emotiva è centrale per completare la dimensione sociale dell’uomo e quello secondo cui la ragione è 55

l’elemento principale che permette di correggere la dimensione asociale dell’uomo. 56

Ulteriori analisi filosofico-scientifiche si sono focalizzate sulle modalità con cui la sfera emotiva e la 57

sfera razionale interagiscono e influenzano il comportamento. Nel ‘Mito della biga alata’, inserito da 58

Platone nel ‘Fedro’ (360 a.c. circa), l’essenza umana (anima) è rappresentata come una biga guidata 59

da un auriga e trainata da due cavalli. L’auriga rappresenta la componente razionale-intellettiva, 60

mentre i cavalli rappresentano la componente passionale, emotiva. Se da un lato la ragione controlla 61

la sfera emotiva, dall’altra la prima non può procedere senza la seconda. Pur riconoscendo che 62

entrambe le componenti sono necessarie alla vita umana, la metafora della biga alata riflette l’idea 63

secondo cui la ragione e l’emozione sono due componenti interagenti, ma separate, in cui la ragione 64

ha il ruolo di tenere a bada la parte emotiva, più istintiva e animalesca. Questa idea, che divenne 65

pervasiva in epoca vittoriana, ha poi guidato anche i primi biologi delle emozioni. Cannon e Britton 66

(1925) e Bard (1928) definirono per primi, attraverso studi su animali e verifica delle risposte 67

comportamentali, un modello gerarchico in cui la corteccia cerebrale (‘autorità’ cognitiva) controlla, 68

inibendola, l’attività dell’ipotalamo, responsabile dalla risposta autonomica-istintiva di rabbia e 69

attacco. 70

Nel modello di Platone, le emozioni, rappresentate dai cavalli, spingono il carro verso l’alto e la 71

ragione, rappresentata dall’auriga, verso il basso. Per mantenere l’analogia, l’idea di una via 72

discendente ed una ascendente venne proposta dal neuroanatomista Papez (1937) che definì il circuito 73

emotivo del cervello, nel quale identificò ‘il canale del pensiero’ (stream of thinking) che dal talamo 74

dorsale proietta verso l’alto (verso appropriate zone corticali bersaglio, il giro cingolato della 75

corteccia mediale) e ‘il canale dell’emozione’ (stream of feeling) che dalla parte ventrale del talamo 76

proietta verso il basso (corpo mammellare dell’ipotalamo), il tutto collegato, più o meno direttamente, 77

con l’ippocampo, centro primario di elaborazione delle informazioni emotive legate a pensieri e 78

memorie. 79

Il modello di Platone considera una tripartizione dell’essenza umana, divisa nella parte razionale 80

(l’auriga), la parte concupiscibile (per le funzioni vitali di base, come mangiare e riprodursi) e quella 81

irascibile (emotiva-impulsiva). Preservando ancora l’analogia, il neuroscienziato Paul MacLean 82

(1964) elaborò un modello tripartito del cervello (o cervello triuno) composto da tre parti separate, 83

una dedicata alle funzioni intellettive, una alle funzioni vitali primarie (come mangiare e riprodursi) 84

e l’altra alle emozioni necessarie per i comportamenti sociali di base. Proprio MacLean (1955), sulla 85

base del lavoro di Papez (1937), aveva identificato un’unità funzionale all’interno del cervello umano 86

deputata al trattamento delle informazioni emotive, chiamata cervello viscerale o sistema limbico 87

(3)

3 (MacLean, 1955). In questa unità funzionale aveva ricompreso, oltre all’ipotalamo, altre strutture 88

subcorticali (come l’amigdala e possibilmente l’insula) e strutture corticali (come la corteccia orbito-89

frontale), che si sono effettivamente rivelate coinvolte nel trattamento delle informazioni emotive 90

(Johnston e Olson, 2015). 91

La verifica delle risposte comportamentali nei soggetti di studio, anche modelli animali, è stata 92

cruciale per comprendere che, in realtà, l’elaborazione delle informazioni emotive influenza in modo 93

cruciale aspetti che venivano ritenuti di appannaggio della sfera cognitiva, come i processi decisionali 94

o la competenza sociale. MacLean (1984) avanzò l’ipotesi che lo sviluppo del cervello emotivo nei 95

mammiferi, e in particolare della parte talamo-cingolata del sistema limbico, fosse legato a 96

comportamenti sociali adattativi, come quelli di attaccamento tra madre e figlio e il gioco di lotta 97

(rough-and-tumble), esemplificativi dell’unicità delle interazioni sociali nei mammiferi. 98

Successivamente, l’idea di un unico ‘cervello emotivo’ che processa tutte le emozioni è stata 99

questionata concettualmente, ancor prima che attraverso evidenze neurobiologiche: le diverse 100

emozioni hanno una diversa funzione adattativa, ad esempio legata alle interazioni aggressive o 101

affiliative, e richiedono, pertanto, reti neurali diverse per generare risposte congrue (LeDoux, 2012). 102

Ancora una volta, sono le diverse risposte comportamentali di tipo funzionale a suggerire l’esistenza 103

di molteplici e interconnessi sistemi di elaborazione delle emozioni di base. Nonostante le divergenze 104

nella definizione delle emozioni di base, alcune di esse, come la paura, la rabbia, la tristezza-dolore 105

e la gioia-felicità, sono riconosciute quasi universalmente (cfr. Elkman, 1999; Izard, 2007; Panksepp, 106

2011; Plutchik, 2001; Tomkins, 1962). Particolarmente interessante è il lavoro di Panksepp (1998) 107

che, seppur non esente da critiche inerenti la metodologia adottata (Barrett, Lindquist, Bliss-Moreau, 108

Duncan, Gendron, Mize e Brennan, 2007), ha utilizzato il comportamento animale, e in particolare 109

quello dei roditori, in contesto sperimentale per identificare sette ‘sistemi affettivi’ (affective systems) 110

di base, legati all’attivazione di altrettante risposte comportamentali a base emotiva. Il primo sistema 111

è quello della ‘ricerca’ (seeking) che fornisce all’individuo la motivazione per esplorare l’ambiente e 112

cercare risorse primarie; il secondo è quello della ‘paura’ (fear) che mobilita l’individuo in modo che 113

possa evitare un predatore e fuggire; il terzo è la ‘rabbia’ (rage), che spinge l’individuo ad effettuare 114

comportamenti competitivi (ad esempio l’aggressione) per accaparrarsi risorse primarie; il quarto è 115

la ‘libidine’ (lust) che spinge l’individuo all’accoppiamento e alla riproduzione; il quinto e il sesto 116

sono la ‘cura’ (care) e il panico/dolore (panic/grief) che regolano rispettivamente l’attaccamento 117

sociale da un lato e il distacco dall’altro; il settimo sistema è il gioco (play) interazione sociale 118

associata a gioia-felicità che è essenziale per sviluppare le competenze sociali (per una review: 119

Panksepp, 2011). 120

Il comportamento è dunque rivelatore degli stati emotivi degli individui ed è l’unico parametro che 121

permette di effettuare studi comparativi su animali non umani e sull’uomo, perché non richiede 122

l’espressione di tali stati attraverso il linguaggio o forme sofisticate, e comunque soggettive, di 123

autovalutazione. Lo studio etologico negli animali non umani diventa ancora più rilevante per 124

comprendere l’evoluzione dei sistemi emotivi, se questi vengono legati allo sviluppo della capacità 125

di provare e condividere sentimenti (feelings), legati a comportamenti su base empatica, come la 126

consolazione. 127

Nell’accezione più cognitiva del termine, i sentimenti (feelings), per essere definiti come tali, devono 128

essere elaborati a livello cosciente (coscienza emotiva; LeDoux e Brown, 2017), aspetto difficile da 129

dimostrare negli animali non umani. Tuttavia, dal punto di vista evolutivo la forma più basilare di 130

sentimento si può considerare come un prodotto del ‘sentire’ che non necessariamente richiede 131

coscienza di sé e che nel corso dell’evoluzione, con lo sviluppo delle strutture subcorticali e corticali 132

deputate all’elaborazione delle emozioni, ha assunto una forma sempre più complessa, fino alla 133

coscienza emotiva. Secondo Panksepp (2011) il tronco encefalico è alla base della formazione di 134

‘sentimenti primari’ (primary feelings), che distingue dai secondari (gestiti da strutture subcorticali 135

come l’amigdala e i gangli basali) e dai terziari (che richiedono la neocorteccia). Senza 136

necessariamente chiamare in causa una costruzione sequenziale di strutture e meccanismi che portano 137

dai sentimenti di base a quelli complessi, anche Damasio (2003) identifica nella parte alta del tronco 138

(4)

4 encefalico la sede in cui si originano i sentimenti primordiali (primordial feelings), essendo questo il 139

primo distretto in cui le informazioni enterocettive formano mappe topografiche, primo livello di una 140

rete più estesa di strutture importanti per la formazione di sentimenti complessi. Secondo il modello 141

di Damasio (2003) i sentimenti sono associati all’esperienza corporea (bodily feeling) e le sensazioni 142

corporee sono generate da risposte emotive registrate nelle cortecce somatosensoriali. Secondo la 143

visione di Panksepp e Damasio gli ‘affective feelings’ sarebbero emersi nel corso nell’evoluzione 144

animale per assegnare una valenza agli stimoli, positiva o negativa, e quindi permettere di mettere in 145

atto sequenze comportamentali adeguate per la sopravvivenza. Tra queste sequenze ci sono anche 146

quelle associate a complessi processi cognitivi, come quelli decisionali e l’espressione di competenze 147

sociali adeguate. Secondo il modello di Damasio (2003) le funzioni emotive attraversano diversi 148

livelli del cervello, andando dalle aree subcorticali fino alle regioni considerate cognitive per 149

antonomasia, come quelle della corteccia prefrontale. Esistono in effetti delle strette e numerose 150

interconnessioni ascendenti e discendenti che le strutture subcorticali (per esempio l’ipotalamo) 151

hanno con la neocorteccia ed esistono funzioni cognitive in strutture subcorticali, come l’ippocampo, 152

responsabili della flessibilità cognitiva e della modulazione del comportamento sociale (O'keefe e 153

Nadel, 1978; Rubin, Watson, Duff, Cohen, 2014). Un danno alle regioni cerebrali responsabili dei 154

processi emotivi (come l’amigdala) può alterare la capacità di compiere decisioni ed effettuare 155

comportamenti sociali appropriati perché risulta alterata la capacità di utilizzare le informazioni 156

emotive che, dalle zone subcorticali, vengono immagazzinate nella corteccia-prefrontale (Bechara, 157

Damasio e Damasio, 2000). In sintesi, le prime sensazioni emotive si possono formare in ‘basso’, a 158

livello di tronco encefalico e, contrariamente alla visione classica secondo cui la ragione 159

controllerebbe la sfera emotiva, i processi emotivi possono influenzare fortemente processi 160

decisionali e interazioni sociali. 161

Questo modello bottom-up permette non solo di includere gli animali non umani allo studio delle 162

emozioni, ma li rende ottimi modelli per comprendere le basi biologiche dei processi emotivi e 163

l’influenza di tali processi sul comportamento. Infatti, se da un lato il comportamento è rivelatore di 164

determinati stati emotivi, dall’altro l’elaborazione degli stati emotivi può essere alla base di 165

comportamenti complessi, tra cui le interazioni all’interno di gruppi sociali. Lo studio del 166

comportamento sociale è dunque una chiave imprescindibile per investigare le emozioni animali e 167

comprendere l’evoluzione del ‘sentire’ umano. 168

In effetti, gli approcci scientifici attuali risultanti dalla interazione e integrazione di diverse discipline 169

(psicologia, etologia, neuroscienze, sociologia) suggeriscono che le emozioni hanno un'estrema 170

importanza nella mediazione delle relazioni sociali che, a loro volta, influenzano espressione, 171

percezione e condivisione delle emozioni altrui. Questo gioco a feedback positivo non riguarda solo 172

gli esseri umani, ma anche molte altre specie animali che hanno fatto della socialità il loro punto di 173

forza evolutivo. Esprimere emozioni, renderle evidenti agli altri e condividerle è infatti estremamente 174

vantaggioso dal punto di vista adattativo essendo alla base di molti fenomeni di sincronizzazione dei 175

gruppi animali. 176

Uno dei campi più fertili della ricerca inter-disciplinare sulle emozioni è rappresentata dallo studio 177

delle espressioni facciali e posture del corpo e di come queste vengono replicate attraverso quel 178

processo definito mimica involontaria (rapid mimicry) (Palagi e Scopa, 2017). Una buona parte 179

dell'abilità di percepire le emozioni altrui è legata a fenomeni di risonanza motoria, cioè alla 180

replicazione automatica di quelle espressioni facciali o movimenti corporei che rendono quelle stesse 181

emozioni manifeste (de Waal e Preston, 2017). Tale meccanismo, definito anche percezione-azione, 182

permette ai soggetti di entrare non solo in risonanza motoria (replicazione involontaria di alcuni 183

movimenti e pattern facciali), ma anche in risonanza emotiva fenomeno noto come same-face/same-184

emotion. Una delle sfide contemporanee è quella di capire quanto siano evolutivamente profonde le 185

radici di questo fenomeno e quali siano i fattori che creano i presupposti perché esso si possa 186

verificare. 187

La psicologia comparata e l'etologia possono fornire buone informazioni riguardo alla possibile 188

filogenesi di alcuni fenomeni comportamentali purché i pattern selezionati come indicatori siano 189

(5)

5 davvero condivisi. La strategia bottom-up permette di analizzare i fenomeni "dal basso" e focalizzare 190

l'attenzione su comportamenti base, semplici, facilmente riconoscibili e individuabili tra le diverse 191

specie che si vogliono comparare. 192

I due pattern che meglio si prestano allo studio comparato della mimica facciale e della condivisione 193

delle emozioni sono lo sbadiglio (yawn) (Guggisberg, Mathis, Schnider e Hess, 2010) e l'apertura 194

rilassata della bocca (relaxed open mouth) che alcuni definiscono anche sorriso (smile), altri faccia 195

da gioco (play face) (Preuschoft e van Hooff, 1995, 1997; Provine 1996, 2004). 196

Questi due pattern sembrano avere una natura altamente plesiomorfica, sono identici nella loro 197

morfologia di base in molte specie di mammiferi e quindi facilmente identificabili nonostante la 198

presenza di alcune varianti che però non impediscono la chiara individuazione del comportamento 199

(Llamazares-Martín, Scopa, Guillén-Salazar e Palagi, 2017; Palagi, Norscia, Spada, 2014; Palagi, 200

Nicotra, Cordoni, 2015; Palagi, Norscia, Pressi, Cordoni, 2018). 201

Sia lo sbadiglio che il sorriso (o risata) riescono facilmente a evocare nell'osservatore una risposta a 202

specchio che sembra essere "guidata" dal tipo di legame sociale presente tra chi emette il segnale e 203

colui che lo osserva. Entrambi i comportamenti si ritenevano essere a totale appannaggio della specie 204

umana, finché qualche anno fa entrambi i fenomeni (contagio dello sbadiglio, Anderson, Myowa-205

Yamakoshi, Matsuzawa T, 2004; mimica rapida, Davila-Ross, Menzler, Zimmermann E, 2008) sono 206

stati dimostrati in alcune specie di primati non-umani, in particolare nelle scimmie antropomorfe. 207

Studi successivi si sono concentrati su specie di primati evolutivamente più antiche delle 208

antropomorfe e, in taluni casi, anche su specie di mammiferi non primati. Tali studi hanno rivelato 209

che in realtà la distribuzione di questi due fenomeni non sembra seguire uno schema filogenetico, 210

essendo probabilmente legata ad altri fattori. Lo scopo di questa trattazione è quello di proporre una 211

possibile interpretazione che concili i diversi risultati ottenuti e, partendo da una concezione olistica 212

del problema, integri filogenesi (approccio inter-specifico) e qualità dei rapporti sociali tra i soggetti 213

(approccio intra-gruppo). 214

L'ipotesi è che certi fenomeni di risonanza motoria ed emotiva, i cosiddetti fenomeni a base empatica, 215

siano socialmente modulati e non necessariamente legati alla presenza di un cervello complesso o di 216

particolari abilità cognitive. In accordo con l'ipotesi del gradiente empatico, il grado di plasticità nei 217

rapporti inter-individuali e il livello di tolleranza che caratterizza una specie potrebbero influenzare 218

fortemente l'espressione di tali fenomeni (de Waal e Preston, 2017). Se questa ipotesi è valida, le 219

coppie di soggetti che condividono buone relazioni dovrebbero essere anche caratterizzate da una più 220

alta frequenza di comportamenti di contagio emotivo (migliore la qualità della relazione, maggiore 221

l'espressione del fenomeno). Questa covarianza tra qualità della relazione ed espressione dei 222

fenomeni a base empatica dovrebbe riflettersi anche a livello specifico. Quelle specie che stabiliscono 223

le loro relazioni attraverso un investimento sociale attivo piuttosto che attraverso l'esercizio del potere 224

di dominanza dovrebbero esprimere comportamenti empatici in modo più marcato rispetto a quelle 225

specie che mostrano gerarchie cristallizzate e rigide relazioni di rango (maggiore la tolleranza sociale, 226

maggiore l'espressione del fenomeno). 227

228

Il contagio emotivo attraverso lo sbadiglio 229

Lo sbadiglio è un comportamento interessante da studiare per verificare la suddetta ipotesi, sia a 230

livello intra che inter-specifico. Si tratta di un comportamento che, pur nella sua estrema semplicità 231

e ubiquitarietà filogenetica, rappresenta una sfida per molti ricercatori, tanto che il dibattito sulle sue 232

funzioni è ancora aperto e particolarmente acceso. Molte le ipotesi formulate, tra le più importanti 233

ricordiamo quella respiratoria (già suggerita da Ippocrate nel IV secolo a.C.), quella del torpore e 234

della vigilanza, quella termoregolatoria e quella sociale (vedi Guggisberg et al., 2010 per una 235

revisione generale sull’argomento). 236

Lo sbadiglio è più frequente quando il soggetto si trova in un contesto sociale, rispetto a quando è 237

solo. La sola presenza degli altri sembra infatti aumentare l’insorgenza dello sbadiglio (Guggisberg 238

et al., 2010; Kapitány e Nielsen, 2017), ma è soprattutto quando gli altri sbadigliano che la necessità 239

(6)

6 di sbadigliare aumenta a tal punto da parlare di vero e proprio contagio (Provine, 2004). Il contagio 240

di sbadiglio è stato documentato da Robert Provine alla fine degli anni '80. Lo psicologo ha dimostrato 241

che vedere, udire o anche solo pensare al semplice atto dello sbadiglio induce i soggetti a sbadigliare 242

(Provine, 1986; Provine, 1989). Lavori successivi hanno messo in luce un possibile legame tra 243

responsività al contagio e capacità di entrare in sintonia emotiva (empatica) con gli altri (Norscia e 244

Palagi, 2011; Franzen, Mader, Winter, 2018). 245

Da molti anni il nostro gruppo di ricerca, che applica un approccio etologico comparato, si occupa di 246

contagio di sbadiglio cercando di individuare fattori prossimi e ultimi che stanno alla base 247

dell'evoluzione di questo fenomeno. Allo scopo di saggiare l'ipotesi empatica del contagio di 248

sbadiglio sono state selezionate diverse specie di primati con particolari caratteristiche. Alcune sono 249

lontane tra loro dal punto di vista filogenetico, ma molto simili nelle relazioni sociali e nei livelli di 250

tolleranza, ad esempio il gelada (Theropithecus gelada) e il bonobo (Pan paniscus); altre, vicine 251

filogeneticamente, ma con chiare e nette differenze nei livelli di tolleranza sociale, come ad esempio 252

il macaco del Giappone (Macaca fuscata) e il macaco di Tonkean (Macaca tonkeana) oppure il gorilla 253

di pianura occidentale (Gorilla gorilla gorilla) e il bonobo. 254

Nel 2009, Palagi e collaboratori per la prima volta hanno dimostrato la presenza di contagio di 255

sbadiglio in una specie di scimmia, il gelada, unica specie appartenente a un unico genere 256

(Theropitheus gelada). Il gelada è endemico degli altopiani etiopi e vive in società multi-livello la cui 257

unità base è rappresentata da gruppi formati da un solo maschio riproduttivo, alcune femmine adulte 258

e la prole (one-male units). I rapporti inter-individuali in questa specie sono molto flessibili e 259

tolleranti, gli adulti si scambiamo prolungate sessioni di grooming (toelettatura del pelo, talvolta 260

reciproca, che contribuisce alla formazione di legami sociali inter-individuali in molte società di 261

primati) e le madri permettono alle altre femmine di giocare e trasportare i piccoli (Figura 1). 262 263 264 265 266 267 268

In questa specie, definita "a legame femminile", le vittime di un'aggressione vengono spesso 269

confortate attraverso gesti affiliativi (Palagi, Leone, Demuru, Ferrari, in stampa). Nel gelada, gli 270

individui non solo rispondevano allo sbadiglio degli altri, ma la frequenza di contagio correlava 271

fortemente con l'attività di grooming, mentre la semplice prossimità spaziale non aveva alcuna 272

influenza sulla distribuzione del contagio (Palagi et al, 2009). Non basta quindi stare vicini per essere 273

suscettibili allo sbadiglio altrui, ciò che è importante è la qualità della relazione e il legame emotivo 274

che viene stabilito attraverso comportamenti sociali come il grooming. Un altro aspetto interessante 275

Figura 1 – Immagini di due femmine (una multipara, sx) e una nullipara (dx). Le due femmine in contatto con il piccolo sulla madre (a); la madre guarda la faccia della femmina nullipara, mentre lei osserva il piccolo che a sua volta guarda la madre. La madre permette alla femmina nullipara di abbracciare il piccolo (b). La femmina nullipara da inizio a una sessione di grooming sulla madre. (Foto di E. Palagi)

(7)

7 riguarda l'abbraccio, un comportamento affiliativo peculiare utilizzato dalle femmine di questa specie 276

per stabilire rapporti preferenziali a lungo termine. Il comportamento è molto variabile a livello 277

individuale e da un'indagine incrociata risulta che quelle femmine che mostrano un'alta propensione 278

all'abbraccio sono anche quelle che maggiormente rispondono agli sbadigli altrui (Figura 2). La 279

responsività allo sbadiglio sembra quindi indicativa di un’apertura emozionale verso gli altri 280

attraverso comportamenti affiliativi attivi. 281

282 283

284 285

Figura 2 – Il grafico a punti illustra la correlazione positiva tra la frequenza di contagio e la frequenza di 286

abbracci espressi da ciascuna femmina. (Pearson test; r=0.559; N=16; p=0.024). 287

288 289

Il genere Macaca rappresenta un vero e proprio “laboratorio naturale” per esplorare i fattori alla base 290

delle espressioni delle emozioni. Il genere, la cui distribuzione geografica è forse la più ampia tra i 291

primati, comprende circa 20 specie. Tutte le specie sono organizzate in gruppi multi-male/multi-292

female con i maschi che migrano dal gruppo natale (esogamia maschile) e le femmine che sono invece 293

filopatriche (Thierry, 2000). Nonostante l’omogeneità di base definita dalla stessa organizzazione 294

sociale, i rapporti inter-individuali sono molto differenti, tanto che le diverse specie sono state 295

collocate in una scala sulla base dei rapporti di tolleranza che legano i soggetti. Il grado 1, 296

caratterizzato dal più alto livello di despotismo, include ad esempio Macaca fuscata (macaca del 297

Giappone) e Macaca mulatta (macaca reso). Il grado 4, che comprende le specie più tolleranti, vede 298

la presenza delle specie di Sulawesi come, ad esempio, Macaca tonkeana (macaca di Tonkean) e 299

Macaca maura (macaca maura). Abbiamo quindi la possibilità di effettuare comparazioni dirette tra 300

specie appartenenti allo stesso genere che condividono la stessa struttura sociale, ma che mostrano 301

estreme differenze tra livelli di nepotismo, distribuzione di comportamenti affiliativi e canalizzazione 302

sociale (bassa permissività delle madri che determina nel piccolo una limitazione dei rapporti sociali 303

canalizzandoli in favore della linea materna, Berman, 1982). Osservazioni naturalistiche su gruppi di 304

Macaca fuscata (grado 1) e Macaca tonkeana (grado 4) effettuate dagli stessi osservatori e attraverso 305

le stesse metodologie di raccolta dati indicano chiaramente che il contagio di sbadiglio era presente 306

nella specie più tollerante (M. tonkeana), ma totalmente assente nella specie più despotica (M. 307

fuscata) (Figura 3), anche se la frequenza di sbadiglio spontaneo non differiva tra le due specie. A 308

supporto dell’ipotesi del contagio emotivo, in Macaca tonkeana le diadi che mostravano i maggiori 309

livelli di contagio erano quelle che condividevano frequenti sessioni di grooming. Nessuna delle altre 310

(8)

8 variabili considerate (distanza di rango, sesso o prossimità spaziale) aveva influenza sul 311

comportamento di contagio. Questi risultati, presentati qui per la prima volta, suggeriscono ancora 312

una volta l’importanza della condivisione emotiva nell’espressione di alcune forme di risonanza 313 motoria. 314 315 316 317 318 319 320 321 322 323 324 325 326 327 328 329 330 331 332 333 334 335 336 337 338 339 340 341

L’espressione di comportamenti a base empatica richiede forme di rapporti sociali basate sulla 342

affiliazione e non sulla accettazione/imposizione dello stato gerarchico da parte dei soggetti. Quando 343

le relazioni sono despotiche possono instaurarsi forme di inibizione sociale, per cui certi fenomeni di 344

contagio emotivo vengono repressi perché evidentemente non adattativi in quanto potenzialmente 345

rischiosi. Un esempio è il comportamento consolatorio, descritto per la prima volta nello scimpanzé, 346

che consiste nell’offrire un comportamento di conforto (abbraccio, bacio, tocco, grooming, ecc.) a un 347

compagno di gruppo che ha appena subito un’aggressione (de Waal e van Rosmaalen, 1979). La 348

conseguenza di tale contatto è quella di migliorare lo stato emotivo della vittima (riduzione 349

dell’ansia). In genere, il comportamento è rivolto a soggetti generalmente parenti del consolatore o 350

soggetti che hanno con il consolatore un rapporto preferenziale, detto anche di “amicizia” (de Waal 351

e Preston, 2017; Palagi, Paoli, Borgognini, 2004; Palagi e Norscia, 2013). Il comportamento è stato 352

dimostrato in Macaca tonkeana, ma assente in M. fuscata (Palagi, Dall’Olio, Demuru, Stanyon, 353

2014). A differenza di quanto avviene nelle società più tolleranti, in cui non esiste una rigida gerarchia 354

tra gli individui (come in M. tonkeana), in una società despotica, come quella di M. fuscata, la 355

consolazione è generalmente inibita, in quanto il rischio di essere aggrediti dalla vittima, che sfoga 356

su un terzo soggetto la propria frustrazione (redirezione), è molto alta. In questo contesto altamente 357

Figura 3 – Frequenza di sbadigli effettuati nelle due condizioni (stimolo percepito; stimolo non percepito). I dati sono relativi alle due specie del genere Macaca studiate. (macaco del Giappone; Exact Wilcoxon signed rank test: T = 6.00, ties = 6, n = 12, p = 0.438; macaco di Tonkean: T = 12.50, ties = 7, n = 20, p = 0.018).

(9)

9 competitivo, i soggetti che assistono all’aggressione generalmente non si avvicinano a nessuno dei 358

due opponenti, proprio per evitare di diventare le vittime di un nuovo scontro. La mancanza di 359

consolazione potrebbe essere guidata da due fattori: il rischio di essere riaggrediti o l’incapacità di 360

percepire lo stato emotivo dell’altro dovuto a fattori contro-selettivi operati sui fenomeni di risonanza 361

motoria. 362

Gli studi sul contagio dello sbadiglio nelle grandi scimmie sembrano supportare anch’essi l’ipotesi 363

empatica della mimica facciale e del contagio di sbadiglio. Stavolta la comparazione ha visto il gorilla 364

di pianura (Gorilla gorilla gorilla) e il bonobo (Pan paniscus). Applicando un approccio integrato di 365

osservazioni naturalistiche e di test video-sperimentali non è emersa alcuna evidenza a favore del 366

contagio di sbadiglio in due gruppi di gorilla ospitati dal parco-zoo di Beauval (Francia) (Palagi et al, 367

2019, in stampa). Gli animali non mostravano alcun incremento dell’attività di sbadiglio in seguito 368

alla percezione di uno “sbadiglio stimolo” emesso da un soggetto non familiare proposto attraverso 369

la visione di un video. Per verificare se la mancanza del fenomeno fosse dovuta allo stimolo artificiale 370

(video) proposto, abbiamo affiancato ai test una batteria di osservazioni etologiche applicando il 371

metodo all occurrences sampling (Altmann, 1974). Le osservazioni sono state condotte sulla stessa 372

colonia di gorilla su cui erano stati fatti i test. L’ipotesi era che la visione di un compagno di gruppo 373

che sbadiglia (soggetto familiare) in un contesto sociale rilassato e non perturbato dalla presenza 374

ravvicinata degli sperimentatori avrebbe favorito l’emergenza del comportamento. Non è stato così. 375

I gorilla sbadigliavano con la stessa frequenza sia dopo aver percepito lo sbadiglio di un compagno 376

sia senza averlo percepito. È vero che nella scienza, l’assenza di evidenza non significa 377

necessariamente l’evidenza dell’assenza, anche se è obbligo sottolineare che studi condotti 378

applicando le stesse metodologie hanno dato risultati molti diversi nei bonobo (Demuru e Palagi, 379

2012). I test sperimentali condotti dal nostro gruppo di ricerca su 12 soggetti hanno infatti messo in 380

luce la presenza di contagio in questa specie (Palagi, dati non pubblicati) sia quando il modello del 381

video era un avatar (riprodotto sulla base del volto di una grande scimmia) sia quando il modello 382

proposto era il video di un bonobo (soggetto non familiare). Tan e collaboratori (2017) hanno 383

addirittura dimostrato che i bonobo rispondono allo sbadiglio di soggetti familiari e non familiari con 384

frequenze comparabili. Questo risultato sottolinea l'elevata xenofilia della specie che è caratterizzata 385

da un alto livello di prosocialità rivolta non soltanto ai compagni di gruppo ma anche a soggetti 386

appartenenti a gruppi diversi (Krupenye, Tan, Hare, 2018). L’assenza di contagio di sbadiglio nel 387

gorilla potrebbe sembrare contro-intuitiva, date le abilità cognitive tipiche della specie e della stretta 388

relazione filogenetica con le altre grandi scimmie, bonobo incluso (Scally et al., 2012; de Lathouwers 389

e van Elsacker, 2006). Tuttavia, secondo il modello bottom-up (de Waal e Preston, 2017) e il costrutto 390

teorico presentato nella prima sezione di questo lavoro, i comportamenti che esprimono un contagio 391

emotivo non richiedono complesse abilità cognitive per poter essere attuati, perché si basano 392

probabilmente su meccanismi pre-consci. Dal punto di vista adattativo, il ruolo dei comportamenti a 393

base empatica, anche nelle loro forme più semplici, è quello di favorire i comportamenti prosociali e 394

cooperativi che portano, a loro volta, a un incremento della fitness sia diretta che indiretta (Decety, 395

Bartal, Uzefovsky e Knafo-Noam, 2016). L’assenza di contagio di sbadiglio nel gorilla sembra 396

riflettere il grado di coesione sociale della specie che, se misurata attraverso comportamenti quali 397

grooming, contatto fisico e supporto agonistico, risulta essere virtualmente pari a zero (Cordoni, 398

Norscia, Bobbio, Palagi, 2018). Questa interpretazione è rinforzata dalla presenza di contagio di 399

sbadiglio nel gelada (Palagi, Leone, Mancini, Ferrari, 2009), che condivide con il gorilla la stessa 400

struttura sociale di base ma, contrariamente alla grande scimmia africana, è caratterizzata da elevati 401

livelli di affiliazione sociale espressa attraverso lunghe sessioni di grooming (Dunbar e Dunbar, 1975; 402

Kummer, 1971), di eventi riconciliatori e consolatori (Leone e Palagi, 2010; Palagi et al., 2018) e di 403

supporto alle vittime di aggressioni (Pallante, Stanyon, Palagi, 2016). È chiaro quindi come il 404

contagio emotivo, espresso anche attraverso il contagio di sbadiglio, sia influenzato dalla qualità dei 405

legami sociali condivisi tra i soggetti, più che dalla struttura sociale in sé. 406

In un gruppo di scimpanzé, Campbell e de Waal (2014) hanno dimostrato che la risposta allo sbadiglio 407

era simile quando lo stimolo proveniva da conspecifici familiari o da soggetti umani che 408

(10)

10 quotidianamente interagivano con il gruppo (keepers o ricercatori). Questo dato mostra come la 409

familiarità possa influenzare il fenomeno del contagio e come questo scambio emotivo possa mettere 410

in connessione anche soggetti che appartengono a specie diverse. I cani, ad esempio, non solo 411

rispondono allo sbadiglio umano, ma mostrano una diversa responsività in funzione del grado di 412

familiarità che li lega al soggetto dimostratore (Silva, Bessa, de Sousa, 2012; Romero, Konno, 413

Hasegawa, 2013). 414

In sintesi, quando il fattore principale di aggregazione è rappresentato dalla semplice prossimità 415

spaziale (come nel caso delle femmine adulte di gorilla che si aggregano intorno al silverback in cerca 416

di protezione) o quando le relazioni non sono costruite attraverso un investimento attivo nei rapporti 417

sociali ma sono solo stabilite in base a relazioni di rango (come nel caso dei macachi despotici, ad 418

esempio M. fuscata) sembra che la pressione selettiva sui meccanismi che promuovono la 419

condivisione emotiva tra i soggetti, incluso il contagio di sbadiglio, sia fortemente limitata. 420

Alcuni autori sostengono che i diversi gradi di contagio in risposta ai soggetti familiari e non familiari 421

possa dipendere da un bias attentivo, visivo, in favore degli stimoli familiari (Massen e Gallup, 2017), 422

anche se finora nessun dato in letteratura, su diverse specie, mostra la presenza di un bias univoco 423

dipendente dalla familiarità (intesa come conoscenza personale del soggetto). Ovviamente perché ci 424

possa essere una risposta, lo stimolo deve essere in qualche modo percepito. Nel nostro studio sul 425

gorilla, il test era impostato in modo che lo stimolo cadesse perfettamente nel campo di visione 426

stereoscopica del soggetto. Inoltre, si è anche introdotta la variabile di controllo relativa al tempo 427

trascorso dall'animale a fissare lo stimolo (attenzione) riprodotto nel video. Il tempo di attenzione non 428

differiva in funzione della familiarità dello stimolo. Nello studio sugli scimpanzé di Campbell e de 429

Waal (2011) gli animali erano contagiati maggiormente dagli sbadigli dei compagni di gruppo, anche 430

se erano più attratti dai video dei soggetti non familiari. 431

In conclusione, notare lo stimolo è sicuramente importante per stimolare la risposta allo sbadiglio in 432

quanto essa garantisce la percezione del medesimo, ma l’entità della risposta non è influenzata né 433

dalla sensibilità all’attenzione selettiva né a fenomeni di sovra-stimolazione. Ciò che sembra essere 434

fondamentale per il contagio dello sbadiglio è il ponte emotivo alla base della relazione sociale che 435

lega i soggetti interagenti. 436

437

Il contagio del sorriso: il fenomeno della mimica facciale rapida 438

Il gioco offre un’importante opportunità per lo studio delle emozioni, tanto che Panksepp (2011) lo 439

include tra i sistemi affettivi di base. Già nei lemuri con la coda ad anelli (Lemur catta) si osserva 440

che, rispetto ad altri segnali di gioco, la faccia da gioco (Relaxed Open Mouth) è effettuata dagli 441

individui con maggiore probabilità dopo un'altra faccia da gioco, anche se la semplice produzione 442

contestuale del segnale di gioco non costituisce di per sé una prova della presenza di mimica facciale 443

(Norscia e Palagi, 2016). In altre specie di primati, la faccia da gioco effettuata da un giocatore può 444

essere replicata da un altro giocatore, così come lo sbadiglio può essere evocato dallo sbadiglio di un 445

altro individuo. Se la replica avviene entro 1 secondo si parla di mimica facciale rapida; se avviene 446

tra 1 e 5 secondi si parla di mimica facciale ritardata. Trattandosi di una forma di mimica emotiva 447

(emotional mimicry), la mimica facciale rapida durante una sessione ludica può essere il mezzo con 448

cui due individui arrivano a condividere uno stato emotivo giocoso (Palagi e Scopa, 2017; Palagi et 449

al, 2018). Studi effettuati su diverse specie di primati non umani, come lo scimpanzé, il gorilla (Palagi 450

et al, 2018), il gelada (Mancini, Ferrari, Palagi 2013a), il macaco di Tonkean e il macaco del Giappone 451

(Scopa e Palagi, 2016) hanno dimostrato che la mimica facciale rapida (RMF) può prolungare la 452

durata delle sessioni ludiche e/o aumentare il livello di sincronizzazione tra giocatori. Negli 453

scimpanzé è stato dimostrato che anche la chiave acustica, cioè la caratteristica vocalizzazione 454

associata alla risata, è associata a sessioni di gioco più lunghe negli individui che ‘ridono insieme’ 455

(Davila-Ross, Allcock, Thomas, Bard, 2011). Una funzione simile è stata ipotizzata per la risata, nella 456

sua componente visiva e acustica, negli esseri umani adulti e non adulti (Weisfeld, 1993). 457

L’aspetto interessante emerso dagli studi sui mammiferi è che non è la mera produzione del segnale 458

da parte di un giocatore (faccia da gioco) a consentire il mantenimento nel tempo della sessione 459

(11)

11 ludica, ma il fatto che il segnale venga replicato, istantaneamente o quasi, dall’altro giocatore. La sola 460

presenza del segnale non è, infatti, sufficiente, a prolungare il gioco (cani, Palagi et al., 2015; macaco 461

di Tonkean, Scopa e Palagi, 2016; gorilla, scimpanzé, Palagi et al., 2018). Negli scimpanzé, a 462

differenza dei gorilla, è stata riscontrata anche la presenza di una mimica facciale ritardata. Questo 463

potrebbe segnalare la capacità di queste grandi scimmie non solo di poter comunicare e condividere 464

lo stato emotivo giocoso in maniera automatica e nell’immediato, ma anche di saper modulare la 465

risposta mimica in maniera opportunistica, su un tempo più lungo, in modo da regolare l’interazione 466

ludica tenendo conto dell’andamento della sessione (Palagi et al., 2018). Un’altra spiegazione 467

potrebbe essere legata al cosiddetto effetto audience: la presenza di altri individui (spettatori) che 468

vigilano sulla sessione ludica, potrebbe influenzare la risposta mimica. Per esempio, durante un gioco 469

di lotta tra un piccolo e un adulto, la presenza della madre del piccolo potrebbe indurre una 470

modulazione della risposta mimica nel giocatore adulto. In questo caso, la risposta mimica non 471

sarebbe diretta al piccolo compagno di gioco, ma effettuata in modo opportunistico al fine di 472

comunicare alla madre del piccolo le intenzioni non aggressive. In questo senso, la maggiore coesione 473

sociale degli scimpanzé rispetto ai gorilla (Cordoni et al., 2018; Kaminski, Hynds, Morris, Waller, 474

2017) potrebbe spiegare perché il fenomeno della mimica facciale ritardata sia stato, per ora, 475

riscontrato solo nei primi. Anche negli umani la mimica emotiva sembra essere legata all’intenzione 476

degli individui di prolungare l’interazione in corso e non solo alla relazione sociale che li lega (Hess 477

e Fischer, 2013, 2014). Inoltre, si è riscontrato che i soggetti umani fanno trasparire le proprie 478

emozioni preferenzialmente con le persone con cui sono avvenuti più frequentemente scambi e 479

condivisioni di espressioni emotive e non le persone con cui semplicemente hanno trascorso più 480

tempo. Hatfield e collaboratori (1994) hanno suggerito che la funzione della mimica sia quella di 481

sincronizzare e coordinare l’interazione tra soggetti e, quindi, di facilitare il mutuo coinvolgimento 482

degli individui. Nelle società umane la condivisione emotiva all’interno dei gruppi (group-based 483

emotion; Fischer e Manstead, 2008) è maggiore tra particolari soggetti creando così rapporti 484

preferenziali che contribuiscono a determinare le dinamiche sociali (Keltner e Haidt, 1999). È 485

interessante notare come anche nel gelada la mimica facciale rapida sia maggiore tra madri e figli 486

piuttosto che tra giovani e adulti non imparentati (Mancini, Ferrari, Palagi, 2013b). Nel gelada, un 487

altro elemento interessante emerge quando andiamo a considerare la latenza alla risposta. Nonostante 488

la risposta sia sempre al di sotto di 1 secondo, tra madri e figlio si registrano i tempi più veloci 489

(Mancini et al., 2013b), quasi come se il legame emotivo rendesse semplice l’anticipazione del 490

fenomeno. 491

Uno dei dibattiti più accesi riguarda due ipotesi formulate per spiegare il ridere insieme (co-laughter), 492

una secondo cui la risata’ sarebbe di natura culturale (o intenzionale) e l’altra secondo la ‘co-493

risata’ sarebbe mediata da meccanismi biologici (o emotivi). 494

Un elegante studio atto proprio a chiarire quale delle due ipotesi avesse maggiore sostegno empirico 495

ha dimostrato che nelle differenti società umane la ‘co-risata’ ha una forte base biologica (Bryant, 496

Fessler, Fusaroli, Clint, Aarøef et al., 2016). Gli autori hanno dimostrato che ascoltatori appartenenti 497

a 24 diverse etnie, che parlavano quindi lingue differenti 498

(http://www.pnas.org/content/suppl/2016/04/05/1524993113.DCSupplemental), erano in grado di 499

distinguere coppie amiche da coppie estranee (rigorosamente di lingua Inglese) soltanto grazie 500

all’ascolto di brevi risate audio-registrate. Lo studio indica che, anche solo utilizzando la chiave 501

acustica, è possibile capire se la risata è tra amici oppure tra soggetti non familiari. Un recente studio 502

ha dimostrato, attraverso risonanza magnetica funzionale, che la percezione della risata non spontanea 503

è associata ad una maggiore attività della corteccia prefrontale mediale anteriore (aMPFC), 504

probabilmente legata al tentativo, da parte di chi percepisce la risata, di determinare lo stato mentale 505

di chi la emette; questa risposta non si rileva in caso di percezione di una risata spontanea, associata 506

ad una maggiore attività della circonvoluzione temporale superiore (McGettigan et al, 2015). 507

Si può quindi considerare la mimica vocale rapida, involontaria, come un segnale comunicativo 508

predittivo della relazione sociale che intercorre tra i due soggetti interagenti. Anche se l’evoluzione 509

del linguaggio simbolico ha aperto nuovi scenari riguardo alla complessa socialità della nostra specie, 510

(12)

12 l’essere umano sta ancora facendo uso di segnali (facciali e vocali) inconsci di affiliazione che 511

apparentemente hanno anticipato forme più derivate e sofisticate di comunicazione. Da un punto di 512

vista evolutivo, potremmo avanzare l’ipotesi che in un antico passato, gli individui che decifravano 513

meglio i segnali non-verbali scambiati tra gli altri membri del gruppo interpretandone il livello di 514

affiliazione siano stati avvantaggiati in termini di fitness. In quest’ottica la mimica vocale umana 515

potrebbe aver rappresentato una delle forze trainanti l’evoluzione dei legami sociali e della 516

cooperazione in Homo sapiens. 517

In conclusione, l’antica visione aristotelica secondo cui le emozioni servono a completare la natura 518

umana sembra trovare riscontro nei lavori più recenti sull’espressione comportamentale delle 519

emozioni non solo nell’uomo, ma anche negli altri animali. Tutto ciò grazie all’approccio etologico 520

comparato che focalizza l’attenzione sulle espressioni di base intercettandone quegli indicatori 521

comportamentali che segnalano espressione e condivisione delle emozioni, non subordinate alla sfera 522

cognitiva, anche se certamente alla base di fenomeni comportamentali complessi. Tali indicatori 523

comportamentali, preservati nel corso dell’evoluzione e riscontrabili in molte specie diverse, sono 524

cruciali per investigare le basi biologiche del comportamento umano. 525

526

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