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Parte II. Il diploma di laurea per la storia delle Università: la prassi. Appendice II. Schede biografiche

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(1)

STORIA DELL’ UNIVERSITÀ DI TORINO

(2)
(3)

STORIA DELL’ UNIVERSITÀ DI TORINO

* *

IRMA NASO PAOLO ROSSO

INSIGNIA DOCTORALIA

LAUREE E LAUREATI ALL’ UNIVERSITÀ DI TORINO

TRA QUATTRO E CINQUECENTO

U

NIVERSITÀ DEGLI

S

TUDI DI

T

ORINO

(4)

Pubblicazione e ricerche finanziate con contributi dell’Università di Torino e del MIUR

© 2008 Università degli Studi di Torino

TUTTI I DIRITTI RISERVATI

Realizzazione tecnica, Fotocomposizione:

B

i .

.

G

i .

.

- Cuneo

Stampa: Centrostampa - Bra (Cn)

(5)

INDICE

IX

Presentazione del Rettore Magnifico dell’Università degli Studi di Torino

Ezio Pelizzetti

XI

Premessa

Irma Naso, Paolo Rosso

P

ARTE

I

I GRADI ACCADEMICI E GLI ESAMI: LA NORMATIVA

3

I

NTRODUZIONE

Alle origini dei collegia doctorum

C

APITOLO

I

9

LA FACOLTÀ DI TEOLOGIA E I TITOLI ACCADEMICI

10

1. Il baccellierato: un grado accademico?

13

2. La licentia doctoratus: problemi interpretativi

19

3. La laurea dei teologi: dalle vesperie al magisterium

C

APITOLO

II

27

ARTI E MEDICINA:

LE NORME STATUTARIE

28

1. I promotori e l’ammissione all’esame

32

2. L’examen rigorosum e l’assegnazione dei puncta

38

3. Il conventus per il conseguimento del dottorato

43

4. Il titolo in chirurgia: l’importanza della formazione pratica

C

APITOLO

III

47

DIRITTO CIVILE E DIRITTO CANONICO:

LE REGOLE PER GLI ESAMI

49

1. Una prova preliminare: la verifica in camera

51

2. Modalità e costi dell’esame privato

(6)

P

ARTE

II

IL DIPLOMA DI LAUREA PER LA STORIA

DELLE UNIVERSITÀ: LA PRASSI

C

APITOLO

IV

65

L’

INSTRUMENTUM LAUREATIONIS TRA LE FONTI PER LA STORIA UNIVERSITARIA

65

1. Lo Studium generale all’interno di una rete di modelli

68

2. Le matricole degli studenti e la certificazione del cursus studiorum

C

APITOLO

V

77

LA CANCELLERIA VESCOVILE

77

1. Il conferimento dei titoli accademici

91

2. La tradizione degli instrumenta laureationis torinesi

122

3. Lo strumento di laurea e i suoi elementi costitutivi

C

APITOLO

VI

129

CONFERME,

DISCORDANZE E INTEGRAZIONI AL DETTATO STATUTARIO

129

1. I rettori dell’universitas

134

2. Il baccellierato (in diritto, in arti e medicina): ormai un ‘relitto’?

139

3. Un curriculum trasversale: l’insegnamento di artes

148

4. Il dottorato concesso per privilegium

C

APITOLO

VII

153

I

TITOLI ACCADEMICI NELLE TRE FACOLTÀ

153

1. Per un approccio di tipo quantitativo (1497-1512)

156

2. Teologia

159

3. Arti e medicina

161

4. Diritto civile e diritto canonico

167

5. Le lauree e la peregrinatio academica

APPENDICI

A

PPENDICE

I

173

SCHEDE BIOGRAFICHE

174

1. I graduati all’Università di Torino dalla fondazione al 1536

174

2.

a. Le testimonianze degli instrumenta laureationis

186

2.

b. Le registrazioni nel Rotulus laureatorum (1497-1512)

211

2. I dottori collegiati negli atti di laurea

211

2.

a. Collegio dei maestri in teologia

214

2.

b. Collegio dei dottori in arti e medicina

(7)

A

PPENDICE

II

239

LICENZE E DOTTORATI

241

1. Gli strumenti di laurea

286

2. Il Rotulus laureatorum degli anni 1497-1512

293

BIBLIOGRAFIA

INDICI

321

Indice dei nomi di persona e di luogo

345

Indice dei manoscritti, degli incunaboli e dei documenti d’archivio

349

Indice delle illustrazioni

(8)
(9)

PRESENTAZIONE

Il secondo volume della “Storia dell’Università di Torino” s’inserisce in un progetto

ediriale avviato nel 2004 in occasione delle celebrazioni per il sesto centenario dell’Ateneo

to-rinese. Il Rettorato ha accolto molto favorevolmente la realizzazione di un lavoro, che si

propone come un altro tassello importante per approfondire la conoscenza del mondo

ac-cademico torinese nei primi secoli della sua attività. Il sostegno alla pubblicazione è

moti-vato anche dalla prospettiva di offrire un contributo importante al rinnomoti-vato e

generaliz-zato interesse della ricerca storico-universitaria per i diplomi di laurea del passato e per la

loro edizione.

Va d’altra parte sottolineato come l’Università in generale rappresenti l’istituzione che

nel mondo occidentale più a lungo ha interpretato e trasmesso i valori della cultura e

del-la formazione alta, incidendo costantemente, sia pure con diversa vitalità da epoca ad

epo-ca, sulla formazione delle élites e quindi sulle trasformazioni sociali, politiche ed

economi-che delle realtà su cui insisteva ed insiste. L’Università di Torino in particolare, nella sua

storia plurisecolare ha conosciuto momenti di particolare dinamismo alternati a fasi di più

ridotta influenza, ma ha comunque mantenuto nel tempo, e rispetto al proprio bacino di

utenza, una centralità culturale incontrastata. Per questa ragione è quanto mai utile oggi,

allorché l’azione di motore di sviluppo urbano e regionale e di agente modificatore in

po-sitivo delle dinamiche sociali, economiche e produttive svolta dall’Ateneo torinese conosce

un nuovo, rilevante impulso, riflettere sul passato storico della nostra Università e

riper-correrne le tappe con particolare attenzione a tutti i protagonisti di una lunga e gloriosa

vi-cenda storica.

Nel volume che oggi viene alla luce gli autori, sulla base di evidenze archivistiche

as-sai ricche, offrono un quadro articolato e complesso di un momento fondamentale nel

cur-riculum universitario: quello con cui si conclude il percorso di studi, mentre si aprono le

porte alla carriera professionale e, spesso, alla docenza. In questo contesto l’Ateneo

torine-se appare, nel periodo storico preso in considerazione, tutt’altro che isolato: Torino è

allo-ra tappa di un circuito accademico molto ampio, meta di studenti che vi giungono da ogni

parte d’Europa per laurearsi. Gli studiosi troveranno nel libro materia di evidente

interes-se; ma sfogliandone le pagine anche il lettore non specialista e, in particolare, quanti a

va-rio titolo possono essere interessati alla dimensione storica dell’istituzione in cui operano,

rintracceranno aspetti di una realtà che, nel bene e nel male, per certi versi saremmo

(10)

ten-tati di vedere riflessa nella situazione attuale. Se è vero che ci soccorre la capacità di

vin-cere gli anacronismi, evitando un improponibile parallelo con il passato, alcuni dei

proble-mi che travagliavano a quel tempo il mondo universitario non possono sfuggire a chi

og-gi è impegnato a guidare l’Ateneo. Ad esempio il dato relativo al macroscopico fenomeno

degli abbandoni, per cui una elevata percentuale di studenti interrompeva gli studi senza

laurearsi, si ripropone attualmente – per la verità nell’Università di Torino meno che

altro-ve in Italia –, pur in un contesto socio-economico ovviamente assai dialtro-verso e nonostante le

molteplici ma per lo più incompiute e disordinate riforme degli ultimi anni alle quali si è

accompagnata una costante riduzione delle risorse assegnate alla didattica e alla ricerca

universitarie (il recente rapporto annuale O

CSE

sull’istruzione conferma che la media

italia-na degli studenti che arrivano a discutere la tesi di laurea, nell’ordine del 45% degli

im-matricolati, è di molto inferiore a quella degli altri Paesi; il dato torinese si discosta di

mol-to in positivo da tale media ma cermol-to i numeri non possono ancora nemmeno a Torino

con-siderarsi soddisfacenti).

Un altro elemento consente forse un collegamento con il presente: i profili biografici

dei primi laureati restituiscono l’immagine di personaggi introdotti, grazie alla laurea, nel

mondo degli intellettuali, ricoprendo incarichi prestigiosi all’interno delle istituzioni laiche

ed ecclesiastiche, non soltanto cittadine, con le quali il contesto accademico interagisce

ef-ficacemente. Tra le tante questioni che l’opera affronta è particolarmente curioso ritrovare

in quei secoli lontani gradi accademici di diverso livello, cui verrebbe spontaneo accostare

il sistema delle lauree di primo e secondo livello e del dottorato istituito dalle riforme

og-gi in vigore nell’Università italiana.

Un cenno merita infine l’importanza della ritualità fortemente rappresentativa delle

cerimonie solenni per il conferimento dei titoli accademici, con la simbologia delle insegne

dottorali, attraverso le quali si esprimevano pubblicamente il prestigio sociale e il potere

istituzionale dell’Università, potere e prestigio oggi purtroppo messi in discussione, sia da

interventi legislativi e provvedimenti finanziari miopi, sia da atteggiamenti qualunquisti e

generalizzanti degli opinion makers che tendono a svalutare il ruolo dell’Università come

ir-rinunciabile centro dell’alta formazione professionale, culturale e civile.

E

ZIO

P

ELIZZETTI

Rettore Magnifico

dell’Università degli Studi di Torino

(11)

PREMESSA

Fin dalle origini dell’università il conferimento dei gradi era la prerogativa più

qualifican-te di uno Studium generale, e il momento dell’attribuzione delle insegne dottorali doveva

certificare l’acquisizione di un adeguato bagaglio di saperi come presupposto per

l’inseri-mento nel mondo della cultura. Il titolo di questo volume, che si propone come un

ulte-riore tassello della “Storia dell’Università di Torino” inaugurata nel 2004 in occasione del

sesto centenario del nostro Ateneo

1

, riprende l’espressione “insignia doctoralia”, riferita ai

simboli più peculiari della funzione magistrale: il libro chiuso e aperto, il bacio

accademi-co e la benedizione paterna, l’anello e il berretto, oltre alla cattedra, sono tradizionalmente

gli elementi più rappresentativi nel rito di ‘consacrazione’ del neolaureato.

È noto che, tra medioevo ed età moderna, il privilegio di rilasciare ufficialmente i

ti-toli accademici competeva al titolare della cattedra episcopale, l’autorità istituzionalmente

preposta a tale funzione, esercitata per delega apostolica. Al pari della stragrande

maggio-ranza delle sedi universitarie, anche a Torino il conferimento della licentia e del magisterii

seu doctoratus honor nelle varie discipline – in genere a compimento di un iter scolastico più

o meno lungo – spettava al vescovo in qualità di cancelliere dello Studio, secondo la bolla

di fondazione promulgata dal papa avignonese Benedetto XIII (1404) e ribadita dal

succes-sivo diploma dell’imperatore Sigismondo (1412)

2

.

Nella figura del vescovo-cancelliere si realizzava così il solo momento unificante di

una attività accademica che in pratica non poteva contare su alcuna forma di

coordina-mento a livello centrale, essendo strutturata in singole universitates (teologia, diritto, arti e

medicina), ciascuna delle quali gestiva le proprie scuole in piena autonomia. La carica di

cancelliere attribuita al presule cittadino spiega fra l’altro la redazione dei verbali di

licen-za e/o dottorato nella forma di documento pubblico da parte dei notai della curia

episco-1 “Alma felix Universitas Studii Taurinensis”. Lo Studio Generale dalle origini al primo Cinquecento, a cura di I.

NASO, Torino 2004 (Storia dell’Università di Torino, 1).

2 Non è il caso di ritornare in questa sede sulle vicende dello Studium generale di Torino tra Quattro e

Cinquecento, e tanto meno sulla sua origine: sarà sufficiente rinviare – anche per i riferimenti all’edizione dei due atti citati – a I. NASO, Le origini e i primi secoli, in L’Università di Torino. Profilo storico e istituzionale, a cura di F. TRANIELLO, Torino 1993, p. 14-21; EAD., La scuola e l’università, in Storia di Torino, II, Il basso medioevo e la

pri-ma età moderna (1280-1536), a cura di R. COMBA, Torino 1997, p. 597-616; cfr. inoltre I. SOFFIETTI, La fondazione

(12)

pale e, come ovvia conseguenza, il ritrovamento di quasi tutti gli atti di laurea all’interno

dei protocolli notarili conservati presso l’Archivio Arcivescovile di Torino

3

.

La documentazione archivistica inerente alle lauree concesse fra tardo medioevo e

pri-mo Cinquecento presso le università italiane (specie dell’area centro-settentrionale) è stata

oggetto di importanti imprese editoriali indirizzate negli ultimi anni ad alcuni prestigiosi

Studia, privilegiati per la loro ricchezza documentaria, tra cui Padova, Pavia, Siena e altri

4

:

ricerche e pubblicazioni sollecitate anche dalle attività scientifiche promosse dal Centro

in-teruniversitario per la storia delle università italiane (C

ISUI

). A differenza di realtà per le

quali sono pervenuti registri delle lauree, denominati Acta graduum, Acta doctoratuum o

Li-bri doctorum

5

, i privilegi dottorali torinesi non sono conservati in serie documentarie

dedi-cate, ma si trovano variamente inseriti, senza alcun ordine, tra le carte redatte dalla

can-celleria vescovile, inframmezzati a imbreviature di diversa natura. La principale difficoltà è

consistita pertanto nel loro reperimento, una esplorazione che ha richiesto impegnative

ri-cerche sui volumi del menzionato fondo arcivescovile torinese, e non solo. Singole

regi-strazioni ed elenchi di addottorati sono stati rintracciati anche in altri archivi cittadini:

principalmente nell’Archivio storico della città, in vari nuclei documentari, oltre che nella

serie dei protocolli dei notai camerali e ducali di Savoia, custoditi presso l’Archivio di

Sta-to di Torino. Non sono mancati neppure rinvenimenti, peraltro davvero rari e occasionali,

persino tra gli atti privati di alcune famiglie depositati presso il medesimo Archivio di

Sta-to. Nel complesso si tratta di un materiale documentario quantitativamente limitato al

con-fronto dell’abbondanza di fonti analoghe disponibili per altri Studia.

3 TORINO, ARCHIVIOARCIVESCOVILE (d’ora innanzi AATo), VI, Protocolli notarili. Nella documentazione

tori-nese, a differenza di altri contesti, si trova abbastanza raramente il termine instrumentum per indicare l’atto no-tarile di laurea: tuttavia, proprio con tale accezione, il vocabolo sarà ugualmente utilizzato in questa sede, poi-ché sostanzialmente la natura del documento non cambia. Per i luoghi della conservazione dei documenti re-lativi al conferimento dei gradi accademici si rimanda al Cap. V.2.

4 Il riferimento è alle edizioni (in forma integrale o in estratto) di fonti relative alle lauree a partire dal

Trecento: segnalazioni bibliografiche specifiche si troveranno di seguito nell’apparato delle note al presente vo-lume. Si rimanda comunque sin d’ora all’agile profilo storiografico di C. FROVA, Antiche e moderne edizioni di

sta-tuti universitari d’età medievale e moderna, in Gli Stasta-tuti universitari: tradizione dei testi e valenze politiche. Convegno

internazionale di studi (Messina-Milazzo, 13-18 aprile 2004), a cura di A. ROMANO, Bologna 2007 (Centro

interuni-versitario per la storia delle università italiane - Studi, 8), p. 145-153. Si veda anche la nota seguente.

5 Per Padova cfr. E. MARTELLOZZOFORIN, Gli “Acta graduum” dal 1471 al 1500: alcuni problemi e qualche

pro-spettiva di ricerca, in Studenti e dottori nelle università italiane (origini-XX secolo). Convegno di studi (Bologna, 25-27

novembre 1999), a cura di G. P. BRIZZI- A. ROMANO, Bologna 2000 (Centro interuniversitario per la storia delle

università italiane - Studi, 1), p. 149-158, oltre al saggio di E. VERONESECESERACCIU, Gli “Acta graduum”

padova-ni dal 1551 al 1565. Osservaziopadova-ni e problemi editoriali, ivi, p. 159-166, che – pur riferito a un’epoca più tarda –

of-fre interessanti spunti di riflessione. Per Pavia, A. SOTTILI, Lauree padovane (1451-1470) e pavesi (1450-1475), “An-nali di storia dell’educazione e delle istituzioni scolastiche”, 4 (1997), p. 167-194. Cfr. per il caso senese G. MIN

-NUCCI, Il conferimento dei titoli accademici nello Studio di Siena fra XV e XVI secolo. Modalità dell’esame di laurea e

provenienza studentesca, in Università in Europa. Le istituzioni universitarie dal Medioevo ai nostri giorni: strutture, or-ganizzazione, funzionamento. Convegno internazionale di studi (Milazzo, 28 settembre-2 ottobre 1993), a cura di A. RO

-MANO, Soveria Mannelli 1995, p. 214-215; da ultimo P. DENLEY, Commune and Studio in Late Medieval and

Renais-sance Siena, Bologna 2006 (Centro interuniversitario per la storia delle università italiane - Studi, 7), p. 21-23,

286-289 con bibliografia aggiornata. Per una breve rassegna delle fonti riguardanti l’Università di Bologna, comprese le lauree, si veda G. TAMBA, Chartularium Studii Bononiensis. Riflessioni su un’esperienza quasi secolare, in

La storia delle università italiane. Archivi, fonti, indirizzi di ricerca. Convegno (Padova, 27-29 ottobre 1994), a cura di

(13)

Un caso del tutto particolare è rappresentato dalla celeberrima laurea in teologia di

Erasmo da Rotterdam, conservata presso la Öffentliche Universitätsbibliothek di Basilea, di

cui resta traccia evidente anche negli archivi torinesi

6

. Nonostante la sistematicità con cui

sono state condotte le indagini, non si può dunque escludere almeno in linea teorica

l’ipo-tesi di ulteriori fortuite ‘scoperte’, anche in altri archivi italiani e persino di area

transalpi-na, considerata la provenienza da molte parti d’Europa di quanti conseguirono a quel

tem-po la laurea a Torino

7

.

Un sintetico contributo pubblicato alcuni anni orsono già metteva in luce come la

tra-dizione archivistica torinese di questo genere di documentazione sia molto eterogenea

quanto alla tipologia e assai frammentaria, con lacune di entità non valutabile, ma

verosi-milmente da attribuire alla perdita dei registri nei quali i verbali di laurea erano tràditi

8

. La

dispersione delle fonti riguarda non soltanto gli anni antecedenti al 1436 (quando lo Studio

funzionava a intermittenza e con estrema difficoltà fra momenti di stasi, riprese e

trasferi-menti più o meno formalizzati), ma anche il periodo successivo, connotato da una

mag-giore stabilità dell’istituzione

9

. D’altronde la parziale perdita degli strumenti di laurea

quattrocenteschi non deve essere addebitata unicamente all’incuria del tempo, essendo già

denunciata intorno alla metà del Cinquecento, ovvero a distanza di qualche decennio

10

.

Il materiale relativo ai titoli di studio rilasciati a Torino sino agli anni trenta del XVI

secolo

11

, atti che – come si è accennato – rappresentano soltanto una parte non

quantifica-bile dei privilegi dottorali effettivamente conferiti in quell’arco cronologico, viene ora

rac-colto e presentato con un progetto unitario e sistematico, fornendo l’edizione integrale

de-gli strumenti notarili che de-gli archivi hanno fino a oggi restituito. La ricerca qui presentata

6 Una copia cartacea del diploma di Erasmo, redatta nel secolo XVII, è conservata presso la BIBLIOTECA

REALE DITORINO (Documenti di Storia Patria, Miscellanea 118, vol. III, 24). Sulla laurea torinese di Erasmo, il quale – lo confermano studi recenti – aveva certamente studiato a Parigi (T. SULLIVANO.S.B, Parisien Licentiates

in Theology, A.D. 1373-1500. A Biographical Register, I, The Religious Orders, Leiden - Boston 2004, p. 200), cfr. da

ultimo I. NASO, La laurea in teologia di Erasmo da Rotterdam a Torino, in Erasmo da Rotterdam e la cultura

euro-pea/Erasmus of Rotterdam and the European Culture. Incontro di studi nel V centenario della laurea di Erasmo all’Uni-versità di Torino (Torino, 8-9 settembre 2006), i cui atti sono in corso di stampa a cura di E. PASINI e P. B. ROSSI.

7 All’analisi delle provenienze dei laureati torinesi è dedicato il Cap. VII. Si anticipa il riferimento ai

se-guenti lavori: E. BELLONE, Laureati inglesi all’Università di Torino e Mondovì nel Cinquecento, “Studi Piemontesi”, 23 (1994), p. 439-446; ID., Laureati e studenti francesi all’Università di Torino tra il 1450 ed il 1560, in L’enseignement

dans les Etats de Savoie/L’insegnamento negli Stati sabaudi, dir. B. GROSPERRIN- E. KANCEFF, “Cahiers de civilisation alpine/Quaderni di civiltà alpina”, 6 (1987), p. 47-63; P. ROSSO, Studenti di area germanica presso l’Università di

To-rino nel Quattrocento, “Schede umanistiche”, n. s. 2 (2001), p. 35-55.

8 I. NASO, “Licentia et doctoratus”. I gradi accademici all’Università di Torino tra XV e XVI secolo, “Annali di

storia delle università italiane”, 5 (2001), p. 35-55. In una tesi di laurea discussa presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino negli anni cinquanta del secolo scorso erano già stati parzialmente trascritti pochi strumenti di laurea tratti dai menzionati protocolli dei notai vescovili: L. FERRANTE, L’Università di Torino

e i suoi laureati in diritto, medicina e teologia nei secoli XV e XVI, rel. prof. F. Cognasso, datt. a.a. 1955-1956.

9 Per le alterne vicissitudini dello Studio torinese nel periodo in esame cfr. E. BELLONE, Il primo secolo di

vita della Università di Torino (sec. XV-XVI). Ricerche ed ipotesi sulla cultura nel Piemonte quattrocentesco, Torino

1986, p. 19-62 e I. NASO, Le prime vicende dello Studio: gli anni difficili, in “Alma felix Universitas Studii

Taurinen-sis”, p. 19-38, lavori in cui si possono trovare svariate informazioni bibliografiche.

10 Anche questo argomento sarà ampiamente affrontato nel Cap. V.2.

11 È stata qui adottata la periodizzazione secondo cui il lungo medioevo torinese perdurerebbe sino al

1536, anno che evoca “un momento cruciale nella storia della città coincidente con l’inizio della dominazione francese, dopo oltre due secoli e mezzo di presenza sabauda” (R. COMBA, Torino 1280-1418/1418-1536: due

(14)

non comprende le orationes pronunciate e redatte da alcuni docenti dell’Università di

Tori-no fra Quattro e Cinquecento, in occasione del conferimento solenne del grado dottorale

12

:

una fonte altrettanto rilevante, quella dei sermoni di laurea, la cui edizione – già

program-mata – consentirà senza dubbio di ampliare il discorso avviato in questa sede, offrendo

an-che un contributo alle indagini sulla retorica universitaria. Il presente lavoro intende

met-tere a disposizione degli studiosi, e far conoscere anche a un più vasto pubblico di lettori

variamente interessati, un patrimonio documentario fondamentale per la storia dell’Ateneo

torinese, rappresentato proprio dagli instrumenta laureationis rimasti finora inediti

13

.

La descrizione dello stato e delle caratteristiche della documentazione notarile della

curia vescovile torinese, anche attraverso una indagine di tipo comparativo con

equivalen-ti tesequivalen-timonianze riferite ad altre sedi, non può prescindere dall’analisi contestuale di una

diversa tipologia documentaria, rappresentata dagli statuti dei collegi dottorali: potenti

or-ganismi di natura corporativa che nelle città universitarie aggregavano gran parte dei

do-centi delle rispettive facoltà, ma non solo

14

. Tradizionalmente la principale prerogativa dei

dottori incorporati nei collegi era proprio la partecipazione alle commissioni degli esami

fi-nali. Non a caso le rispettive compilazioni statutarie dedicano ampio spazio ai

regolamen-ti riguardanregolamen-ti le prove conclusive del cursus studiorum e il conferimento dei gradi: un

tra-guardo, quello della laurea, cui nell’Europa del tempo – non lo si può ignorare – perve niva

soltanto una assoluta minoranza di quanti intraprendevano gli studi universitari

15

.

Disposizioni sugli esami di laurea sono riportate altresì negli statuti delle universitates

scholarium, a loro volta strutture associative nelle quali si proietta formalmente il potere del

corpo studentesco, l’altra componente della cerchia accademica, che si esprime in un

co-stante intreccio di interessi e di competenze tra Studium e collegia doctorum, un rapporto

dialettico non sempre facile da decifrare. Una fonte, quella di parte studentesca, che per

12 Per un accenno all’argomento cfr. Cap. II, nota 69.

13 Beninteso, alla documentazione sulle lauree ha ovviamente attinto in vario modo la storiografia

uni-versitaria torinese, a partire da T. VALLAURI, Storia delle Università del Piemonte, Torino 1845-1846 (rist. anast. Bo-logna 1970); per una bibliografia aggiornata si rinvia a NASO, “Licentia et doctoratus”, p. 35 ss.; P. ROSSO,

“Rotu-lus legere debentium”. Professori e cattedre all’Università di Torino nel Quattrocento, Torino 2005 (Miscellanea di

Sto-ria Italiana, s. V. Studi e fonti per la stoSto-ria della Università di Torino, XIV).

14 Per le origini e l’organizzazione dei collegia dottorali, che incominciano ad affermarsi un po’ ovunque

almeno dal secondo Duecento, si rimanda a C. H. HASKINS, L’origine delle università, in Le origini dell’università, a cura di G. ARNALDI, Bologna 1974, p. 32 ss.; I. BAUMGÄRTNER, “De privilegiis doctorum”. Über Gelehrtenstand und

Doktorwürde im späten Mittelalter, “Historisches Jahrbuch”, 106/3 (1986), p. 298-332. Gli studi sui collegi

dotto-rali, anche per città non universitarie, hanno conosciuto negli ultimi decenni un notevole sviluppo, particolar-mente per l’età moderna: qualche segnalazione di studi recenti si può trovare in C. FROVA, Il collegio dei dottori

a Perugia: materiali per una ricerca, in “Doctores excellentissimi”. Giuristi, medici, filosofi e teologi dell’Università di

Pe-rugia (secoli XIV-XIX). Mostra documentaria (PePe-rugia, 20 maggio-15 giugno 2003), a cura di C. FROVA- G. GIUBBINI

- M. A. PANZANELLIFRATONI, Città di Castello 2003, p. 18, nota 5 e S. DI NOTOMARRELLA, Collegi professionali e

Studio: l’esperienza parmense in età farnesiana e borbonica, “Annali di storia delle Università italiane”, 9 (2005), p.

47-62 con le note corrispondenti; per un esempio di collegio professionale, attivo in assenza di Studio cittadi-no, cfr. I. NASO, Il collegio dei medici di Novara negli ultimi anni del Quattrocento. Contributo allo studio dei gruppi

professionali al termine del Medioevo, in Studi di storia medioevale e diplomatica, Milano 1979, p. 265-361, in cui

so-no segnalati anche statuti collegiali di altre località subalpine. Più ampi riferimenti bibliografici si troveranso-no successivamente nelle note ai capitoli della Parte I.

15 Per alcune realtà è stata calcolata una percentuale di laureati non superiore al 10% degli studenti

fre-quentanti: J. VERGER, Teachers, in A History of the University in Europe, I, Universities in the Middle Ages, ed. H. DE

(15)

Torino non si è conservata, tanto che i dati relativi alle macchinose procedure per la

colla-zione dei gradi si desumono esclusivamente dagli statuti dei collegi dottorali. Se la

pre-senza agli esami rientrava, oltre che tra i diritti, anche tra i principali doveri istituzionali

dei collegiati, non meraviglierà che qualche atto di laurea possa talora comparire tra le

car-te dei collegia, sebbene nel nostro caso ciò non si verifichi

16

. Tuttavia, per quanto riguarda i

teologi in particolare, dall’elenco dei maestri incorporati nel collegio si può ricavare un

quadro abbastanza completo dei primi laureati a Torino fino alla metà del Quattrocento

17

.

Come è evidente, non sempre l’elemento prescrittivo trova corrispondenza nella

prati-ca operativa e anzi in ogni epoprati-ca il rispetto del discorso normativo – di qualsivoglia

natu-ra – è tutt’altro che scontato. Con riferimento al tema in questione, appare chiaro che la

procedura concretamente applicata si modifica nel tempo, talora a prescindere

dall’ordina-mento stesso oppure prevedendo soluzioni diverse per colmarne le eventuali lacune sotto

il profilo attuativo. Gli statuti dei collegi non possono ovviamente informare

sull’anda-mento effettivo degli esami di laurea, e tra l’altro a loro volta essi stessi già prevedono

esplicite eccezioni e deroghe alla norma: in qualche caso si rende così ancora più

proble-matica una interpretazione chiara e lineare del dettato statutario, che inevitabilmente

ma-nifesta oggettivi limiti di ordine metodologico.

Sarà proprio l’analisi degli atti di laurea – malgrado la loro ripetitività, derivante

dal-l’adesione a formulari prestabiliti – ad apportare elementi utili a chiarire i criteri

realmen-te adottati nella prassi per gli esami e per l’attribuzione dei gradi, anche se l’allusione agli

aspetti più propriamente protocollari dell’esame, e soprattutto alle formalità per il

conferi-mento delle insegne accademiche, vi appare alquanto marginale. Le testimonianze raccolte

consentono di stilare elenchi di laureati a partire da anni di poco successivi all’istituzione

dello Studio, oltre a offrire una serie di Realien sul corpo docente e notizie sui testimoni

presenti agli esami, dati qui presentati in Appendice. Attraverso le tecniche della

prosopo-grafia storica, è stato così possibile ricostruire almeno parzialmente aspetti e

trasformazio-ni del gruppo sociale composto dai neograduati e dai dottori dell’Utrasformazio-niversità di Torino.

Auspicando che questo volume possa contribuire a una conoscenza più approfondita

delle vicende storiche del nostro Ateneo nel suo primo secolo di attività, anche fornendo

nuovi spunti per successive indagini, gli autori desiderano rivolgere un sentito

ringrazia-mento al Magnifico Rettore prof. Ezio Pelizzetti e al Prorettore prof. Sergio Roda, per il

si-gnificativo e gratificante sostegno alla pubblicazione.

Un grazie sincero va inoltre al Direttore del Centro di studio della storia

dell’Univer-sità di Torino, prof. Francesco Traniello, come ai Direttori e al personale degli Archivi e

delle Biblioteche torinesi per la cortese disponibilità, che ha notevolmente agevolato le

nostre ricerche.

I

RMA

N

ASO

, P

AOLO

R

OSSO

16 Basterà rinviare a un esempio perugino, dove – dal tardo Quattrocento in poi – si trovano verbali di

laurea tra i documenti conservati dai collegi stessi: “Doctores excellentissimi”, p. 132-133, scheda 51, Le più

anti-che registrazioni di lauree perugine (1488-1499) in un ‘bastardello’ di atti del collegio d’arti e medicina.

(16)

La Parte I del volume è stata realizzata da Irma Naso.

La Parte II è stata realizzata da Paolo Rosso, che ha curato anche l’Appendice I.

L’Appendice II, la Bibliografia, gli Indici e la ricerca iconografica si devono ad ambedue gli

autori.

(17)

P

ARTE

II

Il diploma di laurea per la storia delle università:

la prassi

(18)
(19)

C

APITOLO

IV

L’INSTRUMENTUM LAUREATIONIS

TRA LE FONTI PER LA STORIA UNIVERSITARIA

La reductio ad unum dei percorsi e degli esiti delle fondazioni universitarie, sempre più

nu-merose nel corso del Tre e Quattrocento, non è realizzabile per le particolarità assunte

da-gli Studia tanto nelle fasi istitutive, originanti dalle domande politico-culturali sottese alla

loro progettazione cui i centri di potere tentavano di dare risposte, quanto negli esiti, dove

è evidente il ruolo svolto dalla consorteria studentesca, in grado di incidere sulla vita

isti-tuzionale dell’università con una estrema eterogeneità di forme e di risultati. All’interno

della mappa delle università attive in questi secoli si possono tuttavia riconoscere – seppur

muovendosi in realtà documentarie molto differenziate – zone comuni definite, cioè campi

di interazione e offerte di modelli di riferimento che legittimano ricerche comparative tra

Studi chiaramente ‘apparentati’ a livello consuetudinario e normativo.

1. Lo Studium generale all’interno di una rete di modelli

Come accadde per altre universitates così articolate da richiedere una traccia statutaria via

via più complessa, anche le diverse membra che costituivano l’organismo Studium si

die-dero presto norme proprie

1

. Nella loro stesura, non mancò mai uno sguardo a precedenti

disposizioni emanate da Atenei vetustiores, secondo la consuetudine di riconoscere validità

quasi assoluta alle normative vigenti in fondazioni universitarie prestigiose. Possiamo

cita-re i noti casi delle interazioni statutarie tra le Università di Padova e di Bologna

2

; le

di-1 Per il carattere corporativo presente nelle universitates scholarium cfr. C. FROVA, Il maestro universitario nel

medioevo: forme di autorappresentazione, in Le Università dell’Europa. Gli uomini e i luoghi (secoli XII-XVIII), a cura

di G. P. BRIZZI- J. VERGER, Cinisello Balsamo 1993, p. 137-155; paralleli tra le universitates afferenti a diversi set-tori, in particolare tra quelle del mondo produttivo e del commercio da un lato (ad esempio l’universitas

merca-torum) e l’universitas iuristarum dall’altro, emergono in R. CROTTI, Statuti e legislazione statutaria a Pavia fra Tre e

Quattrocento, in Gli statuti universitari: tradizione dei testi e valenze politiche. Convegno internazionale di studi

(Mes-sina-Milazzo, 13-18 aprile 2004), a cura di A. ROMANO, Bologna 2007 (Centro interuniversitario per la storia

del-le università italiane - Studi, 8), p. 473-506, in particolare p. 486-487.

2 R. CESSI, Lo “Studio bolognese” e lo “Studio padovano”, “Bollettino del Museo civico di Padova”, 53 (1964),

p. 81-94, in particolare p. 89, ora in ID., Padova medioevale. Studi e documenti, a cura di D. GALLO, I, Padova 1985 (Scritti padovani, 1), p. 553-562; G. ARNALDI, Le origini dello Studio di Padova dalla migrazione universitaria del 1222

alla fine del periodo ezzeliniano, “La Cultura”, 5 (1977), p. 388-431; D. GALLO, Università e Signoria a Padova dal XIV

(20)

sposizioni di quest’ultima vennero riprese e adattate anche nelle norme delle Università di

Firenze e di Perugia

3

. Il modello degli statuti dell’universitas iuristarum di Pavia, redatti nel

1395, furono le omologhe norme bolognesi degli anni 1317-1347; nella spirale del

progres-sivo adattamento a realtà in trasformazione e alla mutua imitatio, gli statuti dello Studio

felsineo del 1432 ripresero a loro volta quelli pavesi del 1395

4

. L’Università di Torino non

derogò dalla prassi: nell’autunno 1412 venne istituita una commissione incaricata della

ste-sura degli statuti dell’universitas scholarium, che utilizzarono come modello le dettagliate

norme dell’universitas iuristarum pavese del 1395

5

.

Lo Studium ticinense, almeno sino alla metà del Quattrocento, fu il punto di

riferi-mento normativo principale per la più giovane fondazione torinese, la quale si rivolse

all’Ateneo del ducato di Milano anche alla fine degli anni venti del Quattrocento e ancora

nel 1448, quando si manifestò la necessità di redarre gli statuti, rispettivamente, del

colle-gio dei dottori in teologia e di quello dei dottori medico-artisti

6

.

Gli stretti contatti tra le Università di Torino e di Pavia non si limitarono tuttavia ad

aspetti istituzionali. L’analisi della circolazione di uomini tra i due Studia presenta un

qua-dro di forte mobilità. La condotta di docenti giuristi a Torino nei primi decenni dalla

fon-dazione dello Studium riguardò perlopiù professori pavesi o di formazione accademica

ti-cinense

7

. Tuttavia il fenomeno della mobilità interessò soprattutto il mondo studentesco, in

3 Cfr. rispettivamente A. GHERARDI, Statuti della Università e Studio fiorentino dell’anno 1387, Firenze 1881

(Documenti di storia italiana, 7), p. 1-104; G. PADELLETTI, Contributo alla storia dello Studio di Perugia nei secoli XIV

e XV, Bologna 1872, p. 47-134.

4 Statuti delle Università e dei Collegi dello Studio Bolognese, a cura di C. MALAGOLA, Bologna 1888, p. 3-171.

I citati statuti pavesi sono editi in Die Statuten der Juristen-Universität Pavia vom Jahre 1396, hrsg. v. J. HÜRBIN, Luzern 1898, e in R. MAIOCCHI, Codice diplomatico dell’Università di Pavia (d’ora innanzi MAIOCCHI), I, Bologna 1971 (rist. anast. dell’ediz. Pavia 1905-1913, 3 voll.), p. 245-295, n. 465. Per il corpus statutario pavese nel Tre-Quattrocento cfr. CROTTI, Statuti e legislazione statutaria a Pavia, p. 473-506. In generale, sugli statuti universitari si veda il recente volume miscellaneo Gli statuti universitari.

5 TORINO, ARCHIVIOSTORICO DELLACITTÀ DITORINO(d’ora innanzi ASCTo), Ordinati, 1412, vol. 53, f. 21r, 84r. 6 Sulla dipendenza degli statuti torinesi da quelli pavesi cfr. P. ROSSO, “Rotulus legere debentium”.

Professo-ri e cattedre all’Università di ToProfesso-rino nel Quattrocento, ToProfesso-rino 2005 (Miscellanea di StoProfesso-ria Italiana, s. V. Studi e

fon-ti per la storia della Università di Torino, XIV), p. 13-26; per gli statufon-ti del collegio medico-arfon-tista, ripresi pres-soché ad verbum dalle norme pavesi del 1409, cfr. ivi, p. 48-49, nota 74; le mutue dipendenze degli statuti del collegio dei dottori in teologia sono sottolineate anche in E. BELLONE, La facoltà di teologia, in “Alma felix

Uni-versitas Studii Taurinensis”. Lo Studio Generale dalle origini al primo Cinquecento, a cura di I. NASO, Torino 2004

(Storia dell’Università di Torino, 1), p. 157-172, in particolare p. 159; cfr. anche, nel presente volume, i Cap. I-II. Sugli statuti universitari torinesi, soprattutto per i secoli XVI-XVIII, cfr. da ultimo A. LUPANO, Gli statuti

uni-versitari torinesi dalle origini al XVIII secolo, in Gli statuti uniuni-versitari, p. 360-373.

7 E. BELLONE, Il primo secolo di vita della Università di Torino (sec. XV-XVI). Ricerche ed ipotesi sulla cultura nel

Piemonte quattrocentesco, Torino 1986, p. 175-185. Esempi dei forti legami tenuti da importanti giuristi con il

mondo culturale pavese nel Quattrocento sono rappresentati da Mercurino Ranzo – presidente del Consiglio ducale cismontano negli anni centrali del secolo e membro del collegio dei dottori giuristi di Torino – il quale fu legato ai circoli umanistici pavesi, e dal giurista Giovanni Grassi, autorevole docente attivo a Pavia e a To-rino, su cui torneremo: per questi due personaggi limito qui il rimando rispettivamente a P. ROSSO, Umanesimo

e giurisprudenza nei primi decenni di attività dell’Università di Torino: appunti su Mercurino Ranzo (1405 c.-1465),

“Bollettino Storico-Bibliografico Subalpino”, 98/2 (2000), p. 653-689, e a I. NASO, Studio, disciplina e preghiera. I

collegi universitari a Torino nel Quattrocento, “Quaderni di Storia dell’Università di Torino”, 2 (1998), p. 211-240;

P. ROSSO, “Soli duo nos Alamanni hic Taurini...”. Nuove testimonianze sul soggiorno universitario torinese di Johannes

Herrgott, ivi, 4 (2000), p. 3-79, in particolare p. 42-60. Sono noti anche i rapporti culturali tenuti con Pavia dal

circolo letterario torinese costituitosi intorno a Pietro Cara: G. VINAY, L’Umanesimo subalpino nel secolo XV

(Stu-di e ricerche), Torino 1935 (Biblioteca della Società Storica Subalpina, 148), p. 38-79; L. CURTI, Il testo completo

“Contra Savoynos” di Bassano Mantovano e due macaronee prefolenghiane inedite in un nuovo manoscritto, “Rivista di

(21)

particolare nella prima metà del

Quattro-cento. Non furono coinvolti solo giovani

provenienti dal Monferrato e dai territori

orientali del Piemonte sotto la

dominazio-ne visconteo-sforzesca – che trovavano

na-turale indirizzarsi verso l’Ateneo pavese –

ma anche studenti del Piemonte

occidenta-le, contravvenendo alle reiterate

disposi-zioni ducali che vietavano

l’immatricola-zione in Studia diversi da quello di Torino

8

.

Nella ricostruzione di questa rete di

relazioni, la tipologia delle fonti

impiegabi-le è varia e non solo di provenienza

archi-vistica: notizie importanti si trovano anche

in fondi bibliotecari, in particolare nei

co-dici recanti note di possesso apposte da

studenti o professori universitari (Fig. 1).

L’unione strettissima tra le discipline

archi-vistiche e codicologiche risulta dunque

fondamentale nella ricerca storica rivolta

alle università del medioevo. Interessanti

fonti sono anche alcune tipologie di testi

letterari: ad esempio, dal ricco epistolario

di Francesco Oca – l’apprezzato magister

scholarum allievo di Gasparino Barzizza e

professore di retorica presso lo Studio di

Pavia dall’anno accademico 1443-1444 al

1479-1480 – veniamo a sapere che nel 1438

gli venne offerto l’insegnamento di retorica nello Studium sabaudo, attraverso la

mediazio-ne del docente giurista Luca Grassi e del professore di retorica Baldassarre Rasini. Il dato

8 Per le disposizioni ducali che impedivano ai sudditi l’immatricolazione in un Ateneo diverso da quello

di Torino, ribadite più volte nel corso del Cinquecento, cfr. ROSSO, “Rotulus legere debentium”, p. 19-21. In gene-rale, sugli interventi di ‘protezionismo scolastico’ del potere politico cfr. A. MARONGIU, Stato e scuola. Esperienze

e problemi della scuola occidentale, Milano 1974, p. 251-265, 283-312; per casi specifici: G. DE SANDRE GASPARINI,

Dottori, Università, Comune a Padova nel Quattrocento, “Quaderni per la storia dell’Università di Padova”, 1

(1968), p. 15-47, in particolare p. 17-19; A. SOTTILI, Zum Verhältnis von Stadt, Staat und Universität in Italien

während des Humanismus dargestellt am Fall Pavia, in Die Universität in Alteuropa, hrsg. v. A. PATSCHOVSKY- H. RA

-BE, Konstanz 1994, p. 43-67, in particolare p. 53-54; D. GIRGENSOHN, Studenti e tradizione delle opere di Francesco

Zabarella nell’Europa centrale, in Studenti, Università, città nella storia padovana. Convegno di studi (Padova, 6-8

feb-braio 1998), a cura di F. PIOVAN- L. SITRANREA, Trieste 2001 (Contributi alla storia dell’Università di Padova,

34), p. 127-176, in particolare p. 146-148. Bologna invece concesse libera trasmigrazione agli scolari: C. PIANA

O.F.M., Ricerche su le Università di Bologna e Parma nel secolo XV, Firenze 1963 (Spicilegium Bonaventurianum, 1), p. 311-314; ID., Il “Liber secretus iuris caesarei” dell’Università di Bologna. 1451-1500, Milano 1984 (Orbis Aca-demicus. Saggi e documenti di storia delle Università raccolti da D. Maffei, 1), p. 63*-64*.

Fig. 1. Torino, Biblioteca Nazionale Universitaria, ms. I.IV.36, Sillano Negri, Expositiones super Nonum

ad Almansorem (1440), f. 140v: nota di possesso di

Giovanni da Narbona, professore di medicina presso lo Studio di Torino.

(22)

getta qualche luce sulla poco nota storia della lettura di retorica presso l’Università di

To-rino, documentando la volontà di ‘condurre’ un professore di alto livello

9

.

2. Le matricole degli studenti e la certificazione del cursus studiorum

Lo strumento di laurea è una delle fonti principali per la conoscenza del corpo docente e

studentesco, e ciò è dimostrato anche dalla ricchezza delle informazioni sulla presenza di

universitari piemontesi a Pavia offerte dagli instrumenta laureationis ticinensi

10

. Restano ora

da presentare i dati che emergono dalle lauree torinesi, i quali permettono di

documenta-re anche l’entità e la qualità dell’altra didocumenta-rettrice del fenomeno, quella che condusse alcuni

professori e studenti esterni al ducato sabaudo a frequentarne lo Studium. Un bell’esempio

è dato proprio dalla prima attestazione di laurea torinese che conosciamo: il dottorato in

diritto civile conferito il primo ottobre 1413 al milanese Bartolomeo Moroni, poi avvocato

della camera nel governo del duca di Milano Filippo Maria Visconti e consigliere di

giu-stizia sotto il successore Francesco Sforza

11

.

Sul piano della storia delle idee e delle dottrine gli acta graduum non offrono molte

in-formazioni: per Torino è conservata una sola laurea che registri l’adsignatio punctorum su

cui si incentrò l’esame del candidato (Fig. 2)

12

. A questo proposito fonti estremamente più

interessanti sono invece gli actus publici, cioè i discorsi composti da professori – e molto

spesso da brillanti studenti – per occasioni che avevano una centralità nella scansione

del-la vita universitaria, quali l’apertura dell’anno accademico, l’intronizzazione del rettore,

l’avvio della docenza di un professore, la partenza dalla città di un componente dello

Stu-dio o la sua morte

13

. Questi discorsi ufficiali, sempre posti all’interno di eventi di forte

au-9 Francesco Oca, in quel tempo obbligato a risiedere a Milano per gli eventi bellici che stavano

interes-sando Pavia, fu costretto a rinunciare alla proposta, e lo stesso dovette fare per l’offerta di assumere l’incarico di precettore dei due figli del potente Giacomo Visconti: P. ROSSO, Notizie di cultura e di storia universitaria

pave-se dall’epistolario del professore di retorica Francesco Oca (1403 c.-1480), in Università, umanesimo, Europa. Giornata di

studio (Pavia, 18 novembre 2005), a cura di S. NEGRUZZO, Milano 2007 (Fonti e studi per la storia dell’Università

di Pavia, 47), p. 121-205, in particolare p. 198-199 (con bibliografia su Luca Grassi e Baldassarre Rasini).

10 Le lauree pavesi sono edite in MAIOCCHI, I-II/2, passim; A. SOTTILI, Lauree pavesi nella seconda metà del

’400, I (1450-1475), Milano 1995 (Fonti e studi per la storia dell’Università di Pavia, 25); II (1476-1490), Bologna

1998 (Fonti e studi per la storia dell’Università di Pavia, 29). Una analisi dei dati offerti si legge in E. BELLONE,

Laureati alpino-piemontesi all’Università di Pavia nella prima metà del Quattrocento, “Studi Piemontesi”, 27/1 (1998),

p. 145-150; ID., Laureati alpino-piemontesi all’Università di Pavia nella seconda metà del Quattrocento, ivi, 28/2 (1999), p. 513-518. Altri dati su studenti piemontesi a Pavia possono essere reperiti in A. SOTTILI, Documenti per la

sto-ria dell’Università di Pavia nella seconda metà del ’400, I (1450-1455), Milano 1994 (Fonti e studi per la stosto-ria

del-l’Università di Pavia, 21); A. SOTTILI - P. ROSSO, Documenti per la storia dell’Università di Pavia nella seconda metà

del ’400, II (1455-1460), Milano 2003 (Fonti e studi per la storia dell’Università di Pavia, 38).

11 App. I.1/a, n. 1.

12 App. II.1, n. 59: licenza e dottorato in utroque iure di Giovanni Francesco Cacherano, di Rocca

d’Araz-zo, del 6 febbraio 1535. Si tratta tuttavia di una delle lauree di concessione ducale, tema che affronteremo più avanti (cfr. Cap. VI.4).

13 La ricorrente locuzione “actus publici” sembra “designare solo gli atti più solenni e aperti a tutti

colo-ro che appartengono a una stessa area disciplinare”: A. MAIERÙ, Gli atti scolastici nelle Università italiane, in

Luo-ghi e metodi di insegnamento nell’Italia medioevale (secoli XII-XIV). Convegno internazionale di studi (Lecce-Otranto,

6-8 ottobre 196-86), a cura di L. GARGAN- O. LIMONE, Galatina 1989 (Università di Lecce, Dipartimento di Scienze

(23)

An-torappresentazione e modulati secondo una ritualità attentamente normata, sono trasmessi

in considerevole numero proprio negli zibaldoni degli studenti e, spesso insieme ad altri

testi di umanisti italiani che possiamo definire ‘minori’, letti come utili esempi di

composi-zione retorica

14

. Un importante spazio della retorica accademica era dedicato al

conferi-mento dei gradi. Nelle orazioni composte per tali circostanze – incardinate fra temi

tralati-zi ricorrenti, quali le fatiche dello studio e lo stretto legame che univa intellettualmente il

laureando al suo magister – vengono trasmesse informazioni interessanti sulla famiglia del

laureando e sul suo curriculum studiorum. Sono sinora emerse per l’Università di Torino

al-cune orationes tenute da Giovanni Maria Filelfo in onore della laurea dello studente

alsa-ziano Johannes Herrgott nell’anno accademico 1454-1455

15

; cinquantaquattro orazioni per

laurea composte dal professore di medicina Pietro da Bairo e pronunciate tra il 1500 e il

1547, oltre ad alcuni suoi discorsi composti per altri atti accademici e per l’inaugurazione

cora sugli atti scolastici nelle università italiane, in Studi sulle società e le culture del Medioevo per Girolamo Arnaldi, a

cura di L. GATTO- P. SUPINOMARTINI, Firenze 2002, p. 307-326.

14 In diverse occasioni la conservazione di queste composizioni letterarie è affidata ai codici dello stesso

autore o del destinatario delle orazioni: per un esemplare caso torinese cfr. ROSSO, “Soli duo nos Alamanni hic

Taurini...”, p. 3-79. Per le informazioni utili alla storia universitaria trasmesse nelle orazioni accademiche cfr. C.

PIANAO.F.M., Nuove ricerche su le Università di Bologna e di Parma, Firenze 1966 (Spicilegium Bonaventurianum, 2); G. FIORAVANTI, Università e città: cultura umanistica e cultura scolastica a Siena nel ’400, Firenze 1981 (Quader-ni di Rinascimento, 3); G. FRANSEN- D. MAFFEI, Harangues universitaires du XIVesiècle, “Studi senesi”, 83 (1971),

p. 7-22, ora in D. MAFFEI, Studi di storia delle Università e della letteratura giuridica, Goldbach 1995 (Bibliotheca eruditorum, 1), p. 115-130; L. VALLA, Orazione per l’inaugurazione dell’anno accademico 1455-1456, a cura di S. RIZ

-ZO, Roma 1994 (RR Inedita. Saggi, 8); A. BRENTA, Discorso sulle discipline tenuto a Roma per l’apertura

dell’univer-sità, a cura di M. CAMPANELLI, Roma 1995 (RR Inedita. Saggi, 7); C. FROVA- R. NIGRI, Un’orazione universitaria

di Paolo Veneto, “Annali di storia delle Università italiane”, 2 (1998), p. 191-197. Alcuni Studia regolamentavano

gli argomenti intorno ai quali dovevano vertere i discorsi pubblici e i luoghi in cui questi dovevano essere tenuti: ad esempio per l’Università di Magonza cfr. Statuten der Universität Mainz, hrsg. v. H. DUCHHART, Wiesbaden 1977, p. 59-69 (paragrafi 69-60). Sulle orazioni pavesi rimando a A. SOTTILI, Università e cultura a

Pa-via in età visconteo-sforzesca, in Storia di PaPa-via, III/2, PaPa-via 1990, p. 359-451, in particolare p. 364-395; ID.,

L’ora-zione di Rudolf Agricola per Paul de Baenst rettore dell’Università giurista pavese: Pavia 10 agosto 1473, in Ut granum

sinapis. Essays on neo-latin Literature in Honour of Jozef IJsevijn, eds. G. TOURNOY- D. SACRÉ, Leuven 1997

(Hu-manistica Lovaniensia. Supplementa, 12), p. 87-130; ROSSO, Notizie di cultura e di storia universitaria pavese, p. 121-205; per il caso padovano si veda L. BERTALOT, Eine Sammlung Paduaner Reden des XV. Jahrhunderts, in ID.,

Studien zum italienischen und deutschen Humanismus, a cura di P. O. KRISTELLER, II, Roma 1975 (Storia e

Lettera-tura. Raccolta di Studi e Testi, 130), p. 209-236, già pubblicato in “Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken”, 26 (1935-1936), p. 245-267; S. BERNARDINELLO, Le orazioni per l’annuale apertura

de-gli studi nell’Università di Padova (dal 1405 al 1796). Saggio bibliografico, “Atti e memorie dell’Accademia

patavi-na di Scienze, Lettere e Arti”, 95/4 (1982-1983), p. 321-423; ID., Le orazioni per i santi protettori dell’Università di

Padova, “Quaderni per la storia dell’Università di Padova”, 19 (1986), p. 17-86; G. RONCONI, Il giurista Lauro

Pa-lazzolo, la sua famiglia e l’attività oratoria accademica e pubblica, ivi, 17 (1984), p. 1-67; ID., L’elogio della “veterum

sa-pientia” nell’orazione dottorale di fra Bartolomeo da Lendinara, in Miscellanea di studi in onore di Vittore Branca, II,

Boccaccio e dintorni, Firenze 1983 (Biblioteca dell’“Archivum Romanicum”, I, 179); P. MARANGON, Un “sermo pro

scolari conventuando” del professore di diritto Niccolò Matarelli (Padova, c. 1290-1295), “Quaderni per la storia

del-l’Università di Padova”, 18 (1985), p. 151-161; D. GALLO, Un’orazione universitaria di Pietro Marcello (Padova

1417), ivi, 21 (1988), p. 55-65; G. P. MANTOVANI, Le orazioni accademiche per il dottorato: una fonte per la

bibliogra-fia degli studenti? Spunti dal caso padovano, in Studenti, Università, città nella storia padovana, p. 73-113; GIRGEN

-SOHN, Studenti e tradizione delle opere di Francesco Zabarella, ivi, p. 127-176; per Bologna: T. PESENTI, Per

l’eloquen-za dei medici trecenteschi: un “sermo” dottorale di Cristoforo Onesti da Bologna, in Margarita Amicorum. Studi di

cul-tura europea per i 65 anni di Agostino Sottili, a cura di F. FORNER ET AL., Milano 2005, p. 857-877. Sulle diverse

forme assunte dall’oralità in ambito accademico (oratoria, tipologie di insegnamento, predicazione) si è acuta-mente soffermato J. MIETHKE, Die mittel alterlichen Universitäten und das gesprochene Wort, “Historische

Zeit-schrift”, 251 (1990), p. 1-44.

(24)

delle lezioni

16

; una trentina di discorsi

ac-cademici per lauree giuridiche, datate tra il

1444 e il 1512, in gran parte composte dal

professore Guglielmo da Sandigliano

17

. È

inoltre conservato un corpus di orazioni

te-nute nella chiesa cattedrale di Chieri, dove

era stato trasferito lo Studium torinese, in

occasione della nomina a rettore di Stefano

Guigonardi nell’anno accademico

1431-1432

18

.

La fonte più attendibile per conoscere

il reale quadro della presenza universitaria

è certamente la matricola generale degli

studenti, che tuttavia manca per le

univer-sità italiane nel tardo medioevo, a

differen-za degli Studia dei territori dell’impero

ger-manico, i quali ne conservano, pressoché

tutti, una o più serie

19

. Quasi certamente la

matricola generale non fu mai redatta negli

Atenei italiani, mentre vennero effettuate le

registrazioni delle singole entità costitutive

l’organismo accademico. A Torino in

parti-colare vigeva una prassi di

immatricolazio-16 Per un elenco degli studenti dedicatari delle orazioni cfr. BELLONE, Il primo secolo di vita della Università

di Torino, p. 215-229; cfr. anche ID., I discorsi di Pietro di Bairo per la laurea in medicina di Guillaume Bigot (Torino,

9 giugno 1541), “Studi Francesi”, 83 (1984), p. 271-276. Le Orationes inaugurales aliaque scripta varia di Pietro da

Bairo sono trasmesse nel codice ora TORINO, BIBLIOTECACIVICA, cod. 330, descritto in P. O. KRISTELLER, Iter

itali-cum, II, London - Leiden 1967, p. 178-179.

17 Il codice venne studiato da F. PATETTA, Di Niccolò Balbo professore di diritto nell’Università di Torino e del

“Memoriale” al Duca Emanuele Filiberto che gli è falsamente attribuito, in Studi pubblicati dalla Regia Università di To-rino nel IV Centenario della nascita di Emanuele Filiberto. 8 luglio 1928, ToTo-rino 1928, p. 423-476, ora in L’Università

di Torino nei secoli XVI e XVII, a cura di F. PATETTA ET AL., Torino 1972 (Università di Torino. Memorie

dell’Isti-tuto Giuridico, s. II, Memoria CXLV), p. 3-49; E. BELLONE, Discorsi per lauree in diritto all’Università di Torino tra

Quattrocento e Cinquecento e ‘curricula studiorum’, “Studi Piemontesi”, 16 (1987), p. 419-428.

18 Trasmesse nel codice ora VENEZIA, BIBLIOTECA NAZIONALE MARCIANA, Lat. XI 123 (4086): orazione di

Mercurino Ranzo per Stefano Guigonardi, 9 agosto 1431 (f. 14r-17r); discorso di Stefano Guigonardi per

l’as-sunzione della carica rettorale, 9 agosto 1431 (f. 17r-18r); orazione di Giovanni Parella, rettore uscente, per

Ste-fano Guigonardi, 2 settembre 1431 (f. 18r-19v). L’apografo di questa miscellanea umanistica fu quasi certamente

un quaderno studentesco di Mercurino Ranzo: ROSSO, Umanesimo e giurisprudenza, p. 653-689. Tutto questo

cor-pus di orazioni torinesi, a eccezione dei discorsi per Johannes Herrgott, attende uno studio specifico e

un’edi-zione critica, cui gli autori del presente volume si stanno dedicando. Un’ulteriore oraun’edi-zione per il conferimento dei gradi accademici presso l’Università di Torino, a favore di un anonimo studente, venne raccolta dal frate agostiniano Gabriele Bucci nel suo Memoriale Quadripartitum: F. CURLO, Il “Memoriale Quadripartitum” di fra’

Ga-briele Bucci da Carmagnola, Pinerolo 1911 (Biblioteca della Società Storica Subalpina, 63), p. 81-84.

19 L’elenco di edizioni di matricole si legge in J. PAQUET, Les matricules universitaires, Turnhout 1992

(Ty-pologie des sources du Moyen Âge occidental, 65), p. 100-108; A. M. BULTOT-VERLEYSEN, Les matricules

universi-taires: mise à jour du fascicule n. 65, Turnhout 2003 (Typologie des sources du Moyen Âge occidental, 65). Per

l’uso del termine matricula cfr. H. DENIFLE- F. EHRLE, Die Statuten der Juristen-Universität Bologna vom J.

1317-1347, und deren Verhältnis zu jenen Paduas, Perugias, Florenz, “Archiv für Literatur- und Kirchengeschichte des

Fig. 2.Torino, Archivio di Stato, Corte, Protocolli

ca-merali, vol. 160, f. 23r, 6 febbraio 1535: laurea in

utro-que iure concessa per privilegium a Giovanni

France-sco Cacherano; l’atto registra i puncta su cui venne esaminato il candidato.

(25)

ne probabilmente sin dalle prime

disposi-zioni statutarie, quantomeno a partire dalla

metà del XV secolo: nelle riforme dei

privi-legi dello Studio volute dal duca Ludovico

di Savoia il 13 gennaio 1457, l’inserimento

del nome nelle matriculae (Fig. 3) era una

delle condizioni necessarie per potere

acce-dere a pieno titolo allo status di studente e

goderne i relativi privilegi

20

.

Il processo di immatricolazione era

al-quanto articolato e seguirne le fasi

permet-te di aprire uno spiraglio sulla complessità

– almeno sul piano statutario – delle

fun-zioni della cancelleria universitaria, tema

sul quale torneremo. Ancora una volta

possono essere letti gli statuti

dell’universi-tas iuristarum di Pavia del 1395 e presi, con

buona sicurezza, come indirizzo della

cor-rispondente normativa torinese, ora nota

solo per frammenti

21

.

I registri in cui venivano annotati i

no-minativi degli studenti erano più di uno.

Poiché lo studente era tenuto a versare la

tassa di immatricolazione al massaro

del-l’università, quest’ultimo ne includeva il

nome nella sua matricola e forniva al

gio-vane una cedula attestante l’avvenuto

ver-Mittelalters”, 3 (1887), p. 276; Statuti delle Università e dei Collegi dello Studio Bolognese, p. 287, 317; H. DENIFLE,

Die Statuten der Juristen-Universität Padua vom Jahre 1331, “Archiv für Literatur- und Kirchengeschichte des

Mit-telalters”, 4 (1892) (rist. anast. Graz 1956), p. 401. Sulle diverse modalità di registrazione: G. P. BRIZZI, Matricole

ed effettivi. Aspetti della presenza studentesca a Bologna fra Cinque e Seicento, in Studenti e Università degli studenti

dal XII al XIX secolo, a cura di G. P. BRIZZI - A. I. PINI, Bologna 1988 (Studi e memorie per la storia

dell’Uni-versità di Bologna, n. s. 7), p. 227-259; per l’immatricolazione in Bologna, Pavia, Ferrara e Padova si veda, con bibliografia pregressa, A. SOTTILI, Gli “Acta graduum” padovani dal 1471 al 1500 ed una notizia su Sixtus Tucher

stu-dente padovano, pavese e bolognese, “Quaderni per la storia dell’Università di Padova”, 36 (2003), p. 237-248, in

particolare p. 238-240.

20 TORINO, ARCHIVIO DI STATO(d’ora innanzi ASTo), Corte, Protocolli ducali, vol. 94, f. 200r-201r; cfr. anche

ROSSO, “Rotulus legere debentium”, p. 21-23. Per le disposizioni ducali cinquecentesche in materia di immatrico-lazione studentesca cfr. Raccolta per ordine di materie delle leggi, editti, patenti, manifesti... della Real Casa di Savoia, a cura di F. A. DUBOIN, tomo XIV, vol. XVI, Torino 1847 (d’ora innanzi DUBOIN), p. 281, 284, 569-570.

21 Per le matricole dell’Università di Pavia cfr. SOTTILI, Università e cultura a Pavia, p. 396-402; ID. - M. TA -GLIAFERRI, La tradizione degli “Acta graduum” pavesi fino al primo ventennio del Cinquecento, in Studenti e dottori

nel-le università italiane (origini-XX secolo). Convegno di studi (Bologna, 25-27 novembre 1999), a cura di G. P. BRIZZI -A. ROMANO, Bologna 2000 (Centro interuniversitario per la storia delle università italiane - Studi, 1), p. 123-147, in particolare p. 123-126.

Fig. 3. Torino, Archivio di Stato, Corte, Protocolli

ducali, vol. 94, f. 190r, 13 gennaio 1457: Reformatio

pri-vilegiorum Studii Taurinensis, disposta dal duca

Ludo-vico di Savoia, nella quale si fa riferimento alle

(26)

samento. La presentazione di tale cedola al rettore comportava poi la protocollazione del

nominativo nel registro rettorale; la mutua conformità documentata dalla doppia

registra-zione assicurava il corretto espletamento delle fasi d’iscriregistra-zione. Esisteva inoltre

un’ulterio-re matricola, con l’elenco degli studenti che erano obbligati a pun’ulterio-restaun’ulterio-re giuramento al

nuo-vo rettore

22

.

Le norme statutarie disponevano altre procedure di conservazione degli atti. Ai notai

delle universitates spettava l’obbligo di protocollare le minute della corrispondenza

ufficia-le dello Studium in un apposito volume; la conservazione “omnium priviufficia-legiorum

presen-tium et futurorum” era assicurata da due registri, mentre tutti gli atti e gli interventi

di-sciplinari riguardanti i membri dell’università cui assisteva il notaio erano protocollati in

due volumi “de papiro”

23

. Questi registri sono andati perduti: l’incuria nella conservazione

della matricola e il parziale rispetto delle disposizioni in materia emergono già da un

lapi-dario inciso riportato negli statuti pavesi del 1395: “Quia matricule preteritorum temporum

male reperiuntur”

24

.

Un registro matricolare tenuto con cura era un aspetto di fondamentale utilità anche

negli anni seguenti la conclusione degli studi da parte degli immatricolati. Ciò accadeva

quando veniva richiesta alla cancelleria universitaria una attestazione di frequenza,

neces-saria per documentare un precedente percorso studentesco non concluso, o non ancora

ter-minato, con un titolo accademico. Erano le litterae credentiales – con le quali si permetteva

una tranquilla peregrinatio academica agli studenti, in possesso di una certificazione

inoppu-gnabile degli anni di corso seguiti – o le documentazioni di frequenza per coloro che

desi-deravano impiegare la loro incompiuta preparazione universitaria per candidarsi a qualche

ufficio o per esercitare una professione

25

. Le forme assunte dalla documentazione

attestan-te il curriculum studiorum e la prassi di emissione e conservazione di questi atti sono

aspet-ti che attendono uno studio specifico, che dovrà indirizzare le ricerche verso le molteplici

realtà archivistiche di enti laici ed ecclesiastici.

Tali certificazioni potevano essere richieste alle università dalle istituzioni cui gli ex

studenti si rivolgevano per offrire i propri servizi: esemplari sono i documenti che

emise-ro le cancellerie universitarie di Pavia e di Padova dietemise-ro domanda del capitolo della

col-legiata di Unserer Lieben Frau zur Alten Kapelle in Regensburg. Il 13 giugno 1461

l’Uni-versità di Pavia rilasciò un attestato di immatricolazione nello Studio a favore di Sixtus

Steinhüser, originario di Ulm

26

; analoga documentazione venne fornita, per lo stesso

stu-dente, dalle Università di Basilea, il 3 giugno 1463, e di Heidelberg, il 22 gennaio 1464 e il

22 MAIOCCHI, I, p. 277, n. 465. Come già ricordato, non sono conservati gli statuti pavesi dell’università

de-gli studenti medico-artisti, ma probabilmente la prassi per la loro immatricolazione non doveva essere molto diversa. Non è tuttavia chiaro se fossero sempre previsti registri matricolari distinti tra le università degli stu-denti giuristi e di quelli medico-artisti, aspetto che alcuni documenti sembrano mettere in dubbio: cfr. ivi, II/1, p. 342, n. 487.

23 Ivi, I, p. 268-269, n. 465.

24 Ivi, p. 267, n. 465: Statuto XLVI “De officio massarii”.

25 A. ROMANO, Fonti, edizioni di fonti e problemi di metodo per lo studio della popolazione studentesca nel

Me-dioevo, in Studenti e dottori nelle università italiane, p. 3-20, in particolare p. 7-9.

26 J. SCHMID, Die UrkundenRegesten des Kollegiatstiftes U. L. Frau zur Alten Kapelle in Regensburg, I, Regens

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