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CORRELATI BIOLOGICI E COMPORTAMENTALI DEL GIUDIZIO MORALE

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Academic year: 2021

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INTRODUZIONE

Nella moderna società occidentale, la generazione passata ricorda con nostalgia i tempi andati della sua giovinezza ripetendo a noi giovani , cito testuali parole: “Quelli si che erano tempi d’oro, morali e giusti”, paragonando i giorni nostri a tempi malvagi e con alta immoralità.

Ma cosa si intende per moralità? Comunemente il termine morale si riferisce a caratteristiche della condotta umana che influiscono sulla collettività. Con esso facciamo riferimento ad un insieme di regole, virtù, valori che permettono di fare scelte compiendo il bene ed evitando il male. Il Cristianesimo ci insegna da secoli che il fine dell’uomo è quello di piacere a Dio e di vivere una vita giusta, sobria, ascoltando la coscienza morale che ci aiuta a giudicare le azioni e le intenzioni e a prendere carico delle nostre responsabilità. I filosofi, i teologi e gli scienziati di ogni età si sono impegnati nella ricerca delle basi della morale umana e di come questa sia strettamente relata alla vita sociale. Le odierne ricerche scientifiche hanno concentrato il loro interesse sull’aspetto biochimico del giudizio morale per poi capire i meccanismi cognitivi e comportamentali che si instaurano nell’interazione sociale. In questo panorama è dunque interessante indagare il peso del patrimonio genetico e l’influenza dell’ambiente nella formazione e nello sviluppo del giudizio morale.

Questa tesi aderisce ad una ricerca ampia portata avanti dall’Università di Pisa e di Padova. Tale ricerca ha l’obiettivo di indagare l’interazione che esiste tra geni, ambiente e comportamento in relazione a scelte di carattere morale. Questo progetto di tesi è costituito di tre parti fondamentali: La prima parte prevede la compilazione di reattivi psicologici ( STAT-Y1, IRI, POMS, MCMI-III, EQ-I Org) per valutare le caratteristiche della personalità dei volontari; la seconda parte prevede la somministrazione di dilemmi morali; la terza parte invece consiste nella raccolta di campioni di DNA da campioni buccali e nella loro analisi genetica per l’individuazione di polimorfismi genetici. Si prendono in considerazione alcune variabili che si pensa abbiano un significato nei processi decisionali morali:

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-Aspettativa di vita: Valore che diamo alla vita nostra e degli altri.

-Coinvolgimento / Non coinvolgimento: Quanto la decisione presa dipende dal personale coinvolgimento nell’azione da compiere.

-Strumentale / Incidentale: il sacrificio di una o più persone è un mezzo che viene messo in atto per garantire la sopravvivenza di terzi versus il sacrificio di una o più persone è un effetto incidentale dell’azione messa in atto.

Inoltre sono stati valutati i tempi di reazione, l’arousal, la valenza e il giudizio di accettabilità morale dell’azione proposta. I dati ottenuti da quest’analisi mostrano che …(dopo l’analisi dei dati sapremo cosa mostra l’analisi).

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1.

Il giudizio morale

1.1 Cosa sono i dilemmi morali e basi teoriche del giudizio morale

Da un punto di vista pratico, i giudizi morali sono delle valutazioni (buono

vs. cattivo) dei comportamenti e/o delle azioni di una persona, definite in base ad una

serie di virtù rese obbligatorie da una cultura o da una comunità (Haidt, 2001).

Ci sono due modelli importanti che mettono in risalto due aspetti diversi alla base del giudizio morale: il modello razionalista e il modello intuizionista. Il modello razionalista afferma che il giudizio morale si basa sul ruolo fondamentale della ragione. Secondo questo punto di vista la moralità include al suo interno azioni, pensieri e sentimenti, ma è il ragionamento che qualifica le azioni come specificatamente morali. Kohlberg sposa questo pensiero e si appoggia alle teorie kantiane che privilegiano il ragionamento, individuando nella legge morale “l’imperativo categorico”. Un comportamento è considerato morale in modo categorico quando è universale. A partire dunque dal ragionamento, che può essere più o meno influenzato dalle emozioni, si sviluppa il giudizio morale. Le emozioni dunque hanno il ruolo di stimolare il ragionamento.

Non c’è una risposta corretta a questi dilemmi, ma i decisori sono spinti a dare delle argomentazioni a favore o contro la necessità di compiere un’azione. Le persone che devono fare delle scelte dilemmatiche, comunque agiscano, violano un obbligo, e dunque si espongono ad una colpa inevitabile. Il dilemma è un tipo particolare di conflitto in cui per chi agisce non c’è una risoluzione giustificata dal punto di vista morale.

Secondo il modello intuizionista invece, il giudizio morale è il risultato di valutazioni automatiche e veloci. E’ un modello che analizza le dinamiche con cui intuizioni, ragionamento ed emozioni interagiscono nella formulazione del giudizio morale. Le intuizioni morali sono il primo input della valutazione e come tali causano il giudizio morale.

Oggi esiste un nuovo modello ibrido che mette in risalto sia la componente razionale che quella emotiva nel giudizio morale. Greene afferma che l'emozione gioca un ruolo fondamentale e decisivo solo nella valutazione di certe situazioni morali e propone la “dual-process theory” (Greene e coll., 2008) che permette di

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comprendere la differenza comportamentale davanti a due situazioni di dilemma morale apparentemente simili come ad esempio il dilemma “Trolley” e il dilemma “Footbridge”.

Il dilemma di Trolley: “Una locomotiva senza controllo si sta dirigendo verso cinque operai che stanno lavorando sui binari. Il percorso dei binari presenta una deviazione a sinistra dove si può far deviare la locomotiva. Tuttavia, sul tracciato di sinistra si trova un altro operaio. E’ appropriato azionare lo scambio in modo da deviare la locomotiva sul binario secondario e salvare così i cinque operai?”. La risposta della maggior parte delle persone era positiva, cioè lo ritenevano appropriato.

Il dilemma di Footbridge: “Una locomotiva senza controllo si sta dirigendo verso cinque operai che stanno lavorando sui binari. Ti trovi sopra un ponte e stai assistendo alla scena. L’unico modo per fermare la locomotiva è lanciare sui binari un grosso peso. Vicino a te c’è uno sconosciuto molto grasso. E’ appropriato spingere giù lo sconosciuto, in modo che con il suo peso possa fermare la locomotiva e salvare i cinque operai?”. La risposta della maggior parte delle persone era negativa, ovvero non lo ritenevano appropriato.

La differenza di risposta ai due dilemmi mostra che i giudizi morali utilitaristi sono guidati da processi cognitivi controllati, mentre i giudizi morali non-utilitaristi sono guidati da risposte emotive automatiche. Dunque, sia i processi emotivi automatici che quelli cognitivi deliberativi sono coinvolti nel giudizio morale.

1.2 L’Empatia

Le definizioni di empatia sono moltissime. Non possiamo affrontare il tema del giudizio morale senza soffermarci sull’importanza del concetto di empatia. Grandi autori del passato e contemporanei hanno approfondito tale relazione. Martin Hoffman (2000) sostiene che le capacità empatiche siano alla base del comportamento morale, e che tali capacità siano innate. L’autore nella sua teoria spiega il ruolo dell’empatia e del dispiacere empatico sul comportamento pro sociale. La definizione a cui fa riferimento vede l'empatia come la consapevolezza degli stati

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cognitivi interni di un'altra persona e il dispiacere empatico come uno stato di disagio o angoscia che si sviluppa nel vedere l’altra persona soffrire, ciò avviene come un contagio emotivo. La sofferenza empatica suscita comportamenti di aiuto, anche se questi non sono sempre una sua diretta conseguenza, e ciò ha una base fisiologica. Il sistema limbico è la sede delle esperienze emozionali ed è strettamente connesso con la neocorteccia prefrontale. Il ruolo più importante è svolto dall’amigdala e dalle sue connessioni con la corteccia orbitofrontale.

L'empatia è divenuta tema di particolare interesse scientifico grazie alla scoperta dei neuroni specchio che si attivano quando vediamo un’altra persona muoversi. Questo passo in avanti nelle neuroscienze ha fornito una risposta all'intrigante domanda di come gli umani possano comprendere i propri simili e come il cervello renda possibile tale comprensione (Meneghini, 2010). Le evidenze in campo neuroscientifico suggeriscono l'esistenza di due modalità attraverso le quali le persone possono comprendere gli altri: una è la condivisione dei sentimenti altrui (empatia), l'altra è la via cognitiva di inferenza dei pensieri altrui che fa riferimento alla Teoria della mente (Hein e Singer, 2008).

A riguardo Silvia Bonino (2006) sostiene che non ha senso parlare di empatia emozionale e di empatia cognitiva; quando si parla di empatia si intende

un fenomeno la cui essenza è emotiva.

In conclusione, facendo riferimento ai principali Autori che di essa si sono occupati, possiamo definire l'empatia come una risposta affettiva che scaturisce dalla comprensione o dall'apprensione per uno stato emotivo altrui, in cui l'attivazione emotiva dell'osservatore risulta essere coincidente o molto simile a ciò che l'altra persona sta provando (Eisenberg et al., 1994; Hoffman, 1987; Bonino, 2006).

1.3 La Teoria della mente

La Teoria della Mente si riferisce alla capacità di attribuire stati mentali a sé e agli altri e di prevedere, sulla base di tali inferenze, il proprio ed altrui comportamento. La capacità di assumere una prospettiva diversa dalla propria, non si limita al riconoscimento dei pensieri e delle credenze dell’altro, ma anche delle sue

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emozioni (Bonino, Lo Coco, Tani, 1998). Lo sviluppo della Teoria della Mente è legato a quello di due diverse capacità: Il Role-taking, ovvero il mettersi nei panni degli altri, permette di decentrarsi cognitivamente dalla propria posizione per assumere quella dell’altro (Selman, 1980),e la Perspective-taking intesa come abilità che consente di adottare la prospettiva altrui. Essa è dunque una capacità di mentalizzazione, una tendenza cioè a mettere in relazione comportamenti e stati mentali e a connotare in termini di emozioni, credenze, desideri e intenzioni la realtà che ci circonda.

La teoria della mente è strettamente legata alla regolazione cognitiva ed emotiva del comportamento interpersonale, sia prosociale che antisociale. La letteratura scientifica ritiene che il suo sviluppo può essere considerato un fattore fondamentale per la capacità di ragionamento e di giudizio morale, inteso come processo valutativo e non come azione conseguente. La comprensione delle intenzioni nell’altro è importantissimo per decidere se un atto debba essere punito oppure no. Per definire un individuo responsabile di un’azione è necessaria la Perspective-taking in quanto capacità di rappresentare i desideri e le credenze che hanno guidato quel comportamento. L’interpretazione delle intenzioni e la valutazione dell’impegno del soggetto nell’acquisire le giuste informazioni sugli effetti delle sue azioni diventano così criteri per giudicare le azioni commesse.

Argomento molto interessante, inoltre, è quello del Ragionamento Morale. Wellman e Miller (2008) hanno teorizzato che lo sviluppo della Teoria della mente può essere considerato come un aspetto più generale dello sviluppo del ragionamento deontico (cioè quello che si focalizza sul problema delle norme e della giustizia) e che il legame tra questi due elementi è bidirezionale. La capacità di ragionare su obblighi e permessi richiede un’abilità di mentalizzazione e le regole morali influenzano le inferenze sugli stati mentali degli altri.

A Livello anatomico le regioni più interessate sembrano essere quelle dell’Insula, che è coinvolta nel rappresentare gli stati somatici come il dolore ed è attiva anche quando si osserva il dolore degli altri. Per questo è stata collegata all’esperienza delle proprie emozioni e di quelle altrui. L’Amigdala, inoltre, è una struttura del lobo temporale mediale importante per la regolazione del

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comportamento sociale e il riconoscimento dei volti che mostrano espressioni emotive. Essa contribuisce alla percezione sociale, e quindi alla comprensione dei contenuti mentali dell’altro. Molto importante è la Giunzione Temporo-parietale: coinvolta nei compiti della Teoria della mente e nel riconoscimento di prospettive spaziali diverse e della prospettiva dell’altro. Anche la Corteccia Frontale Mediale è implicata e si attiva quando pensiamo agli stati interni di un'altra persona. Si distingue in più Regioni:

- Regione Fronto-Dorso-Laterale: attiva durante l’esecuzione di compiti cognitivi e di monitoraggio dell’azione;

- Regione Orbitale: legata alle punizioni e ricompense;

- Regione Anteriore: attiva nell’esecuzione di compiti socio cognitivi e di mentalizzazione. Questa area è collegata alle rappresentazioni metacognitive che permettono di riflettere sull’interpretazione delle conseguenze delle azioni.

La Teoria della mente è stata spesso associata ai Neuroni Specchio che si attivano selettivamente sia quando l’individuo compie un’azione sia quando la osserva negli altri. Nell’uomo sono localizzati in aree motorie e premotorie, nell’area di Broca e nella corteccia parietale inferiore. L’abilità di simulare in noi stessi le rappresentazioni motivazionali e premotorie degli altri, quindi, può essere alla base della comprensione della mente altrui. Gli stati mentali degli altri possono essere inferiti attraverso il “Rispecchiamento”, cioè attraverso la simulazione e l’empatia (attivazione dell’area premotoria e insula) e la “Comprensione”, che prevede modalità più coscienti (attivazione della corteccia prefrontale mediale e giunzione Temporo-parietale). Dipendentemente dalle richieste del compito questi due tipi di processi entrano in gioco in modo diverso.

1.4 Libero Arbitrio e comportamento criminale

Il concetto di libero arbitrio si riferisce alla libertà che ognuno ha di agire e compiere delle scelte.

Libet (1983) attraverso esperimenti scientifici, ha mostrato che la volontà umana di agire è preceduta temporalmente da un'attività cerebrale preconscia, a cui

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solo successivamente segue la consapevolezza del soggetto di voler compiere quell'atto.

Nel 2008 John-Dylan Haynes e i suoi colleghi hanno approfondito gli esperimenti di Libet mostrando come le azioni, sia spontanee che pianificate, siano avviate a livello cerebrale prima che il soggetto ne diventi consapevole . Essi dunque, fanno dubitare che la volontà cosciente possa essere la sola causa dell’azione. Questi esperimenti mettono in luce, infatti, questioni importanti come la libertà o meno della volontà umana, ma anche e sopratutto quella del concetto di coscienza. Gli interrogativi principali, dunque, cambiano. Essi sono: “Dipendiamo davvero dalle nostre funzioni cerebrali? La nostra volontà è solo un' illusione?”

Nel caso di comportamenti criminali, ad esempio, sono stati condotti diversi studi per cercare di comprendere quali fattori genetici e ambientali intervengano su tale comportamento. Dalle evidenze emerse, sembra che esistano delle varianti genetiche che sottendono il comportamento antisociale. Esse sono associate a variazioni genetiche morfologiche e/o funzionali del cervello che a loro volta possono essere alla base di disfunzioni emotive, cognitive o comportamentali. Uno studio condotto con Risonanza Magnetica Strutturale ha dimostrato che soggetti con disturbi di personalità di tipo antisociale mostravano una riduzione dell’11% della sostanza grigia nella corteccia prefrontale, parallelamente ad una ridotta attività del sistema nervoso autonomo in risposta a stimoli stressanti che normalmente provocano vergogna, imbarazzo e senso di colpa (Raine e coll. 2000). Un altro studio, sempre con risonanza magnetica, ha mostrato che individui maschi con l’allele a bassa attività del gene MAOA (Low-MAOA) avevano una riduzione dell’8% del volume dell’amigdala, del cingolo anteriore e della corteccia orbitofrontale (Meyer-Lindenberg e coll. 2006). Queste strutture cerebrali hanno un ruolo fondamentale nella risposta a stimoli emotivi e nella modulazione del comportamento e dell’aggressività, come evidenziato dalle osservazioni cliniche in pazienti con lesioni traumatiche o degenerative a carico della corteccia dei lobi frontali e dai recenti studi di esplorazione funzionale del cervello (Butter, Snyder e McDonald 1970; Damasio, Tranel e Damasio 1990; Elliott, 1990; Grafman e coll. 1996).

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E’ stato condotto uno studio PET in individui giovani e sani, che non avevano alcuna storia di disturbi del comportamento. I risultati hanno dimostrato che l’evocazione di scenari a contenuto aggressivo, anche in modo immaginifico, rispetto all’evocazione di scenari emotivamente neutri, è associato ad una significativa riduzione del flusso ematico in aree della corteccia prefrontale. Questo suggerisce che è necessaria una inibizione funzionale delle aree prefrontali affinchè siano messi in atto comportamenti aggressivi (Pietrini e coll., 2000). Nelle donne, rispetto agli uomini, questa inibizione prefrontale è più forte, dimostrando la minore inclinazione femminile ad esprimere comportamenti apertamente aggressivi.

Una ridotta funzionalità prefrontale è stata osservata anche in soggetti con mancato controllo degli impulsi e dell’aggressività, suggerendo che la corteccia prefrontale possa essere come una sorta di «freno inibitore» che modula la risposta istintiva, quasi automatica, a stimoli emotivi (Pietrini e coll. 2000; Bambini e Pietrini, 2009).

Oltre a quelli della corteccia prefrontale, numerosi studi hanno riportano deficit funzionali del cingolo, della corteccia temporale, del giro angolare, dell’amigdala e dell’ippocampo(Raine e Yang 2006).

Alla luce di questi studi ed evidenze scientifiche possiamo certamente affermare che è molto importante tenere in considerazione la base genetica e l’attivazione cerebrale di un comportamento. Ma possiamo davvero fermarci qui? Che ruolo hanno le esperienze di vita e le influenze ambientali in tutto questo? Le spiegazioni genetiche sul comportamento tendono a ridurre la responsabilità dell’individuo nei confronti delle proprie azioni?

In realtà, non esiste nessuna variante genetica che determini in maniera assoluta la presenza un comportamento! “Ogni argomentazione riguardante la

genetica nel giustificare un comportamento criminale è ugualmente applicabile all’influenza dell’ambiente sullo stesso comportamento” (Alper, 1998).

In conclusione, dunque, rispettando le scoperte della scienza e unendole alla piena considerazione che l’ambiente in cui si vive e si fa esperienza ha un’influenza importante sulle scelte personali, possiamo affermare che il dibattito tra geni e

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ambiente è ancora aperto, ma che certamente rivela aspetti che non possono essere tralasciati.

2. BASI ANATOMICHE DEL GIUDIZIO MORALE

2.1 Il ruolo della neocorteccia

La distinzione che viene fatta tra mente e cervello, è possibile grazie alla presenza della neocorteccia in quanto sede delle capacità cognitive più evolute. E’ la parte filogeneticamente più recente e occupa il 90% della superficie corticale. La neorcoteccia è formata da sei strati neuronali che ci permettono di svolgere svariate funzioni tra le quali la percezione sensoriale, comandi motori, ragionamenti spaziali, ragionamenti coscienti e astratti, linguaggio e immaginazione.

Questa parte molto importante di corteccia, dunque, è quella che ci differenzia dal mondo animale. L' uomo possiede meno connessioni, ma più funzionali e specializzate e ha un maggior numero di connessioni locali che permettono elaborazioni più accurate e veloci. E’ possibile fare un esempio che meglio fornisce un immagine del complesso panorama evolutivo: Esistono vari tipi di neuroni presenti nella neocorteccia, ma solo due predominano per importanza: i neuroni piramidali (sopratutto della corteccia prefrontale) possiedono un maggior numero di ramificazioni dendritiche e assonali, rispetto alle altre aree. Ciò significa che i neuroni della corteccia prefrontale ricevono un maggior numero di stimoli differenti e proiettano rapidamente alle altre aree del cervello per controllare, eseguire, monitorare qualsiasi cosa, azione, pensiero, sensazione, ecc.. . Insieme a questi, bisogna considerare anche i neuroni VEN (Von Economo, 1926), sono neuroni più tozzi rispetto a quelli piramidali e 4 volte più grandi. Possiedono un solo assone apicale e un solo dendrite basale. Li ritroviamo solo in specifiche aree cerebrali coinvolte nei processi cognitivi: nella corteccia del cingolo anteriore e nella corteccia fronto-insulare, ma recentemente sono stati trovati anche nella corteccia frontale dorso-laterale. Questo tipo di neuroni è stato ritrovato da poco anche in alcune specie animali come balene, elefanti e delfini che sono altamente sociali. Ciò indica il loro ruolo nella socialità.

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2.2 Le aree prefrontali

La regolazione dei processi cognitivi e del comportamento dipende dalle aree prefrontali del nostro cervello. Queste aree hanno un’importanza per l’acquisizione di un sapere sociale e per l’apprendimento di regole morali che guidano l’uomo nella sua interazione con l’ambiente.

Queste regioni così importanti del nostro cervello vengono divise in tre distretti: superficiale laterale, orbitale e mediale. E’ una suddivisione utile per comprendere meglio le loro varie funzioni.

 La Superficie frontale laterale si connette a tutte le varie aree del cervello grazie ai fascicoli. Le maggiori proiezioni partono dall'area di Broca e attraverso il fascicolo arcuato giungono al giro temporale superiore (area di Wernicke) e alla corteccia parietale; altre proiezioni partono dalla superficie fronto-insulare e col fascicolo Fronto-occipitale superiore mandano le informazioni alle regioni posteriori. Mentre le ultime proiezioni importanti di questa superficie cerebrale, giungono alle regioni temporali e occipitali grazie al fascicolo Fronto-occipitale inferiore (Grossi & Trojano, 2011). Quando queste porzioni si danneggiano possono verificarsi diversi disturbi come ad esempio: deficit attenzionali, di pianificazione e organizzazione del comportamento, che si manifestano soprattutto quando si deve far fronte a situazioni nuove e complesse che richiedono l’utilizzo di nuove strategie di problem solving. Alcuni autori suggeriscono che i deficit di pianificazione, sopratutto in pazienti con lesione dorso-laterale, possono essere causati da una carente organizzazione temporale e da un problema di memorizzazione a breve termine delle informazioni che servono per pianificare l'azione. In molti casi si osserva anche la rigidità comportamentale quando il soggetto deve modificare il comportamento in funzione delle richieste dell'esaminatore.

 La superficie orbito-frontale proietta sopratutto, tramite il fascicolo uncinato, alle aree temporali anteriori, ma entra in collegamento con moltissime altre aree grazie ai collegamenti sottocorticali. La presenza di lesioni di tale porzione porta ad alterazioni della condotta personale, cioè si emettono comportamenti anomali come ad esempio la carenza dell'igiene personale,

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comportamenti afinalistici come i comportamenti stereotipati. Sempre nell'ambito dei comportamenti particolari sono incluse alcune forme del disturbo ossessivo-compulsivo, come la tendenza ad accumulare oggetti inutili. Inoltre, altre disfunzioni legate a lesioni orbito frontali sono quelle della condotta sociale che diviene non appropriata al contesto. La sociopatia acquisita, forma particolare di disfunzione della condotta sociale, porta i pazienti a essere poco empatici, privi di sensi di colpa e incapaci di predire le conseguenze dei loro attacchi violenti verso gli altri (Adolphs, 2003). Una scarsa empatia rende le persone incapaci di comprendere gli stati emotivi e mentali altrui e di assumere il loro punto di vista. Un’altra conseguenza della lesione orbito frontale è l'impulsività, ovvero avere reazioni immediate in risposta a stimoli esterni ed interni. E’ una disinibizione comportamentale che porta a reazioni esagerate in contesti inappropriati e per motivi spesso irrilevanti. L’impulsività può essere di tipo motorio oppure cognitivo, ovvero si attuano comportamenti anche svantaggiosi o pericolosi pur di ottenere una gratificazione immediata.

 La superficie fronto-mediale, comunica con le regioni sottocorticali grazie ad una serie di circuiti che inviano informazione al talamo, al tronco encefalico e al cervelletto. E’ in comunicazione anche con l’ippocampo e le aree parietali posteriori grazie al giro del cingolo. Lesioni di questa porzione frontale provocano in modo particolare apatia e anedonia. L'apatia è definita come la perdita di interesse per ciò che ci circonda,ed è dovuta alla mancanza di motivazione. Le aree interessate sono, oltre al giro del cingolo, anche il sistema limbico e il sistema della dopamina che insieme stanno alla base del circuito della motivazione. L’anedonia invece è l’incapacità di provare piacere per quelle attività che di solito procurano un senso di piacere e benessere. Essa è strettamente legata all'apatia e alla motivazione ed è causata da lesioni delle connessioni del cingolo anteriore e del sistema mesolimbico.

Tutte le parti della corteccia frontale possono essere danneggiate selettivamente causando molteplici e differenti deficit cognitivi e comportamentali.

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2.3 Studi di Moll e colleghi

Numerosi studi, attraverso le tecniche di neuroimaging, hanno constatato che l’area di Brodmann 10 (corteccia prefrontale), ha un ruolo chiave di mediazione nei processi che conducono al giudizio morale (Moll e coll. 2001). Danni ai settori ventromediale e frontopolare della corteccia prefrontale, in età precoce, possono portare a disturbi anche più gravi di comportamento morale (Eslinger e coll. 1992; Anderson e coll. 1999).

Questi disturbi possono essere definiti come facenti parte della “sociopatia acquisita”. Infatti, studi di pazienti con lesioni e sociopatia acquisita hanno dimostrato che negli attuali modelli di normale comportamento sociale si privilegia la corteccia prefrontale a scapito di altre regioni del cervello (Moll e coll. 2003). Però, è stato visto che danni ad altre regioni cerebrali possono essere causa di disturbi del comportamento morale.

Alcuni studi effettuati su pazienti con malattie neurodegenerative, come la demenza Fronto-temporale, mostrano che le strutture del lobo temporale svolgono anche un ruolo importante nella cognizione morale e nel comportamento. In caso di demenza semantica infatti la corteccia temporale anteriore è tra le regioni più colpite ed è coinvolta nella genesi dei comportamenti sociali inappropriati (Bozeat e coll. 2000; Mendez e coll. 2000). La regione posteriore del solco temporale superiore è fondamentale per la decodifica di segnali sociali (Allison e coll. 2000; Decety e Jackson, 2004). Inoltre, lesioni a strutture limbiche e paralimbiche possono compromettere la base motivazionale di alcuni fondamentali comportamenti: Sesso, alimentazione e aggressività.(Daigneault e coll. 1999; Weissenberger e coll. 2001; Burns e Swerdlow, 2003).

Moll e colleghi (2001), hanno mostrato come la corteccia fronto-polare (area di Broadman 10) si attivi in risposta alla presentazione uditiva di frasi di rilevanza morale, per le quali i soggetti sperimentali devono giudicare in silenzio se sono giuste o sbagliate (Moll e coll. 2001). Gli autori di questo studio sostengo che esiste la dissociazione tra il conoscere le norme sociali e non metterle in pratica nei pazienti “psicopatici”. Essi hanno adeguate conoscenze relative alle norme sociali e agli atteggiamenti morali più appropriati, ma sembrano non in grado di rispettarli. Da

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ciò è stata sviluppata l’ipotesi che l’organizzazione cerebrale sottostante alla conoscenza morale sia in qualche modo indipendente dalle strutture da cui dipende la soppressione di impulsi e azioni socialmente sconvenienti (Moll e coll. 2001). Le frasi presentate uditivamente stimolavano giudizi morali a cui i soggetti dovevano soltanto pensare, e consistevano in brevi frasi come “gli anziani sono inutili” o “ogni essere umano ha il diritto di vivere”. I risultati dello studio fMRI hanno mostrato un importante attivazione bilaterale della corteccia prefrontale, del giro frontale medio, insieme ad un’attività nel globo pallido esterno, nella corteccia cerebellare destra e nel precuneo sinistro (Moll e coll. 2001). Le frasi a valenza emotiva più o meno forte attivano un’estesa superficie del polo temporale anteriore destro. Inoltre, Moll e colleghi hanno visto che sia in presenza di frasi a valenza emotiva che non, la corteccia prefrontale si attiva in modo indiscriminato nelle due condizioni, dimostrando la sua indipendenza dall’esperienza.

La conclusione a cui gli autori giunsero è che il comportamento si organizza intorno alle conoscenze sulle norme morali e sugli atteggiamenti morali da rispettare, e che questo sia mediato specificamente dalla corteccia prefrontale (Moll e coll. 2001). Tutte le azioni sociali che richiedono valutazioni morali, empatia, teoria della mente e vincoli sociali in base a questa teoria, sono espressione di due vie: una, più “cognitiva”, a carico della corteccia prefrontale dorso laterale, e un’altra, di natura emotiva, che dipende dal sistema limbico, dal sistema della corteccia orbito frontale e mediale.

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3. MATERIALI E METODI DELLA RICERCA

3.1 Partecipanti

Lo studio si è svolto selezionando un campione di volontari (N =30, 20 femmine e 10 maschi) di età media di 32,9 anni e 11,74 di deviazione standard. Il campione è composto per il 40% da studenti dell’Università di Pisa e per il 46,7% di lavoratori dipendenti, il resto sono liberi professionisti, casalinghe e disoccupati. Il livello di educazione medio di circa 15,43 anni.

I nostri volontari sono stati sottoposti ad un test di screening (MCMI-III) per la psicopatologia in cui sono risultati tutti sani.

3.2 Il paradigma sperimentale

Il paradigma sperimentale è strutturato in tre fasi: la prima fase prevede la somministrazione di questionari per la misurazione di alcune variabili psicologiche (durata di circa 50 minuti), successivamente la presentazione dei dilemmi morali (90 minuti circa) e una fase di raccolta del DNA (5 minuti).

3.3 I reattivi psicologici:

Sono state somministrate diverse scale di personalità, valutando il ruolo dell’empatia, impulsività, stato dell’umore e tratti della personalità nella valutazione di scelte morali di natura controversa.

3.3.1 Interpersonal Reactivity Index (IRI)

L'indice di reattività interpersonale (IRI; Davis, 1980; versione italiana: Albiero e coll., 2006) valuta l'empatia attraverso l'analisi di quattro dimensioni: la Perspective Taking, la Fantasy, l'Empathic Concern ed il Personal Distress. Alla base dell'elaborazione cognitiva troviamo l'empatia che permette la formazione della capacità soggettiva di comprendere e rispondere in modo adattivo alle emozioni altrui sia negative che positive.

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L'IRI é una scala multidimensionale composta da 28 affermazioni, alle quali il soggetto deve rispondere barrando una delle quattro alternative di risposta proposte: scala a quattro punti da “non mi descrive per niente” a “mi descrive completamente”. Questo reattivo mostra una buona validità convergente ed una discreta affidabilità test-retest.

Davis nell'IRI considera l'empatia come un insieme di costrutti distinti ma correlati tra di loro, ottenuti come risultato di un'analisi fattoriale.

I quattro fattori esplorati dall'IRI sono:

1. Fantasy (FS): valuta quanto un individuo tende a fantasticare ed a immaginare se stesso come protagonista della sua fantasia. Più nel particolare, si valuta la propensione a trasporre nella fantasia se stessi nonché i sentimenti e le azioni dei personaggi di giochi, libri o cinema, tanto da potersi identificare con essi;

2. Perspective Taking (PT): questa sottoscala misura l'inclinazione del soggetto ad adottare spontaneamente il punto di vista psicologico altrui: è un aspetto dell'empatia legato al pensiero, alla cognizione;

3. Empathic Concern (EC): misura sia la preoccupazione che il grado di simpatia che il soggetto prova per gli altri: si parla del lato emotivo legato all'empatia;

4. Personal Distress (PD): analizza la tipologia degli stati d'animo e sentimenti che la persona prova quando si trova in situazioni di stress; si determina l'attitudine del soggetto a provare disagio nella suddette circostanze.

Citando alcuni nomi importanti della letteratura in merito a questi fattori non possiamo tralasciare l’interessante contributo di Hoffman (1977), il quale afferma che lo sviluppo del pensiero non-egocentrico (analogo alla capacità Perspective-taking) aiuta il graduale spostamento della reazione emotiva nei confronti dell'altrui distress: da una risposta orientata al sé si passa ad una risposta di tipo più etero-diretta di comprensione e preoccupazione. Anche Coke e colleghi (1978) prendono proprio in considerazione un insieme di costrutti, quali la Perspective-Taking, la Empathic Emotion e il Personal Distress, in uno studio sulle

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reazioni emotive ed il comportamento di aiuto negli adulti. Infine, Stotland e colleghi (1978) notano che l'inclinazione a fantasticare su situazioni fittizie influenza l'emotività e quindi anche il successivo comportamento di aiuto. Ognuna delle sub-componenti empatiche valutate con il test di Davis è stata presa in considerazione in diverse situazioni sperimentali da più ricercatori.

3.3.2 Profile of Mood Scale (POMS)

La scala POMS (McNair e coll. 1971) standard, è un inventario composta da 65 aggettivi che sono il risultato di un'analisi fattoriale. Al soggetto si chiede di dare, per ognuno dei 65 aggettivi, una valutazione quantitativa scegliendo una tra le quattro alterative di risposta (da “per niente” a “estremamente”) facendo riferimento alla settimana precedente alla valutazione; alla fine si ottiene la misura di sei fattori, identificabile come stati affettivi:

• Tensione-ansia • Depressione-abbattimento • Rabbia-ostilità • Vigore-attività • Fatica-inerzia • Confusione-stupore

Le valutazioni provenienti da questo test sono estremamente valide nel dare un buon parametro di misurazione degli stati d'animo e delle loro fluttuazioni. La scala POMS (McNair e coll., 1971; 1991) esiste in due altre versioni oltre a quella standard. La POMS “brief “ è una versione ridotta rispetto a quella originale, misura gli stessi fattori ma non fornisce molti dettagli, rimane comunque utile per quelle situazioni dove il tempo è limitato e non si ha la necessità di approfondire le informazioni. La POMS “bipolar“ misura gli stati d'animo in ambito clinico, aiutando a determinare lo stato psichico di un individuo al fine, ad esempio, di impostare una terapia.

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3.3.3 State-trait Anxiety Inventory- Forma Y1 (STAI-Y1)

Lo STAY-Y1 (Spielberger, 1983; versione italiana: Pedrabissi & Santiniello, 1996) è una scala di autovalutazione che distingue l’ansia di stato dall’ansia di tratto, introdotta per la prima volta da Cattel e Scheier nel 1961 ed elaborata successivamente da Spielberger ( 1970; 1983). L'ansia è condizione di allarme e di attivazione generale delle risorse fisiche e mentali dell’individuo.l’intensità dell’ansia varia da lieve disagio a terrore; a livello somatico si registra attività a carico dell’apparato neurovegetativo (sudorazione, tachicardia, variazioni pressione arteriosa ecc.) e dell’apparato neuromuscolare (tensione muscolare); possono esserci reazioni comportamentali (fuga) o inibizione delle attività (indecisione). Entro certi limiti l’ansia può contribuire positivamente all’efficienza delle prestazioni, mentre se risulta eccessiva, sproporzionata alla situazione, costante e immotivata diventa patologica (disturbi d’ansia), compromettendo la normale vita quotidiana.

Secondo la distinzione proposta da Cattel e Scheiner (1961) l'ansia di tratto viene definita come una caratteristica relativamente stabile della personalità collegata alla modalità con cui l'individuo tende a percepire come pericolosi-minacciosi alcuni simboli o situazioni ambientali; i soggetti che presentano un'elevata ansia di tratto hanno un'alta reattività (arousal) ad un alto numero di stimoli.

Gli individui caratterizzati da un'ansia di stato invece presentano una rottura dell'equilibrio emotivo: con la soggettiva sensazione di tensione, apprensione, nervosismo ed inquietudine associati all'attivazione del sistema nervoso in risposta ad una particolare situazione o stimolo evocatore. Per cercare di ridurre o evitare queste sensazioni il soggetto tende ad emettere comportamenti compensatori e adattivi per stabilire un equilibrio. Potrebbe succedere che la persona metta in atto modalità repressive di negazione che però possono risultare maladattive finendo per aumentare l'ansia di tratto.

Nel 1964 Spielberger inizia la costruzione dello strumento più famoso e diffuso in materia di misurazione d'ansia: lo State-trait Anxiety Inventory (STAY; Spielberger, 1970). Successivamente nel 1983 l'autore crea la versione attualmente in uso: la STAY-Y (Spielebrger, 1983; versione italiana: Pedrabissi & Santaniello,

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1996). La forma Y, come la passata versione nel 1970, è costituita da due sotto-scale: • S-Anxiety Scale, forma Y1 per l'ansia di stato : per la sua valutazione la

persona deve indicare per ognuna delle 20 affermazioni, come si sente nel momento stesso della compilazione su una scala a 4 punti (da “per nulla” a “moltissimo”);

• T-Anxiety Scale, forma Y2 per l'ansia di tratto: viene richiesto all'individuo come si sente di solito abitualmente, sempre secondo una scala di risposta a 4 punti.

Il livello d'ansia misurato dalle due scale tende ad aumentare nei valori con il crescere dell'età (Pedrabissi & Santiniello, 1996).

Rispetto alla precedente, la forma Y è più capace di distinguere i due diversi tipi di ansia (Spielberger 1983).

3.3.4 Org-EQI

L'Org-EQI è un test multidimensionale sviluppato per valutare l'intelligenza emotiva.

L'introduzione del termine “intelligenza emotiva” risale al 1983, quando Reuven Bar-On coniò il termine di “quoziente emotivo”. Successivamente Mayer & Salovey (1997) diffusero il costrutto di intelligenza emotiva definendolo come “una forma di intelligenza sociale che riguarda le capacità di monitorare emozioni e sentimenti propri e altrui, di discriminare fra essi, e di usare queste informazioni per guidare il pensiero e l'azione” (Manuale Org-EQI, Bar-On, 1997).

Oggi le pubblicazioni scientifiche sull'intelligenza emotiva sono molte numerose.

Negli ultimi anni si è assistito ad un avvicinamento dei costrutti di intelligenza emotiva e di intelligenza sociale: queste due componenti sembrano essere due facce della stessa medaglia (Bar-On 2006; Goleman, 2000). L'intelligenza emotiva si diversifica a seconda delle organizzazioni: è una peculiarità della piattaforma teorica del test.

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tipo Likert a 5 modalità di risposta (da 1 “molto raramente o mai vero” a 5 “molto spesso o sempre vero”). L'Org-EQI è accolto con favore per la sua “Face validity” (altrimenti detta validità di facciata o validità esterna è l’aspetto di ciò che il test intende misurare) è uno strumento attendibile ed è di semplice e veloce utilizzo. Si individuano 4 macro-fattori:

• Consapevolezza e valutazione del sé: indica la consapevolezza di se stessi e dei propri sentimenti;

• Autogestione: capacità di dominare gli impulsi, controllare il proprio umore e i propri sentimenti in modo che non vadano ad influenzare la qualità delle prestazioni, consiste inoltre nella capacità di mantenere la calma;

• Competenza sociale: è l'abilità nelle relazioni interpersonali, la capacità di gestire bene le emozioni nelle relazioni e di saper leggere accuratamente le situazioni e le reti sociali.

• Relationship Management: implica le capacità di saper guidare efficacemente le emozioni altrui e interagire fluidamente con gli altri; significa usare queste abilità per essere persuasivi e proporsi come guida.

Gli item che costituiscono ogni macro-fattore si raggruppano a loro volta in 3 sub-fattori: Consapevolezza e Valutazione Autogestione 1. consapevolezza di sé 2. sicurezza di sé 3. intrapersonale 1. autocontrollo emotivo 2. tenacia 3. adattabilità

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Competenza Sociale

Relationship Managment

Nel test sono presenti anche 4 fattori relativi ad alcune scale di costrutti correlati all'intelligenza emotiva che possono svolgere funzioni facilitanti nella messa in atto e nello sviluppo della stessa: Orientamento al risultato, Umore, Tolleranza

allo stress e Life Balance.

E' presente infine la scala di controllo “Impressione Positiva” tesa ad identificare risposte tendenziose dei soggetti che vogliono dare un'impressione eccessivamente positiva di se stessi.

Il retroscena teorico di questo questionario si rifà al criterio della “prestazione contingente” cioè l'individuazione delle caratteristiche/competenze emotive/sociali sul lavoro che predicono la prestazione superiore e l'eccellenza sul lavoro.

La teoria della performance è la base del concetto di intelligenza emotiva: la massima performance avviene quando le capacità/caratteristiche psicologiche della persona sono conformi a quelle richieste del contesto/ambiente lavorativo.

1. empatia 2. consapevolezza organizzativa 3. orient. al cliente 1. lavoro di gruppo 2. leadership 3. catalizzatore del cambiamento

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3.3.5 MCMI-III

Il MCMI è uno strumento di misurazione della personalità ed è basato sulla teoria della personalità dell'autore, Theodore Millon e del suo gruppo di ricerca (ultima versione italiana a cura di Alessandro Zennaro, Stefano Ferracuti, Margherita Lang e Ezio Sanavio, 2008). I pilastri concettuali di condizionamento e rinforzo mostrano il pensiero evoluzionistico dell'autore, che guarda il costrutto della personalità come se si estendesse in un continuum che va dalla normalità alla patologia. Il test possiede solide basi teoriche, sviluppate dallo stesso Millon fin dalle prime ricerche nel 1969, ed è costituito da un formato multi-assiale che rispecchia in parte quello del DSM-IV (Manuale clinico diagnostico dei disturbi mentali). Inoltre è di facile interpretazione per il somministratore.

Il test è costituito da undici scale di Pattern di personalità, sette scale Sindromiche (disturbi dell'Asse I del DSM-IV) e tre scale psicopatologiche di sindromi gravi, più quattro scale di validità. Tutte le scale, tranne quelle di validità, sono composte da un certo numero di item prototipici, che sono caratteristici di quel disturbo e da un insieme di item non prototipici che meno descrivono quella specifica scala.

E' interessante notare come la maggior parte degli item è presente in più disturbi, ma è prototipica solo per un determinato aspetto psichiatrico; questa condivisione degli items rappresenta l'aspetto più importante dell'interconnessione teorica dei disturbi di personalità teorizzata da Millon (Ferracuti & Roma, 2008).

Le varie scale di valutazione sono così divise:

Pattern di Personalità Clinica:

 Schizoide (16 items)  Evitante (16 items)  Depressivo (15 items)  Dipendente (16 items)  Istrionico (17 items)  Narcisista (24 items)  Antisociale (16 items)

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 Aggressivo-Sadico (20 items)  Ossessivo-Compulsivo (17 items)

 Negativista (passivo-aggressivo) (16 items)  Masochista (autofrustrante) (15 items)

Gravi Patologie della Personalità:

 Schizotipico (16 items)  Borderline (16 items)  Paranoico (17 items) Sindromi Cliniche:

Disturbo d' ansia (14 items)

 Disturbo somatoforme (12 items)  Disturbo bipolare: Mania (13 items)  Distimia (14 items)

 Dipendenza da alcool (15 items)  Dipendenza da droghe (14 items)

 Disturbo post-traumatico da stress (16 items) Sindromi Cliniche Gravi:

 Disturbo del pensiero (17 items)

 Disturbo depressivo maggiore (17 items)  Disturbo paranoide (13 items)

Il MCMI-III è composto in totale da 175 items, a doppia alternativa di risposta "vero"/"falso", composto da 24 scale e 4 indici di correzione. I valori dei punteggi grezzi ottenuti per ognuna delle scale vengono poi tradotti, tramite tabelle di conversione, in punteggi Base Rate, ossia punteggi stabiliti attraverso il tasso di prevalenza delle scale nel gruppo di standardizzazione, sottolineando quel valore/soglia (cut-off) al di sopra del quale una scala di personalità rientra nel

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continuum della patologia. Inoltre gli indici di modifica (Apertura, Autosvalutazione, Desiderabilità e Validità) servono per capire quanto un soggetto sia stato sincero nel compilare il test, oppure se si è dipinto in modo migliore o peggiore di ciò che realmente è. Lo strumento, come sottolinea Millon, non è stato creato per valutare la personalità nella popolazione normale, ma i dati normativi sono presi da campioni clinici e sono applicabili solo ad individui che presentano problemi emotivi e interpersonali o che si stanno sottoponendo a psicoterapia o a una valutazione psicodiagnostica. E’ comunque uno dei test più validi per misurare le caratteristiche patologiche della personalità, anche grazie al fatto che riflette la distinzione dei disturbi del DSM-IV fra l'Asse I (sindromi) e l'Asse II (personalità).

Le undici scale che vanno dalla 1 alla 8B consentono di avere un inquadramento diagnostico rispetto all'Asse II del DSM-IV. Le scale S, C e P misurano stili di personalità rigidi e disadattivi. Le scale dalla A alla R sono invece pertinenti alla misurazione di alcune sindromi cliniche dell'Asse I; le tre scale SS, CC e PP indicano la presenza di sindromi cliniche particolarmente invalidanti o gravi. Gli indici di modifica danno informazioni sulla validità del protocollo.

3.4 Dilemmi Morali

I 30 partecipanti all’esperimento sono stati invitati a valutare una serie di dilemmi morali presentati al computer. I dilemmi sono stati presentati in tre blocchi di venti dilemmi ciascuno. Non c’era alcun limite di tempo. I dilemmi morali sono stati bilanciati da ricercatori dell’Università di Pisa e Padova relativamente ad alcune condizioni come ad esempio la lunghezza del testo che presenta lo scenario piuttosto che il numero di persone che di volta in volta nei dilemmi sono sacrificate.

Il soggetto aveva davanti dapprima uno scenario morale e un dilemma a cui doveva rispondere in modo binario: Si/No. Sono stati registrati i tempi di risposta (RT). Veniva chiesto poi di valutare l’accettabilità morale dell’azione proposta con valutazione da 1 (poco accettabili moralmente) a 7 (totalmente accettabile). Il passaggio successivo chiedeva al soggetto di valutare la valenza dell’azione proposta con scala da 1 (spiacevole) a 9 (molto piacevole). Infine, la valutazione dell’arousal con risposta su scala da 1 (poco attivato) a 9 (molto attivato).

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3.4.1. Variabili misurate

Le variabili individuate sono:

 ASPETTATIVA DI VITA NORMALE: la persona che viene sacrificata è sana;

 ASPETTATIVA DI VITA RIDOTTA: la persona che viene sacrificata è gravemente malata e morirà a breve.

 STRUMENTALE: la persona che viene sacrificata è intenzionalmente utilizzata come “mezzo” per salvare un numero maggiore di persone.

 INCIDENTALE: il sacrificio della persona è una conseguenza prevista, ma non intenzionale, di un’azione volta a salvare un numero maggiore di persone.

 COINVOLGIMENTO: il sacrificio della persona permette di salvare, oltre alle altre persone, anche se stessi.

NON COINVOLGIMENTO: la propria vita non è in pericolo e il sacrificio della persona permette di salvare altre persone.

3.5 raccolta del dna: studio dei polimirfismi.

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3.6 Risultati

L’analisi dei dati del campione è stata svolta attraverso il software di analisi statistica SPSS 18.0. I dati sono stati sottoposti al calcolo della media e della deviazione standard sia per i dilemmi morali che per tutte le sotto scale dei reattivi psicologici. Successivamente è stata effettuata l’ANOVA a misure ripetute e, in seguito, calcolata la differenza dei punteggi per ciascuna delle coppie delle variabili prese in considerazione attraverso test per confronti appaiati.

Le variabili individuate per i dilemmi morali sono: 1. Azione incidentale vs Azione strumentale

2. Aspettativa di vita normale vs Aspettativa di vita ridotta 3. Coinvolgimento del sé vs Non coinvolgimento del sé

Dall’analisi statistica risulta che le risposte affermative fornite dai soggetti, per l’azione di tipo strumentale hanno una media di 0.38 e una deviazione standard di 0.33, mentre per l’azione incidentale la media delle risposte affermative è di 0,52 con deviazione standard di 0,32.

Prendendo in esame la variabile Aspettativa di Vita Ridotta la media calcolata è pari a 0,61 e la deviazione standard di 0.33, mentre per l’Aspettativa di Vita Normale la media è di 0,29 e la deviazione standard di 0,34.

L’analisi, in ultimo, mostra per l’ultima variabile una media di 0,45 per il coinvolgimento con deviazione standard di 0,32, e per il non coinvolgimento una media pari a 0,46 e deviazione standard di 0,33.

L’ANOVA per misure multiple ha evidenziato una differenza significativa delle condizioni di interesse (p=0,000).

Ciò è stato affermato anche dall’analisi successiva, il test t per campioni appaiati che ha individuato una differenza significativa tra azione incidentale e quella strumentale (p = 0,000), aspettativa di vita ridotta e quella normale(p =0,000) , ma non tra coinvolgimento e non coinvolgimento (p = 0,751).

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Figura 1: Risultati delle risposte affermative in relazione all’azione proposta nelle condizioni di interesse.

.

L’analisi prevede anche una valutazione dei tempi di reazione (RT) dei partecipanti alle domande dei dilemmi morali. La media dei RT nell’azione incidentale è di 12572,46 con deviazione standard di 4639,07, la media invece nell’azione strumentale dei RT è di 12873,21 con deviazione standard di 6178,04. Considerando l’aspettativa di vita ridotta si è ottenuta una media di 13847,71 e una deviazione standard di 4754,95, mentre per l’aspettativa di vita normale la media è di 11344,25 e deviazione standard di 5066,19. La variabile coinvolgimento ha ottenuto una media di RT pari a 12599,60 e deviazione standard di 5179,60, invece i tempi di reazione per il non coinvolgimento hanno avuto una media di 8418,13 con deviazione standard di 4735,14. L’ANOVA per misure ripetute ha evidenziato una differenza significativa emersa chiaramente nel test a campioni appaiati nella coppia tempi di reazione nel coinvolgimento e non coinvolgimento. Per quanto riguarda le altre due coppie, azione incidentale e strumentale (p = 0,636)non ha un risultato

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significativo, aspettativa di vita normale e ridotta invece mostra una differenza più significativa (p =0,005).

Figura 2: Risultati delle risposte affermative in relazione ai tempi di reazione alle variabili considerate.

Per la variabile giudizio di accettabilità morale i dati mostrano una media di 1,48 e una deviazione standard pari a 1,15 per l’azione incidentale , mentre per l’azione strumentale una media di 1,49 e deviazione standard di 1,30. Nella condizione di aspettativa di vita ridotta invece il giudizio di accettabilità ha una media 1,58 e una deviazione standard di 1,18, invece nella aspettativa di vita normale la media è pari a 1,39 3 la deviazione standard di 1,40. Per quanto riguarda il coinvolgimento la media è di 1,44 e la deviazione standard di 1,22, nel non coinvolgimento invece il valore della media è di 1,52 e quello della deviazione standard di 0,97. L’ANOVA a misure ripetute mostra ancora una volta una differenza significativa. Approfondendo l’analisi con il test per campioni appaiati, però, si notano nelle coppie dei risultati poco significativi: giudizio nell’azione

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incidentale e nell’azione strumentale (p =0,943), giudizio nella aspettativa di vita normale e ridotta (p = 0,262), giudizio nel coinvolgimento e non coinvolgimento (p = 491).

Figura 3: Risultati dei giudizi di accettabilità morale all’azione proposta in relazione alle condizioni delle variabili.

Sono stati valutati ancora altri valori: La valenza (piacevolezza/spiacevolezza) e arousal (attivazione emotiva). La valenza ha mostrato i seguenti risultati: nella azione incidentale una media di 1,87 e una deviazione standard di 1,10, mentre in quella strumentale una media di 1,97 e una deviazione standard pari a 1,08. Nella condizione di aspettativa di vita ridotta la media è di 1,92, in quella normale è di 1,92 la media, mentre la deviazione standard è di 1,19. Nel coinvolgimento il valore della media è di 1,92 e quello della deviazione standard è di

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0,81, nel non coinvolgimento invece la media è 1,91 con deviazione standard di 1,07. L’ANOVA per misure ripetute mostra una differenza significativa, l’analisi del test per campioni appaiati però mette in evidenza poca differenza tra le tre coppie, come mostra il grafico. La coppia valenza nell’azione incidentale- valenza nell’azione strumentale ha un risultato più significativo rispetto le altre due coppie (p =0,077); Valenza nell’aspettativa di vita ridotta – valenza nell’aspettativa di vita normale non ha mostrato differenza significativa ( p = 0,992); Valenza nel coinvolgimento – Valenza nel non coinvolgimento non ha mostrato una differenza significativa ( p = 0,925).

Figura 4: Risultati della valenzadell’azione proposta in relazione alle tre varibili.

I valori ottenuti per la variabile Arousal sono i seguenti: media nella condizione di azione incidentale pari a 6,95 con deviazione standard di 2,10. Nella

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condizione di azione strumentale la media è di 6,86 e la deviazione standard di 2,14. L’arousal nell’aspettativa di vita ridotta ha una media di 6,96 e una deviazione standard di 2,11, nell’aspettativa di vita normale invece la media calcolata è pari a 6,86 con deviazione standard di 2,13. La media nella condizione di coinvolgimento è 6,92 e la deviazione standard di 2,10, mentre nel non coinvolgimento la media è 6,90 e la deviazione standard 2,14. L’ANOVA per misure multiple mostra differenza significative ( p = 0,000), non confermate però nel test per campioni appaiati, come evidenzia il grafico. Infatti le tre coppie hanno ottenuto i seguenti risultati:

 Arousal nell’azione incidentale – arousal nell’azione strumentale (p = 0,311)

 Arousal nell’aspettativa di vita ridotta- arousal nell’aspettativa di vita normale ( p = 0,248)

 Arousal nel coinvolgimento – Arousal nel non coinvolgimento ( p = 0, 833)

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Su queste variabili sono state condotte indagini per trovare delle correlazioni. E’ emersa una correlazione rilevante tra il coinvolgimento nell’azione dei dilemmi e la valenza nella condizione di coinvolgimento ( r = - 0,36 ).

Figura 6: Risultati della correlazione bivariata tra le variabili Azione nella condizione di Coinvolgimento e Valenza nella condizione di Coinvolgimento.

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Figura 7: Grafico correlazione tra la variabile azione in condizone di coinvolgimento e valenza.

Come detto in precedenza, sono stati somministrati dei reattivi psicologici e sono state analizzati i dati delle loro sottoscale cercando qualche correlazione significativa tra le stesse e poi con i dati ottenuti ai dilemmi morali.

L’analisi inziale ha visto calcolate le medie e le devizioni standard di ciascuna sottoscala. Ecco i risultati ottenuti:

Statistiche descrittive

N Minimo Massimo Media Deviazione std.

consap_Val_se 30 24,00 55,00 38,8000 7,32685 autogest 30 43,00 63,00 53,1333 4,45462 Comp_Soc 30 49,00 73,00 61,2000 5,87455 Relat_Man 30 40,00 64,00 52,1333 5,10398 Leadership 30 17,00 32,00 24,1000 3,26264 Validi (listwise) 30

Figura 8: Risultati delle medie e deviazione standard delle sottoscale del OREIQ.

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Figura 9: Risultati dei valori delle medie delle sottoscale del OREIQ.

La sottoscala Autogestione correla con le seguenti sottoscale:

 Competenza Sociale ( r = 0,54);

 Relationship Managment ( r = 0, 54);

 Leadership ( R =0, 47);

La sottoscala Competenza Sociale correla con:

 Relationship managment ( r =0,68);

 Leadership ( r = 0, 60);

La sottoscala Relatioship managment correla,oltre che con i precedenti anche con Leadership( r = 0, 84);

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Figura 11: Grafico correlazione sottoscala Autogetione – Competenza sociale OREIQ.

Figura 12: Grafico di correlazione tra Autogestione – Relationship Managment OREIQ.

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Figura 13: Grafico di correlazione tra Autogestione e Leadership OREIQ.

Figura 14: Grafico di correlazione tra Competenza sociale e Relationship Managment OREIQ.

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Figura 15: Grafico di correlazine tra Competenza sociale e Leadership OREIQ.

Figura 16: Grafico di correlazione tra RelationshipManagment e Leadership OREIQ.

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Per quanto riguarda le sottoscale del POMS i risultati ottenuti sono i seguneti:

Statistiche descrittive

N Minimo Massimo Media Deviazione std.

TENS_ANSIA 30 ,00 26,00 8,8667 6,99129 DEPR_AVV 30 ,00 29,00 5,9667 6,22278 AGGR_RABBIA 30 ,00 25,00 6,7000 7,19267 VIGORE_ATT 30 3,00 32,00 17,0000 6,56007 STANC_IND 30 ,00 18,00 8,3667 4,83866 CONF_SCON 30 ,00 20,00 8,0333 4,62738 Validi (listwise) 30

Figura 17: Risultati delle sottoscale del POMS nei valori di medie e deviazione standard.

(39)

Le sottoscale Del POMS tutte correlano in modo significativo tra loro, come mostrano i valori della seguente tabella:

Figura 19: Risultati correlazioni sottoscale POMS.

Figura 20: Grafico di dispersione, correlazione tra Tensione-ansia e depressione avvilimento, POMS.

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Figura 21: Grafico di dispersione, correlazione tra Tensione-ansia e Aggressività-Rabbia. POMS.

Figura 22: Grafico di dispersione, correlazione tra Tensione-ansia e Vigore-Attività, POMS.

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Sono state trovate correlazioni anche tra La sotto scala Aggressività – Rabbia del POMPS, e la variabile Giudizio nella condizione incidentale ( r =0,44), strumentale ( r = 0, 43), aspettativa di Vita ridotta ( r = 0, 51), coinvolgimento (r = 0,41), non coinvolgimento ( r =0,39).

INSERIRE TABELLA E GRAFICO DISPERSIONE

Inoltre, diverse connessioni del giudizio correlano con la sottoscala Fantasy del test IRI. La correlazione è mostrata nei grafici seguenti e i valori sono: Giudizio Incidentale - Fantasy ( r =0,41), Giudizio Strumentale – Fantasy (r =0, 38), Giudizio Aspettativa di Vita Normale– Fantasy (r = 0,41), Giudizio Coinvolgimento (r =0,42).

Figura

Figura  1:  Risultati  delle  risposte  affermative  in  relazione  all’azione  proposta  nelle  condizioni di interesse
Figura  2:  Risultati  delle  risposte  affermative  in  relazione  ai  tempi  di  reazione  alle  variabili considerate
Figura 3: Risultati dei giudizi di accettabilità morale all’azione proposta in relazione  alle condizioni delle variabili
Figura 4: Risultati della valenzadell’azione proposta in relazione alle tre varibili.
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