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Valore aggiunto delle sequenze DWI nella valutazione RM dei pazienti affetti da Morbo di Crohn

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Ricerca Traslazionale

e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia

CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN

MEDICINA E CHIRURGIA

Tesi di laurea

Valore aggiunto delle sequenze DWI nella

valutazione RM dei pazienti affetti

da Morbo di Crohn

Candidato Relatore

Giulia Bertoni Chiar.mo Prof. Emanuele Neri

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INDICE

- CAPITOLO 1:

LA MALATTIA DI CROHN

Pag. 3

- CAPITOLO 2: SCOPO DELLO STUDIO

Pag. 33

- CAPITOLO 3: MATERIALI E METODI Pag. 35

- CAPITOLO 4:

RISULTATI

Pag. 39

- CAPITOLO 5: CONCLUSIONI Pag. 45

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CAPITOLO 1

LA MALATTIA DI CROHN

La malattia di Crohn (MC), un eponimo basato sulla descrizione fatta da Crohn, Ginzburg e Oppenheimer nel 1932, esiste da secoli. Luigi XIII di Francia

(1601-1643) soffriva di diarrea ematica ricorrente, febbre, ascessi rettali, ulcere all’intestino tenue e al colon e fistole dall’età di 20 anni, molto probabilmente causati dalla malattia di Crohn.1

EPIDEMIOLOGIA

L’incidenza della MC varia nelle diverse aree geografiche; l’incidenza è massima in Europa, nel Regno Unito e in Nord America.

Nel Nord America il tasso di incidenza varia da 3,1 a 14,6 casi per 100000 persone-anno e la prevalenza da 26 a 199 casi per 100000 persone-persone-anno.

In Europa l’incidenza varia da 0,7 a 9,8 casi per 100000 persone-anno e la prevalenza tra 8,3 a 214 casi per 100000 persone-anno.

La MC è di più raro riscontro in altre aree geografiche, eccetto che in Israele, Australia e Sud Africa.

Il picco di età di esordio varia tra i 15 e i 30 anni, con un secondo picco tra i 60 e gli 80 anni. Il rapporto maschi/femmine varia da 1,1 a 1,8:1.

Una maggiore incidenza (da 2 a 6 volte) è stata osservata nelle popolazioni di origine ebraica di Stati Uniti, Europa e Sud Africa. Inoltre, la frequenza della

malattia è variabile tra le popolazioni ebree, con una maggiore prevalenza (circa 2 volte) negli ebrei ashkenazi rispetto agli ebrei nati in Israele, ai sefarditi o quelli orientali. La prevalenza si abbassa progressivamente nelle popolazioni caucasiche non ebree, afroamericane, ispaniche e asiatiche. La prevalenza è più alta nelle aree urbane rispetto alle aree rurali e le classi socio-economiche più elevate sono quelle più colpite.

Il fumo si associa ad un rischio due volte superiore di sviluppare di sviluppare la MC; così come aumentano il rischio di sviluppare la malattia i contraccettivi orali e l’ aver subito un’appendicectomia.

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Esiste inoltre una predisposizione familiare; in un parente di primo grado il rischio di sviluppare la malattia nel corso della vita aumenta del 10%. Se entrambi i genitori sono affetti, ciascun figlio ha una probabilità del 36% di esserne colpito. Il 58% dei gemelli monozigoti è concordante mentre per i gemelli dizigoti la concordanza è del 4%. La localizzazione anatomica e il fenotipo clinico sono inoltre concordi all’interno della stessa famiglia.

Altre evidenze di una predisposizione genetica derivano dall’associazione con alcune sindromi genetiche (come la sindrome di Turner e la sindrome di Hermansky-Pudlack) e con alcune immunodeficienze (come

l’ipogammaglobulinemia, il deficit selettivo di IgA e l’angioedema ereditario). La glicogenosi di tipo 1b inoltre può presentarsi con lesioni del colon e del piccolo intestino simili a quelle della MC.2

EZIOPATOGENESI

Vi è accordo sull’ipotesi patogenetica secondo cui negli individui predisposti geneticamente sia fattori esogeni (come la normale flora luminare) che fattori dell’ospite (come la funzione barriera delle cellule epiteliali intestinali, la funzione immunitaria naturale e acquisita) causino uno stato cronico di alterazione della funzione immunitaria della mucosa che subisce ulteriori modificazioni da parte di specifici fattori ambientali (come il fumo). Sebbene l’attivazione cronica del sistema immunitario della mucosa possa rappresentare una risposta appropriata verso un agente infettivo sconosciuto, la ricerca di un agente causale non ha dato ancora risultati.

La MC è attualmente considerata come una risposta inappropriata alla flora microbica endogena all’interno dell’intestino, con o senza componente

autoimmunitaria. E’ importante sottolineare che in condizioni normali l’intestino contiene un gran numero di cellule immunitarie in continuo stato di cosiddetta infiammazione flogistica; benché sia pronto a fornire una risposta immunitaria completa , questa viene attivamente inibita.

Durante un processo infettivo, nell’ospite normale si verifica la completa attivazione del tessuto linfoide associato all’intestino, che viene rapidamente ridotta dallo smorzamento della risposta immunitaria e della riparazione tissulare. E’ possibile che nella MC questo processo non sia regolato normalmente.

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La MC è un disturbo poligenico che dà luogo a multipli sottogruppi clinici. Studi sul genoma dei pazienti hanno evidenziato loci associati alla malattia in diversi

cromosomi (alcuni dei quali in comune con la Colite Ulcerosa).

Associazioni con specifici geni sono per la maggior parte non definite; tuttavia sono stati individuati vari geni predisponenti. Uno dei geni coinvolti è CARD15; una mutazione con perdita di funzione di questo gene determina un’eccessiva

attivazione di NF-kB, oppure una diminuzione dell’attività antimicrobica intestinale riducendo la produzione di defensine da parte delle cellule di Paneth. Lo stato omozigote per questi alleni mutanti comporta un aumento di 40 volte di sviluppare la MC fibrostenosante, specialmente all’ileo.

Altre mutazioni associate allo sviluppo della malattia sono i polimorfismi di DLG5 e del recettore per l’IL-23.

Questi studi dimostrano l’importanza sia dell’immunità naturale sia di quella acquisita e il coinvolgimento di diversi tipi cellulari, tra cui le cellule epiteliali intestinali e i linfociti.

Alterazione della regolazione immunitaria

Il sistema immunitario della mucosa intestinale in genere non reagisce nei confronti del contenuto luminare grazie alla tolleranza orale. Quando un antigene solubile viene somministrato per via orale anziché sottocute o intramuscolo, si induce una specifica tolleranza verso quell’antigene; sono coinvolti in questo processo diversi meccanismi (eliminazione/anergia dei linfociti T reattivi, attivazione di linfociti T inibitori). Nella MC questo meccanismo di soppressione dell’infiammazione risulta alterato, portando ad un’infiammazione incontrollata.

A partire dalla predisposizione genetica insorge uno stato di infiammazione in cui cellule T CD4+ attivate nella lamina propria secernono citochine pro-infiammatorie, le quali a loro volta reclutano altre cellule infiammatorie, linfociti e cellule

mononucleosi dal torrente ematico.

In particolare nella MC svolgono un ruolo cruciale le cellule Th1 prodotte sotto lo stimolo dell’IL-12, mentre i macrofagi una volta attivati producono il fattore di

necrosi tumorale. Pertanto la colite nell’uomo potrebbe essere trattata con anticorpi che bloccano le citochine pro-infiammatorie, anticorpi che bloccano molecole associate al reclutamento leucocitario, citochine che inibiscono l’infiammazione e stimolano le cellule T regolatorie o promuovono la funzione di barriera intestinale.

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Cascata infiammatoria

Una volta sviluppata, la risposta infiammatoria immunitaria è perpetuata attraverso l’attivazione delle cellule T, mentre una cascata sequenziale dei mediatori

dell’infiammazione agisce propagandola. Le citochine infiammatorie hanno diversi effetti sui tessuti: promuovono la fibrogenesi, la produzione di collagene,

l’attivazione di metallo-protesasi tissutali e la produzione di altri mediatori

infiammatori. Esse inoltre attivano il sistema della coagulazione nei vasi sanguigni locali. Queste citochine sono normalmente secrete a seguito di un’infezione, ma la loro azione viene generalmente attenuata o inibita al tempo giusto per limitare il danno tissutale. Nella MC l’attività di queste citochine non è regolata, con conseguente squilibrio tra i mediatori pro-infiammatori e quelli anti-infiammatori. Alcuni farmaci utilizzati in terapia (come gli ASA) sono potenti inibitori di questi mediatori dell’infiammazione.

Fattori esogeni

La MC potrebbe avere anche un’eziologia infettiva non ancora ben definita. Studi osservazionali suggeriscono che diversi patogeni (per es. Salmonella, Shigella,

Campylobacter, Clostridium Difficile) possono dare inizio alla malattia innescando

una risposta infiammatoria che il sistema immunitario della mucosa non sarebbe poi più in grado di controllare. In ogni caso nei pazienti affetti da MC la normale flora batterica (Bacterioides, Clostridia ed Escherichia) è probabilmente percepita come patogena. Inoltre, agenti che alterano la flora intestinale come il metronidazolo, la ciprofloxacina e le diete elementari possono indurre un miglioramento della malattia. La MC risponde, inoltre, alla diversione fecale, il che dimostra che il contenuto luminale è un fattore in grado di peggiorare la malattia.

Fattori psicosociali possono contribuire al peggioramento dei sintomi. Eventi gravi della vita, come la malattia o la morte di un familiare, la separazione e altri eventi stressanti possono associarsi ad un’accentuazione dei sintomi, come dolore, alterazioni intestinali e sanguinamento.2

MORFOLOGIA

La MC può svilupparsi in qualunque area del tratto GI, ma le sedi più comuni in fase di esordio sono l’ileo terminale, la valvola ileociecale e il cieco. La malattia è limitata

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al solo intestino tenue in circa il 40% dei casi; nel 30% dei pazienti è coinvolto anche il colon, mentre nei restanti vi è coinvolgimento solo del colon.

La presenza di aree multiple di malattia, separate e nettamente delimitate, che danno origine a lesioni a salto, è caratteristica della MC e può aiutare la

differenziazione dalla colite ulcerosa. Sono frequenti le stenosi.

La lesione precoce della MC, l’ulcera aftosa, può progredire e spesso lesioni

multiple confluiscono a formare ulcere allungate e serpiginose orientate lungo l’asse dell’intestino. Sono fenomeni comuni la formazione di edema e la perdita della normale trama mucosa. Il non coinvolgimento di parti di mucosa, dovuto alla distribuzione discontinua della MC, dà origine ad un aspetto ad acciottolato nel quale il tessuto malato è depresso al di sotto del livello della mucosa normale. Spesso tra le pliche mucose si formano fissurazioni che possono estendersi in profondità fino a diventare tratti fistolosi o sedi di perforazione.

La parete intestinale è gommosa e ispessita per l’edema transmurale,

l’infiammazione, la fibrosi sottomucosa e l’ipertrofia della tonaca muscolare propria, tutti fenomeni che contribuiscono alla formazione di stenosi. Nei casi di notevole malattia transmurale, spesso il grasso mesenterico si estende intorno alla superficie sierosa (grasso rampicante).

Tra le caratteristiche microscopiche della MC attiva vi sono grandi quantità di neutrofili che si infiltrano e danneggiano l’epitelio delle cripte. I raggruppamenti di neutrofili all’interno di una cripta sono detti ascessi criptici e sono spesso associati alla distruzione delle cripte.

Nella MC l’ulcera è comune e il passaggio dalla mucosa ulcerata a quella normale adiacente può essere improvviso.

Persino nelle aree in cui un esame macroscopico suggerisce una malattia diffusa, al microscopio la patologia può risultare discontinua. Cicli ripetuti di distruzione e rigenerazione delle cripte portano ad una distorsione dell’architettura della mucosa; le cripte normalmente dritte e parallele assumono bizzarre ramificazioni e

orientamenti insoliti l’una rispetto all’altra.

La metaplasia epiteliale, un’altra conseguenza di una lesione cronica ricorrente, assume spesso la forma di ghiandole gastriche di tipo antrale, ed è definita

metaplasia pseudopilorica. La metaplasia a cellule di Paneth può verificarsi anche nel colon sinistro dove questo tipo di cellule normalmente è assente. Queste alterazioni architettoniche e metaplasiche possono persistere anche una volta risolta l’infiammazione attiva.

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L’atrofia della mucosa con perdita delle cripte può avvenire dopo anni di malattia. Granulomi non necrotizzanti, una caratteristica specifica della MC, sono presenti in circa il 35% dei casi e possono svilupparsi in aree di malattia attiva o in regioni non coinvolte a qualunque livello della parete intestinale. I granulomi possono essere presenti anche nei linfonodi mesenterici. I granulomi cutanei formano noduli detti MC metastatica. L’assenza di granulomi non esclude una diagnosi di MC.1

MANIFESTAZIONI CLINICHE

Sebbene la MC generalmente si presenti come un’infiammazione intestinale acuta o cronica, il processo infiammatorio evolve verso uno dei seguenti due quadri tipici: fibrostenotico-ostruttivo o fistolizzante-penetrante. Queste forme sono diverse per quanto concerne trattamento e prognosi. Le modalità di presentazione clinica dipendono dalla sede della malattia.

Ileocolite

Poiché la sede più colpita è in genere l’ileo terminale, la presentazione clinica più comune è costituita da una storia clinica di ricorrenti episodi di dolore addominale in corrispondenza della fossa iliaca destra con diarrea. Talvolta il quadro clinico

iniziale può simulare un’appendicite acuta, con dolore più intenso localizzato alla fossa iliaca destra, presenza di massa palpabile, febbre e leucocitosi. Il dolore solitamente è di tipo colico, pre-evacuativo o alleviato dall’evacuazione. Spesso è presente febbricola, mentre una febbre elevata suggerisce la formazione di un ascesso intraddominale. Il calo ponderale è comune, tipicamente il 10-20% del peso corporeo, ed è conseguente alla diarrea, all’anoressia e alla paura di mangiare.

Può essere palpabile una massa infiammatoria a livello della fossa iliaca destra: essa è costituita dall’intestino infiammato, dal mesentere adeso e indurito e dai linfonodi addominali ingrossati. L’estensione della massa può causare ostruzione dell’uretere destro o infiammazione vescicale, che si manifesta con disuria e febbre. L’edema, l’ispessimento e la fibrosi della parete intestinale nel contesto della massa caratterizzano il segno radiografico “a coda” del lume intestinale ristretto.

L’ostruzione intestinale può assumere diverse forme. Negli stadi iniziali della

malattia, l’edema della parete intestinale e lo spasmo inducono episodi intermittenti di ostruzione con un’accentuazione del dolore postprandiale. Dopo diversi anni,

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l’infiammazione persistente porta alla progressiva riduzione di calibro e alla

formazione di una vera stenosi. La diarrea diminuisce ed è sostituita dall’ostruzione cronica. Episodi acuti di ostruzione possono essere causati dall’infiammazione intestinale e dallo spasmo, o talvolta dall’addensamento di cibi non digeriti o di farmaci. Questi episodi generalmente si risolvono con la decompressione gastrica e con la somministrazione di soluzioni elettrolitiche per via endovenosa.

L’infiammazione grave della regione ileocecale può condurre ad un

assottigliamento parietale localizzato, con microperforazione e formazione di fistole comunicanti con le anse vicine, la cute o la vescica, oppure di cavità asessuali nel mesentere. Le fistole enterovescicali si manifestano tipicamente con disuria o ricorrenti cistiti o meno comunemente con pneumaturia o fecaluria. Le fistole enterocutanee seguono i piani cutanei meno resistenti, solitamente drenando attraverso le cicatrici chirurgiche addominali. Le fistole enterovaginali sono rare e si manifestano con dispareunia o con perdite vaginali fecaloidi o maleodoranti, spesso dolorose. E’ improbabile che esse possano svilupparsi senza una pregressa

isterectomia.

Digiunoileite

Una malattia infiammatoria estesa si associa a perdita di superficie digestiva e di assorbimento, con conseguente malassorbimento e steatorrea. I deficit nutrizionali possono derivare anche da scarso apporto e perdite enteriche di proteine e altri nutrienti. Il malassorbimento intestinale può causare, in pazienti con colon indenne, ipoalbuminemia, ipocalcemia, ipomagnesemia, coagulopatia e iperossaluria con nefrolitiasi.

Le fratture vertebrali sono causate dall’associazione di deficit di vitamina D,

ipocalcemia e prolungato uso di glucocorticoidi. La pellagra, dovuta alla carenza di vitamina PP (niacina), può svilupparsi nei pazienti con malattia estesa; il

malassorbimento di vitamina B12 può portare allo sviluppo di anemia megaloblastica e alla comparsa di sintomi neurologici.

La diarrea è caratteristica delle fasi attive di malattia; le cause principali sono: 1) proliferazione batterica nella stasi ostruttiva o nella fistolizzazione ;

2) malassorbimento di acidi biliari secondario a resezione o malattia dell’ileo terminale;

3) infiammazione intestinale con ridotto assorbimento di acqua e aumenta la secrezione di elettroliti.

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Colite e malattia perineale

I pazienti con colite accusano febbricola, malessere, diarrea, dolore addominale crampiforme e talvolta ematochezia. Il sangunamento abbondante si manifesta in circa la metà dei pazienti con malattia a localizzazione esclusivamente colica. Solo l’1-2% dei pazienti presenta sanguinolento massivo. Il dolore è causato dal

passaggio di materiale fecale attraverso i segmenti di intestino crasso infiammati e ridotti di calibro. La ridotta compilance rettale è un’altra è un’altra causa di diarrea nella colite di Crohn. Il megacolon tossico, di rara osservazione, si può associare a grave infiammazione e a malattia di breve durata.

La formazione di stenosi può interessare il colon nel 4-16% dei pazienti e dà luogo a sintomi da ostruzione. Se la stenosi nel contesto della colite di Crohn non è valicabile in endoscopia, la resezione chirurgica deve essere presa in

considerazione, specialmente se il paziente presenta sintomi da ostruzione cronica. Inoltre, una malattia colica può portare alla fistolizzazione nello stomaco o nel duodeno, causando vomito fecaloide, oppure nel piccolo intestino medio o prossimale, causando malassorbimento da “cortocircuito” e contamianzione

batterica. Il 10% delle donne con colite di Crohn sviluppa una fistola rettovaginale. La malattia peritoneale colpisce circa un terzo dei pazienti con colite di Crohn e si manifesta con incontinenza, stenosi anale, fistola anorettale, e ascessi perirettali. Non tutti i pazienti con fistola perianale hanno un quadro endoscopico di

infiammazione colica.

Malattia Gastroduodenale

Nelle localizzazioni alte del canale alimentare, i sintomi sono nausea, vomito ed epigastralgia. I pazienti solitamente hanno una gastrite H. pylori-negativa. La seconda porzione duodenale è più frequentemente colpita rispetto al bulbo. Le fistole che si aprono nello stomaco o nel duodeno hanno origine dal piccolo o dal grosso intestino e non necessariamente indicano la presenza di un interessamento del tratto gastrointestinale superiore. Nelle fasi più avanzate di malattia

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ASPETTI BIOUMORALI

Le principali alterazioni bioumorali sono l’aumento della VES e della PCR. Nella malattia grave si riscontrano ipoalbuminemia, anemia e leucocitosi.2

MARKER SIEROLOGICI

Nel siero di pazienti con MC possono essere presenti gli anticorpi

anti-Saccharomyces cervisiae (ASCA), mentre nella colite ulcerosa si può riscontrare la

presenza di anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili con pattern di

immunofluorescenza di tipo perinucleare (pANCA). Gli ASCA riconoscono le sequenze di mannosio nella parete cellulare del S. cervisiae. La positività per gli ASCA si riscontra nel 60-70% dei pazienti con MC, nel 10-15% dei pazienti con colite ulcerosa e in oltre il 5% dei pazienti senza IBD. La sensibilità e specificità variano a seconda della prevalenza della malattia in una determinata popolazione. Tra i pazienti trattati presso un centro di riferimento , il 55% dei soggetti con MC è risultato sieroreattivo nei confronti della Omp C (outer membrane proteine C) di E.

coli; il 50-54% era positivo per gli anticorpi anti-I2, un omologo della famiglia dei

fattori di trascrizione batterici derivato da una sequenza associata a Pseudomonas

fluorescens. La combinazione di questi test migliora ulteriormente la capacità di

diagnosi della MC; in un gruppo di pazienti infatti si è rilevato che l’85% possedeva anticorpi almeno contro uno di questi antigeni, ma solo il 4% verso tutti gli antigeni. La positività anticorpale può essere utile per prevedere il fenotipo della malattia. La positività per gli ASCA è associata ad un aumento del tasso di complicanze precoci; i pazienti Omp C-positivi hanno maggior probabilità di presentare una malattia fistolizzante addominale, mentre i pazienti I2-positivivanno più spesso incontro a malattia fibrostenosante. I pazienti positivi per I2, Omp C e ASCA sono quelli con maggiore probabilità di avere subito interventi chirurgici all’intestino tenue. Circa il 50% dei pazienti con MC poi risulta positivo per la flagellina Cbir 1; l’espressione di tale antigene è associato a patologia ileale, fibrosante e fistolizzante.

Nei bambini positivi a tutti questi antigeni si può manifestare una malattia più aggressiva, con minor tempo di progressione verso una forma fisolizzante e/o stenosante.

Inoltre, il dosaggio questi anticorpi potrebbe essere utile nella valutazione del paziente con colite indeterminata.

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Tra gli altri marker sierologici delle malattie infiammatorie intestinali vi sono autoanticorpi anti-cellule caliciformi, autoanticorpi pancreatici, e un autoanticorpo contro l’isocrona 5 della tropomiosina riscontrata nelle cellule epiteliali del colon.2

CROHN’S DISEASE ACTIVITY INDEX

Il Crohn’s disease activity index (CDAI) è stato sviluppato per poter valutare il progresso o meno della patologia. L’indice è la somma di 8 componenti, (P1-P8) a ciascuno dei quali viene assegnato un peso specifico. La tabella seguente indica, per ciascun parametro, i valori di input con i rispettivi punteggi. Il valore di ciascun parametro viene moltiplicato per il fattore “peso” riportato nella colonna di destra della tabella.

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Parametro Input e punteggio Peso

P1. Numero di evacuazioni liquide o molli (valutate

nell’arco di una settimana) (numero intero, massimo due cifre) 2 P2. Dolore addominale

quotidiano (valutato nell’arco di una settimana) 0= assente 1= lieve 2= moderato 3= severo 5

P3. Benessere del paziente (valutato nell’arco di una settimana)

0= buono

1= leggermente inferiore alla norma 2= scarso 3= molto scarso 4= pessimo 7 P4. Presenza di complicanze No (0 punti)

Si (possibilità di selezione multipla, ogni complicanza si conteggia con un punto) - artralgia o artrite

- irite o uveite

- eritema nodoso, pioderma gangrenoso o ulcera aftoide

- fissurazioni, fistole o ascessi anali - altre fistole

- febbre nel corso della settimana precedente

20

P5. Assunzione di

difenossalato o oppiacei come antidiarroici

No= 0

Si= 1 30

P6. Massa addominale 0= nessuna0,4= dubbia

1= presente 10

P7. Ematocrito

a. tasto di selezione Uomo/Donna (per l’uomo il valore standard è 47, per la donna 42) b. si inserisce il valore attuale %(numero intero,

massimo 2 cifre

Il calcolatore riporta la differenza in numero di punti percentuali)

6

P8. Peso corporeo

a. altezza in cm (numero intero di 3 cifre) b. peso (numero intero, massimo 3 cifre) Il calcolatore riporta la variazione % vs. il peso standard.

In caso di eccessi di variazione negativa il calcolatore riporta per questo parametro un punteggio massimo di -10 punti

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La formula di calcolo è la seguente: CDAI= (P1x2) + (P2 x 5) + (P3 x 7) + (P4 x 20) + (P5 x 30) + (P6 x 10) + (P7 x 6) + P8

L’uso più appropriato dell’indice CDAI consiste nell’effettuare valutazioni periodiche, verificando l’andamento del punteggio nel tempo. Negli studi clinici sulla malattia di Crohn che utilizzano l’indice CDAI, la risposta clinica viene definita come una diminuzione del punteggio di almeno 70 punti o di almeno il 25% nei soggetti con valore basale di CDAI maggiore o uguale a 220.

Il criterio di decodifica generalmente accettato è il seguente:3

ASPETTI ENDOSCOPICI

Gli aspetti endoscopici della MC comprendono assenza di lesione del retto, ulcere aftoidi, fistole e lesioni a salto (skip lesions). Con l’esame endoscopico è possibile prelevare campioni bioptici da una massa o in prossimità di una stenosi o

ispezionare i difetti di riempimento visualizzati al clima opaco. La colonscopia consente la valutazione, con possibilità di effettuare biopsie, dell’ileo terminale, mentre l’esofago-gastroduodenoscopia è utile quando si sospetta una

localizzazione gastroduodenale della MC. Le stenosi ileali o coliche possono essere trattate mediante dilatazione pneumatica endoscopica. L’endoscopia con

videocapsula (wireless capsule endoscopy, WCE) consente la visualizzazione diretta della mucosa dell’intero intestino tenue. La WCE ha una maggiore resa diagnostica nell’identificazione di lesioni suggestive di MC attiva rispetto

all’enterografia TC o allo studio radiologico con bario. La WCE non può essere eseguita in presenza di stenosi del piccolo intestino. La ritenzione della capsula si verifica in meno dell’1% dei pazienti con sospetta MC, ma si osserva nel 4-6% dei pazienti con malattia conclamata.

Score Decodifica

<150 Remissione 151-219 Attività lieve 220-450 Attività moderata

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IMAGING

La MC è caratterizzata da lesioni infiammatorie nel tratto GI, soprattutto a livello del colon e dell’ileo terminale.

Le tecniche di diagnostica per immagini risultano ad oggi fondamentali sia nella fase di diagnosi della malattia (dove permettono l’accertamento della presenza di malattia e la precisa definizione della sua localizzazione, della sua estensione e della sua severità), sia nel corso del follow-up (utile per il monitoraggio della risposta ad una terapia e/o per indirizzare verso diversi tipi di trattamento). Ecco i principali mezzi d’imaging impiegati nei pazienti con MC.

Radiologia tradizionale

Lo studio del transito intestinale con l’utilizzo di bario è stato per molto tempo considerato il gold standard per la valutazione dell’interessamento del piccolo intestino nel paziente affetto da MC. Questo tipo di indagine può offrire una visualizzazione diretta della mucosa con possibile evidenza dei più precoci

cambiamenti di parete radiologicamente rilevabili, ovvero le ulcere aftoidi. Sono poi osservabili ulcere più profonde e anse notevolmente separate tra loro a causa della proliferazione fibro-adiposa, oltre alla possibilità poi di individuare alcune

complicanze come stenosi luminali e fistole (che rappresentano invece uno stadio di malattia più avanzato). Qualora vi sia un sospetto di coinvolgimento colico, è inoltre possibile supplementare l’esame con un clisma a doppio contrasto, in modo tale da poter confermare, o escludere, la presenza della malattia a questo livello. Sono poi osservabili alcune delle complicanze extraintestinali della malattia come calcoli biliari e renali e i segni di una sacroileite.


Gli svantaggi principali di questa tecnica d’indagine sono rappresentati dall’utilizzo di radiazioni ionizzanti e dalla capacità di individuazione di un interessamento di malattia extra parietale solo in maniera indiretta. Per questi ed altri motivi, ad oggi, questa metodica ha un ruolo marginale nella diagnosi e nel follow-up.4

Ecografia

Gli ultrasuoni hanno un ruolo limitato, ma a causa della loro disponibilità e assenza di radiazioni ionizzanti è possibile utilizzarli come strumento di screening iniziale per la malattia attiva e anche per follow-up e complicazioni.

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L’utilizzo di ultrasuoni permette l’individuazione di un ispessimento di parete

(caratteristico della MC): è inoltre possibile, con la valutazione Doppler, esaminare la vascolarizzazione delle anse, risultando questa in netto aumento in caso di malattia. Sono inoltre individuabili anse rigide e non comprimibili, versamenti, proliferazione fibro-adiposa tra le anse, fistole e ascessi. Lo svantaggio principale è rappresentato dall’estrema operatore-dipendenza di questa tecnica diagnostica che, inoltre, non è in grado di valutare alcuni tratti intestinali (ad esempio il retto). C’è inoltre da aggiungere che la valutazione della vascolarizzazione non discrimina il livello di attività di malattia né è in grado di identificare con precisione il tratto di parete interessato dal processo infiammatorio.4

Tomografia computerizzata (TC)

La TC è una metodica (veloce, accessibile e non invasiva) che risulta molto utile nell’individuazione dell’interessamento transmurale di malattia. La sua risoluzione di contrasto per i tessuti molli è tuttavia inferiore a quella della risonanza magnetica; anche l’enhancement contrastografico dei tratti interessati dal processo flogistico è meno rapido e di più difficile individuazione. Sono osservabili alla TC: comb sign, fat halo sign, enhancement e ispessimento della parete e come complicanze stenosi, fistole e ascessi. Un altro svantaggio (non trascurabile, vista la giovane età della maggior parte dei pazienti affetti da MC) della TC è rappresentato dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti.4

Risonanza Magnetica (RM)

Ad oggi la RM risulta essere una tecnica promettente nello studio dei pazienti affetti da MC, grazie all’elevata risoluzione di contrasto dei tessuti molli, all’acquisizione di immagini multiplanari e alla possibilità di effettuare studi funzionali.


Questa metodica d’indagine non è invasiva e non sfrutta l’utilizzo di radiazioni ionizzanti, aspetto assolutamente non irrilevante vista la predominanza di pazienti giovani affetti da IBD.


Il principale vantaggio della RM rispetto alle metodiche contrastografiche

convenzionali è però rappresentato dalla contemporanea visualizzazione del lume, della parete e dei reperti extra-intestinali (come linfoadenopatie, ascessi

mesenteriali, fistole etc.).


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fondamentale e questa viene ottenuta con l’utilizzo di mezzi di contrasto particolari somministrati per via orale o mediante l’utilizzo di un sondino naso-digiunale (enteroclisi con RM).

Si possono utilizare due tecniche per ottenere la distensione del piccolo intestino: - enterografia che sfrutta somministrazione orale del contrasto

- enteroclisma in cui il contrasto viene somministrato attraverso un sondino naso-digiunale.

Normalmente si esegue l’enterografia. Le sequenze solitamente utilizzate invece sono:

- FISP

- T2 con fat sat

- T1 pre e post-contrasto

- T2 senza fat sat da comparare alle sequenze T2 con fat sat - sequenze pesate in diffusione (DWI)

- FFE per studi cinetici

I segni della malattia rilevati alla risonanza magnetica sono molteplici, e lo spessore della parete intestinale è uno dei principali. Con una normale distensione lo

spessore della parete intestinale risulta essere 1-3 mm; nella MC questo spessore aumenta e viene categorizzato in lieve (3-5 mm), moderato (5-7mm) e severo (>7mm). Le sequenze maggiormente utilizzate per questa valutazione sono le T2 non fat sat. L’aumento dello spessore della parete intestinale è uno dei più comuni segni di attività infiammatoria, ma non è specifico della MC. Lo spessore della parete intestinale correla bene con l’attività di malattia.5

Un anomalo enhancement della parete dopo somministrazione del mezzo di contrasto è la conseguenza di un aumento della permeabilità vascolare e dell’angiogenesi. Ciò si osserva sia nella malattia attiva sia nella fibrosi. Anche l’enhancement può essere graduato in lieve, moderato e marcato a seconda dell’intensità rispetto alle vicine strutture vascolari.

L’enhancement della parete intestinale può essere categorizzato in uno dei seguenti pattern:

- omogeneo - mucosale - stratificato

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stratificato correla con una maggiore attività di malattia rispetto al pattern mucoso, il quale a sua volta risulta essere più severo rispetto al pattern omogeneo. Tuttavia differenti gradi di infiammazione e fibrosi possono essere presenti allo stesso tempo. Un forte enhancement omogeneo si può osservare in lesioni infiammatorie attive, il pattern mucoso per essere osservato necessita di un’ispessimento di parete con aumentato enhancement dello strato mucoso mentre il pattern stratificato è caratterizzato da un forte enhancement della mucosa della sierosa senza enhancement dello strato medio (ossia della sottomucosa e della

muscolare). Quest’ultimo pattern è caratteristico di malattia severa attiva o di malattia cronica di lunga data; lo strato medio comprende grasso, edema o tessuto fibrotico (questo può essere distinto usando una sequenza T2 fat sat).

L’aumento dell’intensità del segnale nelle sequenze T2 fat sat indica la presenza di edema, il che suggerisce che il paziente si trovi in fase attiva di malattia. La

presenza di ispessimento parietale con un basso segnale in T2 è maggiormente suggestiva di fibrosi. La soppressione del grasso è utilizzata per differenziare tra deposizione di grasso murale ed edema; infatti essa è il risultato di

un’infiammazione cronica. L’edema perimurale e i fluidi possono essere ben individuati e sono indicatori di malattia in fase attiva. Anche l’intensità del segnale T2 può essere graduata in lieve, moderata e marcata.5

Altri importanti rilievi che si possono evidenziare alla risonanza magnetica sono le ulcerazioni (quando sono moderate e profonde, si ha inoltre aumentato

enhancement dopo somministrazione di mezzo di contrasto), la perdita delle

normali haustrature (questo reperto prende il nome di “tubo di stufa”), il “comb-sign” (determinato dall’ingorgo vasale a livello del mesentere), l’ipertrofiia del grasso sottosieroso e le lesioni a salto (quando la malattia coinvolge più tratti intestinali). Anche le complicanze della malattia sono osservabili alla RM. Le stenosi si possono presentare come un ispessimento della parete intestinale associato a dilatazione del lume intestinale a monte. Le fistole sono una complicanza frequente e si possono osservare come tra due anse intestinale, tra anse e organi cavi o ancora tra le anse e la cute. Anche gli ascessi si riscontrano spesso nei pazienti con MC.

Si è osservato, e sarà oggetto del nostro studio, che l’infiammazione intestinale, le fistole e gli ascessi mostrano una restrizione della diffusione, con segnale alto nelle sequenze DWI e basso nelle ADC.5

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Fin dal 1990, la DWI è stata utilizzata nel campo neuro-radiologico, in primo luogo nell’individuazione di lesioni ictali ma anche nella diagnosi di altre patologie

intracraniche, quali ad esempio tumori, processi infiammatori, traumi, depressione, demenza ed epilessia. I recenti progressi tecnologici a livello di hardware e di bobine hanno consentito un sempre maggior impiego di questa tecnica anche nell’ambito dell’imaging addominale.6

La DWI riflette i cambiamenti della motilità dell’acqua causati dall’interazione con membrane, macromolecole, e alterazioni dei tessuti che modificano i moti Browniani e la distribuzione dei fluidi fornendo informazioni sia qualitative sia quantitative.6 Il grado di restrizione della diffusività dell’acqua è inversamente correlato alla densità cellulare e all’integrità delle membrane. Il movimento dell’acqua è più ristretto nei tessuti con alta densità cellulare (come i tumori) e impermeabilità delle membrane. Nei tessuti a bassa densità cellulare o con deterioramento delle

membrane il movimento dell’acqua è meno vincolato. Quindi se è presente alta densità cellulare la diffusione è ridotta, se invece è presente bassa densità cellulare la diffusione è alta. Nei tumori eterogenei, nelle porzioni cistiche o necrotiche la mobilità delle molecole d’acqua è meno ristretta.7

Le alterazioni infiammatorie nella parete intestinale mostrano una diffusività ristretta sulle immagini DWI, in particolare, appaiono iperintense sulle immagini DWI con alti b-value e presentano basso segnale di ADC.

L’uso della sequenza DWI aiuta a quantificare la restrizione della diffusione. La DWI viene eseguita utilizzando sequenze T2 pesate con soppressione del grasso con l’aggiunta di un gradiente di diffusione chiamato b-value. Aumentando il coefficiente di diffusione il segnale nell’area di diffusione decresce più rapidamente, mentre nelle regioni in cui si ha restrizione della diffusione il segnale decresce più lentamente.7 La sensibilità delle sequenze DWI al movimento dell’acqua può essere quindi variata cambiando l’ampiezza del gradiente, la sua durata e l’intervallo fra i due gradienti. Nelle apparecchiature RM di uso clinico questa sensibilità è facilmente modulabile agendo sul parametro “b” che è proporzionale ai tre fattori.6

Nelle porzioni più solide e cellulate la mobilità delle molecole di acqua è quindi più ristretta. La caduta del segnale può essere modulata utilizzando un’equazione monoesponenziale, biesponenziale o utilizzando modelli più complessi. Le immagini acquisite devono essere analizzate “post-processing” per estrarne mappe

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maggiormente utilizzata, disponibile su tutti gli scanner RM in commercio, è il metodo di montaggio monoesponenziale, che fornisce una singola mappa parametrica denominata mappatura apparente di coefficiente di diffusione (ADC

map). Questa mappa fornisce valori numerici per facilitare la quantificazione della

restrizione della diffusione. Questa tecnica è sufficiente per la maggior parte delle applicazioni di routine, ma trascura alcuni importanti parametri (come la diffusione con microcircolazione e la frazione di perfusione).7

Il b-value viene misurato in s/mm2, descrive la sensitività dell’impulso di diffusione, e al suo aumentare aumenta la sensitività e quindi la pesatura in diffusione ma si abbassa il rapporto segnale-rumore. Saranno necessari quindi bassi valori di b ( circa 50-100 s/mm2) per rilevare molecole di acqua con un’alta mobilità o con una grande distanza percorsa e alti valori di b (circa 1000 s/mm2) per rilevare molecole di acqua con scarsa mobilità o con minime distanze percorse.7

Normalmente, per lo studio dei processi patologici, il valore utilizzato è 1000 s/mm2. Tale valore di b consente di minimizzare l’influenza sul segnale di micromovimenti più rapidi della diffusione, come la perfusione e la circolazione del liquido

cefalorachidiano.

L’acquisizione di dati con due o più b-value, consente di quantificare la restrizione della diffusività delle molecole d’acqua attraverso il calcolo dei valori di ADC tissutale, con creazione di mappe ADC. Queste sono generate automaticamente, pixel per pixel, da software dedicati, attraverso i quali il valore di ADC può essere calcolato matematicamente per ogni voxel attraverso un adattamento

mono-esponenziale alla relazione tra l’intensità di segnale misurato (in scala logaritmica) e i b-value.7

Uno degli usi maggiormente riconosciuti delle sequenze DWI è quello di utilizzare un valore di ADC come biomarker dell’attività di malattia.

Il valore della mappa ADC come biomarker è stato ampiamente studiato nei tumori del cervello e, più recentemente, in altri organi. Le misurazioni ADC richiedono immagini di elevata qualità con un’adeguato rapporto segnale/rumore perché gli artefatti (in particolare quelli di movimento) possono alterare le misurazioni. Queste limitazioni tecniche sono state ampiamente superate con la combinazione di elevati scanner magnetici RM (1,5 e 3T), la diminuzione del tempo di acquisizione, le bobine multicanale e le tecniche di immagini parallele. Nuove sequenze di impulsi, hanno contribuito ad una drastica riduzione del tempo di acquisizione, con

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conseguente riduzione della sensibilità alla peristalsi e ai movimenti respiratori.6 La mappa ADC viene usata per descrivere quantitativamente i risultati dell’immagine in vivo. Qualitativamente le mappe ADC appaiono come il negativo delle DWI, ma al contrario delle DWI, non risentono di alcuna pesatura T2 residua e contengono una precisa informazione quantitativa relativa ai processi diffusivi.

I valori quantitativi di ADC possono essere stimati disegnando delle regioni d’interesse (ROI) sia sul tessuto normale che patologico nelle mappe ADC.8 Lo studio della mappa ADC ha quindi il potenziale per diventare un potente strumento nel valutare e monitorare la malattia.

La sequenza single-shot spin-echo echo-planar (SS-EPI) è la tecnica di DWI maggiormente utilizzata. I vantaggi di tali sequenza includono un breve tempo di acquisizione e un rapporto segnale-rumore (SNR) relativamente elevato. D’altro canto, le sequenze EPI forniscono una limitata risoluzione spaziale e sono molto sensibili alle variazioni di suscettività. Le sequenze SS-EPI possono essere eseguite in apnea respiratoria, sincronizzate con il respiro oppure a respiro libero. La tecnica in apnea respiratoria è la più veloce, con il completamento della

scansione in meno di 1 minuto. Gli svantaggi di quest’acquisizione includono un basso SNR, una bassa risoluzione spaziale e un limite al b-value (generalmente <500 s/mm2). La DWI a respiro libero impiega 2-3 minuti per l’acquisizione, mentre le sequenze sincronizzate con il respiro impiegano fino a 7 minuti per essere completate.8

Diverse innovazioni tecniche sono state introdotte per migliorare la qualità dell’immagine, quali la soppressione del segnale del tessuto adiposo e

l’applicazione di tecniche di imaging parallelo per aumentare la risoluzione spaziale delle sequenze EPI e per ridurre la lunghezza del treno di echo e la distorsione causata da artefatti.

Il razionale riguardo l’uso delle DWI nella MC è triplice: in primo luogo può migliorare l’accuratezza della RM circa la rilevazione della malattia.

Secondariamente, può migliorare l'accuratezza della valutazione dell’attività della malattia e il monitoraggio del trattamento. Infine, la DWI può evitare la necessità di somministrare MdC endovena.

Attualmente i MdC a base di gadolinio non devono essere somministrati a pazienti con compromissione renale cronica, a causa del potenziale rischio di incorrere nella sindrome nefrogenica. Uno dei principali vantaggi delle DWI è quello di evitare l'uso

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di MdC a base di gadolinio. Poiché il tessuto infiammatorio limita la diffusione dell'acqua, l'intensità del segnale è elevata su DWI utilizzando valori di b elevati, mentre il segnale tissutale normale viene soppresso. Quindi, le immagini DWI con elevati valori b hanno un contrasto spontaneo che può evidenziare l'attività della malattia allo stesso modo delle immagini con MdC.7

Si ipotizza che le DWI potrebbero essere equivalenti o comunque non inferiori a sequenze dinamiche di RM con gadolinio per la rilevazione delle lesioni

infiammatorie nella MC. In queste DWI con alto valore di b si rileva la presenza di restrizione della diffusione (alta intensità del segnale associata a corrispondenti valori ADC bassi) della parete intestinale.

Diversi artefatti sono comunemente riscontrati durante l'esecuzione di sequenze DWI a livello dell'intestino. L'effetto T2-shine-through è correlato all’elevata intensità del segnale intestinale nelle immagini T2 pesate. Le DWI si basano infatti su

immagini T2 pesate con l'aggiunta di gradienti di diffusione specifici. Le DWI potrebbero pertanto dimostrare un'elevata intensità del segnale non correlata alla diffusione limitata, ma ad un’elevata intensità di segnale spontanea in immagini T2 pesate. In questi casi la mappa ADC consente di distinguere tra la vera diffusione limitata e la T2-shine-through. La diffusione limitata provoca valori bassi sulla mappa ADC, mentre la luminosità T2 manterrà valori ADC elevati. Gli effetti di

T2-shine-through possono essere ridotti con l'utilizzo di alti valori di b e bassissimi echo times.

7

Gli artefatti di movimento sono un’importante complicanza nelle DWI e sono maggiormente dovuti ai lunghi tempi di acquisizione. Questo è particolarmente significativo per le sequenze DWI intestinali. Questi artefatti possono essere ridotti con l'uso di appropriate tecniche di gating, con tecniche di acquisizione veloce delle immagini (ad es. Imaging ecoplanare o imaging parallelo) e con l'uso di agenti antiperistaltici endovenosi prima dell'acquisizione delle immagini (ad es.

N-butilscopolamina). Inoltre, sono stati sviluppati anche alcuni algoritmi software per la compensazione del movimento.6

Possono essere utilizzati durante l’acquisizione delle DWI sia valori di b molto bassi sia valori più alti. Un b-value di 1000 s/mm2 viene spesso utilizzato per ottenere un buon rapporto segnale/rumore anche se il valore di b ottimale da utilizzare nelle DWI non è stato ancora chiaramente definito.7

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Chiaramente l’analisi istologica mediante biopsia della mucosa intestinale resta l’indagine diagnostica più precisa. Essa è facilmente effettuabile nel caso di lesioni perianali o fistole il cui orifizio esterno si localizza a livello cutaneo; in pazienti privi di tali condizioni sarà invece necessario effettuare il prelievo bioptico in zone mirate dell’intestino durante indagine endoscopica.2

COMPLICANZE

Poiché la MC è un processo transmurale, lo sviluppo di aderenze sierose giustifica la formazione delle fistole e spiega la ridotta incidenza di perforazione libera. Una perforazione si verifica nell’ 1-2% dei pazienti, solitamente all’ileo, ma

occasionalmente nel digiuno o come complicanza del megacolon tossico. La peritonite da perforazione libera, specialmente colica, può risultare fatale. Ascessi addominali o pelvici si sviluppano nel 10-30% dei pazienti con MC durante il decorso della malattia. La terapia standard è il drenaggio percutaneo dell’ascesso sotto guida TC. Nonostante la piena riuscita della procedura di drenaggio, la maggior parte dei pazienti richiede la resezione del segmento intestinale interessato. Il drenaggio percutaneo si dimostra particolarmente inefficace in pazienti con ascessi della parete addominale.

La terapia sistemica con glucocorticoidi aumenta il rischio di ascessi addominali e pelvicipazienti con MC e mai sottoposti ad interventi chirurgici. Altre complicanze comprendono l’occlusione intestinale nel 40% dei casi, l’emorragia massiva, il malassorbimento e la malattia perineale grave.2

COMPLICANZE EXTRAINTESTINALI

Fino ad un terzo dei pazienti con MC presenta almeno una manifestazione extraintestinale della malattia.

Complicanze cutanee

L’eritema nodoso si sviluppa in oltre il 15% dei pazienti con MC; le lesioni cutanee compaiono dopo l’inizio dei sintomi intestinali e i pazienti frequentemente hanno una concomitante artrite periferica attiva.

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Raramente i pazienti vengono colpiti da pioderma gangrenoso, solitamente

compare dopo la diagnosi di malattia ma può anche precedere di anni l’esordio dei sintomi. Spesso si associa a malattia con decorso grave.2

Altre manifestazioni cutanee includono il pioderma vegetante, la piostomatite vegetante, la sindrome di Sweet, e la MC metastatica, una rara affezione

caratterizzata dalla formazione di granulomi cutanei. La psioriasi colpisce il 5-10% dei pazienti ma non è correlata con l’attività intestinale.

Le mariche (skin tag) perianal si riscontrano nel 75-80% dei pazienti con MC, soprattutto in quelli con malattia a localizzazione colica. Le lesioni mucose orali si osservano spesso, e comprendono la stomatite aftosa, e le lesioni ad “acciottolato” della mucosa del cavo orale.2

Complicanze reumatiche

L’artrite periferica è molto comune nei pazienti con MC, e peggiora con la

riacutizzazione della malattia intestinale. E’ asimmetrica, poliarticolare e migrante e molto spesso colpisce le grosse articolazioni delle estremità superiori e inferiori. Il trattamento si basa sul controllo dell’infiammazione intestinale.

La spondilite anchilosante si manifesta comunemente nei pazienti affetti da MC. L’attività della spondilite anchilosante non coincide con l’attività della malattia intestinale e molto spesso colpisce la colonna vertebrale e la pelvi, determinando lombalgia diffusa, dolore e rigidità mattutina. L’andamento è continuo e progressivo con danno scheletrico permanente e deformià.

La sacroileite è simmetrica, è spesso asintomatica e non correlata con l’attività intestinale e può evolvere in spondilite anchilosante.

Altre manifestazioni articolari sono l’osteoartropatia ipertrofica, l’osteomielite pevica/ femorale e la policondrite recidivante.2

Complicanze oculari

L’incidenza di complicanze oculari è pari all’1-10%. Le manifestazioni più comuni sono la congiuntivite, l’irite/uveite anteriore e l’episclerite. L’uvette si può riscontrare anche durante i periodi id remissione e può svilupparsi anche nei pazienti sottoposti a resezione intestinale. I sintomi includono dolore oculare, fotofobia, offuscamento visivo e cefalea. Un pronto intervento, talvolta con glucocorticoidi sistemici, è necessario per prevenire le cicatrizzazioni e il peggioramento del visus.

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Complicanze epatobiliari

Una stenosi epatica si riscontra in circa la metà delle biopsie epatiche patologiche di questi pazienti. Solitamente i pazienti presentano epatomegalia. La statosi epatica risulta dall’associazione della malattia cronica debilitante con la

malnutrizione e la terapia a base di glucocorticoidi. La colelitiasi si riscontra nel 10-35% dei pazienti con ileite o resezione ileale. La formazione di calcoli biliari è causata dal malassorbimento degli acidi biliari con conseguente deplezione del pool di sali biliari e secrezione di bile litogenica.

La colangite sclerosante primitiva (CSP), caratterizzata dall’infiammazione e dalla fibrosi dei dotti biliari intraepatici ed extraepatici, frequentemente evolve verso la cirrosi biliare e l’insufficienza epatica; non sono molti i pazienti coinvolti da questa complicanza ma la gran parte dei pazienti che hanno una CSP presentano una tra colite ulcerosa e MC. La maggior parte dei pazienti non ha sintomi, questi, ove presenti, sono astenia, ittero, dolore addominale, febbre, anoressia e malessere. I pazienti con malattia sintomatica sviluppano cirrosi e insufficienza epatica nell’arco di 5-10 annie alla fine richiedono il trapianto epatico. I pazienti affetti inoltre hanno un aumentato rischio di sviluppare cancro colorettale.

La pericolangite è una forma di CSP confinata ai piccoli dotti biliari, e solitamente ha una prognosi benigna.2

Complicanze urologiche

Le più frequenti complicanze genitourinarie sono la nefrolitiasi, l’ostruzione

ureterale e le fistole. La nefrolitiasi è partiolarmente frequente (10-20%) nei pazienti sottoposti a resezione intestinale.2

Malattie metaboliche dell’osso

I pazienti presentano una ridotta massa ossea nel 3-30% dei casi. Tale rischio è aumentato dall’uso di glucocorticoidi, ciclosporina e metotrexato, così come la nutrizione parenterale totale. Alla ridotta densità ossea contribuiscono anche il malassorbimento e lo stato infiammatorio. Ciò determina un’aumentata incidenza di fratture (soprattutto anca, polso, vertebre e coste) che risulta essere dell’ 1% per persona/anno.

L’osteonecrosi è caratterizzata dalla morte degli osteociti e adipociti e, alla fine, da collasso ossoeo. Il dolore è aggravato dal movimento e dalla tumefazione

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Disturbi tromboembolici

I pazienti con MC presentano un aumentato rischio di trombosi sia venosa sia arteriosa, indipendentemente dall’attività di malattia.2

Altre complicanze

Le manifestazioni cardiopolmonari più comuni sono l’endocardite, la miocardite, la pleuropericardite e la polmonite interstiziale. Un’amiloidosi secondaria o reattiva può riscontrarsi nei pazienti di lunga durata e causare stipsi, diarrea e insufficienza renale. La malattia renale può essere trattato con successo con la colchicina. Anche la pancreatite è una rara manifestazione extraintestinale.2

TERAPIA

Non esiste un trattamento curativo per la MC, perciò gli obbiettivi primari della terapia sono rappresentati dall’induzione e dal mantenimento della remissione, in aggiunta alla gestione di eventuali complicanze.


Nel paziente pediatrico un ulteriore obbiettivo è il corretto accrescimento.

Di seguito una breve trattazione dei principali farmaci utilizzati nella terapia della MC.2

Composti di acido 5-aminosalicilico (5-ASA)

I farmaci contenenti acido 5-aminosalicilico (5-ASA) sono da tempo utilizzati nel trattamento del MC e si pensa che agiscano localmente, a livello delle aree

mucosali interessate dal processo flogistico. Sono perlopiù utili nel trattamento delle forme di grado lieve-moderato che interessano il colon.

Buona parte del 5-ASA somministrato come tale non raggiunge l’ileo terminale o il colon in una quantità apprezzabile, perciò per risolvere tale problematica sono stati messi a punto diversi preparati che permetto al 5-ASA di arrivare nelle parti più distali del tenue e nel colon. Tali composti comprendono la sulfasalazina e la

mesalazina.

La sulfasalazina è costituita dal 5-ASA legato (mediante un legame azoico) ad una molecola di sulfapiridina. Tale struttura molecolare permette il transito nel piccolo intestino (dove viene assorbita solo parzialmente) e nel colon, dove avverrà la scissione del composto nelle due molecole, operata da azoriduttasi batteriche; tale

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reazione rende quindi disponibile il 5-ASA ad alte concentrazioni. La sulfasalazina ha azione antibatterica (sulfapiridina) ed antinfiammatoria (5-ASA) ed è utilizzata per indurre e mantenere la remissione. Purtroppo questo composto presenta un elevato tasso di effetti collaterali, i più rilevanti dei quali sono: reazioni allergiche, cefalea, anoressia, nausea e vomito, soppressione midollare.

Le nuove formulazioni prive di sulfapiridina rilasciano una maggiore quantità di componente farmacologicamente attivo sul sito di malattia e hanno una minor tossicità sistemica. Queste formulazioni sono conosciute con il termine di mesalazina, e i composti prevalentemente utilizzati sono Pentasa e Asacol.
 La prima è una formulazione di mesalazina rivestita di etilcellulosa che permette l’assorbimento di acqua nei microgranuli contenenti il principio attivo. L’acqua assorbita va a dissolvere il 5-ASA, che poi diffonde al di fuori dei microgranuli nel lume intestinale. Rispondono alla terapia il 40-60% dei pazienti.

L’Asacol invece è una formulazione gastroprotetta di mesalazina con il rilascio di 5- ASA a pH superiore a 7 (ovvero il pH corrispondente a quello che riscontriamo nell’ileo distale e nel colon). alla terapia rispondono il 40-60% dei pazienti.

La mesalazina per enteroclisma è efficace nelle forme lievi e moderate di colite e malattia perineale e la remissione si ottiene nell’80% dei pazienti. La combinazione di mesalazina per via orale e rettale è più efficace di ciascuna delle due terapie da sola.9

Glucocorticoidi

I glucocorticoidi vengono utilizzati nei pazienti in fase di malattia moderata-grave e riescono a indurre la remissione nel 60-70% dei casi. Gli effetti sistemici delle

formulazioni standard di glucocorticoidi hanno portato allo sviluppo di formulazioni a minor assorbimento e aumentato effetto di primo passaggio. Un esempio di queste nuove molecole è rappresentato dalla budesonide, la quale si è dimostrata quasi equivalente al più comune prednisone, ma con minori effetti collaterali sistemici.
 I glucocorticoidi non hanno nessun ruolo come terapia di mantenimento perciò, una volta ottenuta la remissione, la dose deve essere progressivamente ridotta.

Gli effetti indesiderati dovuti al loro prolungato utilizzo sono molti e comprendono: ritenzione idrica, redistribuzione lipidica, iperglicemia, osteonecrosi, osteoporosi, miopatia, disturbi della sfera emotiva.2

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Antibiotici

Il metronidazolo è efficace nella MC attiva, fistolizzante e perianale; si è inoltre dimostrato utile nella prevenzione delle recidive dopo resezione ileale.


I più comuni effetti collaterali sono rappresentati da nausea e gusto metallico; dopo una prolungata somministrazione può comparire una neuropatia periferica la quale può divenire, seppur in rari casi, permanente nonostante la sospensione del

farmaco. Anche la ciprofloxacina si è dimostrata utile nel trattamento del Crohn attivo, perianale e fistolizzante. Questi due antibiotici devono essere utilizzati come farmaci di seconda scelta.2

Tiopurine: Azatiopirina e 6-Mercaptopurina

L’azatiopirina e la 6- mercaptopurina sono analoghi purinici comunemente impiegati come agenti risparmiatori di glucocorticoidi in oltre i due terzi dei pazienti con MC. Nella maggior parte delle remissioni ottenute con glucocorticoidi, infatti, le tiopurine consentono di ridurre la posologia o di sospendere la terapia steroidea.

L’azatiopirina è rapidamente assorbita e convertita a 6-mercaptopurina (6-MP), la quale viene poi metabolizzata nel suo prodotto attivo finale, un inibitore della sintesi purinica e della proliferazione cellulare. Questi agenti, inoltre, riescono anche ad inibire la risposta immunitaria.

Il ruolo di queste molecole nel mantenimento della MC e nel trattamento della patologia perianale in fase attiva e fistolizzante appare promettente. Il loro uso è inoltre efficace nella profilassi postoperatoria.


Sebbene generalmente l’azatiopirina e la 6-MP siano ben tollerate, un 3-4% dei pazienti manifesta pancreatite (completamente reversibile con la sospensione del farmaco), nausea, febbre, rash cutaneo ed epatite. Può presentarsi, più

tardivamente, una mielodepressione (in particolare leucopenia) che impone un regolare monitoraggio dell’emocromo completo. inoltre alcuni individui mancano o presentano attività intermedia dell’enzima deputato al metabolismo del farmaco; entrambi i casi sono associati ad un aumentato rischio di tossicità.

E’ da notare inoltre che i pazienti con IBD trattati con questi farmaci hanno un rischio quattro volte superiore alla media di sviluppare un linfoma; tale rischio potrebbe dipendere dalla terapia, dalla malattia o da entrambe.2

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Metotrexato

Il metotrexato (MTX) è un antimetabolita che inibisce l’enzima diidrofolato-reduttasi, portando ad un’alterata sintesi del DNA. Il MTX inoltre riduce la produzione di IL-1.
 Può essere somministrato per via intramuscolare, orale o sottocutanea ed è

efficace nell’indurre la remissione e la riduzione della dipendenza da corticosteroidi.
 Gli effetti tossici del MTX comprendono leucopenia e fibrosi epatica perciò si

rendono necessari periodici controlli dell’emocromo e della funzionalità epatica, inoltre si possono riscontrare nausea, vomito e stomatite. La supplementazione con folati riduce il rischio che si abbiano questi effetti collaterali, senza ridurre l’attività antinfiammatoria del farmaco. Un effetto collaterale raro ma molto grave è

rappresentato dalla polmonite da ipersensibilità.2

Ciclosporina e Tacrolimus

La ciclosporina (CSA) esercita effetti inibitori sull’immunità cellulare e su quella umorale. Il suo meccanismo di azione si basa sulla formazione di un complesso con la ciclofilina; tale complesso inibisce la calcineurina, una fosfatasi citoplasmatica capace di indurre l’espressione del gene per IL-2. L’inibizione dell’IL-2 comporta una riduzione della risposta immunitaria cellulo-mediata.

La ciclosporina possiede una potenziale tossicità significativa che rende necessario un monitoraggio piuttosto frequente della funzionalità renale. I più comuni effetti collaterali sono: ipertensione, iperplasia gengivale, ipertricosi, parestesie, tremori, cefalea e squilibri elettrolitici. Un’altra complicanza della terapia con CSA è

rappresentata dalla possibilità di insorgenza di crisi epilettiche, specialmente in condizioni di ipomagnesiemia.

Il tacrolimus è un antibiotico della classe dei macrolidi con proprietà

immunomodulatorie simili a quelle della CSA. Questo composto, però, risulta cento volte più potente della ciclosporina e rispetto a questa è più facilmente assorbibile per via orale anche in presenza di localizzazioni prossimali della MC.

Il tacrolimus si è dimostrato efficace nei pazienti con coinvolgimento esteso del piccolo intestino, nella malattia steroido-refrattaria e nella MC fistolizzante refrattaria.2

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Terapie biologiche

La terapia biologica è spesso riservata a quei pazienti con MC da moderata a severa che non hanno risposto ad altre terapie.

Anticorpi antifattore di necrosi tumorale. La prima terapia biologica approvata

per la MC fu l’infliximab, un anticorpo IgG diretto contro il TNF-α. Il TNF è una citochina infiammatoria fondamentale e un mediatore dell’infiammazione intestinale. L’infliximab agisce bloccando il TNF nel siero e probabilmente distrugge i macrofagi e linfociti T produttori di tale citochina. Il 65% dei pazienti refrattari alla terapia con glucocorticoidi, alla mercaptopurina o al 5-ASA risponde ad infusioni endovenose di infliximab, mentre un terzo va incontro a remissione completa.

Questo farmaco è efficace anche in pazienti con malattia perianale refrattaria e con fistole enterocutanee, dove si ha un tasso di risposta parziale del 68% e un 50% di remissione completa.

Lo sviluppo di anticorpi verso l’infliximab (antibodies ti infliximab, ATI) è associato ad una ridotta risposta al trattamento e ad un aumento del rischio di reazioni

infusionali. La comparsa di questi anticorpi è più frequente nei pazienti sottoposti a infusioni episodiche piuttosto che periodiche. Una profilassi con idrossicortisone prima dell’infusione riduce il rischio di formazione di tali anticorpi.

Tra gli effetti collaterali si è osservato un aumentato rischio di sviluppare linfoma; altre complicanze sono le reazioni acute all’infusione, la malattia da siero, e un aumentato rischio di infezioni. Raramente si è osservata la comparsa di neurite ottica, crisi epilettiche, la comparasa o riacutizzazione di malattie demielinizzanti del SNC.

Natalizumab. Il Natalizumab è un’immunoglobulina G umanizzata ricombinante

diretta contro l’integrina α4, ed è efficace nell’induzione e nel mantenimento della remissione nei pazienti con MC. Le integrine sono espresse sulla superficie dei leucociti e funzionano come mediatori di questi all’endotelio vascolare.

Il Natalizumab è stato approvato per il trattamento dei pazienti con MC refrattaria o intolleranti alla terapia con anti-TNF.2

Terapie nutrizionali

Gli antigeni dietetici possono stimolare la risposta immunitaria mucosa. I pazienti con MC in fase attiva rispondono positivamente al riposo intestinale associato a nutrizione parenterale totale (NPT). La nutrizione entrale sottoforma di diete

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elementari o preparazioni a base di peptidi è efficace quanto i glucocorticoidi o la NPT, ma questi regimi dietetici sono sgradevoli al gusto. Le diete elementari possono fornire al piccolo intestino i nutrienti essenziali per la crescita cellulare senza le complicanze della NPT.2

Trattamento chirurgico

La maggior parte dei pazienti con MC necessita, nel corso dell’esistenza, di almeno un intervento chirurgico. Il ricorso al trattamento chirurgico è correlato alla durata e alla localizzazione della malattia.


L’intervento si rende necessario in circa l’80% dei pazienti con malattia dei piccolo intestino e nel 50% di quelli con localizzazione colica.

La chirurgia è indicata solo quando il trattamento medico non è efficace o quando insorgono complicanze che la rendono necessaria.2

Malattia dell’intestino tenue. Poiché il MC è una condizione cronica e recidivante,

qualora si renda necessario l’intervento occorre resecare il minore tratto possibile di intestino. Le opzioni chirurgiche nel trattamento della malattia stenosante

comprendono la resezione del segmento interessato e la stritturoplastica. La resezione rappresenta l’operazione maggiormente eseguita; la stritturoplastica è indicata in presenza di stenosi brevi con aree interposte di mucosa normale e in pazienti già sottoposti a estese resezioni intestinali, al fine di mantenere una lunghezza intestinale adeguata.


I fattori di rischio per la recidiva precoce includono il fumo di sigaretta, la malattia penetrante, una recidiva precoce dall’ultima operazione chirurgica, multipli interventi o una giovane età al momento del primo intervento chirurgico. In questo gruppo di pazienti dovrebbe quindi essere considerato un trattamento postoperatorio

aggressivo con mercaptopurina/azatioprina o infliximab. È inoltre raccomandato valutare la recidiva endoscopica tramite colonscopia a 6 mesi dopo l’intervento chirurgico.

Malattia colorettale. Un’elevata percentuale di pazienti con localizzazione colica

della malattia necessita di un intervento chirurgico per refrattarietà alla malattia, decorso fulminante o malattia perianale. Ci sono una serie di possibilità chirurgiche che vanno dal confezionamento di una stomia temporanea alla resezione dei segmenti interessati o dell’intero colon.


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permetterne la conservazione.


Una colostomia di protezione può migliorare il decorso di una malattia perianale grave e delle fistole, ma con la ricanalizzazione la malattia molto spesso (se non quasi sempre) recidiva. In questi casi si renderà necessaria una proctocolectomia totale con ileostomia definitiva.2

RISCHIO DI CANCRO NEI PAZIENTI CON MORBO DI CROHN

I fattori di rischio per lo sviluppo di cancro colorettale sono la malattia estesa e di lunga durata, la presenza di segmenti colici esclusi, stenosi coliche, colangite sclerosante primitiva nonché l’anamnesi positiva per cancro del colon. In uno studio su pazienti con estesa colite di Crohn, è stata rilevata una displasia o neoplasia maligna nel 22% dei casi al quarto esame di controllo, dopo una colonscopia di screening negativa.

Una colonscopia con biopsie multiple annuale od ogni due anni è particolarmente raccomandata nei pazienti con malattia colica estesa e di lunga durata.

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CAPITOLO 2

SCOPO DELLO STUDIO

Lo studio intestinale con esame RM fornisce molte informazioni per la valutazione della MC. Grazie alla RM si possono infatti identificare le principali caratteristiche della malattia, in particolare il coinvolgimento parietale (di mucosa e sottomucosa), extraparietale (linfonodi e mesentere) e le complicanze (ulcere, pseudopolipi infiammatori, stenosi, aderenze e fistole), necessarie ai fini di un’accurata diagnosi e stadiazione di malattia.

In questo ambito, una sequenza in crescente sviluppo è la diffusione (diffusion

weighted imaging, DWI), recentemente riconosciuta come nuovo biomarcatore

nella valutazione della attività di malattia nei pazienti con MC: in particolare oltre a migliorare la detection delle anse coinvolte e di conseguenza l'accuratezza

diagnostica della metodica sembra sia molto utile sia nella valutazione della attività di malattia e come accennano alcuni studi preliminari anche nel monitoraggio della risposta al trattamento medico, ovviando alla somministrazione di MdC ev.10,11,12,13

Attualmente nella pratica clinica standard i mezzi di contrasto a base di gadolinio non devono essere somministrati a pazienti con insufficienza renale cronica, a causa del potenziale rischio di fibrosi sistemica nefrogenica. Uno dei vantaggi principali delle sequenze DWI è proprio quello di evitarne l'uso facendo

affidamento al contrasto spontaneo che si ottiene con le sequenze stesse. Poiché il tessuto infiammatorio limita la diffusione dell'acqua, l'intensità del segnale nella sequenza DWI è elevata a b-value alti (b=800 s/mm2, b=1000 s/mm2), mentre il

segnale del tessuto normale viene soppresso.6 Quindi, le immagini DWI

presentano una sorta di contrasto naturale che può evidenziare l'attività della malattia allo stesso modo in cui le immagini migliorano dopo la somministrazione di MdC ev.

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Lo scopo del nostro studio è stato quello di valutare il valore diagnostico della sequenza DWI nella quantificazione dell’attività di malattia infiammatoria intestinale, in pazienti con MC sottoposti ad esame RM.

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CAPITOLO 3

MATERIALI E METODI

PAZIENTI

Nel periodo tra Febbraio 2017 e Agosto 2017, un totale di 42 pazienti (23 maschi ed 19 femmine) con MC sono stati sottoposti ad esame RM con campo magnetico 1.5T (Magnetom Symphony,Tim System, Siemens, Erlangen, Germany) ed inclusi nel nostro studio.

I pazienti arruolati eseguivano esame RM a scopo diagnostico-stadiativo o per follow up al fine di monitorare la risposta al trattamento. Sono stati esclusi i pazienti con claustrofobia o altre controindicazioni comuni all’esame RM quali la presenza di pace-maker cardiaco, di corpi estranei metallici, di allergia al gadolinio o di grave insufficienza renale (filtrato glomerulare <30 mL / min).

Tutti i pazienti avevano già eseguito una valutazione clinica completa (proteina

C-reattiva, calprotectina fecale, CDAI - Crohn’s disease activity index) e avevano diagnosi istologica certa che provasse lo stato di malattia; in particolare dei 42 pazienti indagati, 29 risultarono affetti da MC in fase attiva mentre i restanti 13 pazienti erano in fase cronica.

Ogni esame è stato interpretato in modo indipendente da due radiologi (uno esperto e uno junior) che non erano a conoscenza di dati clinici o biologici.

PROTOCOLLO DI STUDIO

I pazienti sono stati esaminati digiuni da almeno 6 ore; si ritiene infatti che il digiuno aiuti a limitare la peristalsi e massimizzi il contrasto tra lume e parete intestinale. Circa un’ora prima dell’esame ai pazienti sono stati somministrati per via orale di 1500 ml di soluzione acquosa iso-osmotica con polietilenglicole (PEG) ed elettroliti

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