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DESCRIZIONE E VALUTAZIONE ENDOCRINO-METABOLICA DELLA CASISTICA DI PAZIENTI LIPODISTROFICI AFFERENTI AL CENTRO OBESITA' DELL'U.O. ENDOCRINOLOGIA 1 DELL'AOUP.

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA

Scuola di Specializzazione in

Endocrinologia e Malattie del Metabolismo

“Descrizione e valutazione

endocrino-metabolica della casistica di pazienti

lipodistrofici afferenti al Centro Obesità

dell’U.O. Endocrinologia 1 dell’AOUP”

RELATORE

Chiar.mo Prof. Ferruccio Santini

CANDIDATO Dr.ssa Silvia Magno

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SOMMARIO

o  Riassunto……….pag 2

o  Introduzione………pag 3

o  Metodi………...………...pag13

o  Descrizione dei casi ……….…..…pag 15

o  Discussione………..……..…..pag 43

o  Tabelle………..……pag 57

o  Figure………..……….pag 68

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2 RIASSUNTO

Le sindromi lipodistrofiche costituiscono un gruppo di malattie rare, caratterizzate dalla perdita più o meno estesa del tessuto adiposo, che predispone allo sviluppo di insulino-resistenza e di complicanze ad essa correlate: diabete mellito, dislipidemia, epatosteatosi e più raramente sindrome dell'ovaio policistico.

Si classificano in sottogruppi: parziali o generalizzate a seconda dell'estensione della perdita del tessuto adiposo; acquisite o ereditarie a seconda della presenza di una causa genetica documentata.

In questa tesi viene presentata la casistica dei pazienti affetti da

lipodistrofia, seguiti presso il Centro Obesità dell’U.O.

dell’Endocrinologia 1 dal 2010 al 2017. Di questi 3 sono affetti da lipodistrofia congenita generalizzata di tipo 1 (o Sindrome di Berardinelli-Seip, CGL-1), 7 sono affetti da lipodistrofia familiare parziale (6 tipo Dunnigan e 1 tipo Kobberling), 2 presentano una lipodistrofia acquisita generalizzata (AGL), 7 una lipodistrofia acquisita parziale (APL), 2 presentano forme di lipodistrofia associata ad aspetto progeroide e 2 presentano una forma di lipodistrofia congenita parziale, associata a bassa statura, di natura ancora non definita.

Nella nostra casistica 16/23 pazienti (70%) presentano alterazioni del metabolismo lipidico (8 presentano una dislipidemia mista, 7 un’ipertrigliceridemia e 1 un’ipercolesterolemia). 19/23 pazienti (quindi l’82%) presentano alterazioni del metabolismo glucidico ed in particolare 13 hanno una diagnosi di diabete mellito di tipo 2, di cui 4 in

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3

terapia insulinica e 6 hanno una diagnosi di insulino-resistenza. L’ecografia dell’addome ha confermato la presenza di epatomegalia steatosica di vario grado per 19/23 pazienti (82%).

I valori di leptina medi sono notevolmente ridotti nelle forme generalizzate (1,3+1,1) più variabili, come atteso, nelle forme parziali (5,2+2,1).

La terapia delle lipodistrofie ha lo scopo di migliorare le complicanze metaboliche associate alla patologia. L’unico farmaco specifico per il trattamento di questa patologia è la leptina umana ricombinante, attualmente approvata negli Stati Uniti e Giappone per il trattamento delle lipodistrofie generalizzate, mentre in Europa è disponibile solo nell’ambito di programmi di terapia compassionevole.

In conclusione, la lipodistrofia è una malattia rara, poco conosciuta e spesso sotto diagnosticata, che richiede una competenza specifica sia in termini di diagnosi che per l’aspetto terapeutico.

INTRODUZIONE

Le sindromi lipodistrofiche costituiscono un gruppo eterogeneo di malattie caratterizzate dalla perdita più o meno estesa di tessuto adiposo sottocutaneo, in assenza di uno stato di deprivazione nutrizionale o di uno stato di aumentato catabolismo.

In base all’eziologia, vengono distinte in genetiche o acquisite e, in base al grado di perdita del tessuto adiposo, in generalizzate o parziali. Le forme congenite includono sottotipi a trasmissione autosomico recessiva e dominante mentre le forme acquisite possono riconoscere

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una causa autoimmune o dipendere dall’azione di alcuni farmaci (come nel caso di lipodistrofia indotta dalla terapia antiretrovirale, HAART, in pazienti HIV positivi).

Le lipodistrofie localizzate, causate da insulina o altri farmaci iniettati sottocute, e le lipodistrofie dovute ai farmaci antiretrovirali tipiche dei pazienti HIV positivi, rappresentano le forme più frequenti. Le altre forme, congenite o acquisite, sono classificate come malattie rare anche se, è importante sottolineare che spesso, soprattutto le forme parziali, sono sotto-diagnosticate.

Le sindromi lipodistrofiche sono frequentemente associate a molteplici alterazioni ormonali e metaboliche, quali insulino-resistenza con precoce comparsa di diabete mellito, ipertrigliceridemia e steatosi epatica non alcolica (NAFLD). In alcuni pazienti tali complicanze possono essere di difficile gestione e possono condurre alla comparsa di nefropatia e retinopatia diabetica, pancreatite acuta dovuta alla grave ipertrigliceridemia e chilomicronemia, cirrosi epatica e patologie cardiovascolari ad insorgenza precoce. Un’altra alterazione endocrina frequentemente riportata è la sindrome dell'ovaio policistico (PCOS) (1,2).

1.1 Ruolo del tessuto adiposo nell’omeostasi metabolica

La comprensione dei meccanismi patogenetici delle lipodistrofie ha contribuito a chiarire il ruolo che il tessuto adiposo svolge nel mantenimento dell’omeostasi metabolica.

Obesità e lipodistrofia rappresentano gli estremi opposti rispetto alla condizione nella quale una normale quantità e una corretta distribuzione

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corporea del tessuto adiposo garantiscono l'omeostasi metabolica. Oltre a rappresentare un deposito di lipidi in eccesso rispetto al fabbisogno energetico, il tessuto adiposo garantisce la disponibilità di energia e funge da organo endocrino.

Nell’individuo sano la presenza di una riserva adipocitaria garantisce l’espandibilità del tessuto adiposo nei casi di sovraccarico calorico. Nei soggetti lipodistrofici l’espandibilità del tessuto adiposo e la sua capacità di accumulare un surplus energetico viene superata anche per apporti calorici minimi. L’obesità è invece la condizione in cui viene superata la capacità di iperplasia e ipertrofia adipocitaria. Questo, in entrambi i casi, può comportare un accumulo di lipidi in siti ectopici quali fegato, muscolo, rene e pancreas. L'accumulo intra-epatico porta a steatosi epatica non alcolica (NAFLD) e resistenza insulinica epatica. E’stato ipotizzato che l’accumulo di diacilglicerolo nell’epatocita abbia un ruolo importante nella genesi dell’insulino-resistenza interferendo con i meccanismi di fosforilazione dei substrati recettoriali dell’insulina dai quali dipendono l’inibizione della gluconeogenesi e la stimolazione della glicogenosintesi. Anche l’accumulo intramuscolare porta allo sviluppo di resistenza insulinica e l'accumulo intrapancreatico può contribuire alla patogenesi del diabete (3,4).

Il tessuto adiposo è un organo endocrino, capace di secernere adipocitochine, come la leptina e l’adiponectina; questo aspetto ha un ruolo centrale nella patogenesi delle alterazioni metaboliche descritte nelle lipodistrofie. L'adiponectina (anche detta Acrp 30 o adipoQ nei topi) è una proteina di 244 aminoacidi, sintetizzata e secreta dal tessuto

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adiposo sottocutaneo (quindi “metabolicamente sano”) e risulta essere più elevata nei soggetti normopeso che negli obesi. Studi condotti sia in modelli cellulari che in modelli animali, hanno dimostrato che l'adiponectina riduce la gluconeogenesi epatica primariamente tramite la stimolazione del recettore 2 dell'adiponectina (AdipoR2) e l'attivazione del recettore 1 dell'AMPK (AdipoR1). Inoltre, l'effetto dell'AdipoR1 a livello ipotalamico promuove l'incremento della sensibilità insulinica e una riduzione dell'introito calorico.

La leptina (termine che deriva dalla parola “leptos” che significa “magro”) è una proteina di 167 aminoacidi, prodotta prevalentemente dal tessuto adiposo bianco e la sua concentrazione nel sangue è direttamente correlata alla quantità di grasso corporeo, riflettendo l'entità dei depositi energetici. La leptina agisce a livello ipotalamico dove induce il senso di sazietà, riduce l'introito calorico e aumenta la spesa energetica, regolando la produzione di ormoni come la pro-opiomelanocortina (POMC) e il neuropeptide Y (NPY). A livello periferico favorisce l'utilizzo del glucosio da parte del muscolo scheletrico, stimolando la proteina chinasi attivata dall'adenosina monofosfato (AMPK) che promuove l'ossidazione degli acidi grassi, in modo da proteggere i tessuti periferici dalla lipotossicità. Può inoltre esercitare il proprio effetto direttamente a livello del muscolo scheletrico, in particolare reclutando recettori α-adrenergici nel muscolo e tramite l'attivazione del sistema nervoso simpatico (4,5,6).

1.2 Diagnosi e classificazione delle lipodistrofie

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assenza parziale o generalizzata di tessuto adiposo, osservata all'esame obiettivo e convalidata da misure antropometriche come la plicometria e/o esami strumentali come la densitometria a doppio raggio fotonico (DXA) e la risonanza magnetica total-body (MRI). La presenza di specifiche caratteristiche fisiche, anamnestiche e comorbidità possono incrementare il sospetto di lipodistrofia. I livelli di leptina non sono determinanti per la diagnosi ma possono comunque supportarla e/o indirizzare la scelta terapeutica. Quando si ha un sospetto clinico ben definito possono essere richiesti i relativi test genetici: la genotipizzazione può includere un sequenziamento limitato al gene candidato, a un gruppo di geni, o può comprendere l'intero esoma o genoma. Lo screening genetico dei membri della famiglia può essere utile per identificare gli individui con fenotipi attenuati. La diagnosi differenziale include condizioni che si presentano con grave calo ponderale (malnutrizione, anoressia nervosa, diabete mellito non controllato, tireotossicosi, insufficienza corticosurrenalica, cachessia neoplastica, atrofia associata ad HIV, infezioni croniche). Le lipodistrofie generalizzate possono essere confuse anche con acromegalia, mentre le lipodistrofie parziali con sindrome di Cushing o con forme di obesità centrale. I pazienti devono essere seguiti nel tempo per identificare lo sviluppo di diabete, dislipidemia, steatosi epatica non alcolica, disfunzioni riproduttive, patologie cardiovascolari, renali ed epatiche (2).

Lipodistrofie congenite

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congenita generalizzata (CGL) che ha una modalità di trasmissione autosomica recessiva e la lipodistrofia parziale familiare (FPLD) che ha una modalità di trasmissione nella maggior parte dei casi autosomica dominante. Esiste poi un altro gruppo di patologie rare, su base genetica, in cui la lipodistrofia si associa a sindromi progeroidi.

Gli studi condotti fino ad oggi hanno portato all'identificazione di dodici geni coinvolti nella patogenesi delle lipodistrofie: quattro geni risultano mutati nella lipodistrofia congenita generalizzata (AGPAT2, BSCL2, CAV1, PTRF), otto nelle lipodistrofie parziali familiari (LMNA, PPARG, ZMPSTE24, AKT2, CIDEC, LIPE, ADRA2, PLIN1) (1,4).

I geni finora identificati codificano proteine spesso coinvolte in funzioni correlate al metabolismo lipidico. In particolare, è possibile classificare funzionalmente i geni implicati nella patogenesi delle lipodistrofie sulla base del fatto che siano principalmente coinvolti I) nella regolazione trascrizionale del differenziamento degli adipociti (LMNA, PPARG, ZMPSTE24, AKT2, BSCL2) II) nella disponibilità di substrati degli adipociti, in particolare di acidi grassi (CAV1, PTRF, LIPE, ADRA2) III) nella sintesi dei trigliceridi e fosfolipidi (AGPAT2) o IV) nella formazione della goccia lipidica (PLIN1, BSCL2, CIDEC) (1,3,6)

La lipodistrofia congenita generalizzata (CGL), conosciuta come sindrome di Berardinelli-Seip (BSCL), è una malattia rara a trasmissione autosomica recessiva caratterizzata dalla mancanza totale di tessuto adiposo sottocutaneo. Sono stati attualmente descritti in

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letteratura circa 250 casi di CGL, prevalentemente tra soggetti consanguinei e con frequenza maggiore in alcune aree geografiche. Viene generalmente diagnosticata alla nascita o entro il primo anno di vita, ed è accompagnata dalla presenza di muscolatura e rete venosa sottocutanea particolarmente evidenti, ernia ombelicale, epatomegalia e splenomegalia. Nel corso dell'infanzia, pazienti con CGL possono presentare iperfagia, crescita lineare accelerata, età ossea avanzata o aspetti pseudoacromegalici con ingrossamento della mandibola e delle estremità. Dal punto di vista metabolico, la sindrome è caratterizzata dalla precoce comparsa di iperinsulinemia che può portare allo sviluppo di un'acantosi generalizzata, seguita dalla comparsa di diabete mellito

durante l'adolescenza. Alcuni pazienti presentano grave

ipertrigliceridemia, soprattutto dopo l'insorgenza di diabete mellito tipo 2 con marcata insulino-resistenza e sono soggetti a ricorrenti episodi di pancreatite acuta per la grave ipertrigliceridemia. Può essere presente cardiomiopatia e ritardo mentale. E' frequente la presenza di epatomegalia con steatosi epatica severa che può evolvere in steatoepatite, cirrosi e scompenso epatico. Dopo la pubertà, nelle femmine compaiono irsutismo, clitoridomegalia, irregolarità mestruali, sindrome dell'ovaio policistico (PCOS) ed ipofertilità (1,4,7,8).

Sono stati identificati quattro sottotipi di CGL, sulla base della mutazione genetica responsabile delle caratteristiche cliniche (tabella 1) Le sindromi lipodistrofiche parziali familiari sono un gruppo di patologie estremamente rare, descritte per la prima volta negli anni Settanta, in modo indipendente da Kobberling e Dunnigan e mostrano

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generalmente una ereditarietà di tipo autosomico dominante. Durante l'infanzia i soggetti presentano una normale distribuzione del grasso corporeo; risulta pertanto difficile distinguerli dai soggetti non affetti. Dopo la pubertà, sviluppano una progressiva perdita di tessuto adiposo sottocutaneo a partire dalle estremità, con una riduzione variabile a livello del torace e dell'addome, dando l'impressione di un incremento della massa muscolare. Molti pazienti, soprattutto le donne, presentano depositi di tessuto adiposo a livello del volto, collo e in sede intraddominale; in particolare l’accumulo adiposo in sede dorsocervicale (gibbo di bufalo), sopraclavicolare e sottomentoniera conferisce a questi pazienti un aspetto tipicamente Cushingoide, tanto da rendere complessa la diagnosi differenziale (1,7,8,9).

Dal punto di vista metabolico, i pazienti con FPLD presentano ridotti livelli di colesterolo HDL, alterata tolleranza al glucosio o diabete, acanthosis nigricans; le donne possono essere altresì affette da irsutismo, sindrome dell'ovaio policistico (PCOS) e irregolarità mestruali. La prevalenza della PCOS è molto più elevata di quella nella popolazione generale (6-8 %); nonostante ciò l'infertilità è rara. Il rischio di sviluppare PCOS e complicanze metaboliche è più alto nelle donne che hanno un’eccessiva deposizione di tessuto adiposo in sedi ectopiche.

L'ipertrigliceridemia può essere particolarmente grave e complicarsi con una pancreatite acuta, mentre la steatosi epatica e l'acanthosis nigricans sono di entità minore rispetto ai soggetti con forme generalizzate di lipodistrofia.

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Alcuni pazienti possono presentare miopatia, cardiomiopatia oppure anomalie della conduzione cardiaca, ipertrofia muscolare, sindromi da compressione nervosa e gravi mialgie.

Rispetto ad altre forme di lipodistrofia, i pazienti con FPLD hanno livelli di leptina ed adiponectina lievemente ridotti, probabilmente per il fatto che la perdita di tessuto adiposo non è assoluta (1,3,8).

La FPLD comprende diversi sottotipi di lipodistrofie di cui i principali sono rappresentati dalla sindrome di Kobberling (FPLD1), dalla sindrome di Dunnigan (FPLD2) e dalla FPLD3 (tabella 2).

Le lipodistrofie congenite comprendono anche un gruppo di patologie rare, descritte in circa 30 pazienti che si caratterizzano per la frequente presenza di un aspetto progeroide (tabella 3).

Lipodistrofie acquisite

Le forme acquisite di lipodistrofia, delle quali in molti casi non è possibile determinare il fattore causale, si distinguono da quelle genetiche poiché alla nascita gli individui affetti presentano una normale distribuzione del tessuto adiposo e in risposta a specifiche noxae patogene (malattie autoimmuni, infezioni virali) sviluppano la malattia (tabella 4).

Sono stati complessivamente riportati 100 pazienti con lipodistrofia generalizzata acquisita (AGL). La prevalenza è maggiore nel sesso femminile (F:M=3:1). La perdita di tessuto adiposo si presenta in genere entro i 30 anni di età, in un arco temporale da qualche settimana fino ad alcuni mesi e coinvolge ampie regioni corporee, soprattutto il volto e le estremità, compresi la superficie palmare e plantare. Il grasso

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retrorbitario e i depositi nel midollo osseo sono spesso conservati. I soggetti con AGL presentano numerose analogie con la CGL; infatti gli individui affetti presentano appetito vorace, acanthosis nigricans, steatosi epatica e spesso bassi livelli di leptina. Sono predisposti all'insorgenza insulino resistenza, associata a diabete mellito e ipertriglicedemia e bassi livelli di HDL (1,8,9).

Tra le varie forme di lipodistrofia acquisita parziale (APL), un cenno particolare merita la sindrome di Barraquer-Simons, descritta in circa 250 pazienti, con una prevalenza nel sesso femminile di 4 volte superiore rispetto al sesso maschile. Compare tipicamente nell'infanzia o nell'adolescenza con la perdita di tessuto adiposo a livello del volto, collo, arti superiori, torace e addome superiore in ordine craniocaudale. I depositi adiposi a livello della regione glutea, delle estremità inferiori e dell'addome inferiore sono risparmiati o talvolta incrementati soprattutto nel sesso femminile. Benchè una chiara patogenesi della APL non sia ancora stata definita, queste forme risultano frequentemente associate a infezioni e patologie autoimmuni. Il 20% circa dei pazienti con APL sviluppa glomerulonefrite membrano-proliferativa (MPGN) che può condurre in alcuni casi all'insufficienza renale terminale con necessità di trapianto renale. Il 50% di questi pazienti tendono ad avere bassi livelli del fattore del complemento C3 e presentano immunoglobuline policlonali (fattore nefritico C3) che bloccano la degradazione dell'enzima C3 convertasi. E' stato ipotizzato che il fattore nefritico C3 induca la lisi degli adipociti che esprimono il fattore D (una serina proteasi detta anche adipsina) ed il differente

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grado di espressione del fattore D nei vari tessuti determina il pattern cranio-caudale di perdita del tessuto adiposo sottocutaneo in questi pazienti. Rare mutazioni del gene lamina B2 sono state riscontrate in alcuni pazienti affetti da APL, con risultati non ancora del tutto chiariti (1,4,9)

METODI

In questa tesi viene presentata la casistica dei pazienti affetti da

lipodistrofia, seguiti presso il Centro Obesità dell’U.O.

dell’Endocrinologia 1 dal 2010 al 2017.

Tutti i soggetti sono stati sottoposti ad una valutazione endocrinologica ed internistica. In particolare ogni paziente è stato sottoposto ad anamnesi ed esame obiettivo con determinazione delle principali misure antropometriche quali peso (espresso in Kg), altezza (espressa in cm), indice di massa corporea (IMC=peso espresso in Kg/altezza espressa in metri al quadrato), circonferenza vita (espressa in centimetri e misurata con metro flessibile in posizione eretta a metà strada tra l’ultima costa e la cresta iliaca), circonferenza fianchi (espressa in centimetri e misurata all’altezza delle natiche, mantenendo il metro in orizzontale) e plicometria con misurazioni a livello bicipitale, tricipitale, sottoscapolare, addominale, sovrailiaca, coscia e polpaccio (con plicometro Lange skinfold Beta Technology, Santa Cruz, California) che produce sul punto applicato una forza costante di 10 gr/mm2. Glicemia, emoglobina glicata (HbA1c), colesterolo totale, HDL e LDL,

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trigliceridi, AST, ALT, GGT, creatinina, insulina e leptina sono stati misurati per tutti i pazienti dopo digiuno notturno. Inoltre i pazienti hanno eseguito anche una raccolta delle urine per proteinuria delle 24 ore e lo screening per la presenza di autoanticorpi organo e non organo specifici.

Tutti i pazienti sono stati sottoposti a valutazione cardiologica con elettrocardiogramma ed ecocardiogramma per escludere eventuali cardiopatie subcliniche.

Per valutare inoltre l’impegno epatico, tutti i pazienti hanno eseguito un’ecografia addominale con misurazione del volume del lobo epatico sinistro (VLES), effettuato ponendo il paziente in decubito supino e utilizzando un apparecchio di ultima generazione (Tecnos, Esaote, Biomedica) con sonda convex provvista di bande di frequenza variabile tra 2,5 e 5 MHz, calcolato mediante formula dell’ellisoide di rotazione (diametro antero-posteriore x diametro laterale x diametro longitudinale x 0,52).

In un sottogruppo di 18 pazienti è disponibile la valutazione della composizione corporea ottenuta mediante densitometria a doppio raggio fotonico (DXA; Hologic QDR 4500; Hologic, Inc., Waltham, MAoppure Lunar DPX). Questo esame non è stato effettuato nei pazienti più giovani in considerazione dell’esposizione a raggi X. Sono stati definiti affetti da ipertrigliceridemia quei pazienti con valori di trigliceridi > di 150 mg/dl o pazienti in terapia con farmaci ipolipemizzanti (fibrati/niacina). Per la diagnosi di diabete sono stati seguiti i criteri ADA (American Diabetes Association).

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I pazienti hanno inoltre fornito il consenso per eventuali indagini genetiche o partecipazione a studi a scopo di ricerca e per l’utilizzo del proprio materiale fotografico. Tutti i pazienti, previo consenso, sono stati inseriti nel Registro Toscano delle Malattie Rare.

DESCRIZIONE DEI CASI

Ad oggi afferiscono al nostro centro 23 pazienti affetti da lipodistrofia (3 uomini e 20 donne). Di questi 3 sono affetti da lipodistrofia congenita generalizzata di tipo 1 (o Sindrome di Berardinelli-Seip, CGL-1), 7 sono affetti da lipodistrofia familiare parziale (6 tipo Dunnigan e 1 tipo Kobberling), 2 presentano una lipodistrofia acquisita generalizzata (AGL), 7 una lipodistrofia acquisita parziale (APL), 2 presentano forme di lipodistrofia a sindromi progeroidi e 2 presentano una forma di lipodistrofia congenita parziale di natura ancora non definita (tabella 5). Lipodistrofia Congenita Generalizzata

I pazienti affetti da lipodistrofia generalizzata congenita (CGL-1) presentano una mutazione del gene AGPAT2, localizzato sul cromosoma 9q34 ed espresso a livello di tessuto adiposo, fegato e muscolo che codifica per l'acilglicerolo-3-fosfato-aciltransferasi, enzima di 278 amminoacidi che svolge un ruolo cruciale nella sintesi dei trigliceridi catalizzando la reazione di conversione dell'acido lisofosfatidico in fosfatidato (11). Questa forma rappresenta il sottotipo più frequente e meno grave perché, a differenza del tipo 2, non è associato a ritardo mentale, cardiopatia e perdita del tessuto adiposo con funzione

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meccanica (palmo delle mani e pianta dei piedi) (12,13). Tutti i pazienti hanno presentato la malattia nell’arco dei primi mesi di vita con habitus lipodistrofico caratterizzato da assenza generalizzata di tessuto adiposo e aspetto pseudoipertrofico della muscolatura, elevati valori di trigliceridi, di transaminasi ed epatomegalia steatosica all’ecografia dell’addome. Dall’anamnesi familiare, esclusivamente la paziente 3 di 14 anni è nota essere figlia di genitori consanguinei. La mamma della paziente (portatrice della mutazione in eterozigosi) ha avuto altre due figlie da un secondo matrimonio, entrambe non affette. La diagnosi è stata fatta perché la paziente presentava fin dalla nascita una notevole riduzione del tessuto adiposo sottocutaneo e un aspetto pseudoacromegalico; gli esami ematochimici confermavano elevati livelli di transaminasi e trigliceridi. Il paziente 1, di 12 anni, è figlio unico. La diagnosi è stata posta perché la pediatra riscontrava già al 5° mese di vita un’evidente epatomegalia alla palpazione del fegato per cui effettuava esami ematochimici che evidenziavano incremento dei valori di transaminasi e trigliceridi (1000 mg/dl). Da lì veniva sospeso allattamento materno e introdotto latte vegetale con normalizzazione dei livelli di trigliceridi.

Il paziente 2, di 8 anni, ha un fratello e una sorella più grandi. Entrambi hanno eseguito lo screening per la ricerca di mutazioni di AGPAT2 e sono risultati negativi. Già dopo 10 giorni dalla nascita 2 presentava malessere generale, vomito e diarrea per cui si ricoverava c/o l'Ospedale di Bergamo. Gli esami ematochimici mostravano elevati valori di trigliceridi (1565 mg/dl), elevati valori di transaminasi AST e ALT (543 e 667 U/L) ed un fegato ingrandito all'ecografia dell'addome.

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Dal punto di vista fenotipico, all’esame obiettivo presentavano tessuto adiposo poco rappresentato a livello del tronco e degli arti superiori ed inferiori e pseudoipertrofia muscolare. Anche l’acantosi ascellare e retronucale e l’estroflessione della cicatrice ombelicale era una caratteristica comune (anche se maggiormente evidente nella paziente 3). L’aspetto pseudoacromegalico del volto e delle mani, il prognatismo erano particolarmente evidenti nella paziente 3 che presentava inoltre un marcato irsutismo diffuso agli arti inferiori, linea alba, solco intermammario e torace. Tutti i pazienti avevano, alla plicometria, uno spessore del tessuto adiposo sottocutaneo nettamente ridotto sia a livello degli arti che a livello dell’addome e sottoscapolare (Tabella 6).

Gli esami metabolici sono riportati nella Tabella 7. I pazienti 1 e 3

presentavano già un’insulino-resistenza con iperinsulinemia

compensatoria, ipetrigliceridemia ed epatomegalia steatosica

(maggiormente evidente nel paziente 1 che presenta elevati valori di VLES, tabella 8). Il paziente RS non presenta al momento complicanze. I valori di leptina erano notevolmente ridotti (leptina media 0,76+0,8). La restante valutazione ormonale basale non evidenziava alterazioni.

La paziente 3 ha eseguito anche la densitometria a doppio raggio fotonico (DXA) con evidenza di ridotti valori di massa grassa totale e agli arti superiori e inferiori e al tronco (tabella 9).

I pazienti 3 e 1 hanno intrapreso terapia con omega 3 e metformina. Lipodistrofia Familiare Parziale di tipo 2 (FPLD2)

Le 6 pazienti affette da lipodistrofia familiare parziale di tipo 2 o Sindrome di Dunnigan presentano mutazioni del gene LMNA, mappato

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sul cromosoma 1q11-23. Questo gene codifica, attraverso lo splicing alternativo, per due differenti proteine, la lamina A di 72 kDa e la lamina C di 67 kDa, entrambe proteine della superficie interna della membrana nucleare espresse ubiquitariamente (14). Mutazioni di questo gene sono coinvolte in una serie di malattie definite “laminopatie”, che possono presentarsi con quadri clinici molto diversi quali distrofie muscolari, cardiomiopatie, sindromi progeroidi e lipodistrofie.

Le pazienti che afferiscono a questa UO presentano diverse mutazioni: 5 pazienti presentano le mutazioni più comuni dell’esone 8 (R482W o R482Q); una paziente presenta una mutazione dell’esone 10 (R454H) che è stata recentemente descritta in letteratura ma non caratterizzata in dettaglio (15). Per tutte le pazienti è stata indagata la storia familiare, soprattutto in considerazione della trasmissione autosomica dominante della malattia. La paziente 4, di 53 anni, pur avendo parenti di primo grado (2 fratelli e due figli), non ha acconsentito allo screening genetico dei familiari. Le pazienti 6 e 5, rispettivamente di 52 e 23 anni, sono mamma e figlia. Lo screening dell’altro figlio di 6 è risultato negativo; la paziente ha anche due sorelle che non vogliono sottoporsi alle indagini genetiche. Le pazienti 7 e 8 di 57 e 54 anni sono invece sorelle e non hanno parenti di primo grado in vita. Tutte riferiscono più o meno esordio della malattia dopo la pubertà. All’esame obiettivo tutte le pazienti presentavano l’aspetto fenotipico tipico della sindrome di Dunnigan con accumulo del tessuto adiposo a livello del volto e del collo e scarsamente rappresentato soprattutto agli arti inferiori con pseudoipetrofia muscolare e vene prominenti; la cute presentava acantosi a livello ascellare.

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L’aspetto fenotipico delle pazienti è così caratteristico che le pazienti sembrano quasi “sorelle”. Le pazienti 5, 7 e 8 presentavano inoltre un marcato irsutismo e la paziente 5 anche acne al volto. Tutte le pazienti presentavano alla plicometria uno spessore del tessuto adiposo sottocutaneo ridotto a livello degli arti superiori e, soprattutto, soprattutto degli arti inferiori (tabella 6).

Gli esami ematochimici evidenziavano alterazioni del metabolismo glicidico e lipidico (tabella 7). In particolare le pazienti 5 e 6 presentavano un’insulino-resistenza con iperinsulinemia compensatoria per le quali è stata intrapresa terapia con metformina. 6 presentava inoltre una dislipidemia mista ed eseguiva già terapia con fibrati.

Delle due sorelle, 7 presentava alla curva da carico glucidico un diabete mellito di tipo II per il quale è stata intrapresa terapia con metformina e una dislipidemia mista per la quale iniziava terapia con omega 3. 8 presentava alla curva da carico glucidico un’insulino-resistenza con iperinsulinemia compensatoria per la quale veniva intrapresa terapia con metformina. Entrambe erano affette da ipertensione arteriosa.

La paziente 4 presentava già al momento della valutazione un diabete mellito di tipo 2 complicato da iniziale neuropatia sensitivo-motoria in terapia con metformina e una dislipidemia mista in terapia con ipolipemizzanti orali (omega 3 e statine). La paziente era inoltre affetta da cardiopatia ischemica cronica trattata con angioplastica e posizionamento di stent coronarico e ipertensione arteriosa.

Da segnalare che tutte le pazienti presentavano bassi valori di colesterolo HDL. In un lavoro di Garg et al del 2003 in cui viene valutata una

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casistica di pazienti affetti da FPLD2, sembra che, tra le due principali mutazioni (R482Q e R482W), R482Q sia maggiormente correlata allo sviluppo di diabete mellito di tipo 2 anche se non in maniera statisticamente significativa. Sembra inoltre che in questa categoria di pazienti, la gravidanza sia coinvolta nello sviluppo del diabete mellito di tipo 2 conclamato, probabilmente perché durante la gravidanza non avendo la possibilità di accumulare tessuto adiposo nel sottocute, come accade normalmente, incrementa quello viscerale (16).

La paziente 9 non presenta al momento complicanze metaboliche legate alla sindrome lipodistrofica. Anche dal punto di vista fenotipico, il tessuto adiposo sottocutaneo a livello degli arti inferiori e superiori è maggiormente rappresentato rispetto alle altre pazienti e questo probabilmente è la causa del miglior controllo glico-metabolico. Questa paziente ha deciso di sottoporsi ad intervento di chirurgia plastica di lipoaspirazione.

Dal punto di vista ormonale tutte le pazienti presentano valori di leptina ai limiti inferiori della norma (leptina media 4,9+1,6). Le pazienti 5

presenta inoltre una sindrome dell’ovaio policistico con

iperandrogenismo clinico e biochimico, oligoamenorrea e aspetto micropolicistico dell’ovaio all’ecografia transvaginale. Anche la paziente 7 presenta un iperandrogenismo. La restante valutazione ormonale di tutte le pazienti non evidenziava alterazioni.

L’ecografia dell’addome ha mostrato per tutte un’epatomegalia steatosica di grado medio-grave in tutte le pazienti eccetto che per 9 , unitamente ad un incremento del VLES (364+106 ml) particolarmente evidente per le

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pazienti 5 (che presentava già una steatoepatite alla biopsia epatica) e 4 (Tabella 8).

Anche la DEXA ha confermato la presenza di una ridotta massa grassa generale e particolarmente evidente a livello degli arti inferiori con un FMR (fat mass ratio: rapporto fra la percentuale di massa grassa del tronco e la percentuale di massa grassa degli arti inferiori) medio maggiore di 1.2, valore in linea con quello ottenuto in altri casi di lipodistrofia parziale (17-18).

Da segnalare che la RM cardiaca effettuata dalle pazienti 9 e 5 ha evidenziato un’irregolarità del profilo epicardico compatibile con multiple piccole aree di infiltrazione adiposa subepicardica, come descritto in letteratura (19).

Lipodistrofia Familiare Parziale di tipo 1 (FPLD1)

La paziente CK, di 48 anni, è affetta da Sindrome di Kobberling o FPLD-1. Questa patologia ha un’eredità autosomica tendenzialmente dominante, anche se non è stato identificato ancora un gene specifico coinvolto ma sembra più un’eredità poligenica (10). Si manifesta con perdita del tessuto adiposo principalmente agli arti inferiori ed accumulo a livello addominale/viscerale seguito dalla comparsa delle complicanze tipiche, quali insulino-resistenza fino al diabete, ipertrigliceridemia, bassi livelli di HDL ed epatomegalia steatosica (20). La paziente 10 collocava l’insorgenza della malattia (e quindi di questa distribuzione del tessuto adiposo) in età infantile con accentuazione però subito dopo la gravidanza. Portava in visione le foto della mamma e della nonna materna che presentavano un’analoga distribuzione del tessuto adiposo

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con gli arti inferiori molto sottili e un’accumulo del tessuto adiposo a livello centrale.

All’esame obiettivo anche lei presentava l’aspetto tipico della sindrome di Kobberling con pannicolo adiposo iporappresentato agli arti inferiori e accumulo del tessuto adiposo a livello dell’addome, acantosi ascellare e retronucale marcate.

La valutazione della plicometria confermava la presenza di uno spessore del tessuto adiposo sottocutaneo inferiore alla norma a livello degli arti inferiori, con un rapporto plica sottoscapolare/plica polpaccio di 3,5, in linea con i valori riportati in letteratura (20). Gli autori in questo lavoro hanno infatti studiato le caratteristiche di un gruppo di pazienti affetti da FPLD-1, individuando dei parametri utili per la diagnosi, in particolare il rapporto plica sottoscapolare/plica polpaccio (KOB Index) > 3,2 sembra essere altamente suggestivo della sindrome (sensibilità 89%, specificità 84%). Dal punto di vista metabolico presentava un diabete mellito tipo 2 per il quale è stata intrapresa terapia con metformina, e una dislipidemia mista per la quale eseguiva terapia con omega 3.

L’ecografia dell’addome aveva confermato una grave epatomegalia steatosica.

Dal punto di vista ormonale, i valori di leptina erano più alti rispetto alle altre forme di lipodistrofia e in linea con quelli riportati in letteratura per queste forme; la restante valutazione ormonale non evidenziava alterazioni.

Anche la DEXA confermava la presenza di una ridotta massa grassa particolarmente evidente a livello degli arti inferiori con un FMR >1.2.

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Lipodistrofia Generalizzata Acquisita (AGL)

La paziente 11 è affetta da una forma di lipodistrofia generalizzata acquisita su base autoimmune (o Sindrome di Lawrence) secondo la classificazione riportata in letteratura da Misra e Garg (21). Riferiva di aver presentato una progressiva perdita del tessuto adiposo sottocutaneo dall’età di 20 anni, successivamente ad un episodio di porpora

trombocitopenica su verosimile base autoimmune risoltasi

spontaneamente. Riferiva inoltre più o meno in quel periodo il rilievo di insulino-resistenza per la quale iniziava terapia con metformina e ipertrigliceridemia. Nel 2009 veniva posta diagnosi di diabete mellito per cui iniziava terapia insulinica progressivamente aumentata fino alla posologia attuale. Da segnalare che la paziente è stata sottoposta allo screening per la ricerca delle mutazioni dei geni LMNA e PPARG risultato negativo.

All’esame obiettivo mostrava un habitus marcatamente lipodistrofico con tessuto adiposo poco rappresentato a livello degli arti superiori, inferiori, tronco piante dei piedi e palmo delle mani; una pseudoipertrofia muscolare soprattutto a livello degli arti; irsutismo diffuso e acantosi ascellare e retronucale. La valutazione della plicometria confermava la presenza di uno spessore del tessuto adiposo sottocutaneo inferiore alla norma in tutte le sedi di repere (tabella 6). Abbiamo effettuato lo screening genetico del gene AGPAT2 risultato negativo.

Gli esami metabolici confermavano la presenza di un diabete mellito scarsamente controllato in terapia con insulina (70 UI/die di insulina rapida e 50 UI/die di insulina lenta) e antidiabetici orali

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(metformina/pioglitazone); un’ipertrigliceridemia in terapia con omega 3 e fibrati; epatomegalia steatosica e steatoepatite. Lo studio dell’autoimmunità evidenziava la presenza di autoanticorpi anti GAD, Ab antiparete gastrica, Ab anti PMScl100 e ANA. I valori di leptina erano inferiori alla norma (2 ng/ml) e la restante valutazione ormonale risultava nella norma.

La DEXA confermava la presenza di una ridotta massa grassa generale e particolarmente evidente a livello degli arti inferiori e superiori (tabella 9). Questa paziente rappresenta un fenotipo metabolico molto raro caratterizzato da una forma di diabete mellito a patogenesi mista, con una componente autoimmune (LADA) e con una grave insulino-resistenza tipica delle forme di lipodistrofia generalizzata. Riteniamo che, come già dimostrato in letteratura (22), potrebbe beneficiare della terapia con leptina umana ricombinante che pertanto stata intrapresa da qualche settimana.

La paziente 12 all’età di 6 mesi presentava un’episodio di panniculite delle grandi labbra. In tale occasione veniva riscontrata anche una grave neutropenia autoimmune e da allora la paziente presentava frequenti episodi febbrili. All’età di 23 mesi iniziava a perdere tessuto adiposo sottocutaneo e compariva una modesta epatomegalia steatosica e linfoadenopatie multiple. All’età di 26 mesi nuovo episodio di panniculite delle guance seguito da lipoatrofia del volto, delle estremità e dei glutei. Compariva anche splenomegalia e all’Ospedale Gaslini di Genova veniva posta diagnosi di sindrome linfoproliferativa autoimmune (ALPS), malattia associata a apoptosi anomala dei linfociti,

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linfoproliferazione e autoimmunità. E’una malattia che si trasmette in maniera autosomica dominante a penetranza variabile. Nella maggior parte dei pazienti con ALPS le mutazioni riguardano il gene che codifica per la proteina Fas dei linfociti (FAS) ma alcune forme di ALPS non comportano mutazioni nel gene FAS (come nel caso della nostra paziente). Si osservano comunemente linfadenopatie diffuse e splenomegalia. Dal punto di vista clinico, gli autoanticorpi spesso sono diretti contro gli eritrociti, i neutrofili e le piastrine e pertanto si manifestano frequentemente anemia emolitica, neutropenia autoimmune e porpora trombocitopenica autoimmune (23). Veniva intrapresa terapia con immunosoppressori (micofenolato, anakinra, steroidi). All’età di 30 mesi comparivano diabete mellito di tipo 2 e dislipidemia mista. L’autoimmunità organo-specifica risultava negativa ad eccezione della presenza di Ab anti gliadina. All’età di 4 anni per infarto splenico veniva sottoposta a splenectomia e per la presenza di una grave epatomegalia eseguiva una biopsia epatica che mostrava un’epatite cronica e segni di fibrosi. Presso il National Institute of Health (NIH) di Bethesda, sono state escluse mutazioni dei geni: FAS, BSCL2 e PSMB8. CL è giunta alla nostra attenzione all’età di 5 anni, segnalata al nostro centro in previsione di intraprendere terapia con leptina umana ricombinante. All’esame obiettivo si evidenziava una lipoatrofia diffusa del tessuto adiposo con perdita della bolla del bichat, un aspetto prominente della muscolatura e delle vene degli arti superiori e inferiori, irsutismo, acantosi ascellare e retronucale ed un’importante epatomegalia steatosica. Gli esami metabolici confermavano la presenza di un diabete mellito tipo 2

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scarsamente controllato dalla terapia con metformina, ipertrigliceridemia in terapia con fibrati e omega 3, valori elevati di transaminasi e GGT (Tabella 7). I valori di leptina erano pressochè indosabili. Si evidenziavano valori di cortisolo inferiore alla norma con ACTH soppresso per la terapia steroidea in atto (tabella 8).

Data la grave compromissione del quadro metabolico, abbiamo richiesto a scopo compassionevole la terapia con leptina umana ricombinante. Lipodistrofia Acquisita Parziale (APL)

La paziente 13 è una donna affetta da sindrome di Barraquer-Simons, una forma di lipodistrofia parziale acquisita che è caratterizzata da una progressiva perdita del tessuto adiposo sottocutaneo in senso cranio-caudale; compare infatti prima sul viso e si estende poi al collo, alle spalle, agli arti superiori ed al torace mentre gli arti inferiori e l’addome generalmente sono risparmiati. Si manifesta generalmente nell’infanzia o nell’adolescenza (prima dei 15 anni comunque) ed è più frequente nel sesso femminile (F:M =3:1) (24). La paziente riferisce perdita del tessuto adiposo sottocutaneo intorno ai 10 anni, inizialmente al volto poi arti superiori e torace. All’età di 19 anni veniva posta diagnosi di diabete mellito di tipo 2 e dislipidemia. E’stata sottoposta allo screening delle mutazioni dei geni LMNB2 e PPARγ che sono risultati negativi. In letteratura sono state descritte quattro pazienti affette da Sindrome di Barraquer–Simons con mutazioni del gene LMNB2 in eterozigosi ma non ne è stato chiarito il ruolo patogenetico (25). Da segnalare che nel Gennaio 2013, per il rilievo di una cardiomiopatia ipocinetica dilatativa con severa disfunzione ventricolare sinistra, la paziente è stata sottoposta

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ad impianto di pacemaker con dispositivo biventricolare.

All’esame obiettivo la paziente presentava una lipodistrofia parziale con riduzione del pannicolo adiposo a livello del volto e degli arti superiori; pseudoipertrofia muscolare a livello delle braccia, dei polpacci e dei glutei. Nel Dicembre 2012 gli esami metabolici evidenziavano la presenza di un diabete mellito di tipo 2 scarsamente controllato in terapia con metformina ed un’ipertrigliceridemia (vedi tabella 7). La valutazione ormonale risultava nella norma con valori di leptina di 7,8 ng/ml. L’ecografia dell’addome confermava la presenza di un’epatomegalia steatosica e la densitometria confermava ridotti valori di massa grassa soprattutto agli arti superiori. Da segnalare che la paziente ha sempre lamentato una sintomatologia dolorosa muscolo-tendinea soprattutto a livello delle mani. Nel Dicembre 2012 veniva intrapresa terapia con leptina umana ricombinante.

La paziente 14 riferiva insorgenza della patologia all’età di 6-7 anni con comparsa di macchie scure cutanee e poi all’età di 12 anni scomparsa del tessuto adiposo a livello degli arti inferiori ed eccessiva deposizione nelle spalle e parte prossimale degli arti superiori e rilievo di ipertrigliceridemia. All’età di 20 anni riferiva diagnosi di diabete mellito di tipo II in terapia inizialmente con antidiabetici orali poi dal 2001 in terapia insulinica. La paziente presentava già nel 2006 retinopatia e polineuropatia sensitivo-motoria diabetica. Nel 2008 presso il National Institute of Health (NIH) di Bethesda veniva inserita nel protocollo di studio sperimentale per l’utilizzo della leptina umana ricombinante in pazienti lipodistrofici. Per motivi personali, legati alle difficoltà di

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eseguire in modo regolare i controlli semestrali previsti dal trial, la paziente ha dovuto interrompere la terapia nel 2010. Nel Novembre 2013 la paziente giungeva alla nostra osservazione. Al momento della visita la paziente presentava una lipoatrofia diffusa a livello degli arti, con uno sviluppo delle masse muscolari apparentemente atletico. Erano riscontrabili caratteristiche acromegaloidi (prognatismo, ingrossamento delle estremità). L’assenza del tessuto adiposo non coinvolgeva le zone ad azione prettamente meccanica come il palmo delle mani e la pianta dei piedi. Era presente un accumulo di tessuto adiposo a livello delle spalle bilateralmente. Inoltre la paziente presentava un’importante acantosi a livello ascellare e retronucale .

Gli esami ematochimici mostravano uno scarso controllo del diabete

mellito (glicemia basale 213 mg/dl, HbA1c 95 mmol/mol),

ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia, nonostante assumesse la terapia farmacologica in modo regolare (tabella 7). Gli esami ormonali risultavano nella norma (tabella 8). La densitometria confermava valori di massa grassa ridotti soprattutto agli arti inferiori e al tronco (tabella 9). In considerazione del quadro clinico della paziente e dei notevoli miglioramenti che aveva presentato in corso della terapia con leptina, veniva deciso di riprendere il trattamento.

La paziente 15 riferiva una normale distribuzione del tessuto adiposo fino al 2003 (all’età di 32 anni) quando ha presentato una gravidanza complicata da preeclampsia e diabete mellito gestazionale. In tale occasione si riscontrava anche ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia. A partire dalla gravidanza riferiva di aver notato una progressiva

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modificazione della morfologia corporea caratterizzata da una riduzione della circonferenza degli arti inferiori e da un incremento della circonferenza della vita. Per il diabete mellito persistente dopo la gravidanza, iniziava terapia con antidiabetici orali e poi, nel 2012, terapia insulinica con scarso controllo dei profili glicemici. Per l’ipertrigliceridemia dal 2003 eseguiva terapia con fibrati e omega 3. Da segnalare che la proteinuria dopo la gravidanza persiste ed è presente anche un’insufficienza renale cronica di III stadio. La paziente giungeva alla nostra osservazione nel Maggio 2015. Per la lipodistrofia veniva effettuato lo screening dei geni più frequentemente associati a forme di lipodistrofia parziale congenita (PPRγ e lamina A/C) che è risultato negativo. All’esame obiettivo la paziente presentava tessuto adiposo normo/iper-rappresentato a livello addominale ed a livello del volto e scarsamente rappresentato a livello degli arti superiori ed inferiori bilateralmente, in particolare presentava glutei escavati. La plicometria confermava valori di spessore del tessuto adiposo inferiori alla norma agli arti superiori e inferiori, normali a livello addominale, iliaco e sottoscapolare (tabella 6). Gli esami ematochimici confermavano la presenza di un diabete mellito e un’ipertrigliceridemia non controllati dalla terapia farmacologica (tabella 7). Gli esami ormonali non mostravano alterazioni e i valori di leptina sierica erano di 7,5 ng/ml (tabella 8). Lo screening dell’autommunità organo e non organo-specifica evidenziava esclusivamente una debole positività degli Ab anti parete gastrica. La DEXA confermava valori ridotti di massa grassa agli arti inferiori e superiori (tabella 9). L’ecografia dell’addome evidenziava la

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presenza di un’epatomegalia steatosica di grado lieve. Veniva aumentata la terapia insulinica e con omega 3.

La paziente 16 riferiva insorgenza della patologia intorno ai 10 anni con riduzione del tessuto adiposo agli arti inferiori e accumulo a livello del volto e dell’addome. All’età di 12 anni riferiva inoltre comparsa di marcato irsutismo e diagnosi di diabete mellito di tipo 2 per i quali eseguiva accertamenti. Veniva escluso un ipercortisolismo e intrapresa terapia con antidiabetici orali modificata nel corso degli anni con scarso controllo glucidico (ultima Hb glicata 15,7%). Nel 2007 riferiva rilievo di ipertrigliceridemia per cui iniziava terapia con fibrati. Nel 2013 veniva posta diagnosi di lipodistrofia parziale acquisita. Le indagini genetiche escludevano alterazioni a carico di LAMNA e B2, AKT2, Caveolina 1, CIDEC, LIPE, PIK3R1, PERILIPINA 1, POLD-1, PPARG, ZEMPSTE24, PSMB8, TBC1D4. Nel Novembre 2016 giungeva alla nostra attenzione. All’esame obiettivo si evidenziava un habitus lipodistrofico con pannicolo adiposo iporappresentato soprattutto agli arti inferiori e glutei, maggiormente rappresentato a livello dell'addome, collo e volto, normorappresentato a livello del palmo delle mani e della pianta dei piedi. La paziente presentava inoltre una facies a luna piena, rubizza. Erano presenti segni di irsutismo all'addome, gambe, volto e torace ed un’acantosi retronucale (figura 15). La plicometria confermava ridotti valori di tessuto adiposo sottocutaneo a livello degli arti inferiori, aumentati invece a livello dell’addome e sottoscapolare (tabella 6). Gli esami ematochimici confermavano la presenza di complicanze metaboliche associate alla sindrome lipodistrofica (tabella7). In

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particolare la paziente presentava un diabete mellito di tipo 2 complicato da retinopatia diabetica, scarsamente controllato con antidiabetici orali (Metformina 850 mg x3/die; Pioglitazone 30 mg/die; dapagliflozin 10 mg/die) e un’ipertrigliceridemia persistente nonostante la terapia ipolipemizzante (fenofibrati 145 mg/die). Gli esami ormonali non evidenziavano alterazioni e i livelli di leptina erano di 7,7 ng/ml (tabella 8). L’ecografia dell’addome confermava la presenza di un’epatomegalia steatosica. La DEXA confermava valori di massa grassa al di sotto della norma agli arti inferiori e superiori alla norma a livello del tronco, con un FMR>1 (tabella 9). In considerazione del desiderio della paziente di una gravidanza, al fine raggiungere valori glicemici ottimali e sospendere farmaci potenzialmente teratogeni, è stata introdotta terapia insulinica e modificata progressivamente la terapia antidiabetica orale. Per l’ipertrigliceridemia è stata introdotta terapia con omega 3. La gravidanza rappresenta comunque una condizione rischiosa sia per la madre che per il feto nei pazienti affetti da lipodistrofia (26).

I pazienti 17 e 18 sono affetti entrambi da una forma di lipodistrofia parziale acquisita su verosimile base autoimmune.

Il paziente 17, un bimbo nato a termine da genitori non consanguinei, è affetto da cromosomopatia (duplicazione di circa 23,8 Mb sul cromosoma 10 nella regione 10p15.3p15.2 e delezione di circa 17.5 Mb sul cromosoma 18 nella regione 18q21.33q.23) con ritardo psicomotorio, ipoacusia bilaterale, cardiopatia congenita non cianogena, ipoplasia del corpo calloso, ipospadia, piede torto e dismorfismi cranio-facciali. Nel marzo 2012 ha presentato un episodio di panniculite (confermata da

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esame bioptico) seguita da lipoatrofia agli arti inferiori mani e polsi. Anche la paziente 18 ha presentato all’età di 4 anni una panniculite delle mani, risoltasi spontaneamente, ma seguita da perdita del tessuto adiposo agli arti inferiori, glutei e zona sacrale.

Entrambi i pazienti presentano altre patologie autoimmuni. Il paziente 17 è affetto da tiroidite cronica autoimmune e presenta anche una debole positività degli anticorpi anti parete gastrica (10,3 U/ml), anti-surrene (1,1 U/ml) e ANA (1:80).

La paziente 18 è affetta da tiroidite cronica autoimmune e celiachia (PGA di tipo 3). Inoltre presenta ANA positivi (1:80).

All’esame obiettivo il paziente 17 presentava un dismorfismo facciale (bozze frontali evidenti, lineamenti grossolani, accentuazione della sellatura nasale, filtro nasale breve, impianto basso dei padiglioni auricolari, diastasi dentarie); una lipoatrofia soprattutto arti inferiori, mani polsi e dorso in sede sottoscapolare, palmo delle mani e piante dei piedi lieve agli arti superiori (lato mediale). Non è stato possibile eseguire la plicometria per mancata collaborazione del paziente. La paziente 18 presentava un habitus lipodistrofico con tessuto adiposo poco rappresentato a livello degli arti inferiori; la cute presentava aree di vitiligine a livello delle gambe, gomiti, zona sacrale, gluteo sinistro e seno. La plicometria evidenziava valori ridotti generali, soprattutto agli arti inferiori (tabella 6).

Dal punto di vista metabolico entrambi i pazienti non risultavano complicati, anche se la paziente 18 aveva presentato nell’Agosto 2016 un episodio di pancreatite acuta per l’ipetrigliceridemia (trigliceridi 1027

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mg/dl) al momento ben controllati con la sola terapia dietetica.

I valori di leptina dei pazienti 17 e 18 risultavano rispettivamente di 3,1 e 1,7 ng/ml.

Nella paziente 18 i restanti esami ormonali risultavano nella norma. Il paziente 17 invece presentava valori di TSH ai limiti superiori della norma per il quale è stata incrementata la posologia della levotiroxina. In entrambi i pazienti l’ecografia dell’addome ed in particolare lo studio morfologico del fegato non ha mostrato alterazioni. La DEXA della paziente 18 ha mostrato ridotti valori di massa grassa totale e soprattutto di massa grassa agli arti inferiori con un FMR di 3,1, in linea quindi con le forme parziali di lipodistrofia.

Anche la paziente 19 è affetta da lipodistrofia parziale acquisita. La sua storia inizia all'età di 2 anni, quando per l’insorgenza di leucemia mieloide acuta M1, veniva trattata con chemioterapia e trapianto di midollo autologo. Dopo questo trattamento, la leucemia è andata in una remissione clinica. All’età di 6 anni veniva documentato un deficit di GH associato ad ipotiroidismo centrale, pertanto veniva iniziata terapia con levotiroxina e con GH-analogo, quest’ultimo sospeso all'età di 9 anni, quando veniva riscontrata una recidiva di malattia. Per la recidiva, la paziente è stata quindi sottoposta a trapianto di midollo allogenico previa polichemioterapia ed irradiazione corporea totale (10 Gy). Dopo il trapianto il quadro clinico si è complicato per il manifestarsi di malattia cronica contro l’ospite a sede gastrointestinale (GHVD). Per la GHVD è stata trattata con immunosoppressori e successivo ciclo di foto-aferesi. La paziente da allora è in remissione di malattia.

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All’età 12 anni, per un quadro di amenorrea da ipogonadismo ipergonadotropo, veniva iniziata terapia ormonale sostitutiva, successivamente interrotta per il rilievo di ipertrigliceridemia. A 18 anni una densitometria ossea mostrava un quadro di osteoporosi in sede femorale (collo: Z-score -2,2 e BMD 0,668 g/cm2; totale Z-score -3,8 e BMD 0,589g/cm2; vertebrale Z-score -3,2, BMD 0,734 g/cm2). Per l'osteoporosi la paziente ha effettuato terapia con etinilestradiolo, poi sospeso per incremento dei trigliceridi, e bisfosfonati.

Oltre alle alterazioni endocrine descritte, la paziente riferiva di aver notato, a partire dagli 11 anni circa, una progressiva perdita di tessuto adiposo agli arti superiori e inferiori e ai glutei ed un accumulo a livello dell'addome e del volto, soprattutto nelle guance. Inoltre, all'età di 13 anni, in occasione di un episodio di pancreatite acuta, riferiva il riscontro di ipertrigliceridemia grave (1200 mg/dl); in trattamento con dieta ipolipidica e acidi grassi omega 3.

All’età di 17 anni veniva posta diagnosi di Diabete Mellito di tipo 2, trattato con metformina. All’esame obiettivo appariva sottopeso, con aspetto vagamente cushingoide, per la presenza di facies lunare ed estremità sottili (in particolar modo con lipoatrofia a livello dei glutei); masse muscolari poco sviluppate. La plicometria confermava spessori ridotti agli arti inferiori e superiori, normali a livello addominale, iliaco e sottoscapolare (tabella 6). Dopo 10 giorni di sospensione della levo-tiroxina veniva confermato un quadro di ipotiroidismo centrale con TSH 3,810 mcU/ml, FT4 0,49 ng/dl, FT3 2,99 pg/ml, in assenza di AbTG e AbTPO. Si confermava inoltre il quadro di ipogonadismo

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ipergonadotropo: FSH 67,9 mUI/ml, LH 32,6 mUI/ml, estradiolo inferiore al limite di sensibilità. L’asse ipotalamo-ipofisi-surrene mostrava normali valori di ACTH (30 pg/ml) e di cortisolo alle ore 8.00 del mattino (12,6 mcg/dl) con normale risposta al test di stimolo con Synachten (cortisolo tempo 0: 18,7 mcg/dl; tempo 30': 28,6 mcg/dl; tempo-60': 29,8 mcg/dl), effettuato per escludere un eventuale iposurrenalismo. Il dosaggio dell’IGF-1 appariva ai limiti bassi della norma per l'età (194,2 ng/dl); veniva inoltre evidenziata l’assenza di risposta al Test di stimolo con GHRH-Arginina (GH tempo 0: 0,28 ng/ml; tempo 15 min: 1,42 ng/ml, tempo 30 min: 1,74 ng/ml, tempo 45 min: 2,59 ng/ml, tempo 60 min: 2,89 ng/ml, tempo 90 min: 1,8 ng/ml). Gli altri accertamenti biochimici confermavano la diagnosi di diabete mellito di tipo 2 e dislipidemia mista (tabella 7). Il profilo epatico mostrava un aumento delle transaminasi: AST 62 U/L, ALT 141 U/L e GGT 140 U/L.

L’ecografia epatica evidenziava un quadro di epatomegalia steatosica e di iperplasia nodulare focale. La leptina sierica risultava 7,4 ng/ml, da considerare ai limiti bassi della normalità per i soggetti normopeso di controllo. La densitometria totale corporea evidenziava un FMR di 1,67, in linea con i valori riportati per le forme parziali.

Nel 2006 Rooney et al. e nel 2013 Adachi et al. hanno descritto i casi di sei bambini (4 femmine e 2 maschi), affetti da leucemia o neuroblastoma, sottoposti a trapianto di midollo autologo e, in seguito a recidiva di malattia, a trapianto allogenico. Da segnalare che il trapianto da donatore veniva preceduto in tutti i casi da polichemioterapia intensiva,

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irradiazione corporea totale (10-12 Gy) ed era complicato in 4 casi da GHVD cronica, trattata con immunosoppressori. Dopo circa 10 anni dal trattamento i pazienti notavano la comparsa di lipoatrofia della regione dei glutei e delle estremità con accumulo di tessuto adiposo a livello di guance, collo e addome. In tutti i casi il profilo metabolico era caratterizzato dalla presenza di dislipidemia mista con grave ipertrigliceridemia, riduzione delle HDL ed aumento delle LDL e da diabete mellito di tipo 2 (27-28). La nostra paziente, in analogia con gli altri casi descritti in letteratura, è stata sottoposta in età infantile a trapianto di midollo allogenico preceduto da chemioterapia ad alte dosi e irradiazione corporea totale ed ha mostrato nel tempo una modificazione della distribuzione del tessuto adiposo e alterazioni del profilo lipidico e glucidico; potremmo pertanto supporre che il trapianto di cellule ematopoietiche preceduto da irradiazione corporea totale, specialmente in associazione ad una chemioterapia intensiva, costituisca la causa responsabile dello sviluppo della lipodistrofia parziale, verosimilmente per danneggiamento delle cellule staminali adipocitarie, limitando la capacità di neoformazione di tessuto adiposo differenziato oltre che l’accumulo degli acidi grassi in tali sedi.

E’riportato in letteratura che i bambini esposti a trapianto di midollo, in particolar modo se associato ad irradiazione corporea totale, sono maggiormente predisposti a sviluppare, nelle decadi successive, steatosi epatica (indipendentemente dall’indice di massa corporea raggiunto), insulino-resistenza o diabete mellito e dislipidemia (29). Inoltre è documentato che i bambini sottoposti a trapianto allogenico di cellule

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staminali ematopoietiche dopo alcuni anni dal trattamento possono sviluppare disfunzioni endocrinologiche con particolare interessamento dell'asse gonadico e somatotropo, con conseguenze sulla crescita, pubertà, fertilità e sul raggiungimento del picco di massa osseo (30). Lipodistrofie associate a Sindromi Progeroidi

Afferiscono al nostro Centro due pazienti affette da lipodistrofia associata a sindromi progeroidi, 20 e 21.

La paziente 20 è affetta da sindrome lipodistrofica associata ad ipoplasia mandibolare, sordità e caratteristiche progeroidi (MDPL). E’ nata da genitori non consanguinei e riferiva già dall’infanzia tessuto adiposo poco rappresentato; dall’età di 25 anni diagnosi di ipertrigliceridemia; contestualmente veniva diagnosticata un’ipoacusia bilaterale per cui la paziente utilizza protesi acustica.

All’esame obiettivo presentava un habitus lipodistrofico caratterizzato da ipoatrofia diffusa del tessuto adiposo sottocutaneo con arti superiori ed inferiori particolarmente sottili. Mostrava inoltre una facies con marcata micrognatia, caratteristiche progeroidi e naso a becco d’uccello. Nel 2013 giungeva per la prima volta alla nostra attenzione. Gli esami ematochimici confermavano un buon controllo dell’ipertrigliceridemia in terapia con omega 3 e la curva da carico di glucosio metteva in evidenza la presenza di insulino-resistenza con ridotta tolleranza glucidica. Pertanto veniva intrapresa terapia con metformina. La valutazione ormonale risultava nella norma. Gli ultimi esami ematochimici evidenziavano un discreto controllo delle complicanze associate alla sindrome lipodistrofica (vedi tabella 7). I valori di leptina erano di 3,3

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ng/ml. Tali caratteristiche ponevano il sospetto di sindrome MDPL, una sindrome descritta per la prima volta da Shastry caratterizzata da ipoplasia mandibolare, sordità, aspetto progeroide e lipodistrofia generalizzata (29). Dei primi 9 pazienti descritti con questa sindrome, 4 presentavano una mutazione del gene POLD1 nella regione con attività polimerasica (30). Abbiamo quindi eseguito l’analisi genetica del gene POLD1 e abbiamo individuato una nuova variante allelica nella porzione codificante per la regione esonucleasica della polimerasi che prevede la sostituzione dell’Arginina in posizione 507 con una cisteina (R507C). Questa variante è stata ricercata anche nei genitori e nel fratello della paziente ed in una popolazione di 60 soggetti di controllo, risultati non portatori. Abbiamo quindi descritto per primi questa mutazione nel 2014 (33). Fino ad oggi in letteratura sono stati descritti 19 casi di pazienti affetti da sindrome MDPL, uno di questi recentemente con la stessa nostra mutazione (34, 35)

La paziente 21 è una paziente affetta da sindrome di Werner atipica, sindrome descritta per la prima volta nel 2003 da Chen in uno studio nel quale furono analizzati 129 pazienti affetti da presunta sindrome di Werner; 26 di questi non avevano la mutazione del gene WRN, che codifica per una proteina di 162 kDa appartenente alla famiglia delle RecQ elicasi, mutazione che causa un’instabilità genomica. Questi pazienti vennero definiti affetti dalla sindrome di Werner atipica e 4 di essi avevano una mutazione del gene LMNA (36). La forma atipica della sindrome di Werner colpisce 10 persone per milione. Alla nascita i pazienti non presentano segni clinici della malattia, che insorgono intorno

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ai 15-20 anni con bassa statura, atrofia cutanea e alopecia, osteoporosi, lipodistrofia generalizzata, diabete di tipo II, problemi cardiovascolari. La paziente 22 riferiva perdita del tessuto adiposo dall’età di 15 anni inizialmente al volto e nella parte superiore del corpo che progressivamente ha interessato tutto il corpo. A quell’epoca riferiva rilievo di policistosi ovarica. Nel Febbraio 2010 rilievo di ipercolesterolemia ed epatomegalia steatosica e nel 2011 diagnosi di diabete mellito di tipo 2 dopo OGTT per la quale veniva consigliata terapia insulinica che la paziente però ha rifiutato, riuscendo con l’alimentazione a controllare i profili glicemici.

All’esame obiettivo la paziente presentava bassa statura (145 cm con un’altezza target di 161+6 cm), habitus lipodistrofico con notevole riduzione del tessuto adiposo generalizzata e pseudoipertrofia dei muscoli degli arti inferiori, ipoelasticità della cute, mandibola pronunciata, mammelle iposviluppate, capelli grigi e labbra sottili. La plicometria confermava la notevole riduzione generalizzata del tessuto adiposo (tabella 6).

Gli esami ematochimici confermavano un buon controllo del profilo glicemico e del profilo lipidico con la sola terapia dietetica (tabella 7). Gli esami ormonali non evidenziavano alterazioni e lo screening dell’autoimmunità organo e non organo specifica risultava sostanzialmente negativo (tabella 8). I livelli sierici di leptina erano notevolmente ridotti (1,4 ng/ml).

L’ecografia dell’addome mostrava la presenza di epatomegalia steatosica. La DEXA mostrava ridotti valori di massa grasso totali e soprattutto agli

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arti superiori e inferiori (tabella 9). La densitometria ossea evidenziava valori di massa ossea ridotti per età a livello del collo del femore (collo del femore: BMD 0,499 g/cm2, T-score -3.2, Z-score -3.0; Vertebre:

BMD 0,889 g/cm2, T-score -1.4, Z-score -1.4).

Data la presenza di queste caratteristiche, essendo state escluse in passato forme di connettivite ed essendo già stati effettuati gli screening genetici per la Sindrome di Werner (analisi semiquantitativa mediante western blot della proteina WRN) con risultati negativi, abbiamo ipotizzato la presenza di una mutazione a carico del gene della LMNA. L’analisi genetica ha confermato la presenza di una mutazione in eterozigosi a carico dell’esone 2 con sostituzione di una arginina con una leucina (R133L), mutazione già descritta in letteratura (36,37). L’analisi del gene LMNA nei genitori della paziente non ha evidenziato alterazioni, indicando quindi che si tratta di una mutazione de novo.

Lipodistrofie Congenite Parziali ancora da definire

Afferiscono a questo centro inoltre due sorelle, 22 e 23, affette da una forma di lipodistrofia parziale congenita di cui però non conosciamo la mutazione. Le pazienti presentano bassa statura e crescita pondero-staturale riferita inferiore alla media fin dalla nascita (non siamo in possesso delle curve di crescita). Hanno presentato il menarca regolarmente e successivamente hanno avuto cicli oligomenorroici e irsutismo. L’analisi del cariotipo è risultato normale (46XX). Già in età pediatrica presentavano una lipoatrofia particolarmente evidente al tronco e agli arti inferiori per cui era stata posta c/o l’UO di neonatologia la diagnosi di lipodistrofia parziale. In età adolescenziale 22 già presentava

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insulino-resistenza marcata alla curva da carico glucidico e l’ecografia dell’addome evidenziava steatosi epatica. Da segnalare che la paziente 22 ha presentato nel 2001 un carcinoma papillare della tiroide trattato con intervento chirurgico e terapia radiometabolica con 131-I a scopo ablativo (30 mCi). La paziente è tornata recentemente alla nostra osservazione. All’esame obiettivo presentava bassa statura e riduzione del pannicolo adiposo a livello della parte distale degli arti inferiori e superiori. Presentava inoltre dei lipomi a livello addominale, spalla destra e braccio destro. La plicometria ha evidenziato uno spessore del tessuto cutaneo ridotto a livello degli arti inferiori, nella norma quello sottoscapolare, bicipitale e tricipitale (tabella 6). Gli esami ematochimici (tabella 7) hanno mostrato uno scarso controllo del diabete per il quale è stata aumentata la terapia con metformina ed un’ipertrgliceridemia per la quale è stata introdotta terapia con omega 3. Gli esami ormonali risultavano nella norma; i livelli sierici di leptina erano di 8,54 ng/dl. L’ecografia dell’addome ha confermato la steatosi epatica e l’holter pressorio ha mostrato dei valori di pressione sisto-diastolica superiori alla norma per i quali è stata intrapresa, dopo valutazione cardiologica, terapia con nebivololo. La DEXA ha confermato la presenza di massa grassa ridotta a livello degli arti inferiori (tabella 9).

Anche 23 presentava all’esame obiettivo bassa statura e riduzione del pannicolo adiposo a livello della parte distale degli arti inferiori e superiori. La plicometria ha evidenziato uno spessore del tessuto cutaneo ridotto a livello degli arti inferiori, nella norma quello sottoscapolare, bicipitale e tricipitale (tabella 6). Gli esami ematochimici (tabella 7) sono

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