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Il diritto alla salute per gli stranieri irregolari in Europa

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Academic year: 2021

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UNIVERSTÀ DEGLI STUDI DI PISA

Facoltà di Giurisprudenza.

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza.

TESI DI LAUREA

Il Diritto Alla Salute per gli

Stranieri Irregolari in Europa.

Relatore

Prof. Simone Marinai Correlatore

Antonio Marcello Calamia

Candidato Angelo Gildo Forensi

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Sommario

INTRODUZIONE. ... I

I IL DIRITTO ALLA SALUTE NELLE FONTI INTERNAZIONALI ... 4

1.1LA NASCITA DELLA MODERNA TUTELA DELLA SALUTE. ... 4

1.2IL RICONOSCIMENTO DEL DIRITTO ALLA SALUTE NEI TRATTATI INTERNAZIONALI. .. 6

1.3L’AFFERMAZIONE DEL DIRITTO ALLA SALUTE NEI TRATTATI REGIONALI. ... 9

1.4LE CARATTERISTICHE FONDAMENTALI DEL DIRITTO ALLA SALUTE IN QUANTO APPARTENTENTE AL GENUS DEI DIRITTI UMANI. ... 14

IIIL DIRITTO ALLA SALUTE NELLA COSTITUZIONE ITALIANA ... 16

2.1IL DETTATO COSTITUZIONALE ALLA LUCE DEGLI ATTI DELL’ASSEMBLEA COSTITUENTE,~2.2IL SISTEMA SANITARIO NAZIONALE,~2.3ILIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA,~2.4IL DIRITTO ALLA SALUTE NELLE PRONUNCE DELLA CORTE COSTITUZIONALE. ... 16

2.1IL DETTATO COSTITUZIONALE ALLA LUCE DEGLI ATTI DELL’ASSEMBLEA COSTITUENTE. ... 16

2.2IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE ... 20

2.3I LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA. ... 24

2.4IL DIRITTO ALLA SALUTE NELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE. ... 28

IIIIL MODELLO ITALIANO DI ACCESSO ALLE PRESTAZIONI SANITARIE ... 43

3.1LA CONDIZIONE DELLO STRANIERO NELL’ORDINAMENTO ITALIANO. ... 43

3.2LA LEGGE TURCO-NAPOLITANO. ... 50

3.3IL DECRETO ATTUATIVO N.384 DEL 1999 E LA PREVISIONE DEL CODICE STP. ... 55

3.4IL DIRITTO ALLA SALUTE PER GLI STRANIERI TEMPORANEAMENTE PRESENTI.UN DIRITTO REGIONALIZZATO. ... 59

3.5CRITICITÀ DEL MODELLO ITALIANO DI ACCESSO ALLE CURE PER GLI STRANIERI TEMPORANEAMENTE PRESENTI. ... 64

IVL’ACCESSO ALLE PRESTAZIONI SANITARIE NEGLI ALTRI STATI DELL’UNIONE ... 68

4.1LA TUTELA DELLA SALUTE DEGLI STRANIERI IRREGOLARI IN AMBITO EUROPEO. ... 68

4.2IL DIRITTO ALLA SALUTE E L’ACCESSO ALLE PRESTAZIONI SANITARIE NEGLI STATI MEMBRI DELL’UE. ... 76

4.3GLI STATI CHE NON PREVEDONO L’ACCESSO ALL’ASSISTENZA SANITARIA PER I MIGRANTI IRREGOLARI. ... 78

(3)

4.4GLI STATI CHE PREVEDONO UN ACCESSO PARZIALE ALL’ASSISTENZA SANITARIA

PER I MIGRANTI IRREGOLARI. ... 83

4.5GLI STATI CHE PREVEDONO IL PIENO ACCESSO ALL’ASSISTENZA SANITARIA PER I MIGRANTI IRREGOLARI. ... 89

4.6IL RUOLO DELLE ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE. ... 94

CONCLUSIONI. ... 100

(4)
(5)

I

Introduzione.

Il crescente divario economico-politico, tra i paesi sviluppati e quelli sottosviluppati o in via di sviluppo, ha portato all’evoluzione del fenomeno migratorio secondo dinamiche del tutto innovative, anche sotto la spinta del costante processo di globalizzazione. Questi nuovi flussi migratori presentano tutte le caratteristiche dell’emergenza umanitaria, anche alla luce delle cause che muovono i migranti. Infatti, sono sempre più i soggetti che entrano nell’area Schengen e nel nostro paese non più solo in cerca di un lavoro, ma anche per sfuggire da guerre e situazioni disumane.

Le problematiche sorte a seguito di questi spostamenti di persone da una regione all’altra del mondo coinvolgono un caleidoscopio di aspetti differenti che spaziano dall’integrazione culturale e religiosa alla libera circolazione, dal mondo del lavoro alla pubblica sicurezza, fino a coinvolgere i diritti sociali e, in particolar modo, la sanità pubblica con ripercussioni di carattere diverso rispetto al passato e che costituiscono una sfida per le Istituzioni europee ed internazionali tutte, poiché richiedono l’adeguamento degli ordinamenti nazionali e sovranazionali per fronteggiare e soddisfare le necessità di una società sempre più culturalmente e giuridicamente complessa.

Al contempo però i migranti rappresentano una risorsa per il futuro della (sempre più) vecchia Europa. Da

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II un lato la natalità ha raggiunto i minimi storici nell’Unione europea e la fertilità è in costante declino. Dall’altro, si registra un incremento nell’aspettativa di vita. Il risultato è che l’età media della popolazione è sempre più alta. Sulla base di questi dati, le prospettive non sono delle più rosee per i sistemi di sicurezza sociale, i quali sono finanziati da un gettito fiscale sempre più contenuto, ma si trovano, al contempo, a dover fronteggiare un costante aumento di spesa.

La tematica della tutela del diritto alla salute, nello specifico, permette di gettare lo sguardo su questo fenomeno quanto mai attuale e al contempo relegato ad un ruolo politicamente strumentalizzato nel dibattito sull’immigrazione nel nostro paese.

Il riconoscimento del diritto alla salute rappresenta senza dubbio una importantissima conquista sociale della storia contemporanea, e la sua definizione, nell’accezione corrente, è molto recente ed è tutt’ora soggetta ad interpretazioni sempre più estensive ed inclusive.

Per esaminare in maniera completa il fenomeno dal punto di vista del diritto, senza l’influenza dei pregiudizi dell’agone politico contemporaneo italiano ed europeo, è necessario inforcare, in primo luogo, gli occhiali del diritto internazionale e regionale e, in seguito, dell’Unione Europea per operare una ricognizione degli istituti sovranazionali posti a tutela del diritto alla salute.

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III Questo elaborato analizza, in primo luogo, la normativa nazionale in materia e contestualizza il diritto alla salute secondo il dettato Costituzionale e alla luce delle pronunce della Consulta in materia. Le disposizioni nazionali, vengono successivamente confrontate con la normativa in vigore in alcuni Stati Membri dell’Unione Europea, mettendo in risalto l’eterogeneità degli istituti previsti dai legislatori nazionali, nonché le best practices ed i vulnera dei vari sistemi presi in esame. Da questo raffronto è emersa anche l’importanza delle iniziative poste in essere dalle Organizzazioni Non Governative, in alcuni casi determinanti per garantire un’effettiva tutela del diritto alla salute degli stranieri irregolari.

Da un’indagine sulle effettive modalità d’accesso alle prestazioni sanitarie per i gli undocumented migrants nel nostro paese e negli altri Stati Membri dell’Unione, è emerso, infatti, che in molti Stati sono state poste in essere

best practices, che, se valutate secondo i criteri di efficacia

ed effettività, ben potrebbero essere riproposte in un modello comune europeo di accesso alle prestazioni sanitarie per gli undocumented migrants, che risponda alle necessità e alle sfide di una società sempre più multietnica e multiculturale, nel pieno rispetto dei diritti dell’uomo e della dignità umana.

(8)

4

I

IL DIRITTO ALLA SALUTE NELLE FONTI

INTERNAZIONALI

Sommario: 1.1 La nascita della moderna tutela della salute, ~ 1.2 Il riconoscimento del diritto alla salute nei trattati internazionali, ~ 1.3 L’affermazione del diritto alla salute nei trattati regionali, ~ 1.4 Le caratteristiche fondamentali del diritto alla salute in quanto appartenente al genus dei diritti umani.

1.1 La nascita della moderna tutela della salute.

Il moderno diritto alla salute affonda le sue radici negli ultimi duecento anni di storia. Già con la rivoluzione francese, infatti, iniziarono le prime rivendicazioni sociali nei confronti dello stato mirate alla tutela della salute. La Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino “ha acceso la consapevolezza che la salute è un bene non solo del singolo, ma dell'intera società”1 benchè l’ideologia alla base della rivoluzione

francese fosse sostanzialmente contraria ad una tipologia di stato interventista in ambito sociale, sia per la conseguente alterazione della naturale organizzazione del tessuto sociale e delle sue gerarchie, sia per la natura spiccatamente aristocratica che aveva fino a quel momento caratterizzato le prestazioni assistenziali.

Le rivendicazioni sociali che nel secolo XVIII attraversano trasversalmente la penisola europea, trovano, per la prima volta, la loro naturale applicazione pratica in ambito sanitario durante la rivoluzione industriale inglese, con l'emanazione nel 1848 del Public Health act.

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5 Questa legge rivoluzionò la concezione e l'approccio alla salute pubblica introducendo un monitoraggio scientifico sia della popolazione che dell'ambiente urbano, volti alla bonifica delle città e al miglioramento delle condizioni sanitarie degli abitanti.

La Germania di Bismarck fu però il primo Stato europeo ad introdurre un embrione di sistema sanitario a livello nazionale, attraverso l'istituzione nel 1883 dell'assicurazione obbligatoria contro le malattie2 per

alcune categorie di lavoratori. Il superamento, ad opera di Bismarck, della teoria della mano invisibile e dell'armonia degli interessi3, ipotizzata da Adam Smith, e la conseguente creazione del sozialstaat, comportarono un'ingerenza inedita del Deutsches Reich nelle politiche sociali e conseguentemente anche nella gestione della sanità pubblica.

All'inizio del secolo successivo l'esperienza tedesca si diffonde nel resto d'Europa con l'istituzione di forme assicurative ispirate al modello tedesco, ma evolvendosi da particolaristiche, ed indirizzate solo a determinate categorie di lavoratori, ad universalistiche, ricomprendendo categorie man mano più ampie ed anche i familiari dei lavoratori stessi, “seguendo di pari passo la progressiva democratizzazione dei sistemi politici”4.

Dall'altra parte dell'oceano atlantico, all'indomani del crollo di Wall Street del 1929, Franklin D. Roosevelt, in risposta al periodo di forte crisi economica e sociale, varò nel 1935 il Social Security Act. La legge interveniva in settori come l'assicurazione per la vecchiaia e invalidità e l'indennità di disoccupazione, ma “Il fatto che al Social Security Act non si

2 Per un approfondimento v. G. A. Ritter, Der Sozialstaat: Entstehung und Entwicklung im

internationalen Vergleich, Walter de Gruyter, 2010, p. 61.

3 Adam Smith, The Wealth of Nations, 1776.

4 G. Maciocco. Politica, salute e sistemi sanitari. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2008,

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6 affiancasse alcun provvedimento riguardante la sanità contribuì […] a fare delle riforme sociali rooseveltiane una sorta di “incompiuta””5.

Soltanto nel 1938 maturarono le premesse per l'istituzione del primo sistema sanitario nazionale finanziato dall'imposizione fiscale su tutti i contribuenti, ma non in Europa, bensì in Nuova Zelanda, con l'emanazione del Social Security Act ad opera del governo laburista di M. J. Savage che istituì il National Health Service.

1.2 Il riconoscimento del diritto alla salute nei trattati internazionali.

Bisognerà attendere un altro decennio per poter apprezzare in Europa un istituto simile a quello attuato in Nuova Zelanda nel 1938. Nel 1939 Ernest Brown, ministro della sanità del nel neoeletto governo di Wiston Churchill, conferisce alla commissione presieduta da Sir William Beveridge il compito di svolgere un'indagine sul sistema assistenziale assicurativo vigente in Inghilterra. Il lavoro della commissione si concretizzerà nel rapporto intitolato Social Insurance and Allied Services6

in cui Beveridge sosterrà la necessità di un Sistema Sanitario Nazionale caratterizzato dalla universalità e finanziato dal contributo di tutti i cittadini attraverso il cuneo fiscale. A questo rapporto seguì un periodo di riforma del welfare inglese, culminato nel 1948 con l'istituzione del National Health Service ad opera del ministro della sanità Aneurin Bevan7. La forza

innovativa di questo istituto è apprezzabile sotto tre profili: prima di tutto,

5 G. Gozzini, Dalle assicurazioni sociali alla Social Security. Politiche sociali in Europa e negli

Stati Uniti fra le due guerre (1919 – 1939), in V. Zamagni (a cura di), Povertà e innovazioni istituzionali in Italia, Il Mulino, Bologna, 2000, p. 767;

6 J. Hills, J. Ditch, and H. Glennerster. Beveridge and social security: An international

retrospective. Oxford University Press, 1994;

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7 l'universalità e l'onnicomprensività delle prestazioni erogate; in secondo luogo, il finanziamento dell'NHS attraverso l'imposizione tributaria; infine, la prevalente gratuità delle prestazioni. I principi espressi dall'esperienza inglese, valicheranno molto velocemente i confini nazionali, diventando una caratteristica fondamentale del welfare dei governi liberaldemocratici e socialdemocratici del secondo dopoguerra.

La sempre maggiore importanza attribuita alla sanità e alla salute pubblica, intesa sempre più come un interesse della collettività, unita all'ondata di profonda indignazione contro le atrocità della seconda guerra mondiale, genererà un sentimento di riscatto della dignità umana in tutta la società civile, culmina con l'adozione da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo il 10 gennaio del 1948 8. L'art. 25 della Dichiarazione recita “Ogni persona

ha diritto ad un adeguato livello di vita che assicuri a lui e alla sua famiglia la salute e il benessere, inclusi il cibo, il vestiario, l'abitazione, l'assistenza medica e i servizi sociali necessari e il diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, disabilità, vedovanza e vecchiaia”9. Il diritto alla

salute assume un significato ancor più universale di quello prospettato dai legislatori statali fino a quel momento, superando non solo la connessione tra contribuzione e prestazione10, ma anche il vincolo con la cittadinanza,

per diventare attributo inalienabile della persona umana in quanto appartenente al genere umano. Nonostante la definizione di salute sancita dall'art. 25 UDHR prenda le sue mosse dal preambolo dell'atto costitutivo

8 Universal Declaration of Human Rights, United Nations, 1948, d’ora in avanti UDHR; 9 ibidem, art. 25;

10 Come già era avvenuto con l'istituzione del NHS (cfr. sup. §1.2) che estendeva la copertura

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8 della World Health Organization11, verrà preferita una definizione meno

vaga e generica, con l'indicazione di diversi fattori sociali determinanti del diritto alla salute12.

Il primo principio posto dalla Conferenza Internazionale della Sanità di New York del 1946 “alla base della felicità dei popoli, delle loro relazioni armoniose e della loro sicurezza”13, è proprio la salute definita come “uno

stato di completo benessere fisico, mentale e sociale [che] non consiste solo in un'assenza di malattia o infermità”14 riconosciuto, nel periodo

immediatamente seguente, come “[...] un diritto fondamentale di ogni essere umano, senza distinzione di razza, religione d'opinioni politiche, di condizione economica o sociale”15. Un chiaro richiamo all'art. 25 è

contenuto anche nell'art. 12 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali del 1966 che al primo comma riconosce “the right of everyone to the enjoyment of the highest attainable standard of physical and mental health”16, mentre nel secondo comma ribadisce che “the steps

to be taken by the State Parties to the present Covenant to achieve the full realization of this right shall include those necessary for […] the creation of conditions which would assure to all medical services and medical attention in the event of sickness”17.

11 Constitution of the World Health Organization as adopted by the International Health

Conference, New York, 19 June - 22 July 1946; signed the 22nd of July 1946 by the representatives of 61 States (Official Records of the World Health Organization, no. 2, p. 100) and entered into force the 7th of April 1948;

12 Come sotenuto in B. Toebes, The Right to Health as a Human Right in International Law,

Hart Publishing, 1999, pp. 36-40

13 Ibidem, Preambolo; 14 Ibidem;

15 Ibidem;

16 International Covenant on Economics, Social and Cultural Rights, United Nations, adottato

il 16 dicembre 1966 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, entrato in vigore il 3 gennaio 1976, art. 12, 1;

(13)

9 La stessa definizione di salute verrà confermata poco più di trent'anni dopo con la Dichiarazione di Alma-Ata del 197818. Dalla

Dichiarazione emerge con forza la stretta connessione tra sviluppo sociale ed economico e salute e la consequenzialità dei due fattori. Dopo aver rievocato la definizione di salute contenuta nel preambolo dell'atto costitutivo della WHO, procede alla formulazione dei principi regolatori dell'Assistenza Sanitaria Primaria19 e ne delinea il ruolo chiave per

garantire un diritto alla salute universale e sostenibile.

Il diritto alla salute sarà successivamente richiamato anche in relazione alla discriminazione sociale sia nella Convention on the Elimination of All Forms of Racial Discrimination20 che nella Convention

on the Elimination of All Forms of Discrimination Against Women21 che

enfatizzano lo stretto legame tra l'accesso ai servizi sanitari e l'eguaglianza sia razziale che di genere tra gli esseri umani.

1.3 L’affermazione del diritto alla salute nei trattati regionali.

A Partire dalla seconda metà del XX secolo, il tema dei diritti umani è stato affrontato e regolato sempre più anche a livello regionale dalle organizzazioni sovranazionali, le quali, vincolando tutti i paesi di una data area geografica, promuovono il raggiungimento di uno standard di tutela

18 Declaration of Alma-Ata, International Conference on Primary Health Care, Alma-Ata,

USSR, World Health Organization, 12 settembre 1978, p.1 § I;

19 Primary Health Care, d'ora in avanti PHC;

20 International Convention on the Elimination of All Forms of Racial Discrimination, adottata

dall'Assemblea Generale dell'ONU con la risoluzione 2106 (XX) del 21 dicembre 1965, entrata in vigore il 4 gennaio 1965;

21Convention on the Elimination of All Forms of Discrimination against Women, adottata dall'Assemblea

Generale dell'ONU con la risoluzione 34/180 del 18 dicembre 1979, entrata in vigore il 3 settembre 1981;

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10 dei diritti umani ad un livello istituzionale inferiore a quello internazionale, anche attraverso speciali organi di controllo preposti a questo scopo.

Il primo trattato a fornire un quadro regionale dei diritti umani è stata la Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà Fondamentali 22 che ha rappresentato un importantissimo approdo per il Diritto, nonché per la società civile del vecchio continente. La caratteristica più innovativa del trattato è sicuramente l’istituzione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo 23 , incaricata del controllo

sull’adempimento del trattato da parte degli stati aderenti. La Corte EDU è stata il primo, e fino ad ora resta l’unico, tribunale permanente dei diritti umani ad operare in seduta permanente. Nonostante la CEDU non riconosca in maniera esplicita un diritto alla salute, possiamo comunque rinvenirne gli estremi nelle interpretazioni estensive elaborate dalla Corte EDU24 in materia di diritto alla vita (art. 2), della protezione dalla tortura

(art. 3), e dal lavoro forzato (art. 4), del rispetto della vita privata e familiare (art. 9), della libertà di espressione (art. 10), e del rispetto dei beni (art. 1, Protocollo 1). Interpretazioni che emergono o nel caso di lesioni del diritto alla salute della persona nella sua più ampia accezione, oppure quando rilevino nel caso di un contenzioso civile o penale, concernente l’integrità psico-fisica della persona, che rischi di sfociare in una violazione del diritto ad un equo processo (art. 6). I principi espressi dalla CEDU sono stati ribaditi, poi, alle soglie del secolo successivo con la solenne

22 Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà Fondamentali,

sottoscritta a Roma il 4 Novembre 1950 dai dodici stati che componevano allora il Consiglio d’Europa, così come modificata dai successivi protocolli aggiuntivi, d’ora in avanti CEDU;

23 D’ora in avanti Corte EDU;

24 Keenan v. United Kingdom, § 89: “Appropriate steps to safeguard the lives of those within its

jurisdiction”; Benisad v. United Kingdom, § 37: “The difficulties in obtaining medication, and stress inherent returning to that part of Algeria [...] would, according to the applicant, seriously endanger his health […] The court considers that the suffering associated with such a relapse could, in principle, fal within the scope of Article 3”; X. and Y. v. Netherlands, §22: “”private life”, a concept wich covers the physical and moral integrity of the person”;

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11 proclamazione congiunta di Parlamento, Consiglio e Commissione UE della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea25. Anche in

questo caso possiamo rilevare dei rinvii impliciti alla tutela della salute nella previsione di una tutela generale del diritto alla vita e all’integrità psico-fisica dell’individuo26. Principi ribaditi anche dal dispositivo dell’art.

31 che riconosce il diritto a condizioni di lavoro sane e sicure per i lavoratori, secondo le modalità specificate dall’art.34 che tutela il diritto all’accesso alle prestazioni di sicurezza sociale e ai servizi sociali. A differenza dell’apparente silenzio operato dalla CEDU, la Carta di Nizza si pronuncia espressamente in materia di salute prevedendo all’art 35 che “Ogni persona ha il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere le cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali” specificando subito dopo che “Nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana”27. Il compito nomofilattico e di garanzia dei

principi contenuti nella Carta di Nizza è stato affidato alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, a sottolineare il carattere di principi fondanti e fondamentali alle disposizioni contenute nella Carta di Nizza.

A pochi anni di distanza dalla CEDU, gli Stati membri della Organizzazione degli Stati Americani28, convennero su un documento di

portata analoga alla CEDU, adottando, il 22 novembre del 1969, la Convenzione Americana dei Diritti Umani29 a San José in Costa Rica.

Questa, da un lato rinforzava la Commissione Inter-Americana sui Diritti

25 Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre del 2000; 26 rispettivamente artt. 2 e 4 CDFUE;

27 CDFUE, art. 35; 28 D’ora in avanti OSA;

29 American Convention on Human rights, firmata a San José, Costa Rica, il 22 novembre 1969, entrata

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12 Umani30, mentre dall’altro istituiva la Corte Inter-Americana dei Diritti

Umani preposta al controllo sul rispetto del trattato. Sebbene nella prima stesura non ci sia un esplicito richiamo al diritto alla salute, nel 1988 venne adottato a San Salvador, ad opera dell’Assemblea Generale dell’OSA, Il Protocollo alla Convenzione Americana sui Diritti Umani in materia di diritti economici, sociali e culturali31. Il Protocollo di San Salvador sancisce

esplicitamente all’art.10, comma 1 che “Everyone shall have the right to

health, understood to mean the enjoyment of the highest level of physical, mental and social well-being”32, precisando al comma successivo che “In order to ensure the exercise of the right to health, the States Parties agree to recognize health as a public good and particularly, to adopt the following measures to ensure that right”33. L’articolo procede quindi ad elencare le

misure specifiche prescritte agli Stati Membri per garantire l’esercizio del diritto alla salute, prevedendo tra le altre: una “Primary Health Care, that

is, essential health care made available to all individuals and families in the community”34; “Extension of the benefits of health services to all

individuals subject to the State’s jurisdiction”35; infine “Satisfaction of the

health needs of the highest risk groups and of those whose poverty makes them the most vulnerable”.

Anche nel continente africano si è guardato con rinnovato interesse al tema dei diritti umani, con l’adozione, nel 1981, della Carta Africana dei

30 Organismo autonomo dell’OSA istituito nel 1960,

31 Additional Protocol to the American Convention on Human Rights in the area of economic, social and

cultural rights firmato a San Salvador nel corso della XVIII sessione ordinaria dell’Assemblea Generale dell’OSA il 17 novembre 1988, entrata in vigore il 16 novembre 1999, d’ora in avanti Protocollo aggiuntivo di San Salvador;

32 ibidem art. 10, 1; 33 Ibidem art 10, 2; 34 Ibidem art 10, 2, a; 35 Ibidem art 10, 2, b;

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13 Diritti dell’Uomo e dei Popoli36. Nonostante per la stesura della Carta di

Banjul l’OAU si sia ispirata alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (cfr. supra §1.2) e alle altre dichiarazioni regionali che l’hanno preceduta, “la Carta riflette un elevato grado di specificità dovuto in particolare alla concezione Africana del termine “diritto” e alla posizione che accorda alle responsabilità degli esseri umani3738. La carta riconosce

espressamente che “every individual shall have the right to enjoy the best

attainable state of physical and mental health”39 prevedendo inoltre che

“States parties to the present Charter shall take the necessary measures

to protect the health of their people and to ensure that they receive medical attention when they are sick” 40 . Organo preposto alla vigilanza

sull’applicazione del trattato è la Commissione Africana per i Diritti Umani e dei Popoli, le cui funzioni non si limitano alla protezione dei diritti umani, ma comprendono anche la promozione di questi ultimi, anche in cooperazione con gli altri organi internazionali con le stesse finalità41.

Appare opportuna altresì una menzione dell’evoluzione della materia in esame anche in medio oriente. Occorre innanzitutto premettere che per la società islamica “i diritti dell’uomo non sono ritenuti il frutto di una scelta politica e volontaria operata dalla società organizzata in forma di Stato, ma sono strettamente collegati a una visione trascendente,

36 African Charter on Human and Peoples’ Rights, adottata dagli stati membri dell’Organizzazione

dell’Unità Africana a Banjul in Gambia il 27 giugno 1981, entrata in vigore il 21 ottobre 1986, d’ora in avanti Carta di Banjul;

37 . Keba Mbaye,Les droits de l’homme en Afrique, Editions A. Pedone/Commission Internationale de

Juristes, 1992, p. 161;

38 Human Rights In The Administration Of Justice: A Manual On Human Rights For Judges, Presecutors

And Lawyers, United Nations. Office of the High Commissioner for Human Rights, International Bar Association, United Nations Publications, 2003, p.72;

39 Carta di Banjul, art 16, 1; 40 ibidem, art 16, 2;

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14 religiosa, islamica della vita”42. Il primo documento sui diritti umani è la

Dichiarazione del Cairo43, che individua il fondamento dei diritti umani

nella volontà di Dio così come si evince dalla lettera del Corano e della Sunna, che si compongono nella Shari’a44, “la strada” che deve essere

rispettata da tutti i membri della fede islamica. La Dichiarazione del Cairo all’art. 24 afferma che “tutti i diritti e le libertà enunciati in questo documento sono subordinati alle disposizioni contenute nella Legge islamica”45. Letto in combinato con l’articolo successivo che individua la

Legge islamica come “il solo riferimento valido al fine di interpretare e chiarire qualunque articolo nella presente dichiarazione”46 fornisce quindi

una disposizione di chiusura che vincola l’intero sistema a quanto disposto nella Shari’a.

1.4 Le caratteristiche fondamentali del diritto alla salute in quanto appartentente al genus dei diritti umani.

Possiamo quindi delineare il minimo comune denominatore dei diritti umani, così come emerge dalle fonti internazionali, e di conseguenza, le caratteristiche fondamentali del diritto umano alla salute. In primo luogo, sono diritti eguali per tutti “one either is or not a human being, and

therefore has the same human rights as everyone else (or none at all)”47;

sono inoltre diritti inalienabili: è palese che “one cannot stop being

42 G. Morbidelli, L. Pegoraro, A.Rinella, M. Volpi, Diritto Pubblico Comparato, G. Giappichelli Editore,

2016, p. 332;

43 Dichiarazione Islamica dei Diritti dell’Uomo, sottoscritta dai paesi membri dell’Organizzazione della

Cooperazione Islamica, nel 1990 al Cairo in Egitto;

44 Il termine individua il sistema legale di origine religiosa rispettato dai membri della fede Islamica, per

un approfondimento: A. Amanat, Shari’a: Islamic Law in the contemporary context, Stanford University Press, 2007;

45 Dichiarazione Islamica dei Diritti dell’Uomo, 1990, Cairo, art. 24; 46 Ibidem, art. 25;

(19)

15

human”48; sono infine diritti a carattere universale poiché “today we

consider all members of the species Homo sapiens 'human beings' and thus holders of human rights”49.

Volendoci esprimere con le parole di un gigante dei nostri tempi “il problema di fondo dei diritti umani è oggi non tanto quello di giustificarli, quanto quello di proteggerli”50. Benché i trattati internazionali sui diritti

umani siano nati come cataloghi programmatici, hanno assunto una connotazione gradualmente più pragmatica negli ultimi cinquanta anni, in seguito al riconoscimento, da una parte, di una sempre maggiore influenza della normativa internazionale sugli ordinamenti interni51, e alla creazione

dei vari organismi giurisdizionali garanti del concreto rispetto di questi diritti negli Stati Membri dall’altra. La tutela delle situazioni soggettive protette da questi diritti, però, approda quasi sempre in ultima istanza alle varie Corti e Tribunali dei diritti umani, poiché in caso di lesione, in prima istanza sono sempre competenti i tribunali nazionali, vincolati al rispetto e all’applicazione dei trattati internazionali in forza delle ratifiche dei trattati e delle adesioni alle organizzazioni sovranazionali, riservando una posizione residuale di garanzia, o di ultimo grado di appello, ai Tribunali dei diritti umani.

48 Ibidem;

49 Ibidem;

50 N. Bobbio, Sul fondamento dei diritti del’uomo, in N. Bobbio, il problema della guerra e le vie della

pace, Il Mulino, Bologna, 1979, p.129;

51 “Ciascuno Stato è obbligato al rispetto delle norme internazionali sui diritti della persona umana da

cui sia vincolato in virtù del diritto internazionale generale o pattizio” P. Acconci, Tutela della salute e diritto internazionale, CEDAM, 2011, p. 76;

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16

II

IL DIRITTO ALLA SALUTE NELLA

COSTITUZIONE ITALIANA

2.1 Il dettato costituzionale alla luce degli atti dell’Assemblea costituente, ~ 2.2 Il Sistema Sanitario Nazionale, ~ 2.3 I Livelli essenziali di assistenza, ~ 2.4 Il diritto alla salute nelle pronunce della Corte Costituzionale.

2.1 Il dettato costituzionale alla luce degli atti dell’Assemblea costituente.

La Costituzione italiana garantisce espressamente il diritto alla salute con la disposizione contenuta nell’art. 32. L’assemblea costituente ebbe la lungimiranza di inserire questa disposizione “all’avanguardia , se si pensa che l’elevazione del diritto alla salute a principio costituzionale non ricorre in alcuna delle costituzioni europee coeve a quella italiana […] e nemmeno nella convenzione europea dei diritti dell’uomo”52 L’attuale testo dell’articolo sancisce che “La

Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di

52 N. Aicardi, La sanità, in S. Cassese (a cura di), Trattato di diritto amministrativo,

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17 legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.” 53 Tuttavia il dibattito

politico che ha portato ad esprimere questa formulazione ha visto fronteggiarsi opinioni nettamente contrastanti.

Il percorso parlamentare che ha portato all’attuale enunciazione dell’art.32 si apre il 28 gennaio del 1947, quando il Comitato di Redazione, recepita l’iniziativa del gruppo parlamentare medico54, propone la prima stesura

rubricata all’art. 26 del Progetti di Costituzione della Repubblica Italiana che recitava “La Repubblica tutela la salute e l’igiene ed assicura cure gratuite agli indigenti. Nessun trattamento sanitario piò essere reso obbligatorio se non per legge. Sono vietate le pratiche sanitarie lesive della dignità umana”55.

L’On. Sullo56 fu promotore di un emendamento diretto a

sopprimere integralmente l’articolo sostenendo l’inutilità della disposizione in quanto non conteneva, a suo avviso, né diritti di libertà né diritti sociali. A vista dell’On Sullo nel secondo comma “quello che potrebbe essere un diritto di libertà […] non ha invece quel valore polemico che presentano altri

53Costituzione Della Repubblica Italiana, art 32;

54 Promosso e presieduto dall’On. Giuseppe Caronia e composto da ventotto medici

provenienti da tutti gli schieramenti politici in campo, con lo scopo di promuovere le disposizioni relative alla salute e all’igiene pubblica;

55 Progetto di Costituzione della Repubblica italiana, seduta del 24 aprile 1947, p.

3295;

56 Insieme agli Onorevoli Valenti, Mastino Gesumino, Castelli Avolio, Reale Vito,

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18 articoli della nostra Costituzione, in quanto non v’è stata alcuna violazione in Italia che possa essere contemplata da questo secondo comma”57, mentre l’espressa previsione

costituzionale di un diritto sociale alla salute risultava superflua in quanto “nei limiti dei bilanci e degli accorgimenti della tecnica amministrativa, è stata sempre tutelata la salute ed è stata sempre promossa l’igiene”58.

Di parere opposto l’On. Caronia che dopo aver definito la tutela della salute “una delle più alte funzioni dello Stato [ed] uno dei diritti più sacrosanti dell’individuo”59, propose un

emendamento diretto alla soppressione del riferimento esplicito alla garanzia di cure per gli indigenti, argomentando che fosse troppo evocativa di arcaiche congregazioni di carità tipiche dello stato liberale e che “se teniamo presenti tutte le provvidenze di uno stato moderno […] dovrebbe scomparire la figura dell’indigente”60. L’emendamento proponeva anche

l’inserimento di un secondo comma volto a precisare le modalità di tutela della salute da parte della Repubblica, prevedendo che “lo Stato assolve tale compito attraverso istituzioni coordinate attorno ad un unico organo centrale ed autonomo”61. L’On. Caronia sosteneva la necessità di tale

integrazione alla formulazione proposta dal Comitato di

57 Progetto di Costituzione della Repubblica italiana, seduta del 24 aprile 1947 p. 3296; 58 Ibidem;

59 Ibidem;

60 Ibidem, p. 3297; 61 Ibidem, p. 3296;

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19 redazione per andare incontro alle tendenze internazionali di unificazione dell’organizzazione sanitaria, contrariamente alla situazione di “grande confusione nel campo sanitario per dispersione di mezzi, costose interferenze ed inevitabili deficienze”62 in cui versava, all’epoca, il nostro paese.

Gli emendamenti presi in considerazione rappresentano i due orientamenti principali sull’argomento e rispecchiavano, il primo, sostenuto dall’On. Sullo, la mera programmaticità dell’art. 32 Cost. 63 , coerente con una

concezione di salute e sanità pubblica ancora legata al modello di Stato liberale, basato su un ruolo dell’intervento pubblico meramente sussidiario alla libera iniziativa privata. Il secondo, fatto proprio dall’On Caronia, prospettava la tutela della salute come diritto fondamentale dell’individuo in quanto necessaria per il pieno sviluppo della persona umana e quindi emancipata dalla situazione di indigenza della persona64.

“L’adozione di tale prospettiva influiva anche sulla riformulazione del ruolo dell’intervento pubblico rispetto a quello della società, attraverso l’affidamento a questo di un

62 Ibidem;

63 Per un approfondimento L. Carlassare, L’art 32 della Costituzione e il suo significato,

in L’Amministrazione sanitaria, a cura di R. Alessi, Neri Pozza Editore, Milano 1967, p. 103 ss.;

64 Con le parole dell’On. Caronia “Lo Stato, secondo noi, a tutti deve assicurare i mezzi

di prevenire e curare le malattie. Certi mezzi di prevenzione e di cura sono così costosi da poter riuscire difficile procurarseli anche al cittadino più facoltoso con le sue sole disponibilità. L’organizzazione sanitaria deve essere tale, che a tutti deve essere data la possibilità di usufruirne. Stabilirà poi la legge le norme che assucurino ai non abbienti la gratuità” Progetto di Costituzione della Repubblica italiana, seduta del 24 aprile 1947, p. 3297;

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20 compito non più episodico o integrativo, ma di garanzia nella tutela di un fondamentale diritto personale”65.

2.2 Il Servizio Sanitario Nazionale

Per un lungo periodo prevalse l’interpretazione programmatica dell’art.32 Cost. 66 priva di alcuna carica

innovativa, ma semplicemente esplicativa di una caratteristica dello Stato moderno, ma già agli inizi degli anni ’60 venne prospettata la possibilità di attribuire al cittadino la titolarità di una situazione soggettiva immediatamente efficace erga omnes azionabile anche nei confronti dello Stato, al fine di garantire “una pretesa agli interventi e alle prestazioni statali rivolte a prevenire e curare fatti suscettibili di compromettere la loro sanità”67.

Il 27 luglio 1967 con l’approvazione del programma economico nazionale per il quinquennio 1966- 1970 ad opera della L. n. 685, che tra gli altri si proponeva come obiettivo “nel campo sanitario, previdenziale e dell'assistenza sociale […] l'attuazione di un compiuto sistema di sicurezza sociale”68

si palesò la propensione politica verso una interpretazione

65 S. Baggio, La responsabilità della struttura sanitaria, Giuffrè Editore, 2008, p.205; 66 S. Lessona, La tutela della salute pubblica, in Commentario sistematico alla

Costituzione italiana, diretto da P. Calamandrei e A. Levi, Firenze, 1950, p.147;

67 C. Mortati, La tutela della salute nella Costituzione italiana, in Riv. Infortuni e malattie

professionali, 1961, p. 1;

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21 sicuramente non programmatica dell’art. 32 Cost. La legge prese come modello il National Health Service inglese69 con

le sue essenziali caratteristiche di onnicomprensività, universalità e gratuità delle prestazioni. Come anche per l’NHS il sistema si sicurezza sociale in ambito sanitario sarebbe stato “finanziato dallo Stato attraverso il contributo dei cittadini in proporzione alla rispettiva capacità contributiva, da realizzarsi gradualmente”70. Il 23 dicembre 1978 con

l’approvazione della L. n. 833 venne infine istituito il Servizio Sanitario Nazionale “informato ai principi di universalità, uguaglianza e globalità, non a torto riconosciuto come il punto di vertice raggiunto, almeno nelle intenzioni legislative, nello sviluppo dello stato sociale”71. La nuova normativa si poneva

nettamente “in antitesi con il precedente sistema mutualistico”72 assicurando le prestazioni sanitarie “a tutta la

popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l'eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio”73e garantendo una tutela

caratterizzata informata al principio di globalità “ossia come attività diretta non solo all’erogazione dell’assistenza sanitaria, ma all’esercizio di tutti i compiti e le funzioni

69 cfr. sup. §1.2, p. 7;

70 L. 27 luglio 1967 n. 685, art. 71; 71 N. Aicardi, ibidem, p. 637; 72 N. Aicardi, ibidem;

73 art 1, co. 3, L 23 dicembre 1978 n. 833; cfr. P. Micanti, I principi di “globalità” e

“unitarietà” degli interventi diretti alla tutela della salute, in Foro Amministrativo, 1981, II, p. 74 ss.;

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22 comunque attinenti, anche indirettamente, alla protezione della salute umana”74 nella sua accezione onnicomprensiva

di benessere psico-fisico complessivo dell’individuo ed estendendo le proprie funzioni a ricomprendere anche l’igiene e la sanità pubblica, la sicurezza sul lavoro e gli inquinamenti, ricomprendendo quindi compiti autoritativi-provvedimentali e non più limitati alla sola erogazione di servizi.75 La gestione

amministrativa diretta era affidata ai comuni per mezzo delle unità sanitarie locali76 organismi istituiti dalle regioni, ma

gestite dai comuni stessi per esercitare le proprie funzioni. Le regioni detenevano le funzioni legislative, programmatiche e di coordinamento mentre lo stato svolgeva funzioni generali di indirizzo e di stanziamento delle risorse.

Questo imponente apparato amministrativo portò negli anni seguenti ad una sostanziosa lievitazione dei costi per il suo funzionamento e costrinse il legislatore a costanti interventi per ripianare il deficit delle Unità Sanitarie Locali. Per queste ragioni, nei primi anni novanta, il legislatore è intervenuto due volte, operando un riassetto istituzionale del SSN. La riduzione della spesa fu conseguita principalmente con il ridimensionamento della portata dei principi di globalità

74 N. Aicardi, ibidem, p.638;

75 sull’argomento S. Cassese, Le trasformazioni dell’organizzazione amministrativa, in

Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1985, p.380; L. Torchia, Le amministrazioni nazionali, Padova, Cedam, 1988, p. 79 ss.;

76 il complesso dei presidi, degli uffici e dei servizi i quali, in un ambito territorialmente

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23 e gratuità del servizio sanciti dalla L. n. 833/197877 anche

attraverso l’istituzione dei ticket78, l’aumento delle imposte

relative alla sanità e la riduzione delle prestazioni erogabili gratuitamente. Il D.Lgs. n. 502/1992 e il D.Lgs. n. 517/1993 hanno trasformato profondamente il SSN attribuendo, in primo luogo, maggiori responsabilità in ambito programmatico, organizzativo e finanziario alle Regioni avviando un processo di regionalizzazione della sanità. Inoltre le strutture di produzione ed erogazione dei servizi sanitari furono oggetto di un processo di aziendalizzazione e poste in condizioni di concorrenza con strutture private con l’obiettivo di garantire un miglioramento qualitativo delle prestazioni e al contempo una maggiore libertà di scelta per il cittadino. Il modello di finanziamento del SSN fu sostituito da uno basato sulle quote capitarie e sulla remunerazione a tariffa per ogni tipologia di prestazione erogata. Alle USL si sostituiscono le Aziende “Unità Sanitarie Locali” (ASL) e vengono istituite le Aziende Ospedaliere 79 dotate di

personalità giuridica pubblica e dotate di ampi margini di autonomia patrimoniale e di gestione.

Un altro passo avanti nella direzione dell’aziendalizzazione della gestione delle aziende sanitarie è

77 N. Aicardi, Ibidem, p. 641;

78 art. 2 L. 5 agosto 1978, n. 484 per quanto riguarda le prestazioni farmaceutiche; art

12 L. 26 aprile 1982, n. 181 per le prestazioni diagnostiche;

79 ospedali di rilievo nazionale e di alta specializzazione, i policlinici universitari e gli

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24 stato compiuto nel 1999 con il D. Lgs. n. 229 che ha previsto una più ampia autonomia, spiccatamente orientata all’imprenditorialità come dimostra anche solo la previsione in materia di appalti, che, nel caso in cui abbiano valore inferiore a quello previsto dalla normativa UE possono essere definiti direttamente secondo le norme del diritto privato. L’attività delle aziende sanitarie deve essere inoltre ispirata a criteri di economicità efficienza ed efficacia con rispetto del vincolo di bilancio.

2.3 I livelli essenziali di assistenza.

Nel 2001 il legislatore ha provveduto alla riforma del Titolo V parte II della Costituzione, individuando, nella nuova formulazione dell’art. 117 Cost., la tutela della salute come materia di legislazione concorrente tra stato e regioni.

Nell’assetto normativo delineatosi in seguito alla riforma costituzionale, lo Stato mantiene la potestà legislativa esclusiva per quanto riguarda la “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”80.

Di conseguenza, per ciò che concerne le prestazioni sanitarie, la previsione di una riserva di legge rappresenta

80 art 117, co. 2, lett. m, Cost; per approfondimento M. Luciani, I diritti costituzionali tra

(29)

25 l’attuazione della “garanzia minima del diritto alla salute ex art 32 Cost.”81consentendo al legislatore di “porre le norme

necessarie per assicurare a tutti, sull’intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite, come contenuto essenziale di tali diritti, senza che la legislazione regionale possa limitarle o condizionarle”82. Conseguenza

naturale di questa ripartizione è che le norme di fonte regionale, potranno derogare alle disposizioni statali, a condizione che non contengano definizioni dei livelli essenziali delle prestazioni, né principi fondamentali sull’organizzazione del servizio sanitario.

Il SSN è definito all’art. 1, co. 1, d.lg. n. 502/1992 così come riformato dal d.lg. n. 229/1999, come il “complesso delle funzioni e delle attività assistenziali dei servizi sanitari regionali” sotto la coordinazione unitaria dello Stato che ne esprime i principi fondamentali e i livelli essenziali di assistenza su tutto il territorio nazionale. Le regioni sono quindi tenute all’organizzazione e alla predisposizione dell’assistenza sanitaria all’interno della cornice normativa ed organizzativa programmata dallo Stato. Secondo il principio di globalità, al SSN afferisce “ogni compito erogativo di attività o di beni, connesso alla protezione dello stato di salute della persona”83. Le prestazioni attribuite al servizio sanitario

81 N. Aicardi, ibidem, p. 645;

82 Corte Costituzionale, sentenza del 26 giugno 2002, n. 282; 83 N. Aicardi, ibidem, p.654;

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26 possono essere ricondotte ad “aree tipologiche omogenee”84a seconda del diverso tipo di assistenza o

servizio garantito. Secondo questa categorizzazione possiamo distinguere l’assistenza medico-generica e pediatrica, l’assistenza farmaceutica, l’assistenza specialistica, l’assistenza ospedaliera e l’assistenza sociosanitaria. Il contenuto minimo di ogni area tipologica omogenea è specificato in maniera centralizzata dall’apparato statale, attraverso l’individuazione e l’emanazione dei Livelli Essenziali di Assistenza85, “ossia dei

limiti quantitativi, tipologici e qualitativi delle prestazioni che il servizio pubblico è tenuto ad offrire su tutto il territorio nazionale”86. I LEA vengo emanati con d.P.C. su proposta del

Ministro della salute, in accordo con il Ministro dell’economia e delle finanze e la Conferenza Stato-regioni 87 .

L’individuazione delle risorse finanziare necessarie avviene contestualmente alla definizione dei LEA88, poiché queste

non costituiscono un presupposto sovraordinato, ma un parametro di valutazione al pari di altri elementi costituzionalmente rilevanti afferenti alla tutela della salute ex art 32 Cost. Stabilisce infatti l’art. 1, co. 2, d.lgs. 502/1992 così

84 N. Aicardi, ibidem;

85 d’ora in avanti LEA; 86 N. Aicardi, ibidem, p.655;

87 D.P.C. 29 novembre 2001, così come integrato dal d.P.C. 16 aprile 2002 e

dall’accordo con le regioni del 22 novembre 2001;

(31)

27 come modificato dal d.lgs. 229/1999, che “i livelli essenziali e uniformi di assistenza [sono] definiti dal Piano sanitario nazionale nel rispetto dei principi della dignità della persona umana, del bisogno di salute, dell’equità nell’accesso all’assistenza, della qualità delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze nonché dell’economicità nell’impiego delle risorse”. Viene istituita allo scopo un’apposita commissione con funzione di “valutazione, in relazione alle risorse definite, dei fattori scientifici, tecnologici ed economici relativi alla definizione e all'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza e delle prestazioni in essi contenute”89. La commissione si compone

di quattordici esperti nominati dal Ministro della salute, che presiede le sedute, un membro nominato dal Ministero dell’economia e delle Finanze e sette designati dalla Conferenza dei presidenti delle regioni.

Attraverso il sistema dei LEA viene garantita sul territorio italiano una uniformità minima delle prestazioni sanitarie, necessaria e sufficiente ad esaurire l’obbligo di erogazione di pubblico servizio, posto a carico di ciascuna regione nel proprio ambito territoriale90come si evince dal

disposto dell’art. 3, co.1, d.lg. 502/1992 e successive modifiche. Ciò non toglie la potestà di ciascuna regione di

89 D.l. 15 aprile 2002, n. 63, convertito in l. 15 giugno 2002, n. 112; 90 N. Aicardi, ibidem, p.657;

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28 predisporre livelli di assistenza più ampi, fermo restando l’obbligo di fronteggiare la spesa ulteriore ricorrendo a risorse regionali, come previsto dall’art. 13 del d.lg. 502/1992.

2.4 Il diritto alla salute nella giurisprudenza della Corte Costituzionale.

Il diritto alla salute degli stranieri ricade certamente nel fenomeno della “cittadinanza sociale”91 ovvero uno status più

ampio, autonomo rispetto allo status civitatis, che ricomprende tutti gli appartenenti ad una comunità, indipendentemente dal requisito della cittadinanza.92

Negli anni la Consulta ha sempre più rafforzato un orientamento che, tramite la chiave interpretativa dell’art. 3 Cost., restringe sensibilmente la possibilità di considerare l’assenza della cittadinanza come fondamento legittimo per un trattamento discriminatorio da parte del legislatore. Questa impostazione giurisprudenziale ha avuto inizio con la sentenza della Corte Costituzionale n. 120 del 1967 che, interpretando estensivamente l’art. 3 Cost. in una lettura

91 A. Patroni Griffi, I diritti dello straniero tra Costituzione e politiche regionali, in I diritti

sociali tra regionalismo e prospettive federali, a cura di L. Chieffi, Padova, 1999, pp. 341 ss;

92 A. Patroni Griffi, La cittadinanza sociale e il diritto alla salute degli stranieri: alcune

(33)

29 coordinata con gli artt. 2 e 10 Cost., sancisce che “se è vero che l’art. 3 si riferisce espressamente ai soli cittadini, è anche vero che il principio di uguaglianza vale pure per lo straniero quando trattisi di rispettare quei diritti fondamentali”93. Questa

interpretazione è stata successivamente confermata dalla sentenza n. 104 del 1969 che ha ribadito nello specifico che “per quanto attiene ai diritti inviolabili della personalità, che rappresentano un minus rispetto alla somma dei diritti di libertà riconosciuti al cittadino, la titolarità di quei diritti, comune al cittadino e allo straniero nell'ambito di quella sfera, non può non importare, entro la stessa, una loro posizione di eguaglianza” 94 . La suprema Corte prosegue, però,

specificando che “la riconosciuta eguaglianza di situazioni soggettive nel campo della titolarità dei diritti di libertà non esclude affatto che, nelle situazioni concrete, non possano presentarsi, fra soggetti uguali, differenze di fatto che il legislatore può apprezzare e regolare nella sua discrezionalità, la quale non trova altro limite se non nella razionalità del suo apprezzamento”95, alludendo la Corte alle

differenze derivanti dal fatto che “mentre il primo [il cittadino] ha con lo Stato un rapporto di solito originario e comunque permanente, il secondo [lo straniero] ne ha uno acquisito e

93 Corte Cost. sent. 120 del 1967, punto 2 delle considerazioni in diritto; 94 Corte Cost. sent. n. 104 del 1969, punto 4 delle considerazioni in diritto; 95 Ibidem;

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30 generalmente temporaneo” 96 . La discrezionalità del

legislatore di disciplinare in maniera eterogenea situazioni sostanzialmente omogenee, basata sul diverso status sociale dei soggetti titolari, viene ribadita anche dalla sent. 244 del 197497 fermo restando l’interpretazione estensiva dell’art. 3 a

favore dei soggetti non titolari di cittadinanza.

La prima pronuncia della Consulta avente ad oggetto il diritto alla salute per i non cittadini è contenuta nella sent. 103 del 1977 dove la Corte ribadisce l’irrilevanza della cittadinanza per quanto concerne l’accesso alle cure, riconoscendo la sua natura di diritto fondamentale della persona umana e quindi svincolato dallo status civitatis. La Corte è tornata in diverse occasioni 98 sull’argomento,

contemperando il principio elaborato nella sentenza menzionata con le necessità di bilancio dello stato. La prima pronuncia in questo senso è contenuta nella sent. 247 del 1992 dove la Corte individua come il diritto alla salute debba necessariamente essere contemperato con i “limiti oggettivi che lo stesso legislatore incontra in relazione alle risorse organizzative e finanziarie di cui dispone al momento”. Orientamento confermato con la sent. 267 del 1998 ritenendo

96 Ibidem;

97 “non può escludersi che tra cittadino e straniero, benché uguali nella titolarità di certi

diritti di libertà, esistano differenze di fatto e di posizioni giuridiche tali da razionalmente giustificare un diverso trattamento nel godimento di tali diritti” Corte Cost. sent. 244 del 1974, punto 2 delle considerazioni in diritto;

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31 la Consulta che “il diritto alla salute è pieno ed incondizionato nei limiti in cui il legislatore, attraverso un ragionevole bilanciamento fra i valori costituzionali e la commisurazione degli obiettivi alle risorse disponibili, predisponga adeguate possibilità di fruizione delle prestazioni sanitarie”99 e “tenuto

conto dei limiti oggettivi che lo stesso legislatore incontra in relazione alle risorse organizzative e finanziarie, di cui dispone”100. La Corte ha successivamente ribadito che il

diritto alla salute rientri in "un nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana” e che come tale non può essere privo di tutela da parte dell’ordinamento e deve necessariamente “essere riconosciuto anche agli stranieri, qualunque sia la loro posizione rispetto alle norme che regolano l’ingresso ed il soggiorno nello Stato, pur potendo il legislatore prevedere diverse modalità di esercizio dello stesso”101. La suprema

Corte prospetta quindi il diritto alla salute come effettivamente spendibile anche dallo straniero nel territorio dello Stato, pur secondo modalità e con le limitazioni previste dal legislatore. Questo secondo un criterio di ragionevolezza che differenzi in maniera legittima gli individui, garantendo però a tutti la tutela del nucleo fondamentale del diritto alla salute.

99 Corte Cost., sent. 267 del 1998, punto 4 delle considerazioni in fatto; 100 Ibidem, punto 4 delle considerazioni in diritto;

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32 La Corte, negli ultimi anni, ha elaborato ulteriormente questo orientamento a favore dell’inclusione di prestazioni non direttamente collegate con il diritto alla salute sancito dall’art. 32 Cost.; Infatti, con la sentenza n.432 del 2005102,

dopo aver confermato la definizione di salute come “diritto fondamentale dell’individuo ed interesse della collettività da riconoscere anche agli stranieri”, ha argomentato che, nel caso in esame, nonostante la normativa non fosse strettamente collegata con il diritto alla salute, il legislatore ha la facoltà di “introdurre regimi differenziati, circa il trattamento da riservare ai singoli consociati, soltanto in presenza di una ‘causa’ normativa non palesemente irrazionale o, peggio, arbitraria”. Quindi, condizionare al requisito del possesso della cittadinanza italiana l’accesso a prestazioni in regime agevolato, previste da una normativa la cui ratio consista nel favorire i soggetti affetti da disabilità, è stato ritenuto dalla Corte arbitrariamente discriminante e sostanzialmente irragionevole, in quanto in netto conflitto con l’art.3 della Costituzione103.

102 nella quale era stata sollevata questione di illegittimità costituzionale dell’art. 8, co.

2, della legge della Regione Lombardia 12 Gennaio 2001, n.1 (Interventi per lo sviluppo del trasporto pubblico regionale e locale) nella parte in cui non include i cittadini stranieri residenti nella Regione Lombardia tra gli aventi diritto alla circolazione gratuita sui servizi di trasporto pubblico di linea riconosciuto alle persone totalmente invalide per cause civili.

103 M. Gens, Il diritto agli stranieri extracomunitari alla non irragionevole

discriminazione in materia di agevolazioni sociali, in Giurisprudenza Costituzionale, n.6 del 2006, pag. 4681 e ss.;

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33 Con la sentenza n. 306 del 2008, la Consulta ha sancito l’irragionevolezza delle disposizioni impugnate, le quali pregiudicavano il diritto alla salute “inteso anche come il diritto ai rimedi possibili, e parziali, alle menomazioni prodotte da patologie di non lieve importanza”. La Corte era stata chiamata a deliberare della legittimità costituzionale dell’art. 80, co. 19 della legge finanziaria per l’anno 2001 e dell’art. 9 co. 1 del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286104 , nella parte in cui

inibivano la fruizione delle provvidenze assistenziali e, nello specifico, l’indennità di accompagnamento allo straniero, poiché non in possesso dei requisiti di reddito già stabiliti per la carta di soggiorno. Nello specifico le figlie di una cittadina albanese, presente nel territorio nazionale da più di sei anni e in stato di coma vegetativo in seguito a un incidente stradale, presentavano domanda per beneficiare dell’indennità di accompagnamento, che veniva negata in sede amministrativa, nonostante in possesso dei requisiti sanitari, per la mancanza della carta di soggiorno, che non poteva essere rilasciata alla donna per la mancanza del requisito reddituale necessario per l’ottenimento della stessa. La Corte ha evidenziato l’irragionevolezza di una norma che, come requisito per la fruizione di una prestazione economica volta ad agevolare un nucleo familiare nel sostenimento di

104 T.U. delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla

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34 spese sanitarie, ponga come prerequisito la titolarità di un documento quale la carta di soggiorno il cui rilascio sia a sua volta legato ad una condizione reddituale, e riflette sulla circostanza che “un soggetto che per sventura si trovi in uno stato di indigenza è destinato ad essere meno protetto rispetto a chi è economicamente più fortunato, nel suo diritto alla salute”105.

Ai fini della comprensione dell’orientamento della Corte Costituzionale, è rilevante anche la sentenza n. 187 del 2010 con la quale è stata dichiarata l’incostituzionalità dell’art. 80, co. 19 della L. n. 388 del 2001, nella parte in cui fa dipendere il riconoscimento dell’assegno mensile di invalidità dal requisito della titolarità della carta di soggiorno. La Corte ha mosso la sua argomentazione basandosi anche sulla giurisprudenza della Corte di Strasburgo. L’art. 14 della CEDU, infatti, dispone che “il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale […]”. L’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 inoltre riconosce che “ogni persona ha diritto al rispetto dei suoi beni” i quali, secondo la giurisprudenza della Corte EDU,

105 A. Randazzo, La salute degli stranieri irregolari: un diritto fondamentale

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35 comprendono tutte le forme di assistenza sociale. Di conseguenza, una volta concessa una prestazione sociale da parte dello Stato, l’accesso a questa non potrà essere discriminato sulla base del requisito della cittadinanza, a meno che non sia giustificato da ragioni di pubblica utilità e la differenziazione sia proporzionata all’obiettivo perseguito. Nella sentenza la Consulta ricostruisce la natura giuridica dell’assegno di invalidità ed argomentando che, essendo subordinata la sua concessione ad uno stato di invalidità106 e

ad uno stato di inoccupazione, non determinato da cause volontarie, giunge alla conclusione che trattasi di una previsione normativa a tutela di un bisogno fondamentale della persona umana; di conseguenza sarebbe illegittima l’esclusione dei cittadini stranieri applicata dall’istituto.

La Corte Costituzionale è tornata a pronunciarsi sull’ampliamento delle tutele previste a favore degli stranieri, anche al di fuori del nucleo fondamentale del diritto alla Salute, in questo caso da parte di due leggi regionali promulgate una dalla Regione Toscana (con l.r. n. 29 del 2009), e una dalla Regione Puglia (con l.r. n. 32 del 2009). Nel caso della sentenza n. 269 del 2010 veniva sollevata la questione costituzionale relativamente all’art. 6, co. 11, 35, 43, 51 e 55 lettera d) della legge della Regione Toscana 9

106 D.lgs. n. 509 del 23 novembre 1988 secondo le tabelle percentuali di invalidità

contenute nel D.M. 5 febbraio 1992 che stabilisce una percentuale di invalidità minima del 74%;

(40)

36 giugno 2009, n. 29107, poiché in contrasto con l’art. 117, co. 2,

lett. a), b) e art. 9 della Costituzione. Per quanto riguarda l’art. 6, co. 35, si riteneva illegittima la disposizione che attribuiva a tutte le persone dimoranti nel territorio regionale la possibilità di fruire di interventi socio assistenziali urgenti e indifferibili “anche se prive di titolo di soggiorno”, poiché in contrasto con l’art. 117, lett. a) e b) “[…] riservando alla Regione il compito di fissare i criteri per identificare i caratteri dell’urgenza e dell’indifferibilità ed il contenuto di tali prestazioni e quindi dando vita ad un sistema socio assistenziale parallelo […]”. La Corte non ha ritenuto fondata la questione in quanto la norma regionale, in attuazione dei principi fondamentali posti dal legislatore, “provvede ad assicurare anche agli stranieri irregolari le fondamentali prestazioni sanitarie ed assistenziali atte a garantire il diritto all’assistenza sanitaria, nell’esercizio della propria competenza legislativa, nel pieno rispetto di quanto stabilito dal legislatore statale in tema di ingresso e soggiorno dello straniero, anche con riguardo allo straniero dimorante privo di un valido titolo d’ingresso”108. Quanto invece alla l.r. 4

107 Norme per l’accoglienza, l’integrazione partecipe e la tutela dei cittadini stranieri

nella Regione Toscana;

108 art. 35, co. 3, D.lgs. n. 286 1998 “ai cittadini presenti sul territorio nazionale, non in

regola con le norme relative all’ingresso ed al soggiorno, sono assicurate, nei presidi pubblici ed accreditati, le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative per malattia ed infortunio e sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva”; sentt. 148 del 2008 e 252 del 2001 Corte Cost., cfr. sup. infra. § 2.4;

(41)

37 dicembre 2009, n. 32 della Regione Puglia 109 , veniva

proposto ricorso in via principale dal Presidente del Consiglio dei ministri poiché, a suo avviso la legge regionale sarebbe stata incompatibile con l’art. 117 Cost. in relazione ai principi formulati dal d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286110. Il ricorrente

sosteneva che la formulazione di alcune norme111 attribuisse

la titolarità del diritto alle prestazioni sanitarie ai soggetti stranieri a qualsiasi titolo presenti sul territorio regionale, in netto contrasto con i principi dettati dal d.lgs. 286 del 1998 così come recepiti dall’art.10-bis introdotto con la L. 15 luglio 2009, n.94 che sanziona penalmente lo straniero che “fa ingresso ovvero si trattiene nel territorio dello Stato, in violazione delle disposizioni del [T.U. delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero] nonché di quelle di cui all’articolo 1 della legge 28 maggio 2007, n. 68112”. La Consulta, con la

sentenza n. 299 del 2010, dopo aver riconosciuto come argomento potestà legislativa esclusiva statale le “politiche di programmazione dei flussi di ingresso e di soggiorno nel territorio nazionale”, evidenzia che l’assistenza sociale ricade invece nell’ambito della competenza concorrente e residuale

109 Norme per l’accoglienza, la convivenza civile e l’integrazione degli immigrati in

Puglia;

110 T.U. delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla

condizione dello straniero;

111 artt. 1, co.1, lett. a, c, d, e, h; art. 2; art. 4, co. 4; artt. 10, 13, 14, 15;

112 Disciplina dei soggiorni di breve durata degli stranieri per visite, affari, turismo e

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