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Allenamento della flessibilità: lo stretching (n° 3/2005)

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Academic year: 2021

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(1)

L’Angolo del Fitness

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L’ALLENAMENTO DELLA FLESSIBILITÀ:

LO STRETCHING

(PRIMA PARTE)

O

ltre all’allenamento aerobi-co e a quello della forza, a cui si è accennato nei pre-cedenti numeri, vi è una terza ed ul-tima componente fondamentale dei programmi finalizzati alla salute ed al fitness: l’allenamento della flessi-bilità. Gli esercizi per sviluppare la flessibilità, ovvero la capacità di rag-giungere la massima escursione ar-ticolare, sono complessivamente in-dicati con il termine di stretching. Non sono ancora del tutto chiare le ragioni per cui i muscoli necessitino di essere “stirati”, ne’ quali ne siano esattamente gli effetti a breve e lun-go termine, ma sta di fatto che que-sta pratica è osservabile in molti ani-mali ed appare pertanto assoluta-mente connaturata alla struttura ed al funzionamento dell’apparato lo-comotore. In ambito sportivo, ma anche fisioterapico e riabilitativo ed ancora in tecniche quali lo yoga, ta-le pratica è stata sistematizzata e, al di là degli effetti che a torto o a ra-gione le vengono di volta in volta at-tribuiti (nella Tabella 1 sono riporta-ti alcuni dei benefici sui quali vi è maggiore uniformità di consensi), può essere suddivisa in differenti mo-dalità. Schematicamente, seguendo la (Fig. 1), lo stretching può essere statico passivo, statico attivo, dina-mico passivo e dinadina-mico attivo. Per comprendere correttamente questa suddivisione è necessario considera-re il ruolo svolto nei diversi casi dal muscolo o dal gruppo muscolare che si allunga e dal muscolo o dal gruppo antagonista. Dove, per “an-tagonista”, si intende il muscolo che nella funzione articolare svolge un compito opposto alla controparte,

definita “agonista”. Così, per esem-pio, nella flessione della gamba che coinvolge l’articolazione del ginoc-chio, il gruppo agonista è il bicipite femorale ed il suo antagonista il qua-dricipite femorale (naturalmente i ruoli di agonista e antagonista si in-vertono nel caso dell’estensione del-la gamba). Ciò specificato, è possi-bile enunciare la seguente definizio-ne: “un esercizio di stretching rien-tra nella tipologia di stretching at-tivo quando la sua esecuzione è

ca-ratterizzata da una contrazione vo-lontaria dell’agonista e/o dell’anta-gonista”. Per contro, si parla di stretching passivo quando sia l’a-gonista che l’antal’a-gonista non sono in uno stato di contrazione volon-taria. Con “dinamico” e “statico”, infine, ci si riferisce, in questo con-testo, ai due casi in cui la posizione di allungamento si manifesta trans-itoriamente o meno (tipicamente, e rispettivamente, meno di 2 secon-di o più secon-di 10). attivo STRETCHING passivo statico dinamico fig.1

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Delle varie tipologie di stretching riconducibili allo schema presenta-to, lo stretching statico passivo è probabilmente quello che rappre-senta il miglior compromesso fra efficacia e sicurezza ed è senz’altro quello su cui, almeno inizialmente, conviene basare un programma di allenamento della flessibilità. Per quanto concerne la scelta degli esercizi, occorre considerare prin-cipalmente tre fattori: l’isolamento del muscolo o del gruppo musco-lare che si desidera allungare, la creazione di una leva favorevole che consenta di graduare in modo fine la tensione senza richiedere parti-colari impegni in altri distretti, ed il grado di rischio (evitando per esempio torsioni indebite delle ar-ticolazioni o di eseguire gli esercizi senza aver opportunamente

riscal-dato i muscoli). Anche la respira-zione gioca un ruolo significativo e deve essere regolare e profonda, in-spirando lentamente col naso ed espandendo l’addome, per poi trat-tenere un attimo il respiro ed espi-rare lentamente dalla bocca. Per ogni esercizio è opportune esegui-re da 2 a 5 ripetizioni di circa 20” ciascuna ed ogni esercizio deve es-sere eseguito raggiungendo (e poi abbandonando) la posizione di massimo allungo (il massimo allun-gamento consentito al muscolo senza che sia superata la soglia del dolore) in modo lento e controlla-to. Questa modalità di stretching è inoltre ideale per essere utilizzata in abbinamento all’allenamento della forza, coinvolgendo gli stessi gruppi muscolari impegnati negli esercizi di forza e sfruttando i

tem-pi di recupero fra le serie, raziona-lizzando quindi al massimo la per-manenza in palestra. Come sarà il-lustrato nel prossimo numero, la padronanza di questa tecnica di al-lungamento - ampiamente esausti-va nella grande maggioranza delle situazioni e delle finalità - è anche il preliminare indispensabile per af-frontare tecniche di allungamento più sofisticate, più efficaci ma an-che più problematian-che.

di Vittorio Baldini

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- incrementa il fitness

- incrementa la capacità di apprendere ed eseguire movimenti

- incrementa il rilassamento fisico e mentale - incrementa lo sviluppo dello schema corporeo - riduce la tensione ed il dolore muscolare

TABELLA 1

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