INDICE
CAPITOLO I
LA VIOLENZA PRIVATA:
INQUADRAMENTO ED ELEMENTI COSTITUTIVI
I.1. L‟art. 610 c. p. . . 1 I.2. Il bene giuridico offeso: la libertà morale . . . 3
I.2.1. La libertà di autodeterminazione e di azione
come oggetto specifico dell‟offesa . . . 11 I.2.2. Ambito di tutelabilità penale . . . 15 I.3. Genesi storica dell‟incriminazione. Codice Zanardelli e
codice Rocco a confronto . . . 18 I.4. Sulla natura giuridica del reato: funzione generica
e sussidiaria. Rapporti con altre figure di reato . . . 22 I.5. I soggetti attivo e passivo del reato . . . 37 I.6. L‟evento: il costringimento a fare, tollerare od
omettere qualche cosa . . . 47 I.6.1. Illegittimità dell‟azione . . . 57 I.7. La condotta: i concetti di violenza e minaccia . . . 66 I.8. Elemento psicologico: il dolo richiesto dall‟art. 610 . . . . 70
CAPITOLO II
LE MODALITÀ DI CONDOTTA DELLA VIOLENZA PRIVATA: SPECIFICAZIONI E TEORIE SUI CONCETTI DI VIOLENZA E
MINACCIA
II.1. La violenza: vis corpori illata . . . 75 II.1.1. La violenza personale e la violenza sulle cose . . . 80 II.1.2. La violenza contro terze persone . . . 87 II.1.3. Violenza propria e impropria . . . 90 II.1.4. Violenza-fine e violenza-mezzo . . . 100 II.1.5. La violenza-mezzo coercitivo della volontà:
coercizione assoluta e coercizione relativa . . . . 102 II.1.6. Da un concetto restrittivo ad una
“spiritualizzazione” della violenza . . . 108 II.1.7. Verso il recupero di un concetto
restrittivo di violenza . . . 114
II.2. La minaccia: vis animo illata . . . 122 II.2.1. Minaccia-fine (ex art. 612) e
minaccia-mezzo (ex art. 610) . . . 130 II.2.2. Le forme della minaccia . . . 133 II.2.3. I requisiti di idoneità, serietà e gravità . . . 138 II.2.4. L‟oggetto della minaccia: il male ingiusto . . . . 145
II.2.5. Il rapporto fra minaccia ed omissione . . . 156 II.2.6. I soggetti coinvolti nella minaccia: l‟autore e il
destinatario dell‟offesa. Quando autore e destinatario coincidono: il caso della minaccia di suicidio . . . 161
II.3. Aspetti comuni e differenze fra violenza e minaccia . . . 168 II.4. Le forme di manifestazione della violenza privata:
delitto tentato e delitto consumato . . . 170 II.5. Circostanze aggravanti . . . 175
CAPITOLO III
I “LUOGHI PROBLEMATICI” DEL REATO DI VIOLENZA PRIVATA
III.1. In tema di conflittualità sindacale: il c.d. picchettaggio . . 183 III.2. Il trattamento medico-chirurgico arbitrario . . . 193
Conclusioni . . . 202 Bibliografia . . . 206
1 CAPITOLO I
LA VIOLENZA PRIVATA:
INQUADRAMENTO ED ELEMENTI COSTITUTIVI
I.1. L‟art. 610 c.p.
Il delitto di violenza privata è collocato nel Libro secondo del nostro Codice penale, nel Capo III del Titolo XII, nell‟ambito quindi dei delitti contro la libertà individuale (e prima ancora dei delitti contro la persona), e più precisamente nella Sezione III, rubricata “dei delitti contro la libertà morale”.
L‟art. 610 apre questa Sezione, è infatti il primo dei delitti contro la libertà morale, e così recita: «Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni. La pena è aumentata se concorrono le previsioni contenute nell‟art. 339 (violenza o minaccia commessa con armi, o da persona travisata, o da più persone riunite, o con scritto anonimo, o in modo simbolico, o valendosi della forza intimidatrice derivante da segrete associazioni, esistenti o supposte)».
La sua collocazione è significativa di come il delitto rappresenti una figura criminosa principale posta dall‟ordinamento a protezione della libertà morale, dove il disvalore della condotta risiede nella costrizione dell‟individuo, attuata mediante i mezzi alternativi della violenza e della
2 minaccia e che comporti la realizzazione dell‟evento in capo al soggetto vittima della costrizione; tutti elementi costitutivi che la seguente trattazione tenterà di esaminare nello specifico.
Gli altri reati, tutti volti a punire ogni possibile condizionamento illecito della libertà psichica della persona, che rientrano fra i delitti contro la libertà morale sono la violenza o minaccia per costringere a commettere un reato (art. 611),1 la minaccia (art. 612),2 lo stalking (art. 612 bis),3 lo stato di incapacità procurato mediante minaccia (art. 613).4 Sono ipotesi di reato che a confronto con la norma in esame sulla violenza privata presentano un maggiore o minore disvalore: vedi l‟art. 611 in cui l‟evento del costringimento è maggiormente riprovevole, o l‟art. 612 bis, anch‟essa ipotesi speciale di violenza privata dove la condotta ha carattere abituale e l‟evento è particolarmente grave, o ancora l‟art. 613, dove si punisce la procurata incapacità di per sé, perché se l‟incapace fosse costretto a un certo comportamento scatterebbe di nuovo l‟art. 610. Infine il reato di minaccia ex art. 612, punito, al contrario degli altri che
1 Art. 611 c.p.: «Chiunque usa violenza o minaccia per costringere o determinare altri a commettere un fatto costituente reato è punito con la reclusione fino a cinque anni. […]».
2 Art. 612 c.p.: «Chiunque minaccia ad altri un danno ingiusto è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a euro 51. Se la minaccia è grave, o è fatta in uno dei modi indicati nell‟articolo 339 la pena è della reclusione fino a un anno e si procede d‟ufficio».
3 Art. 612 bis: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni, chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l‟incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. […]».
4 Art. 613 c.p.: «Chiunque, mediante suggestione ipnotica o in veglia, o mediante somministrazione di sostanze alcoliche o stupefacenti, o con qualsiasi altro mezzo, pone una persona, senza il consenso di lei, in stato di incapacità di intendere o di volere, è punito con la reclusione fino a un anno. […]».
3 abbiamo citato, meno severamente rispetto alla violenza privata, perché trattasi di minaccia fine a se stessa, e non di minaccia come mezzo per costringere altri ad una condotta quale è invece quella che, insieme alla violenza (anch‟essa mezzo per costringere), costituisce le modalità di condotta della violenza privata. Tutte ipotesi speciali rispetto alla violenza privata, da qui la funzione attribuita all‟art. 610 di norma generica e sussidiaria, che avremo modo di analizzare in seguito.
I.2. Il bene giuridico offeso: la libertà morale
Come abbiamo appena visto l‟art. 610 rientra (insieme agli artt. 611, 612 e 613) nel novero di quei delitti che sottopongono l‟individuo ad una costrizione illecita della sua libertà morale, delitti dove l‟azione dell‟agente penetra nella sfera psichica della vittima, determinandola, nel caso specifico della violenza privata, a porre in essere un comportamento che egli non avrebbe tenuto se tale aggressione alla sua libertà morale non fosse avvenuta,5 se egli fosse stato moralmente libero; è un‟azione che interferisce così con le sue scelte, condizionandole.6
5 Nel caso dell‟art. 611 si tratta di costringere alla commissione di un reato, quindi differisce dalla norma in esame per la maggior pericolosità dell‟interferenza. Si tratta di diminuire il suo sentimento di sicurezza e tranquillità psichica nel caso della minaccia (art. 612) o ancora annullare la sua capacità di intendere e di volere attraverso mezzi insidiosi nel caso dello stato di incapacità procurato mediante violenza (art. 613). 6 C. FIORE, voce Libertà individuale (delitti contro la), in Enciclopedia giuridica
Treccani, vol. XIX, 1990, p. 4; G. VASSALLI, Il diritto alla libertà morale (Contributo alla teoria dei diritti della personalità), in Studi in memoria di F. Vassalli, Torino,
4 La libertà morale rappresenta uno degli aspetti essenziali e più pregnanti della libertà individuale, è il bene-valore assoluto a cui poi si ancorano tutte le altre forme di libertà tutelate a livello costituzionale; ne è la condizione d‟esercizio, è la primordiale e basilare fra tutte le libertà.7
La libertà morale prevede tutte le altre libertà esterne e vi intercorre un rapporto strettissimo: significa che le libertà esterne possono essere sacrificate agendo sulla libertà morale di un soggetto, ad es. si può impedire ad un soggetto di muoversi, di difendersi, di manifestare il proprio pensiero, di concludere un negozio giuridico, «lo si può costringere a tacere quando vorrebbe parlare o a parlare quando vorrebbe tacere»,8 e così via. Si può insomma comprimere ogni libertà esterna dell‟individuo (che si risolve in comportamenti esteriori: es. libertà di domicilio, di circolazione, di soggiorno, di professione della religione, e via dicendo), ma così facendo si reca, ancor prima, offesa alla sua libertà morale, perché la libertà morale è comunque un bene che possiede un autonomo valore ontologico, che attiene alla sfera interiore, psichica. Non sempre però l‟offesa alla libertà morale sfocia nell‟offesa ad un‟altra libertà esterna, ed è in questi casi che è ben evidente la sua
1960, vol. II, pp. 1629-1701, ora in ID., Scritti giuridici, vol. III, Milano, Giuffrè, 1997, p. 280.
7 G.M. FLICK, Libertà individuale (delitti contro la), in Enciclopedia del diritto, vol. XXIV, Milano, Giuffrè, 1974, p. 547; G. VASSALLI, Il diritto alla libertà morale, cit., p. 265; G. FIANDACA, E. MUSCO, Diritto penale. Parte speciale, vol. II, tomo I, I
delitti contro la persona, 4ª ed., Bologna, Zanichelli, 2013, p. 208; D. PULITANÒ, Diritto penale. Parte speciale, I, Tutela penale della persona, Torino, Giappichelli,
2011, p. 231; M. VIARO, Violenza e minaccia, in Novissimo digesto italiano, vol. XX, Torino, Utet, 1976, p. 968; CANESTRARI e a, Diritto penale. Lineamenti di parte
speciale, 4ª ed., 2006, Bologna, Monduzzi, p. 449.
5 autonomia. Un esempio: un soggetto viene costretto con violenza e minaccia a tenere un determinato comportamento (violenza privata) ma riesce comunque ad astenersi dal porlo in essere; oppure subisce una minaccia (art. 612 c.p.), ma riesce in qualche modo a resistere all‟altrui tentativo di sopraffazione. In queste due ipotesi sussiste chiaramente lesione della libertà morale e viene in rilievo la sua autonomia rispetto a tutte le altre libertà esterne nelle quali il comportamento, non attuato, poteva sfociare9 (vedi infra I.2.2 per specificazioni sulla tutela, autonoma e riflessa, riservata dalla nostra Costituzione alla libertà morale).
Se, quindi, senza libertà morale non si possono concepire le altre forme di libertà, quali la libertà di coscienza, di pensiero, di relazione, l‟inviolabilità della sfera psichica, la libertà della vita affettiva, e così via,10 ne consegue che la possibilità di autodeterminarsi dell‟individuo afferisce alla sua personalità in toto, che può concretarsi, come abbiamo appena visto, su diversi livelli e con diversi contenuti.11
Per tutte queste ragioni la libertà morale merita un riconoscimento e una protezione molto profondi.
9 G. VASSALLI, ult. op. cit., p. 285.
10 G. FIANDACA, E. MUSCO, ibidem, p. 208; D. PULITANÒ, ibidem, p. 231. 11 G. VASSALLI sostiene che il diritto alla libertà morale è un diritto soggettivo fondamentale della personalità, perché fra tutti i diritti di libertà è quello che rappresenta la più immediata e diretta espressione della personalità di ogni individuo. V. op. cit., p. 335; G.M. FLICK, Libertà individuale, cit., p. 546; F. DASSANO, voce Minaccia
(diritto penale), in Enciclopedia del diritto, XXVI, Milano, 1976, p. 334. Relazione del Guardasigilli sui libri II e III del progetto definitivo, in Lavori preparatori del c.p. e del c.c.p., pt. II, Roma, 1929, 364: «La libertà individuale è intesa come il complesso delle
condizioni necessarie allo svolgimento delle attività consentite per la libera esplicazione della personalità umana».
6 Facciamo adesso un passo indietro e poniamo velocemente l‟attenzione, ancor prima che sul concetto di libertà morale, sul concetto di libertà, individuale, in senso più ampio e generale. Il concetto di libertà morale si riconduce inevitabilmente al nucleo essenziale del concetto di libertà in senso generale, in quanto specificazione di quest‟ultimo: un soggetto può ritenersi libero quando la sua volontà si forma in assenza di impedimenti, di modo che la propria personalità possa caratterizzarsi sulla base di un volontà razionale e cosciente, che gli permetta così di regolare le proprie azioni in maniera tale da poterne essere responsabile di fronte allo società.12 Un soggetto è libero se libero è il formarsi delle proprie opinioni e dei propri giudizi, dei propri sentimenti e delle proprie inclinazioni, è libero se può agire secondo questi, esprimendoli all‟esterno e determinando così la propria condotta: il libero sviluppo dell‟individualità è uno degli elementi fondamentali del bene comune.13 «Su se stesso, sulla sua mente e sul suo corpo, l‟individuo è sovrano».14 Ma dei limiti esistono: vivere in una società composta da individui rende indispensabile, per ciascuno di noi, l‟obbligo di osservare una certa
12 G.M. FLICK, ult. op. cit., p. 545 ss.; v. anche A. SANTORO, voce Violenza
privata, in Enciclopedia forense, vol. VII, Milano, 1962, p. 1047 ss.; cfr. M. VIARO,
ult. op. cit., p. 968: «Il più ampio concetto di libertà individuale può definirsi soltanto in rapporto alle esigenze dell‟ordine giuridico, per cui il cittadino che accetti tale ordine non ne avverte alcuna costrizione morale in quanto riconosce la legittimità delle limitazioni necessarie per un‟ordinata esistenza in armonia con l‟assetto sociale». 13 J. S. MILL, Saggio sulla libertà, (titolo originale On liberty, anno della 1ª pubblicazione 1858), Milano, Il Saggiatore, 2014, p. 74 ss.
7 condotta nei confronti degli altri, non creare fastidi, non danneggiare i loro interessi e diritti.15
Non si può interferire sulla libertà d‟azione degli altri o esercitare su di essi un controllo, a meno che non lo si faccia per proteggersi: soltanto il fine di evitare danno agli altri potrà giustificare l‟esercizio di un potere contro la loro volontà dell‟individuo.16
BOBBIO definiva la libertà giuridica come «adeguazione alle regole della coesistenza, azione conforme alla nostra natura di esseri sociali, azione non impedita dall‟azione degli altri».17
È in questo senso che viene in rilievo soprattutto il ruolo che la libertà riveste nel rapporto fra l‟individuo e lo Stato, laddove l‟individuo orienta le proprie azioni nei confronti dello Stato e lo Stato ha interesse a garantire che ogni individuo possa godere di questa libertà, che possa essere libero e sentirsi libero.18 Se però indaghiamo più nello specifico e ci caliamo nella sfera più interna dell‟individuo ecco allora che la libertà assume una diversa veste, diventa il complesso delle condizioni necessarie affinché la personalità umana possa esplicarsi in modo libero e con essa la vita di relazione.
15 J.S. MILL, op. cit., p. 94 ss. 16 J.S. MILL, op. cit., p. 28.
17 Secondo N. BOBBIO il concetto di libertà giuridica risiede nella facoltà di agire senza essere ostacolati dagli altri, è una libertà intesa come non impedimento e non costrizione: vedi N. BOBBIO, Kant e le due libertà, ora in ID., Teoria generale della
politica (a cura di M. Bovero), Einaudi, Torino, 1999, p. 40 ss.
18 M. MINNELLA, voce Violenza privata, in Enciclopedia giuridica Treccani, XXXII, Roma, 1994, p. 1.
8 Il diritto penale dovrà allora tutelare sia la libertà come status della persona che la volontà dell‟individuo di conservarla come tale.19
La libertà nel suo profilo morale, psichico, interno, si traduce quindi nella possibilità di scegliere, di autodeterminarsi spontaneamente secondo motivi propri che ci suggeriscono una certa condotta, in assenza di limiti e condizioni che non siano quelli giuridici.20
Nel momento in cui l‟individuo sente di avere pieno potere di autodeterminarsi, è allora che prende coscienza di essere libero, moralmente.
L‟impostazione storica dei delitti contro la libertà individuale era basata in modo prevalente sull‟esigenza di disciplinare il rapporto individuo-Stato, ma l‟evoluzione moderna ha portato con sé tutta una serie di strumenti di pressione psicologica, a partire dalle semplici tecniche di persuasione presenti nel mondo pubblicitario fino ad arrivare ai moderni strumenti tecnici per indagare la psiche, che riescono a condizionare, anche in modo penetrante, la sfera interna della personalità; da qui la
19 Cfr. G.D. PISAPIA, Violenza minaccia e inganno nel diritto penale, Napoli, Jovene, 1940, p. 18; Relazione ministeriale sul progetto del codice penale, II, Roma, 1929, 409.
20 F. ANTOLISEI, Manuale di diritto penale. Parte speciale, I, 15ª ed., Milano, Giuffrè, 2008 p. 143; L. MONACO, art. 610 in Commentario breve al Codice penale di Crespi-Stella-Zuccalà, 5ª ed., Padova, Cedam, 2008, p. 1709. È questo un significato inerente ad una concezione storica ripresa da BERGSON il quale si riferiva alla libertà morale intendendola come «indipendenza della persona di fronte a tutto ciò che non è essa stessa». A. LALANDE, voce Libertà, in Dizionario critico di filosofia, Milano, Isedi, 1971, p. 469: «la libertà morale è l‟indipendenza interiore dell‟uomo nei confronti di ciò che non è autenticamente egli stesso». Vedi N. ABBAGNANO, voce Libertà, in
Dizionario di filosofia, Torino, Utet, 1961, p. 515 ss.; M. MINNELLA, ibidem; M.
VIARO, ult. op. cit., p. 968, il quale, tra gli altri, cita anche la definizione di libertà morale data dal FOUILLÉE: «la libertà morale è il massimo possibile di indipendenza per la volontà, che si determina sotto l‟idea stessa di questa indipendenza, in vista di un fine la cui idea è anche essa in suo possesso».
9 necessità di difesa della libertà morale, del pensiero e della volontà dell‟individuo.21
A differenza dei delitti contro la libertà personale (artt. 605-609 c.p.) dove gli interessi tutelati corrispondono alla pretesa di ogni individuo di non essere turbato nella disponibilità della propria persona “fisica” (libertà “di movimento”) e rispetto ai quali, proprio per questa ragione, è più agevole tipicizzarne le manifestazioni di aggressione (si tratta di sequestro di persona, di arresto illegale, di indebita limitazione di libertà personale, di abuso di autorità contro arrestati o detenuti, di perquisizioni e ispezioni personali arbitrarie, di violenza sessuale) in quanto più facilmente riconoscibili e percepibili dai sensi, per i delitti contro la libertà morale la possibilità di tutela si fa più difficile.22 In primo luogo perché in relazione a questi ultimi non è altrettanto immediato riportare tutti i possibili modi di offesa, trattandosi appunto di offesa alla sfera interna dell‟individuo: esteriorizzare un‟aggressione che incide sulla sfera psichica e quindi capire quando sia stata veramente limitata o annullata la libertà morale è tutt‟altro che agevole. Per questo motivo il legislatore deve prendere in considerazione, ai fini della tutela penale e in ragione delle finalità pratiche del diritto, soltanto le forme tipiche
21 G.M. FLICK, ult. op. cit., p. 545, fa riferimento alla narcoanalisi, all‟utilizzazione di droghe o alla tortura.
22 Sulla distinzione tra la libertà personale e la libertà psichica e morale cfr. G. VASSALLI, la libertà personale nel sistema delle libertà costituzionali, in Scritti
giuridici in memoria di Piero Calamandrei, Padova, 1957, vol. V, p. 352-408, ora in
10 dell‟offesa, quali la violenza e la minaccia.23
Dopotutto «la violenza è il modo antitetico alla libertà».24
Ma sono molteplici i mezzi di cui ci si può avvalere per viziare il processo di autodeterminazione di un individuo: inganno, truffa, suggestione, seduzione, induzione, intimidazione, istigazione, disturbo, molestia (per citarne alcuni, ma l‟elenco è pressoché inesauribile), e la punizione di questi viene lasciata alle ipotesi nelle quali insieme alla libertà morale venga offeso un altro interesse individuale o collettivo.25 L‟inganno merita un discorso a sé, in quanto «classico modo d‟offesa alla libertà morale» al pari di violenza e minaccia, ma è perseguibile solo con riferimento alla compromissione di altri interessi.26
In più le difficoltà di tutela penale della libertà morale riguardano anche la dimensione psicologica, che varia da persona a persona, perciò andrebbe indagato a fondo il rapporto psicologico fra soggetto attivo e passivo così come la maggiore o minore possibilità che ognuno di noi ha di subire un‟interferenza nella propria sfera morale ed esserne vulnerato, fattore che dipende dalla soggettività delle relazioni interpersonali che
23 G. VASSALLI, Il diritto alla libertà morale, op. cit., p. 317 ss.; v. anche M. MANTOVANI, voce Violenza privata, in Enciclopedia del diritto, XLVI, Milano, 1993, p. 933; G.M. FLICK, ibidem; C. FIORE, voce Libertà individuale, op. cit., p.4. 24 A. SANTORO, voce Violenza privata, cit., p. 1048; F. MANTOVANI, Diritto
penale. Parte speciale, vol. I, Delitti contro la persona, 3ª ed., Padova, Cedam, 2008, p.
309.
25 G. VASSALLI, ibidem.
26 Sull‟argomento vedi G.D. PISAPIA, Violenza minaccia e inganno nel diritto
penale, Napoli, Jovene, 1940. Relazione del Guardasigilli sui libri II e III del progetto definitivo, in Lavori preparatori del c.p. e del c.c.p., pt. II, Roma, 1929, 418: «Non ho
creduto di aggiungere agli artt. 618 e 619 (ora 610 e 611) alla violenza e alla minaccia, il mezzo dell‟inganno. Questo mette il soggetto passivo in condizione di determinarsi secondo falsi presupposti o motivi, da lui creduti veri, ma non costituisce, tuttavia, una vera e propria costrizione della libertà d‟agire».
11 intratteniamo e dalla struttura caratteriale e psicologica di ognuno di noi.27
I.2.1. La libertà di autodeterminazione e di azione come oggetto specifico dell‟offesa
Fino a qui abbiamo visto come “libertà morale”, intesa nel suo valore ontologico in riferimento alla sfera interiore, inviolabile, della persona, venga identificata con “libertà di autodeterminazione o libertà del volere”; è però, con riguardo in particolare alla norma in esame sulla violenza privata, una definizione troppo restrittiva, in quanto coglie un solo aspetto della libertà morale, e per questo è necessario fare stavolta un passo in avanti e concretizzare il concetto, riportandolo ad una dimensione “esterna”: da qui la considerazione che la libertà morale va intesa sì come libertà di formare in modo autonomo la propria volontà (autodeterminazione) ma anche, conseguentemente, come libertà di agire secondo quelle libere determinazioni assunte (Cass., 25 Novembre 2009, n. 3478).28
27 Cfr. F. MANTOVANI, Diritto penale. Parte speciale, vol. I, Delitti contro la
persona, 3ª ed., Padova, Cedam, 2008, p. 310; G.M. FLICK, ult. op. cit., p. 546, il quale
ha rilevato anche la necessità di distinguere fra fenomeni fisiologici, leciti, di condizionamento reciproco, necessari e normali perchè ineriscono alla componente sociale dell‟uomo, e fenomeni patologici, in cui il condizionamento psicologico preclude al destinatario la possibilità di selezionare i vari condizionamenti e recepire altri stimoli.
28 Cass., 25 Novembre 2009, n. 3478 (CED, 245972). Già la Relazione del
12
Si parla quindi di libertà morale che si estrinseca in un momento
“interno” e in un momento “esterno”: la tutela predisposta dall‟art. 610 riguarda questo secondo profilo.
L‟estensione concettuale appena vista ci porta pertanto a distinguere fra i due aspetti nei quali la libertà morale si articola e viene tutelata, distinzione fondamentale per riassumere i caratteri fin qui trattati e per analizzare nello specifico l‟oggetto dell‟offesa del reato di violenza privata: da una parte vediamo la libertà morale in sé, in quanto tale, cioè la libertà interna del volere, di autodeterminarsi secondo motivi e scelte propri e in modo spontaneo, in assenza di limiti e condizioni, che definisce la sfera psichica interiore della persona e possiede un autonomo valore ontologico nella sua essenza di inviolabilità psichica (è la libertà oggetto del reato di minaccia ex art. 612);29 dall‟altra la libertà morale non in sé ma in funzione di una sua proiezione esterna, cioè la libertà di autodeterminarsi (formare liberamente la propria volontà) e poi agire orientando i comportamenti sulla base e in conformità di quelle libere
c.c.p., pt. II, Roma, 1929, 418: «[…]. Ho così preferito la teorica secondo la quale, la
violenza privata avendo per oggetto non soltanto la libertà di volere e di determinazione ma anche quella di agire, il delitto non può essere consumato se non quando si sia verificata un‟effettiva limitazione a codesta libertà di agire, ossia quando il colpevole raggiunga l‟intento». M. MANTOVANI, voce Violenza privata, in Enciclopedia del
diritto, XLVI, Milano, 1993, p. 933. Secondo un passo illuminante di HUME «la libertà
non è che un potere di agire o non agire conformemente alla determinazione della volontà».
29 Sulla minaccia ex art. 612 cfr. G.L. GATTA, La minaccia. Contributo allo studio
delle modalità della condotta penalmente rilevante, Roma, Aracne, 2013; F.
DASSANO, voce Minaccia (diritto penale), in Enciclopedia del diritto, XXVI, Milano, 1976, p. 333 ss; U. SISTI, voce Minaccia, in Enciclopedia forense, vol. IV, Milano, 1959, p. 1062 ss.
13 determinazioni (già citata Cass., 25 Novembre 2009).30 Quest‟ultima è l‟oggetto specifico del reato di violenza privata.31
Il reato di violenza privata offende quindi il bene giuridico della libertà morale trascendendo dall‟aspetto puramente interiore per rivolgersi all‟aspetto esteriore, quello dell‟autodeterminazione e dell‟azione.
Più nello specifico la libertà di autodeterminazione della vittima di violenza privata viene condizionata dalla condotta aggressiva dell‟agente non soltanto nel suo momento genetico, quando, nel foro interiore di ognuno, si formano i pensieri e le pulsioni, ma anche nel momento esecutivo, quando il soggetto agisce o non agisce in modo “esternamente” rilevante e riconoscibile sulla base di quel condizionamento impostogli da altri. Si tocca quindi l‟intero processo di formazione della volontà: dal momento della sua formazione al momento, logicamente successivo, della sua attuazione.32
30 Cass., 25 Novembre 2009, n. 3478, in CED, 245972. In dottrina E. MEZZETTI, voce Violenza privata e minaccia, in Digesto delle discipline penalistiche, vol. XV, Torino, Utet, 1999, p. 265 e 271; F. MANTOVANI, Diritto penale. Parte speciale, vol. I, Delitti contro la persona, 3ª ed., Padova, Cedam, 2008, p. 306; G. FIANDACA, E. MUSCO, Diritto penale. Parte speciale, vol. II, tomo I, I delitti contro la persona, 4ª ed., Bologna, Zanichelli, 2013, p. 208. L‟offesa alla libertà psichica viene colpita solo quando si traduca in una effettiva condotta esterna della vittima: cfr. G. VASSALLI, Il
diritto alla libertà morale (Contributo alla teoria dei diritti della personalità), in Studi in memoria di F. Vassalli, Torino,1960, vol. II, pp. 1629-1701, ora in Id., Scritti giuridici, vol. III, Milano, Giuffrè, 1997, p. 326 e M. MANTOVANI, voce Violenza privata, in Enciclopedia del diritto, XLVI, Milano, 1993, p. 933.
31 E. FLORIAN, Trattato di diritto penale, Delitti contro la libertà individuale, 4ª ed., Milano, Vallardi, 1936, p. 356: «Se la minaccia è atto che può infondere timore e così perturbare la tranquillità morale dell‟individuo, la violenza privata penetra ben più addentro nell‟organismo psichico. Lo urta, ne rompe l‟equilibrio, facendolo deviare, in modo che l‟individuo finisce per agire ed in genere comportarsi non secondo impulsi propri, bensì secondo la volontà altrui, arbitrariamente impostagli».
32 F. VIGANÒ, Art. 610 in E. Dolcini, G. Marinucci (a cura di), Codice penale
commentato, 3ª ed., Milano, Ipsoa, 2011, p. 5908; G. MARINI, Delitti contro la persona, Torino, Giappichelli, 1995, p. 352; G.L. GATTA, La minaccia. Contributo allo studio delle modalità della condotta penalmente rilevante, Roma, Aracne, 2013, p.
14 Il processo di formazione della volontà del soggetto potrà essere solo turbato o deviato, così da ridurre la sua libertà di autodeterminazione, oppure annullato, eliminando ogni possibilità di autodeterminazione. Si tratta della distinzione tra, rispettivamente, coercizione relativa e coercizione assoluta, di cui verrà trattato nel cap. II.1.5.
Riassumendo: perché si integri il delitto di violenza privata è richiesto che la risposta del soggetto passivo all‟interferenza si verifichi concretamente, cioè si manifesti all‟esterno; l‟energia criminosa deve esercitarsi sulla psiche del soggetto passivo, sulle sue facoltà volitive,33 e dev‟essere finalizzata in modo specifico alla realizzazione di un comportamento da parte di questi che si manifesti all‟esterno.
In altre parole è richiesta un‟“esteriorizzazione” dell‟interferenza, «il verificarsi della risposta della vittima» al costringimento, «quasi come sintomo che l‟interferenza ha colto nel segno»;34
invece negli altri reati disciplinati dalla stessa Sezione l‟aggressione alla capacità di autodeterminazione viene considerata rilevante ex se.35
67; G. FIANDACA, E. MUSCO, Diritto penale. Parte speciale, vol. II, tomo I, I delitti
contro la persona, 4ª ed., Bologna, Zanichelli, 2013, p. 210; E. FLORIAN, ult. op. cit.,
p. 357.
33 V. MANZINI, Trattato di diritto penale italiano, vol. VIII, Delitti contro la
persona, 5ª ed., Padova, Cedam, 1981-1986, p. 767; G.D. PISAPIA, Violenza minaccia e inganno nel diritto penale, cit., p. 16.
34 G.M. FLICK, Libertà individuale (delitti contro la), in Enciclopedia del diritto, vol. XXIV, Milano, Giuffrè, 1974, p. 548.
35 Nell‟art. 611 c.p. la risposta della vittima non deve essere ottenuta ma soltanto perseguita a livello di dolo specifico essendo già sufficiente a qualificare la condotta delittuosa.
15 I.2.2. Ambito di tutelabilità penale
Occupiamoci adesso della libertà morale in relazione al riconoscimento previsto per questo bene giuridico dalla nostra Costituzione.
È pacifico che esista tutela costituzionale della libertà morale, ciò su cui si discute è se questa tutela sia autonoma oppure riflessa.36
È autonoma se trova fondamento nell‟art. 13, che sancisce in primo luogo l‟inviolabilità della libertà personale e che non si riferisce alla sola libertà fisica ma anche a quella morale, come si evince espressamente dal 2° c. laddove «è punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà». Tutela riflessa si ha invece se guardiamo nello specifico le altre disposizioni: art. 2 «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell‟uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità […]». Non si fa riferimento specifico alla tutela della libertà morale, ma garantendo il diritto dell‟uomo ad esprimersi secondo i caratteri della sua personalità il riconoscimento di tale libertà è sotteso, essendo essa stessa il primo connotato e la prima manifestazione della personalità umana.
Segue l‟art. 3 c. 2°, dove si rileva un ulteriore riferimento alla persona umana e al suo sviluppo: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e
36 G. VASSALLI, Il diritto alla libertà morale (Contributo alla teoria dei diritti della
personalità), in Studi in memoria di F. Vassalli, Torino,1960, vol. II, pp. 1629-1701,
ora in Id., Scritti giuridici, vol. III, Milano, Giuffrè, 1997, p. 265 ss.; F. MANTOVANI,
Diritto penale. Parte speciale, vol. I, Delitti contro la persona, 3ª ed., Padova, Cedam,
16 l‟eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana […]».
Altro riconoscimento della libertà morale viene in rilievo nell‟art. 4, il quale recita: «Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un‟attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società». Ci si riferisce alla libertà di scegliere, di autodeterminarsi in relazione alla propria professione, laddove nella prima parte si riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro, promuovendo le condizioni affinché tale diritto possa essere reso effettivo.
La Costituzione è costellata di norme nelle quali si tutela la libertà di autodeterminazione, se pur implicitamente, di riflesso, attraverso il riconoscimento di altre libertà: l‟inviolabilità del domicilio come presidio dell‟intimità della persona (art. 14); la libertà e segretezza della corrispondenza, dove i pensieri, le determinazioni e la personalità si manifestano (art. 15); la libertà di circolazione e di soggiorno (art 16); la libertà di professare la propria fede religiosa (art. 19) o manifestare liberamente il proprio pensiero (art. 21); e ancora la libertà dell‟arte, dell‟insegnamento, il diritto di accesso alla scuola (art. 33 e 34), perché la libertà di autodeterminarsi si esplica e si rafforza anche nella scelta di una formazione intellettuale e personale, e così via.
17 A ben vedere sono tutte disposizioni che tutelano indirettamente e implicitamente la libertà morale, ma rimane comunque ferma la precedente considerazione riguardo al suo rilievo autonomo.
Infine occorre accennare ad un‟altra disposizione ancor più rilevante per individuare il sistema di tutela che viene riconosciuto alla libertà morale dalla nostra Costituzione. Si tratta dell‟art. 23: «Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge». Questa riserva di legge appare la fondamentale garanzia che la costituzione riserva alla libertà morale della persona; la garanzia che nessun divieto, con riguardo alla persona o al patrimonio, sarà imposto se non in forza di una legge.37 La riserva di legge realizza quindi un‟esigenza di garanzia dei sommi beni personali, quali la libertà e la dignità personale, limitati dalla sanzione criminale; è delle libertà il massimo presidio. Non è in grado di fornire una garanzia “contenutistica” di tali libertà, in quanto questa garanzia non è insita nella natura legislativa della fonte in materia penale, ma è in grado di fornire un controllo sulle norme penali con riguardo al loro processo di formazione in sede parlamentare, dove anche le minoranze potranno a loro volta controllare e concorrere alla formazione della legge: un duplice controllo quindi che è espressione del principio democratico. Infine garantirà un controllo di legittimità costituzionale, che si farà ancora più pregnante e vasto in ragione del fatto che oggetto del controllo stesso sono materie
18 soggette a riserva di legge peraltro tutelate e disciplinate dalla Costituzione.38 I principi della legge penale sono inoltre condizionati dalla natura stessa degli interessi che si intendono tutelare, alla tutela dei quali verrà quindi assicurata la massima sanzione, e considerando che la norma penale più delle altre norme giuridiche influenza i comportamenti dei consociati e contribuisce al loro orientamento socio-culturale la fonte legislativa è sicuramente la più adatta a garantire questo orientamento. La riserva di legge presenta quindi una triplice ratio: di garanzia democratica, di maggiore conformità ai contenuti costituzionali della materia e di interna funzionalità dei precetti.39
«Così l‟uomo, nei limiti segnati dalle leggi, prima ancora d‟esser libero nelle sue attività esterne, si sente signore nelle sue determinazioni e raggiunge quella morale libertà che solo la sicurezza può dare».40
I.3. Genesi storica dell‟incriminazione. Codice Zanardelli e codice Rocco a confronto
Con riguardo all‟origine del delitto di violenza privata alcuni studiosi hanno sostenuto che questo fosse un reato di origine moderna, in quanto
38 F.C. PALAZZO, voce Legge penale, in Dig. disc. pen., vol. VIII, 1993, Torino, Utet, p.343, 344.
39 F.C. PALAZZO, ibidem.
40 G. VASSALLI, ibidem. Secondo l‟espressione del LOCKE: «Nella società la libertà consiste nella possibilità di scelte delimitate da una legge stabilita da un potere a ciò destinato dal consenso dei cittadini».
19 delineato dai giuristi tedeschi all‟inizio del XIX secolo (Nötigung)41 e configurato fra i delitti contro la libertà individuale, formulati per la prima volta come categoria autonoma proprio dalla scienza criminalistica germanica di primo Ottocento.
Questa affermazione è vera solo sotto il profilo, appunto, della tutela del bene della libertà individuale, ma non anche riguardo agli elementi costitutivi del delitto stesso; infatti già in epoca romana si conoscevano svariate forme di costrizioni fisiche e morali: il concetto di crimen vis
privatae appare in numerosi frammenti ed era appunto il delitto di chi
costringe una persona a fare, tollerare od omettere qualche cosa, sotto la pressione del metus (timore) incusso da una minaccia.42
E‟ evidente quindi che inteso nella sua essenza il delitto in questione ha tutt‟altro che un‟origine moderna. Invece, come abbiamo accennato, la sua autonoma configurazione proviene dal modello dei codici germanici, da questi passò nel nostro codice toscano del 1853 (art. 361, dove si precisò l‟ipotesi giuridica definendo come violenza privata il fatto di chi fa uso di violenza per costringere un altro a fare o a omettere o a soffrire qualche cosa «ognora che l‟azione non cada sotto il titolo di un altro delitto») e infine fu adottato dal legislatore italiano del 1889 (codice
41 Nell‟ordinamento tedesco tale nomen juris, corrispondente alla fattispecie della violenza privata, si traduce con “costrizione” (StGB, § 240).
42 T. BRASIELLO, voce Violenza privata, in Nuovo Digesto Italiano, XII, 2ª parte, 1940, p. 1079; V. MANZINI, Trattato di diritto penale italiano, vol. VIII, Delitti contro
la persona, 5ª ed., Padova, Cedam, 1981-1986, p. 767; F. MANTOVANI, Diritto penale. Parte speciale, vol. I, Delitti contro la persona, 3ª ed., Padova, Cedam, 2008, p.
310. La vis era «necessitas impositiva contraria voluntati»; il metus era «instantis vel
20 Zanardelli, art. 154: «Chiunque usa violenza o minaccia per costringere alcuno a fare tollerare od omettere qualche cosa è punito»). Non trova però riscontro né nel modello del codice francese (art. 305) né nel codice sardo-italiano del 1859 (art. 447), dove la formula giuridica in esame presenta caratteri molto più generici rispetto agli altri codici menzionati.43
La figura delittuosa della violenza privata venne accolta poi dal codice Rocco del 1930, dove ricevette una più precisa disciplina, con una profonda differenziazione rispetto al codice Zanardelli: ponendo a confronto il vecchio art. 154 con l‟art. 610 del codice vigente vediamo, infatti, che nonostante il fondamento e l‟oggetto siano gli stessi, cioè costringere a fare, tollerare od omettere qualche cosa mediante l‟uso di violenza o minaccia, sulla struttura tecnica del delitto non c‟è coincidenza. La differenza sta nel momento consumativo.
Il vecchio art. 154 faceva consistere la consumazione del reato nell‟uso di violenza o minaccia al fine di costringere a fare, tollerare od omettere qualche cosa, senza esigere la concreta realizzazione dell‟effetto
43 V. MANZINI, ult. op. cit., p. 767; F. MANTOVANI, ult. op. cit., p.310; M. VIARO, Violenza e minaccia, in Novissimo digesto italiano, vol. XX, Torino, Utet, 1976, p. 969; M. MINNELLA, voce Violenza privata, in Enciclopedia giuridica
Treccani, XXXII, Roma, 1994, p. 1; Specifica T. BRASIELLO, voce Violenza privata,
op. cit., p. 1079 che il legislatore francese, nel delineare il delitto in esame (art. 305), trasse ispirazione dalla tendenza di alcuni scrittori (tra i quali il CARMIGNANI) di considerare la vis privata come una causa aggravatrice di un delitto commesso da privato contro altro privato, non ricavandone così una nozione specifica che valesse per quel delitto in particolare, ma una nozione generica, applicabile in ogni caso in cui l‟operato del colpevole non cadesse sotto il titolo di un altro delitto. In più trattava di minaccia sotto ordine o condizione, tralasciando di menzionare tutta la pluralità dei modi attraverso i quali si può estrinsecare il delitto di violenza privata. Lo stesso errore si ritrova nel codice sardo-italiano del 1859 (art. 447) che non contemplava autonomamente il reato di violenza privata, ma reprimeva in modo speciale, sotto il Capo delle minacce, la minaccia con ordine o condizione.
21 coercitivo, che è invece richiesta dal codice vigente. Era quindi sufficiente il solo fatto di “usare” violenza o minaccia per il costringimento, non rilevando il risultato dell‟attività coartatrice ma soltanto i mezzi impiegati e le finalità alle quali i mezzi erano rivolti. Il sistema del codice Zanardelli considerava la libertà come un bene a sé, per cui oggetto del delitto era soltanto la libertà interna nella formazione e determinazione del volere, non il conseguimento dell‟intento, che rappresentava solo una circostanza aggravante.
Al contrario il codice Rocco, data la mutata concezione della libertà che viene tutelata nelle sue concrete attuazioni, estende l‟oggetto del delitto alla libertà psichica di agire, per cui il momento consumativo si verifica con l‟evento della costrizione, ossia quando l‟altrui volontà risulta effettivamente essersi uniformata alla condotta imposta dall‟agente.44 Se l‟agente non consegue il proprio intento il delitto non è completo e si rimane nella sfera del tentativo. In tal senso concludeva anche la
44 F. ANTOLISEI, Manuale di diritto penale. Parte speciale, I, 15ª ed., Milano, Giuffrè, 2008, p. 145; T. BRASIELLO, voce Violenza privata, op. cit., p. 1080; G. MAGGIORE, Diritto penale. Parte speciale, vol. II, tomo II, Bologna, Zanichelli, 1948, p. 858; E. FLORIAN, Trattato di diritto penale, Delitti contro la libertà individuale, 4ª ed., Milano, Vallardi, 1936, p. 358; V. MANZINI, ult. op. cit., p. 767; M. VIARO, ult. op. cit., p. 968; F. MANTOVANI, ult. op. cit., p.318; G.D. PISAPIA, Violenza,
minaccia e inganno nel diritto penale, Napoli, Jovene, 1940, p. 15. In giurisprudenza
Cass., 11 Gennaio 1945 (Archivio penale, 1945, 243): «A differenza del codice del 1889, il codice vigente richiede che la costrizione sia effettivamente avvenuta». Sul punto G. VASSALLI, Il diritto alla libertà morale (Contributo alla teoria dei diritti
della personalità), in Studi in memoria di F. Vassalli, Torino,1960, vol. II, pp.
1629-1701, ora in Id., Scritti giuridici, vol. III, Milano, Giuffrè, 1997, p. 280, 281, il quale ritiene che il far coincidere la consumazione del reato col momento in cui l‟effetto coercitivo viene concretamente realizzato non rispecchi in modo esatto l‟essenza e l‟ambito della libertà morale, perchè l‟offesa alla libertà morale si concreta e si consuma prima, cioè nell‟atto stesso in cui la violenza è usata; quindi più pertinente e preferibile in questo senso era la formula del vecchio art. 154, anche se la costruzione dell‟art. 610 risponde ad esigenze di politica criminale e di misura di pena.
22 Relazione del Guardasigilli sui Libri II e III del progetto definitivo (in
Lavori preparatori del c.p. e del c.c.p.) del 1929.45
I.4. Sulla natura giuridica della violenza privata: funzione generica e sussidiaria. Rapporti con altre figure di reato
Nonostante il reato di violenza privata sia pensato come figura criminosa principale a tutela della libertà morale in modo da ricomprendere qualsiasi tipo di costrizione dell‟altrui libertà di autodeterminazione, si pone in realtà come ipotesi generica e sussidiaria. Significa che trova applicazione solo quando il fatto non costituisca un‟altra specifica ipotesi di reato della quale l‟uso della violenza o della minaccia sia elemento costitutivo o circostanza aggravante.46
45 Relazione del Guardasigilli sui libri II e III del progetto definitivo, in Lavori
preparatori del c.p. e del c.c.p., pt. II, 1929, Roma, p. 418: «Il momento consumativo
del delitto è mutato, richiedendosi che la costrizione sia effettivamente avvenuta: l‟uso di atti idonei, diretti in modo non equivoco al costringi mento, costituirà tentativo. Ho così preferito la teorica secondo la quale, la violenza privata avendo per oggetto non soltanto la libertà di volere e di determinazione ma anche quella di agire, il delitto non può essere consumato se non quando si sia verificata un‟effettiva limitazione a codesta libertà di agire, ossia quando il colpevole raggiunga l‟intento».
46 G. MAGGIORE, Diritto penale. Parte speciale, vol. II, tomo II, Bologna, Zanichelli, 1948, p. 858; E. FLORIAN, Trattato di diritto penale, Delitti contro la
libertà individuale, 4ª ed., Milano, Vallardi, 1936, p. 357; F. ANTOLISEI, Manuale di diritto penale. Parte speciale, I, 15ª ed., Milano, Giuffrè, 2008, p. 143; V. MANZINI, Trattato di diritto penale italiano, vol. VIII, Delitti contro la persona, 5ª ed., Padova,
Cedam, 1981-1986, p. 768; F. MANTOVANI, Diritto penale. Parte speciale, vol. I,
Delitti contro la persona, 3ª ed., Padova, Cedam, 2008, p. 311; E. MEZZETTI, voce Violenza privata e minaccia, in Dig disc. spec., vol. XV, Torino, Utet, 1999, p. 272; M.
VIARO, Violenza e minaccia, in Novissimo digesto italiano, vol. XX, Torino, Utet, 1976, p.968; M. MINNELLA, voce Violenza privata, in Enciclopedia giuridica
Treccani, XXXII, Roma, 1994, p. 2; G. FIANDACA, E. MUSCO, Diritto penale. Parte speciale, vol. II, tomo I, I delitti contro la persona, 4ª ed., Bologna, Zanichelli, 2013, p.
Crespi-Stella-23 In altre parole l‟applicazione del reato di violenza privata è circoscritta ai casi che non sono stati espressamente previsti da altre norme del codice, vale a dire che ogni qualvolta risulta lesa la libertà individuale in una sua manifestazione di per sé penalmente protetta, essendo il fatto previsto dalla legge penale, allora si applicherà il relativo titolo e non l‟art. 610, che avrà quindi carattere sussidiario; se invece il fatto non può classificarsi e imputarsi per altro titolo specifico allora verrà applicata la disposizione generica dell‟art. 610.47 Su tale concetto si esprimeva così il CARRARA: «La violenza è intrinseca nella lesione e nell‟omicidio; è intrinseca nella concussione; può intervenire nel furto, nell‟incendio, nel danno dato e in molti altri malefizi; ma il giure penale trova in cotesti reati il criterio costitutivo dell‟offesa ad altro diritto: e questo gli basta per definire e misurare la delinquenza, senza cercare il titolo nel mezzo adoperato, quantunque cotesto mezzo in sé rappresenti una violazione della libertà personale».48
Inoltre è opportuno precisare che è indifferente la maggiore o minore gravità del titolo specifico in relazione a quello di violenza privata: se un altro titolo delittuoso è applicabile (sia questo più grave o più lieve della
Zuccalà, 5ª ed., Padova, Cedam, 2008, p. 1710; CANESTRARI e a, Diritto penale.
Lineamenti di parte speciale, 4ª ed., 2006, Bologna, Monduzzi, p. 449; G. VELOTTI, Violenza, minaccia ed inganno nel diritto penale, in Archivio penale, 1976, I, p. 194; D.
PULITANÒ, Diritto penale. Parte speciale, I, Tutela penale della persona, Torino, Giappichelli, 2011, p. 238; G.L. GATTA, La minaccia. Contributo allo studio delle
modalità della condotta penalmente rilevante, Roma, Aracne, 2013, p. 69. Per una
posizione contraria si veda M. MANTOVANI, voce Violenza privata, in Enciclopedia
del diritto, XLVI, Milano, 1993, p. 930 ss.
47 Lo stesso avviene nel delitto generico di abuso d‟ufficio, art. 323 c.p. rispetto a delitti specifici che implicano tale abuso.
48 F. CARRARA, Programma del corso di diritto criminale. Parte speciale, II, 2ª ed., Lucca, Tipografia Giusti, 1868, §1563 in G. MAGGIORE, ult. op. cit., p. 858.
24 violenza privata) va applicato.49 Anche perché deve comunque essere osservato l‟art. 15 c.p. che regola il principio di specialità: «Quando più leggi penali o più disposizioni della medesima legge regolano la stessa materia,50 la legge o la disposizione di legge speciale deroga alla legge o alla disposizione di legge generale, salvo che sia altrimenti stabilito».51 In caso di concorso apparente di norme prevale, e va applicata, la legge speciale.
Pertanto il reato di violenza privata è escluso quando l‟uso della violenza o della minaccia è previsto da un‟altra norma di legge o come elemento costitutivo di un altro reato, ad es. la rapina (art. 628 c.p.), l‟estorsione (art. 629 c.p.), la violenza sessuale (art. 609 bis c.p.), l‟esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose o alle persone (artt. 392 e 393 c.p.); oppure come circostanza aggravante di un
49 V. MANZINI, Trattato, VIII, op. cit., p. 769; E. FLORIAN, ult. op. cit., p. 358; E. MEZZETTI, ult. op. cit., p.272; F. CARRARA, Programma del corso di diritto
criminale. Parte speciale, cit., §1568; Relazione ministeriale sui Libri Secondo e Terzo del Progetto del Codice penale del 22 Novembre 1887, Torino, 1889, n. LXXXIV:
«Altra maniera di attentare alla libertà individuale è l‟usare quella violenza, sia fisica che morale, che i giuristi dicono privata, la quale costituisce un delitto per sé stante, e con cui si costringe taluno, illegittimamente, a fare o ad omettere o a patire che altri faccia qualcosa, la effettuazione o la omissione della quale non rappresenta una
speciale violazione di legge e non costituisce un delitto più grave»; Cass., 9 Aprile
1956 (Riv. Pen. 1956, II, 872): «Nella nozione di violenza privata è ricompresa tutta una serie di azioni, delle quali alcune sono previste in articoli separati, diversificandosi per taluni requisiti, materiali o morali, che le fanno ricadere sotto la previsione di titoli diversi. Deve, pertanto, ritenersi implicito, ai sensi dell‟art. 15 c.p., che l‟art. 610 c.p. si applica soltanto in quanto non sia applicabile altro titolo delittuoso particolare».
50 G. DE FRANCESCO, Concorso apparente di norme, in Dig. disc. pen., III, 1988, Utet, Torino, p. 416 ss.: per individuare se le fattispecie convergenti regolano la «stessa materia» bisogna guardare al rapporto tra gli elementi costitutivi che queste descrivono: se tra questi sussiste un‟analogia strutturale, ovvero se l‟elemento specifico di una fattispecie rappresenta un possibile contenuto strutturale dell‟elemento generico, allora regolano la stessa materia.
51 G. DE FRANCESCO, ult. op. cit., p. 422: questo inciso rappresenta un‟eccezione al principio di prevalenza della norma speciale, riferendosi al caso in cui esistano delle specifiche clausole di riserva che sanciscono l‟applicazione della norma generale invece di quella speciale, perché magari è sanzionata più gravemente.
25 altro reato [ad es. evasione aggravata (art. 385 2°c. c.p.), turbamento di funzioni religiose (art. 405 2°c. c.p.), boicottaggio (art. 507 2°c. c.p.), violazione di domicilio (art. 614 ult. c. c.p.), danneggiamento aggravato (art. 635 2°c. c.p.)].
Le norme incriminatrici che si trovano in un rapporto di specialità con il reato di violenza privata, in quanto l‟elemento costitutivo comune dell‟uso di violenza o di minaccia è accompagnato da elementi specifici o aggiuntivi, sono numerose, e si differenziano in ragione dell‟evento che l‟agente vuole cagionare o dello scopo che intende perseguire, o ancora in ragione delle qualità personali o funzionali dei soggetti attivo o passivo [in quest‟ultimo caso citiamo l‟attentato contro organi costituzionali e contro le assemblee regionali (art. 289 c.p.), la violenza o minaccia a un pubblico ufficiale (art. 336 c.p.), la resistenza a un pubblico ufficiale (art. 337 c.p.), la violenza o minaccia a un corpo politico, amministrativo o giudiziario (art. 338 c.p.)].
In ordine all‟evento è speciale rispetto alla violenza privata, che verrà quindi assorbita, il reato di rapina, in quanto l‟uso della violenza o delle minaccia è diretto all‟impossessamento della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, allo scopo di procurare a sé o ad altri, un ingiusto profitto (Cass., 22 Aprile 1993);52 lo stesso a dirsi in caso di
52 Cass., 22 Aprile 1993 (Cass. pen., 1994, 2072); Cass., 24 Ottobre 1985 (Giust.
pen., 1987, II, 187); Cass., 4 Maggio 1984 (ivi, 1985, II, 506); Cass., 30 aprile 1982
(Cass. pen., 1984, 62); Cass., 7 marzo 1979 (Cass. pen. mass., 1980, 1277); Cass., 11 Gennaio 1978 (ivi, 1980, 428); Cass., 22 Novembre 1976 (ivi, 1978, 81). Viceversa sarà la rapina ad essere assorbita nella violenza privata quando la violenza venga esercitata nei confronti di persona diversa dal detentore della cosa, a condizione però
26 estorsione, il cui elemento specializzante consiste nell‟aver causato un danno patrimoniale allo scopo di procurare a sé o ad altri, un ingiusto profitto (Cass., 10 Giugno 1997);53 viceversa verrà applicato l‟art. 610 nel caso in cui la costrizione riguardi il pagamento di un debito di gioco o di un‟altra obbligazione naturale, perché non rientrante nei parametri del profitto ingiusto [escludendosi che possa rientrare nell‟art 393 c.p. (esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone) in quanto il diritto al pagamento del debito di gioco non rientra nei diritti coattivamente esigibili in giudizio dai privati)]. Si ritiene invece che sussista concorso fra violenza privata ed estorsione nel caso si usi violenza per far sospendere il lavoro ad alcuni operai al fine di ottenere una somma di denaro dall‟imprenditore.54
Un rapporto di specialità sussiste inoltre rispetto alla violenza sessuale (art. 609 bis c.p.), dove l‟elemento specializzante consiste nella
che tra la violenza e l‟impossessamento sussista un nesso di causalità immediato, tale da far ritenere che l‟impossessamento sia conseguenza diretta della minaccia (Cass., 30 Novembre 1992, in Cass. pen., 1994, 1221).
53 Cass., 10 Giugno 1997 (CED 208262); Cass., 25 Marzo 1982 (Giust. pen., 1983, II, 289); Cass., 11 Gennaio 1978 (Cass. pen. Mass. ann., 1980, 428); Vedi anche Cass., 6 Giugno 1956 (Riv. it. dir. pen., 1957, 133): «I delitti di violenza privata e di estorsione hanno in comune l‟elemento materiale (costrizione di taluno, con violenza o minaccia, a fare od omettere qualche cosa). Il delitto di estorsione è però caratterizzato, rispetto al primo, dal fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto con danno altrui; fine che lo fa ricomprendere fra i delitti contro il patrimonio»; Cass., 26 Febbraio 1954 (Giust.
pen., 1954, II, 936): «Se la minaccia o la violenza siano dirette a conseguire un ingiusto
profitto, il titolo di violenza privata deve tramutarsi in quello di estorsione, costituendo tale dolo specifico il carattere differenziale tra le due ipotesi criminose».
54 Cass., 26 marzo 1997 (Cass. pen., 1996, 1383). Si ritiene inoltre che il reato di violenza privata non possa essere assorbito da quello di estorsione quando «la minaccia proferita, sia pure contemporaneamente a quella estorsiva, tenda a costringere la parte lesa a non denunciare il torto patito, e cioè ad una ulteriore limitazione della sua libertà, tutelata dall‟ art. 610». (Cass., 11 Luglio 2008, Dejure).
27 particolare modalità del costringimento con violenza, ovvero l‟atto sessuale.
Invece l‟elemento specializzante che disciplina il rapporto fra il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose o con violenza alle persone (artt. 392 e 393 c.p.)55 e la violenza privata riguarda lo scopo per il quale si usano violenza e minaccia, che nel caso degli artt. 392 e 393 consiste nel far valere un proprio diritto soggettivo coattivamente esigibile a mezzo di giurisdizione.
Specifichiamo: l‟adempimento di una certa pretesa giuridica può essere riconosciuto dall‟ordinamento in via diretta al suo titolare mediante l‟azionabilità giudiziaria (il che significa che egli ha la possibilità di far valere i propri diritti per ottenere ciò che vuole conseguire solo ricorrendo al giudice), oppure tale adempimento può venir riconosciuto solo in via indiretta o mediata, nel qual caso il titolare non avrà possibilità di azione giudiziaria per far valere quella stessa pretesa. La differenza fra le due fattispecie in esame sta in questo, se un soggetto attribuisce a se stesso, indebitamente, poteri spettanti al giudice, in altri termini «si fa arbitrariamente ragione da sé», usando violenza o minaccia alle persone, allora sussiste esercizio arbitrario delle proprie ragioni.56
55 Art. 393 c. p.: «Chiunque, al fine di esercitare un preteso diritto, e potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da se medesimo usando violenza o minaccia alle persone, è punito, a querela dell‟offeso, con la reclusione fino a un anno. […]» In argomento cfr. F. MANTOVANI, ult. op. cit., p. 314; V. MANZINI, ult. op. cit., VIII, p.781; E. MEZZETTI, voce Violenza privata e minaccia, cit., p. 277; cenni in E. FLORIAN, ult. op. cit., p. 373.
56 In giurisprudenza Cass., 22 Gennaio 1962 (Cass. pen. mass., 1962, 418); Cass., 13 marzo 1953 (Giust. pen., 1953, II, 630): «Ricorre il delitto di ragion fattasi quando il
28 Se invece il soggetto vuol farsi ragione da sé arrogandosi poteri che non possono essere esercitati nemmeno dal giudice, e ottiene l‟adempimento della pretesa con violenza o minaccia, allora si ricadrà nel reato di violenza privata.57
Con riguardo invece al rapporto tra violenza privata e minaccia ex art. 612 la differenza è nell‟elemento intenzionale: perché si integri una minaccia rilevante ex art. 612, essendo un reato formale con evento di pericolo, è sufficiente che l‟autore ponga in essere la condotta minacciosa di prospettazione di un danno ingiusto in senso generico. La minaccia ex art. 612 è minaccia fine a se stessa e rileva quindi indipendentemente da un eventuale effetto di coercizione della volontà della vittima. Mentre nella violenza privata le modalità di condotta della violenza e della minaccia sono mezzi di coercizione della volontà diretti a imporre alla
diritto preteso possa essere oggetto di una contestazione giuridica, tale da giustificare nell‟animo dell‟agente la convinzione d‟aver ragione».
57 Cass., 18 Maggio 1965 (Cass. pen. mass., 1966, 62): «Ricorre il reato di violenza privata, e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, quando si tratti di usare violenza o minaccia per costringere taluno a fare, omettere o sopportare qualcosa che non rientra in poteri che possono essere esercitati dal giudice». Sussiste violenza privata (e non esercizio arbitrario delle proprie ragioni) nel costringere a fare una dichiarazione di riconoscimento di paternità naturale in presenza di un notaio [già cit. Cass., 15 Giugno 1934 (Giust. pen., 1934, II, 1355)]; nel costringere a concedere sovvenzioni che non hanno un fondamento giuridico [cit. Cass., 26 Ottobre 1948 (Giur. della S.C., XXIV, 363)]; nel costringere taluno a rilasciare una dichiarazione scritta o orale su fatti della verità dei quali potrebbe essere chiamato a testimoniare in giudizio [cit. Cass., 12 Dicembre 1959 (Giust. pen., 1960, II, 401)]; nell‟impedire la distribuzione di giornali contenenti articoli diffamatori [Cass., 28 Maggio 1984 (Giust. pen., 1985, II, 342)]; nell‟usare violenza fisica contro un vicino, autore di rumori molesti, allo scopo di determinarne la cessazione [Cass., 4 Luglio 1983 (CED 160938). Un orientamento recente, ritenuto discutibile, della S.C. ha ravvisato violenza privata anche nel caso in cui, al fine di esercitare un proprio diritto, l‟agente ecceda macroscopicamente i limiti di tale esercizio, ponendo in essere un comportamento costrittivo di eccezionale gravità: v. Cass., 1 Ottobre 1999, CED 214974 (caso di percosse al debitore); Cass., 27 Novembre 1987, in Rivista penale, 1988, 345 (caso di proprietario d‟appartamento che, per liberarsi degli inquilini, impedisce loro con la forza, per diverse ore, di rientrare nell‟appartamento, fino all‟arrivo dei Carabinieri).
29 vittima un certo comportamento. Pertanto sussiste nel reato di violenza privata un quid pluris consistente nello scopo di costrizione e, se consumata, nell‟avvenuta coartazione della volontà della vittima con lesione alla sua libertà di autodeterminazione e di azione, laddove con la minaccia ex art. 612 si lede solo l‟integrità psichica della vittima e non anche la sua libertà di determinarsi e agire.58 Nel caso in cui il delitto di violenza privata si perfezioni assorbirà quello di minaccia ex art. 612 quale elemento costitutivo. Avremo modo di approfondire più avanti le differenze fra minaccia-fine e minaccia-mezzo (II.2.1).
Per dovere di completezza è necessario aggiungere che non esiste rapporto di specialità ma concorso materiale di norme (si integra quando si realizzano più reati con condotte distinte) fra il reato ex art. 610 e il reato di lesioni personali (art. 582 c.p.), perchè sono diversi i beni giuridici rispettivamente tutelati: con la violenza privata si lede il bene giuridico della libertà morale, mentre con le lesioni si lede l‟integrità fisica dell‟individuo; c‟è concorso tra violenza privata e sequestro di persona (art. 605 c.p.), perché anche qui è diversa la sfera degli interessi protetti dalle due fattispecie di reato: con la violenza privata si lede la libertà morale del soggetto passivo, col sequestro di persona si lede il
58 F. DASSANO, voce Minaccia (diritto penale), in Enciclopedia del diritto, XXVI, Milano, 1976, p. 333 ss.; L. MONACO, art. 612 in Commentario breve al Codice
penale di Crespi-Stella-Zuccalà, 5ª ed., Padova, Cedam, 2008, p. 1716; E. MEZZETTI,
30 bene giuridico della libertà personale, privando il soggetto passivo della libertà di locomozione e movimento.59
È configurabile anche un concorso tra violenza privata e danneggiamento (art. 635 c.p.), sulla base del fatto che nel danneggiamento la violenza usata sulle cose è fine a se stessa e non finalizzata alla coercizione della volontà altrui come, invece, per il reato di violenza privata (è mezzo; sulle differenze con la violenza-fine vedi infra II.4).
Da notare come molte delle fattispecie elencate rientrino nella categoria dei reati complessi ex art. 84 c.p.,60 cioè quei reati che corrispondono ad un‟altra figura di reato (nel nostro caso alla violenza privata) con l‟aggiunta di un quid pluris che non costituisce reato, e per questo hanno una diversa denominazione e disciplina.
Il carattere generico e sussidiario dell‟art. 610 conferisce quindi alla fattispecie un‟ampia dimensione ed evidenzia la volontà del legislatore di evitare che altre forme di aggressione alla libertà di autodeterminazione o ad altri beni giuridici (libertà fisica, patrimonio) restino prive di tutela a causa della non completa realizzazione del relativo tipo di reato.61 Il fine è quindi quello di non lasciare impunito alcun fatto diretto a coartare
59 Cass., 11 Febbraio 1987, sez. V (Giust. pen., 1988, II, 21): «La violenza privata ha riguardo all‟autonomia della volizione e all‟azione del soggetto, e abbraccia tutta l‟area delle possibili determinazioni dello stesso; il sequestro di persona ha riguardo all‟autonomia dei movimenti e della locomozione del soggetto e, cioè, alla cosiddetta autonomia cinetica».
60 Art. 84 c.p.: «Le disposizioni degli articoli precedenti non si applicano (310-concorso di reati) quando la legge considera come elementi costitutivi, o come circostanze aggravanti di un solo reato, fatti che costituirebbero, per se stessi, reato». 61 G. FIANDACA, E. MUSCO, ult. op. cit., p. 210.