• Non ci sono risultati.

Un monastero dimenticato: il cenobio camaldolese di Santa Maria degli Angeli a Firenze dagli anni dell’abbazia (1585) fino alla sua disgregazione

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Un monastero dimenticato: il cenobio camaldolese di Santa Maria degli Angeli a Firenze dagli anni dell’abbazia (1585) fino alla sua disgregazione"

Copied!
1334
0
0

Testo completo

(1)

DOTTORATO DI RICERCA IN ARCHITETTURA

CURRICULUM IN STORIA DELL'ARCHITETTURA E DELLA CITTÀ

CICLO XXXI

Coordinatore: prof. G

IUSEPPE

D

E

L

UCA

Settore Scientifico Disciplinare ICAR/18

Un monastero dimenticato:

il cenobio camaldolese di Santa Maria degli Angeli a

Firenze dagli anni dell’abbazia (1585)

fino alla sua disgregazione

Volume primo

Dottoranda:

Relatore:

Dott.ssa

C

HIARA

R

ICCI

Prof. G

IANLUCA

B

ELLI

Correlatore: Referente:

Prof.ssa C

ÉCILE

C

ABY

Prof. M

ARIO

B

EVILACQUA

(2)

I

NDICE

VOLUME PRIMO

Introduzione

... p. 5

Capitolo 1

Il rinnovamento edilizio del monastero nel XVII secolo

Introduzione ... p. 47

1.1.

Santa Maria degli Angeli, da romitorio ad abbazia ... p. 49

1.2.

Le modifiche architettoniche al cenobio dopo l'apertura della clausura .... p. 90

1.2.1. La cappella Ramirez de Montalvo e la cappella Ticci ... p. 105

1.2.2. Il disegno ammannatiano del chiostro di ponente ... p. 127

1.2.3. L’intervento di Matteo Nigetti nel chiostro di levante ... p. 151

1.2.4. Il chiostro grande e i lavori di Gherardo Silvani ... p. 176

1.2.5. La biblioteca del monastero ... p. 202

Capitolo 2

Le trasformazioni settecentesche e il graduale declino

Introduzione ... p. 223

2.1.

Gli effetti sulla vita monastica dopo la scissione fra eremiti e cenobiti …. p. 225

2.2.

Gli interventi sul monastero nella prima metà del Settecento ... p. 266

2.2.1. Il restauro della chiesa e lo spostamento della cappella Ramirez

de Montalvo ... p. 300

2.3.

Il trasferimento della parrocchia da San Michele Visdomini in Santa

Maria degli Angeli ... p. 334

2.3.1.

L'ampliamento degli spazi monastici per il «maggior comodo

del popolo» ... p. 350

(3)

Capitolo 3

Il periodo del governo francese e le conseguenze della Restaurazione

Introduzione ... p. 388

3.1.

L' «eversione napoleonica» di Santa Maria degli Angeli

e l'annessione

a Santa Maria Nuova (1810) ... p. 390

3.2.

Il ritorno dei camaldolesi e i locali trattenuti dall'ospedale ... p. 414

3.2.1. L'Istituto di Anatomia Comparata di Pasquale Poccianti ... p. 435

3.3. Il ridimensionamento del monastero e la cessione di alcune sue parti ….. p. 455

3.3.1. L'occupazione del chiostro di levante per l'epidemia di colera

del 1835 ... p. 474

3.4. L'ipotesi di trasferimento dei monaci a Santa Maria di Candeli ... p. 491

Capitolo 4

La soppressione da parte dello Stato italiano

Introduzione ... p. 517

4.1. Il definitivo allontanamento dei monaci e la trasformazione in struttura

sanitaria ……….……….. p. 519

4.2. L'espropriazione temporanea di Santa Maria degli Angeli nel 1862 ... p. 537

4.3. Il conclusivo passaggio di proprietà a Santa Maria Nuova (1867) e

gli interventi sul monastero ... p. 552

4.3.1. La sconsacrazione della chiesa e la trasformazione in Biblioteca

medica ... p. 568

4.3.2. Le nuove cliniche edificate sull'area del cenobio camaldolese

nell'ultimo scorcio dell'Ottocento ... p. 593

Capitolo 5

Il Novecento e le nuove funzioni degli ambienti monastici

Introduzione ... p. 622

5.1. Il trasferimento di Santa Maria Nuova a Careggi e la trasformazione

urbanistica

degli anni Trenta ... p. 625

5.1.1. La costruzione della Casa del Mutilato e il completamento

della Rotonda ... p. 643

(4)

5.2. Il ruolo dell'Università e dell'ANMIG nel Dopoguerra ... p. 710

5.2.1. Il progetto Fagnoni ... p. 730

5.2.2. Gli interventi nell'ex chiesa degli Angeli ... p. 759

5.2.3. Il restauro dei chiostri ... p. 775

Tavola delle abbreviazioni ... p. 810

VOLUME SECONDO

Introduzione

... p. 5

Indice dei documenti d’archivio

Regesto ... p. 6

Fonti documentarie

Il rinnovamento edilizio del monastero nel XII secolo ... p. 23

A. Il rifacimento dei chiostri di ponente e di levante e il completamento

del chiostro grande ... p. 23

B. Analogia fra il chiostro grande di Santa Maria degli Angeli e quello

dell’abbazia dei Santi Giusto e Clemente di Volterra ….….…... p. 44

C. Interventi eseguiti nell’aula chiesastica ... p. 45

D. La biblioteca dell’abate Pantaleoni, la sua demolizione e la costruzione

della nuova grande Libreria dell’abate Caramelli ………... p. 54

Le trasformazioni settecentesche e il graduale declino dell’abbazia ... p. 60

E. I lavori realizzati in vari ambienti del complesso monastico ... p. 60

1

F. I restauri in chiesa dell’architetto Giovanni Franchi su commissione

dell’abate Mancini ………...…... p. 76

G. Il campanile di Filippo Ciocchi del 1743 ... p. 90

H. Gli interventi eseguiti nell’aula chiesastica e nella cappella del

(5)

Il periodo del governo francese e le conseguenze della Restaurazione ... p. 111

I. Il ritorno dei monaci nel loro cenobio dopo la soppressione francese e

la mancata restituzione di una parte del monastero ... p. 111

J. I progetti di Pasquale Poccianti per le Scuole di Anatomia Comparata,

di Facoltà Medica e di Chimica ... p. 137

K. Cessioni e locazioni di parti del complesso monastico a causa della

difficile situazione economica dopo il ripristino del cenobio …... p. 161

L. L’ipotesi di trasferimento del monastero degli Angeli nell’ex convento

di Candeli ... p. 183

La soppressione da parte dello Stato italiano ... p. 211

M. I difficili anni Quaranta e Cinquanta, contrassegnati da occupazioni

militari, pressioni dell’Arcispedale ed espropri del Comune ... p. 211

N. La tentata vendita della Rotonda e dell’affresco della Crocifissione di

Andrea del Castagno ………...……... p. 240

O. L’allontanamento dei monaci e l’occupazione del monastero da parte

dell’Arcispedale di Santa Maria Nuova ... p. 249

P. Trasformazione dell’aula chiesastica in Biblioteca medica con

l’allestimento della grande libreria seicentesca proveniente dalla

Santissima Annunziata ... p. 290

Il Novecento e le nuove funzioni degli antichi ambienti monastici ... p. 316

Q. Accordo siglato fra l’Arcispedale e il Comune di Firenze per un nuovo

piano regolatore dell’area che verrà liberata in seguito al trasferimento

dell’ospedale a Careggi ... p. 316

R. L’ANMIG si propone come acquirente della Rotonda e dell’edificio

dell’ex noviziato per realizzarvi la sua nuova sede fiorentina ... p. 332

S. Il Consorzio universitario: gestione del trasferimento delle cliniche a

Careggi e acquisto delle aree ospedaliere dismesse per la realizzazione

della Cittadella Univeristaria di Raffaello Brizzi ... p. 355

T. Trasformazione della ex chiesa degli Angeli, già adibita a Biblioteca

medica, in sala conferenze dell’ANMIG ... p. 381

U. La costruzione della Facoltà di Lettere e Filosofia su progetto

dell’architetto Fagnoni in aderenza al chiostro grande di Santa Maria

degli Angeli ... p. 394

V. Interventi di restauro sui chiostri di ponente e di levante …….. p. 422

Elenco delle fonti d’archivio ... p. 431

Bibliografia ... p. 444

Tavola delle abbreviazioni ... p. 519

(6)

I

NTRODUZIONE

Subito a sud dell’Ospedale degli Innocenti, nel centro storico di Firenze (fig.

1), si inserisce un isolato circoscritto da cinque strade: via degli Alfani, della Pergola,

Sant’Egidio, Bufalini e del Castellaccio (figg. 2-3), un’area di circa 60.000 metri

quadri dal paesaggio urbano che per oltre cinque secoli, dal Trecento a metà

Ottocento, fu contraddistinto dai grandi orti, chiostri e fabbricati del monastero

camaldolese di Santa Maria degli Angeli, cui venne annesso l’oratorio a pianta

centrica iniziato a costruire su progetto di Brunelleschi e mai portato a termine, un

elemento eccezionale da ogni punto di vista, tanto da far cambiare di nome alla

strada su cui venne lasciato regredire in rudere (via del Castellaccio).

A seguito della sua definitiva soppressione (1867), il monastero, passato di

proprietà dell’Arcispedale di Santa Maria Nuova, nel Novecento verrà frazionato e

venduto a diversi acquirenti che apporteranno trasformazioni, alterazioni e

cambiamenti delle funzioni d’uso degli antichi spazi cenobitici.

La conseguenza di questo smembramento è stata di non rendere attualmente

più riconoscibile l’area del complesso monastico, su cui sovrastano altre emergenze

architettoniche quali la Facoltà di Lettere e di Filosofia dell’architetto Raffaello

Fagnoni, a est, e gli edifici del confinante Arcispedale di Santa Maria Nuova, a sud.

Gli antichi orti camaldolesi, a ovest, sono diventati piazza Brunelleschi (figg. 4, 31),

risultato insoddisfacente della mancata conclusione dei molti interventi urbanistici

pianificati a partire dagli anni Venti del Novecento e dell’intromissione di

costruzioni casuali nel paesaggio urbano dell’isolato. Dai tanti progetti rimasti solo

sulla carta deriva quel senso di mancanza d’identità e di non finito così percepibile

da chiunque oggi attraversi la piazza, su cui emerge la Rotonda e l’edificio del

noviziato dell’ex monastero, entrambi sottoposti negli anni Trenta del Novecento a

un discutibile restauro.

La perdita della leggibilità del complesso nella sua interezza ha contribuito a

rendere Santa Maria degli Angeli un monastero quasi “dimenticato”, sia dagli

(7)

abitanti di Firenze che dalla maggior parte degli storiografi. Eppure si è trattato di

uno dei principali centri culturali cittadini della prima metà del Quattrocento e del

più importante monastero toscano camaldolese.

Fondato alla fine del XIII secolo alle porte di Firenze (fig. 5) come piccolo

romitorio di stretta clausura, al momento della sua costruzione Santa Maria degli

Angeli si trovò inserito a pieno titolo in quel particolare momento storico indicato

con l’espressione di eremitismo urbano

1

,

apparso dopo circa due secoli dalla

fondazione dell’eremo casentinese da parte di san Romualdo.

Se i romitori camaldolesi dei secoli XI e XII fuggivano la città e cercavano la

foresta, in quelli fondati a partire dal XIII secolo si era fatta sempre più marcata la

tendenza all’urbanocentrismo e Santa Maria degli Angeli non faceva eccezione. Il

progressivo inurbamento non fece che accentuare la propensione a sostituire il

modello insediativo eremitico con quello conventuale, tanto che in questo scorcio di

fine Duecento il rapporto tra cenobi ed eremi camaldolesi arrivò a sfiorare il dieci a

uno. Peraltro non si trattava di un fenomeno del tutto nuovo, visto che già nella bolla

papale di Pasquale II del 1113 si prendeva atto della dualità dell’osservanza,

eremitica e cenobitica, dell’ordine camaldolese.

A differenza di altri monasteri simili edificati nel XIII secolo in prossimità di

importanti centri urbani quali Venezia (San Mattia di Murano e San Michele in

Isola), Pisa (San Michele in Borgo) o Siena (Santa Maria della Rosa), destinati tutti,

in tempi più o meno brevi, a imboccare la strada cenobitica, la stretta osservanza del

romitorio fiorentino, tutelata da un proprio esclusivo statuto definito fin dall’atto

della fondazione, era invece destinata a perdurare per tutto il XIV secolo. Il che non

impedì al monastero degli Angeli di diventare uno fra i più importanti centri

camaldolesi di tutta Italia e uno dei maggiori riferimenti culturali e religiosi fiorentini,

annoverando tra l’altro la quattrocentesca scuola umanistica di Traversari, il tempio a

1 Il romitorio, fondato nel 1295, non fu edificato in mezzo a una foresta o al centro di una valle

isolata bensì ai margini di una città in piena espansione, qual era Firenze in quel periodo, un luogo apparentemente del tutto inadeguato per un ritiro anacoretico. Il tema del fenomeno dell’inurbamento dei monaci camaldolesi a partire dal XIII secolo, è già stato trattato da studi precedenti e in particolare da Cécile Caby in saggi come: Du monastère a la cité. Le culte de Saint Romuald au Moyen Age, in «Revue Mabillon», n. 6, 1995, pp. 135-158 Érémitisme et “inurbamento” dans l’ordre camaldule à la

fin du Moyen Age, in «Médiévales», n. 28, 1995, pp. 79-92 e nel volume De l’érémitisme rural au monachisme urbain: les camaldules en Italie à la fin du Moyen Âge, École française de Rome, Rome,

(8)

pianta centrale, non terminato, di Brunelleschi, miniaturisti e pittori come Lorenzo

Monaco, monaci beatificati come Silvestro da Pontassieve.

L’arco temporale preso in esame da questo studio sul monastero camaldolese

di Santa Maria degli Angeli, ha preso le mosse dalla fine della sua lunga clausura,

nella seconda metà del Quattrocento, alle soglie del momento più travagliato vissuto

dall’ordine camaldolese, diviso fra le sue due anime, quella cenobitica, il cui

maggiore esponente era rappresentato dal monastero di San Michele di Murano, e

quella eremitica, espressa principalmente da Camaldoli e dalla congregazione di

Monte Corona, fondata intorno al 1520 da Paolo Giustiniani.

Per il monastero degli Angeli, la data d’inizio di una fase del tutto nuova,

anche da un punto di vista architettonico può essere idealmente considerata il 1585,

anno del passaggio ad abbazia. Lo studio delle trasformazioni avvenute da tale data

fino agli anni Sessanta dell’Ottocento, è stato l’oggetto di questa tesi, a cui si è

aggiunta la ricerca delle cause che determinarono lo smembramento del cenobio

nella prima metà del Novecento e l’analisi delle diverse funzioni d’uso cui andarono

incontro gli spazi cenobitici in epoca moderna.

Se all’atto della fondazione di Santa Maria degli Angeli era già presente a

Firenze il monastero camaldolese di San Salvatore e altri se ne aggiungeranno negli

anni successivi, come San Felice o San Benedetto fuori porta Pinti, negli anni Ottanta

del Cinquecento non rimarrà in città che il cenobio maschile di Santa Maria degli

Angeli, la cui apertura verso l’esterno sarà contrassegnata da grande vivacità

culturale e architettonica, che vedremo perdurare fino al XVII secolo e che per certi

versi interesserà anche la prima metà del XVIII, tanto da poter considerare questo

arco di tempo come uno dei migliori periodi della storia del monastero degli Angeli.

Che sia stata proprio l’uscita dalla congregazione eremitica – e il suo passaggio

ad abbazia nel 1585 – a rendere questa fase «la più florida, tanto che i Cenobiti, per

numero e importanza dei dotti, relativamente alla piccolezza della congregazione, non

avevano in Italia altra congregazione benedettina che li superasse» è opinione del

monaco camaldolese Pagnani

2

; certo è che, almeno per quanto riguarda Santa Maria

degli Angeli, questo cambiamento di indirizzo avrà una lunga sequenza di ricadute

architettoniche che coinvolgeranno l’intero monastero, non senza rimpianto per

2 ALBERICO PAGNANI, Storia dei Benedettini Camaldolesi, Tipografia Garofoli, Sassoferrato

(9)

l’originaria sobrietà da parte di alcuni monaci, come Tommaso Mini (1615), autore di

una storia del cenobio camaldolese

3

.

Il tema dell’apertura del cenobio degli Angeli verso l’esterno verrà inquadrato,

nel corso della ricerca, anche in relazione con l’ambiente immediatamente circostante

l’area della sua fondazione, ovvero il «luogo detto Cafaggiuolo, fuori della Porta a

Balle»

4

(fig. 5), nel popolo di San Michele Visdomini, una zona densamente popolata

a nord della città destinata a caratterizzarsi per la presenza di numerosi tiratoi dopo la

decisione del Comune di ampliare la cerchia muraria (1260) e dove erano già

presenti la chiesa e il convento della Santissima Annunziata dei Servi di Maria e

l'ospedale di Santa Maria Nuova (1285). Nel trattare questo tema dei rapporti del

monastero con i suoi confinanti, nella tesi sono emerse peculiarità

architettoniche-urbanistiche mai venute alla luce in studi precedenti; in particolare è apparso come la

presenza di Santa Maria degli Angeli abbia condizionato il prospetto di alcuni edifici

affaciati su via degli Alfani, impedendone il rialzamento, e soprattutto come, a sua

volta, l’aspetto del cenobio stesso sia stato fortemente influenzato da emergenze

architettoniche ad esso coeve. Un esempio emblematico, e del tutto inedito, è costituito

dal rifacimento seicentesco del chiostro di levante (figg. 6, 14), attraverso la cui porta

sulla strada i visitatori avevano l’accesso in monastero e che quindi, «essendo in faccia

di ogn’uno»

5

che entrava, si reputò necessario «ridurlo alla bellezza e forma del

resto»

6

. Come vedremo, il cantiere verrà bloccato per una trentina d’anni dall’Arte

della Lana che permetterà infine il rialzamento del chiostro imponendo però ai monaci

la soluzione del singolare doppio affaccio del loggiato superiore, sia verso l’interno

che verso la strada, per non ostacolare il passaggio del vento, necessario al Tiratoio che

l’Arte della Lana aveva in via degli Alfani

7

.

3 TOMMASO MINI, Historia del Venerabile Monasterio di Santa Maria degli Angeli della Città di

Firenze, 1615, in ASC, Santa Maria degli Angeli, 13. Sul rifacimento del chiostro di ponente il

monaco scriveva, p. 7: «Il quale chiostro non molti anni sono fu disfatto, non so con che prudenza, per farvi il chiostrino che è al presente, assai più bello, che non comporta la semplicità monastica».

4 Ivi, p. 2.

5 ASC, Santa Maria degli Angeli, 5, c. 238.

6 Ibidem.

7 Una singolarità, questa duplice apertura, non dovuta – come ipotizzato da alcuni storiografi, come

per esempio Mazzino Fossi in Bartolomeo Ammannati architetto, Morano, Cava dei Tirreni (Salerno), 1967 – a una libera decisione dei monaci, ormai fuori dalla clausura, quasi a dimostrare un loro volersi aprire verso la città, ma a una scelta subita e imposta da un rescritto granducale a salvaguardia delle esigenze del tiratoio dell’Arte della Lana di via degli Alfani, posto quasi di fronte al monastero e che ne temeva il rialzamento della muratura, ostacolo al flusso del vento necessario al buon funzionamento del tiratoio. Gli inediti e interessantissimi aspetti architettonici della vicenda si trovano

(10)

Un segno tangibile che il cenobio iniziava a relazionarsi in misura crescente

con i fedeli e con il mondo da cui si era voluto allontanare nei primi due secoli della

sua storia, fu il totale rifacimento, «quasi riedificandolo da’ fondamenti»

8

, del

cosiddetto chiesino delle donne (figg. 10-12), uno spazio indipendente antistante l’aula

chiesastica (fig. 13), coevo alla fondazione del romitorio, che aveva la duplice

funzione di parlatorio e di opportunità offerta ai fedeli – e in particolare a quelli di

sesso femminile cui era interdetto l’accesso al monastero – di seguire le funzioni

religiose attraverso delle grate poste nella parete adiacente la chiesa. Ne fu

committente e finanziatore Silvano Razzi, il primo abate di Santa Maria degli Angeli,

che preferì posporre altre trasformazioni architettoniche e intervenire in primo luogo

proprio sul chiesino.

A questo primo intervento di Razzi fece seguito il rifacimento completo dei tre

chiostri (figg. 14-17), in concomitanza con la costruzione della biblioteca dell’abate

Pantaleoni (cui farà seguito nel 1699 quella dell’abate Caramelli), uno dei tanti lavori

di rimodernamento di tutto il cenobio, considerati necessari per il suo nuovo ruolo

abbaziale, che coinvolsero anche la chiesa, restaurata in stile barocco da Giovanni

Franchi (1708, fig. 13), il campanile, realizzato ex novo su progetto di Filippo Ciocchi

(1743, fig. 18)

9

e il noviziato.

Per avere un’idea di cosa significhi da un punto di vista architettonico tutta

questa fase di lavori, basta osservare l’aspetto di circa metà Quattrocento del

complesso camaldolese di cui abbiamo un’unica testimonianza iconografica nel codice

in documenti conservati nell’archivio dell’Arte della Lana, presso l’Archivio di Stato di Firenze. È infatti solo attraverso la loro consultazione che emerge la lunga e dura controversia intercorsa fra i monaci e il tiratoio, ricostruibile grazie alle lettere e ai memoriali degli anni compresi tra il 1620 circa e il 1660 circa.

8 SILVANO RAZZI, Le vite de' Santi, e Beati dell'ordine di Camaldoli, d'alcuni di Santa Croce

dell'Avellana e di quelli della Congregazione de' Romiti di San Romualdo, o vero di Monte Corona,

Cosimo Giunti, Firenze, 1600, c. 90v.

9 Le fonti bibliografiche cronologicamente più vicine a questi interventi sono gli scritti del monaco

camaldolese Tommaso Mini, autore dell’Historia del Venerabile Monasterio di Santa Maria degli

Angeli della Città di Firenze (1615); l’opera del monaco e storiografo camaldolese Gregorio Farulli,

autore dell’Istoria cronologica del nobile ed antico monastero degli Angioli di Firenze (1710); i libri di Agostino Fortunio, autore di Historiarum Camaldulensium, libri tres, ex bibliothaeca Sermartelliana, Florentiae, 1575 e Historiarum Camaldulensium, pars posterior, ex typographia Guerraea, Venetijs, 1579; i lavori degli storici che si occuparono più genericamente delle chiese e dei monasteri fiorentini, come Ferdinando Leopoldo Del Migliore, autore di Firenze città nobilissima

illustrata, Stamperia della Stella, Firenze, 1684; il gesuita Giuseppe Richa con Notizie istoriche delle chiese fiorentine divise ne' suoi quartieri, 10 voll., Stamperia di Pietro Gaetani Viviani, Firenze, 1754-1761;

Vincenzo Follini, letterato ed ecclesiastico, che con l’abate Modesto Rastrelli, pubblicò Firenze antica

(11)

Rustici (fig. 7). All’interno di una «muraglia nuova e forte, alzata da ambo le parti sul

terreno degli Alfani»

10

, sono racchiusi l’edificio della chiesa, i chiostri e una delle

numerose cappelle (nella fattispecie quella degli Alberti) che le famiglie gentilizie

fiorentine iniziarono a edificare a partire da metà Trecento. Sull’angolo con via del

Castellaccio è visibile la Rotonda di Brunelleschi, mai terminata, anche se nella figura

è disegnata come se fosse finita, che si sarebbe dovuta collegare con il capitolo in

corrispondenza del loggiato ovest del chiostro di ponente. Dal confronto del disegno

con l’incisione di Buonsignori del 1584 (fig. 8) e soprattutto con la veduta da sud della

settecentesca rappresentazione del monastero degli Angeli edita negli Annales di

Mittarelli e Costadoni (fig. 9), emerge la grande trasformazione avuta dal monastero in

questo arco di tempo e al contempo risulta chiaro come tale evoluzione non sia stata

casuale e priva di logica, ma piuttosto condotta secondo uno schema già presente in

nuce fin dal codice Rustici.

Di più, dalla ricostruzione, basata su inediti documenti d’archivio, della

sequenza temporale del rifacimento dei tre chiostri, la tesi ha messo in luce la

peculiarità di un disegno unitario, tanto da fare ipotizzare l’intervento di un progettista

unico. Data la simmetria dei due chiostrini ai lati della chiesa e la loro architettura

similare, il nome di Bartolomeo Ammannati – che aveva non solo teorizzato questo

impianto ma lo aveva anche realizzato nel convento di Santo Spirito – diventa quello

più accreditato. L’architetto, probabile autore anche della cappella Ramirez de

Montalvo (fig. 12) nella chiesa degli Angeli (come suggeriscono documenti d’archivio

e materiale iconografico inedito), pur essendo deceduto nel 1592 potrebbe avere

impostato non solo il disegno del chiostro di ponente (fig. 15), come ormai la

storiografia tende ad ammettere, ma anche di quello di levante (fig. 14), su cui peraltro

è assodato che alla direzione dei lavori fu Matteo Nigetti, anche se limitatamente al

piano terra, terminato negli anni Venti del Seicento. È presumibile che anche il

chiostro a sud (figg. 16-17), dal caratteristico loggiato a pilastri dorici, già in parte

presente negli anni Ottanta del Cinquecento, possa essere frutto di un originario

progetto ammannatiano e che in tal caso Gherardo Silvani, accreditato da alcuni

storiografi come autore, sarebbe intervenuto solo per completare un’opera progettata

da altri; ipotesi peraltro compatibile con la presenza di questo architetto nell’ultima

10 GREGORIO FARULLI, Istoria cronologica del nobile, ed antico Monasterio di Santa Maria degli

(12)

fase dell’intervento, attestata in liste dei pagamenti degli anni Trenta per lavori di

sistemazione di edifici minori circostanti il loggiato del chiostro, ultimato nel 1628

11

.

Tutta questa prima parte della tesi, basata fondamentalmente su ricerche

d’archivio effettuate a Firenze, Camaldoli

12

e Volterra

13

, ricca di scoperte ma anche di

domande ancora aperte, si conclude idealmente verso la metà del Settecento. È emerso

che all’epoca la situazione economica del cenobio era ancora florida, la regola

camaldolese molto rilassata, i monaci privi di gravose incombenze parrocchiali,

interamente demandate ai celestini di San Vincenzo Visdomini.

11 Con l’avallo di inediti documenti di archivio questa ricerca ricostruisce la corretta sequenza

cronologica e le varie fasi del cantiere dei tre chiostri, suggerendo un possibile disegno unitario a monte di un progetto iniziale di un solo architetto su lavori che poi saranno portati a termine da altri nell’arco di circa mezzo secolo. Secondo l’opinione di precedenti storiografi questo architetto sarebbe stato Gherardo Silvani, con la collaborazione, per il chiostro di levante, di Bartolomeo Ammannati. Questa è l’opinione di Farulli e di Follini-Rastrelli, che riportano quanto sostenuto precedentemente da Del Migliore; parere condiviso sostanzialmente da Richa, mentre Fantozzi, nel 1842, attribuisce a Matteo Nigetti il chiostro di levante, ad Ammannati il chiostro grande e a Silvani quello di ponente. Attualmente, autori come Lucilla Conigliello e Stefania Vasetti, nel loro Il chiostro camaldolese di

Santa Maria degli Angeli a Firenze (1998) ritengono che BartolomeoAmmannati sia il progettista dei due chiostri ai lati della chiesa, con integrazioni successivi di Matteo Nigetti, mentre altri, come Margherita Cricchio in Santa Maria degli Angeli. L’evoluzione del monastero camaldolese attraverso

la genesi dei suoi chiostri (2014), attribuiscono ad Ammannati il chiostro di ponente, a Nigetti quello

di levante e a Silvani il chiostro grande. Molto più cauto Michael Kiene, che, nel suo studio

Bartolomeo Ammannati del 1995, riteneva non esserci ancora documentazione archivistica sufficiente

per un’eventuale attribuzione a uno o più chiostri degli Angeli. Viceversa, Alessandro Rinaldi nel saggio Matteo Nigetti architetto e il suo doppio (2010) attribuisce il chiostro grande a Nigetti.

12 Fra le fonti archivistiche, la più attendibile e completa per questa fase storica è rappresentata dal

materiale raccolto dagli stessi camaldolesi degli Angeli, oggi depositato prevalentemente presso l’Archivio di Stato di Firenze, nel fondo Corporazioni religiose soppresse dal governo francese. Vi si conservano le serie delle entrate e delle uscite, i registri dei debitori e creditori, i contratti, le scritture e le ricevute, tutte carte di natura economica, contabile e amministrativa. Altri venti pezzi circa si trovano nel fondo Corporazioni religiose soppresse dal governo italiano, dal 1817 al 1866. La documentazione non è esaustiva poiché i monaci, invece di consegnarla integralmente all’atto della soppressione francese, ne trattennero una parte, che finì con il confluire (dopo la bolla papale del 1935 in cui si aboliva la congregazione cenobitica), a Camaldoli, presso l’Archivio Storico dell’Eremo e Monastero. Fanno parte di questo insieme i libri dei Ricordi, lettere, inventari e materiale iconografico in carte sciolte di datazione compresa tra il XVI e il XX secolo. In entrambe le sedi, Camaldoli e Firenze, la documentazione non è completa ma presenta numerose lacune, con la conseguenza che attualmente rimangono dei periodi che ancora non si riescono a documentare; inoltre i pagamenti di alcuni interventi architettonici anche di rilievo non risultano affatto nei registri contabili per il semplice motivo che furono finanziati direttamente dal committente e non dal monastero, come nel caso del chiesino delle donne rifatto dall’abate Silvano Razzi, della cappella Ticci e della cappella della famiglia Ramirez de Montalvo, in chiesa, subentrata ai Quaratesi, rendendo pertanto necessaria la consultazione dei rispettivi archivi privati.

13 Integrazioni alle carenze del materiale tramandato dai monaci degli Angeli sono possibili con

l’ausilio di altre fonti, come l’archivio della badia dei Santi Giusto e Clemente, conservato presso la Biblioteca comunale Guarnacci di Volterra, un monastero camaldolese strettamente legato a Santa

Maria degli Angeli. Sull’argomento cfr. anche: LAURA BENASSI, Vicende costruttive della Badia

(XVI-XVIII secc.), in La Badia Camaldolese di Volterra. Storia e usi, a cura di Denise La Monica, Aracne,

Ariccia (Roma), 2014, pp. 77-132; La Badia camaldolese, a cura di Alessandro Furiesi, Felici, Ghezzano (Pisa), 2008.

(13)

Come vedremo, tutto questo sarà destinato a ribaltarsi nell’arco di poche decine

d’anni, un intervallo di tempo molto più tumultuoso del precedente e privo della

vivacità architettonica del periodo appena conclusosi. Di questa seconda fase la ricerca

ha cercato di mettere in evidenza un fatto ancora molto poco indagato, ovvero come la

parabola discendente del monastero degli Angeli sia andata di pari passo con la

crescita delle relazioni con il suo principale confinante, l’Arcispedale di Santa Maria

Nuova (figg. 19-20), la cui espansione su terreni di proprietà camaldolese aveva avuto

inizio fin dalla metà del XVII secolo, seppure limitatamente a parti marginali.

Il ruolo sempre più rilevante assunto dall’emergere di questo nuovo

protagonista, l’ospedale, ha indotto a riflettere su un aspetto forse finora sottovalutato

dalla moderna storiografia, ovvero che non vi possa essere un qualsiasi approccio –

anche architettonico – allo studio del monastero degli Angeli nella sua fase cenobitica

più matura, che possa prescindere dall’esame dei suoi rapporti con Santa Maria Nuova.

Tali rapporti, a partire dalle analisi settecentesche di scienziati come Cocchi e Targioni

Tozzetti, sostenitori della necessaria e inevitabile espansione delle corsie ospedaliere

nei locali del limitrofo monastero, diventeranno via via sempre più difficili e

conflittuali fino a culminare con la decisione assunta nel 1808 da Alfredo

Aldobrandini, prefetto di Firenze, di cedere all’Arcispedale

14

tutto il complesso

14 Il condizionamento esercitato da Santa Maria Nuova nella storia, anche architettonica, di Santa

Maria degli Angeli, uno dei temi principali emersi in questo studio, è supportato più da fonti

archivistiche che storiografiche. Queste ultime hanno indagato prevalentemente il periodo a partire

dalle soppressioni francesi ai nostri giorni e inoltre si sono concentrate maggiormente sulle modifiche architettoniche interne all’Arcispedale. Esistono sull’argomento studi esaustivi a cura principalmente di Esther Diana, autrice di molti saggi e in particolare della monografia Santa Maria Nuova: Ospedale

dei Fiorentini: Architettura ed assistenza nella Firenze tra Settecento e Novecento (2012), che però

ricostruiscono le trasformazioni apportate nel monastero degli Angeli in questo periodo di occupazione, più dal punto di vista dell’ospedale. Viceversa cambiando ottica e privilegiando una ricerca archivistica incentrata su Santa Maria degli Angeli, è stato possibile reperire molto materiale nel fondo di Santa Maria Nuova, conservato presso l’Archivio di Stato di Firenze e in particolare nelle serie dei Contratti e degli Affari Spediti, ovvero la corrispondenza intrattenuta dall’ospedale con vari soggetti, come l’abbazia, il comune e l’arcivescovo, serie che si sono rivelate particolarmente utili per ricostruire i rapporti, spesso conflittuali, tra l’ospedale e il cenobio degli Angeli, nonché i vari passaggi attraverso i quali Santa Maria Nuova arriverà nel 1866 all’occupazione finale del complesso camaldolese e al definitivo allontanamento dei monaci, con tutto quello che ne conseguirà – trasformazioni, vendite e frazionamenti – fino alla conclusione del lungo cammino del cenobio degli Angeli. Le carte, in cui sono riportati anche gli interventi di adeguamento a scopo sanitario che si intrapresero nei locali dei religiosi una volta occupati, hanno inoltre il vantaggio di essere complete, con pochissime lacune e con una grande massa di informazioni, compresi diversi disegni, elaborati grafici, perizie e contratti che riescono a fare capire meglio i lavori realizzati nel monastero dall’ospedale.

(14)

religioso degli Angeli, scampato alle precedenti soppressioni leopoldine ma non a

quelle napoleoniche.

Si trattò, quella francese, di una parentesi di breve durata, dal 1810 al 1817, che

però segnò in maniera indelebile la storia futura del monastero, anche da un punto di

vista architettonico. In seguito a questa occupazione, infatti, non furono mai più

restituiti ai monaci spazi in cui si allestirono corsie ospedaliere, realizzate Scuole di

Anatomia, su progetto di Pasquale Poccianti, si affittò a un falegname l’antico capitolo,

fu tamponato con un setto murario il loggiato est del chiostro grande. Emblematico

l’atteggiamento del principe Neri Corsini, direttore della Segreteria di Stato, che

chiedeva a Poccianti di individuare tutti gli spazi del monastero da adibire a corsie per

ricavarne il maggior numero possibile di posti letto, come se ormai l’Arcispedale fosse

il definitivo e unico proprietario.

La ricerca d’archivio di questi primi anni dell’Ottocento ha rinvenuto molto più

materiale iconografico rispetto ai secoli precedenti e in particolare ben tre planimetrie

del cenobio degli Angeli. Presso il Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi si trova la

prima pianta, parzialmente danneggiata, di un anonimo disegnatore francese dei

primissimi anni dell’Ottocento (figg. 21-22), redatta per evidenziare le varie corsie

dell’Arcispedale e le zone del monastero degli Angeli occupate dai militari transalpini

feriti. In un’altra planimetria, redatta dall’ingegnere Gaetano Bercigli (fig. 23), come

questa ricerca ha evidenziato e non dall’architetto Giuseppe Martelli come fino ad oggi

erroneamente ritenuto, sono contrassegnate le parti trattenute dall’Arcispedale in

occasione della riconsegna ai monaci del loro complesso religioso nel 1817. Il terzo

disegno, limitato però alla sola parte orientale dell’abbazia, di Pasquale Poccianti (fig.

24), si trova nell’interessante e ricco archivio dell’architetto, presso la residenza di

famiglia a Scandicci

15

(Firenze).

15 La planimetria risale al 1816 e venne eseguita dall’architetto per il progetto delle nuove Scuole di

Anatomia e di Chimica, un edificio costruito in aderenza al chiostro di levante e al chiostro grande. È un episodio già attestato da precedenti studi di Luigi Zangheri e di Gabriele Morolli, con riferimenti ai disegni acquerellati del progetto finale, reperibili presso l’Archivio del Comune di Firenze. Cfr.

Firenze e Livorno e l'opera di Pasquale Poccianti, a cura di Franco Borsi, Gabriele Morolli, Luigi

Zangheri, Officina edizioni, Roma, 1974; Pasquale Poccianti architetto, 1774-1858, atti del convegno per la celebrazione del secondo centenario dalla nascita, Bibbiena, 1974, a cura di Fracesco Gurrieri e

Luigi Zangheri, Uniedit, Firenze, 1977; GABRIELE MOROLLI, Riformismo lorenese e rinnovamento

architettonico, in La soppressione degli enti ecclesiastici in Toscana. Secoli XVIII-XIX, 3 voll.,

Edizioni dell'Assemblea, Firenze, 2008, vol.: Architettura e soppressioni lorenesi: alcuni casi, alcune

riflessioni, la fortuna critica, a cura di Gabriele Morolli, pp. 13-26. Questa ricerca ha permesso di

(15)

Dopo il ritorno nel loro cenobio nel 1817 i religiosi non sapranno più

riacquistare nel corso degli anni seguenti un equilibrio e una stabilità, soprattutto

economica, del tutto soddisfacenti, dando il via a una serie di vendite e di locazioni e

perfino all’ipotesi di cessione di tutto il monastero a Santa Maria Nuova, previo il

trasferimento dei camaldolesi nell’ex convento di Santa Maria di Candeli,

un’operazione ideata dall’Arcispedale, con avallo arcivescovile, non andata a buon

fine per le ingenti spese di ristrutturazione necessarie a ripristinare l’ex complesso

agostiniano

16

.

Di lì a poco, negli anni Sessanta dell’Ottocento, avverrà la soppressione

definitiva del monastero di Santa Maria degli Angeli da parte del Regno d’Italia, un

evento che, pur nella sua drammaticità, non sarà del tutto inatteso in quanto pochi anni

prima, in virtù di una legge del 1861, il cenobio era stato già oggetto di occupazione da

parte dell’Arcispedale di Santa Maria Nuova e i monaci costretti a lasciare Firenze per

riparare nel convento di San Francesco a Volterra.

L’analisi delle diverse funzioni d’uso cui andranno incontro da questo

momento in poi i vari spazi del monastero degli Angeli, rappresenta una delle

peculiarità principali della tesi, che ha cercato così di colmare una lacuna

particolarmente evidente. L’indagine, da questo punto di vista, ha condotto alla

ricostruzione dei passaggi di proprietà e dei frazionamenti che hanno riguardato parti

più o meno estese del complesso monastico; oltre a questo si è ripercorsa l’evoluzione

dell’assetto urbanistico dell’area immediatamente limitrofa, circoscritta da via degli

Alfani, della Pergola, Sant’Egidio, Bufalini e del Castellaccio e la successione di

progetti urbani che hanno interessato la zona fino alla metà del Novecento.

Innanzitutto è stato osservato che negli anni immediatamente seguenti alla

soppressione, per un periodo durato oltre mezzo secolo, venne garantito il

mantenimento di una qualche unitarietà del complesso religioso, grazie alla

concessione, da parte dell’Arcispedale, degli spazi del monastero al Regio Istituto di

elaborato dall’architetto in tre diverse versioni, con disegni preparatori, schizzi, relazioni e scambi epistolari.

16 Tutta l’operazione, semi-sconosciuta e inedita, emerge dalla documentazione conservata presso

l’Archivio Arcivescovile di Firenze e presso l’Archivio Storico dell’Eremo e del Monastero di Camaldoli, dove sono conservate le relazioni e le planimetrie degli architetti – Giuseppe Martelli, Gaetano Baccani e Giuseppe Menici – che si occuparono della stima dei due monasteri. Gli elaborati grafici dei tre periti sono di estrema importanza in quanto rappresentano la distribuzione degli spazi all’interno del monastero negli anni Quaranta dell’Ottocento, ormai alle soglie di una nuova e definitiva fase che culminerà con la chiusura definitiva di Santa Maria degli Angeli.

(16)

Studi Superiori

17

: questa stabilità e permanenza di un fruitore unico del cenobio di

Santa Maria degli Angeli permetterà una sua complessiva leggibilità anche se non

potrà impedire un progressivo degrado di alcune sue parti; molti ambienti, fra i più

significativi, saranno profondamente modificati e destinati ad altri usi, come la

Biblioteca medica, ricavata nell’aula della chiesa (fig. 25), o i loggiati dei tre chiostri,

tamponati sia al livello inferiore che superiore per ricavarne corsie ospedaliere (fig.

26), o ancora come il locale della settecentesca Libreria dei monaci, al primo piano,

trasformato in anfiteatro anatomico per le lezioni universitarie. Fortunatamente non vi

saranno demolizioni, ma piuttosto radicali trasformazioni, dettate da una totale

spregiudicatezza – basti pensare che si era fatta l’ipotesi che l’aula chiesastica avrebbe

potuto assolvere alle funzioni di stanza mortuaria per il deposito dei cadaveri –

accompagnata da risultati non sempre adeguati alla riconversione degli antichi spazi

cenobitici in funzioni sanitarie. Tutte operazioni sulla falsariga della logica di sempre

dell’Arcispedale, fatta di riadattamenti e di adeguamenti di antichi locali a scopi

diversi, una vecchia consuetudine che negli anni Quaranta indurrà l’allora architetto

dell’ospedale, Giuseppe Martelli, a presentare, inascoltato, un progetto di nosocomio

completamente nuovo nella zona di Barbano e la riconversione dell’area di Santa

Maria Nuova in un centro ricco di negozi, teatri e locali vari. Anticipando di oltre

mezzo secolo quanto sarà progettato intorno al primo Dopoguerra, l’architetto –

interprete in termini architettonici del forte malcontento dei cittadini che chiedevano la

riqualificazione della zona – aveva evidenziato il tema fondamentale del rapporto tra

l’Arcispedale e il resto del quartiere, nonché della trasformazione urbanistica di tutta

quell’area che si sarebbe resa disponibile nell’ipotesi di un trasferimento dell’ospedale.

17 Presso l’Archivio Storico dell’Università si trova il fondo della Cancelleria del Regio Istituto di

Studi Superiori con la serie degli Affari spediti che comprende, oltre ai numerosi rapporti e verbali, anche la convenzione del 1883 stipulata fra l’Arcispedale e il Regio Istituto, con allegata una planimetria di Cesare Fortini con la suddivisione di tutti gli spazi del monastero degli Angeli fra i due enti, nonché la descrizione di molti dei lavori intrapresi in questo scorcio di fine secolo. Questo archivio, ad oggi solo parzialmente inventariato, non è mai stato consultato per approfondimenti relativi al cenobio camaldolese. Per le fonti bibliografiche generali su questa fase si può fare

riferimento agli studi di DONATELLA LIPPI, La Scuola medico-chirurgica, in Santa Maria Nuova

attraverso i secoli: assistenza, scienza e arte nell’ospedale dei fiorentini, a cura di Giancarlo Landini,

Polistampa, Firenze, 2017, pp. 93-114; GIAN GASTONE NERI SERNERI,DONATELLA LIPPI, La Scuola

Medica dell’Università di Firenze, in L'Università degli Studi di Firenze 1924-2004, atti della tavola

(17)

Se dunque in questa fase non si può ancora parlare di smembramento

dell’antico cenobio in senso architettonico, è tuttavia un dato di fatto che già fosse in

atto la dispersione di molti elementi di pregio del monastero, andati irrimediabilmente

persi, quali gli altari della chiesa e della cappella del Santissimo Sacramento, il

prezioso organo, la Libreria dell’abate Caramelli e molte altre opere d’arte. Nonostante

tutto ciò, la possibilità di una generale comprensibilità dell’ex monastero era ancora

resa possibile dalla totale e libera percorribilità dei suoi spazi, a partire dall’edificio del

noviziato, a ponente, per arrivare fino al chiostro dei morti a levante, senza soluzione

di continuità, a eccezione dei locali venduti dai monaci, in un momento di grave crisi

economica, alla Buca di Sant’Antonio (1828, fig. 34) e dell’edificio della Rotonda

affittato dall’Arcispedale allo scultore Enrico Pazzi (1867). A questo asse est-ovest si

aggiungeva quello nord-sud, facente capo all’androne seicentesco che permetteva di

passare dal chiostro grande a quello della Porta e, fattore non secondario, si aprivano

numerosi accessi su via degli Alfani.

Questa identità, seppure imperfetta e parziale, del complesso religioso, in teoria

sarebbe potuta perdurare, al pari di quei tanti monasteri cui era toccata in sorte la

trasformazione in caserme o in altre istituzioni che pur avendone snaturato la loro

originaria funzione ne avevano comunque preservato una certa unitarietà

architettonica. Sarà invece destinata – tale identità – a scomparire nel primo

Dopoguerra a seguito della determinazione dell’Arcispedale di trasferirsi in blocco a

Careggi. Una volta liberati dalle cliniche universitarie, i locali di Santa Maria degli

Angeli sarebbero stati messi in vendita sul mercato e avrebbero contribuito al

finanziamento del nuovo nosocomio fiorentino.

Quello che la ricerca ha cercato di sottolineare è che fu questa decisione di

Santa Maria Nuova la causa principale dello smembramento di Santa Maria degli

Angeli, non già la sua soppressione, che ne rappresentò casomai la premessa.

L’operazione, estesa a tutti gli immobili di proprietà dell’Arcispedale, interessava

l’intera area, inserita all’interno del nuovo piano regolatore progettato insieme al

Comune e approvato, dopo un esame critico, dal soprintendente Giovanni Poggi. Si

andava ripresentando, in pratica, quanto prefigurato negli anni Quaranta dell’Ottocento

dall’architetto Martelli.

(18)

Nella sua stesura definitiva, il nuovo assetto urbanistico non contemplava per

Santa Maria degli Angeli alcuna demolizione – a differenza dalla sorte riservata agli

edifici ospedalieri, destinati a essere rasi al suolo quasi completamente tranne

pochissime emergenze – ma rimaneva comunque aperta la possibilità di un

frazionamento e di una vendita per parti dell’antico complesso religioso, con l’unico

vincolo per gli acquirenti di rispettare il tracciato delle nuove strade che avrebbero

attraversato la zona, ormai ridotta a semplice terreno edificabile, oggetto di

speculazioni edilizie.

La trasformazione urbanistica ideata per quest’area alla fine non si realizzerà,

ma ciò non impedirà lo smembramento del monastero che nel giro di appena un

decennio sarà interamente ceduto a enti diversi, come l’Associazione Mutilati e

Invalidi di Guerra, acquirente nel 1932 della Rotonda, dell’ala dell’ex noviziato e di

una porzione di terreno adiacente, ex orto dei monaci. Per la realizzazione della nuova

sede della Casa del Mutilato, l’architetto Sabatini si occuperà del restauro

dell’incompiuto Tempio di Brunelleschi, trasformato in sala per le adunanze, e

modificherà profondamente sia all’interno che all’esterno, l’edificio dell’ex noviziato;

un intervento tutto sommato rispettoso degli antichi spazi camaldolesi, ma il cui esito

sarà molto discusso

18

(figg. 27-28).

Il chiostro di ponente, la chiesa, la sagrestia, la cappella Ticci, l’antica Libreria

e metà del refettorio, venduti al Comune di Firenze, saranno interamente ceduti

all’ANMIG, in cambio del terreno su cui realizzare la futura piazza Brunelleschi, così

come prevista dal piano regolatore. Infine, la rimanente parte del monastero, con i

chiostri a levante e a meridione e le costruzioni ad essi connesse, nonché tutta l’area

fino alle case di via della Pergola, sarà occupata dal Consorzio edilizio universitario,

un organismo creato appositamente negli anni Trenta del Novecento per gestire la

18 Documentazione sull’argomento è reperibile presso l’Archivio della ex Soprintendenza ai Beni

Architettonici e Paesaggistici di Firenze, dove si trovano disegni inediti dell’architetto. I quotidiani locali dell’epoca, che assumono in questo periodo il ruolo di rilevante fonte di informazioni, dettero molto rilievo al restauro della Rotonda e altrettanto spazio dedicarono, negli anni Cinquanta, alla trasformazione da parte dell’ANMIG della chiesa degli Angeli che l’Associazione, volle adibire in sala conferenze. Foto storiche testimoniano l’intervento. Sono istantanee dei fotografi Levi e Barsotti, conservate presso l’Archivio Storico del Comune di Firenze e l’Archivio Storico del Gabinetto Vieusseux, che documentano i momenti dello smontaggio e del trasferimento della seicentesca libreria, originaria della Santissima Annunziata, dall’aula chiesastica degli Angeli – dove era stata portata nel 1871 ad uso di Biblioteca medica – alla sala Ferri in palazzo Strozzi, dove sarà risistemata a cura dell’allora direttore Alessandro Bonsanti.

(19)

realizzazione di una nuova Cittadella Universitaria, su progetto di Raffaello Brizzi

19

(fig. 29). Secondo il disegno dell’architetto, il loggiato del chiostro grande,

completamente liberato nei lati a mezzogiorno e a ponente dagli edifici ospedalieri,

avrebbe delimitato la nuova piazza Brunelleschi e la progettata strada che partendo da

via della Pergola, davanti al teatro, sarebbe arrivata in via del Castellaccio; palazzi di

tre-quattro piani, sedi di facoltà universitarie, avrebbero sostituito la cappella del

Santissimo Sacramento, la zona dell’antico refettorio e delle cucine dei monaci.

L’operazione del grandioso disegno del polo universitario fiorentino non ebbe

seguito per vari motivi, come lo scoppio del secondo conflitto mondiale, la morte del

progettista, il mancato trasferimento a Careggi di molti reparti ospedalieri, i costi

esorbitanti dati dalla svalutazione della lira nel Dopoguerra. I previsti edifici di Brizzi

non furono costruiti e ci si limitò a realizzare alla fine degli anni Cinquanta, la Facoltà

di Lettere e Filosofia, su progetto di Raffaello Fagnoni (fig. 30), la sola nuova sede

universitaria realizzabile nel quadrilatero via degli Alfani - via della Pergola - via

Sant’Egidio - piazza Santa Maria Nuova - via Bufalini - via del Castellaccio, una volta

abbandonata l’ipotesi della cittadella universitaria

20

.

19 Gli elaborati grafici di progetto sono depositati presso l’Archivio di Stato di Firenze. Vi si trovano

planimetrie, prospetti e schemi funzionali di tutto quel complesso universitario, mai realizzato, che avrebbe coinvolto interamente gli spazi e gli edifici dell’ex monastero camaldolese, nonché tutta l’area lasciata libera da Santa Maria Nuova dopo il suo totale trasferimento a Careggi (mai avvenuto). Altri disegni originali di Brizzi, al momento dispersi, erano conservati fino a pochi anni fa presso l’Archivio Storico dell’Università di Firenze. Il piano regolatore previsto, ma non concretizzatosi, per tutta la zona è consultabile, nelle sue varie fasi, all’Archivio Storico del Comune di Firenze; è significativo che nella prima stesura, respinta dalla Soprintendenza, il piano prevedesse la demolizione di parte del monastero degli Angeli e il passaggio di una nuova strada rasente alla Rotonda. Invece, per la consultazione dei verbali delle adunanze del Consorzio edilizio universitario è necessario rivolgersi all’Archivio Storico dell’Università di Firenze. Se il loro esame è importante per capire gli acquisti intrapresi dall’Università negli anni prima della seconda guerra mondiale, a dir poco essenziale è la loro consultazione per seguire le complicate permute di proprietà avvenute nel Dopoguerra fra Arcispedale, Comune, Università e Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra, quando venne deciso di abbandonare tanto il progetto di Cittadella Universitaria, quanto il piano regolatore. In queste complesse operazioni di ridistribuzione e di riassegnazione delle varie proprietà, furono coinvolti e frazionati tutti gli ambienti del monastero di Santa Maria degli Angeli. Su questo argomento, particolarmente approfondito in questa tesi, si trova una ricca bibliografia corredata

da molto materiale iconografico. Si possono citare i saggi: DOMENICO CARDINI,GIUSEPPE TARCHIANI,

Il «quadrilatero» universitario di San Marco, in Storia dell’Ateneo fiorentino: contribruti di studio, 2

voll., Parretti grafiche, Firenze, 1986, vol. II, pp. 1097-1128; FRANCESCO GURRIERI,LUIGI ZANGHERI,

L'assetto edilizio dell'Ateneo, in L'Università degli Studi di Firenze 1924-2004, 2 voll., Leo S.

Olschki, Firenze, 2004, vol. I, pp. 37-48; OSANNA FANTOZZI MICALI,La città desiderata. Firenze

come avrebbe potuto essere: progetti dall'Ottocento alla seconda guerra mondiale, Alinea, Firenze,

1992; GIUSEPPINA CARLA ROMBY,La sede di piazza Brunelleschi, in Le sedi storiche della Facoltà di

Architettura, a cura di Daniela Lamberini, Octavo, Firenze, 1996, pp. 28-47.

20 I giornali dell’epoca, una fonte di rilievo di questa ricerca, seguiranno passo passo la costruzione

(20)

Dalla fine degli anni Cinquanta il complesso del monastero degli Angeli si è

trovato quindi a essere ufficialmente e definitivamente frazionato in tre differenti

proprietà, se si considera anche la Buca di Sant’Antonio, ognuna delle quali ha portato

avanti nel tempo, indipendentemente l’una dall’altra, trasformazioni, ristrutturazioni,

restauri e cambiamenti di destinazioni d’uso che si sono protratti fino ai giorni nostri.

È da sottolineare che un fattore che ha inciso non poco a rendere illeggibile

oggi l’unitarietà di tutto il complesso, è dato dalla pressoché totale inaccessibilità alla

maggioranza degli spazi dell’ex monastero (fig. 32). Tutti gli ingressi sul prospetto di

via degli Alfani attualmente sono sempre chiusi o aperti solo saltuariamente, a partire

dalla Rotonda, per continuare con i locali della Buca di Sant’Antonio (fig. 34), il

chiostro di ponente, il portone della chiesa (fig. 10) e l’entrata nel chiostro di levante,

un tempo l’ingresso principale al monastero. L’accesso allo scaricatoio, un cortile di

servizio utilizzato dai monaci, non esiste più, e pertanto il solo ad essere ancora

praticabile è il portone della cappella del Santissimo Sacramento, trasformata in aula

universitaria, da cui si può accedere al chiostro dei morti. Questo però è rimasto uno

spazio isolato a causa della chiusura del corridoio di collegamento con il chiostro

grande (entrambi di proprietà dell’Università), passaggio che se fosse lasciato sempre

aperto permetterebbe per lo meno di capire come i due spazi, oggi separati, facessero

parte in origine di un unico complesso. Altrettanto saltuaria è l’accessibilità alla Sala

Comparetti (fig. 33), che rappresenta l’esempio più eclatante e macroscopico

dell’avvenuto smembramento del monastero, essendo la metà di un locale (l’ex

refettorio dei monaci) che fu diviso nel 1937 con un tramezzo fra l’Università e

aderenza al loggiato est del chiostro grande del monastero degli Angeli. L’attenzione della stampa si soffermerà particolarmente sugli aspetti più eclatanti, come la riscoperta del loggiato superiore del chiostro di levante, tamponato da precedenti costruzioni ospedaliere, o come il controverso muro su via degli Alfani, ma dalla lettura delle relazioni di Fagnoni e dall’esame dei suoi disegni emerge qualcosa di molto più profondo, tanto da poter affermare che il progetto dell’architetto ha rappresentato il primo reale tentativo – rimasto prevalentemente sulla carta, perché non del tutto trasferito in fase esecutiva – di integrare gli antichi spazi cenobitici con le nuove funzioni accademiche attraverso una serie di percorsi che avrebbero collegato i chiostri di levante e quello grande con i cortili interni della Facoltà di Lettere. Il grande interesse dimostrato dalla stampa non trova però un pari riscontro nel materiale bibliografico e archivistico. Presso l’Archivio di Stato di Firenze infatti sono conservati solo gli schizzi di progetto e i disegni originali dei complementi di arredo. Non molto di più si trova nell’Archivio della Soprintendenza, mentre il progetto definitivo, con fotomontaggi delle due diverse versioni per il prospetto su via degli Alfani, immagini di plastici e le relazioni dell’architetto si possono consultare all’Archivio Storico del Comune di Firenze. Altro materiale su Fagnoni infine è all’Ufficio Tecnico dell’Università dove si trova anche molta documentazione sui restauri nel chiostro di levante dopo l’alluvione e sull’allestimento della Rotonda a laboratorio del Centro Linguistico di Ateneo.

(21)

l’Associazione Nazionale Mutilati. A peggiorare le cose si deve aggiungere il mancato

collegamento sempre del chiostro di levante con la Facoltà di Lettere attraverso

l’antico portale della ex cappella Alberti; collegamento previsto da Fagnoni in sede di

progetto come importante elemento di comunicazione fra l’ambiente monastico e i

moderni spazi universitari, che però non venne realizzato in fase esecutiva.

Tutti questi fattori, sommati alla chiusura della ex chiesa e del chiostro degli

Angeli che l’ANMIG apre al pubblico solo in eccezionali occasioni, hanno partecipato

all’attuale carenza di comprensibilità del complesso e hanno contribuito all’incredibile

circostanza che attualmente sia quasi del tutto cancellata ogni traccia del centro

culturale umanistico fiorentino di primissimo piano che fu Santa Maria degli Angeli,

uno fra i più importanti monasteri camaldolesi. Sono rimasti solo pochi e rovinati

stemmi in pietra nel chiostro grande, un emblema all’estremità est della Casa del

Mutilato e uno su via degli Alfani. A questo stato di cose ha contribuito

l’accorpamento nel 1935 della congregazione cenobitica al monastero di Camaldoli

che ha significato il definitivo allontanamento da Firenze dei pochi monaci rimasti

nella modesta chiesa, Santa Maria degli Angeli Nuova, che erano riusciti a edificare in

viale Amendola con il contributo di privati cittadini nella speranza di ricostituire una

piccola comunità camaldolese in città.

Il termine “dimenticato”, presente nel titolo di questa tesi, deve essere inteso

quindi in questa prima accezione, cioè come un complesso che è stato nel passato di

grandissima valenza ma di cui oggi si è perso, in ambito cittadino, quasi

completamente il ricordo, cancellato da un lungo percorso iniziato nel primo

Dopoguerra, a partire dalla tentata speculazione edilizia dell’Arcispedale e il suo

mancato spostamento a Careggi, seguito dalle varie e complesse permute avvenute fra

i vari protagonisti (ANMIG, Comune, Università e Santa Maria Nuova), e conclusosi –

indipendentemente dal giudizio si voglia dare alla mancata cittadella universitaria di

Brizzi o al fallito tentativo del piano regolatore – con l’attuale area rimasta in uno stato

irrisolto e una piazza Brunelleschi confusa (figg. 4, 31), in cui prevale il senso di non

finito, in attesa di una riqualificazione possibile nel caso che un unico soggetto si

facesse carico di una ricomposizione dell’antico complesso camaldolese nella sua

interezza.

(22)

È stato in questo contesto e confrontandosi con questo tipo di ostacoli –

frantumazione, inaccessibilità e scarsa leggibilità architettonica dell’ex complesso

religioso – che si è rapportata la difficile verifica in loco di quanto emerso dai

documenti d’archivio, i cui risultati sono stati riportati nella tesi con il supporto di

planimetrie esplicative, rielaborate con programmi di grafica, relativamente ad

ambienti e a epoche differenti, strumenti che si sono spesso resi necessari per rendere

maggiore la comprensibilità dei disegni fotografati, spesso di cattiva qualità di

conservazione.

L’approccio metodologico che ha privilegiato la ricerca archivistica, per lo più

inedita, è stato costantemente la base e il presupposto alla formulazione di ipotesi

ricostruttive, ha messo in luce episodi sconosciuti e verificato attribuzioni e

interpretazioni tradizionalmente consolidate che in alcune occasioni si sono rivelate

errate. In questo genere di attività, di grande aiuto sono stati archivi fino a oggi poco

consultati sul tema del monastero degli Angeli, anche di soggetti privati, come quello

dell’architetto Pasquale Poccianti o della famiglia Ramirez de Montalvo. Il loro esame

ha permesso collegamenti e riscontri che sono stati messi successivamente a confronto

con quanto oggi è rimasto del cenobio camaldolese.

Seguendo questo metodo di lavoro, la ricerca si è estesa oltre il cenobio degli

Angeli in senso stretto, investendo altre problematiche di varia natura, dal carattere

religioso, urbanistico, storico ed altro; pertanto sono stati utilizzati anche archivi di

soggetti esterni al monastero camaldolese, come quello del Demanio francese e

toscano, quello del Consorzio universitario, fonte indispensabile per lo studio delle

trasformazioni degli spazi monastici progettate nella prima metà del Novecento

nell’area, così come quello del Regio Istituto di Studi Superiori. L’Archivio

Arcivescovile è stato particolarmente utile per la fase ottocentesca precedente alla

soppressione del monastero, mentre l’Archivio della Badia dei Santi Giusto e

Clemente di Volterra, cenobio con cui Santa Maria degli Angeli era in stretto

collegamento, ha interessato il periodo della fine del Cinquecento. In generale si sono

rivelate tutte risorse ricche di spunti originali e tuttavia fino ad oggi molto poco

analizzate: per la prima volta sono stati consultati e messi a confronto per una ricerca

focalizzata su Santa Maria degli Angeli tanti archivi diversi, appartenenti a svariate

istituzioni e conservati in più sedi. Per molti fondi si sono ricostruite le serie

Riferimenti

Documenti correlati

Leonzio Bevilacqua, abate del monastero di Santa Maria di Gala, recatosi presso la Curia della città di Messina, ottiene la conces- sione che l’abate Filippo Ruffo possa tradurre,

Primary cutaneous aggressive cytotoxic epidermotropic CD8+ T-cell lymphoma is an extremely rare, rapidly progressing, cutaneous lymphoma, with frequent systemic involvement and

Come per la prima prova sperimentale, anche in questo caso fondamentale è stata la fase iniziale di preparazione del provino: i passaggi eseguiti sono stati

Salendo sulla Cupola abbiamo, alla destra, la Cupola interna e, alla sinistra, quella esterna; pos- siamo così notare la particolare disposizione dei mattoni che la compongono: essi

Setting Igiene e Sanità Pubblica Zona Firenze San Salvi 2 (medici igienisti) Setting Igiene e Sanità Pubblica Zona Nord Ovest Sesto Fiorentino 2 (medici igienisti) Setting

La ricerca si nutre del sapere e del non sapere, del capire e del non capire: anche questo credo di avere imparato da mio nonno, Giuseppe Levi. Correspondence should be

Mentre le sorelle venivano espulse dal monastero di Cuneo, un’altra comunità piemontese di clarisse – quella di Carignano – (28 sorelle presenti) viveva, sempre

Identificazione: Sovrintendenza del Castello Sforzesco - Biblioteca dei Musei d'Arte Posizione: supporto primario: verso: al centro. Descrizione: timbro a inchiostro blu con la