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Processi per la fabbricazione di cristalli fotonici bidimensionali

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Academic year: 2021

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(1)

Università degli studi di Pisa

Facoltà di Ingegneria

Corso di Laurea Specialistica in Ingegneria Elettronica

A.A. 2004/2005

Processi per la fabbricazione di cristalli

fotonici bidimensionali

Relatore:

Prof. Alessandro Diligenti _______________________________

Candidato:

(2)

INDICE I

Indice

INTRODUZIONE... 1 1 I CRISTALLI FOTONICI... 2 1.1MATERIALI E TECNOLOGIE... 3

1.2CRISTALLI FOTONICI MONODIMENSIONALI... 5

1.3CRISTALLI FOTONICI BIDIMENSIONALI... 8

1.4CRISTALLI FOTONICI TRIDIMENSIONALI... 12

1.5DIFETTI E DISPOSITIVI SU PBG ... 12 1.5.1 Difetti nei PBG 1D... 13 1.5.2 Difetti nei PBG 2D... 14 1.5.3 Difetti nei PBG 3D... 16 1.6APPLICAZIONI... 17 1.6.1 Guide d’onda su PBG ... 18

1.6.2 Guide a cavità accoppiate ... 18

1.6.3 Fibre ottiche su PBG ... 18

1.6.4 Riflettori perfetti... 19

1.6.5 LED su PBG... 20

1.6.6 LASER su PBG... 20

1.6.7 Circuiti Integrati fotonici... 21

1.6.8 Biosensori ... 22

1.6.9 Cavità risonanti ... 23

BIBLIOGRAFIA... 26

2 IL SISTEMA DI LITOGRAFIA ELETTRONICA... 29

2.1IL MICROSCOPIO A SCANSIONE ELETTRONICA... 29

2.1.1 Principio di funzionamento del SEM ... 30

2.1.2 Struttura del microscopio ... 31

2.1.3 Organizzazione del sistema e-beam... 33

(3)

INDICE

II

2.3RESIST PER LITOGRAFIA A FASCIO DI ELETTRONI... 37

2.4PROBLEMI CONNESSI ALLA LITOGRAFIA ELETTRONICA... 39

BIBLIOGRAFIA... 40

3 L’EFFETTO DI PROSSIMITA’... 41

3.1IL PRINCIPIO DI RECIPROCITÀ E IL MODELLO DI CHANG... 42

3.2FUNZIONE DI PROSSIMITÀ... 46

3.3DISTRIBUZIONE DI INTENSITÀ DI ESPOSIZIONE... 48

3.4FENOMENI FISICI ALLA BASE DELL’EFFETTO DI PROSSIMITÀ... 49

3.5EFFETTI DI INTER E INTRA PROSSIMITÀ... 51

3.5.1 L’effetto di interprossimità ... 51

3.5.2 L’effetto di intraprossimità ... 52

3.6METODI DI CORREZIONE DELL’EFFETTO DI PROSSIMITÀ... 52

3.7CORREZIONE DEL FORWARD SCATTERING... 53

3.8CORREZIONE DEL BACK SCATTERING... 54

3.9LE TECNICHE DI CORREZIONE... 55

BIBLIOGRAFIA... 57

4 ATTACCO ELETTROCHIMICO ... 58

4.1IL CONTATTO SEMICONDUTTORE-ELETTROLITA... 59

4.2LA CARATTERISTICA I-V ... 62

4.3LE REAZIONI SUPERFICIALI... 66

4.4MACROPORI RANDOM SU SUBSTRATI DI TIPO N... 67

4.5MACROPORI ORDINATI SU SUBSTRATI DI TIPO N... 73

BIBLIOGRAFIA... 78

5 REALIZZAZIONE DI PBG 2D ... 79

5.1PREPARAZIONE DEL CAMPIONE... 79

5.2OSSIDAZIONE TERMICA... 80

5.3CICLO DI PULIZIA DEL CAMPIONE... 82

5.4SPINNING DEL RESIST... 82

(4)

INDICE

III

5.5.1 Allineamento meccanico di più strutture ... 88

5.5.2 Effetto di caricamento... 90

5.5.3 Correzione della dose sui bordi del pattern ... 92

5.5.4 Strategie di correzione... 92

5.5.5 Programma in Matlab... 94

5.5.6 Risultati delle simulazioni... 95

5.5.7 Risultati sperimentali ... 97

5.6SVILUPPO... 101

5.7ATTACCO PER L'OSSIDO DI SILICIO (BHF) ... 102

5.8ATTACCHI ANISOTROPI WET (KOH)... 102

5.9SET-UP PER ANODIZZAZIONI... 104

5.10ANODIZZAZIONI E CARATTERISTICHE OTTENUTE... 107

5.11PROCESSO DI FABBRICAZIONE... 115

BIBLIOGRAFIA... 117

CONCLUSIONI ... 118

(5)

INTRODUZIONE

1

Introduzione

Questo lavoro di tesi ha lo scopo di studiare e mettere a punto i processi necessari alla fabbricazione di cristalli fotonici bidimensionali su substrati di silicio n ed orientazione +

cristallografica <100>. Questi cristalli sono di grande interesse sia per lo studio di fenomeni fisici di base quali il controllo della propagazione e dell’emissione di radiazioni elettromagnetiche in strutture di varie dimensionalità, sia per la realizzazione di dispositivi miniaturizzati quali interconnessioni ottiche integrate, transistor ottici e laser a bassa soglia. La ricerca nel campo dei cristalli fotonici affronta tematiche comuni alla fisica dei solidi e dei semiconduttori, alla fotonica e optoelettronica, all’ottica non lineare, alle micro e nano tecnologie. Richiede attività di preparazione delle strutture, di studio sperimentale delle proprietà ottiche, di design e modelling teorico. Nei gruppi di ricerca universitari essa è rivolta soprattutto allo studio della fisica di base, mentre nelle grandi strutture di ricerca e nelle industrie avanzate è orientata in gran parte allo sviluppo di nano-dispositivi fotonici per la società dell’informazione e per le telecomunicazioni. In questo lavoro di tesi sono stati realizzati cristalli fotonici bidimensionali utilizzando la tecnica dell’attacco elettrochimico. Questo attacco permette di realizzare strutture ordinate a pareti perfettamente verticali e con elevato rapporto superficie-volume su substrati <100>, cioè quelli più comuni e meno costosi nell’industria microelettronica. Nel capitolo 1 sono stati introdotti i cristalli fotonici effettuando un’analisi generale sui tipi di cristalli realizzabili, sui materiali, le tecnologie utilizzabili e le applicazioni che possono avere. Nel capitolo 2 è stato descritto il sistema di litografia impiegato per definire il pattern necessario alla realizzazione di questi cristalli, analizzando la struttura del microscopio a scansione elettronica, le possibili strategie di scrittura, il resist impiegato e i problemi che questo tipo di litografia può presentare. Nel capitolo 3 è stato approfondito il problema dell’effetto di prossimità che causa una definizione non corretta sui bordi del pattern. Nel capitolo 4 è stato analizzato il silicio macroporoso e le sue caratteristiche, con particolare riguardo ai macropori, sia random che ordinati, su substrati di tipo n. Nel capitolo 5 è stato descritto passo dopo passo il processo impiegato per la realizzazione di cristalli fotonici bidimensionali. Inoltre, si è cercato di risolvere diverse problematiche che si sono presentate durante l’esposizione: l’allineamento meccanico di più strutture, l’effetto di polarizzazione e l’effetto di prossimità. In fine, è stato descritto il set up sperimentale impiegato nelle anodizzazioni e i risultati ottenuti.

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Capitolo 1 I CRISTALLI FOTONICI

2

Capitolo 1

I CRISTALLI FOTONICI

Una nuova classe di materiali, i cristalli fotonici (Photonic Crystals, PhC), ha recentemente fatto la sua comparsa nello scenario della fotonica avanzata e può rappresentare un importante traguardo verso la realizzazione di circuiti integrati completamente ottici, nonché di una generazione di dispositivi ottici completamente nuova [1,2,3]. L’interesse nei confronti di questi cristalli è cresciuto notevolmente nel tempo come si può vedere dal crescente numero di pubblicazioni che si sono registrate nel corso degli anni (figura 1.1). I cristalli fotonici sono strutture periodiche realizzate

Figura 1.1 - Numero di pubblicazioni sui cristalli fotonici negli ultimi anni.

artificialmente e caratterizzate dall’alternanza di regioni a diversa costante dielettrica (ε ), che permettono di riflettere completamente onde elettromagnetiche per più o meno ampi intervalli di frequenza. A seconda del numero di dimensioni in cui ε è periodica si parla di cristalli fotonici monodimensionali, bidimensionali e tridimensionali (figura 1.2). L'idea che sta alla base dei cristalli fotonici ha avuto origine dai lavori di Yablanovitch [4] e John [5] e si traduce nella possibilità di realizzare materiali con caratteristiche tali da influire sulle proprietà dei fotoni analogamente a quanto i cristalli semiconduttori influiscono sulle proprietà degli elettroni. Sia Yablonovitch che John hanno mostrato che strutture materiali in cui è presente una variazione periodica della costante dielettrica possono modificare drasticamente la natura dei modi fotonici al loro interno. In un cristallo semiconduttore il reticolo cristallino periodico genera un

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Capitolo 1 I CRISTALLI FOTONICI

3

Figura 1.2 – Illustrazione schematica dei cristalli fotonici unidimensionali, bidimensionali e

tridimensionali; la variabile a rappresenta la costante reticolare.

potenziale con un band gap energetico per gli elettroni, ossia un intervallo di energie precluso agli elettroni; nel caso di un cristallo fotonico queste condizioni vengono riprodotte per i fotoni attraverso una variazione periodica della costante dielettrica (e quindi dell’indice di rifrazione n= ε ) realizzata in modo da simulare il reticolo di un cristallo ordinario. Se le costanti dielettriche sono sufficientemente diverse, lo scattering alla Bragg dalle interfacce dei materiali può riprodurre per i fotoni molti dei fenomeni dovuti ai potenziali atomici di cui risentono gli elettroni, tra cui la formazione di una regione di frequenze in cui la propagazione della radiazione elettromagnetica è impedita, ossia la formazione di un band gap fotonico (Photoni Band Gap, PBG). I cristalli fotonici, grazie alla presenza di un band gap fotonico, forniscono un meccanismo completamente nuovo per il controllo della radiazione elettromagnetica. Introducendo opportuni difetti nella struttura di un cristallo fotonico, cioè perturbandone la periodicità, si possono creare facilmente stati fotonici localizzati nel gap, mediante cui realizzare dispositivi ottici di nuova concezione [6,7].

1.1 Materiali e tecnologie

Al contrario dei cristalli presenti in natura, le strutture dielettriche periodiche devono essere costruite artificialmente. La costante reticolare di un cristallo fotonico deve essere confrontabile con la lunghezza d’onda della radiazione elettromagnetica incidente e la crescita di strutture periodiche di questo tipo comporta un rilevante sforzo tecnologico. Ad oggi, si sono realizzati cristalli fotonici con strutture ad opale, semiconduttori III-V [8,9] e con silicio macroporoso1 [10,11,12]. Questo ultimo approccio è particolarmente

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Capitolo 1 I CRISTALLI FOTONICI

4 interessante perché la realizzazione di cristalli fotonici interamente in silicio offre, in linea di principio, la possibilità di una integrazione optoelettronica VLSI a basso costo di dispositivi ottici integrati. Il silicio macroporoso si ottiene mediante dissoluzione anodica parziale del silicio eseguita in un regime di equilibrio fra la diffusione ionica nell’elettrolita e l’approvvigionamento di carica dall’elettrodo di silicio verso il fondo dei pori in formazione [13,14,15]. Per ottenere una struttura periodica regolare di macropori, e quindi un cristallo fotonico di silicio, è necessario definire con tecniche usuali di microlitografia un pattern ordinato di nuclei di invito sui campioni di silicio su cui si vogliono realizzare i macropori. Le lunghezze d’onda proibite sono orientativamente dell’ordine di grandezza della larghezza dell’etching nella regione perturbata. Per fabbricare dispositivi funzionanti a frequenze ottiche si è dovuto attendere lo sviluppo delle tecnologie microelettroniche, in modo particolare: della

Electron Beam Litography che permette la fabbricazione di cristalli funzionanti nel

vicino infrarosso [10,11,12,16], delle tecniche di etching chimicamente assistito per produrre perturbazioni con peridocità 2D e dell’ossidazione selettiva verticale per produrre strati alternati, profondi, di materiale ad alto e basso indice con periodicità 3D. La sequenza dei processi di fabbricazione dei cristalli fotonici è del tutto analoga a quella seguita per i dispositivi elettronici, come si può osservare nella figura 1.3 [34].

Figura 13 - Sequenza di processi di fabbricazione di un cristallo fotonico.

Chemistry) che li distingue nel modo seguente: micropori: d<5nm, mesopori: d=5÷50nm e macropori: d>50nm.

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Capitolo 1 I CRISTALLI FOTONICI

5 I processi tecnologici cruciali per la fabbricazione sono quindi: la litografia (e-beam o

deep x-ray) per la risoluzione [35], l’etching (RIE, CAIBE) per la direzionalità e

l’epitassia (MBE, MOMBE) e le tecniche di deposizione (CVD) per la qualità delle interfacce e degli strati accresciuti (i difetti rappresentano centri di scattering). Studi recenti [17] hanno mostrato come i cristalli fotonici, mediante opportune infiltrazioni di cristalli liquidi, possano modulare il gap fotonico del cristallo in un range molto ampio. Un ulteriore sviluppo consiste nello studio delle proprietà ottiche dei cristalli fotonici in cui sono stati infiltrati mezzi otticamente attivi, ossia sistemi in grado di emettere e/o amplificare la luce. Alcuni studi hanno dimostrato infatti che l'emissione luminosa di un mezzo attivo è maggiore se questo è posto in una microcavità a cristalli fotonici [18]. Diversi tipi di cristalli fotonici sono stati recentemente realizzati utilizzando i principali semiconduttori come il silicio (Si), l’arseniuro di gallio (GaAs) e il fosfuro di indio (InP), sui quali si basa la moderna micro e opto-elettronica.

1.2 Cristalli fotonici monodimensionali

Il più semplice cristallo fotonico, riportato in figura 1.4, può essere rappresentato da una pila periodica costituita da sottili pellicole dielettriche con due indici di rifrazione differenti, n1 e n2 (n1,2 = ε1,2 ). I parametri geometrici che determinano la lunghezza d'onda del bad gap fotonico sono la costante reticolare, a=d1(n1)+d2(n2), ed il

Figura 1.4– Cristallo fotonico monodimensionale. Il termine monodimensionale si riferisce al fatto che la

periodicità è solo in una direzione. Il cristallo è costituito da due layer di materiali con costante dielettrica differente, i layer che presentano la stessa costante dielettrica sono posti ad una distanza pari ad a.

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Capitolo 1 I CRISTALLI FOTONICI

6 rapporto d /1,2 a, dove d è lo spessore dello strato con indice di rifrazione 1,2 n . Per 1,2

una pila a λ/4, la lunghezza d'onda appartenente al band gap del cristallo 1D è

2 2 1 1 2 2n d + n d =

λ . Questo cristallo è usato comunemente in specchi dielettrici e filtri ottici [32]. Cerchiamo di capire meglio il sistema, devono essere considerate, durante la propagazione di un’onda piana attraverso il materiale, le riflessioni multiple che avvengono ad ogni interfaccia. Un’onda che incide su una struttura non omogenea viene in parte riflessa, in parte trasmessa ed in parte diffratta. In generale viene divisa in un’onda che viaggia nella direzione positiva di propagazione ed in una che viaggia nella direzione negativa. A sua volta l’onda trasmessa viene riflessa, etc. Poiché si tratta di strutture periodiche, in particolari condizioni, le onde che si generano possono interferire costruttivamente oppure distruttivamente. Questo ultimo evento determina la formazione del band gap. Un PBG presenta un band gap completo ad una determinata frequenza se impedisce la propagazione di un’onda caratterizzata dalla medesima frequenza, avente polarizzazione qualunque ed angolo di incidenza qualunque. In figura 1.5 e 1.6 viene mostrato come un’onda stazionaria, avente lunghezza d’onda nel vuoto pari al doppio del periodo del PBG 1D in cui si propaga, a causa della simmetria del cristallo, possa

Figura 1.5 - Illustrazione schematica dei modi in un PBG. (a) Campo elettrico nella banda superiore; (b)

campo elettrico nella banda inferiore; (c) energia nella banda superiore; (d) energia nella banda inferiore. Nel disegno le regioni blu sono le regioni a più alto indice.

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Capitolo 1 I CRISTALLI FOTONICI

7 rifrazione ed i nodi nel mezzo a basso indice, oppure viceversa [20]. Tra queste due configurazioni che, fissata la lunghezza d’onda λ e quindi il numero d’onda k, corrispondono a due valori distinti di ω(k)=ck/n (dove c è la velocità della luce nel vuoto ed n l’indice di rifrazione) non vi sono altre frequenze intermedie possibili che

Figura 1.6 - Struttura a bande di un PBG con costante reticolare a e piani con diverso spessore. Lo

spessore dei piani ad alto indice è 0.2a quello dei piani a basso indice è 0.8a.

non violino la simmetria del cristallo. Pertanto, si dice che tra le due ω permesse esiste un band gap per i fotoni. Per analogia con l’intervallo di banda proibita che presentano i semiconduttori per gli elettroni, un modo per caratterizzare il band gap fotonico, e, quindi i PhC, è quello di tracciare i diagrammi a bande fotoniche. La banda corrispondente ai valori di ω per i quali l’onda è maggiormente concentrata nel mezzo ad alto indice di rifrazione è denominata banda dielettrica, mentre l’altra è denominata

banda d’aria. La ω nella banda dielettrica è minore della ω nella banda d’aria, da cui le

onde aventi costante di propagazione nell’una o nell’altra banda prendono il nome di onde lente ed onde veloci, rispettivamente. Per caratterizzare i PBG, oltre ai diagrammi a bande fotoniche, si utilizzano i diagrammi della riflettività e trasmittività al variare della frequenza (figura 1.7). Si può notare come all’aumentare del numero di strati il band gap (zone di oscuramento della trasmittività) diventa più netto e più stretto [21]. Inoltre, fissato il periodo della struttura e aumentando la frazione di materiale a basso indice di rifrazione, aumenta il band gap.

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Capitolo 1 I CRISTALLI FOTONICI

8

Figura 1.7 - Diagrammi di riflettività e trasmittività di un cristallo fotonico monodimensionale.

1.3 Cristalli fotonici bidimensionali

Nei PBG 2D (figura 1.8) il cristallo risulta periodico in due direzioni ed omogeneo nella terza. Il band gap fotonico deve essere 2D, cioè per un’onda incidente in qualunque direzione nel piano della periodicità x-y. I modi possono essere classificati secondo due polarizzazioni distinte: (Ex,Ey,Hz) o (Ez,Hx,Hy). Quando il campo elettrico è

Figura 1.8 - Cristallo fotonico bidimensionale. Questa struttura è costituita da un reticolo quadrato di

colonne dielettriche, con raggio r e indice di rifrazione n. Il materiale è omogeneo in direzione z e periodico lungo x e y con costante reticolare a. L’inserto a sinistra mostra il reticolo quadrato, con la cella elementare evidenziata in rosso.

confinato nel piano x-y, i modi sono chiamati Traverso Elettrici (TE); quando invece è il campo magnetico confinato nel piano x-y sono chiamati Traverso Magnetici (TM). La

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Capitolo 1 I CRISTALLI FOTONICI

9 struttura a bande per queste polarizzazioni sono differenti, così come la larghezza del band gap e lo spettro. Questo è dovuto alle differenti distribuzioni del campo. Tipicamente il campo elettrico nei modi TM è situato nelle vene delle strutture mentre nel caso dei modi TE si concentra nei punti di collegamento delle vene (figura 1.9) [33]. I parametri di progetto sono: la costante reticolare, il “filling ratio” (rapporto di riempimento), il raggio delle colonne, la geometria della cella elementare e il rapporto tra gli indici di rifrazione. Nel caso in cui si consideri un array quadrato di colonne

Figura 1.9 – Punti e vene di un reticolo triangolare.

dielettriche si ottiene un band gap completo per i modi TM ma non per i TE (figura 1.10), come si vede anche dal diagramma della trasmittività (figura 1.11). Nel caso in cui si consideri una struttura di cilindri ad alto n a cella con simmetria quadrata si ottiene un band gap maggiore per i modi TM, mentre se si considera una struttura di barre ad alto n

Figura 1.10 - Struttura a bande per un array quadrato di colonne dielettriche con raggio r=0,2a. In blu è

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Capitolo 1 I CRISTALLI FOTONICI

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Figura 1.11 – Diagrammi di riflettività e trasmittività di un cristallo fotonico bidimensionale al variare del

numero di piani di materiale dielettrico.

a cella con simmetria quadrata si ottiene un band gap maggiore per i modi TE [19]. Il

filling factor f dà una misura dell’energia elettromagnetica localizzata nelle regioni

dielettriche ad alto indice rispetto all’energia distribuita in tutto il volume. Nel primo caso, essendo grande nella banda dielettrica e piccolo nella banda d’aria, risulta maggiore per i modi TM; mentre nel secondo, essendo grande nella banda dielettrica e piccolo nella banda d’aria, risulta maggiore per i modi TE [22]. La figura 1.12 mostra la

Figura 1.12 - Struttura a bande di un PBG con reticolo a simmetria quadrata. In blu è rappresentato il gap

per i modi TM in rosso per i modi TE.

struttura a bande per un PBG 2D con reticolo a simmetria quadrata con griglia ad alto indice. La struttura, costituita da cilindri a basso indice in un mezzo ad alto indice, presenta fisicamente caratteristiche intermedie rispetto alle precedenti, per cui, se

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Capitolo 1 I CRISTALLI FOTONICI

11 adeguatamente dimensionata, offre un band gap completo sia per i modi TE che per i TM (figura 1.13). In generale, in una struttura periodica le regioni non connesse di materiale ad alto indice di rifrazione favoriscono la determinazione del band gap per la

Figura 1.13 - Struttura a bande di un PBG con reticolo a simmetria triangolare. In blu è rappresentato il

gap per i modi TM in rosso per i modi TE.

polarizzazione TM, mentre quelle connesse favoriscono la formazione del band gap per la polarizzazione TE. Se sono presenti entrambe le caratteristiche si produrrà un band gap completo per entrambe le polarizzazioni, questo accade per esempio nel caso in cui si consideri una cella esagonale di colonne d’aria. Per forti contrasti di indice di rifrazione anche una cella quadrata di colonne d’aria presenta un band gap completo. In figura 1.14 è stato riportato il gap map, cioè una rappresentazione grafica che tiene conto

Figura 1.14 - Posizione del band gap per la polarizzazione lungo H (curva punteggiata) ed E (curva

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Capitolo 1 I CRISTALLI FOTONICI

12 del rapporto tra il gap di frequenza e il rapporto di riempimento, di un cristallo fotonico bidimensionale con struttura triangolare.

1.4 Cristalli fotonici tridimensionali

Un cristallo 3D determina un band gap completo se un’onda incidente, qualunque sia la sua direzione di provenienza, viene riflessa. Il numero di possibili geometrie è infinito, tuttavia solo alcune di esse presentano un band gap completo. Ad ogni geometria sono associate, ovviamente, caratteristiche di band gap differenti. Una tipica struttura tridimensionale è l’opale (figura 1.15) [23]. L’opale è una struttura naturale, che può essere sintetizzata anche in laboratorio partendo dai suoi costituenti che sono sfere di

2

SiO , realizzata considerando sfere di materiale ad alto indice immerse in un mezzo a basso indice o viceversa (opale invertito). Le sfere possono essere disposte in modo da

Figura 1.15 - Esempi di cristalli fotonici tridimensionali del tipo opale invertito e opale.

riprodurre una struttura cristallina generica. Il primo cristallo fotonico tridimensionale fu realizzato nel 1991 dal laboratorio del MIT di Boston, con una struttura battezzata

yablonovite (dal nome del suo artefice, Yablonovitch) che funzionava nella gamma delle

micro-onde. Dopo questa prima prova sperimentale, gruppi di ricerca di tutto il mondo hanno cominciato a dedicarsi con entusiasmo alla simulazione e alla realizzazione di strutture che potessero operare non solo nella gamma delle micro-onde ma anche a frequenze molto più elevate. In particolare l’interesse si è accentrato sullo studio di cristalli fotonici operanti a frequenze per le quali le fibre ottiche convenzionali offrono la massima trasmissione: la gamma del vicino infrarosso (λ≅1,55µm).

1.5 Difetti e dispositivi su PBG

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Capitolo 1 I CRISTALLI FOTONICI

13 quindi perturbandone la periodicità, si possono creare facilmente stati fotonici localizzati nel gap mediante cui realizzare dispositivi ottici di nuova concezione. Tali perturbazioni sono meglio note come difetti. Anche in questo caso è possibile sottolineare l’analogia esistente tra un cristallo fotonico e un cristallo ordinario, tanto che un cristallo fotonico in cui siano presenti difetti è spesso definito come drogato. E’ noto, infatti, che drogando un semiconduttore con atomi di tipo donore o accettore si introducono stati permessi, per gli elettroni, all’interno dell’intervallo di banda proibita in prossimità, rispettivamente, della banda di conduzione o di valenza. Il drogaggio di un semiconduttore comporta, quindi, la perturbazione della periodicità del reticolo cristallino, se inoltre consideriamo l’equivalenza esistente tra la banda di conduzione (banda di valenza) con la banda d’aria (banda dielettrica) di un cristallo fotonico, è possibile estendere l’analogia tra cristallo fotonico e semiconduttore e parlare di cristallo

fotonico drogato. Nei prossimi paragrafi verranno esaminati le strutture dei difetti e le

conseguenze dovute alla loro presenza nei casi di cristalli fotonici 1D, 2D e 3D.

1.5.1 Difetti nei PBG 1D

Nei cristalli fotonici monodimensionali il difetto è formato da un piano del PBG con spessore diverso dagli altri (Figura 1.16). Il difetto, se opportunamente dimensionato, determina uno stato permesso all’interno del band gap e quindi la localizzazione della radiazione elettromagnetica; si osserva, infatti, la localizzazione di un modo con frequenza ω interna all’intervallo di banda oscurata. Il modo oscillerà, in avanti e indietro, all’interno della regione difettiva, mentre decadrà esponenzialmente nelle due regioni periodiche (che, pertanto, si comportano come specchi); infatti, essendo ω

Figura 1.16 - Difetto in un PBG 1D costituito da un’alternanza di piani ad alto e basso indice. Il difetto si

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Capitolo 1 I CRISTALLI FOTONICI

14 interna al band gap, il relativo campo non può propagarsi nel PBG e sarà, quindi, un modo leaky. Affinché si possa avere uno stato localizzato all’interno del bad gap, il difetto deve avere pertanto un’estensione tale da produrre uno sfasamento del campo, per una oscillazione completa (in avanti e indietro), multiplo dispari di π (difetto a λ /2) [24]. Ne segue che il numero di stati permessi è quantizzato e le corrispondenti frequenze di risonanza decrescono all’aumentare dell’estensione del difetto. Si realizzano in questo modo cavità risonanti alle frequenze ottiche con un fattore di qualità

Q più elevato rispetto alle cavità con pareti metalliche, che in tale intervallo hanno

notevoli perdite per assorbimento del materiale [25]. La presenza di uno stato localizzato all’interno del band gap modifica anche la curva di trasmittività del cristallo (figura 1.17). Strutture realizzate su PBG 1D con difetto possono essere vantaggiosamente utilizzate per realizzare filtri passa banda noti come filtri dielettrici Fabry-Perot.

Figura 1.17 - Trasmittività di un PBG 1D con un difetto a λ /4. È evidente la presenza di un picco di

trasmittività in corrispondenza della lunghezza d’onda di risonanza.

1.5.2 Difetti nei PBG 2D

Nei cristalli 2D è possibile ottenere un singolo difetto eliminando una colonna dal reticolo (figura 1.18a) oppure sostituendo una colonna con un’altra di materiale a diverso indice di rifrazione (figura 1.18b). La presenza di un difetto si manifesta come un picco di trasmittività all’interno della banda oscurata e produce una concentrazione di campo nella regione difettiva (cavità risonante) [26]. La figura 1.19 mostra l’ampiezza del campo D nella regione difettiva ottenuta rimovendo una colonna di dielettrico. Si può osservare da tale figura che il campo è localizzato nel difetto decadendo esponenzialmente al di fuori di esso. Si crea così una cavità bidimensionale (nel piano x-y del cristallo) circondata da pareti riflettenti adatta a supportare uno stato permesso

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Capitolo 1 I CRISTALLI FOTONICI

15

Figura 1.18 - Cristallo fotonico 2D con difetto ottenuto a) mediante la rimozione di una colonna di

dielettrico, b) sostituendo una colonna di aria con una colonna di materiale ad alto indice di rifrazione.

Figura 1.19 - Ampiezza del campo D di uno stato localizzato intorno ad un difetto in un reticolo a

simmetria quadrata di colonne di alluminio. I colori indicano l’ampiezza del campo, che è orientato in direzione z.

all’interno del band gap. In un PBG 2D si possono realizzare difetti di linea rimuovendo un insieme di colonne di materiale dielettrico. Fabbricando un intero percorso difettivo si determina una guida d’onda, ovvero un percorso permesso per la luce, che risulta molto ben confinata nella regione difettiva, essendone proibita la propagazione nel cristallo circostante, e che presenta delle perdite molto ridotte. In figura 1.20 sono riportati alcuni esempi di dispositivi su PBG fabbricati secondo questo nuovo principio [27,28]. La capacità di confinare la radiazione elettromagnetica con perdite trascurabili in una guida su PBG può essere vantaggiosamente sfruttata per realizzare guide con forti curvature aventi perdite molto basse, a beneficio di un maggiore livello di integrazione ottenibile. Un esempio di guida d’onda curva su PBG è riportato in figura 1.21.

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Capitolo 1 I CRISTALLI FOTONICI

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Figura 1.20 - Strutture differenti realizzate con difetti di linea. a) Guida d’onda rettilinea e curva; b)

Y-branch; c) Microrisonatore. Le stutture sono realizzate con silicio macroporoso.

Figura 1.21 - Fotografia al SEM di una guida d’onda curva su PBG (a sinistra) e distribuzione di campo

all’interno della stessa (a destra). E’ evidente il buon confinamento del campo ed in particolare le perdite trascurabili in corrispondenza della curvatura.

1.5.3 Difetti nei PBG 3D

Nel reticolo di un cristallo 3D è possibile introdurre delle irregolarità aggiungendo un materiale con diversa costante dielettrica nella cella unitaria (dielectrict defect), oppure rimuovendo parte del materiale dielettrico dalla stessa (air defect). Nel primo caso il difetto si comporta analogamente ad un atomo donore in un cristallo ordinario e quindi si ottiene uno stato permesso (modo donatore) all’interno del gap in prossimità del bordo inferiore della banda d’aria (figura 1.22). Nel secondo caso il difetto si comporta similmente ad un atomo accettore. Il modo accettore associato si localizza in prossimità del bordo superiore della banda dielettrica. I difetti di questo tipo sono particolarmente adatti a realizzare microcavità risonanti con elevato Q. In un cristallo 3D è possibile localizzare la radiazione elettromagnetica in una singola regione introducendo un difetto puntuale. Questo si comporta come una cavità risonante con pareti perfettamente riflettenti all’interno della quale è confinato il campo elettromagnetico. Esternamente al

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Capitolo 1 I CRISTALLI FOTONICI

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Figura 1.22 - Frequenze dei modi donore e accettore in funzione del volume normalizzato del difetto. I

punti indicano risultati sperimentali le curve sono calcolate. La banda di valenza coincide con la banda dielettrica, la banda di conduzione con la banda d’aria.

difetto il campo decadrà esponenzialmente lungo le tre dimensioni del cristallo. Oltre a difetti di tipo puntuale si possono realizzare anche difetti di tipo lineare. Si tratta di una intera regione difettiva che si estende nel cristallo rispettando o meno la simmetria traslazionale dello stesso [29]. Si ottiene in questo modo un comportamento molto simile ad una guida metallica, quindi, con un’elevata capacità di confinare la radiazione elettromagnetica ma, al contrario, con perdite trascurabili anche alle frequenze ottiche.

1.6 Applicazioni

Il primo PBG fu fabbricato nel 1989 da Yablonovitch presso il Bell Communications Research nel New Jersey, presentava un band gap solo alle microonde a causa di limitazioni tecnologiche (per spostarsi a lunghezze d’onda più piccole occorre ridurre le dimensioni) ed era del tipo 2D ottenuto perforando un blocco di silicio secondo una geometria reticolare FCC perché gli studi teorici suggerivano che fosse questa la più semplice struttura che presentasse un band gap completo (in tutte le direzioni e per tutte le condizioni di polarizzazione). Attualmente, a frequenze ottiche, studi intensivi vengono condotti sulle strutture 2D, importanti per realizzare guide d’onda e circuiti ottici integrati monolitici. Tuttavia, queste strutture vanno progettate con molta cura se si vuole ottenere un band gap completo. Nei prossimi paragrafi sono riportate alcune possibili applicazioni dei cristalli fotonici.

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Capitolo 1 I CRISTALLI FOTONICI

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1.6.1 Guide d’onda su PBG

Queste guide presentano bassa dispersione e basse perdite anche su lunghe distanze e con geometrie non rettilinee. Il percorso guidante è ottenuto creando una regione difettiva. I meccanismi di perdita nelle guide su PBG sono sostanzialmente 3:

1) Scattering dovuto ad imperfezioni: le guide su PBG non dovrebbero soffrire di alcuna perdita nel piano perché le regioni periodiche entro cui è creata la regione guidante non permettono che si propaghi alcun modo alla frequenza di interesse. Quindi anche i modi eccitabili da imperfezioni non volute dovrebbero avere un’influenza trascurabile rispetto a quella che hanno nelle guide ridge tradizionali.

2) Out-of-plane losses: il meccanismo di perdita dominante è costituito dalle perdite fuori dal piano della guida.

3) Accoppiamento tra modi TE e TM: può avvenire se il PBG presenta un band gap per i modi TE ma non per i TM alla frequenza di interesse. Questo meccanismo di perdita, tuttavia, è generalmente poco significativo e dipende dalla asimmetria verticale della guida.

1.6.2 Guide a cavità accoppiate

Utilizzando i cristalli fotonici è possibile realizzare un nuovo meccanismo di confinamento e guida della radiazione elettromagnetica che si basa sull’accoppiamento tra cavità risonanti create tramite difetti in cristalli fotonici (CCW: Coupled Cavity

Waveguides, oppure, CROW: Couplet Resonator Optical Waveguide). L’importanza di

queste guide risiede nel più elevato numero di parametri di progetto a disposizione per modulare a proprio piacimento le caratteristiche guidanti e la velocità di gruppo al variare della lunghezza d’onda. I primi risultati sperimentali indicano ottime caratteristiche di propagazione con perdite molto basse anche in presenza di forti curvature. Per questo sono guide in diretta competizione con quelle standard.

1.6.3 Fibre ottiche su PBG

Le fibre ottiche tradizionali possono essere monomodali soltanto in un ristretto intervallo spettrale. Per frequenze più elevate la trasmissione diviene multimodale e per frequenze più basse aumentano le perdite di radiazione. Le fibre ottiche su PBG (figura 1.23)

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Capitolo 1 I CRISTALLI FOTONICI

19 permettono, rispetto alle fibre ottiche tradizionali, di espandere notevolmente l’intervallo spettrale di monomodalità poiché l’indice effettivo del cladding varia con la frequenza non solo a causa della dispersione del materiale ma anche a causa della polarizzazione del campo (essendo un PBG 2D) [30]. Le fibre su PBG possono essere del tipo con core a basso o alto indice, rispetto al cladding. Le prime si comportano praticamente come le fibre standard, mentre le altre sono le più interessanti per le proprietà di monomodalità. Il meccanismo guidante è fornito dall’interferenza costruttiva alla Bragg, infatti il

cladding è costituito da una struttura periodica e solo i modi che soddisfano la

condizione di Bragg possono propagarsi. Dimensionando opportunamente la struttura

Figura 1.23 - Tipi di fibre ottiche. a) Fibra convenzionale con ncladding <ncore, b) Fibra a basso indice

con cladding unetched, c) Fibra etchata, d) Fibra a basso indice etchata. Le zone scure corrispondono al materiale ad alto indice di rifrazione.

periodica che agisce da cladding si ottiene un band gap in corrispondenza di un solo angolo di propagazione e questo significa che in corrispondenza di questo angolo si ha retropropagazione nel cladding del fascio incidente che, così, rimane confinato nel core.

1.6.4 Riflettori perfetti

Specchi omnidirezionali possono avere diverse applicazioni come le pareti delle cavità laser. Gli specchi metallici vengono frequentemente usati alle frequenze ottiche ma hanno lo svantaggio di comportare notevoli perdite per dissipazione (assorbimento del materiale). Questo problema può essere superato attraverso l’impiego di cristalli fotonici. Infatti, un cristallo 3D adeguato si comporta come un perfetto riflettore omnidirezionale con bassissime perdite (teoricamente nulle). Poiché non è facile

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Capitolo 1 I CRISTALLI FOTONICI

20 realizzare strutture 3D si studiano le proprietà di riflessione omnidirezionale in cristalli 1D e 2D. Proprietà di riflessione omnidirezionale alle lunghezze d’onda nel visibile, sono state ottenute usando un reticolo di 19 strati di NaAlF e ZnSe.

1.6.5 LED su PBG

L’efficienza interna di un led standard è già piuttosto elevata (99.7%) ma la luce non può essere emessa fuori dal dispositivo in modo molto efficiente perché meccanismi di riflessione totale interna (TIR) intrappolano parte della luce generata, all’interno del dispositivo. Per questo l’efficienza esterna nei casi migliori non supera il 4%. Se, invece, si usa un cristallo fotonico come materiale attivo, si può proibire l’emissione spontanea di quei modi che subirebbero TIR e far emettere solo quei modi che possono essere trasmessi dal dispositivo. Tutta l’energia luminosa emessa viene così convogliata nei modi trasmessi con un notevole aumento della efficienza quantica esterna.

1.6.6 LASER su PBG

Con l’impiego dei PBG si possono realizzare laser con una soglia molto bassa. La riduzione della corrente di soglia permette ai laser di operare in modo molto più efficiente e con forte riduzione della potenza termica da dissipare. Questo permette anche di aumentare la densità d’integrazione perché è possibile posizionare un maggior numero di sorgenti e componenti passivi in uno spazio minore, essendo ridotta la potenza termica generata. I PBG permettono anche di sopprimere l’emissione spontanea, cioè dell’emissione di quei fotoni che dovrebbero propagarsi con costante di propagazione all’interno del band gap. Affinché avvenga l’emissione laser è necessario introdurre un difetto nel materiale che determini uno stato permesso nel band gap, cioè una frequenza ed una direzione precisa secondo cui l’onda può propagarsi. Con la creazione di un solo stato permesso all’interno del band gap si ottiene una maggiore purezza spettrale (figura 1.24) ed una riduzione delle perdite in seguito alla soppressione dell’emissione spontanea non desiderata [31]. Un laser di questi tipo può essere realizzato con PBG 3D: in genere sfere di SiO2 in cui gli interspazi sono riempiti da un mezzo attivo in grado di supportare l’emissione LASER. Alcuni esempi di laser su cristalli fotonici sono riportati in figura 1.25.

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Capitolo 1 I CRISTALLI FOTONICI

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Figura 1.24 - Spettro di emissione per un diodo LASER e un diodo LED.

Figura 1.25- Esempi di laser su PBG.

1.6.7 Circuiti Integrati fotonici

La maggiore spinta verso l’integrazione ottica monolitica viene dai requisiti di velocità e larghezza di banda dei moderni sistemi di trasmissione dati. Fin ora i limiti maggiori per un aumento della densità di integrazione erano dati sia dalle grandi dimensioni dei singoli componenti che dalle alte perdite nelle guide curve. Con l’impiego dei cristalli fotonici questi limiti possono essere superati. Infatti, utilizzando guide curve con basse perdite e riducendo la potenza termica dissipata dalle sorgenti led e laser, è possibile ottenere una maggiore densità di integrazione che permette di ubicare i dispositivi più vicini tra loro sullo steso chip. L’isolamento tra i dispositivi è garantito anche perché viene drasticamente ridotto l’accoppiamento fra i vari componenti che, quindi, possono essere fabbricati entro spazi più stretti. In figura 1.26 è riportato un esempio di un tipico circuiti ottico integrato realizzato interamente su PBG.

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Capitolo 1 I CRISTALLI FOTONICI

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Figura 1.26 - Esempio di un circuito fotonico integrato.

1.6.8 Biosensori

Vengono realizzati sfruttando le proprietà di elettroluminescenza e fotoluminescenza del silicio poroso, e un cristallo fotonico 3D composto da nanocristalli di silicio. Inserendo uno strato di silicio poroso fra due riflettori alla Bragg si ottiene un led racchiuso in una microcavità risonante Fabry-Perot che emette ad una lunghezza d’onda di circa 750nm con una larghezza di linea molto esigua (circa 10nm). In genere anche i riflettori sono realizzati con strati alternati di silicio poroso aventi differente percentuale di porosità e, quindi, differente indice di rifrazione (n=1,06÷2,69). In presenza di agenti chimico-fisici (DNA, virus, umidità, etc.) assorbiti dallo strato attivo, il picco di emissione si sposta (figura 1.27).

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Capitolo 1 I CRISTALLI FOTONICI

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1.6.9 Cavità risonanti

Le tradizionali cavità risonanti alle microonde sono costituite da scatole a pareti conduttrici che, funzionando da schermi perfetti, confinano al loro interno l’energia elettromagnetica. I risonatori ottici differiscono da quelli tipici per le microonde sostanzialmente per le dimensioni della lunghezza d’onda, molto più piccola delle frequenze ottiche. Sebbene esistano importanti differenze tra i risonatori ottici e alle microonde, alcuni parametri come il fattore di qualità Q conservano la loro pratica utilità anche per quelli ottici.

L W U Q ⋅ ⋅ =ω0 (1.1)

dove ω0 indica la frequenza di risonanza, U l’energia elettromagnetica accumulata nella cavità e WL la potenza dissipata. La definizione di Q permette di valutare anche l’ampiezza di banda delle cavità. Se ∆ω è la distanza tra due punti della curva di risposta in frequenza tali che l’ampiezza della risposta sia 1/ 2 del suo valore massimo, si ha che ∆ω/ω0 ≅1/Q. Una cavità risonante può essere ottenuta introducendo un difetto in un cristallo fotonico. Questo può avere differenti forme, dimensioni o indice di rifrazione. La variazione di uno di questi parametri può modificare il numero dei modi o la frequenza del modo o dei modi localizzati all’interno della cavità. Le possibili applicazioni per le cavità risonanti ottiche su PBG sono soprattutto nella realizzazione di laser single-mode, e in strutture come i sistemi WDM (Wavelength Division Multiplexing) in cui si sfrutta la possibilità di ottenere bande passanti molto strette all’interno del band gap in corrispondenza delle frequenze di risonanza. Le cavità laser sono realizzate utilizzando dei microspecchi, ossia microstrutture periodiche che possono essere considerate l’evoluzione dei reticoli alla Bragg comunemente usati nei laser DFB (Distributed Feed-Back) e nei laser DBR (Distributed Bragg Riflector). Le cavità possono essere realizzate su strutture a cristalli fotonici sia monodimensionali che bidimensionali. Un esempio di cavità ottica monodimensionale non assorbente su PBG è costituito da uno spacer in AlxOy posto fra

due DBR in AlxOy/AlGaAs. Lo strato di ossido minimizza le possibili perdite per assorbimento nella cavità. Le misure effettuate su un risonatore verticale in cui è stato inserito uno spacer di ossido dello spessore di mezza lunghezza d’onda, hanno

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Capitolo 1 I CRISTALLI FOTONICI

24 dimostrato che la maggior parte dell’energia del modo di risonanza resta confinato nello

spacer, con conseguente diminuzione delle perdite in tutta la cavità (figura 1.28).

Figura 1.28 - Tipica struttura di un campione con strato di ossido.

Un’ulteriore applicazione delle cavità risonanti su PBG si ha nei sistemi Multichannel WDM. Un esempio di tali sistemi è costituito da una struttura che include 6 cavità, ognuna caratterizzata da una diversa dimensione del difetto e dalla sua guida a canale ottenuta sempre sul PBG (figura 1.29). Ognuna delle sei cavità ha un singolo modo localizzato all’interno del band gap, il che consente un’operazione di filtraggio o di

Figura 1.29 - Struttura di un sistema Multichannel WDM, utilizzante 6 diversi canali.

demultiplexing di lunghezza d’onda a partire da un’onda incidente caratterizzata da una banda larga. Il risultato è una sequenza di onde a banda stretta che vengono guidate dalle opportune strutture a canale realizzate rimovendo file di colonne di dielettrico. Il modo

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Capitolo 1 I CRISTALLI FOTONICI

25 localizzato nella cavità si accoppia con il canale attraverso il campo evanescente e l’accoppiamento si realizza abbassando la costante dielettrica delle due colonne all’interfaccia cavità-canale e cavità-guida principale nella quale viene guidata l’onda a larga banda. La frequenza centrale in ogni canale è direttamente proporzionale al raggio del difetto, cioè aumentando il raggio si sposta tale frequenza verso valori più alti all’interno della banda dell’onda incidente.

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Capitolo 1 I CRISTALLI FOTONICI

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Capitolo 1 I CRISTALLI FOTONICI

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Capitolo 1 I CRISTALLI FOTONICI

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Capitolo 2 IL SISTEMA DI LITOGRAFIA ELETTRONICA

29

Capitolo 2

IL SISTEMA DI LITOGRAFIA ELETTRONICA

Il principio base dell’EBL (Electron Beam Litography) è quello di usare un fascio focalizzato di elettroni per scandire la superficie di un campione trattato con un resist sensibile agli stessi e creare delle geometrie (pattern) estremamente sottili e precise. Questa tecnologia presenta i seguenti vantaggi:

ƒ L’alta risoluzione.

ƒ La possibilità di lavorare con diversi tipi di materiali e pattern.

e svantaggi: ƒ Lentezza.

ƒ Costo e difficoltà elevati.

L’EBL è impiegata, oltre che nell’ambito della ricerca, soprattutto nell’industria dei circuiti integrati. Per grandi volumi di produzione questa tecnica viene usata per disegnare le maschere utilizzate in fotolitografia, mentre per piccoli volumi si usa direttamente per la realizzazione delle strutture desiderate. In questo secondo caso, infatti, l’uso di maschere non è più conveniente, in quanto le spese per la costruzione di queste superano in larga misura i benefici di velocità e di possibilità di scrittura in parallelo, che sono i principali vantaggi apportati dal loro uso. Un altro campo in cui si utilizza la EBL è la ricerca nell’ambito dello scaling down dei circuiti integrati [1], nonché lo studio degli effetti quantistici e degli altri fenomeni che si possono verificare quando l’obbiettivo è realizzare strutture di dimensioni estremamente ridotte.

2.1 Il microscopio a scansione elettronica

Le caratteristiche importanti di un sistema EBL sono la dimensione e l’intensità della corrente del fascio perché determinano rispettivamente la capacità risolutiva e i tempi di esposizione del campione. Per implementare questa tecnica di litografia il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa utilizza un microscopio a scansione elettronica (Scanning Electron Microscope) della JEOL, il JSM-6500F (figura 2.1). Si tratta di un SEM ad emissione di campo che impiega come sorgente di elettroni

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Capitolo 2 IL SISTEMA DI LITOGRAFIA ELETTRONICA

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Figura 2.1 – Microscopio a scansione elettronica JSM-6500F [5].

un cannone di tipo Schottky (T-FE). Questo microscopio trova applicazione nell’ambito delle attività di ricerca sulla nanoelettronica svolte dal Dipartimento, come mezzo di litografia ad alta risoluzione.

2.1.1 Principio di funzionamento del SEM

Il principio di funzionamento del SEM è concettualmente piuttosto semplice e viene illustrato in figura 2.2. Il fascio di elettroni primari generato da un cannone elettronico

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Capitolo 2 IL SISTEMA DI LITOGRAFIA ELETTRONICA

31 esegue la scansione della superficie del campione. Gli elettroni possono venire respinti oppure provocare l’emissione di elettroni secondari. In entrambi i casi essi sono rivelati sotto forma di segnali elettrici da un sensore detto SED (Secondary Electron Detector). Il segnale viene quindi interpretato come luminanza del punto del campione investito dal fascio. Questa modalità di utilizzo del microscopio permette di ottenere immagini del campione. Nel caso della litografia elettronica il microscopio non viene usato per analizzare la superficie del campione, quanto per scrivere su di esso, dopo la deposizione del resist, i pattern necessari per definire le aree di un determinato passo di processo.

2.1.2 Struttura del microscopio

L’unità base del SEM (figura 2.3) è costituita dal cannone elettronico, dalla colonna ottica e dal sistema di vuoto. Il cannone elettronico costituisce la sorgente degli elettroni primari con i quali viene eseguita la scansione della superficie del campione. Gli elettroni sono ottenuti per estrazione da un elettrodo emettitore secondo il principio dell’emissione di campo. Ad alte temperature, termoelettroni sono emessi dalla superficie dei metalli, ossidi e boruri. I consueti cannoni elettronici termoionici fanno uso di questo tipo di emissione. L’emissione di campo avviene invece dalla superficie di un emettitore di forma appuntita costituita da metalli, ossidi o carburi quando un intenso campo elettrico è applicato su di esso. Esistono due tipi di cannone elettronico ad effetto di campo:

ƒ il cannone elettronico freddo ad emissione di campo, che sfrutta gli elettroni estratti per effetto tunnel quando un campo elettrico intenso è applicato alla superficie <310> di un catodo di tungsteno a temperatura ambiente;

ƒ il cannone elettronico ad emissione di campo Schottky, che sfrutta l’emissione che ha luogo quando è applicato ossido di zirconio ad una superficie <100> di tungsteno al fine di abbassarne la funzione lavoro.

Il JSM-6500F dispone di un cannone di questo ultimo tipo capace di fornire costantemente ossido di zirconio alla superficie del catodo mediante riscaldamento a 1800K. In questo modo è possibile ottenere correnti di fascio più intense e stabili rispetto al cannone elettronico freddo. Il catodo è detto emettitore; l’elettrodo con il quale si applica il campo per l’estrazione degli elettroni è detto elettrodo di estrazione; l’elettrodo che provvede alla soppressione dei termoioni dall’emettitore è detto elettrodo

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Capitolo 2 IL SISTEMA DI LITOGRAFIA ELETTRONICA

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Figura 2.3 – Sezione principale della colonna di ottica elettronica [6].

di soppressione; l’elettrodo che permette la regolazione dell’energia finale degli elettroni

è detto anodo. La colonna ottica provvede a focalizzare il fascio, ad operare la deflessione necessaria per la scansione e, se necessario, ad interrompere il fascio stesso. Ciò viene ottenuto con lenti magnetiche, diaframmi, bobine di scansione e col cosiddetto

beam-blanker. Il beam-blanker consente di interrompere il fascio nel caso in cui non si

voglia che questo raggiunga la superficie del campione. Questo accade però senza spegnere effettivamente il fascio: tale operazione comporterebbe infatti il rapido raffreddamento del catodo (che si trova a 1800K) che causerebbe un possibile danneggiamento o comunque un’inevitabile attesa per la nuova messa a regime. E’ necessario infine un sistema di vuoto, perché il cannone elettronico, la colonna ottica e la camera devono essere mantenuti a bassa pressione per permettere agli elettroni di spostarsi senza significative interazioni che non siano dovute al campo elettrico e magnetico. Nel caso del microscopio in dotazione al nostro laboratorio il vuoto arriva a

4

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Capitolo 2 IL SISTEMA DI LITOGRAFIA ELETTRONICA

33 componenti che risultano critiche per le operazioni del sistema. Tra queste distinguiamo la gabbia di Faraday, la valvola di isolamento e un rivelatore di elettroni. Sul porta campioni si trova la gabbia di Faraday che è una piccola cavità capace di raccogliere gli elettroni incidenti. Essa viene usata per effettuare la misura della corrente del fascio in modo da stabilire la corretta dose per l’esposizione del resist. Il porta campioni è collegato a massa mediante un cavo che passando dal picoamperometro ci fornisce il valore della corrente del fascio da usare per il calcolo della dose. In figura 2.4 è riportato uno schema del porta campioni realizzato presso il nostro Dipartimento, il campione è

Figura 2.4 – Porta campioni realizzato presso il Dipartimento [5].

fissato sul porta campioni mediante una molla metallica; sono presenti inoltre due campioni di riferimento che vengono utilizzati per la messa a fuoco del fascio. La valvola di isolamento serve per mantenere sotto vuoto l’area del cannone che è sempre tenuto acceso, la camera in cui è contenuto il campione può essere esposta all’aria per le necessarie operazioni di inserimento ed estrazione del campione. Il sistema deve anche rivelare gli elettroni necessari alla messa a fuoco, all’allineamento dei marker e alla calibrazione della deflessione; questo è possibile grazie ad un rivelatore di elettroni secondari che si trova appena sopra lo stage.

2.1.3 Organizzazione del sistema e-beam

Tramite un CAD si realizza il layout del dispositivo che si vuole sviluppare e si salva in un file con un formato GDSII. Questo file verrà elaborato da un sistema di creazione e generazione delle maschere che presenta un’ organizzazione di tipo Master-Slave (figura 2.5). Esso prevede l’utilizzo di due personal computer che ricoprono il ruolo

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Capitolo 2 IL SISTEMA DI LITOGRAFIA ELETTRONICA

34 rispettivamente di master e di slave e che vengono collegati tra loro mediante una porta di comunicazione seriale. L’operatore interagisce con il master tramite un’interfaccia grafica sviluppata sotto ambiente Linux che gestisce i vari processi utente in time-sharing, cioè controllando un processo alla volta in maniera ciclica. Se il master fosse collegato direttamente al microscopio, il trasferimento dei dati potrebbe essere interrotto e, conseguentemente, il tempo di esposizione sul resist2 risulterebbe non corretto. Per evitare questo, il master viene fatto dialogare con uno slave che legge i dati e li trasferisce in modalità real-time, cioè controllando il fascio del microscopio con una temporizzazione esatta, questo viene ottenuto facendo girare lo slave sotto un sistema operativo DOS a cui sono state disabilitate le interruzioni. Lo slave presenta un bus di

Figura 2.5 – Struttura del sistema di litografia a fascio di elettroni.

uscita su 24 pin con i quali pilota i convertitori D/A a 16 bit, le schede di canale che selezionano il circuito di campionamento (S&H) opportuno, il beam blanker e il comando di scansione esterna del SEM (external-scan). Per schermare il sistema dai disturbi si ricorre ad una scheda di I/O che separa lo slave dalla rete di conversione D/A: questa rete, che viene alimentata a batterie e quindi che risulta elettricamente indipendente dal master, riceve le strutture da disegnare dallo slave sotto forma di numeri, controllando il SEM nella realizzazione del pattern sul campione. Ciascuna struttura disegnata con il CAD viene decomposta dal PG in una matrice di punti di coordinate (x, y) intervallati di un ∆x, ∆y (figura 2.6): il fascio di elettroni viene posizionato sequenzialmente su ciascun punto della matrice per un certo tempo di permanenza tdwell determinato dal tipo di resist deposto. Il valore di ∆x e ∆y può essere

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Figura 2.6 - Scomposizione della geometria in passi del fascio.

impostato modificando l’ingrandimento (M) del microscopio secondo la tabella 2.1. Una volta regolata la corrente del fascio e impostati il tipo di ingrandimento e il tempo di

Tabella 2.1 – Ingrandimenti utilizzati più frequentemente.

esposizione (T), possiamo determinare la dose di esposizione come il rapporto tra la carica e la superficie (C/m2); più precisamente la dose reale potrà essere ricavata nel modo seguente: ns T s tdwell =0.8µ + ⋅68 (2.1) y x t I

Dosevera fascio dwell ∆ ⋅ ∆

= (2.2)

In realtà la (2.2) è una formula approssimata, che non tiene conto degli effetti di inter e intraprossimità. La conoscenza del valore di ∆x e ∆y permette anche di valutare, oltre alla dose reale, le massime dimensioni dell’area di scrittura. Nel sistema che abbiamo utilizzato sono impiegati convertitori D/A da 16 bit, quindi il numero di passi in x ed y è

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36 limitato a 216 =65536: per la scrittura delle geometrie, si ha dunque a disposizione un reticolo di 216216 =6553665536 punti. La dimensione dell’area di scrittura dipende dall’ingrandimento impostato, per M=400X, l’area di scrittura è di:

m m nm nm y x) (2 ) (65536 2,6 ) (65536 2,1 ) 170,4µ 137,6µ 2 ( 16 16 = =

Se si imposta M=40X, l’area di scrittura aumenta di un fattore cento, ma diminuisce la risoluzione, cioè aumenta la minima dimensione ottenibile per le nostre geometrie. La scelta dell’ingrandimento deriva quindi da un compromesso tra le dimensioni dell’area di scrittura e la minima dimensione ottenibile per le geometrie. Si osserva dunque, che con un buon ingrandimento, la risoluzione è molto alta, ma non è possibile disegnare grandi geometrie. D’altro canto, con un basso ingrandimento è possibile disegnare grandi strutture, ma la risoluzione risulta peggiore. L’area di impressionamento del resist viene in realtà ampliata da una serie di fenomeni di scattering subiti dagli elettroni primari per interazione con lo strato di resist e, soprattutto, con il substrato sottostante. Le dimensioni finali dello scavo dipendono anche dall’interazione del resist con la soluzione di sviluppo che rimuove le aree impressionate, nel caso di resist positivi, o quelle non impressionate, nel caso di resist negativi.

2.2 Strategie di scrittura nella litografia e-beam

Per scandire il wafer esistono varie strategie. Si può utilizzare la tecnica raster scan (figura 2.7), ovvero scansione a pettine, dove la fetta viene mossa meccanicamente in

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37 direzione perpendicolare al piano, mentre il pennello elettronico viene deflesso solo o lungo x, o lungo y. Con questa tecnica si scandisce tutta la superficie del campione mantenendo il fascio spento là dove non vogliamo che il resist sia impressionato. Purtroppo questa tecnica, a conti fatti, risulta piuttosto lenta, si può quindi fare ricorso a tecniche più veloci, quali ad esempio, la vector scan (figura 2.8). Questa ultima consiste

Figura 2.8 – Modalità di scansione Vector scan.

in una scansione vettoriale su un’area piccola, che coincide con quella occupata da un singolo integrato.

2.3 Resist per litografia a fascio di elettroni

I resist per EBL sono materiali di natura polimerica: l’interazione degli elettroni con le catene del polimero modificano localmente le sue caratteristiche di solubilità. Nel caso di resist positivi, l’energia trasferita durante gli urti provoca una diminuzione del peso molecolare medio delle catene; le zone interessate dall’esposizione agli elettroni del fascio vengono successivamente rimosse nella fase di sviluppo. Nel caso di resist negativi l’interazione con gli elettroni determina un allungamento (cross-linking) delle catene del polimero causando un incremento della solubilità [3]: nella successiva fase di sviluppo le sole zone esposte al fascio possono resistere all’attacco del solvente (figura 2.9). La qualità di un resist per litografia a fascio di elettroni si misura essenzialmente da tre caratteristiche principali:

ƒ Risoluzione: misura la capacità del resist di definire geometrie di dimensioni minime3.

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38 ƒ Sensibilità: è definita come la dose minima necessaria per una corretta

esposizione del resist (C/m2).

ƒ Tecnica di deposizione: i resist organici vengono tipicamente deposti per spinning da fase liquida mentre quelli inorganici vengono generalmente deposti mediante tecniche estremamente più lente, come l’evaporazione a cannone ionico, o l’ossidazione termica.

Figura 2.9 – Comportamento del resist dopo la fase di sviluppo a seconda che sia di tipo positivo (a

sinistra) o negativo (a destra).

Il PMMA, la cui struttura è illustrata in figura 2.10, presenta buone caratteristiche di risoluzione, sensibilità e gestibilità; è quindi un candidato perfetto per le nostre

Figura 2.10 – Molecola del PMMA.

applicazioni. Questo tipo di resist ha inoltre il vantaggio di essere un resist positivo: nella maggior parte dei casi, infatti, la rimozione del resist è richiesta solo in piccole

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39 zone della superficie, e queste situazioni vengono gestite in modo molto più efficiente utilizzando resist positivi. I resist impiegati sono PMMA con diversi pesi molecolari diluiti in Anisolo con una concentrazione del soluto pari a 1,5%. L’anisolo viene rimosso durante la cottura su hot-plane lasciando solo il PMMA. L’esposizione al fascio elettronico provoca la rottura della struttura polimerica del PMMA rendendolo attaccabile con sviluppi come Mibk:Ipa o Acqua:Ipa.

2.4 Problemi connessi alla litografia elettronica

Quando il fascio del SEM incide sul resist, l’interazione tra gli elettroni del fascio con gli atomi del materiale possono modificare la dimensione dello spot scritto, che di conseguenza risulta diverso da quello ideale. Vediamo cosa può accadere:

ƒ Forward scattering: gli elettroni diffondendo nel substrato subiscono gli urti con le particelle di resist: ciò produce delle deviazioni dalla linea prevista di incisione, impressionando una zona più ampia di quella desiderata.

ƒ Generazione di elettroni secondari: nell’urto con le molecole del resist, gli elettroni primari, cioè quelli appartenenti al fascio, cedono una parte della loro energia, liberando gli elettroni secondari che producono una sovraesposizione del resist.

ƒ Back scattering: quando gli elettroni primari penetrano attraverso il resist e arrivano al substrato possono “rimbalzare” retro-diffondendo e ritornando così nel resist anche a grande distanza dal raggio d’incidenza, provocando un ulteriore impressionamento del film di PMMA.

ƒ Effetto di prossimità: a causa della presenza di forward e back scattering la dose di un singolo punto impressionato è fortemente dipendente dal contributo degli altri, ciò prende il nome di effetto di prossimità.

A causa dei fenomeni appena descritti la dose emessa dal SEM non è confinata nella geometria disegnata, ma si presentano delle variazioni della larghezza della linea dovute all’effetto di prossimità.

Figura

Figura 1.7 - Diagrammi di riflettività e trasmittività di un cristallo fotonico monodimensionale
Figura 1.10 - Struttura a bande per un array quadrato di colonne dielettriche con raggio r=0,2a
Figura 1.11 – Diagrammi di riflettività e trasmittività di un cristallo fotonico bidimensionale al variare del
Figura 1.13 - Struttura a bande di un PBG con reticolo a simmetria triangolare. In blu è rappresentato il
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