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Orientamento e formazione insegnanti. Un modello di formazione del tutor di tirocinio

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Orientamento e formazione insegnanti. Un modello di formazione del tutor di tirocinio

Guidance and Teacher Training. A Training Model for the Internship Tutor

Stefania Massaro

L'orientamento, inteso come educazione alla progettuali-tà e al consolidamento del sé professionale, entra nei pro-cessi di formazione insegnanti sollecitando una riqualifi-cazione dell'esperienza di Tirocinio curriculare. In questa direzione il presente contributo offre alcuni elementi di self-study tratti da un'esperienza di ricerca-formazione finalizzata ad una crescita professionale delle figure di accompagnamento didattico nel Tirocinio. Al centro della proposta formativa vi è la sollecitazione nei tutor di una competenza auto-orientativa coerente con il modello di apprendimento offerto allo studente. Obiettivo è la co-struzione di un modello di formazione del tutor di tiroci-nio con ricadute sulla qualità dei processi di formazione insegnanti.

Guidance, understood as education to design and consol-idation of professional self, enters the processes of teacher training urging a redevelopment of the curricular Intern-ship experience. In this direction the present contribution provides some elements of self-study drawn from a re-search-training experience aimed at professional growth of the subjects of educational accompaniment in intern-ship. At the heart of the training proposal there is stress in a self-guidance competence in the tutor consistent with the learning model offered to the student . Goal is to build a model of internship tutor training with repercus-sions on the quality of the teacher training processes.

Parole chiave:. Orientamento, formazione insegnanti, tirocinio Keywords: Guidance, Teacher Training, Internship

Articolo ricevuto: 23 gennaio 2015 Versione finale: 1 marzo 2015

1.ORIENTAMENTO E FORMAZIONE INSEGNANTI

Lo "stato dell'arte" della formazione insegnanti oggi, ad alcuni anni dall'attua-zione della legge di riforma della formadall'attua-zione insegnanti243 e sulla scia di

docu-menti che ne evidenziano attualità e problematicità244, è quello di "una

243 Il D.M. 249/2010 ha riformulato complessivamente la disciplina della formazione degli insegnanti di ogni ordine e grado scolastico.

244 "Ripensare la scuola nella società di oggi. Punti salienti per una vision innovativa, concreta e lungimirante" è il documento con cui la Siped (2014) evidenzia i punti salienti di una formazione insegnanti rinnovata alla luce delle attuali modificazioni socioculturali.

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zione, cruciale e quanto mai attuale, orientamento/formazione/professionalità docente" (Mariani, 2014, p. XI).

L'orientamento, insieme alla formazione, svolge un ruolo strategico per la co-struzione di una fisionomia della professionalità docente rinnovata nelle sue componenti costitutive dal dettato legislativo e dalla riflessione didattica più ma-tura (Rivoltella, Rossi, 2012). Riflessioni che difatti evidenziano la capacità di au-toprogettazione del sé professionale quale componente chiave di avvio alla pro-fessionalità e di sviluppo professionale. Alla luce dei recenti esiti dei lavori della Conferenza Unitaria Nazionale di Scienze della Formazione (di concerto con le società scientifiche di area pedagogica245), la ricerca didattica attesta ulteriormente

il riconoscimento della "complessità" di una professionalità docente connessa ad esigenze di formazione (quale esercizio riflessivo e situato di un pensiero metaco-gnitivo e plurale), e di orientamento inteso nei termini di empowerment, ossia di edu-cazione alla progettualità e al consolidamento della soggettività professionale. Capacità orientative legate al rafforzamento della propria capacità di scelta, auto-determinazione e autoregolazione devono "rafforzare il passaggio dall'essere stu-denti all'apprendere ad essere professionisti nell'insegnamento" (Magnoler, 2012) ed arricchire il profilo di competenze dell'insegnante, la cui professionalità è lar-gamente centrata su quella competenza di "mobilitazione" (Perrenoud, 2001; Pel-lerey, 2004; Le Boterf, 2008) che ne mostra la necessità di una costante intera-zione costruttiva con le situazioni vissute. Tali dimensioni possono rendere empowered gli insegnanti, ("più potenti", perché più proattivi), costituendo un habi-tus personale e professionale che si traduce nella creazione di strategie (Perre-noud, 2006, Pastrè, 2011).

Nella cornice contemporanea di una società complessa che chiede di interpretare e governare incertezze e interdipendenze del sistema lavorativo, di un paradigma globale della conoscenza che si definisce sempre più nella costruzione di processi di apprendimento continuo e permanente, di riflessioni che individuano nell'auto-orientamento (ovvero nella progettualità del sé) un bene individuale e collettivo imprescindibile nelle politiche educative degli stati europei246, e di un'attenzione

al life-design quale rinnovata veste del principio pedagogico della cura di sé (Gui-chard, Di Fabio, 2010), l'orientamento entra nei processi di formazione degli in-segnanti: esso rappresenta un itinerario educativo e didattico finalizzato all'avvi-cinamento alla cultura del lavoro e alla promozione di abilità complesse necessa-rie per la costruzione di un personale progetto professionale. Parliamo quindi della capacità di formulare prospettive, di compiere scelte, costruire progetti, ecc., sempre a partire dall'attivazione personale di un pensiero critico e

245 "La formazione iniziale degli insegnanti in Italia: dopo il D.M. 249/2010", Roma, 20-21 novembre 2014.

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bile. Non solo, quindi, orientamento come competenza didattica finalizzata a guidare i futuri alunni nella conoscenza di sé e nella preparazione al futuro, ma, anche, capacità personale di porsi in maniera consapevole ed efficace nei contesti scolastici ed interagire con i numerosi attori che li caratterizzano, sperimentabile dallo stu-dente nell'ambito del'esperienza del Tirocinio curriculare247. Tale dispositivo,

luogo dell'alternanza tra l'Università (che così diventa luogo di lavoro) ed il luogo di lavoro (che diventa invece spazio di apprendimento), si connota quindi come orientativo, oltre che formativo, in quanto:

-terreno di sviluppo di competenze professionali strategiche,

-opportunità per gli studenti di sondare l'effettiva motivazione ad insegnare, -momento di verifica e messa alla prova di attitudini e atteggiamenti. Lo studente, in quest'ultimo caso, può verificare l'effettivo possesso di canali cognitivi e com-portamentali necessari al fine del pieno sviluppo di procedure cognitive e dispo-sizioni mentali fondamentali oggi per esercitare l'attività di insegnamento. Se solo la maturazione di competenze specifiche può consentire all'insegnante di stare nel-la complessità delnel-la scuonel-la dell'innovazione, dell'autonomia e delnel-la flessibilità cogni-tiva, si rende difatti necessario per il futuro insegnante autovalutare abilità e atti-tudini specifiche in relazione ai nuovi compiti.

Lo studente, pertanto, nel Tirocinio si orienta sperimentando la professione, verificando se la sente coerente con la propria sensibilità e con le proprie attese e se si sente in grado di affrontarla.

Superati i riduttivismi di approcci di tipo diagnostico ed informativo248 nella

direzione di una concezione umanistica dell'orientamento inteso come percorso educativo in cui è lo stesso soggetto a farsi portatore delle proprie istanze forma-tive (Trisciuzzi, 2003), ovvero come "azione volta all'educazione della scelta e della decisione responsabile" (Rossi, 2001, p.29), già a partire dagli anni Novanta il sistema scolastico ed universitario assumono una rinnovata valenza orientativa prestando attenzione alla capacità della persona di auto-orientarsi di fronte alle esi-genze del mondo dello studio e del lavoro. A partire da esiesi-genze di accompa-gnamento dell'individuo lungo tutto l'arco evolutivo e di presa in considerazione del soggetto nella sua globalità249, l'impianto educativo e didattico di tali sistemi

247 Il Tirocinio, riproposto dal D.M. 249/2010, risulta in linea con l'offerta formativa del Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria di durata quadriennale e delle Scuole di Specializzazione per l'Insegnamento Secondario, con un'articolazione del Tirocinio in diretto e

indiretto. Nel caso del Corso di laurea magistrale a ciclo unico per l'insegnamento nella scuola

primaria e dell'infanzia consiste in 600 ore (pari a 24 crediti formativi universitari). Per la formazione degli insegnanti della scuola secondaria di I e II grado, per cui è previsto un corso di tirocinio formativo attivo, esso equivale a 60 crediti formativi. Per una ricostruzione storica della legislazione che ha istituzionalizzato il Tirocinio nel nostro paese vedi Perla, 2012a.

248 Per una ricostruzione storica del concetto di orientamento vedi Biagioli, 2003; Girotti, 2006. 249 È la Raccomandazione di Bratislava (1970) dell'Unesco che segna il riconoscimento dell'orientamento quale processo educativo che pone l'individuo in grado di prendere coscienza di

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mette complessivamente al centro istanze di consapevolezza, apprendimento ed educa-zione alla scelta e sostiene la necessità della progettaeduca-zione di un contesto condiviso di reti e relazioni tra soggetti significativi del territorio che definiscano adeguate alleanze educative.

Le linee guida della maturazione e dello sviluppo professionale degli inse-gnanti vengono pertanto rintracciate dalla riflessione didattica attuale nella possi-bilità di costruzione di una soggettività professionale che coniughi capacità di ri-spondere alle richieste di un contesto scarsamente prevedibile (in cui l'insegnante deve porsi come knowledge worker capace di utilizzare le proprie competenze per produrre innovazione e cambiamento), con esigenze di realizzazione e benessere personali. La professione, difatti, assume una centralità nel processo educativo connotandosi come dimensione realizzativo-trasformativa del sé (Galliani, 2003), mentre il lavoro, coinvolgendo pathos, logos ed ethos, consente alla personalità di realizzarsi compiutamente (Rossi, 2008). Superata quindi ogni pretesa di fornire agli insegnanti modelli di tipo prescrittivo, oggi l'attenzione si focalizza sulla pro-fessionalità (Rossi, 2011), e sulla necessità di percorsi che la supportino nella di-rezione di forme di autonomia non disgiunte da esigenze di responsabilità perso-nale ed istituzioperso-nale.

2. DALLA QUALITÀ DELLA TUTORSHIP DI TIROCINIO ALLA QUALITÀ DELLA FORMAZIONE INSEGNANTI

Se l'orientamento si situa nel processo di formazione insegnanti come atto di auto-orientamento, non di meno l'orientatività del tirocinio è inscritta nell'ac-compagnamento didattico dello studente da parte di un tutor, la cui professiona-lità rappresenta un indice della quaprofessiona-lità del percorso offerto. Il tirocinio, cancellate le ambiguità o i "nomadismi semantici" (Bocca, 1998, p.7) che lo hanno caratte-rizzato, vede nei suoi elementi fondativi la presenza di un insegnante esperto inca-ricato di integrare il progetto formativo di tirocinio con il percorso del singolo studente. All'interno di un'esperienza formativa tradizionalmente associata alle sé e di progredire nella duplice direzione dello sviluppo della persona umana e del progresso della società. Seguono il rapporto della Commissione Faure (1972), la LX Sessione della Conferenza Internazionale del Lavoro (1975) e la VII conferenza internazionale dell'IRTAC con una concezione di orientamento esteso non più solo ai giovani e come risposta a specifici bisogni di autorealizzazione. A livello europeo la Raccomandazione agli stati membri (1968) e la Risoluzione del Consiglio dei Ministri della Pubblica Istruzione promuovevano lo sviluppo dell'orientamento scolastico-professionale e ed una continuità di tali iniziative. Il Consiglio d'Europa nel 1974 inserì l'orientamento tra gli interventi di educazione permanente e da allora è emersa una preoccupazione educativa rintracciabile soprattutto nei libri bianchi della Comunità Europea (1993,1995). In Italia due documenti ministeriali del 1997 prevedevano l'orientamento quale parte integrante dei curricoli di studio e assicuravano una partecipazione attiva e responsabile degli studenti e possibilità di scelta consapevole del proprio futuro (Girotti, 2006).

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possibilità dell'interazione virtuosa tra teoria e prassi (in quanto parte di un mo-dello di curricolo integrato basato sulla connessione corsi-laboratori-tirocinio, peraltro intrecciati in modi variabili e non sempre prevedibili, Baldacci, 2010), è "la guida di un magister rispetto ad un allievo" (Boffo, 2014, p.84), che connota tale processo formativo della direzione di senso orientativa. L'azione di costru-zione della soggettività professionale si produce, quindi, all'interno di un circolo virtuoso processo formativo-relazione educativa-orientamento formativo in cui, se da una parte si evidenzia la capacità del futuro insegnante di autoguidare le proprie scel-te, parimenti si sottolinea la necessità di una relazione che possa farsi orientatrice di scelte.

I dispositivi formativi che prevedono la pratica, tra cui il tirocinio, vivono nel-la complessità e devono operare all'interno di processi di decomposizione-ricomposizione della pratica, utile a comprenderne le dinamiche (Rey, 2007). È in questo ambito che si inseriscono i tutor. A partire dai decreti istitutivi del corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria con cui gli insegnanti esperti sono stati chiamati a mettere la loro esperienza professionale a servizio della progetta-zione, gestione e valutazione delle attività di tirocinio,250 il profilo professionale

degli ex supervisori di tirocinio (attualmente tutor) ha costituito una linea di ri-cerca permanente sviluppatasi in diversi percorsi di riri-cerca-azione e attività di formazione. Da un iniziale riferimento alla supervisione come "funzione mal compresa" o "figura professionale sovradeterminata" perché priva di un quaderno dei carichi e con una formazione inesistente (Damiano, 2007, pp.21-23) e da un'i-dea del supervisore come "figura controversa e dal vago profilo" (Laneve, 2009) le pratiche dei supervisori sono state oggetto di un'analisi che ne ha restituito il profilo emergente. Ne è emersa "una mappa effettiva della professione" com-prensiva sia degli aspetti comuni che degli adattamenti rispetto al modello nor-mativo e si è profilata un'identità professionale dai contorni man mano più chiari e dai compiti meglio definiti251 (Falcinelli, 2011). Come scrive Damiano,

250 Normativa di riferimento: L 19 novembre 1990, n.341 Riforma degli ordinamenti didattici universitari; D.P.R. 31 luglio 1996, n.471 Corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria; D.M. 26 maggio 1998 Criteri generali per la disciplina da parte delle università degli ordinamenti dei corsi di laurea in Scienze della Formazione Primaria e delle Scuole di Specializzazione per l'Insegnamento nella Scuola Secondaria; L. 3 agosto 1998, n.315 Interventi finanziari per l'università e la ricerca; D.M. 2 dicembre 1998 Utilizzazione a tempo parziale presso le Università di un apposito contingente di personale in servizio nelle istituzioni scolastiche e, con riferimento all'indirizzo per la scuola elementare, di personale educativo nelle istituzioni educative statali; Circolare ministeriale 21 aprile 2000, n.130 Oggetto: utilizzazione docenti presso i corsi di laurea in Scienze della Formazione Primaria […]con compiti di supervisione; decreto legislativo 17 ottobre 2005, n.227; L 30 ottobre 2008, n.169; CCNL scuola 2006-2009 Artt. 41-43; D.M. 10 settembre 2010, n.249.

251 Sinteticamente: collaborare con i docenti universitari alla programmazione del Tirocinio, aiutare lo studente a cogliere i rapporti tra l'esperienza pratica e le conoscenze teoriche,

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que non perdono attualità alcune domande poste alcuni anni fa: "chi sono? Quali sono i loro ruoli in relazione ai tirocinanti e al proprio ambiente di appartenenza? Come posso-no prenderli in affidamento più efficacemente?".

Emerge nella letteratura di riferimento una figura professionale impegnata a costruire una relazione tutoriale con lo studente e a creare una struttura vygo-tskiana a "scaffolding" (Bondioli, Ferrari, 2006) finalizzata a promuovere nel soggetto in formazione un atteggiamento introspettivo e riflessivo sull'esperienza realizzata e sulle rappresentazioni personali che vi incidono. Damiano (2007) ne evidenzia l'importanza in relazione ai processi di scrittura degli studenti. Sebbene previsto di funzioni di coordinamento, consulenza, formazione, ricerca, la didat-tica del tirocinio individua nel tutor prevalentemente il coach o mentor, con funzio-ne di "nutrimento" (Nigris, 2004, p.158). Nell'ambito del "modello riflessivo" di supervisione accreditato dalla didattica (Nigris, 2004) la sua attività è rivolta ad incoraggiare, consolidare e stimolare l'emergere delle capacità dello studente, fa-vorire la scoperta di sè o le scelte più opportune (Maltinti, 2014). Parlare di coa-ching e non di teacoa-ching significa inquadrare una competenza con "funzione clinica di contenimento e promozione della soggettività professionale in fieri dello stu-dente" (Perla, 2012a, p. 26). Egli è in tal senso un facilitatore: accede al mondo fe-nomenologico di soggetti in formazione, radicati in tessuti socioculturali diversi, per aiutarli a individuare e riconoscere le loro potenzialità, la loro intrinseca ca-pacità di apprendere, per sostenerli e dare un senso alla loro esperienza formativa e nel raggiungimento dello scopo che si sono prefissi (Nigris, 2004). O anche "narratore di esperienze, colui che racconta un percorso vissuto, che accompagna lo studente lungo itinerari di vita scolastica già compiuti, che sa motivare […] un po' mentore, un po'maestro artigiano che indica e trasmette con la propria espe-rienza la bellezza dell'insegnare" (Conti, 2014, p. 246).

Definendo la natura del tirocinio, difatti, si deve pensare non solo ad un aspetto operativo (attività di osservazione, sperimentazione e pratica dell'insegna-re), ma anche ad un aspetto riflessivo di analisi e valutazione sia oggettivo (ri-guardante le azioni e le interazioni che caratterizzano "lo stare a scuola") che soggettivo (ovvero il proprio modo di rapportarsi, sul piano culturale, professio-nale e motivazioprofessio-nale, a quelle azioni e interazioni caratterizzanti lo stare a scuola) (Falcinelli, 2002).

sperimentare con gli studenti attività di relazione interpersonale e di comunicazione educativa, metodi e tecniche di ricerca didattica, realizzare esperienze di dinamica di gruppo, curare i rapporti con le scuole e con gli insegnanti di classe, definire con gli insegnanti di classe le modalità per la realizzazione del progetto di Tirocinio, effettuare attività di preparazione, verifica, analisi e riflessione sulle attività condotte a scuola, osservare e valutare lo studente tirocinante in situazione, elaborare una valutazione sull'attività svolta da ogni tirocinante, predisporre annualmente una relazione complessiva sull'attività di Tirocinio (Falcinelli, 2011)

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L'attenzione ai tutor nella ricerca didattica più avanzata sulla formazione inse-gnanti si colloca attualmente in un processo di superamento non solo dei dispo-sitivi strumentali prodotti al di fuori delle pratiche, ma anche dei dispodispo-sitivi orientati allo sviluppo di saperi incorporati nella pratica, in cui è la valorizzazione del solo sapere dell'insegnante l'aspetto fondamentale che dà origine a processi di riflessione e analisi delle pratiche e di professionalizzazione. Negli ambiti di ricer-ca legati all'analisi di pratiche e ai processi riflessivi, la produzione del sapere av-viene all'interno della pratica, avvalendosi però di più soggetti, gli studenti ad esempio, e non solo dell'insegnante, impegnati sul fronte della validazione collet-tiva di saperi che richiedono un dialogo tra concetti spontanei e scientifici, tra immagine cognitiva e operativa (Magnoler, Rossi, Scagnetti, 2013).

Da alcuni anni la letteratura documenta una rilettura delle strutture e dei model-li formativi delle ex facoltà di Scienze della Formazione (Umodel-livieri, Cambi, Orefice, 2010) e proposte didattiche di modelli innovativi di tirocinio relativo ai corsi di Scienze della Formazione Primaria (Galliani, Felisatti, 2001; Nigris, 2004; Zan-niello, 2008; Falcinelli, 2011). Tali contributi, che da alcuni anni lavorano sulle forme dell' "essere in situazione" dello studente e sulle modalità di accompagna-mento didattico, si rifanno ad un'idea di tirocinio come processo di autoformazione guidata (Albarea, 2002) in cui entrano in gioco sia la crescita personale del sogget-to che quella delle figure professionali deputate alla gestione di tale attività. Offri-re un contributo in questa diOffri-rezione significa sottolineaOffri-re l'esigenza di investiOffri-re sulla qualità della formazione dei tutor e significa "guardare al tirocinio come trampolino di lancio per l'innovazione e il cambiamento" (Nigris, 2014). Una formazione degli insegnanti ripensata alla luce degli attuali assetti sociali e decli-nata nei punti proposti dal documento Siped (2014) necessita difatti di profes-sionalità educative coerenti con i modelli proposti.

Contro modelli di appiattimento della formazione, la sfida che la didattica de-ve intercettare è in primis: come rendere gli ambienti di apprendimento realmente formativi, eliminando l'idea di autoreferenzialità con cui l'università si è tradizionalmente confrontata? E, nello specifico, come rendere consapevoli tali figure educative di tutorship del passaggio dell'università a learning organization, e quindi del loro partecipare ad un progetto di crescita culturale che si alimenta dei loro comportamenti quotidiani? Come favorirne processi di empo-werment nella logica di uno sviluppo professionale che oggi intreccia molteplici dimensioni dell'apprendere: transformative (Mezirow, 1991), reflective (Schön, 1993) e self-directed (Can-dy, 1991)?

La sfida si colloca in un più vasto discorso di carattere culturale in cui l'empo-werment della persona implica il potenziamento di una reale capacità di conoscen-za, ma anche di senso elaborativo e critico nel quadro di processi cognitivi oggi spesso indeboliti, al fine di ricomporre un sapere personale che, a partire da processi ri-flessivi e valutativi, possa svilupparsi come metodo auto-orientativo della perso-na. Se ne possono evidenziare alcune dimensioni come l'apprendimento, la rifles-sività, l'autonomia di giudizio, il pensiero critico, la capacità di decentramento,

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quali competenze orientative in grado di costituire quel bagaglio che sostiene la per-sona nell'interazione con la realtà sociale in cui è immersa, ma anche nello sforzo di partecipare al cambiamento costruttivo di aspetti di tale realtà. Parliamo di un sapere che sia sentito, riconosciuto e praticato in una valenza positiva per lo svi-luppo realizzativo e partecipativo della persona ai cambiamenti sociali e per so-stanziare aperture sul futuro, in cui si sostanzia la possibilità di riattivare processi interrotti di benessere personale e inclusione sociale (Massaro, 2013).

Quanto detto serve in sostanza ad allineare il discorso sulle figure tutoriali del tirocinio sugli assunti di quella formazione oggi orientata ad un sapere inteso quale razionalità:

- critica in quanto riflessiva, cioè impegnata a operare continuamente un pen-sare sul penpen-sare;

- dialettica, in quanto impegnata a superare le contraddizioni;

- attenta al contesto, vale a dire captativa delle condizioni di realtà in cui è collo-cata,

- funzionale alla ricerca di prese di posizione o di decisioni, ovvero polarizzata sulla necessità di non fermarsi ad un eventuale guadagno teoretico provvisorio (Le-leux, 1997).

Se di certo la "questione" della formazione insegnanti ha a che fare oggi con le possibilità che saranno riservate ai pedagogisti di contribuire a determinare le politiche formative nel nostro paese, non di meno ha a che fare con l'impegno per una miglioramento della qualità dei processi formativi e dei risultati della formazione stessa (Domenici, 2014).

3.DAL TIROCINIO COME "PRATICA OPACA" AD UN MODELLO DI FORMAZIONE DEL TUTOR UNIVERSITARIO. IL TIROCINIO NEL CL IN SCIENZE DELLA

FORMAZIONE PRIMARIA DELL'UNIVERSITÀ DI BARI

Nell'a.a. 2012/2013, dopo alcuni anni di esperienza in qualità di referente di tirocinio per il corso di studi in Scienze dell'Educazione, ho assunto la referenza del tirocinio per il corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria, nella nuova declinazione di corso quinquennale nonché per gli anni allora ancora attivi del corso quadriennale, nell'ambito della medesima Facoltà di Scienze della For-mazione dell'Università di Bari, oggi Dipartimento di Scienze della ForFor-mazione, Psicologia e Comunicazione. Alla luce dell'esperienza svolta la mia idea di fondo era di una sostanziale debolezza della triangolazione comunicativa fra tutor uni-versitario, mentore (di comunità o aziendale) e studente, che inficiava la qualità orientatativa del tirocinio, soprattutto a causa della mancanza di iniziative di for-mazione specifica previste per tutor, sia interni che esterni. La situazione era ulte-riormente aggravata dall'assenza di momenti di rilevazione qualitativa degli enti coinvolti.

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Il tirocinio, in alcuni corsi di laurea, era già al centro dell'attenzione di una ri-cerca didattica che, a partire dalla comprensione di ciò che era stato fatto fino ad allora, era rivolta a rivederne i dispositivi didattici e a proporre percorsi migliora-tivi. La consapevolezza didattica era difatti centrata sull'istanza di lavorare per rafforzare il sistema integrato Università-Enti territoriali, ma, parimenti, sulla ne-cessità di "curare" da un punto di vista didattico, l'accompagnamento del tiroci-nante.

Più precisamente nell'a.a. 2010-2011, con l'assunzione della referenza del ser-vizio di Tirocinio della ex facoltà dalla prof.ssa Loredana Perla, era stata stato av-viata un'indagine sulle attività del Tirocinio universitario dei corsi di studio peda-gogici della facoltà. Ne era emerso un giudizio genericamente positivo degli stu-denti sull'esperienza condotta, ma non in relazione alle azioni e alle relazioni con i mentori. Queste non riuscivano a rendere tale esperienza realmente "professio-nalizzante" perché troppo caratterizzate da modalità di comunicazione trasmissi-ve e frontali, e quindi poco utili nella direzione di un reale avvicinamento al mondo del lavoro e alle aspettative di professionalizzazione degli studenti. Tale indagine aveva rappresentato in seguito il punto di partenza di un percorso di ri-cerca-formazione di matrice fenomenologica e narrativa che aveva posto l'atten-zione sull'unità di analisi "Tirocinio universitario". Effettuando uno specifico ap-profondimento sulla qualità dell'esperienza vissuta dal punto di vista dello stu-dente e analizzando i tratti impliciti che la caratterizzavano, l'intento era duplice: disegnare una proposta formativa basata sulle possibilità espressive e riflessive della scrittura documentativa, ma anche, in secondo luogo, offrire un contributo nella direzione della formalizzazione di una teoria trasformativa del Tirocinio (una local theory, Mortari 2007, p.139) sviluppata a partire da una riflessione sull'e-sperienza di scrittura. Alla luce dell'ipotesi che ad un profilo istituzionale ed epi-stemologico sufficientemente chiaro del tirocinio si opponessero pratiche opa-che, la ricerca, di tipo collaborativo, era stata rivolta a far comprendere cosa ac-cade nella pratica reale del Tirocinio universitario, e allo stesso tempo, ad "offrire ai tirocinanti la possibilità di un attraversamento formativo diverso di quella prati-ca" (Perla, 2012a). A partire da un lavoro sulla scrittura professionale (Perla, 2012b), si era inteso costruire un modello didattico di accompagnamento al tiro-cinio universitario, ma il bilancio operativo da cui ripartire sottolineava l'urgenza di un investimento sulla formazione dei soggetti deputati all'accompagnamento degli studenti nel mondo del lavoro (Perla, 2012a, p.133).

Con il passaggio della facoltà a dipartimento, la neocostituita Commissione di Tirocinio per il corso di Scienze della Formazione Primaria252 ha inteso

capitaliz-zare gli spunti operativi emersi per avviare un'iniziativa di formazione del gruppo

252 Proff.ri L. Perla, S. Massaro, R. Gallelli, di concerto con il prof. G.Elia in qualità di coordinatore del corso di laurea.

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dei tutor di tirocinio all'interno di un più ampio progetto di riqualificazione didat-tica del Tirocinio curriculare conseguente all'attivazione del nuovo corso di lau-rea magistrale quinquennale. In tal senso la normativa esigeva modalità di gimento del tirocinio diverse da quelle adottate nel corso quadriennale: lo svol-gimento di tali attività diveniva oggetto di monitoraggio e valutazione da parte del dipartimento e dell'Anvur253, ed anche degli stessi studenti, e il corso di laurea

si avviava verso la gestione di numeri più ridotti di studenti. Punto di partenza, in tal senso, è stata l'emanazione di un nuovo regolamento di tirocinio del corso di laurea con cui istituire un docente universitario quale referente, con il compito essenziale di raccordare le attività di tirocinio con le esigenze della ricerca didatti-ca, ed anche le figure dei tutor coordinatori e dei tutor organizzatori (distaccati a tempo parziale o a tempo pieno254). Tale passaggio, anche se obbligato, è stato

effettuato con l'intento di capitalizzare e non disperdere l'esperienza del corso di laurea quadriennale. Difatti in tale regolamento sono confluiti i dettati normativi di riferimento255, ma anche questioni di principio (il divieto del tirocinio come

esperienza "individuale" dello studente o l'eliminazione della convalida di espe-rienze non significative) e questioni organizzative tra cui lo snellimento delle modalità di attivazione/risoluzione delle convenzioni.

L'idea di riqualificare la "supervisione" quale "strumento orientativo di con-fronto e integrazione tra teoria e prassi e di identificazione del proprio ruolo pro-fessionale" (Simeone, 2003, p.77) rifletteva essenzialmente l'idea di rimettere in discussione prassi consolidate nel tempo (i frammentarismi individualistici della supervisione dovevano essere superati dalla costruzione di una tutorship come soggetto plurimo comune) e di costruire un modello di formazione del tutor uni-versitario.

Nella consapevolezza dell'impossibilità di individuare parametri assoluti e del-la presenza di un'ampia varietà di variabili neldel-la definizione di un modello di formazione del tutor di tirocinio, la sistematizzazione del discorso in un "model-lo", si lega all'intento della ricerca didattica di formalizzare in una "struttura in progress" gli elementi più rilevanti dell'agire didattico, riguardati nelle loro rela-zioni fondamentali, con una parallela attenzione ai contesti didattici in cui tale agire si produce. A partire dalle definizioni più accreditate di modello256 parliamo

in tal senso di modelli context-oriented (Perla, 2012c).

253 Art.3, c.7, D.M. 249/2010.

254 Ad ogni tutor coordinatore sono affidati 15 studenti tirocinanti.

255 D.M. 249/2010 e regolamento didattico cdl quinquennale in SFP art. 8 "tirocinio" e art. 2 lett. d,e,f "risultati di apprendimento attesi, espressi tramite i descrittori europei del titolo di studio".

256 Schema concettuale in cui possono essere connessi e ordinati i vari aspetti della vita educa-tiva in rapporto a un principio teleologico che ne assicuri coerenza e organicità" (Bertin, 1975, p.77); "dispositivo teorico di natura progettuale e strategica capace di indicare una serie di

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possibili-Si è ritenuto in tal senso di costruire una sorta di sperimentazione in itinere di un modello di apprendimento che i tutor avrebbero potuto poi applicare con gli studenti del corso di laura, secondo un auspicabile principio di coerenza.

Il progetto si è mosso da un primo livello di lavoro rappresentato da una ri-cognizione della situazione di partenza con strumenti di rilevazione e analisi delle dinamiche relazionali operanti nel contesto. È emerso che le criticità maggiori nelle pratiche di tirocinio in relazione al gruppo dei tutor erano rappresentata da:

-conflittualità orizzontale (una cultura individualista e visioni professionali molto differenti determinanavano difficoltà a relazionarsi in gruppo e scarso senso di corresponsabilità istituzionale),

-scarse competenze didattiche

-una visione del tirocinio essenzialmente come disimpegno dalla scuola.

In tal senso emergeva, nei 30 supervisori presenti, una catagoria professionale non omogenea sia in merito alla visione dell'idea di scuola che in relazione all'im-pegno profuso, con evidenti differenze culturali e professionali, oltre che con dif-ficoltà al dialogo e preferenza per il lavoro individuale. Una visione essenzial-mente privatistica delle cose ed un senso di fatica a mettere a rischio il proprio pensiero segnava il problema di un senso di corresponsabilità istituzionale tutto da fondare. A tali criticità corrispondeva una cultura individualista del tirocinio da parte degli stessi studenti, con una propensione per percorsi individuali e frammentati. Un tirocinio, quindi, amministrato dallo stesso studente e legato anche a problemi di demotivazione. Ulteriormente problematico era il quadro esterno rappresentato dai dirigenti scolastici (mancanza di graduatorie docenti disponibili a fare da tutor), dalle scuole paritarie (pochi docenti di ruolo a fare da riferimento, accordi personali con lo studente per gestire il tirocinio), dalla dire-zione generale (mancanza di un elenco di scuole disponibili per le convenzioni) e dalle assicurazioni (tempistica lunga di arrivo delle lettere delle assicurazioni). Punto di forza era sicuramente l'idea di operare in un corso di laurea curvato ver-so l'innovazione.

4. LA COMPETENZA AUTO-ORIENTATIVA COME ESPERIENZA DI CRESCITA PROFESSIONALE DEI TUTOR DI TIROCINIO

L'intervento, di cui è stato portato a termine il primo anno formativo in col-laborazione con l'Università Bicocca di Milano e l'Università di Firenze, si colloca nel quadro interpretativo e metodologico dei practice-based studies. L'approccio al problema dello sviluppo professionale dei tutor di tirocinio ha visto difatti una tà operative (selezione di strategie didattiche, risorse, concrete azioni didattiche) in relazione a spe-cifici contesti attuativi" (Calvani, 2007, p.58); "struttura di mediazione tra teoria e pratica che pro-muove una rappresentazione semplificata e parziale dell'agire didattico" (Perla, 2012).

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condivisione delle epistemologie professionali che legittimano la pratica come processo in grado di produrre conoscenza: il paradigma riflessivo di Schön (1993), il costrutto di comunità di pratica di Wenger (2006), la teoria dell'appren-dimento trasformativo e situato di Mezirow (1991). Tali riferimenti al riconosci-mento del sapere pratico prodotto dalle comunità professionali hanno difatti co-stituito lo sfondo teorico-concettuale di un processo di messa a punto di disposi-tivi formadisposi-tivi in grado di sollecitare la comunità professionale dei tutor a rendere visibili i saperi in azione e a sviluppare il proprio agire professionale.

In tal senso il gruppo di ricerca ha predisposto un percorso di ricerca-azione nella duplice direzione di una formalizzazione della pratica di tutorship a partire da processi di analisi-comprensione-interpretazione dei processi di tutorato, e pa-rallelamente, di una messa a punto di azioni intese a:

- costruire una forma di accompagnamento professionale più adeguata a favo-rire la comunicazione del sapere pratico da insegnante esperto a insegnante novi-zio

- attivare processi attivi e partecipati finalizzati a sollecitare nei tutor la matu-razione di una competenza auto-orientativa intesa come "consapevolezza critica" ca-pace di restituire visioni complessive di senso orientanti l'agire professionale, con una forte ricaduta sugli aspetti motivazionali.

Parliamo di consapevolezza critica perché, se l'orientamento come compito educativo nella "giovinezza" deve essere considerato un'educazione al "potere dell'essere, della progettualità, capacità di agire nel mondo al fine di con seguire gli obiettivi che il soggetto si pone", l'orientamento come compito educativo dell'adulto si pone piuttosto come "capacità di modificarsi, di reinventarsi", quale processo di autodefinizione del soggetto (Girotti, 2006). I bisogni dell'adulto, scrive Alberici (2002) si pongono in ordine alla capacità di orientarsi nel lavoro, al dare significato al proprio agire, all'accrescere le proprie competenze in ambito sociale e lavorativo.

L'obiettivo dell'intervento è l'empowerment dell'identità professionale del tutor di tirocinio inteso come coinvolgimento "diverso" e più maturo nel contesto la-vorativo, ovvero, come strutturazione di identità capaci di partecipare a sistemi sempre più complessi in cui stretto è il rapporto tra innovazione organizzativa e processi di apprendimento (Fabbri, 2007). L'empowerment rappresenta in sintesi un rimando a tutte le strategie organizzative in cui viene favorita la capacità di azio-ne, sottoforma sia di responsabilità che di autonomia. Il valore formativo di un in-tervento inteso ad innescare processi di empowerment a livello individuale ed orga-nizzativo si situa difatti nella creazione di condizioni che soddisfino bisogni di significatività, espressività, senso, autostima e fiducia con conseguenze di respon-sabilità, creatività, cooperazione e aumento della motivazione (Cesarini, Regni, 1999).

Sollecitare il gruppo dei tutor al pensiero critico attraverso un coinvolgimento nella rinnovata dialettica autonomia/responsabilità istituzionale è stato pertanto

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l'obiettivo di un'attività di formazione ispirata da un'idea di professionalità intesa come acquisizione di un habitus. Intendiamo per habitus un processo che si nutre dell'azione quotidiana in cui il soggetto apprende e si trasforma. Ne emerge un'i-dea del contesto formativo come luogo la cui finalità non è l'acquisizione di co-noscenze e procedure da utilizzare successivamente, ma il vivere l'azione per spe-rimentare/strutturare un habitus, trasformandolo da ostacolo in risorsa (Magno-ler, 2012). Parliamo quindi dell'attività formativa come sviluppo della consapevolezza sull'habitus personale e professionale e su schemi di azione (Perrenoud, 2006; Pa-strè, 2011) che determina nuove modalità operative ed una diversa visione della propria traiettoria formativa.

La sottolineatura della necessità per il tutor di una capacità orientativa è fatta dalla letteratura a partire dalla intrinseca duplicità del suo ruolo professionale (tra scuola e università), che rende auspicabile una capacità di negoziaziazione della propria identità professionale (Conti, 2014). Egli è un "maestro di scuola" in pri-mis, con un rimando al momento pratico, ma anche collegato al piano della rifles-sione teorica rappresentato dalla ricerca didattica e dall'università. I processi lega-ti all'alternanza del tutor tra università e scuola, legalega-ti a dinamiche implicite, complesse ed informali (in cui nulla coincide tra mondo scolastico e mondo ac-cademico perché differenti sono i contesti, gli obiettivi e i protagonisti,), necessi-tano di essere organizzati in attività che slegano l'esperienza di orientamento che lo stesso tutor fa di tale alternanza dall'imprevedibilità e la organizzino in meto-dologie e strategie. L'esperienza di orientamento dello studente deve riflettere in tal senso quella dello stesso tutor, chiamato a colmare quel vuoto riflessivo che a volte si situa tra sé e il proprio ruolo professionale. La relazione dinamica tra il ruolo di tutor e quello di maestro deve tendere difatti ad un raddoppio di compe-tenze più che ad una scissione psicologica rappresentata, per i tutor con esonero parziale, dal vivere uno sdoppiamento del sé professionale in cui a volte sono considerati tutor a scuola e maestri in università, con la fatica del doversi ridefini-re continuamente.

5. TIROCINIO 1.0. GLI STEP DEL PRIMO ANNO FORMATIVO

Nell'ambito di un progetto essenzialmente inteso nel suo primo anno ad inci-dere sul rafforzamento del parternariato università-scuola e sul raccordo tra Ti-rocinio e didattiche disciplinari, il primo passo effettuato è stata la riqualificazio-ne dei processi di partecipazioriqualificazio-ne dei tutor alle pratiche collettive di riferimento. In tal senso la progettazione delle risorse di apprendimento si è mossa dal cercare di introdurre nel gruppo dei tutor transizioni verso forme di riflessività più matu-ra. L'attività di formazione si è mossa quindi dal ricollocare processi riflessivi e collaborativi all'interno di una cultura organizzativa caratterizzata da derive indi-vidualistiche o leadership non condivise. È stato proposto uno slittamento di si-gnificato da un'idea di comunità come "gruppo di colleghi con finalità

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essenzial-mente conservativa delle pratiche agite" a un'idea di comunità come spazio cultu-rale in cui portare il pensiero da pratica individuale a pratica sociale. L'impressio-ne era che, in alcuni casi, il tutor già si sperimentasse come professionista, ovvero come soggetto che conosce e che può intervenire in una realtà culturale e sociale, ma in una dimensione individuale non negoziata. L'intervento si è centrato sulla rivalutazione di una dimensione collettiva effettuata con la predisposizione di in-contri in plenaria, quali momenti di un approccio dialogico e partecipativo fina-lizzato alla discussione e alle decisioni sulle linee d'intervento. Si ripropongono in tali incontri narrazione, decision making, problem solving, pensiero critico, attenzione ai processi di comunicazione professionale, come strumenti che lo stesso tutor deve interiorizzare per padroneggiarli negli incontri di tirocinio indiretto con gli studenti. I processi comunicativi sono stati oggetto di particolare esplicitazione e verifica per creare una consapevolezza sui modi di pensare e comunicare e orien-tare la comunicazione verso forme di maggiore trasparenza e impegno comune. In tal senso il lavoro sulla relazione interpersonale è stato molto forte e giudicato prioritario.

Se la professionalizzazione matura nel contesto lavorativo, preliminarmente si rende necessario definire un profilo di competenze. Una serie di key competences (progettuali, valutative, interpretative, relazionali e orientative) sono state eviden-ziate come obiettivi specifici:

-supportare processi di apprendimento riflessivi e rielaborativi nelle attività di tirocinio indiretto degli studenti

-gestire dinamiche di gruppo (sollecitare discussioni, porre interrogativi, sti-molare punti di vista differenti, facilitare la comunicazione, gestire conflitti) e supportare l'efficacia del lavoro di gruppo

-guidare e valutare attività di documentazione del tirocinio -raccordare il tirocinio con le discipline

-supervisione formativa (accogliere e orientare le scelte dello studente, valo-rizzarne potenzialità e prevenire forme di disagio, sostenerne la motivazione)

-gestione di una comunicazione efficace tra studente e istituzioni -utilizzo delle tecnologie per il tirocinio

-flessibilità e adattamento in materia di iniziativa, decisioni, organizzazione delle risorse

-cogliere i processi di rinnovamento in atto nella scuola -inserirsi nella dimensione della ricerca didattica

-autoapprendimento e autoregolazione dello sviluppo professionale.

Formulare delle competenze comuni di tutorship è un processo che propone di certo un ideale, ma nel contempo apre lo spazio per definire un proprio per-corso all'interno di una serie condivisa di significati e proiettarlo verso un risulta-to di sempre maggiore qualità. Al contempo è un processo che orienta lo svilup-po professionale verso traguardi che rappresentano bilanci momentanei all'inter-no di un continuum, punti di arrivo e punti di partenza all'interall'inter-no di un processo

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di cambiamento. Parliamo non di skills, ma di prescrizioni aperte (Le Boterf, 2004) che, sottoposte alla verifica dei tutor, non sono state modificate, ma ap-prezzate in quanto indicatori di una professionalità evoluta.

Le competenze di tutorship sono state messe al centro di una serie di semina-ri "d'eccellenza" , di cui si è avviata la calendasemina-rizzazione, proposti con il fine di sollecitare approfondimenti individuali dei tutor e l'immersione del gruppo in un contesto culturale comune di riferimento. La ricaduta è stata molto forte sugli aspetti motivazionali, consentendo, ad esempio, una sistematizzazione di cono-scenze già padroneggiate (Caldin, 2014), proiettando il gruppo sul fronte avanza-to della ricerca didattica, verso le "traietavanza-torie non lineari di apprendimenavanza-to" (Ros-si, Sibilio, 2014) o puntando all'approfondimento del dialogo tirocinio-didattiche di area scientifica (Bartolini Busi, 2014).

Il modello di tirocinio proposto si è orientato verso l'istituzionalizzazione di momenti di lavoro comune in cui elaborare congiuntamente dei riferimenti per il percorso di tirocinio dello studente. Le Linee guida per l'inserimento dello stu-dente nel percorso di Tirocinio sono state il primo documento elaborato. Tale lavoro è stato travagliato, scandito dal verificarsi di continue integrazioni viste come imposizioni di una visione professionale su di un'altra, ma ha comunque rappresentato uno spazio-tempo di esplicitazione e confronto di rappresentazio-ni di sé, rappresentaziorappresentazio-ni sulla professione insegnante e sull'idea stessa di tiroci-nio, quale modello di Tirocinio implicito e latente (Perla, 2012a) presente nel gruppo soprattutto a livello di piccoli sottogruppi informali, da cui partire per giungere solo gradualmente ad una condivisione in merito alle risorse normative e qualità dell'esperienza da offrire allo studente. Effettuato in un gruppo ristretto per essere poi integrato in plenaria, il lavoro ha visto l'abbandono di un tutor, ma anche l'emergere di alcuni tutor più impegnati.

Il lavoro è stato condotto prestando attenzione anche ai bisogni formativi dei tutor. Cambiare il contesto socioemotivo e culturale di riferimento e, pertanto, situarsi su di un "piano personale della supervisione" (Nigris, 2004), in cui del gruppo si è cercato di recepire bisogni e problematiche personali e relazionali, è stata individuata come premessa di un apprendimento che, per coinvolgere l'a-dulto, deve intercettarlo globalmente, sul piano personale e professionale, come immagine di sé e della professione stessa. Curare la professionalizzazione signifi-ca oggi lavorare su diverse dimensioni: la storia personale e sociale del soggetto, il suo percorso formativo, l'agire professionale in situazione (Le Boterf, 2010). Un forte bisogno di attenzione ai loro destini professionali è un punto costante-mente emergente. Ed anche, la difficoltà a confrontarsi con studenti che, pur re-digendo relazioni dalle solide matrici culturali di riferimento (anche se uniformi), non riescono a ricostruire le problematiche di riferimento (osservazione, orga-nizzazione, pof, organi collegiali, autonomia scolastica, competenze docenti, ecc.).

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La suddivisione del gruppo in alcuni sottogruppi di lavoro è stata effettuata per lavorare nello specifico su alcune problematiche coinvolgendo maggiormente i tutor nella dimensione autonomia/responsabilità257. La logica del sottogruppo

consente di attivare meglio processi di apprendimento in cui da situazioni di cri-ticità reali, dalla percezione di un disagio e dall'identificazione di un problema si passa ad un'individuazione delle soluzioni e alla validazione della relativa effica-cia. La logica del gruppo ristretto ha consentito un lavoro più puntuale sui pro-blemi, ma anche sulle relazioni personali, che hanno visto emergere conflittualità e aggressività dissimulata, ma anche momenti di chiarimento e di lavoro congiun-to. Il sottogruppo deputato a lavorare sulla sensibilizzazione dei dirigenti all'ac-coglienza dei tirocinanti implementa la partnership con le scuole per una sensibi-lizzazione sul tema della formazione insegnati e per la condivisione di un model-lo di tirocinio in cui gli studenti non si percepiscano "affidati a caso" e con scarse possibilità di partecipare agli organi collegiali e quindi di "osservare la scuola". Un tema dell'impegno futuro è il rapporto con i tutor accoglienti, l'esigenza di effettuarne delle selezioni e le possibilità di una valutazione del loro operato.

All'interno di processi istitutivi di prassi partecipative e collaborative è stato mantenuto il ruolo forte del referente, tradizionalmente responsabile del progetto e agevolatore delle connessioni università-scuola. Al referente è stato assegnato un ruolo forte di formatore, a partire dall'idea che in ogni struttura di rapporto formativo deve esservi il riconoscimento di "qualcosa di più" sul piano profes-sionale, ed in coerenza con il modello di accompagnamento didattico che il tutor deve proporre allo studente. Non è l'essere in contesto che avvia la costruzione di un habitus, ma l'accompagnamento di un professionista che comunica e condi-vide il senso dell'agire, la possibilità di riflettere su come operano i professionisti e su come decidono la loro azione (Rossi, 2011). La leadership che connota le stra-tegie organizzative di empowerment è sempre comunque centrata sulla respon-sabilizzazione delle persone coinvolte e su aperture di nuove possibilità per il soggetto. La perdita di un riferimento diretto con il coordinatore del corso di lau-rea, depositario del sapere burocratico e legislativo del tirocinio, e l'introduzione di una figura intermediaria (il referente, maggiormente orientato alla dimensione della ricerca didattica) ha creato problemi di "smarrimento" che però hanno fa-vorito l'impostazione di nuove dinamiche. In alcuni casi questo passaggio si è tradotto nella ricerca di altre figure dispensatrici di risposte "assolute", in altri come apertura a nuove forme di coinvolgimento nei problemi.

257 Sottogruppi attivati: Organigramma e spazi, Relazione Tirocinio e Linee Guida, Distribuzione degli studenti, Sensibilizzazione dei dirigenti all'accoglienza dei tirocinanti, Piattaforma per archiviare le relazioni, Proposte contenuti laboratoriali, Studenti lavoratori, Area sostegno.

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Il referente è diventato anche facilitatore, impegnato ad inserire i tutor all'in-terno del collegio docenti, investito nel suo complesso della responsabilità di pensare un modello di formazione dei futuri insegnanti. I tutor sono stati invitati dal consiglio di corso di laurea a condividere in prima persona i documenti pro-dotti (secondo un patto formativo tra gruppo docenti e gruppo dei tutor) e ad effettuare proposte di didattica disciplinare nell'ambito di alcuni insegnamenti disciplinari, in relazione alle competenze specifiche. Utilizzare le competenze specifiche possedute dai tutor può costituire un'opportunità di collaborazione e confronto per il docente, che può costituire con il tutor un comune quadro teo-rico-epistemologico di riferimento. La finalità è specializzare lo studente in una didattica della disciplina, approfondita in università, in classe ed infine nella rela-zione finale (evitando la produrela-zione di relazioni-fotocopia, tema su cui si incen-tra la proposta di sostituire le relazioni con dispositivi di scrittura narrativa quali spazi di attraversamento della personale autobiografia di apprendimento).

In sintesi, al termine del primo anno le azioni del percorso formativo propo-sto ai tutor sono state:

-esplicitazione della proposta di orientamento, intesa come capacità di gestire un percorso attivo di formazione, e di empowerment inteso come rafforzamento dell'identità professionale.

-esplicitazione degli aspetti professionali e relazionali -accompagnamento inteso come costruzione del gruppo

-stimolo nei tutor della capacità di porre domande e ricercare soluzioni effica-ci

-potenziamento della capacità di auto-orientarsi nel contesto università-scuola, inteso come sensibilizzazione a forme di autonomia/responsabilità.

Il modello di formazione proposto, all'inizio di un processo che richiede ag-giustamenti e integrazioni a fronte della complessità in cui si inseriscono le prati-che di tirocinio, si incentra quindi su una valorizzazione delle figure di accompa-gnamento ed un potenziamento della capacità di agire in contesti che richiedono prassi più attente e nuove forme di responsabilità istituzionale. Alcuni processi comunicativi e organizzativi sono profondamente radicati in insegnanti con molti anni di esperienza, ma le possibilità legate al rigenerare le biografie professionali in direzione autoformativa e autovalutativa, con il consolidamento di atteggia-menti dialogici e interattivi orientati a scavare "nella comunicazione carsica del tirocinio" (Damiano, 2007), possono incidere su processi di riqualificazione dell'esperienza di tirocinio.

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