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Università di Pisa
Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
Corso di Laurea Magistrale in Biologia marina
Tesi di Laurea
Ecologia e pesca della tellina, Donax trunculus Linneo, 1759,
nel Mar Ligure sud orientale.
Suggerimenti per lo sfruttamento sostenibile della risorsa
Candidato
Relatori
Daniele Di Stefano
Prof. Alberto Castelli
Dott. Paolo Sartor
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INDICE
PAGINA
1. INTRODUZIONE 3
2. DESCRIZIONE DELLA SPECIE 8
2.1. Inquadramento sistematico 8
2.2. Descrizione morfologica 8
2.3. Biologia riproduttiva, ciclo biologico ed accrescimento 13
2.4. Distribuzione geografica e batimetrica 15
2.5. Habitat 16 2.6. Pesca 17 2.6.1. Caratteristiche generali 17 2.6.2. Contesto normativo 18 3. MATERIALI E MOTODI 22 3.1. Area di studio 22 3.1.1. Caratteristiche generali 22
3.1.2. Morfologia dei fondali e granulometria dei sedimenti 24
3.2. Dati storici 28
3.3. Campionamento 28
3.3.1. Interviste ai pescatori 28
3.3.2. Logbook 30
3.3.3. Composizione e demografia delle catture commerciali 32
3.3.4. Campagne sperimentali 32
3.4. Analisi dei dati 36
3.4.1. Indici di densità e biomassa 36
3.4.2. Distribuzione ed abbondanza 36
3.4.3. Selettività 37
3.4.4. Struttura dei popolamenti 38
4. RISULTATI 41
4.1. Naviglio e caratterizzazione della pesca di Viareggio 41
4.2. Dati storici 48
4.3. Descrizione attività di pesca 49
4.4. Monitoraggio pesca commerciale 51
4.4.1. Demografia della frazione commerciale 51
4.4.2. Composizione delle catture e selettività del vaglio 53
4.4.3. Pesca ricreativa 57
4.5. Campagne sperimentali 58
4.5.1. Popolamento macrozoobentonico 58
4.5.2. Distribuzione ed abbondanza 74
4.5.3. Struttura dei popolamenti 76
5. DISCUSSIONE 86
6. CONCLUSIONI 95
7. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 98
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1. INTRODUZIONE
La pesca è un’attività che ha da sempre accompagnato l’evoluzione umana. Nel tempo l’uomo ha sviluppato e perfezionato tecniche ed attrezzi sempre più sofisticati, rendendosi così in grado di pescare organismi che vivono in superficie, nella colonna d’acqua oppure sul fondo del mare, arrivando a profondità sempre più elevate (Sartor, 2011).
Secondo la FAO (www.FAO.org) nel 2016 il prelievo globale di prodotti ittici provenienti dal mare ammontava a 79,3 milioni di tonnellate, una diminuzione di quasi 2 milioni di tonnellate dagli 81,2 milioni di tonnellate del 2015. Nel 2018 la FAO rileva una diminuzione delle catture dei vari gruppi di molluschi: quelle dei cefalopodi sono cominciate a calare nel 2016, quelle delle ostriche dai primi anni '80, quelle delle vongole dalla fine degli anni '80, quelle delle cozze dall'inizio degli anni '90 e quelle delle capesante a partire dal 2012.
La biologia della pesca comprende lo studio delle caratteristiche biologiche ed ecologiche delle più importanti risorse marine sfruttate commercialmente, con l’obiettivo principale di fornire alle politiche della pesca strumenti utili ad un corretto e sostenibile sfruttamento delle stesse. Tale branca della biologia risulta essere oltremodo rilevante poiché la pesca si basa sullo sfruttamento delle potenzialità produttive delle popolazioni naturali, risorse rinnovabili non illimitate. A questo proposito è importante puntualizzare la distinzione tra risorse rinnovabili esauribili, come quelle sfruttate dalla pesca, ed inesauribili, come ad esempio l'energia solare o quella eolica. Difatti le popolazioni naturali, anche se in grado di crescere e rinnovarsi, sono risorse che possono collassare se non gestite in modo sostenibile, pericolo che invece non sussiste quando si sfrutta l'energia proveniente dal sole o dal vento. Per utilizzare correttamente una risorsa è fondamentale la conoscenza dei suoi meccanismi di funzionamento. La dinamica di popolazione studia attraverso modelli matematici i cambiamenti nella struttura demografica e nelle dimensioni di una popolazione naturale. Essa risulta essere fondamentale per valutare correttamente lo stato di sfruttamento di uno stock (stock assessment) in ottica di massimizzare il rendimento della pesca sul lungo periodo. Lo stock identifica un gruppo di individui che è relativamente isolato da altri della stessa popolazione e che risulta essere soggetto al'attività di pesca (Cognetti et al., 2008); in sostanza è la frazione sfruttabile di una popolazione (Bombace e Lucchetti, 2011). Gli stock sono quindi sottopopolazioni di una specie caratterizzate da tassi di crescita e mortalità (inclusa la mortalità da pesca) uguali e costanti lungo tutto l’areale di distribuzione; si tratta di unità di gestione che, a differenza del concetto di popolazione, sono prevalentemente legate allo sfruttamento umano. La dinamica di popolazione si focalizza inoltre sullo studio dell’evoluzione di una coorte, ovverosia un gruppo di individui di una stessa popolazione che è nato nello stesso periodo; difatti i parametri relativi alla vita degli organismi facenti parte di una popolazione sono più simili all’interno di una stessa coorte.
In ecologia con il termine reclutamento si indica l'aggiunta di nuovi individui in una comunità dovuta a nuove nascite od alla immigrazione di esemplari provenienti da altre popolazioni. In biologia della pesca esistono invece due diversi tipi di reclutamento, quello all'area (o al fondale) e quello all'attrezzo. Il primo avviene quando una coorte si insedia in un nuovo habitat - in molte popolazioni marine si ha ad esempio l'arrivo in una data zona di larve liberamente natanti che
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trovando favorevole l'area vi si stabiliscono - mentre il secondo si verifica nel momento in cui una coorte diventa per la prima volta disponibile all'attrezzo da pesca.
Alcuni metodi di pesca, essendo più selettivi, permettono la cattura in maniera prevalente degli organismi per i quali è stato indirizzato lo sforzo di pesca, le cosiddette "specie target" o bersaglio; altri invece estendono la loro capacità di cattura ad una varietà di specie più ampia, anche se non necessariamente remunerative da un punto di vista economico, il cosiddetto "by catch" (Tillman, 1993; Alverson et al., 1994); quest'ultimo viene generalmente sbarcato. Viceversa lo scarto è definito come "la porzione di fauna marina salpata a bordo e restituita successivamente al mare" (Alverson et al., 1994; Hall, 1999); le cause che portano alla produzione di scarto sono prevalentemente di natura economica (specie aventi bassa o nulla richiesta di mercato ed individui danneggiati non vendibili), legale (esemplari di dimensioni inferiori alla taglia minima di riferimento e catture superiori alle quote stabilite per legge) e tecnica (bassa selettività degli attrezzi da pesca). Le stime medie riferite al periodo 1992 - 2001 riportavano un volume di scarto mondiale pari a 7,3 milioni di tonnellate (Kelleher, 2005), circa l’8% del totale di biomassa catturata; recenti studi (Pauly e Zeller, 2016; Watson e Tidd, 2018) suggeriscono però come il valore effettivo abbia in realtà un'entità decisamente superiore.
Se la pesca di una determinata specie risulterà essere commisurata alle capacità di rinnovo dei relativi stock la risorsa rimarrà potenzialmente disponibile per sempre, viceversa l’attività di prelievo sarà destinata a diventare economicamente ed ecologicamente insostenibile. Si deve cioè utilizzare le risorse in maniera equilibrata senza pregiudicare la loro disponibilità per le generazioni future (Cognetti et al., 2008). Ne consegue quindi che si parla di gestione sostenibile di una risorsa quando il tasso di rigenerazione della medesima è uguale o superiore a quello di sfruttamento da parte della pesca. Viceversa, se il prelievo aumenta determinando l’eliminazione di una sproporzionata mole di individui che non hanno ancora completato il ciclo evolutivo, si avrà una diminuzione graduale ed accelerata della biomassa totale e la risorsa andrà incontro al fenomeno definito overfishing. Quest'ultimo avviene ogniqualvolta si verifica un aumento dell'intensità di pesca (sforzo di pesca) a fronte di un decremento delle catture ("rendimento di pesca"). Si stima che attualmente l’80 % delle risorse ittiche mondiali siano sovrasfruttate e che anche nel Mediterraneo molti degli stock ittici si trovino in uno stato di sfruttamento lontano da quello ottimale (Colloca et al., 2013). A tal proposito si noti come lo sfruttamento eccessivo di una risorsa rinnovabile ma esauribile, sia biologica che economica, possa addirittura provocare alterazioni irreversibili (al limite anche dell’estinzione) della risorsa stessa (Ulgiati e Brown, 2003). Tuttavia è convinzione di molti autori (Beverton e Holt, 1957; Garrod e Knight, 1979; Burgess, 1980; Pitcher e Hart, 1992) che una specie marina non possa essere portata all’estinzione dalla sola azione umana, tranne nel caso dei mammiferi; infatti i pesci hanno generalmente una capacità riproduttiva altissima, e la proporzione di individui che muoiono è elevata anche quando la popolazione è in perfetto equilibrio naturale. I danni di uno sfruttamento eccessivo riguarderebbero quindi soprattutto la redditività commerciale del pescato, che rischia di decadere quando la pesca diventa troppo intensiva; difatti il mare reagisce all'eccesso di prelievo con il crollo della produzione ittica (Cognetti et al., 2008).
Particolare attenzione deve inoltre essere posta all'overfishing sui grandi predatori (squali, tonni, cernie, merluzzi, etc.); esso induce infatti il fenomeno chiamato "Fishing down the food web",
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ovverosia il processo per il quale la pesca, in un determinato ecosistema, avendo sovrasfruttato i grandi predatori, posti all’apice della catena alimentare, si dirige sulle specie di più piccole dimensioni (Pauly et al., 1998). Il risultato in questo caso è la diminuzione progressiva del livello trofico medio della comunità, da cui derivano alterazioni molto gravi degli ecosistemi come la diminuzione della diversità specifica, la minore complessità delle biocenosi ed una minore resistenza a stress esterni dovuta a diminuzione della stabilità ecologica.
Relativamente ai molluschi, sono molti gli esempi documentati di sovrasfruttamento. Primo tra tutti, merita di essere citato il caso di Patella ferruginea, specie che è localmente scomparsa in molte parti del Mediterraneo (Raffaelli e Hawkins, 1999). A causa dei prelievi eccessivi, la specie è ormai ridotta a pochi esemplari concentrati soprattutto nelle isole dell'arcipelago toscano, mentre è ancora comune nei parchi marini della Corsica (Cognetti et al., 2008). Un altro esempio è quello verificatosi alle Canarie con la grande patella intertidale Patella candei che è stata sovrasfruttata fino al punto di scomparire a livello locale. Adesso questa specie essa risulta essere abbondante solo in una delle isole meno popolose dell’Arcipelago (Fuerteventura) e nelle disabitate Isole Selvagge (Raffaelli e Hawkins, 1999). Focalizzandoci sui bivalvi, molti stock in tutto il mondo sono collassati in conseguenza della combinazione tra lo sforzo di pesca professionale, le attività acquatiche ricreative e commerciali, i fallimenti nel reclutamento, la mortalità di massa e la degradazione dell'habitat (Arnold, 2001). Questi impatti non solo influenzano i potenziali rendimenti della pesca, ma possono anche compromettere il potenziale produttivo degli ecosistemi (Joaquim et al., 2007). In particolare, la pesca è un fattore che influenza profondamente le dinamiche demografiche dei bivalvi bentonici commestibili (Cavalcanti et al., 2018). In alcuni casi una popolazione può essere sfruttata per lunghi periodi ed, occasionalmente, diventare oggetto di overfishing, il che compromette la sua capacità di recupero. Questo è probabilmente il caso di Anomalocardia flexuosa (Rodrigues et al., 2008). Anche il grande bivalve delle barriere coralline, Tridacna gigas, è stato prelevato per l'utilizzazione delle carni e per la bellezza della conchiglia, in così gran numero da determinare la scomparsa in varie regioni del Pacifico tropicale (Cognetti et al., 2008). Altro esempio è quello avvenuto in Portogallo dove le popolazioni di Spisula solida sono state impoverite da fattori ambientali ed antropogenici, incluso l'overfishing, con un conseguente danno alla sostenibilità delle attività di pesca, che dipendono dagli stock (Joaquim et al., 2007). Talvolta ai prelievi eccessivi di una specie di interesse economico si accompagnano alterazioni dell'habitat che precludono così qualsiasi possibilità di recupero delle popolazioni (Cognetti et al., 2008). Le Lithophaga che una volta abbondavano nelle pareti calcaree che sprofondano verticalmente in mare lungo la penisola sorrentina sono stati in questi ultimi anni prelevati in maniera sempre più massiccia con l'uso anche di martelli pneumatici (Cognetti et al., 2008). Ciò ha determinato non solo la rarefazione delle popolazioni, ma anche la distruzione sistematica del loro habitat (Cognetti et al., 2008).
Gli sforzi di gestione per evitare il collasso degli stock sono aumentati in molte marinerie che operano pesca sui bivalvi ma, anche quando la pressione di raccolta viene rimossa o quando si inverte la perdita di habitat, non vi è alcuna garanzia che le popolazioni colpite si riprendano (Joaquim et al., 2007). Da tutto ciò emerge un'evidente necessità di gestire in modo intelligente queste risorse ittiche, garantendo contemporaneamente la redditività dell'economia e la sostenibilità degli stock nel tempo; viceversa si potrebbe giungere ad un collasso delle risorse con
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un apodittico danno, sia in termini biologici che economici, per le generazioni future. Si tenga inoltre conto che l'Unione Europea è il più grande mercato unico per i bivalvi, poiché quest'ultimi sono ampiamente promossi come prodotti alimentari sani e sostenibili; di conseguenza la domanda da parte dei consumatori è risultata in aumento negli ultimi anni (FAO, 2018).
Il mantenimento e la valorizzazione delle risorse marine richiedono un'attenta opera di controllo e di pianificazione, per evitare gli errori del passato ed assicurare alle generazioni future il mantenimento degli equilibri naturali e la fruizione delle risorse (Cognetti et al., 2008). La ricerca ed il monitoraggio delle specie risultano quindi essere fondamentali per l'attuazione di strategie comunitarie efficaci volte alla preservazione dell'ambiente marino e delle sue risorse. Si tratta inoltre delle principali fonti di informazione utilizzate per l'adozione di misure gestionali relative al settore pesca. A partire dalla promulgazione della Legge n°41 del 17 febbraio 1982, relativa al piano per la razionalizzazione e lo sviluppo della pesca marittima, è iniziato in Italia il monitoraggio sistematico delle risorse ittiche presenti in tutti i mari nazionali. Tale raccolta dati è proseguita nel tempo; inoltre, a partire dal 2000, ha preso forma un quadro europeo per la raccolta e la gestione dei dati sulla pesca. Tale quadro è stato riformato per la prima volta nel 2008 con il Data Collection Framework (DCF). In tale contesto, gli Stati membri raccolgono, gestiscono e mettono a disposizione una vasta gamma di dati sulla pesca necessari per la consulenza scientifica.
Donax trunculus è una specie appartenente al phylum Mollusca, distribuita nel Mar Mediterraneo
e nell'Atlantico orientale. Si tratta di una specie bentonica che vive infossata verticalmente nella sabbia, lungo la linea di costa, nei primi metri di profondità. Trattandosi di una specie di interesse gastronomico, la tellina viene sfruttata a fini commerciali dalle marinerie locali, che la raccolgono soprattutto mediante l'ausilio del rastrello da natante. In Italia la pesca è localizzata prevalentemente nell'Alto/Medio Adriatico, lungo le coste versiliesi del Mar Ligure e sul litorale laziale del Mar Tirreno. Le telline possono essere pescate a fini commerciali solo all'interno di tratti di mare classificati (relativamente ai parametri igienico - sanitari) dalle Autorità competenti (es. ASL). Si noti che D. trunculus è anche oggetto di attenzione dei numerosi pescatori ricreativi presenti lungo la fascia costiera; ciò genera una competizione tra quest'ultimi e la pesca professionale.
In ragione di tutto ciò, la specie è soggetta ad un’elevata pressione antropica, fonte di mortalità aggiuntiva rispetto a quella naturale; risulta pertanto di fondamentale importanza garantire uno sfruttamento sostenibile della tellina.
In quest'ottica, le marinerie toscane dedite alla pesca di D. trunculus hanno espresso la volontà di costituire dei Consorzi di Gestione finalizzati a garantire uno sfruttamento sostenibile ed economicamente redditizio della risorsa; l'auspicio è inoltre quello di garantire in tal maniera un sistema di controlli atto a valorizzare ed a tutelare questa peculiare tipologia di pesca. Inoltre la risorsa, nonostante l'importanza per l'economia locale, risulta essere ancora poco studiata. In ragione di tutto ciò la Regione Toscana ha recentemente finanziato un progetto di ricerca finalizzato ad acquisire maggiori informazioni inerenti la biologia, l'ecologia e lo sfruttamento di D.
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sullo stato di sfruttamento delle telline, in modo da valutare adeguatamente tutti gli aspetti economici e sociali del comparto (Brajon, 2019).
In tale ambito è stato svolto il presente lavoro di tesi. Lo studio è stato condotto da febbraio a novembre 2018 nell’area del Mar Ligure sud - orientale, in uno dei luoghi ove è maggiormente concentrata la pesca professionale delle telline in Toscana: il compartimento marittimo di Viareggio.
Gli obiettivi che il presente elaborato si è preposto sono stati i seguenti:
• Caratterizzazione dell’attività di pesca e dello sfruttamento della tellina (capacità di pesca, connotazione delle imbarcazioni e dell’attrezzo da pesca).
• Evoluzione spazio temporale delle Catture Per Unità di Sforzo (CPUE) e descrizione del "pattern" di sfruttamento: stime di selettività e composizione delle catture.
• Individuazione dei periodi di reclutamento al fondale degli individui giovani di D. trunculus in toscana.
• Stima della distribuzione, dell'abbondanza e della struttura demografica di D. trunculus, in funzione della stagione, dell'area e della batimetria.
• Caratterizzazione della struttura del popolamento macrozoobentonico di dimensione superiore a 7 mm e sue variazioni spazio - temporali.
• Individuazione dei periodi di reclutamento all'attrezzo degli individui adulti di D. trunculus. • Elaborazione di proposte per l’attuazione di misure gestionali volte ad uno sfruttamento
sostenibile delle risorsa.
Ad oggi, sulla pesca e la biologia della tellina nel Mar Ligure sud - orientale (l’area oggetto di questo studio) sono stati condotti i seguenti studi: Baldaccini e Bianucci (1984), Costa et al. (1987), Baino et al. (1988) e Voliani et al. (1990; 1997); da segnalare anche lo studio realizzato da ARPAT nel 1986.
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2. DESCRIZIONE DELLA SPECIE
2.1. INQUADRAMENTO SISTEMATICO
Donax trunculus Linneo, 1758
NOME COMUNE: Tellina
2.2. DESCRIZIONE MORFOLOGICA
D. trunculus (Fig. 2.2.1.) presenta una solida conchiglia composta da due valve cuneiformi aventi la
parte posteriore troncata, caratteristica da cui deriva il nome scientifico della specie. La scultura è lucida con strie di accrescimento più marcate verso l'estremità anteriore.
Fig. 2.2.1. - Donax trunculus
Dominio
Eukaryota
Regno
Animalia
Phylum
Mollusca
Classe
Bivalvia
Sottoclasse
Heterodonta
Ordine
Cardiida
Superfamiglia
Tellinoidea
Famiglia
Donacidae
Genere
Donax
Specie
D. trunculus
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La conchiglia (Fig. 2.2.2.) è leggermente inequivalve: la valva sinistra è infatti poco più grande della destra. La specie presenta inoltre la dentatura del margine interno solo nella parte ventrale. L’umbone - area in rilievo che rappresenta la parte più vecchia delle valve e da cui si irraggiano le strie di accrescimento concentriche - è piccolo ed opistogiro, rivolto cioè verso la parte posteriore della conchiglia. La lunula - fossetta situata poco sopra l’umbone e divisa in due dalla cerniera che unisce le valve - risulta essere lunga e stretta. Il periostraco - ovverosia lo strato proteico che riveste la parte esterna della conchiglia dei bivalvi - si presenta è lucido, sottile e molto aderente.
Fig. 2.2.2. - Schema della conchiglia di un bivalve (da Wikipedia)
Nei bivalvi la cerniera è una placca provvista di un sistema di dentelli e fossette che, ingranandosi tra loro, assicurano la perfetta apposizione delle valve e ne impediscono lo scivolamento l'una sull'altra. La struttura della cerniera è un carattere diagnostico per distinguere i diversi gruppi di bivalvi. Può essere omodonte, costituita cioè da denti tutti uguali, o eterodonte, con denti diversi distinti in cardinali (posti sotto l'umbone) e laterali (posti accanto ai primi). La cerniera di D.
trunculus è eterodonte con quattro robusti denti, di cui due cardinali e due laterali. Il legamento -
struttura elastica con funzione di tenere divaricate le valve in seguito al rilassamento dei muscoli adduttori, che hanno viceversa la funzione di chiudere la conchiglia - è esterno e fornito di una notevole elasticità; è inoltre piuttosto corto e si estende esclusivamente sul margine posteriore (Parenzan, 1974).
La colorazione esterna - abbastanza variabile - passa da marrone a crema, con bande più scure concentrate sulle linee di accrescimento; la zona relativa all'umbone è tendenzialmente più chiara ed in molti esemplari sono presenti dei raggi biancastri che partono dall'umbone fino al margine ventrale. Internamente la colorazione è di norma color viola con i bordi bianchi. Le impronte muscolari e palleali sono ben evidenti.
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Gli adulti possono superare i 35 mm di lunghezza massima, soprattutto lungo le coste atlantiche. C'è difatti una leggera differenza tra le conchiglie mediterranee e quelle atlantiche: quest'ultime sono più grandi ed hanno la parte posteriore più lunga (Poppe e Goto, 1993).
Organismi di taglia inferiore a 20 mm sono universalmente considerati individui giovani. (Fig. 2.2.3) Quest'ultimi, soprattutto negli individui aventi minore lunghezza totale, hanno un contorno subtriangolare con bordo ventrale molto più convesso e margine dorsale inclinato, ben diverso dagli adulti (Scaperrotta et al., 2015).
Successivamente i giovani, accrescendosi, tendono gradualmente ad assumere la forma tipica degli individui adulti; difatti il loro bordo ventrale si appiattisce progressivamente con l'aumentare della taglia (Fig. 2.2.4).
Fig. 2.2.3. - Esemplare giovanile di D. trunculus
Fig. 2.2.4. - Due individui di taglia differente di D. trunculus
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La tassonomia del Genere Donax è stata recentemente rimessa in discussione ed esistono a tutt'oggi diverse linee di pensiero. Ad ogni modo, oltre a D. trunculus, in Toscana è possibile rinvenire tra le specie appartenenti a questo genere anche:
• Donax semistriatus Poli, 1795; • Donax variegatus (Gmelin, 1791).
Secondo Huber Donax sebae, Donax vittatus e Donax venustus non possono essere considerate specie a sé stanti ed il solo motivo per cui non sono ancora state messe in sinonimia con D.
semistriatus è l'assenza di dati genetici (Huber, 2015).
D. semistriatus si differenzia da D. trunculus (Fig. 2.2.5, 2.2.6, 2.2.7) per la presenza nella conchiglia
di una scultura reticolata nel posteriore, caratterizzata altresì da un angolo più ampio rispetto alla parte anteriore. Inoltre la taglia media e la lunghezza massima di D. semistriatus risultano essere inferiori a quelle registrate per D. trunculus.
Fig. 2.2.5. - Comparazione in laboratorio Fig. 2.2.6. - Comparazione tra giovani tra D. trunculus (a destra) e di D. trunculus (a destra) e D. semistriatus ( a sinistra) D. semistriatus (a sinistra)
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D. variegatus si differenzia invece dalle altre specie appartenenti alla famiglia Donacidae per i
margini lisci della conchiglia. La colorazione mostra sempre una banda radiante color crema a circa la metà delle valve (Poppe e Goto, 1993).
In D. trunculus il piede muscolare, compresso lateralmente, è molto mobile e presenta una tipica forma a scure; la sua funzione principale non è quella locomotoria ma bensì quella di permettere all’animale di affossarsi nella sabbia. La ghiandola del bisso è assente.
Tutti gli individui del genere Donax possiedono due sifoni generati dalla completa saldatura delle pliche palleali interne (Yonge, 1957 ). Entrambi i sifoni, ben distinti e separati alla base, sono lunghi e molto mobili; hanno inoltre la peculiarità di essere collegati a muscoli detrattori che li fanno ritrarre nella cavità palleale a seguito di eventuali stimoli esterni. I sifoni sono ricoperti sia internamente che esternamente da un epitelio a microvilli. Il sifone inalante è fornito di numerosi piccoli tentacoli all’estremità libera che hanno principalmente la funzione di filtrare le particelle che penetrano all’interno della cavità palleale. Il sifone esalante ha una struttura più semplice, con una parete più sottile. In particolare, negli individui adulti (30/35 mm) i sifoni hanno una lunghezza di 14 mm e uno spessore di 3 mm alla base; il sifone inalante è leggermente più corto di quello esalante, e la sua apertura apicale raggiunge un diametro di circa 2 mm (La Valle, 2005). Mentre nel sifone esalante l’apertura è circondata da 12 tentacoli piccoli, semplici e non ramificati, nel sifone inalante si distinguono 6 tentacoli primari, 6 secondari e 12 terziari. Quando attivi, tutti i tentacoli si piegano verso l'interno, formando un setaccio che quasi occlude il poro del sifone (Fishelson, 2000).
D. trunculus è un filtratore (Ansell, 1983; Froglia, 1989), nutrendosi principalmente di materiale
organico in sospensione (Wade, 1967) e di fitoplancton (Mouëza, 1976; Mouëza e Chessel, 1976; Plante Cuny e Bodoy, 1987 ). Come precedentemente accennato, gli ctenidi svolgono anche funzione alimentare. Difatti le particelle troppo grandi per passare dai pori branchiali vengono imprigionate dalle ciglia nel muco ed immesse in solchi alimentari ciliati situati ai margini delle branchie.
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2.3. BIOLOGIA RIPRODUTTIVA, CICLO BIOLOGICO ED ACCRESCIMENTO
D. trunculus è una specie gonocorica (Mouëza et al., 1973) per la quale non sono stati segnalati
casi di ermafroditismo o inversione sessuale (Gaspar et al., 1998). Il rapporto tra sessi è di circa 1:1 e la fecondazione esterna avviene in seguito al rilascio di una gran quantità di spermatozoi ed uova nell'acqua marina.
L'apparato riproduttore è formato da due gonadi situate in prossimità del pericardio e da canali che terminano con gametopori nella cavità soprabranchiale; una volta giunti qui i gameti sono espulsi all'esterno grazie alla corrente di ritorno ed al sifone esalante. A seguito di ciò sono quindi da escludersi eventuali fecondazioni intrapalleali.
D. trunculus non presenta dimorfismo sessuale nella conchiglia, ma i sessi possono distinguersi per
le diverse colorazioni e forme delle gonadi nel periodo di maturazione: blu e granulose nelle femmine, bianco - crema e lobate nei maschi. Si noti che le gonadi femminili al momento del pieno sviluppo si estendono anche all'interno del piede ma, dopo la deposizione e il successivo riassorbimento dei rimanenti ovociti ad opera dei fagociti, si riducono a strette isole di epitelio germinale; in questo stadio sessuale indifferenziato il sesso del mollusco non è riconoscibile (Galstoff, 1961). Anche nei maschi durante il periodo di riposo le gonadi regrediscono ed il sesso non risulta distinguibile macroscopicamente; inoltre il dimorfismo sessuale è assente negli individui di taglia inferiore a 10 mm.
In D. trunculus maschi e femmine raggiungono contemporaneamente la maturità sessuale per aumentare il successo della fecondazione.
In Algeria è stata osservata una fluttuazione nella sex ratio degli adulti durante il periodo di attività sessuale tale da determinare una predominanza dei maschi (Hafsaoui, 2016), tale da ipotizzare una mortalità più elevata nelle femmine (Mouëza, 1973).
Il ciclo riproduttivo varia da zona a zona, soprattutto in relazione a: temperatura dell'acqua, fotoperiodo, ciclo di produzione del fitoplancton e variazioni di marea.
In Toscana più studi (Badino e Marchionni, 1972; Costa et al., 1987) concordano nel rilevare per le telline un periodo di riposo nei mesi invernali, un inizio di maturazione delle gonadi ad Aprile, il raggiungimento della maturità sessuale a Maggio/Giugno ed il rilascio dei gameti a Luglio/Agosto. Le scale di maturità sessuale sono stilate sulla base dello sviluppo delle gonadi e dei loro prodotti. Per quanto concerne la taglia minima riproduttiva, gli esemplari più piccoli ritrovati con gameti maturi in entrambi i sessi hanno una dimensione di 12/13 mm (Costa et al., 1987).
Nei bivalvi l'accrescimento viene calcolato in base alla differente lunghezza delle conchiglie degli individui campionati.
La velocità di accrescimento di D. trunculus varia da luogo a luogo ed è altresì funzione dei fattori abiotici (temperatura, tipologia del fondo, etc.) e biotici (densità della popolazione, etc.) presenti. In Toscana è stato rilevato da Voliani et al. (1997) un accrescimento della conchiglia piuttosto veloce, in accordo con Costa et al. (1987) che nel medesimo litorale hanno individuato i seguenti parametri della curva di crescita di von Bertalanfly: L∞= 36,7 mm; K = 0,5; t0 = - 0,31. Pertanto le
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telline che hanno raggiunto una taglia commerciale di 20 mm (Reg. UE 1967/2006) hanno superato l'anno di vita e si sono riprodotte almeno una volta (Relini et al., 1999).
La durata del ciclo biologico aumenta in modo proporzionale all'aumentare della latitudine, passando dai 2/3 anni rilevati in Marocco ai 5 anni osservati lungo le coste atlantiche francesi (Gaspar et al., 1999); ciò supporta l’ipotesi di aumento della longevità di una specie all'aumentare della latitudine (Remane e Schlieper, 1958). Il ciclo vitale (Fig. 2.3.1.) inizia con l'emissione all'esterno - attraverso il sifone esalante - dei gameti e con la successiva fecondazione esterna. Dopodiché le uova sferiche (70/80 µm di diametro dopo la fecondazione) si sviluppano attraverso uno stadio di blastula liberamente natante e diversi stadi di trocofora per produrre una larva detta
veliger provvista di conchiglia bivalve e velo non lobato.
Lo sviluppo è di tipo planctotrofico. Secondo Neuberger - Cywiak et al. (1990) il periodo larvale plantonico dura circa due mesi. Solo in seguito la larva veliger si lascia cadere sul fondo avviando la sua metamorfosi in adulto. L'insediamento dei propaguli e la metamorfosi delle larve è la fase iniziale del reclutamento (Santangelo, 2000). Il ciclo di D. trunculus presenta variazioni in base al suo areale di distribuzione (Marobin et al., 2007) ed in particolare sono stati osservati sia un diverso periodo di reclutamento sia una differente tipologia (unimodale/bimodale) a seconda dell'area geografica in cui sono stati condotti gli studi; in Toscana la specie presenta un reclutamento unimodale diffuso nell'arco dell'anno ma con intensità marcatamente variabile: il 90% del fenomeno si è manifestato nel periodo estivo, con un massimo nel mese di luglio, mentre il restante 10% è diffuso prevalentemente nei mesi autunnali, con una coda fino a febbraio (Voliani et al., 1997).
Generalmente, lungo le coste mediterranee, gli individui giovani si insediano sui fondali costieri (pochi cm di profondità) e successivamente, con l’aumentare della taglia e dell’età, si spostano a profondità maggiori (Voliani et al., 1990).
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2.4. DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA E BATIMETRICA
D. trunculus è una specie atlantico - mediterranea, caratteristica di acque caldo - temperate (Salas,
1987). Si distribuisce nel Mar Mediterraneo, nel Mar di Marmara, nel Mar Nero ed in Atlantico orientale (Fig. 2.4.1.), dalla costa nord - est atlantica della Francia (baia di Douarnenez, Bretagna) fino alle coste del Senegal (Tebble, 1966; Trueman e Ansell, 1969; Guillou e Le Moal, 1980; Fisher
et al., 1981; Bayed e Guillou, 1985; Deval 2009; Çolakoğlu, 2014).
Fig. 2.4.1. - Distribuzione geografica di D. trunculus
Si tratta di una specie molto comune in tutto il Mediterraneo che vive infossata verticalmente nella sabbia sino a 15 m di profondità (Relini et al., 1999). Ad ogni modo la distribuzione batimetrica della specie varia nelle diverse aree geografiche di distribuzione: lungo le coste atlantiche la troviamo ad esempio tra 0 e 6 metri di profondità (Massé, 1971; Amouroux, 1974; Salas, 1987; Gaspar et al., 1998; Gaspar et al., 2002), mentre in Mediterraneo si rinviene principalmente tra 0 e 3 metri di profondità (Relini et al., 1999). Lungo le coste atlantiche è inoltre più facile rinvenire individui di dimensioni ragguardevoli.
La specie mostra inoltre un incremento di taglia con l'aumentare della profondità - confermato da distribuzioni di frequenza per classi di età - tale per cui gli individui giovani colonizzano soprattutto gli strati superficiali mentre gli esemplari più grandi si distribuiscono prevalentemente a profondità maggiori (Voliani et al., 1990; Mariani et al., 1998). Tale distribuzione di taglia è dovuta in primo luogo all'intenso sforzo di pesca che agisce principalmente a pochi metri di profondità, dove sono presenti grandi concentrazioni di individui, ed in secondo luogo allo spostamento degli adulti a maggiori profondità (Voliani et al., 1990).
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2.5. HABITAT
Tutte le specie appartenenti al genere Donax hanno comportamento fossorio (Vermeji, 1978) e sono rapidi e efficienti scavatori (Thayer, 1975; Donn et al., 1986; Ramon et al., 1995; Gaspar et
al., 1998; Gaspar et al., 2002); la morfologia della conchiglia (forma compressa e superficie
regolare) ed il poderoso piede facilitano la penetrazione rapida di queste specie nel sedimento (Ansell, 1983; Nel et al., 2001).
D. trunculus abita gli ambienti altamente energetici delle spiagge sabbiose, dove è esposta al ritmo
delle maree, all'intensa azione delle onde ed all'instabilità dei sedimenti (Ansell et al., 1983; Brown e McLachlan, 1990; Gaspar et al., 2002, Çolakoğlu, 2014); gli individui di questa specie sono infatti capaci di mantenere la propria posizione nel substrato anche in presenza di un forte idrodinamismo. Inoltre D. trunculus ha una buona tolleranza alle variazioni dei fattori ambientali, fisici e chimici; a condizione che questi cambiamenti non siano troppo brutali (Marobin, 2007; Hafsaoui, 2016). In particolare i sedimenti sono soggetti a grandi variazioni di temperatura (comunque mai freddi) e di salinità e beneficiano di un'ossigenazione importante (Marobin et al., 2007). In tali ambienti le popolazioni di D. trunculus sono in grado di raggiungere densità molto elevate formando ampi e fitti letti (Gaspar et al., 1998; Wilson, 1999); a seguito di ciò la specie può quindi essere considerata un importante costituente della macrofauna superficiale dei fondi sabbiosi (Ansell, 1983; Brown e McLachlan, 1990; McLachlan, 1996; McLachlan et al., 1996).
D. trunculus colonizza sia il piano intertidale che quello infralitorale superiore ed è presente sia
nella biocenosi delle Sabbie Fini Superficiali (SFS), che si estende dalla linea di battigia fino a circa 2,5 m di profondità, sia nella fascia più superficiale della comunità delle Sabbie Fini Ben Calibrate (SFBC), che può arrivare fino a 25 m di profondità (Pérès e Picard, 1964; Picard, 1965). Quest'ultima biocenosi, è generalmente caratterizzata da un sedimento omogeneo e leggermente infangato; inoltre esso risulta spesso essere costituito da sabbie fini di origine terrigena, cioè derivanti dalla disgregazione della roccia litorale o dall’apporto dei fiumi.
La biocenosi delle Sabbie Fini Superficiali è caratterizzata da un forte idrodinamismo e dalla dominanza di molluschi bivalvi (es. D. trunculus, D. semistriatus, Lentidium mediterraneum, Tellina
tenuis, Donacilla cornea) e del Crostaceo Brachiuro Portumnus latipes. In alcune aree D. trunculus
costituisce la facies tipica di questa biocenosi (Relini et al., 1999); a differenza di altre specie congeneriche (Ansell, 1983), D. trunculus non mostra però migrazioni tidali, ovvero spostamenti in risposta ai ritmi di marea.
La comunità delle Sabbie Fini Ben Calibrate (Fig. 2.5.1.) si rinviene a partire da 2,5 m di profondità ed è caratterizzata da un idrodinamismo meno intenso, da una maggiore diversità specifica e dalla dominanza di molluschi bivalvi (es. Mactra stultorum, Chamelea gallina, Spisula subtruncata,
Acanthocardia tuberculata, Ensis ensis, Ensis minor, Solen marginatus), di molluschi Gasteropodi
(es. Neverita josephina, Nassarius mutabilis), dell'anellide polichete Nephtys hombergii, del Crostaceo Brachiuro Liocarcinus vernalis e del Crostaceo Anomuro Diogenes pugilator (Pérès e Picard, 1964; Picard, 1965; La Valle, 2005).
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Fig. 2.5.1. - Biocenosi delle sabbie fini ben calibrate (SFBC) (da www.biologiamarina.eu modificato)
D. trunculus predilige sedimenti caratterizzati da sabbie con granulometria medio - fine compresa
tra 0,50 e 0,25 mm di diametro (Voliani et al., 1990). Trattandosi di una specie strettamente dipendente dalla composizione e dalla granulometria del sedimento, D. trunculus viene inoltre considerato un organismo "substrato - sensibile" ed un ottimo descrittore dell'ambiente di cui fa parte (La Valle, 2005); al contrario la presenza di sedimenti grossolani e di substrati rocciosi (barriere) esclude invece la presenza della specie (Bayed, 1998).
2.6. PESCA
2.6.1. CARATTERISTICHE GENERALI
D. trunculus è una specie commercialmente molto apprezzata.
In Italia la pesca professionale avviene prevalentemente nell'Alto/Medio Adriatico e lungo le coste versiliesi e laziali del Tirreno.
Fino al 1992 la risorsa è stata raccolta in grandi quantitativi mediante l'utilizzo della draga idraulica turbosoffiante "cannellara", ma il D.M. del 29 maggio dello stesso anno proibisce la pesca di telline
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con quest'attrezzo, prevedendo una raccolta occasionale non superiore al 10% del pescato (Relini
et al., 1999).
Oggigiorno la raccolta professionale delle telline viene generalmente praticata con piccole imbarcazioni e mediante l'ausilio di un rastrello da natante.
La pesca è effettuata in prossimità della costa fino a circa tre metri di profondità. Il pescaggio dell'imbarcazione e le condizioni meteo marine sotto costa, dove a causa delle onde si ha una maggior risacca, determinano la profondità minima a cui viene effettuata la pesca professionale.
D. trunculus è una delle specie più intensamente ricercate ed apprezzate dai pescatori ricreativi, in
virtù probabilmente anche del facile reperimento; può difatti essere raccolta persino a mano. La pesca ricreativa avviene prevalentemente durante la stagiona balneare, quando la presenza dei turisti lungo le coste è massima. L’attrezzo di pesca comunemente utilizzato dai pescatori non professionisti è il rastrello a mano. Dato l’interesse gastronomico ed il valore commerciale, la tellina è anche oggetto, purtroppo non infrequente, di pesca illegale; quest'ultima viene praticata in prevalenza da pescatori abituali provvisti di rastrello a mano.
2.6.2. CONTESTO NORMATIVO
La pesca di D. trunculus in Italia è disciplinata dal D.M. 21 luglio 1998 e dalle successive modifiche - "Disciplina della pesca dei molluschi bivalvi" del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali - e dal D.P.R. n° 1639 del 2 ottobre 1968 recante il "Regolamento per l’esecuzione della Legge 14 luglio 1965, n. 963, concernente la disciplina della pesca marittima".
L'attrezzo per la raccolta delle telline è normato come segue:
• L’attrezzo consentito è la draga meccanizzata (ex rastrello da natante), codice internazionale identificativo: DRB;
• L’uso del rastrello da natante è consentito soltanto ai pescatori professionali mediante specifica autorizzazione ed annotazione sulla licenza di pesca.
Il rastrello da natante deve avere le seguenti caratteristiche (D.M. 21 Luglio 1998): • La larghezza della bocca non deve essere superiore a m 1,50;
• L’apertura della maglia non deve essere inferiore a mm 20 per la pesca delle telline; • Il sacco di raccolta in rete tessile non deve avere lunghezza superiore a 2 metri.
Per la pesca delle telline è previsto il "fermo pesca" dal 1° aprile al 30 aprile (D.M. 21 Luglio 1998); il pescato massimo giornaliero non può superare i 100 kg per unità da pesca (D.M. 21 Luglio 1998). Il D.P.R. n° 1639 del 2 ottobre 1968 regola anche la pesca ricreativa stabilendo che:
• Il quantitativo giornaliero di pescato per persona non può superare i 5 Kg; • La commercializzazione del prodotto pescato è vietata.
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In base al D.M. 16.07.1986 la taglia minima commercializzabile (Taglie Minime di Riferimento per la Conservazione, MCRS, Minimum Conservation Reference Size) di D. trunculus è 20 mm, sia per la pesca professionale che per quella ricreativa.
I regolamenti di riferimento sono i seguenti:
• Regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio, del 21 dicembre 2006, relativo alle misure di gestione per lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nel mar Mediterraneo e recante modifica del regolamento (CEE) n. 2847/93 e che abroga il regolamento (CE) n. 1626/94;
• Regolamento delegato (UE) 2016/2376 della Commissione del 13 ottobre 2016 che istituisce un piano di rigetto per i molluschi bivalvi Venus spp. nelle acque territoriali italiane;
• Decreto 16 luglio 1986: Misura minima dei cannolicchi e delle telline e modificazione al decreto ministeriale 26 ottobre 1985 concernente: «Norme per la pesca dei molluschi bivalvi con l'uso di apparecchi turbosoffianti». (GU Serie Generale n.173 del 28.07.1986); • Decreto Ministeriale 21 luglio 1998: Oggetto: Disciplina della pesca dei molluschi bivalvi; • D.P.R. n° 1639 del 2 ottobre 1968 recante "Regolamento per l'esecuzione della Legge 14
luglio 1965, n. 963, concernente la disciplina della pesca marittima".
• Decreto 21 novembre 2016, n. 12259 (Bollettino Ufficiale della Regione Toscana)
D. trunculus viene commercializzata sia come prodotto fresco che precotto. In quest’ultimo caso i
molluschi vengono sgusciati mediante bollitura e successivamente messi in conserve o congelati; tali generi alimentari prendono comunemente nome di "anime di telline".
La pesca delle telline a fini commerciali deve necessariamente sottostare alla normativa sanitaria vigente. Nella Toscana settentrionale la pesca commerciale di D. trunculus può avvenire solo in tratti di mare classificati come Zone A o B dall'"Unità Funzionale di Sicurezza Alimentare e Sanità Veterinaria" della ASL 12. Ciò al fine di promuovere la filiera corta e l'immissione sul mercato locale di un prodotto controllato e certificato. La normativa vigente prevede che:
• Se la pesca è avvenuta in acque classificate da un punto di vista sanitario come Zona A, il prodotto deve obbligatoriamente transitare attraverso uno stabilimento/centro di spedizione prima di essere destinato alla vendita per il consumo umano;
• Se la pesca è avvenuta in acque classificate da un punto di vista sanitario come Zona B, il prodotto deve obbligatoriamente transitare attraverso un centro di depurazione autorizzato prima di essere destinato alla vendita per il consumo umano. Risulta quindi necessario che il prodotto destinato alla vendita sia munito di bollo del Centro di spedizione ed eventualmente del Centro di depurazione. A seguito di tutto ciò è pertanto vietato smerciare i molluschi, anche in piccole quantità, attraverso altri canali di vendita. La prima classificazione delle acque del litorale della Versilia risale al 1982 (Delibera n.440 del Consiglio Regionale Toscana del 20/07/1982) mentre l'ultima riclassificazione, tutt'ora vigente, è
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stata effettuata nel 2016 ai sensi del Regolamento 853/04 (Decreto R.T. n. 12259 del 21/11/2016). A novembre 2019 l’area sarà nuovamente oggetto di riclassificazione.
Una volta classificate, le zone di produzione devono mantenere i requisiti di classificazione e sono quindi oggetto di sistematici monitoraggi attraverso specifici piani di sorveglianza che prevedono:
• controlli mensili dei parametri microbiologici e biotossicologici in campioni di D. trunculus; • controlli mensili dei parametri chimico fisici delle acque (Ph, T, O2 e Salinità);
• analisi mensili quali - quantitative nella colonna d’acqua dei popolamenti fitoplanctonici finalizzate alla ricerca di eventuali popolazioni tossiche;
• controlli semestrali dei parametri chimici nelle telline (Pb, Cd, Hg). Per risultare idonee al consumo umano le telline devono soddisfare requisiti:
Tabella 2.6.2.1. - Requisiti sanitari necessari per il consumo umano di D. trunculus
Microbiologici E. Coli ≤ 230MPN/100g
Chimici Pb < 1,5 ppm Cd < 1,0 ppm Hg < 0,5 ppm Biotossicologici Biotossine Algali
(DSP-ASP DSP)
Se in zone di produzione di Classe A un campione supera i limiti microbiologici ma quest'ultimi restano inferiori a 4660 MPN/100gr di E. coli, la zona può essere temporaneamente declassificata a B; ciò ovviamente a patto che non vi siano altri rischi per la salute umana. In tal caso viene applicato un monitoraggio straordinario dell'area in "Regime di Sorveglianza" e sarà necessario un risultato favorevole separato da un intervallo di almeno 7 giorni affinché la zona di produzione possa essere riportata allo stato sanitario di Classe A.
Attualmente vi sono cinque zone classificate per la pesca delle telline in Toscana, due delle quali afferenti all'area di Viareggio. Le coordinate dei tratti di mare classificati come Zone A o B presenti all’interno dell’area di studio sono riportate in Tab. 2.6.2.2.; la Fig. 2.6.2.1. mostra la dislocazione di queste aree.
Tabella 2.6.2.2. - Coordinate geografiche che individuano i tratti di mare compatibili con la raccolta di molluschi bivalvi per il consumo umano diretto.
AREA ZONA Punti Latitudine Longitudine
Area Viareggio Zona Levante Punto 1 43°51’10’’ N 10°14’10’’ E
Punto 2 43°51’25’’ N 10°14’80’’ E Punto 3 43°48’05’’ N 10°15’40’’ E Punto 4 43°48’10’’ N 10°15’80’’ E
Zona Ponente Punto 1 43°52’00’’ N 10°14’20’’ E
Punto 2 43°52’10’’ N 10°14’60’’ E Punto 3 43°56’00’’ N 10°10’00’’ E Punto 4 43°56’20’’ N 10°10’20’’ E
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Fig 2.6.2.1. - Dislocazione delle due aree classificate per la pesca di molluschi bivalvi
Qualora invece le imprese di pesca volessero incominciare a prelevare molluschi in un'area non ancora classificata, è necessario che prima inoltrino l'opportuna richiesta al Comune di appartenenza del tratto di mare; dopodiché la domanda sarà trasmessa alla Regione Toscana - Sezione Sanità che si occuperà infine di inviarla alla ASL locale.
Nell’area di Viareggio, oggetto del presente studio, gran parte della commercializzazione delle telline pescate dai professionisti avviene attraverso la Società Toscomolluschi S.r.l., uno stabilimento abilitato come Centro di spedizione, come Centro di depurazione e come Centro di trasformazione di molluschi. Suddetto stabilimento, avente sede ad Ospedaletto (Pisa), risulta essere autorizzato e munito di bollo n° IT P117 CE .
Oltre allo stabilimento sopracitato è presente un ulteriore stabilimento abilitato alla commercializzazione situato a Viareggio, Dimensione Mare s.r.l. .
Per quanto riguarda le normative sanitarie sulla commercializzazione e lavorazione degli alimenti si fa riferimento ai Reg. (CE) 852, 853 e 854 tutti del 2004.
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3. MATERIALI E METODI
3.1. AREA DI STUDIO
Lo studio è stato condotto nel tratto di mare sfruttato dalla marineria di Viareggio per la pesca delle telline (v. Fig. 2.6.2.1.). Le zone classificate, in cui è consentito praticare la pesca di D.
trunculus, sono due:
• Zona di Ponente (da Marina di Pietrasanta al limite nord del porto di Viareggio); • Zona di Levante (dal limite sud del porto di Viareggio alla foce del fiume Serchio).
3.1.1. CARATTERISTICHE GENERALI
Il Mar Ligure, nella parte italiana, bagna le coste della Liguria (la Riviera ligure), parte di quelle della Toscana (la Riviera apuana, la Versilia, il litorale pisano e la costa degli Etruschi, ovvero il litorale tra Livorno e Piombino), nonché le secche della Meloria, le isole di Capraia e Gorgona e la costa settentrionale dell'Isola d'Elba. Questo mare, che a nord - ovest della Corsica raggiunge la sua profondità massima (oltre 2850 m), occupa in Toscana un’area di circa 10.000 km².
La piattaforma continentale tra il Golfo di La Spezia e l’Isola d’Elba è ampia e presenta una leggera pendenza che si accentua tra Livorno e l’Elba; in particolare si estende per 35/40 km dalla costa e sino a circa 150 m di profondità. Tra le isole di Capraia e Gorgona, la piattaforma è tagliata dal Canyon dell’Elba che scende in profondità verso Nord - Ovest.
Il litorale che si estende da Punta Bianca ai Monti Livornesi costituisce un'unità fisiografica (Aiello
et al., 1975) lunga circa 63,5 Km e divisa amministrativamente fra la Regione Toscana, nel cui
territorio ricadono ben 60,9 Km di costa, e la Regione Liguria, ove ricadono solo i 2,6 Km più settentrionali (Cipriani et al., 2001). La costa varia la propria esposizione passando da una direzione NE - SW, all'estremità settentrionale, ad una N - S, nel tratto meridionale e, se non fosse per l'aggetto naturale della foce dell'Arno e per quelli artificiali dei porti di Marina di Carrara e di Viareggio, costituirebbe una falcatura con raggio di curvatura progressivamente crescente tale da farla assimilare alle spiagge a forma a spirale logaritmica (Silvester e Hsu, 1993).
Per quanto riguarda l’idrografia continentale, i principali fiumi che influenzano questo tratto di mare sono il Magra, il Serchio e l’Arno; essi svolgono un ruolo determinante per la morfologia e le caratteristiche fisiche del litorale. I fondali lievemente degradanti non permettono un continuo e rapido ricambio delle acque. Specialmente durante il periodo invernale - primaverile, lungo la costa vi è una costante presenza di acqua dolce che non si mescola immediatamente con quella marina, ma scivola sopra di essa avanzando lungo il litorale e creando uno strato a bassa salinità profondo due metri e lungo alcune miglia. La circolazione delle masse d’acqua, a nord del fiume Arno, è dominata dalla "corrente ligure" che si sviluppa parallelamente alle isobate ed è generata dai gradienti di densità tra il bacino Ligure e quello Tirrenico.
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Un forte livello di antropizzazione caratterizza il tratto di costa compreso tra la foce del Magra e Marina di Torre del Lago Puccini; ciò è dovuto sia alle attività portuali di Carrara e Viareggio sia al turismo presente nella riviera. Inoltre il tratto più settentrionale della costa è contraddistinto da numerose opere di difesa che inducono modificazioni del litorale anche dal punto di vista di dinamica sedimentaria.
Viceversa il litorale compreso fra Marina di Torre del Lago Puccini e la foce del Fiume Arno ricade completamente all’interno del Parco naturale Migliarino San Rossore Massaciuccoli e presenta quindi caratteristiche molto naturali.
Infine, il tratto di costa situato tra la foce del Fiume Arno ed il porto di Livorno è caratterizzato da un livello di antropizzazione intermedio dovuto, oltre che a quest’ultimo, anche alle cittadine di Marina di Pisa e Tirrenia. Si noti che le Secche della Meloria, che rappresentano una barriera naturale, e le scogliere prospicenti Marina di Pisa ed il porto di Livorno, che costituiscono viceversa ostacoli di origine antropica, inducono inoltre modificazioni alla dinamica di questo litorale.
Il tratto della costa toscana compreso tra la foce del fiume Magra a nord ed il porto di Livorno a sud è costituito da spiagge di origine alluvionale (Aiello et al., 1975) con fondali bassi e sabbiosi. Questi fondi molli costituiscono dei sistemi di estremo interesse sia per la loro ampia distribuzione sia per l’importanza dei popolamenti bentonici ivi presenti, costituiti prevalentemente da organismi che vivono infossati: molluschi bivalvi, crostacei ed echinodermi.
A livello biocenotico infatti la zona è caratterizzata dalla presenza di un popolamento ascrivibile alle Sabbie Fini Superficiali (SFS) ad una batimetria compresa tra 0 e 2 metri e di un popolamento bentonico costituito da organismi caratteristici delle Sabbie Fini Ben Calibrate (SFBC) tra i 2 ed i 5 metri di profondità.
Cipriani et al. (2001) evidenziano che in questo tratto di costa i venti di velocità maggiore provengono tutti da un ristretto settore centrato sui 250° N nella distribuzione direzionale percentuale media annua dei venti. Comparando questa informazione con i diagrammi polari relativi alla distribuzione delle altezze d’onda, rilevano inoltre che le mareggiate principali arrivano prevalentemente dal settore 240° - 270° N, mentre gli eventi estremi (H > 6 m) provengono da un limitatissimo settore centrato sui 225° N.
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3.1.2. MORFOLOGIA DEI FONDALI E GRANULOMETRIA DEI SEDIMENTI
Nel tratto di mare tra Livorno e bocca di Magra, fra la battigia e l’isobata dei 5 metri, la pendenza media del fondale è dell’1,6% (Fig. 3.1.2.1.). Il profilo presenta però un'elevata variabilità, dovuta in gran parte al moto ondoso, alle differenze granulometriche ed alla presenza di opere architettoniche; la pendenza massima, di circa il 5%, si realizza nella zona antistante Marina di Pisa mentre la minima, di circa lo 0,5%, è presente nel litorale prospicente Tirrenia, che risulta essere riparato nei confronti dei mari di Scirocco grazie alla presenza dalle Secche della Meloria e del porto di Livorno.
Fig. 3.1.2.1. - Pendenza media dei fondali tra la battigia e l'isobata dei 5 m (da Cipriani et al., 2001) Il Fiume Magra ha una lunghezza di 62 km ed una portata solida media annua di 632x103 t/anno (Cavazza, 1984); contribuisce pertanto in modo rilevante al bilancio sedimentario della costa. Il Fiume Serchio ha una lunghezza di 89 km ed una portata solida media annua di 23x103 t/anno (Cavazza, 1984); rispetto al Fiume Magra risulta fornisce quindi un minore contributo sedimentario al litorale.
L’Arno rappresenta infine, con una lunghezza di 241 km ed una portata solida media annua di 1524x103 t/anno (Cavazza, 1984), il principale fiume dell’unità fisiografica.
Molti studi concordano sull’esistenza di una corrente che dalla foce del Fiume Magra è diretta verso sud e su una che da Bocca d’Arno è diretta verso nord; la zona di convergenza sembra essere situata nella zona antistante Marina di Pietrasanta. A sud della foce dell’Arno si assiste invece alla
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presenza di una corrente diretta verso il porto di Livorno, indotta probabilmente dai fenomeni di rifrazione del moto ondoso dovuti all’esistenza delle Secche della Meloria.
Molti autori riportano, nella zona esaminata dal presente studio, la presenza di sabbia gradualmente più fine via via che aumenta la profondità. I sedimenti presenti nell’area possono essere quindi classificati, partendo dalla costa e procedendo verso il largo, in:
1. Sabbie medie (costituite da quarzo, feldspato e calcite);
2. Sabbie medio - fini con presenza di silt (costituite da quarzo, feldspato e calcite); 3. Silt argilloso (costituito da quarzo e calcite);
4. Argilla con silt (costituita da calcite e quarzo).
La scala logaritmica di Krumbein (Tab. 3.1.2.1.) permette di classificare su base granulomerica il sedimento, secondo l'equazione:
φ = - log2 D/Do
φ è il phi di Krumbein
D è il diametro della particella
Do è un diametro di riferimento uguale ad 1 mm
Tab. 3.1.2.1. - Classi granulometriche (da Wikipedia)
Applicando questo sistema di classificazione per vagliare la granulometria del fondale nell'areale di studio, Cipriani et al. (2001) riportano un range dimensionale entro la batimetrica dei 3 m che varia da 1,3 a 3,4 phi, ossia da sabbie medie a sabbie molto fini (Fig. 3.1.2.2.)
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Fig. 3.1.2.2. - Grafico Media/Profondità (da Cipriani et al., 2001 modificato)
Dal grafico si può dedurre come nei primi metri non vi siano le condizioni energetiche per la sedimentazione di particelle con dimensioni medie (Mz) elevate, nonostante tali materiali siano presenti nella zona. Si noti infatti come sia l'Arno che il Magra riversino in mare materiali grossolani, rispettivamente con valori compresi tra 0 e 1 phi il primo e fino quasi a -3 phi il secondo. I sedimenti trasportati dal Magra, che si spingono verso sud fino alla zona di convergenza, presentano un salto dimensionale in corrispondenza del porto di Marina di Carrara; quest'ultimo rappresenta infatti una barriera fisica capace di impedire il transito alle ghiaie permettendolo solo alle particelle con granulometria inferiore. Da Marina di Pietrasanta a Forte dei Marmi, ossia in corrispondenza della zona di convergenza, le dimensioni medie dei sedimenti risultano essere molto uniformi ed ascrivibili alla classe delle sabbie fini.
Per quanto concerne i sedimenti immessi dall'Arno, essi si dirigono sia verso sud in direzione di Livorno sia verso nord in direzione della zona di convergenza. Anche in questo caso però la presenza di un porto, quello di Viareggio, funge da barriera nei confronti dei sedimenti di maggiori dimensioni trasportati verso nord. L'effetto della struttura foranea si traduce quindi nella presenza di materiale di dimensioni comprese tra 1 phi e 2 phi sino al porto di Viareggio ed entro la profondità di 4 m. Anche Voliani et al. (1990) riferiscono la presenza di un sedimento abbastanza uniforme tra la foce dell'Arno ed il porto di Viareggio riportando una granulometria compresa tra 0.25 e 0.50 mm, ovverosia sabbia media, entro la batimetrica dei 3,5 m. A nord del porto di Viareggio la granulometria del fondale tende a diminuire ma si ha comunque un lobo di sabbie medie in continuità con quelle presenti a sud, a testimonianza che i sedimenti provenienti dall'Arno riescono in parte ad oltrepassare lo scalo marittimo. Gradualmente poi, via via che ci si avvicina alla zona di convergenza, le dimensioni del substrato tendono a diminuire sino ad attestarsi completamente nella classe granulometrica delle sabbie fini.
In conclusione, all'interno dell'areale preso in esame da questo elaborato ed entro la batimetrica dei 3,5 m, la granulometria media dei sedimenti è ascrivibile alla sabbia media nell'area denominata "Levante" ed alla sabbia fine nella zona definita "Ponente" (Fig. 3.1.2.3.).
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Fig. 3.1.2.3 - Mappa della granulometria media entro la batimetrica dei 3.5 m
I sedimenti dell'area studiata sono inoltre generalmente compresi nelle classi dei substrati ben classati (0,35 phi <
σ
1 < 0,5 phi) e moderatamente ben classati (0,5 phi <σ
1 < 0,71 phi) secondo lascala proposta da Folk e Ward (1957); ciò è presumibilmente dovuto alle locali condizioni di alta energia.
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3.2. DATI STORICI
Al fine di ottenere una base di dati conoscitiva, all’inizio dello studio sono state raccolte informazioni pregresse, presso le Cooperative di pescatori di Viareggio e le aziende dedite all’insacchettamento e commercializzazione del prodotto, sullo sbarcato e l’attività di pesca professionale alle telline. A questo proposito sono stati acquisiti dati, per il periodo 2011 - 2017, relativi ai conferimenti giornalieri di telline (kg) per ciascuna giornata di pesca effettuata da ogni imbarcazione. In questo modo sono stati raccolti dati di cattura relativi ad oltre 1500 giornate di pesca.
3.3. CAMPIONAMENTO
3.3.1. INTERVISTE AI PESCATORI
All'inizio del 2018 sono state realizzate, nell’area di indagine, interviste individuali con i pescatori locali; sia il protocollo applicato che il formulario utilizzato erano stati precedentemente standardizzati. Le interviste hanno permesso di identificare le unità da pesca operative e di raccogliere una prima serie di informazioni - relative all’anno precedente - inerenti le attività di pesca, le catture e gli attrezzi utilizzati; il questionario ha inoltre consentito di acquisire dati di tipo socio - economico (es. costi relativi all’acquisto ed alla manutenzione degli attrezzi da pesca, spese per il carburante e ricavi ottenuti con la vendita del prodotto) sull’attività di pesca. In effetti, solo una porzione delle imbarcazioni in possesso di licenza di pesca con draga da natante ha effettivamente esercitato la pesca alla tellina. Con le interviste è anche stato possibile valutare la frazione di imbarcazioni che ha praticato la pesca di D. trunculus in maniera prevalente e quella che lo ha fatto invece in maniera saltuaria.
La Tab. 3.3.1.1. mostra un esempio del formulario utilizzato per le interviste con i pescatori di Viareggio.
In particolare, durante le interviste con i pescatori, è stato anche possibile acquisire dati tecnici sugli attrezzi utilizzati; in ogni barca sono state eseguite misurazioni dei rastrelli da natante ed i pescatori hanno fornito importanti informazioni sulle modalità di pesca
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Tabella 3.3.1.1. - Formulario utilizzato per le interviste ai pescatori locali
Data intervista: Intervistato:
CARATTERISTICHE IMBARCAZIONE (ANNO 2017)
DATI ATTIVITA’ DI PESCA (RELATIVI ALL’ANNO 2017)
Periodo di pesca alle telline Periodo di pesca ad altre specie *
GIORNI DI PESCA EFFETTUATI SPECIE BERSAGLIO *
ATTREZZI USATI
AREA DI PESCA PRINCIPALE INTERVALLO DI PROFONDITA’ STAGIONE DI PESCA
DURATA MEDIA GIORNATA DI PESCA PRESENZA DI SCARTO
(stima in peso e specie più rappresentate, in %) PRINCIPALI PROBLEMATICHE RISCONTRATE
DATI SOCIO - ECONOMICI (RELATIVI ALL’ANNO 2017)
Periodo di pesca alle telline Periodo di pesca ad altre specie PRODUZIONE (kg) FATTURATO (euro) GIORNI DI PESCA COSTI Costi variabili CARBURANTE
ALTRI COSTI VARIABILI (casse, ghiaccio, ecc..)
Costi fissi
MANUTENZIONE BARCA ACQUISTO ATTREZZI DA PESCA MANUTENZIONE ATTREZZI DA PESCA EQUIPAGGIO
NUMERO DI IMBARCATI ETA’ MEDIA IMBARCATI TIPO DI REMUNERAZIONE
COMMERCIALIZZAZIONE
PREZZO MEDIO (euro) SPECIE BERSAGLIO CANALE DI VENDITA: MERCATO INGROSSO, PESCIVENDOLO, RISTORANTE, VENDITA DIRETTA, GROSSISTA, ALTRO
STABULAZIONE MATRICOLA
NOME
LUNGHEZZA FUORI TUTTO (m) GT
POTENZA MOTORE (HP) LICENZA DI PESCA (DISTANZA) LICENZA DI PESCA (ATTREZZI) MATERIALE SCAFO
ANNO DI COSTRUZIONE SCAFO
MODALITA’ DI CONSERVAZIONE PESCATO A BORDO CARATTERISTICHE ATTREZZO PESCA TELLINE * MATERIALE DIMENSIONI BOCCA MAGLIE VAGLIO FOTO RASTRELLO FOTO DENTI E APERTURA FOTO VAGLIO
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3.3.2. LOGBOOK
A Febbraio 2018 è iniziata la distribuzione dei "logbook" (diari di bordo) ai pescatori di telline di Viareggio, al fine di raccogliere informazioni giornaliere sulle operazioni di raccolta delle telline: giornate di pesca, numero di rastrellate, zone, orari, cattura totale, scarto e presenza di pescatori non professionisti (Fig. 3.3.2.1).
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Il modello standardizzato dei logbook è stato creato per essere di facile ed alacre comprensione da parte dei pescatori, in modo da non necessitare di una eccessiva quantità di tempo per essere compilato. Ciò allo scopo di non inficiare le attività di pesca e di ottenere una maggiore e più proficua collaborazione da parte dei pescatori. Per questo motivo si è deciso nei dati di cattura di utilizzare i nomi volgari locali delle specie pescate.
Le informazioni sullo scarto sono state acquisite a livello semiquantitativo, per ranghi percentuali, secondo la percezione dei pescatori. I dati relativi alla composizione dello scarto sono stati inoltre comparati con quelli provenienti dalle due campagne sperimentali.
Le informazioni raccolte con i logbook sono state validate tramite periodiche osservazioni (almeno una ogni 15 giorni) presso i luoghi di sbarco, che hanno permesso di comparare le catture effettivamente sbarcate con quelle stimate dai pescatori.
La raccolta di informazioni mediante la distribuzione di logbook è proseguita sino a Novembre 2018. Delle 8 barche attive dedite alla pesca di D. trunculus a Viareggio ben 7 hanno aderito alla raccolta dati; in totale durante il periodo indagato sono stati raccolti circa 200 logbook.
Con i logbook è stato anche possibile acquisire informazioni sull’attività di pesca praticata dai non professionisti: è stato infatti chiesto a ciascun pescatore di riportare sul diario di bordo il numero e la tipologia (abituale o saltuario) di pescatori ricreativi osservati durante le battute di pesca.
In questo modo è stato possibile ottenere una prima stima dell'attività di pesca alla tellina praticata dai non professionisti, in merito alla quale non è disponibile alcuna informazione di tipo quantitativo.
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3.3.3. COMPOSIZIONE E DEMOGRAFIA DELLE CATTURE COMMERCIALI
Al fine di valutare la composizione demografica delle telline sbarcate è stato acquistato ogni mese, da febbraio ad ottobre 2018, un campione di telline sbarcate destinate alla commercializzazione. Allo stesso tempo sono stati acquisiti, almeno una volta ogni due mesi, campioni di "scarto", ovvero di quella frazione della cattura che, dopo essere stata vagliata a bordo, viene abitualmente rigettata in mare dai pescatori. Dopodiché tutti i campioni sono stati trasportati in laboratorio e mantenuti in cella frigorifera ad una temperatura di -18°C al fine di evitare il deterioramento della componente organica. Successivamente si è provveduto a scongelare ed analizzare di volta in volta in ogni singolo campione.
Sono state identificate in laboratorio le specie rinvenute nei campioni di scarto sino al livello tassonomico più basso possibile; per ciascun taxon è stato registrato il numero e rilevato il peso totale sino al decimo di grammo mediante l'ausilio di un'apposita bilancia di precisione.
Relativamente agli esemplari di D. trunculus, sia appartenenti alla frazione commercializzata che a quella scartata, è stata rilevata la taglia individuale, espressa come lunghezza massima (Lmax) delle valve (Sparre et al., 1989) (Fig. 3.3.3.1.); la misurazione, effettuata con un’approssimazione al decimo di millimetro inferiore, è avvenuta mediante l’utilizzo di un calibro di precisione. Sono stati misurati almeno 100 esemplari di D. trunculus per ogni mese investigato, sia per la frazione commercializzata che per quella scartata.
Fig. 3.3.3.1. - Lunghezza massima (Lmax)
3.3.4. CAMPAGNE SPERIMENTALI
Nelle due aree di Ponente e Levante sono state realizzate due campagne di pesca sperimentale, a luglio ed a novembre 2018. Le campagne sono state effettuate per ottenere stime di densità e biomassa delle telline, per studiarne la distribuzione spazio - temporale e per identificare e caratterizzare il popolamento macrozoobentonico di dimensione superiore a 7 mm presente nella zona. A tale scopo è stato condotto uno studio con pescate sperimentali per mezzo di un