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Analisi di parametri clinico-comportamentali, biochimici ed elettrofisiologici in un gruppo di pazienti con sospetto di patologia da stress occupazionale

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Academic year: 2021

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Scuola di Medicina

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea Magistrale

Analisi di parametri clinico-comportamentali, biochimici ed elettrofisiologici in un gruppo di pazienti con sospetto di patologia da stress occupazionale

Relatore

Chiar.mo Prof. Cristaudo Alfonso

Candidato Lupi Alessandro

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Sommario

1 INTRODUZIONE ... 3 1.1 RISCHI STRESS-CORRELATI ... 5 1.2 STRESS ... 6 1.3 STRESS LAVORO-CORRELATO ... 8

1.4 MALATTIE PROFESSIONALI DA STRESS LAVORO-CORRELATO ... 13

1.5 SORVEGLIANZA SANITARIA ... 18

1.6 HEART RATE VARIABILITY ... 19

1.6.1 Il Sistema Nervoso Autonomo ... 20

1.6.2 Fattori che influenzano l’HRV ... 21

1.6.3 HRV, stress e ipertensione ... 22

1.6.4 Analisi dell’Heart Rate Variability ... 25

1.6.5 Possibili applicazioni dell’HRV in Medicina del Lavoro ... 28

1.7 CORTISOLO ... 30

2 SCOPO DELLO STUDIO ... 32

3 MATERIALI E METODI ... 33 3.1 POPOLAZIONE ... 33 3.1.1 Settore lavorativo ... 35 3.2 DIAGNOSI CLINICA ... 36 3.3 PROCEDURA ... 37 3.3.1 Questionari ... 38

3.3.2 Prelievo ematico del Cortisolo ... 42

3.3.3 Misurazione HRV ... 43

4 RISULTATI ... 49

4.1 RISULTATI CORTISOLO ... 49

4.2 RISULTATI QUESTIONARIO JCQ ... 51

4.3 RISULTATI HRV E CORRELAZIONI CON GLI ALTRI PARAMETRI ... 55

5 DISCUSSIONE E CONCLUSIONI ... 68

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1 INTRODUZIONE

Il mondo del lavoro è in continua evoluzione sia dal punto di vista tecnologico, sia di quello dei rapporti e contratti di lavoro, sia per quanto riguarda le realtà socio-economiche coinvolte. L’esigenza di flessibilità, i cambiamenti nell’organizzazione del lavoro ed una gestione delle risorse umane più individuale e maggiormente orientata al risultato hanno una profonda incidenza, in ambito lavorativo, sulla salute che nel 1980 l'OMS ha definito, non semplicemente come assenza di malattia, ma come "stato di benessere fisico, mentale e sociale".

In virtù di queste considerazioni e della definizione di stato di salute, anche l’attenzione nei riguardi dei fattori di rischio occupazionali è mutata progressivamente passando dall’essere incentrata sui rischi più tradizionali, come quelli fisici, chimici, biologici e da fatica fisica, all’estendersi a comprendere anche i cosiddetti “rischi non-convenzionali”. Di conseguenza ci si è trovati ad affrontare direttamente le estreme conseguenze di tale disagio, caratterizzato da un lato da forme di patologia dell’organizzazione e, dall’altro, da ripercussioni negative sulla salute psicofisica degli individui1 e quindi alle classiche patologie “monocausali”,

prevalenti in passato, si sono affiancate nel tempo quelle “multifattoriali” con sempre maggiore rilevanza.

Tra queste riconosciamo le patologie da stress lavoro-correlato (SLC) che, secondo le più recenti indagini all’interno dell’Unione Europea, rappresentano il secondo problema di salute legato al mondo del lavoro, subito al di sotto delle patologie muscolo-scheletriche, con una prevalenza fra i lavoratori stimata al 28%, pari a 41,2 milioni di individui (European Foundation, 2001).

Alcune situazioni e forme organizzative del lavoro (compiti monotoni e ripetitivi, attività ad elevato carico psicofisiologico come quelli dei turnisti, lavori ad alta

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4 responsabilità nei confronti di terzi come quelli dei manager) possono essere fonte di affaticamento eccessivo o stress.1

Il peso di questo fenomeno non ricade solamente sui lavoratori in termini di salute psico-fisica e sociale, ma anche sulle imprese e i datori di lavoro che vedono gravare sui bilanci aziendali le spese mediche e di indennizzo, la riduzione della produttività dovuta all’assenteismo per malattia e il conseguente rimpiazzo e aumento di turnover lavorativo per colmare le mancanze. Si stima infatti che lo stress occupazionale sia da solo responsabile di costi superiori ai 240 milioni di euro annui nella solo Europa.

L’esigenza di migliorare diagnosi e terapia di queste patologie potenzialmente pericolose, insieme all’aspetto puramente economico, ha via via destato l’attenzione dei vari paesi e degli organi di competenza e sorveglianza sanitaria su questi temi.

La normativa italiana, dai D.P.R. degli anni 50 (norme nazionali) ai Decreti Legislativi degli anni 90 e 2008 (norme comunitarie), ha permesso il fondamentale passaggio dalla presunzione (D.P.R. 303/56) alla valutazione del rischio (D. Lgs 277/91, 626/94, 81/08) così da migliorare la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, ma la valutazione dello stress lavoro-correlato risulta ancora deficitaria di un supporto oggettivo strumentale che completi la valutazione clinica e psicologica, al momento unico strumento di diagnosi.2

La Medicina Preventiva del Lavoro si sta muovendo proprio in questa direzione cercando markers ed esami strumentali per elaborare criteri diagnostici sempre più precisi e affidabili in modo da assistere il paziente dal punto di vista preventivo, terapeutico e anche legale-assicurativo.

Ad oggi, negli ambulatori del Centro per lo studio dei disturbi da Disadattamento Lavorativo dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, fra i vari campi di interesse vi è una particolare attenzione al dosaggio del Cortisolo (il cosiddetto

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5 “ormone dello stress”) e del BDNF (un fattore neurotrofico implicato in alcune patologie neurologiche) come appunto marcatori biologici di stress.

Questo studio si colloca, invece, nell’ottica di indagare la correlazione tra stress e sistema cardiocircolatorio misurando l’HRV (Heart Rate Variability) quale indice dello stato di attività del Sistema Nervoso Autonomo (SNA) su cuore e vasi.

1.1 RISCHI STRESS-CORRELATI

I rischi stress-correlati sono quegli aspetti del lavoro che sono considerati potenzialmente dannosi per la salute dei lavoratori, quali organizzazione e gestione del lavoro e condizioni relazionali e ambientali in cui il lavoro si svolge. Si distinguono:

• rischi fisici che comprendono gli aspetti ambientali capaci di determinare danni sull’individuo anche attraverso il meccanismo dello stress come gli spazi di lavoro inadeguati, le condizioni climatiche e microclimatiche, di illuminazione, le condizioni igieniche, il rumore, le vibrazioni, le condizioni ergonomiche

• rischi psicosociali definiti da Griffiths e Cox nel 1995 come “Quegli aspetti di progettazione, organizzazione e gestione del lavoro, e i loro contesti ambientali e sociali, che potenzialmente possono dar luogo a danni di natura psicologica, sociale o fisica” (European Agency for Safety and Health at Work, 2000); essi comprendono violenza, mobbing e molestie sul luogo di lavoro.

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1.2 STRESS

Nel 1936, Hans Selye, considerato “il padre della ricerca sullo stress”, descriveva la "Sindrome Generale di Adattamento" come quella risposta che l’organismo mette in atto quando è soggetto agli effetti prolungati di svariati tipi di stressor, quali stimoli fisici (ad es. fatica), mentali (ad es. impegno lavorativo), sociali o ambientali (ad es. obblighi o richieste dell’ambiente sociale), dando così vita a una prima definizione di stress in ambito biologico.

Prima infatti si conosceva solo la definizione anglosassone del termine “stress”, puramente di carattere tecnologico: l'azione di una forza che deforma un corpo. Con Selye si definisce lo stress come una risposta adattiva aspecifica necessaria alla sopravvivenza che si articola in 3 fasi:

- Fase di allarme: dopo lo shock iniziale il soggetto mette in atto meccanismi fisici e mentali utili a fronteggiarlo.

- Fase di resistenza: se gli eventi stressanti sono intensi e duraturi nel tempo, si ha il massimo sforzo biologico in funzione dell’adattamento.

- Fase di esaurimento: quando lo stimolo si protrae a lungo l’individuo può venire sopraffatto e non è più in grado di difendersi andando a sviluppare anche patologie d’organo.3 1

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7 L’insieme di strategie comportamentali e processi cognitivi che vengono attuati per fronteggiare tutte le problematiche fonti di ansia e agitazione prendono il nome di coping, le cui differenti modalità sono soggettive in quanto dipendenti da caratteristiche ed esperienze personali. Ne consegue che l’individualità della risposta agli stressor può essere positiva e stimolante, in grado di generare una forma di energia volta a raggiungere l’obiettivo (eustress) o arrivare a manifestarsi, come già detto, in modo patologico e disfunzionale (parleremo allora di distress). Dal punto di vista biologico possiamo sintetizzare la reazione da stress come segue: gli stimoli raccolti dagli organi di senso periferici, raggiungono le aree sensitive primarie, via midollo, mesencefalo e talamo. Vengono quindi elaborati e integrati dalle aree associative parietali, temporali e occipitali che producono il substrato simbolico astratto dell'esperienza socioculturale. Il lobo frontale ha un ruolo centrale di collegamento fra questo substrato, i centri depositari dei "comportamenti ancestralmente appresi" (sistema limbico-striato) e i centri depositari degli istinti vitali di base (ipotalamo). A livello di tale collegamento si instaura l'azione di controllo dalla cui efficacia dipende la messa in opera o meno di adeguate difese psicologiche. Avviene così l'interazione tra individuo e situazione-stimolo, determinata anche dal tipo e dalla intensità del condizionamento, ovvero dalle eventuali esperienze precedenti. Dal possibile esito negativo di tale impatto deriva l’alterazione dell’omeostasi dell’organismo: ipotalamo e sostanza reticolare non coordinano più le funzioni ipofisaria, vagale e simpatica con conseguenti disordini di ordine fisiopatologico.4

Nel corso degli anni, studi più recenti hanno parzialmente corretto e aggiornato la teoria di Selye secondo cui gli effetti nocivi dello stress si esplicavano attraverso una eccessiva e protratta attivazione neurovegetativa e corticosurrenale con conseguente accumulo di adrenalina, cortisone e soprattutto delle loro conseguenze fisiologiche e metaboliche (es. aumento della vigilanza, della

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8 pressione arteriosa, dei grassi nel sangue, della glicemia eccetera) arrecanti danno da usura psicofisica.

In realtà la reazione da stress si colloca all'interno di uno spettro di comportamenti, con estremi praticamente opposti tra di loro ovvero quello attivo (previsto da Selye) e quello passivo con blocco motorio, vasocostrizione, probabile ipertono vagale e aumentata produzione di testosterone.4

1.3 STRESS LAVORO-CORRELATO

La condizione di stress in cui l’individuo non si sente in grado di corrispondere alle richieste o alle aspettative dell’ambiente si può verificare in differente misura in molti ambiti della vita quotidiana come lo studio, lo sport o il lavoro.

Esistono molte definizioni di stress lavoro-correlato, ma la più recente si trova nell’Accordo Quadro Europeo di Bruxelles dell’8 ottobre 2004 in cui è definito come “una condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o alle aspettative riposte in loro. Lo stress lavoro correlato può essere causato da fattori diversi come il contenuto del lavoro, l’eventuale inadeguatezza nella gestione dell’organizzazione del lavoro e dell’ambiente di lavoro, carenza nella comunicazione, ecc.”.5

Quando queste richieste e aspettative si protraggono nel tempo possono determinare una condizione di stress cronica che può portare a patologie occupazionali psichiatriche. 6

Risulta quindi fondamentale, per una corretta valutazione del rischio, definire quali siano le condizioni di lavoro potenzialmente stressanti.

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9 Nel 2000 è stata pubblicata dalla European Agency for Safety and Health at Work un’elencazione schematica dei fattori di rischio in ambito lavorativo divisa in due grandi categorie in base al contesto o al contenuto lavorativo:

CATEGORIA FATTORE DI RISCHIO

Contenuto del lavoro

Ambiente e attrezzatura da lavoro Progettazione dei compiti

Carico di lavoro e ritmo di lavoro Orario di lavoro

Contesto del lavoro

Funzione e cultura organizzativa Ruolo nell’organizzazione Progressione di carriera

Autonomia decisionale e controllo Rapporti interpersonali sul lavoro Interfaccia casa-lavoro

Tabella 1. Fattori di rischio per stress occupazionale (Criteri definiti da European Agency for Safety and Health at Work, 2000)

L’HSE (Health and Safety Executive, l’organismo tecnico di supporto alla commissione britannica per la salute e sicurezza HSC) considera invece sei dimensioni organizzative come potenziali fonti di stress lavoro-correlato: domanda, controllo, supporto, relazioni, ruolo e cambiamento.

Esistono poi diversi modelli teorici di riferimento riguardo allo stress lavorativo tra cui evidenziamo quello chiamato demand-control-support di Karasek, pubblicato nel 1979 su cui è basato il questionario JCQ (Job Content Questionnaire), utilizzato nel lavoro di tesi che verrà spiegato nel capitolo Materiali e Metodi.

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10 Secondo questo modello, la condizione di stress al lavoro si verifica per la combinazione di tre variabili:

• Job demand = L’impegno qualitativo e/o quantitativo richiesto dal lavoro assegnato può non essere sostenibile rispetto alle capacità, alla formazione e alle condizioni di partenza del singolo lavoratore.

• Decision latitude = Il controllo in ambiente di lavoro è la gestione, la capacità e la volontà con cui il soggetto programma ed esplica la propria mansione, nonché l’apprendimento e la reiterazione del lavoro. Negando ai lavoratori ogni possibilità di autonomia si può indurre uno stato di stress, soprattutto se per portare a termine il lavoro assegnato è necessario un notevole impegno.

• Support = Il sostegno sociale comprende l’apprezzamento e l’appoggio da parte dei colleghi, la partecipazione e la costruzione del senso di appartenenza. Questa condizione può rappresentare una condizione di protezione per il lavoratore.

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11 Come si evince dalla Figura n. 2, si possono verificare quattro situazioni con un minore o maggiore rischio stressogeno.

Un altro modello altrettanto importante è quello Effort/Reward Imbalance (ERI) di Siegrist del 1996 in cui lo squilibrio tra sforzo e ricompensa può dare origine a stress come mostrato nella Figura 3.

In questo caso lo sforzo è rappresentato dall’impegno, dalla motivazione e dalle risorse messe in gioco dal soggetto per soddisfare le richieste ricevute dal datore di lavoro, dai colleghi o comunque dall’ambiente lavorativo, mentre la ricompensa si esplica in approvazione sociale, guadagno economico, stabilità lavorativa o opportunità di carriera.1

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12 Nella Tabella n. 2 è riportato uno schema sintetico dei principali comportamenti “sintomatici” indicativi di stress e di decadimento della qualità totale.

Tabella 2. Comportamenti "sintomatici" indicativi di situazioni di stress e di decrementi della qualità totale (Da: Felton J.S.: Employee counseling. In "Occupational medical management", Little Brown and Company, Boston, 1990)

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13 1.4 MALATTIE PROFESSIONALI DA STRESS LAVORO-CORRELATO

La Malattia Professionale è definita nel D.P.R. 1124/65 come una “patologia causata da una graduale, lenta e progressiva azione lesiva sull’organismo del lavoratore e contratta a causa e durante l’esercizio della lavorazione esplicata”. È quindi un processo dilazionato nel tempo, al contrario degli Infortuni sul lavoro che si esplicano in un arco temporale ridotto.

Le malattie professionali negli ultimi decenni hanno subito una trasformazione delle loro caratteristiche, passando da essere causate dal lavoro ad essere correlate al lavoro. Fra queste annoveriamo, ad esempio, le patologie professionali allergiche, le osteoartropatie professionali e i tumori professionali. Si tratta di patologie di natura multifattoriale, nella cui genesi si integrano fattori professionali ed extra-lavorativi.

La patologia da stress lavoro correlato rientra in questa categoria, ma possiede anche un’ulteriore peculiarità: i fattori stressogeni possono modificare il modo di interagire del lavoratore con l’ambiente circostante, inducendo altre situazioni di rischio per lo sviluppo di patologie, soprattutto della sfera psichica. Proprio per questo motivo la loro diagnosi risulta molto complessa e il loro riconoscimento risulta essere del 13% rispetto ai casi denunciati, contro il 40% delle altre Malattie Professionali.

Questa discrepanza è dovuta al fatto che le patologie da SLC non sono ancora comprese nelle tabelle delle Malattie Professionali (vengono appunto dette non tabellate) introdotte dal D.Lgs. 1124/65. Con la sentenza della Corte Costituzionale n. 179/1988 è stato però introdotto il sistema di tutela sociale delle Malattie Professionali “misto” che estende la tutela a tutte le malattie di cui sia dimostrata la causa lavorativa che, nel caso delle malattie non tabellate, è a carico del lavoratore stesso prima della supervisione dell’INAIL (Istituto nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro).

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14 Nel documento elaborato dal Comitato Scientifico istituito dall’INAIL nel luglio 2001 con il compito di approfondire il tema delle “malattie psichiche e psicosomatiche da stress e disagio lavorativo”, veniva per la prima volta introdotto il termine di “costrittività organizzativa” per indicare quelle situazioni di incongruenza delle scelte di processo organizzativo, andando ad affiancare la nocività intrinseca delle lavorazioni del ciclo produttivo aziendale nei rischi rilevanti dal punto di vista assicurativo. Per assumere il carattere di rischio tutelabile le costrittività organizzative dovevano avere caratteristiche strutturali, durature ed oggettive e, come tali, verificabili e documentabili tramite riscontri oggettivi e non suscettibili di discrezionalità interpretativa.

La Sindrome Post-Traumatica da Stress (DPTS) e il Disturbo dell’Adattamento (DDA) rappresentano le due sindromi di carattere psichiatrico dove è stato riconosciuto il nesso di causalità tra stress occupazionale e sviluppo della patologia (DSM IV del 2007). 7

La prima rappresenta la “risposta ritardata o protratta ad un evento fortemente stressante o a una situazione di natura altamente minacciosa o catastrofica in grado di provocare diffuso malessere in quasi tutte le persone".

La Sindrome da Disadattamento, invece, è il manifestarsi di sintomi clinici e comportamentali appartenenti all’area dell’ansia (instabilità emotiva, ipervigilanza, disturbi del sonno, impossibilità di rilassarsi e sintomi vari psichici e somatici) o all’area depressiva che compaiono durante i 3 mesi in cui l’individuo è sottoposto a uno o più fattori stressanti identificabili e che, una volta eliminati, non permane per più di 6 mesi. 6

Le malattie da disagio psicosociale sono tuttora non tabellate, non essendo state inserite neppure nelle tabelle emanate con D.M. del 9 aprile 2008 ed in vigore dal 22 luglio dello stesso anno, mentre le malattie psichiche e psicosomatiche dovute a disfunzione dell’organizzazione del lavoro sono state previste dal D.M. del 10

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15 giugno 2014, nel Gruppo 7 dalla Lista II, che ricomprende malattie la cui origine professionale è di limitata probabilità.

Nella recente classificazione dei disturbi psichici e comportamentali del DSM-V i DDA hanno acquisito maggiore rilievo rispetto al precedente DSM-IV dove venivano considerati come una categoria residuale per gli individui che presentano disagio clinicamente significativo, ma i cui sintomi non soddisfano i criteri per un disturbo più specifico. Inoltre, a differenza della DPTS, la manifestazione clinica del Disadattamento lavorativo non è un evento acuto del tipo “tutto o nulla”, bensì un ventaglio di sfumature tra gli stati di salute e malattia, dove per “salute” si intende lo “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non solo l’assenza di malattia” (definizione World Heath Organization). Si capisce quindi che solo quando i sintomi raggiungono quella severità tale da necessitare attenzione medica e un eventuale trattamento si può fare distinzione tra la patologia e le normali risposte adattive del soggetto. 8

Altra caratteristica che contribuisce a rendere ancora più complessa la diagnosi di Malattia Professionale per il DDA è la grande variabilità interindividuale che influenza la sua patogenesi, comprendente età, sesso, caratteristiche somatiche e genetiche, ma anche background culturale, livello di istruzione e stato socio-economico.

Il DSM-V ha fatto chiarezza delineando i criteri diagnostici che devono essere soddisfatti:

A. Lo sviluppo di sintomi emotivi o comportamentali in risposta ad uno o più fattori stressanti identificabili che si manifestano entro 3 mesi dall’insorgenza degli stessi.

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16 B. Tali sintomi devono essere clinicamente significativi (marcato disagio che va al di là di quanto prevedibile in base all’esposizione al fattore; compromissione del funzionamento sociale o lavorativo).

C. L’anomalia legata allo stress non soddisfa i criteri per un altro disturbo specifico e non rappresenta solamente un aggravamento di una preesistente condizione.

D. I sintomi non corrispondono ad un lutto.

E. Una volta cessata la persistenza del fattore stressante (o delle sue conseguenze), i sintomi non persistono per oltre 6 mesi.

Si chiede anche di specificare di quale dei 6 sottotipi si tratta:

1. Con umore depresso 2. Con ansia

3. Con ansia e umore depresso misti 4. Con alterazione della condotta

5. Con alterazione mista dell’emotività e della condotta 6. Non specificati

Infine, bisogna distinguere le forme acute da quelle croniche (protrarsi dei sintomi oltre 6 mesi), cosa che risulta alquanto ardua per il fatto che è difficile definire l’inizio e la fine dell’esposizione allo stressor oltre che della comparsa della sintomatologia dato il carattere spesso sfumato di quest’ultima.

Dal punto di vista normativo il grande spartiacque è stato sicuramente il “Testo Unico sulla salute e la sicurezza sul lavoro” contenuto nel Decreto Legislativo n.81 del 9 aprile 2008, in seguito coordinato con il D.Lgs n.106 del 3 agosto 2009, che

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17 ha permesso il riordino dei vari decreti emanati in precedenza in unico testo aggiungendo anche nuove regolamentazioni e direttive Europee.

In particolare vengono definite alcune figure importanti come quella del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) e del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) che si aggiungono ai Lavoratori, al Datore di Lavoro e al Medico Competente nel contesto della Medicina del Lavoro. Inoltre si focalizza l’attenzione sul concetto di Valutazione dei rischi (Art.2) comprendendo anche quelli relativi allo stress lavoro-correlato (Art.28) e viene conferita maggiore importanza al lavoratore stesso per quanto riguarda la sua partecipazione nel processo di prevenzione dei rischi migliorandone la formazione e informazione. Va poi ricordato lo schema generale del percorso valutativo introdotto nel 2010 dalla Commissione Consultiva Permanente che si articola in 2 fasi mediante un approccio inizialmente oggettivo (verifica degli elementi stressogeni mediante valutazione a check-list) e poi eventualmente soggettivo effettuato tramite indagini sui singoli individui avvalendosi di questionari psicologici come il JCQ di Karasek:

- Fase I: prevede la ricerca di eventi sentinella (assenteismo, visite mediche richieste al Medico Competente ecc..) e l’indagine dei fattori di contesto e contenuto del lavoro, che permette di individuare le criticità dell’azienda; il datore di lavoro dovrà quindi procedere con misure correttive idonee e, nel caso in cui una seconda valutazione oggettiva riscontrasse gli stessi problemi, sarà obbligato a procedere con una valutazione più approfondita.

- Fase II: prevede un approfondimento della percezione soggettiva del problema attraverso l’ausilio di questionari e/o strumenti psicologici, interviste semi-strutturate o focus group. 1

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1.5 SORVEGLIANZA SANITARIA

Nel panorama della normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro il rischio da stress lavoro-correlato rappresenta l’unico elemento che ha obbligo di valutazione, ma non obbligo di sorveglianza sanitaria.

Sostanzialmente per due ragioni:

1. non esistono ad oggi strumenti adeguati per effettuare la valutazione del rischio

2. il medico competente trova numerose difficoltà nell’attuare un’adeguata attività di sorveglianza sanitaria, che dovrebbe occuparsi sostanzialmente di disturbi della sfera psichica, che rappresentano le principali malattie professionali verso le quali fare prevenzione.

In ogni caso anche se la sorveglianza sanitaria non può essere attivata per il solo per il rischio da stress lavoro correlato, qualora le visite mediche siano obbligatorie per altri rischi raccogliere informazioni sulla presenza di disturbi da stress può essere molto importante per completare e monitorare la valutazione dello stress lavoro-correlato. I disturbi del sonno sono sintomi in genere molto precoci nelle manifestazioni da stress lavorativo ed il medico del lavoro può facilmente ricorrendo a validate scale di riferimento (PSQI e Epworth).1

Nonostante i DDA vengano considerati disturbi lievi, non bisogna sottovalutare l’importanza di una corretta e precoce diagnosi che permetta di intervenire in tempo, dato il rischio della progressione verso disturbi umorali maggiori, come la Depressione maggiore che può portare drammaticamente a suicidi e tentati suicidi.

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1.6 HEART RATE VARIABILITY

Esiste una discreta letteratura scientifica in merito agli effetti dello stress sul cuore. Abbiamo preso in considerazione la variabilità della frequenza cardiaca come possibile indicatore di tali effetti.

L’HRV (Heart Rate Variability) rappresenta la variabilità della frequenza cardiaca che è tanto più alta e reattiva quanto più il soggetto presenta un Sistema Cardiovascolare e Neurologico in salute che risponde in maniera efficace agli stimoli, mentre risulta deficitaria (con una variabilità ridotta o quasi azzerata) in condizioni patologiche come appunto quelle di stress cronico.

In passato si pensava che un cuore sano presentasse battiti ognuno uguale all’altro, ma ora è appurato che esiste una variabilità fisiologica nel tempo dell’intervallo che si interpone tra due battiti cardiaci consecutivi (Normal-to-Normal), riflesso dell’attività del Nodo Seno-Atriale (il pacemaker cardiaco) in risposta a diversi e continui input che fanno capo in primis al Sistema Nervoso Autonomo (SNA) e a stimoli ormonali.

Insieme all’analisi della variabilità della pressione sistolica arteriosa, l’HRV rappresenta quindi un ottimo strumento per indagare l’attività del Sistema Nervoso Autonomo e il peso delle sue componenti simpatica e parasimpatica sul cuore e sul tono vasale, nonché una spia di alcune patologie o condizioni come lo stress.

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20 1.6.1 Il Sistema Nervoso Autonomo

Fisiologicamente il SNA, oltre al fondamentale controllo su funzioni vitali quali circolazione, respiro, termoregolazione e secrezione ormonale, regola la risposta a diversi stimoli mantenendo l’omeostasi del nostro organismo.

In particolare la frequenza cardiaca risulta essere un bilanciamento tra il tono simpatico e l’attivazione parasimpatica con quest’ultima che prevale in condizioni di riposo e attività fisica medio-leggera. Patologie o fattori esterni come possono essere uno sforzo fisico intenso, situazioni di pericolo o appunto lo stress possono alterare questo delicato equilibrio favorendo una prevalenza del controllo simpatico che tende a ridurre la variabilità della frequenza cardiaca (HRV).9

Il diverso contributo sul ritmo cardiaco di queste due branche del SNA modula l’intervallo R-R sull’elettrocardiogramma a frequenze diverse: il simpatico agisce a basse frequenze (LF: 0,04-0,15 Hz) mediante le catecolamine (Adrenalina e Noradrenalina) mentre l’attività parasimpatica è associata alle alte frequenze (HF: 0,15-0,4 Hz) tramite rilascio di Acetilcolina a livello del Nervo Vago. Questa differenza permette all’analisi della variabilità dell’intervallo R-R di separare i contributi simpatico e parasimpatico.

Il rilascio vagale di Acetilcolina determina principalmente un aumento della conduttanza del K+ nelle membrane cellulari legandosi ai recettori muscarinici.

Inoltre provoca inibizione della corrente If “funny” o "pacemaker" che è espressa

nei miocardiociti che mostrano attività elettrica spontanea, come il Nodo Seno-Atriale, il Nodo Atrio-Ventricolare e le cellule di Purkinje del tessuto di conduzione. Al contrario, le fibre simpatiche attivano recettori β-adrenergici con Adrenalina e Noradrenalina andando così a determinare fosforilazione cAMP-mediata delle

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21 proteine di membrana e incremento sia dell’attività dei canali del calcio di tipo L (“long lasting”) che della corrente If.

Seppur il NSA sia ricco di Acetilcolinesterasi, gli effetti degli impulsi vagali sono leggeri perché l’acetilcolina è rapidamente idrolizzata, ma l’influenza parasimpatica supera comunque quella simpatica grazie a due meccanismi:

- riduzione colinergica del rilascio di NA in risposta all’attività simpatica; - attenuazione colinergica della risposta allo stimolo adrenergico.

1.6.2 Fattori che influenzano l’HRV

La riduzione della variabilità dell’intervallo R-R è dovuta al decremento dell’attività vagale, all’incremento di quella adrenergica o a entrambe le cose.

Sono diversi i fattori fisiologici che influenzano la loro azione sul sistema cardiocirolatorio tra cui ricordiamo il riflesso barocettivo, la termoregolazione, i pasti, il ritmo del ciclo sonno-veglia, gli ormoni, l’attività fisica e lo stress.

Alcuni studi hanno dimostrato che l’HRV dipende dall’età che rivela un picco in giovinezza e poi un decremento non lineare con l’avanzare degli anni, ma anche dal sesso con una frequenza cardiaca e un’attivazione vagale più alta in quello femminile.10

Alcol e fumo hanno un’influenza dose-dipendente con decremento dell’HRV. 11,12

Le alte temperature determinano un incremento dell’attività simpatica con conseguente riduzione dell’HRV 13,14, mentre le basse temperature hanno ancora

pochi studi a supporto ma sembra determino anch’esse un suo decremento dopo una sessantina di giorni di lavoro in condizioni di rigidità termica. 15

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22 Per quanto riguarda le condizioni patologiche sappiamo che obesità e Diabete Mellito presentano una riduzione della variabilità di frequenza cardiaca, 16,17 così

come un pregresso infarto del miocardio 18 e altre patologie cardiache tra cui

angina e insufficienza cardiaca.

Anche l’ipertensione conferma questa tendenza alla riduzione dell’HRV per maggiore attivazione simpatica. 19

Infine disordini psichiatrici come il DPTS e i disturbi d’ansia o fattori stressanti quali la turnazione lavorativa modificano l’HRV riducendolo.

1.6.3 HRV, stress e ipertensione

Lo stress occupazionale, ma, in generale, lo stress, oltre ad essere correlato al rischio di sviluppare disturbi psichici principalmente della sfera dell’ansia e dell’umore come già spiegato, può incrementare il rischio cardiovascolare in due modi:

• indirettamente inducendo l’assunzione di abitudini non salutari come il fumo, la riduzione di attività fisica e l’incremento di cibi ipercalorici; • direttamente interessando il Sistema Nervoso Autonomo e il Sistema

Adrenergico con conseguente aumento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa. 20

Studi condotti su individui con sintomatologia correlata a esposizione cronica a stress 21 e sui lavoratori cosiddetti “white collar” in condizioni di stress lavorativo20

confermano l’osservazione di alti valori di pressione arteriosa sistolica e diastolica, segni di disregolazione autonomica e di ridotta sensibilità barocettiva.22

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23 Secondo un importante studio nel contesto del Framingham Heart Study condotto su maschi e femmine ipertesi confrontati con altrettanti soggetti normotesi valutando l’Heart Rate Variability, la riduzione di quest’ultima è stata riscontrata in entrambi i sessi negli individui affetti da ipertensione. Inoltre è stato evidenziato come un’HRV ridotta nei normotesi possa essere considerata come un fattore di rischio per lo sviluppo di ipertensione, mettendo così l’accento sull’ipotesi che la disregolazione autonimica sia presente negli stadi precoci di malattia. 23 Altri studi

hanno visto come la componente HF sia ridotta in soggetti in condizione di tensione emozionale, di elevato stato d’ansia e di stress dovuto a scadenze costrittive temporali. 24

Anche un generale atteggiamento ansioso giornaliero è stato individuato come fattore riducente l’HRV in pazienti esaminati nella fase di veglia e di sonno. 25

La correlazione esistente tra HRV e stress occupazionale è stata oggetto anche di una systematic review26 condotta da Pasanen, Sinikallio e Tarvainen del 2018, che

prende in esame 10 articoli accuratamente selezionati tra tutti quelli riguardanti. I criteri di inclusione sono stati:

• data di pubblicazione compresa tra il 2005 e il 2017;

• scopo dello studio (sono stati scartati i lavori non completamente inerenti); • popolazione con età compresa tra 19 e 64 anni, in buona salute senza altri

fattori di rischio o fattori influenzanti l’HRV;

• studio eseguito non in laboratorio ma nella vita lavorativa di tutti i giorni; • disponibilità in lingua inglese.

Ognuno di questi articoli presenta una valutazione dello stress, effettuata tramite questionari psicologici quali il JCQ di Karasek (il quale verrà descritto nel capitolo “materiali e metodi”) o analoghi, e l’analisi dell’Heart Rate Variability mediante l’utilizzo di vari strumenti che indagano l’ECG come ad esempio l’Holter delle 24 ore e vari software di rielaborazione dati presenti in commercio.

(24)

24 Il risultato evidenziato dalla review, concordante in tutti gli articoli analizzati, è la relazione di proporzionalità indiretta che esiste tra stress e HRV: all’aumentare dello stress si ha un decremento della variabilità della frequenza cardiaca risultante principalmente da una riduzione dell’attività vagale quindi della componente parasimpatica (↓HF) con conseguente aumento del rapporto LF/HF. Nello studio di Collins, Karasek e Costas intitolato “Job strain and autonomic indices of cardiovascular disease risk” 27, condotto su 36 lavoratori maschi sani, si

pone l’attenzione sull’epidemiologia di patologie cardiovascolari in relazione a stress lavorativo. Le misurazioni dell’Holter portato per 48 ore (periodo che comprende una giornata lavorativa in cui il soggetto è sottoposto a stress e una giornata libera dal lavoro) mostrano una riduzione del controllo vagale sul cuore e, al contrario, un incremento dell’attività simpatica suggerendo una possibile spiegazione dell’aumento del rischio cardiovascolare in soggetti stressati.

Un altro lavoro di Collins e Karasek dal titolo “Reduced vagal cardiac control variance in exhausted and high strain job subjects”28 del 2010 evidenzia

nuovamente la relazione tra riduzione del controllo parasimpatico sul cuore e stress occupazionale in un confronto tra 10 pazienti sottoposti a lieve stress lavoro-correlato, 21 ad alto stress e 4 andati in contro ad esaurimento. Negli ultimi due gruppi ancora una volta viene dimostrata la riduzione del controllo vagale sul sistema cardiovascolare, che nei soggetti esauriti può essere considerata proprio una caratteristica dell’esaurimento stesso.

Il lavoro svolto da Lee et al. nel 201029 su 140 impiegati coreani nell’industria

manifatturiera con contratto a tempo determinato rivela invece un aumento dell’attività simpatica (↑LF) anche se in assenza di risultati significativi nell’analisi delle catecolamine urinarie come invece era stato supposto.

(25)

25 1.6.4 Analisi dell’Heart Rate Variability

Nel 1996 la European Society of Cardiology insieme alla North American Society of Pacing and Electrophysiology hanno dato vita ad una Task Force incaricata di determinare e sviluppare linee guida volte a standardizzare nomenclatura e definizioni dei termini usati, specificare i metodi di misurazione, definire collegamenti fisiologici e patofisiologici, descrivere le migliori applicazioni cliniche e identificare aree di ricerca futura. Parteciparono figure di spicco di molti campi scientifici tra cui matematici, ingegneri, fisiologi e medici. 30

Sono stati considerati vari metodi di analisi ma sicuramente i più utilizzati sono il “time domain method” (metodo in funzione del tempo) e il “frequency domain method” (metodo in funzione della frequenza).

La misura di HRV nel dominio del tempo rappresenta la frequenza di scarica del nodo del seno in funzione del tempo. In questo caso si può scegliere se usare un metodo statistico, basato su analisi e formule matematiche, o un metodo geometrico che utilizza forme geometriche. Attraverso una registrazione continua di ECG siamo in grado di ottenere alcuni valori riportati nella seguente tabella:

(26)

26

Tabella 3. Selected time-domain measures of HRV

(Modificato da Heart rate variability. Standards of measurement, physiological interpretation, and clinical use. Task Force of the European Society of Cardiology and the North American Society of Pacing and Electrophysiology, Eur Heart J. 1996 Mar; 17, 354-381)

La tecnica nel dominio di frequenza assegna bande di frequenza, quindi conta quanti intervalli N-N corrispondono a ciascuna banda.

Solitamente si osservano tre grosse bande:

• VLF (Very Low Frequency) da 0,0033 a 0,04 Hz • LF (Low Frequency) da 0,04 a 0,15 Hz

• HF (High Frequency) da 0,15 a 0,4 Hz.

L’analisi della Densità dello Spettro di Potenza (PSD) fornisce le informazioni base di come la potenza si distribuisce come funzione della frequenza. La corretta stima della PSD si ottiene grazie ad algoritmi matematici parametrici e non-parametrici di cui questi ultimi sono largamente preferiti per la maggior semplicità data dall’utilizzo della Trasformata Veloce di Fourier (FFT) e per la maggior velocità di elaborazione.

(27)

27 Applicando questo metodo di analisi a registrazioni di almeno 5 minuti si ottiene uno spettro di bande dove vengono bene rappresentate le basse frequenze, indici della funzione barocettiva, e le alte frequenze, che riflettono la scarica vagale riferibile all’attività respiratoria.

Nei soggetti sani infatti l’aritmia sinusale respiratoria riflette l’interazione fisiologica tra ventilazione e circolazione. La frequenza cardiaca aumenta durante l’inspirazione e diminuisce durante l’espirazione. Questa variabilità della frequenza cardiaca, sincrona col respiro, è collegata a meccanismi sia centrali che periferici. La pressione intratoracica diventa negativa durante l’inspirazione, portando ad un aumento del volume sistolico nel ventricolo destro, e alla diminuzione del volume sistolico del ventricolo sinistro. Il risultato è che la pressione sanguina diminuisce ed attiva i barocettori arteriosi che, inibendo l’attività vagale, aumentano la frequenza cardiaca. Durante l’espirazione la pressione sanguigna aumenta, portando ad uno stimolo vagale che diminuisce la frequenza cardiaca.

Sebbene i metodi del dominio del tempo, in particolare i metodi SDNN e RMSSD, possano essere utilizzati per indagare su registrazioni di lunga durata, una parte sostanziale della variabilità a lungo termine sono le differenze giorno-notte. Pertanto, le registrazioni a lungo termine analizzate con metodi del dominio del tempo dovrebbero contenere almeno 18 ore di dati ECG analizzabili che includono l'intera notte.

I metodi del dominio della frequenza invece sono preferibili in tutti quei casi in cui si voglia studiare le due componenti simpatica e parasimpatica separatamente per poter valutare la maggiore o minore attivazione di una e dell’altra branca, come nel caso di questo lavoro in cui è fondamentale capire come lo stress influenza la bilancia del SNA nel controllo cardiovascolare.

(28)

28

Tabella 2. Selected frequency domain measures of HRV

(Modificato da Heart rate variability. Standards of measurement, physiological interpretation, and clinical use. Task Force of the European Society of Cardiology and the North American Society of Pacing and Electrophysiology, Eur Heart J. 1996 Mar; 17, 354-381)

1.6.5 Possibili applicazioni dell’HRV in Medicina del Lavoro

Le linee guide per l’applicazione della frequenza cardiaca e dell’Heart Rate Variability in Medicina del Lavoro e Scienze del Lavoro31, in accordo con i numerosi

studi che individuano l’HRV come una metodica a basso costo, non invasiva e semplice da eseguire, che riflette l'equilibrio del sistema nervoso autonomo nel regolare il battito cardiaco, la propongono come uno strumento diagnostico obiettivo applicabile a molti campi della Medicina del Lavoro:

• analisi e valutazione del rischio in modo da identificare le aree centrali dello stress lavoro-correlato

(29)

29 • analisi del sovraccarico fisico e mentale oltre metodo di misurazione oggettiva della risposta individuale al carico di lavoro della giornata lavorativa

• determinazione di indicatori di stato di salute • scelta di azioni raccomandate ai pazienti

• determinazione dei comportamenti di recupero dalla fatica • valutazione dei possibili interventi e trattamenti da attuare.

Nello specifico la valutazione dello sforzo fisico è uno dei campi di applicazione dove la correlazione tra parametri dell’HRV e indicatori di stress respiratorio e metabolico è comprovata. 32

Pazienti sovraccaricati da eccessivo lavoro cerebrale possono essere esaminati con HRV come indicatore di stress mentale in particolare analizzando i parametri RMSSD, LF, HF (con il loro rapporto LF/HF e i loro normalizzati LFnu e HFnu). La riduzione del valore di alcuni parametri come l’SDNN rivela un importante aumento del rischio di mortalità in pazienti non pregresso infarto del miocardio o con bypass o con insufficienza cardiaca. Quindi l’HRV è applicabile anche nella stratificazione del rischio nelle patologie cardiovascolari.

Inoltre lo studio dell’Heart Rate Variability è utile nella valutazione del grado di successo di alcune misure preventive quali cambi nelle abitudini alimentari e nella dieta, corsi atti a ridurre lo stress, attività sportive volte a prevenire la sindrome da sovrallenamento ecc.. In questi casi una riduzione del rapporto LF/HF e un incremento di SDNN e RMSSD saranno da considerarsi indici postivi di successo. Infine trova applicazione nel biofeedback in casi di recupero da stress e di trattamento di Sindrome da Stress Post-Traumatico anche se finora solo nella valutazione di effetti a breve termine.

(30)

30

1.7 CORTISOLO

Il Cortisolo è un ormone steroideo glucocorticoide prodotto nella zona fascicolata della Corticale del Surrene sotto stimolazione dell’ormone Adrenocorticotropo (ACTH).

La sua secrezione riflette dunque quella dell’ACTH che segue un ritmo circadiano con picco mattutino anche se può essere alterata da alcune condizioni patologiche.

Figura 4. Andamentonelle 24H della secrezione di Cortisolo

Valori medi di Cortisolo nel sangue nell’adulto:

• al mattino tra le ore 7:00 e le 9:00 sono di 6,7-22,6 µg/dL • nel pomeriggio sono intorno ai 2-14 µg/dL

(31)

31 Viene detto “ormone dello stress” in quanto la sua secrezione viene stimolata in situazioni “di pericolo”, quindi stressanti, con l’obiettivo di attuare meccanismi per fronteggiare la difficoltà. La sua funzione principale è infatti quella di aumentare la glicemia attivando la gluconeogenesi epatica, cosa che si traduce concretamente in energia immediatamente disponibile; aumenta la disponibilità di acidi grassi; attiva anche la lipogenesi in alcune aree e il catabolismo proteico; aumenta la gittata cardiaca, favorendo la perfusione di alcuni tessuti quali i muscoli. Presenta infine anche azione antiinfiammatoria.

Esistono diversi studi basati principalmente sull’analisi deli livelli di cortisolo salivare (quindi raccolto mediante tampone) che sottolineano la correlazione tra stress lavorativo e alti livelli di cortisolo. Questa appurata relazione lo ha fatto considerare un marker sensibile dello stress anche se la specificità con cui si innalza risulta molto bassa soprattutto nell’individuare la reale eziologia che si trova alla base . 33

(32)

32

2 SCOPO DELLO STUDIO

Obiettivo della ricerca alla base di questa tesi è quello di proporre un ulteriore mezzo di indagine più oggettivo, l’analisi dell’Heart Rate Variability, a sostegno della diagnosi di Malattia Professionale da stress lavoro-correlato.

Ricordiamo infatti che, secondo il Sistema Assicurativo misto italiano, il Disturbo dell’Adattamento non fa parte delle patologie tabellate, ma di quelle con obbligo di denuncia dove la prova della correlazione con la professione svolta è a carico del lavoratore.

I numerosi studi riguardanti la relazione tre stress e HRV ci hanno incoraggiati a condurre analisi statistiche basate sulle misurazioni della variabilità della frequenza cardiaca effettuate su questi pazienti, in modo da evidenziare un corrispettivo elettrofisiologico con la valutazione clinica e psicologica così come con i livelli di cortisolo.

Insieme al dosaggio dei marcatori bio-umorali, l’HRV potrebbe rappresentare quindi quel marker oggettivo per aiutare il lavoratore riferente disadattamento lavorativo in ambito legale e assicurativo.

(33)

33

3 MATERIALI E METODI

Lo studio è stato condotto su un gruppo di pazienti afferenti al Centro per lo studio dei disturbi da disadattamento lavorativo dell’Ambulatorio di Medicina Preventiva del Lavoro dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana nel periodo tra gennaio 2019 e maggio 2019.

Ogni paziente segue un iter diagnostico di due giorni in regime di day-hospital senza pernottamento nel reparto di Medicina Preventiva del Lavoro nell’Ospedale di Cisanello di Pisa dove viene visitato e valutato dal team multidisciplinare del Centro per lo studio dei disturbi da disadattamento lavorativo che è composto da:

• Medico del Lavoro (coadiuvato dagli specializzandi) • Psichiatra

• Psicologhe

Oltre a questa valutazione clinica al paziente viene effettuato un prelievo ematico del Cortisolo e una misurazione dell’HRV.

3.1 POPOLAZIONE

Tra tutti i pazienti afferiti all’Ambulatorio di Medicina del Lavoro di Pisa durante questi mesi di lavoro sono stati opportunamente selezionati 45 casi che mostravano:

- completezza nella compilazione dei test e dell’anagrafica

- registrazioni nella misurazione dell’HRV complete e non corrotte da artefatti o problemi tecnici incorsi durante l’esame stesso

(34)

34 - corretto prelievo del Cortisolo

- assenza di concomitanti gravi patologie soprattutto neurologiche invalidanti la diagnosi clinica

- diagnosi clinica di Disturbo dell’Adattamento con nesso di causa superiore o uguale al valore di 3 su 5

Questo pool di pazienti risulta abbastanza eterogeneo per quanto riguarda genere ed età.

C’è una netta prevalenza di sesso femminile con un rapporto quasi di 2:1, mentre l’età media è di 52,4 ± 8,1 29 16 0 5 10 15 20 25 30 35 F M

Genere

F M

(35)

35 3.1.1 Settore lavorativo

L’anamnesi lavorativa ci mostra le occupazioni fonti di stress dei pazienti selezionati e la frequenza con cui sono rappresentate all’interno del campione, come osservabile nel grafico seguente.

Il settore dell’industria, della pubblica amministrazione e della sanità risultano essere quelli più rappresentati.

2 2 2 8 1 2 1 2 8 2 7 2 4 1 1 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 BANCA COMMERCIALE EDILIZIA INDUSTRIA MILITARE MODA MUSICISTA POSTE PUBBLICA AMMINISTRAZIONE RISTORAZIONE SANITÀ SCUOLA SERVIZI SOCIALE TURISMO

(36)

36

3.2 DIAGNOSI CLINICA

La diagnosi viene effettuata dall’equipe del centro seguendo i criteri diagnostici del DSM-V per le patologie psichiatriche.

All’interno del campione utilizzato per questo studio vi è una netta prevalenza di diagnosi di Disturbo dell’Adattamento (DDA) in confronto ai Disturbi d’Ansia (DA) e ai Disturbi dell’Umore (DU). Come già precisato, si sono selezionati casi con nesso causale superiore o uguale a 3 per DDA.

Disturbo dell’Adattamento con ansia e umore depresso misti

Nesso di Causa Descrizione

1 Compatibile con situazione lavorativa vissuta come avversativa

2 Compatibile con situazione lavorativa eccedente l’intrinseco contenuto stressogeno della mansione

3

Compatibile con situazione lavorativa caratterizzata anamnesticamente da una moderata presenza di rilievi avversativi

4

Compatibile con situazione lavorativa caratterizzata anamnesticamente da una rilevante presenza di rilevi avversativi

5 Di tipo occupazionale

Tabella 5. Descrizione dei punteggi del nesso di causa nella diagnosi di DDA da Giglioli et al “Consensus Document” La Medicina del Lavoro modificato da Buselli R., Cristaudo et al.

(37)

37 Lo studio non prevedeva il confronto con controlli sani, per cui è stato deciso di studiare il comportamento statistico dei dati dei pazienti con diagnosi clinica di Disturbo dell’Adattamento in rapporto con gli altri a cui sono stati diagnosticati disturbi della sfera dell’ansia e dell’umore.

Figura 7. Distribuzione dei pazienti esaminati in relazione alle diagnosi cliniche

3.3 PROCEDURA

Innanzitutto, previa firma del documento di consenso informato, il paziente viene sottoposto a visita medica generale in cui vengono raccolti i dati anamnestici sia personali che lavorativi e viene valutato il suo stato di salute con un accurato esame obiettivo. 9 21 1 12 2 0 5 10 15 20 25 DA DDA DPTS DU Misto

Diagnosi Clinica

(38)

38 Inoltre viene condotta anche una valutazione neuro-comportamentale mediante somministrazione di test che vengono compilati dal soggetto, in parte mediante un’intervista clinica, in parte autonomamente.

Il team di psicologhe insieme alla psichiatra approfondiscono la valutazione clinica negli aspetti psicologici, di personalità e neuro-cognitivi mediante colloqui specialistici e alcuni questionari.

3.3.1 Questionari

Oltre ai test riguardanti la sfera cognitivo-comportamentale e della personalità, il paziente viene invitato a compilare questionari specifici per l’indagine clinica dello stress occupazionale che li ha portati a iniziare l’iter diagnostico presso la Medicina del Lavoro.

Ai fini di studiare lo stato di stress del paziente si è preferito utilizzare il questionario di Karasek che ne fornisce una valutazione soggettiva.

(39)

39 Il JCQ (Job Content Questionnaire di Robert A. Karasek) rappresenta attualmente il modello più attendibile e più utilizzato in medicina del lavoro per descrivere le principali variabili organizzative professionali.

Si basa sul modello teorico di Karasek esposto nel capitolo dell’introduzione. Il modello originale è stato sviluppato nel 1979 dagli autori Karasek, Theorell e Johnson e suggerisce che la relazione tra elevata domanda lavorativa (psychological job demand, PJD) e bassa libertà decisionale (decision latitude, DL)

(40)

40 definiscono una condizione di job strain o perceived job stress (stress lavorativo percepito), secondo la letteratura in grado di spiegare i livelli di stress cronico. Le due principali dimensioni lavorative (domanda vs. controllo) sono considerate variabili indipendenti e poste su assi ortogonali.

• Job Demand si riferisce all'impegno lavorativo richiesto ovvero ai ritmi di lavoro, la natura impositiva dell'organizzazione, il numero di ore lavorative e le eventuali richieste incongruenti.

• Decision Latitude è definita dalle due componenti skill discretion e decision authority. La prima identifica condizioni connotate dalla possibilità di imparare cose nuove, dal grado di ripetitività dei compiti e dall’opportunità di valorizzare le proprie competenze; la seconda individua fondamentalmente il livello di controllo dell’individuo sulla programmazione ed organizzazione del lavoro

(41)

41 In base ai risultati, il modello individua 4 categorie di attività lavorative:

1. lavori ad alto strain: creano un’alta tensione psicologica nei lavoratori, dovuta ad un alto carico lavorativo a cui corrisponde un basso controllo. 2. lavori attivi: alto grado di discrezionalità ed alto grado di domanda

psicologica. Il lavoratore può esprimere le proprie capacità ed attitudini pienamente.

3. lavori a basso strain: bassa domanda ed alto controllo. Questi lavori non sono caratterizzati da problemi legati alla tensione psicologica.

4. lavori passivi: bassa domanda ed impegno e basso controllo e possibilità di utilizzare le proprie abilità.

Il modello è stato ampliato in un secondo momento (1988) ed è stata aggiunta una terza variabile, il supporto sociale sul posto di lavoro (social support at work - SS), individuata come significativo fattore moderatore.

Le versioni italiane di questo test sono tre, la prima (comprendente 15 items) è stata sviluppata nel 1985 nell'ambito del progetto MONICA-OMS; la seconda (35 items) del 1996 nel contesto del programma BIOMED della Comunità Europea; la terza (49 items) è quella attualmente considerata la “recommended version”. Quest’ultima è articolata in otto macrovariabili 34 :

• sulla dimensione controllo i cui items indagano il giudizio circa le proprie capacità, il potere decisionale in rapporto al compito specifico e il potere decisionale a livello di politica aziendale;

• 3 sulla dimensione domanda i cui items indagano il carico di lavoro psicologico, il carico di lavoro fisico (tanto più allo sforzo psicologico si aggiunge la fatica fisica tanto più aumentano la tensione ed il rischio di malattie somatiche) e l’insicurezza lavorativa

(42)

42 • 2 infine dovrebbero consentire valutazioni sugli aspetti relazionali (supporto sociale da parte dei superiori e supporto sociale da parte dei colleghi), quanto maggiore è il supporto che il lavoratore riceve tanto minori saranno i rischi derivanti dalla tensione psicologica.

3.3.2 Prelievo ematico del Cortisolo

Il secondo giorno il paziente viene invitato a recarsi in ambulatorio alle 8:30 del mattino (momento di picco secretivo) per fare il prelievo ematico del Cortisolo ricordando di non fare colazione e di astenersi dal fumo e dall’assunzione di sostanze eccitanti che non vadano a compromettere sia il prelievo ematico che la misurazione dell’HRV che viene effettuata nel periodo subito successivo.

Questa è una manovra di tipo invasiva e prevede l’autorizzazione mediante consenso informato specifico: viene consegnato un foglio informativo seguendo il protocollo voluto dal Comitato Etico in cui si spiega lo scopo dello studio.

Le provette che sono state utilizzate sono modello Vacutest aventi capacità di 3 ml che contengono al loro interno K3 EDTA, per evitare che si attivi il processo coagulativo, permettendo quindi l’analisi del plasma. Il materiale biologico in seguito al prelievo viene posto in frigorifero a 2-4° C per circa mezz’ora. Una volta trascorso questo periodo, viene effettuata la separazione del plasma dalla parte corpuscolare e ciò avviene grazie alla centrifugazione per 10 minuti a 3000 giri/minuto.

In seguito viene prelevato il plasma con una pipetta Pasteur e riposto in due apposite provette per ogni campione su cui vengono contrassegnati codice identificativo e data. Tutto il materiale si trova quindi ad essere reso anonimo. La corrispondenza numero-soggetto sarà conservata e mantenuta segreta.

(43)

43 I campioni vengono infine conservati fino alla fine dello studio in un congelatore a -80°C, in attesa dell’analisi immunoenzimatica.

3.3.3 Misurazione HRV

Il ruolo centrale di questo studio è rivestito proprio dalla misurazione dell’Heart Rate Variability e lo strumento utilizzato durante il lavoro di tesi adibito a questo compito è il Task Force® Monitor (CNSystem, Graz) collocato presso un Ambulatorio della Medicina Preventiva del Lavoro.

(44)

44 Si tratta di un macchinario in grado di registrare continuativamente la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa mediante alcuni dispositivi presenti in dotazione in maniera assolutamente non invasiva.

E’ costituito da un corpo centrale connesso a un computer su cui è installato il software dedicato e dai componenti utili alla rilevazione dei segnali che si vuole indagare:

• ECG a tre canali (sono assenti gli elettrodi per le derivazioni precordiali) per la rilevazione della frequenza cardiaca

• misuratore continuo “beat-to-beat” della pressione arteriosa che utilizza una fascia detta “Flying-V” per le dita (in tre misure diverse: small, medium e large) che si gonfia grazie al pompaggio di aria compressa andando a misurare la pressione a quel livello

Figura 11. Parte anteriore dell’apparecchio, con connessioni per la strumentazione da applicare sul paziente:1. indicatore della tensione di esercizio; 2. connessione pulsoximetro; 3. attacco analogico esterno; 4. attacco dell’aria del misuratore continuo di pressione arteriosa; 5. connessione per il cavo ECG; 6. connessione per il cavo ICG; 7. connessione per il manicotto di misurazione oscillometrica della pressione arteriosa (Modificata dal manuale del TFM)

(45)

45

Figura 12.Misuratore continuo della pressione arteriosa: 1. Fascia per dito “Flying-V”; 2. “Task Force Vascular Unloading Monitor”; 3. manicotto di fissaggio con velcro per l’avambraccio; 4. Tubo per aria compressa (Modificata dal manuale del TFM)

• misuratore oscillometrico della pressione arteriosa costituito dal classico manicotto gonfiabile degli sfigmomanometri

Per completezza si deve aggiungere che sono disponibili anche quattro elettrodi che vengono applicati dietro il collo, ai fianchi e ad una caviglia per la cardiografia impedenziometrica (ICG) che determina la resistenza periferica vascolare, ma tale funzionalità non è stata presa in esame durante questo studio in quanto non supportata dalla letteratura in relazione alle patologie da stress occupazionale. Le misurazioni sono state tutte svolte in seconda giornata dopo il prelievo ematico, quindi in mattinata nell’arco di tempo compreso tra le 9:00 e le 10:00 circa. Il paziente viene invitato a sdraiarsi sul lettino scoprendo il torace per il posizionamento degli elettrodi.

Una volta sistemati questi ultimi e gli altri due dispositivi per la pressione illustrati in precedenza e dopo aver avviato il software sul computer si procede con l’inserimento dei dati anagrafici comprendenti nome, cognome, data di nascita, altezza e peso e si avvia la calibrazione dei sensori.

(46)

46 Passati circa 5 minuti, periodo utile anche per fare ambientare e rilassare il paziente che potrebbe altrimenti mostrare segni di agitazione dovuti al contesto non familiare, si avvia il protocollo di registrazione consistente in 10 minuti di misurazione in clinostatismo e 5 minuti in ortostatismo.

Sul monitor del computer abbiamo la possibilità di spostarci tra le varie schermate del software anche durante la registrazione selezionando con il mouse la funzionalità che più ci interessa visualizzare.

In particolare si può selezionare la schermata relativa al solo ECG oppure quella con la rappresentazione grafica della variabilità della frequenza cardiaca in funzione del tempo dove è facile apprezzare visivamente il grado di attivazione del

Figura 13. Schermata del monitor durante la registrazione. Sono visibili due derivazioni dell’ECG, la pressione arteriosa continua, la cardiografia ad impedenza e, a lato, i loro valori, compresa la pressione misurata con l’oscillometro.

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47 simpatico o del parasimpatico a seconda della banda di frequenza interessata o anche la variabilità della pressione arteriosa.

L’esame nella sua totalità dura perciò intorno ai 20 minuti e, sottolineando ancora una volta la completa non invasività dello strumento, si è rivelato ben tollerato dai pazienti che si sono sottoposti con ottima compliance alla misurazione.

Le registrazioni vengono poi salvate nel computer andando a costituire quell’archivio da cui sono stati scelti ed estratti quei dati che hanno poi costituito il database utilizzato per condurre l’analisi statistica di questo lavoro.

Il paziente completa infine il suo percorso di visite e analisi con il colloquio con il Medico del Lavoro e con le Psicologhe che si conclude solitamente nel primo pomeriggio.

Una volta estratti dall’archivio del software del Task Force® Monitor, i dati dei 45 pazienti selezionati sono stati convertiti nel formato adatto alla costruzione di un database per poter poi condurre l’analisi statistica.

Innanzitutto è stato deciso di valutare solo i valori medi, massimi e minimi per ogni parametro dell’HRV preso in considerazione, focalizzando particolarmente l’attenzione su quelli medi, considerati più attendibili perché in grado di standardizzare il più possibile i risultati e di tagliare eventuali valori anomali

(48)

48 conseguenza di artefatti (dovuti per esempio a colpi di tosse o movimenti indesiderati del paziente durante la registrazione).

I parametri scelti sono quelli riferiti alla sola HRV:

• LFnu-RRI = Componente Low Frequency dell’HRV normalizzata • HFnu-RRI = Componente High Frequency dell’HRV normalizzata • VLF-RRI = Componente Very Low Frequency dell’HRV

• LF-RRI = Componente Low Frequency dell’HRV • HF-RRI = Componente High Frequency dell’HRV • LF/HF-RRI = LF/HF-Ratio dell’HRV

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49

4 RISULTATI

4.1 RISULTATI CORTISOLO

I risultati riguardanti il prelievo ematico del Cortisolo hanno evidenziato un valore medio di 11,5 µg/dL nel totale del campione e di 12,1 µg/dL nei solo soggetti con DDA. Nella Tabella n. 6 e nella Figura n. 15 sono riportati in dettaglio tutti i valori che sono stati riscontrati.

Codice

Paziente Sesso Età Diagnosi Occupazione

Cortisolo (µg/dL) 1 M 49 DA Industria 11,8 2 M 54 DA Industria 9,2 3 M 49 DA Militare 7,6 4 M 44 DA Banca 9,7 5 F 53 DA Pubblica amministrazione 14,1 6 F 56 DA Industria 12,8 7 F 65 DA Scuola 2,3 8 F 47 DA Sanità 23,6 9 M 65 DDA Pubblica amministrazione 12,4 10 M 58 DDA Sanità 10,6 11 M 54 DDA Servizi 16,4 12 M 52 DDA Industria 20,2 13 M 56 DDA Musicista 13,3 14 M 56 DDA Banca 10,8

(50)

50 15 M 45 DDA Pubblica amministrazione 10,2 16 M 35 DDA Industria 17,4 17 M 61 DDA Edilizia 7 18 F 53 DDA Sanità 12,4 19 F 44 DDA Servizi 9 20 F 53 DDA Poste 5,3 21 F 61 DDA Sanità 18,9 22 F 47 DDA Industria 6,3 23 F 61 DDA Sociale 10,9 24 F 58 DDA Ristorazione 11,2 25 F 54 DDA Pubblica amministrazione 11,1 26 F 58 DDA Commerciale 13,6 27 F 50 DDA Turismo 6,7 28 F 48 DDA Industria 15,5 29 F 47 DDA Ristorazione 14,6 30 F 57 DP Poste 8,5 31 F 48 DPTS Pubblica amministrazione 10,9 32 M 63 DU Sanità 18,2 33 M 56 DU Industria 12,6 34 M 57 DU Edilizia 9,5 35 F 60 DU Pubblica amministrazione 9,6 36 F 44 DU Moda 6,8 37 F 36 DU Pubblica amministrazione 12,5 38 F 42 DU Pubblica amministrazione 13 39 F 64 DU Sanità 7,5

(51)

51 40 F 60 DU Commerciale 10,2 41 F 34 DU Scuola 17,6 42 F 41 DU Sanità 6,9 43 F 62 DU Moda 9,8 44 F 43 Mix Servizi 10,7 45 F 58 Mix Servizi 10,7

Tabella 6. Risultati Cortisolo

Figura 15. Distribuzione dei livelli ematici del Cortisolo nei pazienti esaminati

4.2 RISULTATI QUESTIONARIO JCQ

I punteggi relativi ad ogni oggetto del questionario JCQ di Karasek sono riportati nella Tabella n. 7. 0 5 10 15 20 25 0 10 20 30 40 50 60 Co rt is o lo ( µ g/d L) Codice Paziente

LIVELLI DI CORTISOLO

(52)

52 Codice Pazien te Di a g n o si c lin ica Ski ll D iscr ect io n Deci si o n A u th o ri ty Deci si o n L a ti tu d e Psy ch o lo g ic a l J o b Dem a n d Ph ys ic a l E xe rti on Ph ys ic a l I so metr ic Lo a d Jo b De ma n d Super viso r Sup p o rt Co -W o rke r S u p p o rt So ci a l S u p p o rt Jo b In se cu ri ty 1 Jo b In se cu ri ty 2 1 DA 30 28 58 27 8 4 39 8 7 15 7 15 2 DA 40 36 76 32 10 6 48 10 8 18 7 15 3 DA 30 24 54 18 6 4 28 10 12 22 4 10 4 DA 32 24 56 25 6 6 37 6 12 18 5 13 5 DA 42 24 66 18 4 2 24 8 12 20 11 18 6 DA 46 20 66 28 3 2 33 4 5 9 9 18 7 DA 38 16 54 24 5 6 35 7 10 17 10 16 8 DA 32 32 64 25 10 6 41 5 12 17 6 14 9 DA 32 20 52 29 5 4 38 3 6 9 5 16 10 DD A 44 40 84 26 4 2 32 6 11 17 3 6 11 DD A 30 24 54 25 7 4 36 8 9 17 16 25 12 DD A 30 24 54 21 6 6 33 8 12 20 6 14 13 DD A 36 24 60 26 9 8 43 4 12 16 8 17 14 DD A 36 36 72 25 5 4 34 10 12 22 5 11 15 DD A 44 32 76 33 6 4 43 9 10 19 3 11 16 DD A 34 20 54 28 8 6 42 4 5 9 8 17

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