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Trattazione di brani di filosofia antica nel curricolo di italiano delle SM

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Academic year: 2021

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LAVORO DI DIPLOMA DI

LAURA STOPPA

MASTER OF ARTS IN INSEGNAMENTO PER IL LIVELLO SECONDARIO I

ANNO ACCADEMICO 2016/2017

TRATTAZIONE DI BRANI DI FILOSOFIA ANTICA

NEL CURRICOLO DI ITALIANO DELLE SM

RELATORE

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RINGRAZIAMENTI

In questa sede mi preme innanzitutto ringraziare i miei genitori per il consueto sostegno mentale e materiale riguardo alle mie scelte; per i loro consigli e la loro infinita pazienza.

Ringrazio pure Anna Bosia per avermi ospitata nelle sue classi consigliandomi e spronandomi a fare emergere il meglio di me.

Colgo l'occasione per ringraziare vivamente anche tutte le persone che mi sono state accanto e che hanno condiviso con me gioie e dolori di questi due anni di DFA: amici, colleghi e soprattutto il brioso gruppo di Italiano.

Da ultimo, vorrei ringraziare i miei colleghi di Lugano centro per avermi accolta con affetto, e i miei allievi per avermi permesso di portare la mia passione in aula, per avermi sorpresa e per avermi resa fiera di ciò che stanno diventando.

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ABSTRACT

Il seguente lavoro si prefigge lo scopo di indagare se e come il testo filosofico antico d'autore possa essere integrato, traendone vantaggio rispetto alle finalità della scuola, nel curricolo dell'italiano alle SM. Si vedrà come alcuni estratti di Epitteto (in II) e di Aristotele (in III) siano compatibili con le proposte curricolari di italiano fornite sia dal Piano di Studi della scuola dell'obbligo ticinese (2015) sia dal Piano di Formazione della scuola media (2004) e come i brani forniscano un plus valore sul piano educativo a livello contenutistico. Infatti, un contenuto etico basato sulle grandi domande esistenziali, come per esempio: “Qual è lo scopo della vita?”, permette di mobilitare non solo competenze puramente disciplinari, ma anche e soprattutto competenze trasversali.

L'indagine segue un filo logico e analitico: dalla discussione teorica sulla definizione del tema e il possibile aggancio alla realtà della SM Ticinese, alla proposta di due percorsi strutturati per due fasce d'età differenti (II e III media) con relativa esposizione della pratica effettiva eseguita in classe, a – per finire – la valutazione di questi percorsi tramite l'apporto di testi redatti dagli allievi. Il lavoro ha mostrato come i discenti siano stimolati e come abbiano apprezzato la lettura e l'analisi di contenuti etici e morali fondamentali per la nostra cultura, e come il loro livello di argomentazione, di autoanalisi e di conoscenza di sé sia stato approfondito.

Si potrebbe quindi concludere che, in seno alle SM sia non solo possibile affrontare brani filosofici, ma che sia anche indicato per una migliore formazione dei ragazzi sia sul piano di sviluppo personale sia su quello di integrazione alla società democratica come cittadini.

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INDICE

INDICE 1

QUADRO TEORICO 5

Premessa 5

Perché portare la filosofia alla Scuola Media? 5

Quale filosofia portare? 8

Come affrontare la difficoltà contenutistica dei testi filosofici? 13

Conclusioni 15

QUADRO METODOLOGICO 17

Ancora un po' di teoria: quali strategie e aiuti mettere in campo per favorire la lettura di testi

filoso-fici dal contenuto non immediatamente accessibile? 17

Le classi della sperimentazione 19

La realizzazione delle schede di lettura e di esercizi 7 20

Epitteto 20

Aristotele 22

La trattazione in classe 23

Epitteto 23

Aristotele 25

La modalità di raccolta ed elaborazione dei dati 28

Epitteto 29

Aristotele 29

Conclusioni 30

RISULTATI 31

Lettura e discussione dei risultati 32

Epitteto 32

32

Aristotele 35

Interpretazione dei risultati 39

Epitteto 39

Aristotele 41

Conclusioni 42

CONCLUSIONI GENERALI 45

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ALLEGATI 49

Percorso sugli Stoici (Epitteto) 49

Percorso su Aristotele 53

Elaborati scritti relativi agli Stoici (IIB) 72

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La filosofia è una disposizione naturale dell'essere umano. Ogni bambino, dopo i sei anni, si chiede che cos'è la morte.

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QUADRO TEORICO

Premessa

Ciò che ho deciso di indagare, ossia la presunta utilità, il presunto potenziale, della lettura di testi filosofici nell'ambito dell'insegnamento di italiano nelle Scuole Medie, pare essere un campo ancora inesplorato. Prova ne è il fatto che in una quindicina di manuali e antologie in circolazione al giorno d'oggi esplorati non vi sia la presenza di questo genere di testi.

Per quanto riguarda invece la pertinenza di abituare i bambini fin da piccoli alle pratiche filosofi-che si potrebbe far riferimento all'esperienza pedagogica della Philosophy of Children, iniziata in-torno agli anni '70 da Matthew Lipman, filosofo deweyniano.

La Philosophy for children è un progetto educativo centrato sulla pratica del filosofare in una "comu-nità di ricerca". In quanto tale, si sviluppa in un particolare setting di cui è responsabile un "facilita-tore" adeguatamente formato. Si avvale, inoltre, di specifici materiali didattici: una serie di racconti in forma dialogica in cui i protagonisti, bambini, adolescenti, adulti, animali dialogano su problemi e questioni di natura filosofica, il valore della vita, il pensiero, il rapporto mente-corpo, la verità, la giustizia, emergenti dalla loro esperienza. Ogni racconto è corredato da un manuale per l'insegnante in cui sono fornite indicazioni procedurali e metodologiche funzionali all'approfondimento del lavoro educativo con piani di discussione, esercizi, attività stimolo. Modello metodologico di riferimento è la "comunità di ricerca", gruppo di insegnamento apprendimento in cui è possibile costruire un percorso di ricerca comune attraverso il confronto dialogico e l'articolazione di procedure euristico-riflessive in riferimento ai temi ed ai problemi individuati in seguito alla lettura dei racconti. (“Philo-sophy for children,” n.d.)

Questo programma ha l'obiettivo di:

[…] fornire un arricchimento culturale e concettuale e, soprattutto, quello di migliorare le abilità spe-cifiche della comprensione, dell'analisi, della soluzione dei problemi, della valutazione critica delle situazioni. Nello stesso tempo, trasformando la classe in “comunità di ricerca”, favorisce lo sviluppo della dinamica di gruppo e, quindi, orienta in senso positivo lo sviluppo socio-affettivo. (“Philoso-phy for children,” n.d.)

L'esistenza di questi progetti, seppur molto diversi da ciò che vorrei proporre io in classe, dimostra l'importanza di riflettere e di porsi fin da piccoli domande di stampo esistenziale che possano favo-rire l'abitudine all'analisi e alla scelta critica.

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Innanzitutto bisogna ammettere che l'idea nasce da un bisogno della docente stessa: essendomi oc-cupata per anni di filosofia durante i miei studi universitari, sento la mancanza dell'esercizio di que-sta disciplina – se così la possiamo definire –. In effetti, la filosofia, nella sua concezione più antica, nasce come pratica continua e non come un sapere che è dato una volta per tutte; questo soprattutto per quanto riguarda l'etica.

Infatti, gli interpreti moderni sono sempre molto esitanti nel dare una definizione al termine so-phia: sapere o saggezza? Questa incertezza potrebbe portare a scindere i due concetti in due figure diverse:

Colui che è sophos è colui che sa molte cose, che ha visto molte cose, che ha viaggiato molto, che ha una cultura enciclopedica, oppure è colui che sa comportarsi bene nella vita e si trova in una condi-zione di soddisfacondi-zione? (Hadot, 2010, p. 20)

In realtà, ci spiega Hadot (2010), le due cose non erano per nulla divise, ma facevano parte di un tutto:

[…] I due concetti sono lungi dall'escludersi l'un l'altro; il vero sapere è in realtà un saper fare, e il vero saper fare è il saper fare il bene (pp. 20-21).

Riprendendo in maniera più estesa le parole di Hadot (2005), potremmo dire che:

[…]la filosofia non è […] una teoria divisa in parti, ma un atto unico che consiste nel vivere la logica, la fisica e l'etica. Allora non si fa più teoria della logica, ossia del ben parlare e del ben pensare, ma si pensa e si parla bene, non si fa più teoria del mondo fisico, ma si contempla il cosmo, non si fa più la teoria dell'azione morale, ma si agisce in maniera retta e giusta. […] filosofare è un atto continuo, un atto permanente, che s'identifica con la vita, un atto che occorre rinnovare a ogni istante (pp. 158-159).

Per questo motivo quando si intraprende un cammino di progressione filosofico si sente spesso la necessità non solo di mettere in atto ciò che si è appreso giorno per giorno nella quotidianità, ma an-che – talvolta – di ripercorrere e rileggere le parole di grandi personaggi an-che hanno segnato e segna-no, poiché le sentiamo risuonare in noi anche a livello inconscio come verità, o sfaccettature di essa, il nostro agire.

Si noti, oltretutto, che le parole di Hadot sono in perfetta sintonia con la promozione di una “scuo-la per competenze” al“scuo-la quale si tende oggi. Infatti, se molti sostengono che l'insegnamento per competenze riguarda unicamente il “saper fare”, a ben guardare, esso – come nella filosofia antica – non può essere scisso da un “sapere”, il quale viene poi messo in pratica e vissuto.

A questo punto, una domanda nasce spontanea: se tali saperi hanno un così forte impatto su di me nell'affrontare la vita, perché non potrebbero essere d'aiuto anche ad altri (i miei allievi), tenendo conto che, inoltre, essi sembrano andare nella direzione della concezione di scuola odierna? Perché quindi, al posto che rileggere e rianalizzare brani filosofici da sola (cosa per altro poco fruttuosa

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perché non permette nessuno scambio di vedute), non dare la possibilità anche ad altri di attingere a determinati principi per poter – si spera – vivere meglio?

L'obiezione che si potrebbe muovere è che la filosofia è già parte di alcuni piani di studi, quelli li-ceali per l'appunto (Piano degli studi lili-ceali, pp. 213-216). Il Liceo, come scuola secondaria di se-condo grado, non è però accessibile a tutti, quindi parte dei nostri allievi non avrà mai la possibilità – se non per interesse personale – di attingere e di scoprire alcuni concetti fondanti della nostra cul-tura.

La filosofia è conoscenza, ma è anche educazione: come detto poco fa, si tratta di una pratica, un esercizio su se stessi. Tale concezione, oltre che essere il contenuto stesso dei testi che si potrebbero trattare, trova – come già anticipato – molti punti di incontro con il nuovo Piano di Studio della scuola dell'obbligo ticinese e la visone della Scuola che Verrà.

In effetti, se rileggessimo gli obiettivi riguardanti la trattazione filosofica citati dal programma di Philosophy of Children, ci accorgeremmo della loro affinità con le “Competenze trasversali” elen-cate nel Piano di studi della scuola dell'obbligo ticinese (2015, pp. 29-41). Si pensi ad esempio alla competenza: “Sviluppo personale”, la cui definizione riporta: “Conoscere se stessi, avere fiducia in sé e assumersi responsabilità”. Questa, per la prima parte, ricalca perfettamente il γνῶθι σαυτόν iscritto sul tempio di Apollo di Delfi; è il principio della filosofia socratica e, di conseguenza, della storia della filosofia occidentale.

Oppure alla competenza “Pensiero riflessivo e critico”, che si definisce come “sapersi distanziare dai fatti e dalle informazioni, come pure dalle proprie azioni”. Frase di stampo, oserei dire, quasi stoico. La filosofia si basa su alcuni aspetti che sono propri di questa competenza, ossia il saper for-mulare un giudizio ponderato, il saperlo difendere, ma anche il comprendere le idee altrui e le loro motivazioni e, perché no, il saper cambiare opinione. Anche ciò che recita la sezione “considerazio-ne risorse e vincoli” per il livello Medio superiore I è parte di un concetto filosofico che si ritrova in molte correnti: “adatta autonomamente la propria azione alle risorse e ai vincoli del contesto” po-trebbe provenire – sebbene intesa con sfaccettature differenti – dalla corrente stoica oppure da quel-la epicurea, o, ancora, dagli insegnamenti impartiti al Liceo o all'Accademia, fino ad arrivare per esempio ad essere affine al pensiero espresso da Descartes nelle Meditazioni, e se ne potrebbero ci-tare altre.

Non solo le “Competenze trasversali” sono oggetto di pratiche filosofiche, ma anche ciò che com-pare nel Piano di studi della scuola dell'obbligo ticinese (2015) sotto la formulazione “contesti di Formazione generale” (pp. 42-54). In questo frangente, troviamo, ad esempio, che la scuola deve “guidare l'allievo ad impostare e portare a termine progetti volti alla realizzazione di se stesso e all'inserimento nella società” (p. 48), ciò significa anche fornire agli studenti degli strumenti di pen-siero e degli esempi di ideali, di valori e di comportamenti conformi ai principi neutrali e

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democrati-ci della nostra Scuola. Prindemocrati-cipi che affondano comunque le loro radidemocrati-ci, in gran parte, nella tradizio-ne filosofica classica1. Discorso del tutto analogo si può fare per quanto riguarda il “vivere assieme

ed educazione alla cittadinanza” (p. 50), dove si specifica che bisogna “fare in modo che l'allievo partecipi alla vita democratica della classe o della scuola e sviluppi un atteggiamento d'apertura sul mondo e di rispetto nei confronti della diversità” (p. 50); anche in questo caso, la filosofia fornisce strumenti atti al rispetto e alla vita democratica.

In questa sezione abbiamo visto come i testi filosofici possano rientrare perfettamente nell'ambito della Scuola Media sotto un profilo educativo; ora ci si concentrerà sul verificare una loro compati-bilità con il programma previsto per italiano.

Per conciliare testi filosofici e programma mi sono mossa su due piani. Innanzitutto bisognava de-cidere quali testi portare e poi come poterli integrare in maniera coerente con il cursus previsto in italiano alla SM.

Prima di affrontare ciò è bene però chiedersi quali testi di filosofia si vorrebbero affrontare con gli allievi.

Quale filosofia portare?

Per quanto riguarda la scelta dei testi, ho deciso di prendere in considerazione unicamente la filo-sofica antica. Questo per il semplice motivo che, se si vuole iniziare un percorso filosofico bisogna iniziare dalle basi, in quanto ciò che segue – come in ogni disciplina – fa forzatamente riferimento a ciò che precede.

All'interno della filosofia antica abbiamo però un'immensità di testi e una pluralità di autori. Come, attraverso quali strumenti, delimitare la scelta?

I primi nomi che vengono alla mente pensando alla filosofia antica sono quelli di Socrate, di Pla-tone e di Aristotele. Di questi però solo Aristotele e PlaPla-tone ci hanno lasciato una traccia scritta.

Per quanto riguarda Platone si potrebbero sposare le parole di Alfred North Whitehead (1979), fi-losofo e matematico britannico che sostiene che:

The safest general characterization of the European philosophical tradition is that it consists of a se-ries of footnotes to Plato. (p. 39)

Non è solo Whitehead a pensarla così: anche Eco (2014) riprende lo stesso ragionamento, aggiun-gendoci però anche le considerazioni di Aristotele:

Si è detto a proposito di Platone che tutta la storia della filosofia altro non è che un commento alle sue teorie, ma lo stesso si potrebbe dire di Aristotele. La sua è stata e rimane una presenza inelimina

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bile che, se talora ha indotto a reazioni conservatrici, ha pur sempre ispirato lo sviluppo della filoso-fia. (p.136)

In effetti dell'importanza capitale di questi due filosofi nell'orizzonte del pensiero europeo abbia-mo conferma semplicemente grazie al capolavoro di Raffaello conservato in Vaticano, “La scuola di Atene”. Nel dipinto, infatti, Aristotele e Platone occupano indisturbati la scena centrale. Prenden-do spunto da questo affresco, Eco (2014) mostra il perché entrambi questi grandi filosofi hanno get-tato le basi sulle quali la nostra società è cresciuta:

Per tornare agli stereotipi, nella Scuola d'Atene di Raffaello Platone appare col dito volto all'insù, a ricordare la sua visione del mondo iperuranio delle idee, mentre Aristotele appare con la mano tesa all'ingiù. Questa era certamente una semplificazione, ma sta di fatto che Aristotele ci ha insegnato (ricorrendo a metodi empirici, osservando la natura) a parlare del mondo in cui viviamo, lasciando nell'iperuranio solo una Causa Prima, un Motore Immobile, un Atto Puro che pensa sé stesso pensan-te. (p.136)

A questo punto direi che non ci siano dubbi su quali autori scegliere nell'ottica di un primo assag-gio di filosofia.

Se abbiamo decretato quali autori sottoporre ai ragazzi delle medie, ci manca però da valutare quali testi o estratti portare in classe.

Come si sa la filosofia si occupa di molti argomenti che vanno dalla logica alla fisica, dall'antro-pologia alla metafisica, dall'epistemologia alla cosmologia, dall'estetica alla politica, dall'etica alla psicologia, etc. Il campo è dunque vastissimo. Alcune di queste branche però sono già parte di altre discipline che oggi si insegnano a scuola: penso ad esempio alla fisica, divenuta materia scolastica a sé stante; oppure alla logica trattata perlopiù in matematica; all'estetica, affrontata maggiormente nelle arti; o ancora alla politica, che nella sua veste di civica, viene toccata a storia.

Quella che mi pare rimanga maggiormente scoperta è l'etica. Inoltre essa avrebbe il vantaggio di presentare come contenuto stesso i valori e le competenze educative che la Scuola dell'obbligo tici-nese vuole sviluppare.

I testi che si andranno ad affrontare saranno quindi quelli di Platone e Aristotele che avranno come soggetto l'etica.

In che contesto è possibile inserire la lettura di questi testi filosofici?

Bisogna, per prima cosa, comprendere che testi sono quelli filosofici. Molti studiosi, come Sergio Givone (2003), sostengono che essi siano testi di genere letterario: “Che la filosofia sia anche un ge-nere letterario è un fatto”. Viene subito specificato però che: “è quel gege-nere che può comprendere di volta in volta al suo interno tutti i generi: dalla poesia alla trattatistica scientifica, dall'apologetica alla logica formale” (pp. 9-10).

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Anche Gentili (2003) è dello stesso avviso poiché filosofia e letteratura sono intimamente legate già dalla nascita, infatti:

Di fatto, possiamo trovare l'intreccio di filosofia e letteratura alle origini stesse della filosofia. Il pri-mo documento della filosofia occidentale, il celebre “detto di Anassimandro” […], ci è giunto nella sua forma probabilmente originaria […]. La profonda oscurità delle parole di Anassimandro […], corrisponde anche alla densità della sua forma poetica o quasi-poetica. (p.16)

Potremmo quindi inserire i testi di Platone e Aristotele in un percorso sul genere letterario creato ad hoc o integrarli in un corpus di brani all'interno di una trattazione specifica di testi letterari. Nell'abito disciplinare sarebbe però più opportuno, volendo affrontare testi letterari, prendere delle opere originali in italiano: le traduzioni, come si sa, perdono molto del loro pregio retorico e, alle volte, si perdono pure alcune sfumature di senso.

Oltre a ciò, bisogna considerare che già il Piano di formazione (2004, pp. 25-33), e ora anche il Piano di studio della Scuola dell’obbligo ticinese (2015, pp. 107-109), privilegia una trattazione per

tipologie testuali e non per generi. Sarebbe quindi più adeguata una lettura di testi filosofici all'inter-no di questa suddivisione per tipologie, lasciando ai testi della all'inter-nostra tradizione letteraria italiana lo spazio e il tempo dedicato alla trattazione del genere letterario. Si noti inoltre che, privilegiando questa suddivisione per tipologie testuali, gli stessi testi letterari confluiscono perlopiù nelle tipolo-gie di testo poetico e narrativo. Se quindi si volesse leggere Aristotele e Platone all'interno del gene-re letterario, sagene-rebbe d'uopo verificarne la coegene-renza rispetto al testo narrativo e poetico.

I testi riguardanti l'etica di Platone e Aristotele possono essere suddivisi in diverse tipologie te-stuali? Givone (2003) sostiene che, sebbene i testi filosofi possano essere ritenuti letterari, essi pos-sono variare nella forma:

[…] l'adozione da parte del filosofo di questa o quella forma non è casuale, perché a determinarla sono gli obiettivi, gli strumenti usati, e prima ancora l'orizzonte speculativo che non è mai neutro, ma variamente intonato[…]. (p. 10)

In effetti, è abbastanza evidente che i testi di Platone differiscono molto da quelli di Aristotele. Se non altro almeno per la funzione che essi dovevano svolgere. Le opere di Platone a noi pervenute rientrano nella categoria divulgativa: esse furono infatti scritte per il grande pubblico; mentre quelle di Aristotele2 erano esoteriche, “costituivano invece ad un tempo il frutto e la base dell'attività

di-dattica di Aristotele e non erano destinati al pubblico, ma solo ai discepoli e quindi erano patrimo-nio interno della Scuola” (Reale G. e Antiseri D., 2007, p.189).

Se da una parte quindi le opere filosofiche nascono per forza di cose da un pensiero speculativo e quindi da un atto di argomentazione delle proprie tesi3, esse prendono forme diverse non solo in

base al loro contenuto, ma anche in base al loro scopo e alla tipologia dei destinatari.

2 Anche in questo caso si parla unicamente delle opere che noi ora possediamo, per una maggiore chiarezza sull'insieme della produzione aristote

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A questo proposito potremmo suddividere i testi in base a un'ottica funzionale che, come sottoli-nea Letizia Lala (2011, “Tipi e generi testuali”) risale in ultima analisi alla retorica classica, poiché contempla “le partizioni del discorso individuale” in: descrizione, narrazione, esposizione e argo-mentazione. Queste quattro tipologie sono esattamente quelle proposte sia dal Piano di formazione della scuola media sia dal Piano di studio della scuola dell'obbligo ticinese, alle quali viene poi ag-giunto il testo regolativo o prescrittivo.

Partendo da questa suddivisione i testi di Platone e Aristotele rientrerebbero in due categorie di-stinte: i primi in quella argomentativa e i secondi in quella espositiva.

Infatti, la definizione dei testi argomentativi esposta da Lala (2011, “Testi argomentativi”) recita:

I testi argomentativi sono la realizzazione di un macroatto linguistico che si propone come fine la persuasione del destinatario circa la validità di una tesi attraverso la selezione, la disposizione e la formulazione di specifici argomenti o prove. Essi sono correlati alla capacità cognitiva di seleziona-re/giudicare gli argomenti più pertinenti allo scopo, istituendo relazioni tra tali concetti e accostando-li gaccostando-li uni agaccostando-li altri per similarità o per contrasti.

Tale definizione è perfettamente calzante per i testi platonici, soprattutto quelli in forma dialogata, poiché si riproduce a livello letterario un dibattito a fine persuasivo tra due o più personaggi. Inol-tre, i dialoghi platonici ripropongono la struttura di base dell'argomentazione:

[…] esprimendosi su un tema l’emittente dichiara la propria opinione, detta tesi, a sostegno della quale porta delle prove, dette argomenti. Allo scopo di privarla di validità, l’emittente presenta poi la tesi contraria alla sua, detta antitesi, e procede a confutarla. L’emittente conclude quindi ribadendo la propria posizione. (Lala, 2011, “Testi argomentativi”)

Sovente si assiste però ad un rovesciamento: la tesi sostenuta da Platone (spesso attraverso la voce del personaggio Socrate) emerge alla fine, dopo aver portato – attraverso il ragionamento – l'interlo-cutore ad appoggiarla completamente.

I testi platonici sono scanditi da domande e risposte che alle volte fanno le veci dei connettivi lo-gici (soprattutto causali, finali, consecutivi, concessivi), che sono uno dei tratti linguistici distintivi di questa tipologia testuale. Si noti comunque che tali connettivi sono comunque molto presenti.

L'unica obiezione che si potrebbe fare al catalogare i dialoghi platonici nel campo dei testi argo-mentativi è che Platone utilizza spesso la narrazione (di miti) come esemplificazione delle sue teo-rie. La linguistica testuale ci insegna però che la maggior parte degli scritti non rientrano in una sola tipologia, ma propongono al loro interno una commistione4. I miti presenti in Platone sono

sicura-3 A questo proposito si vedano: D'Alessandro, A (2001). Filosofia e paideia greca tra oralità e scrittura. Dalla mimesi all'epistéme. In. De Natale

(cur.), Forme di scrittura filosofica, elementi di teoria didattica, Franco Angeli Editore, Milano; Massaro, D. (2001). Didattica del testo filosofi-co. In F. De Natale (cur.), Forme di scrittura filosofica, elementi di teoria didattica, Franco Angeli Editore, Milano; Manara, F. C. (2001), Impa-rare il mestiere di pensare. La progettazione di un «Laboratorio di filosofia». In F. De Natale (cur.), Forme di scrittura filosofica, elementi di

teoria didattica, Franco Angeli Editore, Milano; Dumoulié, C. (2009), Letteratura e filosofia, Armando Editore, Roma.

4 Letizia Lala scrive infatti: “Nonostante l’esigenza di dare un ordinamento alla produzione di testi abbia portato all’individuazione teorica di

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mente di stampo narrativo, se quindi si volesse leggere unicamente un mito (estraendolo dal conte-sto), esso andrebbe analizzato con gli strumenti relativi al testo narrativo.

Gli scritti aristotelici a noi pervenuti propongono invece una struttura differente. Le verità di Ari-stotele vengono espresse attraverso un processo deduttivo. Tale processo non prevede, verbigrazia, alcuna confutazione di idee altrui, ma si muove attraverso la trattazione di esempi che concatenan-dosi portano – a parere dell'autore – alla verità. Si tratta di un processo che oggi definiremmo più scientifico. Inoltre, bisogna tener conto che questi testi erano scritti come manuali scolastici, il loro scopo non era tanto quello di persuadere i discepoli della veridicità delle varie concezioni, quanto quello di spiegare e esporre queste verità.

In questo senso quindi essi rientrerebbero perfettamente nella tipologia espositiva e nella defini-zione che fornisce Letizia Lala (2011, “Testi espositivi”):

I testi espositivi puntano alla trasmissione di un sapere e sono correlati alla matrice cognitiva che permette la comprensione di concetti generali e particolari, consentendo una corretta analisi dei primi e una corretta sintesi dei secondi.

Oltre a ciò, le opere di Aristotele presentano alcuni tratti tipici dei testi espositivi: molto spesso propongono una chiara articolazione in blocchi (ogni blocco sviluppa un dato sottotema); i movi-menti logici di cui si fa uso sono ridotti e spesso hanno a che vedere con la riformulazione (esempli-ficazioni, speci(esempli-ficazioni, illustrazioni, etc.); mostrano sempre un “graduale incremento dell'informa-zione” (Lala, 2011, “Testi espositivi”); molti termini introdotti vengono spiegati e definiti.

Si potrà sicuramente obiettare che l'intento ultimo di Aristotele è quello di convincere il destinata-rio della veridicità delle sue tesi. In questo caso quindi si potrebbero portare prove a sostegno del fatto che si tratti di un testo argomentativo. La discussione, dato che non ho trovato bibliografia in grado di dissipare ogni dubbio, rimane aperta. Nel contesto scolastico quindi i testi aristotelici po-trebbero fungere da pretesto per parlare del non rigore assoluto che distingue una tipologia testuale dall'altra, per cui si presterebbero in maniera ottimale per il passaggio dal testo espositivo a quello argomentativo.

Per concludere questa sezione, potremmo sostenere che sia i testi platonici sia quelli aristotelici potrebbero benissimo rientrare nella trattazione per tipologie testuali che avviene nel contesto delle SM. Sarebbe bene leggere questi testi alla fine di un percorso riguardante una data tipologia testuale in quanto: da una parte presentano alcuni tratti linguistici e strutturali tipici già studiati – permettono quindi un consolidamento delle tecniche di lettura – dall'altra aprono la discussione sulla commi-stione di tipologie e spronano gli allievi a prender coscienza della pluralità di forme esistenti. In ef-fetti, tali testi potrebbero fungere da situazioni-problema, poiché la loro lettura concederebbe

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l'isti-tuzione di processi di apprendimento aperti a una pluralità di possibili risposte. Da ultimo, bisogna ricordare che i contenuti, essendo di matrice filosofica, sono più complessi di quelli che si trattano comunemente in classe, per questo sarebbe bene avere prima in chiaro un modello di lettura di una data tipologia così da poterlo applicare senza problemi e riuscire a comprendere meglio il messag-gio che l'autore vuole trasmettere.

La questione della complessità del messaggio che i testi platonici e/o aristotelici vogliono veicola-re è importante e non secondaria. Nella prossima sezione si tenterà di trovaveicola-re una soluzione di conti-nuità tra i vari testi così che i ragazzi possano pian piano relazionarsi con i soggetti filosofici.

Come affrontare la difficoltà contenutistica dei testi filosofici?

Come detto, l'approccio al testo filosofico può essere agevolato dall'inserimento di quest'ultimo in date tipologie testuali: i ragazzi, avendo appreso una strategia di lettura consona alla tipologia, sa-ranno sicuramente facilitati.

A mio avviso questo non è però abbastanza: i contenuti filosofici dovrebbero essere svelati poco alla volta, permettendo agli allievi di avere il tempo per riflettere e interiorizzare, passo a passo, de-terminate concezioni.

A tale proposito trovo assolutamente pertinente il sistema di approccio neoplatonico. All'inizio, per giustificare la scelta degli autori da trattare ci si è basati sul criterio cronologico. Secondo questo criterio Platone dovrebbe essere affrontato prima di Aristotele. Ciò però non sarebbe funzionale al cursus di italiano che propone di affrontare prima il testo espositivo (nel quale si potrebbero leggere alcuni estratti di Aristotele) e dopo di approfondire il testo argomentativo (nel quale si potrebbe tro-vare spazio per dei brani platonici).

In realtà lo studio dei due filosofi nell'ordine inverso, non cronologico, non è nuovo, ma anzi gode di una lunga tradizione, quella neoplatonica appunto.

Nelle scuole neoplatoniche si affrontava prima Aristotele e poi Platone, proprio per seguire una progressione nei contenuti che andrebbero da quelli più semplici a quelli più complessi. Hadot spie-ga che il corso degli studi neoplatonici si fondava sull'idea pedagogica di progressione e maturazio-ne dello studente e veniva diviso in due grandi parti: una aristotelica e l'altra platonica (Hadot & Hadot, 2004, pp. 48-49). Semplicio5, inoltre, sostiene che proprio i saggi etici di Aristotele

sarebbe-ro molto indicati per iniziare a disciplinare e “purificare” il comportamento dei discenti (Hadot & Hadot, 2004, pp. 50-51).

Prima di iniziare questo corso, però, i neoplatonici affrontavano lo studio della corrente di pensie-ro stoica: questa era intesa come preparazione morale e consisteva principalmente nella lettura del Manuale di Epitteto. La scelta di cominciare con un testo stoico ha un fondamento metodologico, 5 Simplicio (Cilicia, 490 circa – 560 circa) è stato un filosofo e matematico bizantino neoplatonico.

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infatti il Manuale è fruibile senza conoscenze pregresse poiché non contiene osservazioni di caratte-re tecnico. Inoltcaratte-re, questo testo era considerato particolarmente atto a smuovecaratte-re l'anima del princi-piante (Hadot & Hadot, 2004, p. 51).

Si potrebbe quindi pensare di inserire anche dei brani stoici, più precisamente tratti dal Manuale di Epitteto, tra i testi da proporre agli allievi, proprio come esercizio propedeutico di iniziazione ai contenuti etici.

A ben guardare il Manuale è un testo prescrittivo-regolativo, infatti al suo interno troviamo precet-ti da applicare nel proprio vivere quoprecet-tidiano al fine di vivere meglio, di raggiungere la felicità.

Ciò si sposa in maniera perfetta con quanto riporta la definizione del testo regolativo/prescrittivo di Lala (2011, “Testi prescrittivi”):

I testi prescrittivi (definiti anche regolativi o istruzionali) hanno la funzione di regolare il comporta-mento del destinatario enunciando obblighi, divieti o istruzioni. Questi testi si collegano alla matrice cognitiva che pianifica il comportamento futuro.

Il Manuale si presenta anche in una forma abbastanza comune per i testi regolativi: la disposizione della materia è infatti suddivisa in sezioni e, in molte edizioni, è segnalata graficamente per mezzo di enumerazioni. Anche l'aspetto linguistico è tipico del testo regolativo: l'uso prevalente di verbi all'indicativo presente e all'imperativo, ne è la dimostrazione.

La trattazione di questa tipologia testuale nel cursus di italiano delle SM è indicata per il I bien-nio, quindi prima delle altre due tipologie prese in esame (quella espositiva e quella argomentativa).

La scelta di seguire l'ordine progressivo espresso a suo tempo dalla pedagogia neoplatonica è quindi perfettamente compatibile con quello raccomandato dal Piano di formazione della scuola media.

Anche in questo caso, se si volessero leggere degli estratti del Manuale, sarebbe bene farlo in con-clusione a un percorso didattico sul genere, così che possano fungere, da una parte da testi di conlidamento delle abilità sviluppate in base alla data tipologia e dall'altra come approfondimento – so-prattutto a livello contenutistico –.

Possiamo riassumere sostenendo che la lettura di testi filosofici (platonici, aristotelici e stoici) all'interno di percorsi didattici relativi alle loro tipologie testuali, nell'ordine temporale previsto dal programma di italiano per le SM, sembra ricalcare esattamente la proposta pedagogica neoplatoni-ca. Procedendo in questa maniera si favorirebbe un'assimilazione graduale di concetti da quelli più semplici a quelli più complessi da parte degli allievi.

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Un percorso come quello illustrato sarebbe perfetto, ma la realtà differisce spesso e volentieri dal-la teoria e dall'ideale. Spesso, in diverse sedi, è impossibile riuscire a seguire gli allievi per tutto il loro permanere alle SM. Per questo motivo, a volte, l'aiuto che fornisce la struttura della pedagogia neoplatonica nella comprensione dei concetti viene meno. È utile perciò pensare ad altre strategie e forme di supporto da poter mobilitare; per la trattazione di questo argomento rimando al “Quadro Metodologico”.

Conclusioni

L'analisi teorica del problema ha permesso di concludere che i presupposti per la lettura di testi fi-losofici nell'ambito del corso di italiano alle SM ci sono e che, essendo i testi fifi-losofici anche testi letterari, tali letture consentono un plus educativo:

[…] l'insegnamento della letteratura è qualcosa di diverso da una semplice disciplina scolastica: è sti -molo alla crescita personale degli studenti, all'incontro con l'intensità, la turbolenza e l'irrequietezza della sfera emozionale ed è invito ad interrogarsi sul sistema personale di valori e convinzioni. Tra le molte esperienze di tipo simbolico proposte in ambito scolastico, non sembra esservi infatti contesto più adatto del testo letterario a suscitare coinvolgimento e comprensione del mondo interiore. (Cisot-to, 2015, p. 157)

Inoltre, e in questo caso la filosofia supera la letteratura, i testi filosofici non si limitano a esprime-re una verità insita nell'opera, ma hanno l'intento di svelarne una universale; la cui ricerca non passa dalla sola lettura, ma pure dalla messa in pratica.

Leggere degli estratti di filosofia antica significa anche porsi nell'ottica del senso che questa aveva per gli antichi, ossia l'insegnamento stesso alla vita.

In nessuna altra cultura, come in quella antica, la ricerca di verità si coniuga con il desiderio e l'impe -gno di renderne partecipi gli altri, di ridursi nell'indicazione di modelli di comportamento e stili di vita improntanti a quei valori […] che rivela come più appropriati e coerenti […]. Non si tratta però di riversare sugli altri un sapere preconfezionato ma di «formare, vale a dire insegnare un saper fare, di sviluppare un habitus, una capacità nuova di giudicare e di criticare, e di trasformare, ossia cam-biare il modo di vivere e di vedere il mondo», di agire sulla mente e guidare l'anima (vedi Platone Phaedr. 27d). (D'Alessandro, 2001, p. 23)

Per questi motivi, la lettura di tali testi filosofici non diviene solo possibile, ma – oserei dire – consigliata all'interno di una scuola che ha l'intento di formare i cittadini di domani su quei valori imprescindibili che sono il senso critico, la responsabilità, la giustizia, la disposizione alla pace e alla soluzione pacifica dei conflitti, etc.

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L'abilitazione di testi filosofici all'interno del programma di italiano delle SM è data anche dalla possibilità di un loro inserimento sistematico e organico nella trattazione delle tipologie testuali. In-fatti, prendendo spunto dalla pedagogia neoplatonica si possono affrontare brani filosofici d'autore sfruttando la progressione dello studio delle tipologie testuali promosso sia dal Piano di formazione della scuola media sia dal Piano di studio della scuola dell'obbligo ticinese (regolativo, espositivo, argomentativo). Tale progressione permette altresì una trattazione filosofica graduale che va dai concetti più facilmente accessibili a quelli più complessi (etica stoica, etica aristotelica e, infine, eti-ca platonieti-ca). Un percorso di questa natura dovrebbe consentire una migliore fruizione di questi stessi testi. Un'adeguata ricezione di queste opere però non passa solo attraverso la compatibilità con tipologie testuali, ma anche tramite la loro natura letteraria: il docente potrà attingere a piene mani dalle strategie e dagli aiuti che solitamente si mettono in campo nella lettura di brani letterari.

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QUADRO METODOLOGICO

In questa sezione si andrà ad analizzare, partendo dalle indicazioni teoriche, come effettuare nella pratica la lettura degli estratti filosofici.

Ancora un po' di teoria: quali strategie e aiuti mettere in campo per favorire la lettura di testi filosofici dal contenuto non immediatamente accessibile?

Lerida Cisotto (2015, p. 120-122) riferisce che ci sono diverse variabili che rendono un testo più o meno complesso. Essi sono: il lessico, la complessità sintattica, la struttura, il tipo di testo, i modelli di situazione evocati, gli aspetti tecnologici, la presenza di immagini, la presenza di esempi nel te-sto.

Per quanto riguarda la difficoltà legata al tipo di testo, abbiamo già detto che la lettura di questi brani filosofici d'autore sarebbe auspicata al termine di un percorso didattico su una determinata ti-pologia testuale in quanto gli alunni avrebbero già a disposizione un sistema di lettura consono. Questo discorso potrebbe valere anche per la struttura e gli aspetti tecnologici testuali: se ad esem-pio il testo regolativo è strutturato per punti, anche il Manuale di Epitteto lo è.

La presenza di immagini potrebbe facilitare la lettura, però esse non sono presenti nei testi filoso-fici e, visto il contenuto etico, sarebbe diffiloso-ficile anche per il docente corredarli con delle figure.

Anche la complessità sintattica è presente e difficilmente risolvibile a meno di non parafrasare i vari estratti. Ciò che si può fare in questo caso è tagliare alcune porzioni di testo troppo complesse o che possono portare più confusione, a patto che non si vada ad intaccare il messaggio dell'autore. Discorso simile vale per il lessico; da una parte la difficoltà lessicale può essere sanata con l'uso del dizionario in dotazione; dall'altro, visto che in filosofia spesso si usano termini comuni per intende-re però oggetti particolari, dovrà esseintende-re il docente – tramite spiegazioni orali o note a piè di pagina – a fornire le indicazioni del caso.

Per quanto riguarda gli esempi, vi sono testi, come quelli di Aristotele dove gli esempi sono già presenti, mentre altri dove non ne vengono dati. In ogni caso penso che sia utile al fine della com-prensione che il docente fornisca degli esempi anche a voce o che richieda agli allievi, sulla base di quanto letto e parafrasato, di trovare delle esemplificazioni, magari partendo dal loro vissuto perso-nale che permetterebbe anche una spinta maggiore rispetto ai modelli di situazioni evocati.

Ciò che ritengo sia importante, poiché si è detto più volte che un intervento d'aiuto del docente debba in ogni caso esserci, è – nei casi più complessi – mantenere uno spazio considerevole accanto al testo, così che gli allievi possano riportare le spiegazioni.

Questo elenco che si è appena fatto riguarda il momento della scelta e restituzione degli estratti da parte del docente e il momento della prima lettura. I testi filosofici, come tutti i testi che presentano una certa complessità, non possono però esaurire la loro portata alla prima lettura, perciò sarà utile

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prevedere delle attività di rilettura e assimilazione del testo, come vuole una buona didattica della lettura.

Oltre a ciò, ogni testo deve essere corredato da esercizi di comprensione, di esemplificazione e di messa in relazione con il vissuto personale. Le domande di comprensione (che obbligano l'alunno a rileggere il testo) devono essere mirate all'estrapolazione dei concetti fondamentali espressi dal filo-sofo in questione: fungono quindi da riassunto e da rielaborazione con parole proprie di un pensiero altrui, in maniera tale da cominciare un processo di interiorizzazione delle nozioni (Cisotto, 2015, p. 123). L'esemplificazione (non solo a parole, ma anche schematica) va nella stessa direzione e per-mette una maggiore comprensione delle idee espresse e costringe il lettore a cominciare a relaziona-re ciò che viene esprelaziona-resso nel testo con ciò che vive quotidianamente, poiché ricercherà degli esempi vicini al suo vissuto. Infine, per completare l'opera di interiorizzazione dei concetti si chiederà al di-scente una vera e propria messa in relazione tra idee e vita personale: quest'ultimo passo non avver-rà più attraverso domande puntuali, ma domande aperte dove egli potavver-rà costruire un discorso più li-bero6.

Ciò su cui si potrebbe inoltre puntare è l'apprezzamento: cercare di suscitare interesse negli allievi così da stimolarli e renderli disponibili a seguire il docente anche in discorsi più complessi. La que-stione della motivazione non è, a mio parere, da sottovalutare: essa è il motore che permette di supe-rare molte difficoltà, anche se non tutte.

L'interesse e la valutazione positiva di un testo viene soprattutto dal suo contenuto. In precedenza abbiamo sostenuto che i testi filosofici d'autore possono rientrare tra i testi letterari, ciò può essere di grande aiuto al fine di suscitare il coinvolgimento dei discenti.

Infatti Lerida Cisotto (2015) spiega che:

Il processo di valutazione orienta le scelte e l'attività del lettore. Porta a preferire letture con carattere di novità, rispetto a quelle che si preannunciano come troppo familiari e dunque noiose. Al tempo stesso però, induce diffidenza verso autori o materiali del tutto sconosciuti o ritenuti lontani dalla propria sfera di interessi e credenze personali. Per quanto incuriosito e desideroso di nuovi stimoli, il lettore cerca sempre nel testo delle conferme alle sue idee, al fine di rafforzarle e di poterle apprezza -re di più. Egli è senza dubbio disponibile ad arricchi-re il suo sistema di conoscenze e di valori: è per questo che legge e rilegge più volte un testo ritenuto stimolante trovandovi ogni volta qualcosa di nuovo, ma a condizione che questo non metta profondamente in gioco il sistema personale di convin-zioni consolidato nel tempo. (p.143)

I testi filosofici sono sicuramente una novità per gli alunni e ciò dovrebbe evitare il presentarsi su-bitaneo della noia, sentimento per altro dilagante in età adolescenziale. Essi saranno quindi in teoria apprezzati, ma alla condizione che mostrino un legame con ciò che i ragazzi vivono quotidianamen-6 Per la didattica del testo filosofico si veda anche: Domenico Massaro, Didattica del testo filosofico, in Forme di scrittura filosofica, elementi di

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te, cosa che si tenterà di mettere in pratica attraverso, come detto, esemplificazioni e domande di ri-flessione personale. L'idea, nel leggere questi brani dal contenuto filosofico è proprio quella di mo-strare l'universalità delle idee esposte e la loro conseguente applicabilità al particolare. Da una parte quindi si andrà a lavorare su ciò che già si conosce, per aggiungere però nuovi elementi che permet-tano una migliore comprensione di sé e dell'uomo in generale.

In generale si può affermare che le strategie e gli aiuti nella lettura di brani filosofici d'autore pos -sono essere da una parte comparati a quelli della tipologia testuale di appartenenza, dall'altra – e più in generale – a quelli del genere letterario. La fruizione di estratti filosofici non prevede quindi nulla di diverso da ciò che un docente di italiano solitamente si impegna a fare in classe.

Le classi della sperimentazione

Dopo aver svolto un'analisi teorica riguardante sia gli aspetti di inserimento di testi filosofici nel cursus di italiano delle SM sia i loro aspetti di fruizione, è bene comprendere dove, in che contesto, si andrà a testare la portata della lettura di questi brani.

Le classi a disposizione per la sperimentazione di tali letture sono una II e una III della Scuola Media di Lugano Centro. Secondo la pianificazione degli argomenti da trattare in seno alle lezioni di italiano della sede, lo studio del testo regolativo è proposto in II, quello del testo espositivo in III e quello del testo argomentativo in IV. Sarà quindi possibile sfruttare unicamente gli estratti del Manuale di Epitteto e quelli di Aristotele.

La classe II, alla quale verranno proposti i brani di Epitteto, è una classe piccola (16 unità), abba-stanza ricettiva e molto legata. Nella media, in italiano, gli allievi ottengono discreti risultati. I risul-tati delle prove sono però sempre molto sofferti: si tratta di una classe ossessionata dalla valutazione e che entra in crisi anche quando non ce ne sarebbe bisogno (ad esempio per un 4.5). Da questo dato si può dedurre la loro estrema sensibilità che spesso si alimenta nella relazione reciproca.

La classe III, con la quale si affronterà il testo espositivo e Aristotele, è invece una classe nuova (costituita ex novo quest'anno) e più problematica: pur essendo composta da solo 19 elementi, molti di essi vengono seguiti dal servizio di sostegno pedagogico. Inoltre, si tratta di una realtà in cui il gruppo-classe deve essere consolidato lezione per lezione. Questi dati influenzano spesso il clima in aula, dove, a volte, si assiste alla manifestazione di comportamenti esagerati e non adeguati al con-testo.

Entrambe le classi presentano quindi alcune problematicità puntuali. L'idea di una trattazione di brani etici alla SM vorrebbe andare nella direzione di un aiuto a vivere meglio, poiché questo – in fondo – è il loro fine. Utile sarebbe, allora, trovare all'interno sia del corpus del Manuale sia in

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quel-lo riguardante l'etica aristotelica, dei concetti che possano contribuire ad un miglioramento del cli-ma di classe.

In quest'ottica si è pensato di affrontare la nozione del giusto mezzo grazie ad Aristotele e quella della dipendenza o meno da noi attraverso il Manuale di Epitteto. La nozione aristotelica mostra l'importanza del sapersi comportare seguendo una via di mezzo, evitando quindi ogni sorta di ecces-so, poiché esso sarebbe da incoscienti e non è conforme alla razionalità e quindi al bene. Per quanto riguarda la nozione scelta degli stoici, essa mostra come dovremmo curarci soltanto delle questioni che dipendono da noi e come unicamente queste possono renderci felici; quindi, ad esempio, l'impe-gno personale conta ai fini del raggiungimento della felicità, non tanto l'effettiva riuscita o valuta-zione.

Avendo ora un quadro più chiaro degli autori e dei contenuti da trattare, dell'ambiente effettivo in cui esporli e delle modalità teoriche attraverso le quali svolgere l'attività di lettura, rimane da capire come presentare gli estratti nella pratica delle lezioni.

La realizzazione delle schede di lettura e di esercizi 7

Sulla base delle giustificazioni teoriche date in precedenza, verrà discussa in questa sede la crea-zione delle schede di lavoro presentate agli allievi. Esse andranno ad inserirsi, come già espresso nel “Quadro teorico” al termine di un percorso didattico sulla tipologia testuale.

1. Epitteto

Innanzitutto, per introdurre il tema si è previsto un brevissimo accenno alla nascita della corrente stoica, corredata da una cartina della Grecia, così che gli allievi possano collocarsi nello spazio-tem-po adeguato.

Sempre nella parte introduttiva, si è aggiunto un condensato del pensiero stoico: le linee guida. Questo estratto non è per nulla semplice e andrà spiegato parola per parola in classe.

Da ultimo, per concludere l'avviamento allo stoicismo si è aggiunta una concisa biografia di Epit-teto.

Queste prime informazioni sono state tratte e adattate dalla voce stoicismo dell'Enciclopedia Trec-cani online8.

A seguire, vi sono gli estratti scelti del Manuale: si tratta dei primi cinque brani, delle prime cin-que regole presenti nell'opera. Si è optato per cin-questi estratti poiché forniscono le considerazioni ne-cessarie a comprendere uno dei punti fondamentali della dottrina stoica: l'essere felici risiede nel sa-7 Si vedano al proposito le schede allegate.

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per scindere ciò che dipende da noi da ciò che non dipende da noi. Nel loro insieme formano un percorso progressivo: vengono espresse cinque regole che, nella loro lettura continuata, portano – appunto – alla consapevolezza che la felicità di ognuno di noi dipende da noi soli. Considerazione, questa, che trovo sempre attuale e, nella sua semplicità, di sorprendente impatto.

Essendo la trattazione di Epitteto legata al testo regolativo, si è deciso di sfruttare l'edizione di Francesco Dipalo9.

Questo perché essa restituisce le regole stoiche in maniera schematica e anche visualmente più af-fini alle disposizioni classiche del testo regolativo: presentando, ad esempio, una progressione nu-merica che accompagna i diversi pensieri.

A lato degli estratti si è lasciato un margine in maniera tale che gli allievi possano appuntarsi le spiegazioni del docente, laddove necessario. Tenendo conto che si tratta di allievi del I biennio, lo spazio a fianco al testo è rigato, così che sia più semplice per loro prendere nota di quanto viene det-to.

Al termine dei brani del Manuale, vi sono degli esercizi suddivisi in tre grandi aree: la prima ri-guardante la forma e la tipologia testuale; la seconda concernente il contenuto degli estratti; la terza, di approfondimento, in relazione al vissuto personale degli allievi.

La progressione degli esercizi è pensata in maniera tale per cui gli allievi iniziano a interrogare il testo sulla base di conoscenze che hanno già (la tipologia testuale), per poi passare ad analizzare un contenuto nuovo, ma comunque spiegato in classe durante la lettura, e terminare facendo lo sforzo di astrarre il significato e applicarlo alla loro vita.

In generale, nelle prime domande l'allievo dovrà capire perché il Manuale di Epitteto può rientrare nella tipologia testuale del testo regolativo, facendo emergere somiglianze e differenze dai testi letti precedentemente in classe. Non si tratta di una vera situazione-problema perché il Manuale nella versione di Francesco Dipalo è coerente con il testo regolativo; l'unica grande differenza riguarda lo scopo che, in questo caso, non è concreto (come può essere per una ricetta di cucina o un libretto di istruzioni), bensì astratto.

Le domande riguardanti il contenuto sono espresse in forma diversa: vi sono le classiche domande la cui risposta è presente nel testo; domande a crocette che permettono di testare se si è compreso il testo e, infine, domande che prevedono il completamento di uno schema. Questa diversificazione permette di entrare davvero nel pensiero stoico e va un pochino oltre la semplice restituzione di in-formazioni contenute nel Manuale. Inoltre, essendo i brani non così facilmente accessibili, lo sche-ma e la dosche-manda a crocette permettono di esemplificare e schesche-matizzare un contenuto altrimenti molto (forse troppo) astratto.

Da ultimo vi sono le domande legate al vissuto personale dell'allievo. Anche in questo caso: prima si chiede all'allievo di dare un'opinione rispetto alle regole stoiche, così da riflettere maggiormente 9 Si veda: Enchiridion, Il Manuale di Epitteto (n.d.). (Dipalo F. traduttore). Disponibile da: http://www.consulentefilosofico.it/.

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sul contenuto trattato; poi, di provare sulla propria pelle le indicazioni fornite da Epitteto, tenendo una traccia scritta degli avvenimenti e delle loro reazioni al riguardo. Quest'ultima parte, la più im-portante, vuole spronare gli allievi a mettere in pratica la filosofia proprio come si faceva nell'Anti-chità. Per guidare gli alunni nella messa in pratica e, ancor più, nella riflessione a posteriori, si è pensato di fornire una scaletta che non stimoli semplicemente la resa dei fatti accaduti, ma anche una discussione critica sul metodo stoico di affrontare la vita.

2. Aristotele

Come per gli Stoici, anche per Aristotele si è prevista un'introduzione biografica10; essendo la

let-tura di Aristotele inserita nel percorso sul testo espositivo, si è deciso si sfruttare anche il testo bio-grafico come esponente di questa tipologia testuale. Si sono previste infatti delle domande sul lessi-co (in quanto il testo è abbastanza lessi-complesso) e una domanda di schematizzazione. Quest'ultima prevede il riassunto del brano biografico “per data” e permette quindi di fornire agli allievi un mo-dello di schema applicabile anche in altre materie, soprattutto in storia.

A seguire, si è pensata un'attività riguardante la “questione degli scritti aristotelici”: essa sarà utile in vista della discussione conclusiva rispetto alla problematicità di inserire in maniera assolutamente certa i brani aristotelici nella tipologia testuale espositiva. Anche in questo caso, per rendere il con-tenuto più facilmente accessibile, si è previsto un riassunto schematico.

Da ultimo, prima di addentrarsi realmente nei brani dell'etica aristotelica, si è ritenuto utile ripor-tare una definizione di “etica”, così da preparare gli allievi alla materia che li aspetta.

I brani scelti per affrontare Aristotele sono cinque e sono tratti dall'Etica Nicomachea11. Essi

for-mano un percorso in progressione, del tutto simile a quello ragionato per gli Stoici, che porta alla concezione della virtù e del bene come “giusto mezzo”. Anche in questo caso, quindi, si è scelto un argomento universale applicabile nella vita di ognuno.

La lunghezza degli estratti è molto maggiore rispetto a quella del Manuale di Epitteto, per questo motivo si è scelto di trattare una porzione di testo alla volta, ponendo domande volta per volta.

Ogni estratto è quindi corredato da domande che vertono principalmente sulla comprensione del contenuto, poiché esso è molto complesso. Esse sono espresse in varie forme: domande alle quali bisogna rispondere con delle frasi; domande per cui è necessario estrapolare degli schemi; domande puntuali sul lessico; domande che permettano di produrre altri esempi. Spesso, oltre alle questioni riguardanti l'argomento esposto, si sono aggiunte domande relative all'opinione degli alunni, in ma-niera tale – proprio come già visto nella trattazione stoica – da mostrare loro come la filosofia non sia qualcosa di distaccato e puramente astratto, ma qualcosa che stimoli la riflessione e anche la pra-tica quotidiana.

10 Biografia tratta e adattata da: Ferraris, M. (2011). Socrate, Platone, Aristotele e la scuola di Atene (pp. 73-78), Biblioteca di Repubblica, Roma;

Reale, G., Antiseri, D. (1997). Storia della Filosofia (vol. 1, pp. 187-189), La Scuola, Brescia.

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Essendo, come detto, il contenuto di difficile interpretazione, anche in questo caso, si è scelto di impaginare i brani lasciando uno spazio rigato a lato, così da poter prendere facilmente appunti di-rettamente sul testo.

Al termine di questo percorso su Aristotele si è voluto sfruttare l'ambiguità della tipologia testuale per proporre una situazione-problema. Come affermato nella trattazione teorica i brani i Aristotele potrebbero essere classificati come testi espositivi, ma anche come testi argomentativi: ci troviamo davanti ad una sorta di commistione di tipologie. Per questo motivo gli allievi saranno chiamati e elencare, tramite un esercizio a scelta multipla, le caratteristiche riscontrate nel testo aristotelico. Esse saranno sia le caratteristiche legate al testo espositivo sia quelle legate al testo argomentativo. Fatto questo, dovranno scegliere la classificazione più appropriata, secondo delle definizioni classi-che, dei brani letti. Ovviamente le due definizioni riportate sono estremamente complesse e andran-no spiegate oralmente. Gli allievi saranandran-no anche chiamati a svolgere una riflessione metacognitiva: verrà chiesto loro se hanno avuto difficoltà o meno a eseguire gli esercizi precedenti. A questo pun-to gli allievi dovrebbero esprimere la problematicità riscontrata e solo allora si cercheranno insieme i motivi per cui la classificazione del testo non è di facile intuizione. L'intero ragionamento porterà a svelare che, come visto in precedenza, esiste la commistione di tipologie testuali e che la maggior parte dei testi contengono più aspetti relativi a più tipologie.

In conclusione, per tirare le somme di tutto questo percorso, si è pensato di tornare sull'aspetto nuovo del portare la filosofia in classe: il contenuto. Come per la trattazione stoica, si chiederà agli alunni di redigere un tema in cui si dovranno concentrare sulla loro opinione e discutere criticamen-te le idee esposcriticamen-te da Aristocriticamen-tele.

Entrambi i percorsi filosofici si concludono con l'elaborazione di un testo da parte degli allievi che permetterà, oltre a una maggior presa di coscienza di loro stessi, anche di poter valutare l'impatto ef-fettivo che queste lezioni hanno avuto.

La trattazione in classe

Dalla descrizione delle schede di supporto è facile intuire come si procederà nella lettura e analisi pratica, durante le ore-lezione, dei diversi testi. È opportuno però fare qualche precisazione in quan-to, come si sa, la teoria e la pratica non sempre coincidono. Inoltre, così facendo, sarà possibile illu-strare i tipi di aiuti che si sono messi in atto in classe.

1. Epitteto

Durante la lettura della scheda introduttiva ci si è soffermati più volte, come era prevedibile, per spiegare diversi concetti. Di seguito un breve resoconto di come ci si è mossi.

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Innanzitutto si è spiegata la differenza tra vizi e virtù e, con l'aiuto della lavagna, si è schematizza-ta schematizza-tale differenza, facendo pure degli esempi concreti.

Si è poi spiegato che secondo la dottrina stoica tutto (mondo, natura, etc.) è governato dalla ragio-ne, un po' come se fosse un “dio”. Quindi, dal momento che noi esercitiamo la nostra di ragione (che pensiamo), ci troviamo in sintonia con il tutto. Si è chiesto agli allievi come si sta quando ci si sente in sintonia, la loro risposta è stata: “bene”. Si è compreso che essere in sintonia con il tutto permette di essere felici.

Si è poi chiesto ai ragazzi se, quando si pensa realmente (esercitando quindi la funzione raziona-le), si tende a scegliere gli elementi inseriti nella categoria vizi o quelli inseriti nella categoria virtù. La risposta è stata: “nella categoria delle virtù”. In questa maniera si è mostrato loro come solo sce-gliendo una vita virtuosa (comportandosi mostrando virtù) si esercita la ragione e, in definitiva, si è felici. L'uso della ragione è quindi virtuoso ed è anche l'essere in sintonia, in armonia con ciò che ci circonda, poiché ciò che ci circonda è fatto anch'esso dalla ragione. Quindi per essere virtuosi e feli-ci si deve accettare feli-ciò che feli-ci feli-circonda proprio perché è anch'esso costituito dalla ragione.

Per rendere più accessibile questo concetto intricato si sono fatti diversi esempi concreti. Ad esempio: se prendo il raffreddore, devo accettarlo perché ci sarà una spiegazione razionale sul per-ché ho preso il raffreddore. Bisogna quindi accettare pacificamente i casi della vita, altrimenti, se ci si arrabbia, oltre ad avere il raffreddore (male fisico) siamo anche in collera (male dell'anima). A questo proposito, per comprendere meglio il fatto che quando ci si arrabbia o si è tristi si sta peggio, si è chiesto agli allievi se questi mali (rabbia e tristezza ad esempio) non avessero mai causato loro dei mali fisici, come ad esempio mal di testa o di stomaco. I ragazzi hanno subito afferrato che un male “dell'anima” si ripercuote molto facilmente sul fisico e che quindi, anche se il primo è meno visibile del secondo, anch'esso è dannoso.

Ultimo passaggio nella trattazione della parte introduttiva riguarda la “libertà”. Infatti, secondo la dottrina stoica solo il vivere secondo natura (razionalità) rende liberi. Spiegare questo è stato più semplice: se non accettiamo i casi della vita in maniera “positiva” (quindi se non facciamo uso della ragione, comportandoci in maniera virtuosa), si incorre spesso – come visto nell'esempio precedente – in arrabbiature. Ora, la rabbia che è dentro di noi è come un mostro che ci tiene prigionieri: non possiamo essere realmente liberi. Questo esempio è stato molto illuminante per i ragazzi.

Una volta terminata la lettura introduttiva, si è passati al testo stoico vero e proprio. In realtà gli estratti del Manuale sono più accessibili rispetto all'introduzione e la loro trattazione è stata più spe-dita, forse anche per il fatto che si erano anticipati molti dei concetti contenuti.

Si è letto un brano alla volta, prendendosi poi il tempo di commentarlo e sviluppare alcune consi-derazioni. Per il primo estratto si è, ad esempio, redatto uno schema in cui si è diviso ciò che dipen-de da ciò che non dipendipen-de da noi. Per la seconda regola si è fatto un esempio pratico: “voglio

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entra-re in un giardino, ma per farlo, devo oltentra-repassaentra-re un cancello che è chiuso a chiave e io non ho le chiavi”: l'arrivare al giardino non dipende da me ed io non posso raggiungere il mio obiettivo per colpa di qualcosa di esterno. Per il terzo estratto si è ripresa l'esemplificazione della rabbia che ci rende infelici. Per il quarto, si è discusso come non si possa nello stesso tempo vivere una vita da saggi (filosofica) ed essere alla ricerca di ricchezze perché le ricchezze, il possesso, non dipende da noi. Per l'ultimo brano si è ribadito cosa bisogna domandarsi ogni volta che accade qualcosa di spia-cevole e come bisognerebbe quindi reagire.

La parte riguardante gli esercizi è stata affrontata attraverso diverse modalità, in quanto riguarda contenuti differenti. Le prime domande, rispetto alla tipologia testuale, sono state effettuate singo-larmente o a coppie perché più semplici. Per quanto concerne l'esercizio sul contenuto, si sono svol-te insieme, in maniera dialogata, la domanda 1 e la domanda 4 poiché sono alla base della dottrina stoica e permettono la trasposizione della teoria filosofica alla pratica quotidiana; le altre questioni contenutistiche sono state assegnate per compito. Pure per compito, ma su un lasso di due settima-ne, è stato assegnato anche l'esercizio 3.

Le domande svolte singolarmente e quelle assegnate per compito sono state poi corrette e discusse in classe. Per quanto concerne, invece, la riflessione che gli allievi erano chiamati a scrivere, essa è stata corretta dalla docente; ognuno ha poi provveduto a riscriverla a bella tenendo conto dei consi-gli e delle correzioni della docente.

2. Aristotele

Per introdurre questo ciclo di lezioni sull'Etica di Aristotele, si è cominciato dando uno sguardo a cosa sia – etimologicamente – la filosofia e di cosa si occupa. Si è notato in questa sede che molto di ciò che si fa regolarmente a scuola ed ogni pensiero potrebbe essere trattato in ottica filosofica.

Si è poi illustrato come nelle lezioni successive si parlerà più precisamente dell'etica, ossia di quel ramo della filosofia che studia il comportamento dell'uomo e, ancora più nello specifico, si esamine-rà il pensiero di Aristotele al riguardo.

Una volta letta la biografia di Aristotele ci si è soffermati sul personaggio di Socrate e, soprattutto, di Platone. In questa sede si è spiegato brevemente come l'uno guardasse al mondo delle idee, più “spirituale” e l'altro si concentrasse maggiormente sugli aspetti fisici dell'esistenza. A questo punto c'è stata una lunga parentesi sulle varie concezioni della “vita dopo” la morte. Gli allievi si sono di-mostrati molto interessati portando ognuno congetture e ipotesi, si è giunti a parlare di fisica e meta-fisica, di atomi, di onde e spazi infiniti. Dopo aver lasciato correre libera la mente degli allievi e aver lasciato loro il tempo di porre svariate domande sull'argomento, si è tornati alla biografia di Aristotele svolgendo i diversi esercizi e comprendendo meglio il contesto storico e sociale in cui è vissuto. Si è, inoltre, notato come anche la biografia sia un testo espositivo.

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Ci si è poi chiesti come noi fossimo venuti a conoscenza del pensiero aristotelico; in questa sede i ragazzi hanno espresso vari canali attraverso i quali idee antiche siano potute pervenire a noi. Iden-tificata, in questo caso, la scrittura come tramite, si è discussa la “questione degli scritti aristotelici”, facendo emerge tramite esempi a loro più familiari (romanzi vs. manuali) come un testo dallo stesso contenuto possa cambiare forma in funzione del destinatario.

Terminata questa grande parte introduttiva, si è passati alla lettura vera e propria degli estratti di Aristotele, riprendendo, brevemente, pure il concetto di etica.

La lettura degli estratti si è rivelata (come già si poteva intuire) abbastanza ardua, poiché presenta uno stile tipicamente filosofico e alcuni termini sono caricati di un significato tutto particolare che ha bisogno per forza di una spiegazione da parte della docente.

Per quanto concerne il primo estratto, è stato di enorme aiuto l'ausilio della lavagna che ha per-messo di trasporre in schemi quanto letto (mi riferisco soprattutto alla questione gerarchica dei fini, dove al vertice troviamo il sommo Bene). Si è pure molto discusso sulle scelte: è vero che noi ten-diamo a scegliere sempre il bene? In realtà si è notato, attraverso esempi concreti e astratti, come ef-fettivamente l'uomo sceglierà – sia in una scelta “libera”, sia davanti a un'alternativa imposta – la strada che a suo parere (secondo un suo ragionamento razionale) è quella migliore e, quindi, quella che a suo parere tende maggiormente al bene (in questa concezione è stato sottolineato come il “meno peggio” ne faccia parte). Quest'ultima discussione è stata condotta quasi senza l'intervento della docente, se non in veste di moderatrice.

Una volta appreso che ognuno tenderà a scegliere il bene, ci si è chiesti cosa sia in “concreto” questo bene, in cosa lo si potrebbe identificare; questa domanda è stata anche posta nei seguenti ter-mini: “Per te, qual è il fine della vita? Qual è lo scopo di ogni nostra azione e quindi del nostro vive-re?”. Si è lasciato del tempo agli allievi affinché potessero riflettere individualmente e fornire una propria risposta. Si sono poi ascoltate le varie risposte singole e attraverso le domande: “Ma perché secondo te, quello che hai scritto è il tuo fine? Cosa ti porta questo fine? Perché, semplicemente, lo hai scelto come bene supremo?”, si è giunti spontaneamente alla conclusione che ognuna delle varie risposte individuali nascondeva una risposta universale: la felicità.

Alla lettura del secondo estratto, che si è rivelata più rapida, si è scoperto che anche Aristotele identifica la felicità come bene supremo. Si è messo in relazione la spiegazione del filosofo (la feli-cità è il bene supremo perché la si sceglie sempre per se stessa) e il ragionamento scaturito dalla precedente discussione in classe e si è giunti alla conclusione che fondamentalmente fosse lo stesso. Infatti, si è ribadito che si possono scegliere scopi diversi, ma tutti fanno capo alla felicità, mentre non è possibile scegliere la felicità per poi arrivare a determinare uno scopo ancora più universale. Interessante poi è stato lasciare il tempo ai ragazzi per riflettere individualmente su loro stessi (gra-zie alle domande dell'esercizio 2. “Rifletti”): si è cercato spingere il ragionamento degli allievi oltre le risposte banali, infatti molti sono arrivati alla conclusione che a volte si sceglie una cosa

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pensan-do faccia del bene, ma è un bene solo apparente che non porta pertanto alla felicità; si è però visto come in realtà dentro si sa già in partenza che si sta ricercando solo beni apparenti e quindi si po-trebbe anche evitare di incappare in determinate situazioni spiacevoli.

Il terzo estratto è stato per i discenti molto semplice, ma ha portato a una lunga discussione su cosa siano veramente le virtù, si è consultato un dizionario per avere una definizione condivisa e si sono fatti molti esempi; si è parlato anche del contrario delle virtù, cioè i vizi.

Leggendo il quarto estratto si è ripreso il concetto di virtù. Durante la lettura si sono fatti degli schemi alla lavagna e si è spiegata la differenza tra virtù dianoetiche ed etiche (sempre tramite l'ausilio della grande lavagna) comprendendo che ci si occuperà di virtù etiche (ossia legate alla pra-tica, al saper fare). Si è compreso come sia attraverso le azioni che si esercita la virtù o il vizio e che sia l'abitudine a comportarsi in maniera virtuosa a render tali le persone. Si è discusso molto e ani-matamente attorno alla giustizia, chiedendosi se sia soggettiva o oggettiva, arrivando alla conclusio-ne che dentro tutti hanno un concetto di giustizia molto afficonclusio-ne, ma che non è semplice giudicare azioni e comportamenti poiché ogni situazione presenta caratteristiche sue proprie (per giungere a questa conclusione si è ragionato sul “dilemma del carrello” di Philippa Ruth Foot, si veda al propo-sito anche il racconto Binari di Carofiglio contenuto nella raccolta Passeggeri Notturni del 2016). Come detto, la discussione è stata lunga e vivace e ha permesso di far emerge il loro grande senso di giustizia, ma non solo: ha portato pure a riflettere sul ruolo dell'educazione e della scuola. Un allie-vo, infatti, ha sollevato la seguente questione: “Se Aristotele sostiene che bisogna imparare fin da piccoli ad agire secondo la virtù, se dobbiamo impararlo, perché la scuola non lo insegna?”. A que-sta domanda si è risposto che la scuola insegna e educa alla virtù non in maniera esplicita, ma for-nendo degli esempi e come gli stessi docenti siano degli esempi da seguire per scegliere la via vir-tuosa. Si è notato però che ora, avendolo esplicitato, la percezione è diversa e più chiara. Si è poi ovviamente scherzato sulla virtù dei docenti, mostrando come siano anch'essi esseri umani e quindi abbiano il diritto di sbagliare poiché anch'essi devono continuamente esercitarsi, apprendere; infatti, la via della virtù e del miglioramento non finisce mai.

L'ultimo estratto, nel quale si arriva a definire la virtù come disposizione a scegliere il giusto mez-zo, è stato relativamente semplice da comprendere per i ragazzi anche grazie agli esempi chiari che Aristotele stesso fornisce; ciò non ha però impedito che la discussione si facesse briosa. In effetti ci si è dilungati assai sul concetto di continuità e si è notato come ora la scienza stimi che non esista nulla di continuo, contrariamente alle conoscenze che Aristotele possedeva. I ragazzi, poi, sono ri-masti molto stupiti quando, prendendo il largo da questa costatazione, si è detto che in realtà noi non tocchiamo mai gli oggetti, ma che tra noi e loro vi è sempre una sorta di spazio, altrimenti do-vremmo fonderci con loro. Spesso e volentieri quindi, come già successo più volte, dalla discussio-ne etica si passa, attraverso svariate domande, a parlare di fisica e metafisica: questo è affascinante poiché permette di mostrare ai ragazzi come le questioni del mondo siano tra loro legate.

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