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Il trapianto di rene AB0 incompatibile: superamento della barriera immunologica

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

_________________________________________________________

Corso di Laure Magistrale in Medicina e Chirurgia

Il trapianto di rene AB0 incompatibile:

superamento della barriera immunologica

Candidato Relatore

Marta Pillitteri Chiar.ma Prof.ssa Maria Francesca Egidi

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A nonna Isotta, a nonna Concetta, ai miei genitori

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INDICE

1. INTRODUZIONE

6

1.1 La malattia renale cronica e il trapianto di rene 6

1.2 Le barriere immunologiche al trapianto 9

1.2.1 Gli antigeni di istocompatibilità HLA 10

1.2.2 Gli antigeni ematici AB0 10

1.3 Il trapianto AB0 incompatibile 12

1.3.1 Storia del trapianto AB0 incompatibile 12

1.3.2 Valutazione del paziente pre-trapianto 13

1.3.3 Determinazione del titolo delle emoagglutinine 14

1.3.4 Il donatore 16 1.3.5 Il Rigetto e la glomerulopatia da trapianto 18

1.3.6 Cenni sulla terapia immunosoppressiva 21

1.3.7 Follow-up del paziente 26

2.

STUDIO CLINICO

28

2.1 Materiali e metodi 28

2.2 Obiettivo dello studio 30

2.3 Discussione e risultati 31 3.

CONCLUSIONI

41 4.

APPENDICI

43 4.1 Bibliografia 43 4.2 Abbreviazioni 46 4.3 Ringraziamenti 47

(5)
(6)

6

1. INTRODUZIONE

1.1 La malattia renale cronica e il trapianto di rene

La malattia renale cronica (CKD) è considerata un rilevante problema nell’ambito della salute globale, con un’incidenza che si attesta circa al 13% della popolazione adulta degli Stati Uniti. L’incidenza aumenta fino al 30% nella popolazione anziana e al 50% nell’ambito delle malattie cardiovascolari e metaboliche (1).

Le dimensioni epidemiche della CKD, l’elevato rischio cardiovascolare ad essa associato e gli alti costi sociali connessi ai trattamenti sostitutivi, ne fanno uno dei principali argomenti dei piani di prevenzione e di programmazione sanitaria.

Lo studio CARHES (Cardiovascular risk in renal patients of the health examination survey) condotto dalla Società Italiana di Nefrologia, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, ha reso disponibili i dati relativi alla diffusione della CKD in Italia. La prevalenza è risultata del 7,5% negli uomini e del 6,5% nelle donne in una popolazione di età compresa tra i 35 e i 79 anni (1).

Purtroppo i numeri sono destinati ad aumentare nel corso del tempo per diversi motivi tra i quali l’invecchiamento della popolazione e l’aumentata incidenza di patologie che danno luogo e preludono a un danno renale (ipertensione arteriosa, diabete, sindrome metabolica, obesità, iperlipidemie, scompenso cardiaco). Il registro americano dimostra che la prevalenza dei pazienti con uremia terminale è in continuo aumento, arrivando nel 2014 a 120688 pazienti con un’incidenza di 370 casi per milione di abitanti l’anno (2).

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Il trattamento conservativo medico della CKD ha come scopo quello di rallentare e impedire la progressione verso l’insufficienza renale terminale (ESRD). Quando la malattia raggiunge lo stadio 5, con un eGFR<15 ml/min/1,73 m² s.c., è necessaria una terapia sostitutiva, ovvero il trattamento dialitico (extracorporeo o peritoneale) o il trapianto di rene. Il trapianto di rene è un allotrapianto, ovvero un trapianto tra due individui della stessa specie, ma geneticamente dissimili. Il trapianto renale può essere effettuato da donatore deceduto e da donatore vivente. In entrambi i casi si parla di trapianto preemptive se viene effettuato prima che il paziente inizi la terapia dialitica.

La letteratura dimostra ad oggi che il trapianto renale, ove possibile, rimane la scelta migliore in termini di morbilità e mortalità, costi e qualità della vita per il paziente uremico (3).

Lo studio effettuato nel 1998 dalla Facoltà di Medicina di Heidelberg conferma quanto la sopravvivenza sia più lunga nei soggetti trapiantati rispetto ai pazienti in dialisi in attesa di trapianto (Figura 1) (4).

Figura 1: Kaplan Meier, correlazione tra sopravvivenza pazienti trapiantati e pazienti in dialisi in lista per trapianto (4)

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Questa evidenza si è rafforzata negli anni ’90, con il miglioramento delle tecniche chirurgiche, una maggior conoscenza dei meccanismi immunologici del trapianto e conseguentemente con l’introduzione di nuovi farmaci immunosoppressivi.

Il primo trapianto di rene venne effettuato negli Stati Uniti nel 1954, mentre in Italia avvenne nel 1966. In particolare a Pisa, il primo trapianto ad essere eseguito il 15 Febbraio del 1972 da donatore deceduto iniziò “l’epoca trapiantologica pisana”.

Ad oggi la sopravvivenza dell’organo trapiantato a 1 anno da donatore deceduto è dell’89% e da vivente è del 95%. La durata media dell’organo è di circa 10 anni da donatore deceduto e 20 anni da donatore vivente. La mortalità è bassa e varia a seconda dell’età e delle comorbidità del ricevente.

Uno studio, pubblicato nel 2002, ha paragonato la sopravvivenza dell’organo a 10 anni in un gruppo di pazienti trapiantati dopo più di 24 mesi in dialisi e un gruppo con meno di 6 mesi di dialisi. La sopravvivenza del graft a 10 anni in pazienti trapiantati da donatore deceduto è stata del 39% in quelli con più di 24 mesi di dialisi e del 69% nei pazienti sottoposti a meno di 6 mesi di dialisi. La sopravvivenza del graft aumenta nel trapianto da donatore vivente con 49% a 10 anni nei pazienti con più di 24 mesi di terapia dialitica e 75% nel trapianto preemptive o con meno di 6 mesi di dialisi (5).

Il trapianto preemptive offre vantaggi in termini di sopravvivenza del paziente e dell’organo, di qualità della vita e di riduzione dei costi sanitari. In Italia è possibile effettuare il trapianto preemptive solo nei soggetti

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sottoposti a trapianto da donatore vivente, mentre per quanto riguarda il trapianto da deceduto dipende da normative regionali. Il problema principale italiano è dovuto alla lunghezza del periodo di attesa per trapianto da donatore deceduto per soggetti già in dialisi, pertanto risulta impossibile aumentare il numero di pazienti in lista aggiungendo anche i pazienti non dializzati (6).

Per la scarsa disponibilità di organi da trapiantare sono stati sviluppati programmi trapiantologici con lo scopo di incrementare il pool dei donatori: tramite il superamento delle barriere immunologiche (AB0 incompatibile e/o HLA incompatibile) e il reperimento di donatori marginali (donatori con rischio calcolato infettivo, trapianto di rene duplice). Negli ultimi anni è stata anche impiegata la modalità cross-over.

1.2 Le barriere immunologiche al trapianto e il rigetto

Il trapianto di cellule, tessuti o organi in un individuo non geneticamente compatibile con il donatore comporta un’inevitabile reazione di rigetto secondaria a una risposta immunitaria adattativa analoga a quella contro germi patogeni (7).

Il meccanismo attraverso cui avviene tale risposta inizia con il riconoscimento dell’antigene e il suo processamento, seguito dalla formazione di cellule immunitarie sensibili esclusivamente a tale antigene. Tali cellule sono in grado di secernere mediatori che effettueranno e amplificheranno il danno immunologico.

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1.2.1 Antigeni di istocompatibilità HLA

Le basi molecolari della risposta immunologica sono mediate dagli antigeni di istocompatibilità HLA codificati sul cromosoma 6 e costituenti il complesso maggiore di istocompatibilità umana (MHC) (7).

Sono stati identificati 6 loci che codificano per i due gruppi di HLA: gli HLA di classe I sono codificati dai loci A e B, mentre gli HLA di classe II sono codificati dai loci DR, DP e DQ. Gli HLA di classe I sono espressi su tutte le cellule ad eccezione dei globuli rossi, mentre gli HLA di classe II sono espressi solo sui lifociti B, macrofagi, monociti, linfociti T attivati, cellule endoteliali e cellule di Langherans cutanee (7).

Per sensibilizzazione anticorpale si intende la presenza di anticorpi specifici verso un antigene in grado di generare una risposta immunitaria efficace. Le cause principali di sensibilizzazione anticorpale sono dovute al contatto con HLA di altri individui mediante emotrasfusioni, gravidanze e precedenti trapianti sia di midollo che di organi solidi (7).

Un soggetto iperimmune ha una probabilità minore di ricevere un trapianto in quanto la possibilità di avere un cross match positivo è elevata. Nel 1969 Patel evidenziò l’impatto degli anticorpi preformati nella sopravvivenza del graft (8). Successivamente fu dimostrato che una risposta umorale mediata da anticorpi anti-HLA del donatore è responsabile del rigetto acuto d’organo con conseguente perdita del graft (9).

1.2.2 Antigeni ematici AB0

Gli antigeni ematici AB0 e Rh rappresentano, insieme agli antigeni HLA, le principali barriere immunologiche. Gli antigeni AB0 sono carboidrati

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presenti sulla membrana cellulare esterna dei globuli rossi e di numerose altre cellule tra le quali quelle endoteliali e le cellule tubulari renali distali. Tutti i soggetti sintetizzano una core di glicano denominato antigene 0 che è attaccato alle proteine della membrana plasmatica. Se l’antigene 0 viene fucosilato da un enzima si trasforma in antigene H. Tale enzima è codificato da un gene presente sul cromosoma 9 composto da 3 varianti alleliche. Coloro che possiedono l’allele 0 non hanno attività enzimatica, coloro che possiedono l’allele A trasferiscono una N-acetilgalactosamina e coloro che possiedono l’allele B trasferiscono un galattosio. Gli individui omozigoti per l’allele 0 non sono in grado di attaccare carboidrati all’antigene H e esprimeranno esclusivamente quest’ultimo.

Soggetti che esprimono un antigene AB0 sono immunotolleranti all’esposizione dello stesso antigene, mentre presentano sensibilità immunologica verso gli altri antigeni. La sensibilità immunologica è data dalla presenza di IgM e IgG contro gli antigeni AB prodotti senza una precedente sensibilizzazione, ma solo le IgG sono rilevanti nell’ambito del trapianto (7).

Anche l’antigene Rh è importante nella risposta immunologica, ma meno rilevante nell’ambito specifico del trapianto renale.

Nel caso di errore, con trapianto di organo AB0 incompatibile, l’analisi istologica di reni mostra emoagglutinazione intravascolare e occlusione dei capillari glomerulari secondariamente alla reazione di agglutinazione dei globuli rossi del donatore da parte delle isoagglutinine del ricevente (10).

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1.3 Il trapianto AB0 incompatibile

Il trapianto AB0 incompatibile ha ampliato le possibilità di eseguire trapianti renali valicando una delle barriere principali della biologia. Tale opportunità non è ancora sfruttata al massimo in Italia, essendo pochi i centri che lo svolgono, tra questi Pisa che ha effettuato il primo trapianto AB0 incompatibile nel 2009.

Le problematiche principali insorte nell’affrontare il problema dell’incompatibilità di gruppo sono la reale sicurezza ed efficacia, in termini di sopravvivenza del paziente, dell’organo e del rischio infettivo secondario alla necessità di una maggiore immunosoppressione.

Questa metodica rappresenta una risorsa valida per la donazione da vivente dando l’opportunità di ricevere un trapianto di rene anche in caso di incompatibilità AB0.

1.3.1 Storia del trapianto AB0 incompatibile

Nel 1987 fu pubblicato il primo studio su 23 pazienti che avevano ricevuto un trapianto AB0 incompatibile mantenendo un titolo di emoagglutinine valido attraverso l’esecuzione della splenectomia e la plasmaferesi. Il Giappone è stato la prima nazione che ha sperimentato tale metodica con splenectomia.

In alternativa alla splenectomia, al fine di raggiungere un basso titolo di emoagglutinine, nel 2004 è stato introdotto l’anticorpo monoclonale Rituximab, un agente capace di rimuovere anticorpi specifici.

Uno studio svedese del 2005 ha definito il protocollo di desensibilizzazione ottenendo ottimi risultati con l’aggiunta dell’immunoadsorbimento selettivo. Tale metodica ha permesso di ridurre il rischio infettivo

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rimuovendo solo le immunoglobuline potenzialmente responsabili di un rigetto d’organo (11).

1.3.2 Valutazione del paziente pre-trapianto

Il paziente eletto per un trapianto AB0 incompatibile può essere già in trattamento dialitico sostitutivo oppure potrebbe essere ancora in terapia conservativa (trapianto preemptive).

Inizialmente si ricercano i potenziali donatori che non hanno “barriere immunologiche”. Qualora si riscontrasse incompatibilità AB0 o viene cercato un altro donatore oppure devono essere valutate contemporaneamente le seguenti opportunità: trapianto cross-over (Figura 2) (scambio alla pari con un'altra coppia di donatori) o il protocollo di desensibilizzazione per AB0 incompatibilità. In quest’ultimo caso, si potrà procedere al trapianto solo se viene raggiunto un basso titolo di emoagglutinine.

Figura 2: cross-over

Un paziente potrà ricevere il trapianto solo dopo opportune indagini cliniche volte alla valutazione del reale beneficio di un trapianto. Dovranno

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infatti essere escluse patologie cardiovascolari gravi e patologie neoplastiche in atto (Tabella 1).

Controindicazioni assolute Controindicazioni relative

Malattia neoplastica attiva Patologie autoimmuni in fase attiva HIV con CD4 < 200/mm3 Precedente malattia neoplastica

Coinfezione HBV + HDV Malattia cardiovascolare avanzata Infezioni da organismi MDR Infezioni attive

Tossicodipendenza e alcolismo Non aderenza alla terapia Disordini psichiatrici maggiori

Tabella 1: controindicazioni al trapianto renale

Il candidato al trapianto dovrà effettuare test ematochimici e virologici, valutazioni radiodiagnostiche (ecografia addominale, TC, doppler dei vasi addominali e cerebro afferenti ecc.) e visite specialistiche.

1.3.3 Determinazione del titolo delle emoagglutinine

La determinazione del titolo anticorpale specifico è fondamentale per la pianificazione del timing del trapianto, in quanto esso sarà eseguibile solo con un titolo inferiore a 1:4.

Il monitoraggio postchirurgico è altrettanto importante per una diagnosi precoce di rigetto anticorpo-mediato che può essere causato dal rebound anticorpale.

La misurazione del titolo anticorpale è ottenuta dopo aver effettuato la diluizione scalare del plasma/siero del paziente (da 1:2 a 1:128). Il titolo delle IgM è valutato inserendo il plasma alle varie diluizioni nella microcolonna della schedina Neutral e successivamente centrifugato. Il

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titolo IgG è ottenuto mediante una prima fase di neutralizzazione delle IgM presenti, e successivamente utilizzando lo stesso metodo descritto in precedenza ma con microcolonne Polyspecific.

Secondo il protocollo pisano la titolazione anticorpale viene effettuata a partire dal sesto giorno precedente al trapianto e continua fino al quindicesimo giorno dall’intervento chirurgico, con dosaggi aggiuntivi dopo ogni seduta di plasmaferesi. La titolazione anticorpale verrà quindi monitorizzata durante tutto il follow-up post-trapianto.

Esistono diversi metodi per misurare i titoli anticorpali. La scelta della metodica dipende strettamente dal centro dove viene svolto il trapianto, tuttavia sussistono delle differenze in termini di riproducibilità e attendibilità dell’esame.

Uno studio del 2005 ha dimostrato che la citometria di flusso ha un’elevata sensibilità e riproducibilità. Lo studio ha dosato le IgM e le IgG antiA e antiB di 120 soggetti sani attraverso l’AB0-FACS, tecnica che misura la dimensione cellulare, dimostrando qualitativamente e quantitativamente la presenza di emoagglutinine specifiche a seconda del gruppo sanguigno presente (12).

La presenza di alti titoli anti-A/B IgG pre-trapianto correla con una ridotta sopravvivenza del graft, essendo predittiva di un rigetto acuto anticorpo-mediato. Analogamente un rialzo dei titoli durante il follow-up è indice di rigetto acuto.

La letteratura ha dimostrato che il trapianto AB0 incompatibile presenta una sorta di adattamento a lungo termine, conosciuto come fenomeno

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dell’accomodamento. E’ definito come la sopravvivenza del graft in assenza di una risposta immunologica antigene-anticorpo, nonostante la presenza di antigeni non self sull’endotelio dell’organo trapiantato e la presenza di anticorpi specifici diretti verso tali antigeni. Alcuni studi hanno dimostrato la presenza di questo fenomeno nell’ambito del trapianto AB0 incompatibile attribuendo la causa a una modificazione di espressione genica a carico di geni coinvolti nell’apoptosi, nella proliferazione e nell’immunomodulazione (13).

Sembrerebbe quindi che l’organo esposto a un basso titolo di alloanticorpi AB0 sviluppi nell’arco di due settimane la capacità di resistere al danno anticorpo mediato (11).

1.3.4 Il donatore

Dal momento che la donazione di un organo da vivente è un’azione non scevra di riflessioni etiche, è necessario che il donatore sia valutato multidisciplinarmente.

Molti studi nel corso degli anni hanno dimostrato che il rischio di ESRD di un donatore è analogo al rischio della popolazione sana, considerando l’aumento dell’incidenza dei fattori di rischio di nefropatia quali diabete mellito di tipo2, obesità e ipertensione.

Nel 2009 Ibrahim et al hanno dimostrato attraverso uno studio condotto su 3698 donatori e durato 12 anni che la mortalità e il rischio di ESRD è analogo ai soggetti non donatori (Figura 3) (14).

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Figura 3: Filtrato glomerulare dei donatori stratificato per età (14)

Il candidato alla donazione è un soggetto in buona salute e con un rischio stimato di malattia renale basso che sarà valutato attraverso numerosi screening diagnostici per escludere con certezza eventuali patologie in atto. La valutazione avviene attraverso esami ematochimici (creatininemia, urea, elettroliti, dosaggio PTH, TSH, FT4, FT3, colesterolo totale, LDL, HDL, trigliceridi, studio della coagulazione, sideremia, ferritina, transferrina, markers tumorali, marker di patologie autoimmuni, indici di flogosi, proteinemia totale e tracciato elettroforetico, AST, ALT, ALP, gammaGT), Rx torace, prove di funzionalità respiratoria, ECG e ecocuore, ecografia addome completa, RSO nelle feci.

Ad oggi viene adottata una tecnica chirurgica laparoscopica che riduce il rischio di complicanze intraoperatorie e abbrevia i tempi postchirurgici. Successivamente il donatore sarà seguito in follow-up annuale attraverso gli esami di routine, soprattutto quelli riguardanti la funzionalità renale e l’eventuale comparsa di proteinuria ed ipertensione.

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1.3.5 Il rigetto e la glomerulopatia da trapianto

Il rigetto d’organo viene classificato in base a quadri istologici e alle tempistiche con cui si presenta. E’ mediato dalla risposta immune che si sviluppa in un soggetto sensibilizzato agli antigeni del donatore.

1) Rigetto iperacuto: gli anticorpi già presenti nel ricevente reagiscono verso antigeni endoteliali del sangue presenti nell’organo donato attivando il complemento, la citolisi e la cascata coagulativa. Istologicamente si evidenzia trombosi dei vasi ed infiltrato infiammatorio. Esso si presenta entro alcuni minuti o poche ore dalla rivascolarizzazione e conduce inevitabilmente alla perdita dell’organo trapiantato. Recenti studi evidenziano che la presenza di anticorpi rivolti verso antigeni non-HLA può indurre un quadro sovrapponibile. Grazie alle metodiche di determinazione di anticorpi e alle tecniche di cross match, oggi il rigetto iperacuto è un evento assolutamente raro (15).

2) Rigetto acuto accelerato: questo evento accade prima che si sviluppi una risposta anticorpale a antigeni esposti, cioè entro 7-10 giorni. E’ dovuto alla presenza sia di cellule T sensibilizzate che di cellule B della memoria che si sono formate durante precedenti esposizioni agli antigeni; è un evento infrequente. E’ difficile trattare questo tipo di rigetto, per cui anche in questo caso la terapia migliore è la prevenzione dell’evento grazie ai metodi sopra elencati (15).

3) Rigetto acuto: può essere causato dalla presenza di cellule T attivate o dalla presenza di anticorpi a basso titolo pre-intervento o comparsi dopo il trapianto. Secondo la classificazione di Banff (16) (Tabella 2) per diagnosticare tale rigetto acuto è necessario dimostrare a livello istologico

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un quadro di danno tissutale acuto con alterazioni tubulari ed infiltrazione di neutrofili e di cellule mononucleate nei capillari peritubulari. Per quanto riguarda il rigetto acuto anticorpo-mediato (AMAR) è necessario evidenziare un coinvolgimento anticorpale con deposito di C4d o di anticorpi nella zona necrotica. L’AMAR è associato alla presenza di DSA a livello ematico.

Tabella 2: criteri di Banff rigetto acuto (16)

La terapia si basa su un aumento dell’immunosoppressione attraverso alti dosaggi di corticosteroidi ed aggiunta di siero anti-linfocitario. La biopsia è fondamentale per diagnosticare i quadri istologici.

Frequentemente vi è un danno vascolare con coinvolgimento soprattutto delle arteriole. In questo caso l’outcome sarà peggiore rispetto al danno tubulare, dal momento che i tubuli hanno maggiore capacità rigenerativa (15).

Clinicamente si presenta con un’alterazione della funzione renale (rialzo della creatininemia). Nelle fasi avanzate e gravi è presente oligo-anuria, edema del rene trapiantato e febbre.

4) Rigetto cronico: è definito come un graduale deterioramento della funzionalità renale che avviene in assenza di altre cause di disfunzione del

I tre quadri devono essere presenti contemporaneamente:

1) Evidenza istologica di danno acuto tissutale che comprende infiammazione microvascolare, arterite transmurale o intimale, microangiopatia trombotica acuta, danno tubulare acuto.

2) Evidenza di interazione recente tra anticorpi e endotelio vascolare con almeno uno tra: deposito lineare di Cd4, modesta infiammazione microvascolare, aumento di espressione dei geni di danno endoteliale.

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graft; normalmente si verifica nel corso di mesi o anni. Con l’avvento della terapia immunosoppressiva attuale basata sugli inibitori della calcineurina la diagnosi differenziale tra nefrotossicità e rigetto cronico è spesso complicata.

Fisiopatologicamente il danno si realizza secondariamente all’attività citotossica dei linfociti, alla presenza di anticorpi attivanti il complemento, alla proliferazione fibrointimale arteriolare cronica e alla iperfiltrazione compensatoria che si instaura nei glomeruli sani residui.

Istologicamente un rigetto cronico “puro” mostra obliterazione fibrotica di glomeruli e arteriole con collasso del nefrone, fibrosi interstiziale e proliferazione intimale dei vasi. La diagnosi istologica è altresì difficile dal momento che il quadro è molto simile a un quadro di degenerazione età-correlata dell’organo, o quadri di precedenti rigetti acuti, tossicità indotta da farmaci ed infezioni.

Il sospetto clinico di rigetto cronico si basa su un rialzo del titolo dei DSA che può precedere di alcuni mesi l’evento. E’ necessario porre questa complicanza in diagnosi differenziale con: una recidiva della malattia di base, un danno secondario a patologie croniche, un danno iatrogeno e la glomerulopatia da trapianto.

Clinicamente si manifesta con aumento progressivo dei livelli di creatininemia e frequentemente con proteinuria significativa (15).

La diagnosi effettiva è istologica attraverso i Criteri di Banff (16) (Tabella 3):

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Tabella 3: criteri di Banff rigetto cronico (16)

La glomerulopatia da trapianto: è una patologia tempo-dipendente con eziologia multifattoriale che comporta la progressiva perdita di funzionalità dell’organo trapiantato. Può manifestarsi con proteinuria significativa e diminuzione della funzionalità renale clinicamente rilevabile, ma spesso si presenta insidiosamente con un lento e progressivo peggioramento della funzionalità renale nel corso degli anni. Proprio per questo motivo molte diagnosi non sono confermate per mancata esecuzione di biopsia renale.

L’ipotesi eziologica maggiormente sostenuta è data dalla presenza di DSA in soggetti pre-immunizzati o insorti de novo; in aggiunta è stata data importanza anche al danno microangiopatico e all’infezione da HCV. Non vi sono terapie specifiche per la glomerulopatia da trapianto ma vengono fatti iniziato trattamenti con immunoglobuline ev, plasmaferesi, immunoadsorbimento e rituximab (17).

1.3.6 Cenni di terapia immunosoppressiva

La terapia immunosoppressiva è suddivisibile in una fase di induzione e in una fase di mantenimento. Nel trapianto AB0 compatibile la terapia di induzione viene iniziata dopo l’intervento chirurgico per ridurre le probabili reazioni immunologiche. Nei pazienti non sensibilizzati e al

I tre quadri devono essere presenti contemporaneamente:

4) Evidenza istologica di danno cronico tissutale che comprende glomerulopatia da trapianto, microangiopatia trombotica cronica, fibrosi intimale di nuova insorgenza. 5) Evidenza di interazione recente tra anticorpi e endotelio vascolare con almeno uno

tra: deposito lineare di Cd4, modesta infiammazione microvascolare, aumento di espressione dei geni di danno endoteliale.

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primo trapianto consiste in una dose di Basiliximab, anticorpo monoclonale che inibisce il recettore della IL2 sui linfociti T interferendo con la loro attivazione. In tal modo la risposta immunologica viene inibita prima della attivazione dei linfociti B.

Nel ri-trapianto o nei pazienti sensibilizzati viene impiegata la timoglobulina con diverse somministrazioni. Una meta-analisi nel 2010 ha dimostrato che non ci sono differenze significative tra i due farmaci in termini di successo e di reazioni avverse (18).

Diversamente, nel caso del trapianto AB0 incompatibile, vi è una fase di desensibilizzazione che precede di circa un mese il trapianto e ha l’obiettivo di ridurre il titolo delle emoagglutinine.

La fase di desensibilizzazione utilizza farmaci che hanno un’attività di riduzione del numero dei linfociti B o un’attività volta a depletare l’organismo di immunoglobuline.

Il Rituximab è un anticorpo monoclonale antiCD20 che lega il CD20 dei linfociti B immaturi e maturi inibendone l’attività e riducendone il numero. Entro 72h sono eliminate le cellule B periferiche e viene inibita la sintesi linfonodale e splenica con un massimo dell’efficacia fino a 6 mesi (19). E’ ampiamente utilizzato nella terapia delle malattie autoimmuni e nelle neoplasie ematologiche. Le reazioni avverse secondarie all’utilizzo del Rituximab sono febbre, sudorazione, cefalea, nausea, raramente patologie cardiovascolari, polmonari e leucoencefalopatia. L’aumentato rischio infettivo comporta maggiore incidenza di infezioni da microrganismi atipici e riattivazione del virus dell’epatite B.

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Il farmaco è somministrato in un’unica dose per via endovenosa 30 giorni prima del trapianto. Inizialmente venivano usate dosi di 375mg/m2,

successivamente sono state provate dosi più basse fino a 100mg/m2

ottenendo gli stessi risultati in termini di sopravvivenza del graft e con un ridotto rischio infettivo (20).

Questo farmaco è utilizzato anche durante il rigetto cronico mediato da anticorpi o rigetto cellulo-mediato resistente a terapia steroidea; studi hanno dimostrato l’efficacia di tale terapia con miglioramento dei parametri di funzionalità renale e riduzione della proteinuria.

Le Ig per ev sono somministrate il giorno prima del trapianto con lo scopo di inibire ulteriormente la produzione anticorpale e ridurre il rischio di rigetto anticorpo-mediato agendo in modo sinergico con il Rituximab (21). I farmaci utilizzati per la terapia di mantenimento (Tacrolimus, corticosteroidi e Micofenolato Mofetile) vengono aggiunti nei giorni precedenti all’intervento e proseguiti per tutta la durata del trapianto. Come per il trapianto AB0 compatibile, è presente una fase di induzione con gli stessi criteri.

Le tecniche terapeutiche per rimuovere le immunoglobuline sono la plasmaferesi standard e l’immunoadsorbimento selettivo. I cicli terapeutici sono svolti sia prima dell’operazione che dopo, soprattutto nel caso in cui i titoli anticorpali siano ancora elevati.

La plasmaferesi standard si basa sull’eliminazione non selettiva delle componenti ematiche. Comporta la riduzione del 20% delle emoagglutinine, ma è accompagnata dalla riduzione di albumina, dei

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fattori della coagulazione e delle immunoglobuline fisiologiche che saranno reintegrati a fine seduta. Il trattamento è iniziato prima dell’intervento chirurgico attraverso 4 sedute, con lo scopo di raggiungere un titolo inferiore a 1:4; nel caso in cui il titolo anticorpale fosse maggiore, l’intervento viene rimandato di una settimana, durante la quale saranno eseguite altre 4 sedute (22).

L’immunoadsorbimento selettivo, effettuato con le colonne GlycosorbTM

o le colonne TheraSorbTM o le colonne ImmunosorbaTM, permette

l’eliminazione quasi esclusiva degli anticorpi anti-A o anti-B attraverso l’utilizzo di colonne costituite da una matrice di safaroso e ligandi trisaccaridici simili agli antigeni A e B ai quali si andranno a legare gli anticorpi presenti nel sangue.

Durante una singola seduta il numero di anticorpi specifici viene dimezzato mentre viene restituito quasi in toto il volume ematico analizzato. Tale metodica ha un’efficienza del 30-40% e non comporta la perdita di albumina, fattori della coagulazione, immunoglobuline e gli eventuali anticorpi usati per la terapia. Le uniche reazioni avverse che possono verificarsi sono disturbi elettrolitici e alcalosi metabolica (22). La plasmaferesi e l’immunoadsorbimento selettivo sono seguite dall’infusione di immunoglobuline non solo a scopo reintegrativo ma anche nel tentativo di sfruttare il loro effetto immunomodulante (23). La terapia di mantenimento è stata perfezionata negli anni, ottenendo un’elevata efficacia con effetti avversi minimi. Ad oggi i farmaci più utilizzati sono gli inibitori della calcineurina, i corticosteroidi, il micofenolato e gli inibitori di mTOR. Normalmente viene utilizzata una

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combinazione tra inibitori della calcineurina, steroide e micofenolato al fine di massimizzare gli effetti e ridurre le reazioni avverse dei singoli. Le dosi iniziali sono elevate e successivamente scalate nel tempo valutando i parametri individuali di ciascun paziente.

Il Tacrolimus è un inibitore della calcineurina più potente della ciclosporina, oggi meno utilizzata. Le tollerabilità del farmaco non è alta, gli effetti avversi principali sono la neurotossicità con tremori, disturbi gastrointestinali, iperglicemia, ipertensione e nefrotossicità. A causa della nefrotossicità, dose dipendente, è necessario il monitoraggio della tacrolemia a cadenza settimanale, quindi mensile (24, 25).

Il Micofenolato Mofetile è un farmaco antimetabolita che inibisce una serie di risposte linfocitarie T e B. E’ un farmaco maggiormente tollerato con reazioni avverse che comprendono disturbi gastrointestinali, ipertensione e mielodepressione reversibile. E’ necessaria la sospensione in epoca preconcezionale perché fortemente teratogeno (24, 25).

Gli inibitori di mTOR Sirolimus e Everolimus inibiscono la proliferazione dei linfociti T mediata da citochine, la neoangiogenesi e il metabolismo cellulare. Vengono utilizzati in seconda linea in caso di scarsa tolleranza agli inibitori della calcineurina o in caso di rigetto d’organo. Possono causare reazioni avverse quali ipertrigliceridemia, polmonite interstiziale e disturbi gastrointestinali (26).

Gli steroidi per os sono ampiamente utilizzati in associazione agli altri immunosoppressori. A causa dei loro numerosi effetti avversi, quali peggioramento del diabete, aumento del rischio cardiovascolare, obesità,

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riduzione della massa muscolare, dovrebbero essere utilizzati a basse dosi ed in alcuni casi evitati.

Le principali problematiche di una terapia immunosoppressiva cronica sono il rischio di infezioni e di neoplasie. A causa della possibile riattivazione di EBV è possibile sviluppare malattie linfoproliferative. I pazienti trapiantati sono sottoposti a uno stretto follow-up annuale che ha lo scopo di individuare precocemente queste forme tumorali.

Le forme infettive più comuni sono di eziologia virale e comprendono il CMV, EBV, JCV e BKV. Tali virus hanno un’elevata prevalenza nella popolazione e l’induzione di uno stato immunodepresso cronico può portare alla loro riattivazione nella fase latente nell’organismo. Il paziente trapiantato viene monitorato routinariamente attraverso la ricerca del genoma virale nel sangue, indice di infezione sistemica.

Altre patologie infettive rilevanti sono le infezioni delle vie urinarie che spesso si mostrano recidivanti e causate da batteri farmaco resistenti. I pazienti vengono monitorati con esame delle urine e se indicativo di infezione con una successiva urinocoltura che ha lo scopo di isolare il germe e individuare la sua farmaco-sensibilità.

1.3.7 Follow-up del paziente

Il paziente trapiantato è seguito attraverso visite ambulatoriali inizialmente a cadenza mensile per i primi 6 mesi, successivamente ogni due mesi fino al dodicesimo mese, ogni tre mesi fino al secondo anno e infine ogni sei mesi o comunque in base alle esigenze mediche del paziente stesso.

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Il monitoraggio prevede la valutazione della creatinina sierica, della proteinuria delle 24h, dell’uricemia, degli elettroliti, dell’emocromo, dei valori di PTH e vitamina D, un esame delle urine completo ed i livelli ematici dei farmaci immunosoppressori. Annualmente saranno valutati markers tumorali, RSO ed eseguite a scopo preventivo ecografia addominale, radiografia toracica, visita dermatologica, visita ginecologica/urologica. A cadenze maggiori sono richieste la mammografia e la densitometria ossea.

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2. STUDIO CLINICO

2.1 Materiali e Metodi

Abbiamo analizzato la casistica di trapianti da donatore vivente AB0 incompatibile effettuati dal 2009 al 2016 presso il Centro Trapianti di Pisa. I dati clinici sono stati ottenuti attraverso l’analisi delle cartelle cliniche del Coordinamento Trapianti e delle cartelle ambulatoriali dell’Unità Operativa di Nefrologia Trapianti e Dialisi (Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana). Dai sistemi informatici dell’Unità Operativa di Immunoematologia sono stati inoltre integrati i dosaggi delle emoagglutinine e DSA rilevati durante il follow-up pre e post trapianto. I dati sono stati inseriti per l’analisi statistica su programmi specifici. La significatività statistica è stata calcolata tramite i seguenti test analitici: il T di Student, il Chi quadro, la correlazione espressa tramite la R di Pearson, l’odd ratio, la curva di Kaplan-Meier. I risultati sono stati considerati statisticamente significativi per valori di p<0,05.

I pazienti sono stati divisi in due categorie:

 Coorte I: riceventi da donatore vivente AB0 compatibili (AB0c)  Coorte II: riceventi da donatore vivente AB0 incompatibili (AB0i) Per la coorte II è stato impiegato il protocollo di desensibilizzazione immunologica secondo le linee guida nazionali (Società Italiana di Nefrologia e Centro Nazionale Trapianti) che, a loro volta, fanno riferimento alle linee guida internazionali (Amsterdam Forum) (27).

La terapia immunosoppressiva intrapresa in epoca antecedente al trapianto è consistita in un’unica somministrazione ev di Rituximab

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100mg/m2, 30 giorni prima dell’intervento, seguita da 16mg di

corticosteroide, 0,15-0,2mg/kg di Tacrolimus, 2g di Micofenolato Mofetile, 10 giorni prima dell’intervento e da un’infusione endovenosa di immunoglobuline il giorno precedente al trapianto. Al fine di rimuovere gli anticorpi circolanti sono state eseguite quattro sedute di plasmaferesi standard una settimana prima del trapianto. Nel caso in cui il valore di emoagglutinine non fosse sceso ad un titolo di 1:4, l’intervento veniva rimandato per permettere ulteriori sedute plasmaferetiche (Tabella 4). Nei tre giorni dopo l’intervento chirurgico sono stati somministrati boli di metilprednisolone e nel caso di titolo anticorpale >1:16 nella prima settimana e >1:8 nella seconda settimana post-trapianto sono state eseguite sedute di immunoadsorbimento selettivo.

La tabella 4 riporta la terapia eseguita come nel protocollo pisano.

Oltre ai boli di metilprednisolone i pazienti hanno ricevuto una terapia di induzione con Basiliximab o Timoglobulina. La terapia di mantenimento

Farmaco Posologia Giorno pre-trapianto

Rituximab 100mg/m2 -30 Metilprednisolone 16mg -10, 0 Tacrolimus 0,15-0,20mg/kg -10 Micofenolato Mofetile 2g -10 Immunoglobuline 0,5mg/kg -1 Plasmaferesi -6,-5,-2,-1 Tabella 4

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consisteva in una triplice combinazione di steroide, Tacrolimus e Micofenolato.

La profilassi antibiotica, antivirale e antifunginea è stata effettuata rispettivamente con Trimetoprim-sulfametrossazolo per 6 mesi, Valganciclovir per 1 anno e Fluconazolo per 1 mese.

Dall’analisi statistica sono stati esclusi i pazienti con incompatibilità HLA pre e/o post-trapianto, i pazienti che presentavano un follow-up non completo per insufficiente numero di dati clinici e laboratoristici e pazienti pediatrici.

2.2 Obiettivo dello studio

Sono stati analizzati come outcome principali: 1) La sopravvivenza dell’organo trapiantato

2) La valutazione della funzionalità renale (eGFR secondo EPI) Sono stati presi in considerazione come outcome secondari:

1) Le caratteristiche epidemiologiche e cliniche delle due coorti di pazienti e il loro effetto sugli outcome principali

2) Le complicanze infettive secondarie alla terapia immunosoppressiva impiegata

3) L’età dei donatori

4) L’impatto della risalita del titolo delle emoagglutinine post-trapianto sulla funzione del graft

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2.3 Discussione e risultati

Sono stati analizzati 104 pazienti sottoposti a trapianto di rene da donatore vivente dal 2009 al 2014; 86 sono stati inclusi nella prima coorte, 17 pazienti rientravano nella coorte del trapianto AB0 incompatibile. E’ stato escluso un paziente in quanto pediatrico e 26 pazienti per incompatibilità HLA (Figura4).

E’ stato eseguito un follow-up di 24 mesi a partire dalla data del trapianto.

(32)

32 Dati Epidemiologici COORTE I COORTE II PAZIENTI 86 17 SESSO M - F 63 – 23 (73,3%) 11 – 6 (64,7%) ETÀ MEDIA AL TRAPIANTO 41,5 ± 13,5 48,2 ± 9,5 PREEMPTIVE 22 (25,6%) 2 (11,8%) MESI DI DIALISI 25,3 ± 61,2 45 ± 121 RI-TRAPIANTO 13 (15,1%) 3 (17%) MALATTIE DI BASE DIABETE 2 (2,3%) 2 (11,8%) GN O AUTOIMMUNE 37 (43%) 8 (47%) RENE POLICISTICO 19 (22,1%) 3 (17,6%) ALTRO 13(15,1%) 4 (23,5%)

Tabella 5: dati epidemiologici delle coorti I e II

Una prevalenza di pazienti maschi è stata riscontrata in entrambe le coorti.

L’età media dei riceventi è risultata maggiore nella coorte II (48,2 ± 9,5). L’età media dei donatori è risultata di 52,6 ± 8,7 anni, con prevalenza di gruppo sanguigno A.

I tempi di dialisi sono risultati maggiori nella coorte II. Il trapianto preemptive è stato eseguito solo in 2 pazienti della coorte II (11,8%) e nel 25,6% dei pazienti nella coorte I.

(33)

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Nella coorte II vi è stato un numero maggiore di pazienti sottoposti al secondo trapianto (17% vs 15%).

Valutando le malattie di base della coorte II si nota che le glomerulonefriti e le malattie autoimmuni hanno una prevalenza maggiore mentre il diabete tipo 1 e il rene policistico hanno una bassa prevalenza (Figura 5). Nella coorte I le glomerulonefriti e le malattie autoimmuni sono più frequenti, seguite dal rene policistico e poi diabete e altre patologie.

Figura 5: distribuzione delle malattie di base nelle coorti I e II

L’analisi descrittiva del gruppo sanguigno dei pazienti della coorte II e dei rispettivi donatori ha dimostrato che (Figura 6):

 RICEVENTI: 82,3% gruppo 0 18,7% gruppo A  DONATORI: 64% gruppo A 23,5% gruppo AB 5,9% gruppo B

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Figura 6: prevalenza gruppi sanguigni riceventi e donatori coorte II

I pazienti di gruppo 0 hanno maggiore difficoltà nel trovare donatori con compatibilità immunologica.

Il match donatore A – ricevente 0 è stato il più frequente (70,6%), AB-A e AB-0 hanno stessa frequenza (11,8%) ed è stato fatto un solo match B-0 (Figura 7).

Figura 7: match coorte II

0 A B AB

Prevalenza gruppi sanguigni

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Funzione renale e sopravvivenza del graft

Nella nostra casistica un paziente della coorte II ha interrotto volontariamente la terapia immunosoppressiva al terzo mese post-trapianto, rientrando quindi in trattamento emodialitico. Per tali ragioni il paziente è stato escluso dall’analisi della sopravvivenza del graft. La sopravvivenza del graft nella coorte II a 24 mesi è risultata del 100%, completamente sovrapponibile alla sopravvivenza della coorte I (100% a 24 mesi).

Dal confronto tra la funzione renale a 24 mesi dei pazienti trapiantati AB0 incompatibili e il gruppo di controllo non sono risultate differenze nella funzionalità renale (Figura 8), in entrambi i casi si è notato un miglioramento della funzionalità renale espressa in eGFR secondo EPI rispetto a quella di partenza pre-trapianto, con una significatività rispettivamente p=0,033 per la coorte I e p=0,032 per la coorte II.

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Abbiamo analizzato la variazione della funzione renale dal 6° al 24° mese post-trapianto, al fine di escludere l’effetto di stabilizzazione della funzione che si verifica nei primi mesi di trapianto (Figura 9). In questo caso si è mantenuto l’effetto di miglioramento della funzione renale per la coorte I, con una p=0,005. Per la coorte II non abbiamo assistito invece ad una variazione statisticamente significativa (p=0,3).

Figura 9: confronto eGFR tra il 6° e il 24° mese tra I e II coorte

Abbiamo valutato se l’età dei pazienti al trapianto potesse incidere sulla funzionalità del graft. L’analisi statistica ha escluso l’influenza di questo dato sulla funzione del rene trapiantato a 24 mesi (p=0,185 e r2=0,12)

(37)

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Figura 10: valutazione dell’influenza dell’età su eGFR nella coorte II

Al fine di individuare una variabile tra le due coorti che potesse giustificare il peggior outcome funzionale e vista la differenza per ciò che concerne la durata trattamento sostitutivo dialitico nelle due corti (25,3±61,2 mesi nella coorte I e 45±121 mesi nella coorte II), è stata ricercata la possibile relazione tra i mesi di dialisi pre-trapianto e la funzione del graft espressa con l’eGFR a 24 mesi. Come si evidenzia dal grafico, non esiste una correlazione statistica tra i due parametri (p=0,91 con r2=0,0001), pertanto

il trattamento extracorporeo non risulterebbe responsabile della differenza di filtrato a 24 mesi. La media della durata della dialisi della coorte II è stata molto influenzata da un paziente con permanenza in dialisi molto lunga (480 mesi) in un gruppo con scarsa numerosità. Paragonando le mediane delle due coorti, infatti, la differenza si riduce molto (9 mesi nella coorte I e 11 mesi nella coorte II) (Figura 11).

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Figura 11: relazione tra tempo di permanenza in dialisi e eGFR nella coorte II

Abbiamo valutato inoltre la proteinuria delle 24h in entrambe le coorti nel periodo 6-24 mesi post-trapianto. Come proteinuria significativa sono stati stabiliti valori >500mg/die. Tale significatività è stata riscontrata nel 9,3% della coorte I e nell’11% nella coorte II.

Considerando le infezioni totali sistemiche (virali, batteriche, micotiche e parassitarie) il tasso di infezione annuo è risultato dello 0,20%.

Nella coorte II abbiamo riscontrato esclusivamente riattivazioni virali da CMV e EBV.

Le infezioni urinarie, rispettivamente da E. coli 1, K. pneumoniae 2 e E. faecalis 1, hanno presentato un tasso annuo pari a 0,12%.

Complessivamente non abbiamo riscontrato una differenza significativa tra il tasso di infezione annuo tra coorte I e coorte II nonostante le plasmaferesi e una maggiore terapia immunosoppressiva eseguita nella coorte II.

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Impatto della risalita del titolo delle emoagglutinine post trapianto sul graft

Per valutare il significato clinico della risalita del titolo delle emoagglutinine post trapianto, abbiamo suddiviso i trapiantati AB0 incompatibili in due sottogruppi, escludendo anche in questo caso il paziente rientrato in trattamento dialitico dopo sospensione della terapia: a) Sottogruppo con titolo < 1:8 (8 pazienti)

b) Sottogruppo con titolo > 1:8 (8 pazienti)

Per escludere eventuali influenze sul filtrato durante il periodo post-chirurgico abbiamo analizzato il titolo delle emoagglutinine e il filtrato glomerulare in due range temporali, il primo tra 0 e 24 mesi e il secondo tra 6 e 24 mesi.

Non sono emerse differenze in termini statistici tra i due gruppi a 0 mesi (p= 0,38) e 6 mesi (p= 0,44), e perciò il filtrato appare sovrapponibile nell’immediato post trapianto. Valutando il filtrato a 24 mesi invece, pur non raggiungendo la significatività statistica (p=0,088), abbiamo assistito ad una discrepanza tra i due gruppi. Il filtrato è risultato infatti peggiore nei pazienti con un titolo di emoagglutininte maggiore nel follow-up post trapianto, anche considerando la semplice variazione della media e della mediana del eGFR da 6 mesi a 24 mesi (Figura 12).

Abbiamo valutato la correlazione tra titolo delle emoagglutinine e funzionalità renale utilizzando sia la mediana delle emoagglutinine (Figura 13) che la media (Figura 14).

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Figura 12: relazione tra eGFR tra il 6° e il 24° mese e il titolo di emoagglutinine

Figura 13: eGFR espresso per titolo di emoagglutinine post trapianto, mediana dei titoli

Figura 14: eGFR espresso per titolo di emoagglutinine post trapianto, media dei titoli

30 35 40 45 50 55 60 65 6 MESI 24 MESI eG FR (m l/m in ) MEDIANA <1:8 MEDIANA >1:8 30 35 40 45 50 55 60 65 6 MESI 24 MESI eG FR (m l/m in ) MEDIA <1:8 MEDIA >1:8

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3. CONCLUSIONI

Il trapianto di rene da donatore AB0 incompatibile è una possibilità per il paziente uremico in terapia sostitutiva della funzione renale, con una sopravvivenza d’organo sovrapponibile almeno nel breve follow-up al trapianto da donatore vivente AB0 compatibile. Inoltre, nonostante la più impegnativa terapia immunosoppressiva di desensibilizzazione, non si è verificato un aumentato numero di complicanze infettive rispetto alla terapia immunosoppressiva classica.

Tuttavia nella nostra casistica la funzione renale del graft potrebbe aver risentito della presenza delle emoagglutinine, vista l’assenza del miglioramento che si osserva a 24 mesi nel trapianto da vivente senza anticorpi diretti verso il gruppo sanguigno. Inoltre, l’incremento del titolo anticorpale rilevato nell’immediato post trapianto potrebbe avere un ruolo nella progressione del danno, alla luce del peggior outcome espresso come eGFR nel gruppo di pazienti con titolo >1:8. Tale tendenza non ha raggiunto la significatività statistica probabilmente a causa della brevità del follow-up.

Non avendo riscontrato differenze significative nell’analisi demografica, ne consegue che le variazioni della funzionalità renale sono dipese dall’assetto immunologico e da eventuali altre variabili indipendenti dal fisiologico calo del eGFR con l’età nella popolazione generale.

Molti studi clinici affermano che il tempo di permanenza in dialisi inficia sulla funzionalità del graft e che i pazienti trapiantati preemptive presentano un miglior outcome rispetto a coloro che hanno eseguito

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42

dialisi. I risultati ottenuti nel nostro studio non hanno rilevato una differenza significativa tra durata di dialisi ed outcome del graft. Questo potrebbe dipendere dal breve follow-up eseguito rispetto ai tempi necessari per permettere che i danni da prolungato tempo dialitico si possano manifestare. Infatti gli studi citati si riferiscono a dati ottenuti in follow-up più lunghi.

In conclusione i risultati riportati hanno evidenziato che il gruppo AB0 incompatibile ha una sopravvivenza paziente e graft sovrapponibile al gruppo AB0 compatibile.

Non è ancora ben chiaro se il rebound del titolo delle emoagglutinine ritrovato nel 50% dei pazienti della coorte II possa avere un impatto rilevante nella funzione renale e sull’outcome del graft a lungo termine. Il riscontro di un valore di eGFR ridotta in tale gruppo potrebbe verificarsi nel tempo anche nei pazienti senza rebound di emoagglutinine. Pertanto è fondamentale un’attenta e precisa osservazione clinica negli anni. I soddisfacenti risultati ottenuti suggeriscono di proseguire con tale strategia soprattutto in considerazione dell’aumentata possibilità di accesso al trapianto in pazienti con ESRD, altrimenti candidati alla dialisi ed alle lunghe liste di attesa per trapianto da donatore deceduto.

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4. APPENDICI

4.1 Bibliografia

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multicentre, randomized trial. Nephrology Dialysis Transplantation, 2012; 32 : 1060-70

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4.2 Abbreviazioni

Chronic Kidney Disease: CKD End Stage Renal Disease: ESRD

Estimated Glomerular Filtration Rate: eGFR Human Leukocyte Antigent: HLA

Major Histocompatibility Complex: MHC Antibody-mediated acute rejection: AMAR Donor-specific Antibodies: DSA

Multi-Drug Resistant: MDR AB0 incompatibile: AB0i AB0 compatibile: AB0c

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47

4.3 Ringraziamenti

Nella mia lunga carriera scolastica ho spesso avuto successi, ma mai per la scrittura. Mi ritrovo adesso davanti a questo compito oneroso con poche righe a disposizione e molto da dire.

Lo studio della medicina ha aperto i miei occhi a realtà diverse. Non sono bastati i libri, gli esami, le lezioni. La vera formazione nasce dalla condivisione delle conoscenze. Ringrazio chi usato il proprio tempo per condividere con me il suo sapere e la sua esperienza.

Ringrazio di cuore la Professoressa Egidi, per la disponibilità, la professionalità, è l’esempio di Medico. Il Dott. Giannese per il prezioso contributo e la pazienza. Ringrazio gli specializzandi della UO di Nefrologia, per non avermi mai fatto sentire di troppo, in particolar modo il Dott. Moriconi e il Dott. Marchini per avermi accompagnato nei primi passi nella clinica.

Un ringraziamento speciale va alla Dott.ssa Bacca, alla Dott.ssa Ridi, al Dott. Buratti e agli altri medici e infermieri del Pronto Soccorso, per la fiducia, per gli insegnamenti, per l’umanità, per la sicurezza trasmessi. Una seconda casa.

Ringrazio i miei genitori che mi hanno sempre sostenuto, capito e sopportato in questi anni, per avermi permesso di non fare mai rinunce, allo stesso tempo facendomi restare con i piedi per terra.

Alla mia nonna Isotta, per la costanza e la (ancora poca) pazienza, alla mia nonna Concetta, per l’energia.

A Ludovica e Claudia, amiche, colleghe, “sorelle”. Per tutte le ore passate a ripetere, a parlare, a ridere. Da quella pausa i primi giorni di lezioni a ora, questo traguardo è anche grazie a voi. Solidi punti di riferimento nella vita.

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Alla grande famiglia pisana: Letizia, Francesca, Ilaria, Adele, Virginia, Alepi, Ettore, Giorgione (Claudia, Ludovica, Gabriele, Domenico). Avete alleggerito le giornate in biblioteca, gli attimi pre-esame, in voi ho trovato delle sincere amicizie.

Un ringraziamento speciale va a Silvio che si è preso cura di me dal primo anno fino ad ora, dall’introduzione alla vita pisana, ai caffè in Pacinotti, agli amari del giorno prima dell’esame.

Cucciolo, per le lunghe passeggiate che si sono trasformate in viaggi. Per i viaggi già fatti, ma soprattutto per quelli che saranno. Per la tua dolcezza e per la tua vicinanza. Ai Maestri e a tutti i compagni del Taekwondo, cecinese e pisano, per la forza e la perseveranza trasmesse nell’affrontare gli scogli della vita. Non avrei mai raggiunto certi obbiettivi senza la tempra datami negli anni.

Alle amiche di sempre, Silvia, Chiara, Maha e Cecilia. Avete sempre compreso le mie lunghe latitanze, sostenuto i miei sogni. Nonostante le diverse strade scelte siamo sempre qui, dopo anni.

Come non ringraziare i Pilli’s, Fonta e Santu, per i momenti di relax nel caos della mia vita e per l’impeccabile organizzazione ingegneristica.

A Martina e Clelia, alla nostra amicizia condivisa, per insegnarmi a essere una vera signorina.

A Cianci, ai film, alla chitarra, al vero divertimento, al ritornare bambine. Alle Fighers, quelle vicine e quelle lontane, in palestra e fuori.

Alle amiche lontane: Alicia, con le ore di messaggi vocali e i racconti in riva al mare; Chiara per tutto quello che abbiamo passato in questi 15 anni.

Ringrazio tutti coloro che mi hanno sempre incoraggiata, consolata e aiutata in questi anni; non avrei mai raggiunto questo importante traguardo senza tutti voi.

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