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Confronto della Quality of Life (QoL) a breve e medio termine in pazienti sottoposti a resezione polmonare maggiore per neoplasia polmonare con tecnica robotica VS open.

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Academic year: 2021

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Dipartimento di medicina clinica e sperimentale

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia Dipartimento di patologia chirurgica, medica, molecolare e dell’aria critica

CORSO DI LAUREA IN MEDICINA E CHIRURGIA

“Confronto della Quality of Life (QoL) a breve e medio termine in

pazienti sottoposti a resezione polmonare maggiore per neoplasia

polmonare con tecnica robotica VS open”

CANDIDATO

Elisa Sicolo

RELATORI

Chiar.mo Prof. Alfredo Mussi

Prof.ssa Franca Melfi

CORRELATORE

Dott.ssa Cristina Zirafa

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Indice

1. Introduzione ... 3

1.1 Cenni storici ... 3

1.2 Epidemiologia ... 4

1.3 Eziologia ... 5

1.4 Anatomia patologica ... 10

1.5 Clinica ... 13

1.6 Diagnosi ... 18

1.7 Stadiazione ... 21

1.8 Trattamento ... 23

1.8.1 Chirurgia ... 24

1.8.2 Chemioterapia ... 30

1.8.3 Radioterapia ... 31

2. Scopo del lavoro ... 32

3. Materiali e metodi ... 33

3.1 Quality of Life ... 34

4. Risultati ... 37

5. Discussione ... 39

6. Conclusioni ... 42

7. Figure e tabelle ... 43

8. Bibliografia ... 58

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1. Introduzione

1.1 Cenni storici

Fino agli inizi del ventesimo secolo il tumore del polmone è stato considerato una malattia rara e poco conosciuta. L’incidenza del carcinoma polmonare è aumentata con il diffondersi dell’abitudine al tabagismo, basti pensare che nel 1878 il riscontro autoptico di neoplasia polmonare non superava l’1%, mentre raggiungeva già il 10-15% agli inizi del ‘900 [1]

. Il primo documento in cui viene descritta la reale frequenza e importanza della neoplasia polmonare fu prodotto da Isaac Adler (1849 - 1918), che nel 1911 pubblicò un’opera intitolata “Primary Malignant Growths of the Lungs and Bronchi”. In questa opera Adler descrisse circa 400 casi di tumore primitivo del polmone, sospetti e certi, delineandone aspetti storici, eziologici, patologici e clinici.

La correlazione tra tumore del polmone e fumo di sigaretta e la diffusione della prima campagna antifumo sono da attribuire al medico tedesco Fritz Lickint. La prima solida evidenza epidemiologica di correlazione tra carcinoma polmonare e tabagismo viene da un ampio studio di coorte iniziato negli anni ’50 e proseguito fino al 2001, il “British Doctors

Study”. Ne derivò nel 1964 la raccomandazione di interrompere l’abitudine al fumo da

parte del Surgeon General of the United States, capo esecutivo dello United States Public

Health Service Commissioned Corpse e portavoce delle questioni di salute pubblica.

L’abitudine tabagica è solo uno dei fattori di rischio, infatti ad oggi sono state riconosciute varie entità eziologiche per il tumore del polmone. Nonostante l’incremento dell’incidenza, negli ultimi anni il miglioramento delle tecniche chirurgiche, diagnostiche e l’approccio multidisciplinare alla malattia hanno consentito un aumento del tasso di sopravvivenza a lungo termine negli stadi iniziali.

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1.2 Epidemiologia

Attualmente il tumore del polmone rappresenta la neoplasia con il maggior tasso di incidenza e mortalità nel mondo (Figura 1). L’OMS stima che nel 2012 vi siano stati oltre 1.800.000 nuovi casi con 1.600.000 morti[2].

Il numero di nuovi casi stimato in Italia di neoplasia polmonare per il 2013 è stato di 92 ogni 100.000 uomini e 35 nuovi casi ogni 100.000 donne. Il numero totale di nuove diagnosi è stimato pari a 38.460, di cui 27.440 fra gli uomini e 11.020 fra le donne. Per quanto riguarda la mortalità il carcinoma del polmone rappresenta la prima causa di morte per tumore tra gli uomini e nel 2013 sono stati stimati 22.830 decessi. Per le donne la mortalità è molto inferiore, seppur con un trend in crescita. Nel 2013 infatti le morti stimate per cancro al polmone sono state 8.320.

Il numero totale di diagnosi di carcinoma del polmone è in forte crescita in entrambi i sessi: nel 2013 sono stati stimati 96.280 casi prevalenti, di cui 68.100 tra gli uomini e 28.180 tra le donne[3].

Per il 2016 erano attese oltre 40.000 nuove diagnosi di tumore del polmone, di cui il 30% a incidenza femminile[4].

È stato inoltre osservato che l’incidenza e la mortalità delle neoplasie polmonari sono influenzate dal genere. In Italia l’incidenza è maggiore nel sesso maschile con rapporto maschi:femmina di 3:1. Negli ultimi 30 anni tuttavia è stata riscontrata una riduzione dell’incidenza nei maschi e un aumento nelle femmine, nelle quali il tumore del polmone attualmente rappresenta la seconda neoplasia più frequente dopo il tumore della mammella[5]. Negli uomini è stata osservata una riduzione di mortalità e incidenza rispettivamente da 83 a 45 per 100.000 persone/anno e da 94 a 56 per 100.000 persone/anno tra il 1990 e il 2015; mentre per le donne è stato riscontrato un aumento costante con un incremento annuale del 2% per l’incidenza e dell’1% per la mortalità[3]

. Tali dati rispecchiano quelli dell’abitudine tabagica, in calo nel genere maschile e in aumento nel femminile.

Un trend analogo si può riscontrare a livello mondiale: infatti nei paesi più sviluppati, dove il fumo ha iniziato più precocemente a diffondersi come abitudine voluttuaria, il picco di diffusione di tale vizio è già stato documentato e attualmente si assiste ad un calo nell’uso

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del tabacco. Il minor uso di tale sostanza comporta una riduzione di incidenza di diagnosi di tumore del polmone. Al contrario, nei paesi dove lo sviluppo economico sta portando ora ad un aumento dell’abitudine al fumo, le diagnosi di neoplasia polmonare sono in aumento. La WHO stima in futuro un aumento delle morti globali per tumore del polmone a causa dell’incremento dell’uso del tabacco, soprattutto in Asia[6, 7]

.

Il 90% delle neoplasie polmonari si sviluppa dopo i 40 anni, sono rare le forme in età giovanile. Il picco di incidenza si ha nella sesta-settima decade di vita in entrambi i sessi. Ciò è in accordo con i lunghi tempi di latenza tra esposizione a fattori di rischio (come il fumo di sigaretta) e insorgenza del tumore (20 anni) e l’aumentata probabilità di sviluppare una neoplasia polmonare col perdurare dell’abitudine del fumo[3]

. Inoltre il rischio neoplastico si fa più elevato nelle età più avanzate.

Per quanto riguarda la mortalità, in Italia il tumore del polmone è la prima causa di morte per tumore nei maschi (il 26% del totale delle morti oncologiche) e la terza causa nelle femmine, dopo il carcinoma della mammella e del colon-retto (11% del totale delle morti oncologiche)[4].

1.3 Eziologia

La patogenesi del tumore del polmone è multifattoriale. Possono essere individuati numerosi fattori di rischio (fattori ambientali, occupazionali ed endogeni) che predispongono allo sviluppo di alterazioni geniche alla base dell’insorgenza della malattia. Questi fattori sono suddivisibili come non modificabili e modificabili. I fattori di rischio non modificabili comprendono sesso, razza e predisposizione genica. I fattori modificabili sono fumo di sigaretta, fattori ambientali e occupazionali e altre patologie polmonari non maligne.

Sesso

Il tumore del polmone è più frequente nel sesso maschile, anche se negli ultimi anni vi è stato un aumento dell’incidenza nel sesso femminile. Tale differenza riflette la diversa diffusione dell’uso di tabacco tra i due generi negli anni. Le donne hanno iniziato a fumare

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più tardi e ad età più avanzate, ma in esse il calo dell’abitudine tabagica sta impiegando più tempo a compiersi, a differenza del genere maschile[8]. Anche la distribuzione degli istotipi è diversa nei due generi[9]. Le donne fumatrici sviluppano con più frequenza adenocarcinomi, gli uomini carcinomi a cellule squamose. Una maggiore predisposizione femminile per il tumore del polmone è comunque stata dimostrata indipendentemente dal fumo, soprattutto per l’adenocarcinoma. Tale tendenza sembra correlarsi a fattori genetici, molecolari e ormonali: nella donna sembra essere più rappresentato il CYP1A1, coinvolto nel metabolismo degli idrocarburi aromatici policiclici dannosi per il DNA; i maggiori livelli di recettori estrogenici interferirebbero con i recettori degli idrocarburi aromatici policiclici; inoltre nelle fumatrici è stata osservata una maggior incidenza di mutazione del gene p53[9, 10]. Alcuni studi sembrano individuare la causa di questa maggior predisposizione femminile in una minore capacità di riparazione di danni al DNA[11].

Razza

La diversa incidenza del carcinoma polmonare nei vari paesi è correlata con la diversa abitudine al fumo, oltre che a fattori occupazionali e sanitari. Il miglioramento delle tecniche diagnostiche ha comportato un aumento dell’incidenza e delle diagnosi in quei paesi in cui la maggior parte della popolazione ha la possibilità di sottoporsi a esami clinici diagnostici. Tuttavia sembra concorrere anche una predisposizione genetica dei soggetti. Uno studio ha osservato l’incidenza del carcinoma polmonare in Oklahoma dal 2001 al 2010, riscontrando persistenti e crescenti differenze tra razze diverse e tra generi diversi all’interno della stessa razza[12]

.

Predisposizione genica

Negli ultimi anni, è stato dimostrato che solo una piccola parte dei forti fumatori sviluppa un tumore polmonare; ciò ha portato a pensare che possano esistere dei fattori genetici che giocano un ruolo di co-fattori determinanti per lo sviluppo e la progressione della neoplasia causata dal fumo di sigaretta.

Studi hanno osservato che il tumore polmonare in soggetti non fumatori tende a svilupparsi in età più precoci, solitamente nel sesso femminile e sono più frequentemente

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adenocarcinomi. Inoltre in chi non ha mai fumato è molto probabile trovare una mutazione attivante dell’oncogene EGFR[13].

Altri geni che sembrano essere coinvolti nell’eziologia del carcinoma polmonare per i pazienti non fumatori sono p53 e polimorfismi del gene CYP1AIIl[14].

Un rischio aumentato è documentato anche in soggetti con anamnesi familiare positiva per tumore del polmone, il 10-15% dei pazienti con cancro del polmone ha familiarità per tale neoplasia[5, 13, 15].

Fumo di sigaretta

Il fumo di sigaretta è responsabile di oltre il 90% dei casi di tumore polmonare nell’uomo e di circa l’80% nella donna. È il principale fattore di rischio per lo sviluppo della neoplasia polmonare. I soggetti fumatori si ammalano di carcinoma polmonare fino a 10 volte di più rispetto ai non fumatori, fino a 20-30 volte di più i forti fumatori. Il rischio di sviluppo neoplastico è direttamente proporzionale al numero di sigarette fumate e al numero di anni in cui avviene l’esposizione al fumo. Si può quantificare tale rischio con una misura definita pack-year, calcolata moltiplicando il numero di sigarette fumate al giorno (diviso 20) per il numero di anni di fumo. Si è visto anche che altro dato importante da correlare alla probabilità di sviluppare un tumore del polmone è l’età di inizio all’abitudine del fumo: più è precoce, maggiore è il rischio. Gioca il suo ruolo nell’aumentare il rischio neoplastico anche il modo di fumare, inteso come grado di aspirazione, contenuto di condensato e nicotina, uso di sigarette senza filtro[5, 16, 17].

La cessazione dell’abitudine al fumo riduce il rischio di tumore del polmone proporzionalmente al tempo di astensione dal tabagismo[18]. L’unico provvedimento utile per ridurre la probabilità di sviluppo neoplastico nei soggetti fumatori è appunto l’interruzione del vizio del fumo. Tale evidenza è stata dimostrata da uno studio caso-controllo, che ha preso in considerazione donne con carcinoma polmonare da 9 centri diversi in 6 stati Europei. È stato visto che l’interruzione dell’abitudine tabagica dopo 10 anni riduce il rischio di tumore del polmone del 20% [19]. Tuttavia la sospensione del fumo non riesce ad azzerare il rischio.

Il fumo di sigaretta rappresenta anche un fattore prognostico. Soggetti non fumatori con carcinoma del polmone hanno una maggiore sopravvivenza a 5 anni rispetto ai fumatori. Il

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profilo prognostico è inoltre positivamente influenzato dalla cessazione del fumo in seguito alla diagnosi.

Il potere cancerogeno del fumo di tabacco sta nella sua composizione, che si costituisce di più di 4500 agenti chimici, tra cui i diversi TNSA (tobacco-specific nitrosamines)[20]. Infatti si tratta di una miscela eterogenea di sostanze gassose e corpuscolate originate dal processo di combustione delle foglie confezionate prevalentemente sotto forma di sigarette e sigari. Quando il tabacco brucia, nella zona di combustione si raggiungono temperature tra gli 800 e gli 880 °C. La forza con cui avviene l'aspirazione varia la temperatura di combustione e modifica la composizione del fumo. Altre sostanze tossiche annoverabili tra i composti mutageni presenti nel fumo sono: il benzo[α]pirene, il benzoantracene, i radioisotopi provenienti dal decadimento del radon, le nitrosamine, i radicali liberi dell’ossigeno, ecc. La correlazione causa-effetto tra questi agenti e lo sviluppo di neoplasia è stata confermata. Si è visto che il benzo[α]pirene, idrocarburo aromatico policiclico liberato dalla combustione del fumo di tabacco è in grado di danneggiare il DNA. Il benzo[α]pirene viene attivato nell’organismo dal citocromo p450 e dall’enzima epossido idrossilasi, generando radicali liberi reattivi altamente tossici. Questi intermedi possono danneggiare il DNA mediante ossidazione o formazione di legami covalenti. Altra evidenza della correlazione tra tumore e fumo viene dalla dimostrazione della presenza di addotti nel DNA di cellule polmonari isolate da soggetti fumatori. La quantità di tali addotti è proporzionale al numero di sigarette fumate e all’attività dell’arilidrocarburo idrossilasi, enzima coinvolto nel metabolismo delle sostanze cancerogene e la cui attività viene soppressa dalle sostanze tossiche del fumo di sigaretta[11].

Anche il fumo passivo è un fattore di rischio per carcinoma polmonare. Con questi si intende il fumo a cui sono esposti soggetti non fumatori in ambienti chiusi quali casa, auto, luogo di lavoro. Il rischio aumenta in queste persone del 5-12% [5, 21].

Fattori ambientali e occupazionali

Altri cancerogeni da prendere in considerazione nell’eziologia del tumore del polmone sono l’esposizione a radiazioni ionizzanti, a inquinanti ambientali come idrocarburi policiclici aromatici, prodotti della combustione dei carburanti fossili (autoveicoli e riscaldamento); esposizione professionale a polveri radioattive, composti di cromo

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esavalente, etere cloro metilico, arsenico e fibre di asbesto, come accade ad esempio ai minatori o ai lavoratori dell’industria chimica, tessile ed edile[5]

. Nei centri urbani causa di neoplasia polmonare sono considerati l’inquinamento atmosferico e lo smog, in quanto cancerogeni derivati dalla combustione dei derivati del petrolio e prodotti delle lavorazioni che comportano l’uso di metalli particolari come nickel e cromo. Anche l’esposizione ai fumi di alcune stufe usate per cucina può essere considerato causa di insorgenza di neoplasia polmonare, soprattutto nei paesi in via di sviluppo[22].

Per quanto riguarda il rischio professionale numerose sono le sostanze la cui esposizione rappresenta fattore di rischio per il carcinoma polmonare, in quanto si ipotizza agiscano a livello del DNA cellulare dell’epitelio bronchiale provocando mutazione a livello di oncogeni, come K-ras e c-myc, e oncosppressori, quali p53, p16, RB, FHIT normalmente coinvolti nella regolazione del ciclo cellulare[5].

Il radon è un gas inodore ed incolore, generato dai processi di decadimento del radio, a sua volta prodotto del decadimento dell’uranio, presente diffusamente nella crosta terrestre (granito e minerali usati per la costruzione delle abitazioni). E’ un elemento volatile e radioattivo, in grado di indurre mutazioni a carico del DNA. Gli effetti sulla salute sono stati studiati in particolare sui minatori esposti ad alte concentrazioni di radon presente nell’aria delle miniere[23]

.

L’amianto, minerale naturale a struttura fibrosa appartenente alla classe chimica dei silicati, sembra avere un ruolo sinergico al fumo di tabacco nello sviluppo del tumore del polmone[5]. Difatti è stato riscontrato che in Gran Bretagna negli ultimi venti anni del ventesimo secolo il 2-3% delle morti per carcinoma polmonare erano asbesto correlate[24]. La sola esposizione all’amianto aumenta il rischio neoplastico di 5 volte, mentre l’associazione col fumo lo aumenta fino a 95 volte.

Patologie polmonari non maligne

Anche soggetti già affetti da enfisema o bronchite cronica, patologie che testimoniano la massiva esposizione al fumo di sigaretta, hanno una probabilità maggiore di sviluppare cancro ai polmoni.

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1.4 Anatomia patologica

Le neoplasie polmonari originano per la maggior parte delle cellule dell’epitelio bronchiale, 90% dei casi. Più rare sono le forme di derivazione mesenchimale o linfatica. I tumori del polmone si possono classificare secondo la localizzazione in ilari o centrali, medioparenchimali, periferici. La morfologia delle lesioni può essere correlata all’istologia.

La classificazione istologica del carcinoma polmonare è stata recentemente revisionata, attualmente è raccomandata quella della WHO del 2015 [25, 26] (Tabella 1).

Secondo tale classificazione si possono riconoscere 4 classi istologiche di tumore polmonare maligno primitivo: adenocarcinoma, carcinoma a cellule squamose, carcinoma indifferenziato a grandi cellule, carcinomi neuroendocrini.

Adenocarcinoma

L’adenocarcinoma rappresenta un’entità molto variegata, comprende molti sottogruppi con caratteristiche biologiche diverse. È l’istotipo più frequente di neoplasia polmonare maligna, costituisce il 40-50% di tutti i tumori polmonari ed è più tipico dei non fumatori. La sua incidenza è aumentata progressivamente negli ultimi decenni a discapito del carcinoma squamoso[27], questa tendenza si è avuta in entrambi sessi. In particolare, nel sesso maschile l’adenocarcinoma ha superato in incidenza il carcinoma a cellule squamose. Anche nella donna esso è l’istotipo più frequente, ma con un trend in crescita concorde con l’aumento della neoplasia polmonare in questo genere[28]

. La localizzazione tipica di questo tumore è a livello periferico e presenta frequentemente un interessamento pleurico negli stadi avanzati, con versamento neoplastico consensuale, questo comporta la necessità di diagnosi differenziale col mesotelioma epiteliomorfo. L’adenocarcinoma presenta frequentemente diffusione linfonodale loco-regionale, ematica e aerogena; inoltre la metastatizzazione a distanza è precoce. La nuova classificazione proposta dalle società scientifiche internazionali comprende adenocarcinoma invasivo e lesioni preinvasive. Gli adenocarcinomi invasivi sono raggruppati in vari pattern: lepidico, acinare, papillare, micropapillare e solido. Nelle lesioni preinvasive si considerano invece l’iperplasia

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adenomatosa atipica; l’adenocarcinoma in situ mucinoso e non mucinoso (corrispondente al bronchiolo alveolare della precedente classificazione); l’adenocarcinoma minimamente invasivo (MIA), che si caratterizza per: dimensioni inferiori ai 3 cm, crescita prevalentemente lepidica, infiltrazione stromale sotto ai 5 mm. Sono frequenti le varianti miste di adenocarcinoma[29]. Sono state individuate, negli ultimi decenni, due alterazioni genetiche a carico degli oncogeni responsabili dello sviluppo dell’adenocarcinoma. Queste presentano rilevanza clinica, terapeutica e prognostica, in quanto hanno reso possibile l’utilizzo di trattamenti con anticorpi monoclonali specifici. Tali mutazioni sono a carico di EGFR (Epidermal Growth Factor Receptor) e la traslocazione del gene che codifica per ALK (Anaplastic Lymphoma Kinase)[30]. La prima si presenta più frequentemente nelle donne asiatiche non fumatrici, prevalentemente nelle varianti lepidiche e acinari[31]; la seconda si ritrova nel 5% dei pazienti con adenocarcinoma, più tipica la variante acinare in soggetti giovani, non fumatori o lievi fumatori, senza sostanziali differenze etniche[5, 32].

Carcinoma a cellule squamose

Il carcinoma a cellule squamose rappresenta il 20-35% delle neoplasie polmonari. L’incidenza di questo istotipo si è ridotta negli ultimi decenni (mentre è aumentata quella dell’adenocarcinoma). Questo tipo di tumore si associa molto spesso al fumo di sigaretta, uno dei sui fattori di rischio principali. Il fumo costituisce infatti uno degli stimolo irritativi a livello dell’epitelio bronchiale, che possono favorire lo sviluppo di un epitelio metaplastico di tipo squamoso. Il modello di cancerogenesi del carcinoma squamoso è multistep, i passaggi ipotizzati sono: epitelio normale; iperplasia; metaplasia squamosa; displasia (lieve, moderata, grave); carcinoma in situ; carcinoma invasivo. La localizzazione tipica di questo istotipo (circa 2/3 dei casi) è in sede centrale, ilare o parailare. Meno frequente è la forma periferica, anche se in aumento. Spesso questo carcinoma origina dai bronchi segmentari, ma può interessare crescendo anche i lobari e principali. Le varianti istologiche di carcinoma squamocellulare sono: papillare, a cellule chiare, a piccole cellule, basaloide[29]. Se ne possono inoltre riscontrare forme cheratinizzanti e non cheratinizzanti in base al grado di differenziazione. Le forme più differenziate infatti producono ponti intercellulari che uniscono le cellule squamose, cheratina e perle cornee. Le forme scarsamente differenziate si costituiscono principalmente di cellule tumorali anaplastiche, con rari ponti cellulari e perle cornee. Il carcinoma a cellule squamose ha una crescita

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relativamente più lenta e una tendenza a metastatizzare più tardiva rispetto agli altri istotipi. La diffusione metastatica avviene sia per via linfatica che ematica. Le metastasi linfatiche interessano primariamente i linfonodi intrapolmonari, ilari e mediastinici omolaterali; in seguito quelli controlaterali e quelli extratoracici.

Carcinoma indifferenziato a grandi cellule

Il carcinoma indifferenziato a grandi cellule rappresenta il 3-5% dei tumori polmonari. La sua diagnosi è per esclusione, quando la tipizzazione immunoistochimica non è riuscita a evidenziare una chiara differenziazione cellulare[29]. Alla conferma anatomopatologica devono risultare negativi i marcatori immunoistochimici degli altri istotipi: TTF1 per l’adenocarcinoma, p40 (o p63) per il carcinoma squamoso. Colpisce più frequentemente il sesso maschile, l’età media di incidenza è 60 anni. La localizzazione è sia centrale che periferica, con maggiore prevalenza della seconda. Sono tumori scarsamente differenziati e anaplastici. Hanno un’aggressività biologica molto spiccata, con metastatizzazione precoce sia linfatica che ematica.

Carcinomi neuroendocrini

I carcinomi neuroendocrini comprendono: il carcinoide tipico, il carcinoide atipico, il carcinoma neuroendocrino a grandi cellulle e il carcinoma a piccole cellule. Questi tipi di tumori sono un gruppo eterogeneo, con differente grado di differenziazione e malignità, accomunati da caratteristiche morfologiche, ultrastrutturali, immunoistochimiche e molecolari.

Il carcinoide polmonare è poco frequente, rappresenta lo 0,4-3% di tutte le neoplasie polmonari, viene classificato tra la neoplasie maligne per la sua tendenza a metastatizzare, anche se lentamente, soprattutto a livello linfonodale. Questo tumore sembra originare dalle cellule neuroendocrine di Kulchitsky a livello bronchiale, soprattutto in donne di età inferiore ai 60 anni. Esistono due picchi di incidenza, intorno ai 50 anni e intorno ai 30-35 anni. Si possono individuare due varianti di carcinoide: tipico e atipico. Il carcinoide tipico è la variante più frequente (85%), si presenta in giovane età, più tipica dei non fumatori, ha dimensioni inferiori ai 3 cm e presenta un comportamento incerto. Il carcinoide atipico

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(15%) invece è più aggressivo, presenta solitamente dimensioni superiori ai 3 cm e diffusione linfonodale nel 40-48% dei casi. Le metastasi a distanza sono presenti nel 20% dei casi.

Il carcinoma neuroendocrino a grandi cellule è un istotipo poco frequente, con caratteristiche morfologiche e immunoistochimiche neuroendocrine. E’ un tumore scarsamente differenziato, con alto grado di malignità e scarsa chemoresponsività.

Il carcinoma a piccole cellule, detto anche microcitoma (SCLC), rappresenta l’istotipo più aggressivo (12-15% delle nuove diagnosi). Questo istotipo si correla al fumo ed è più frequente nel genere maschile; la localizzazione più frequente è quella peri-ilare. Si distinguono tre forme istologiche di carcinoma a piccole cellule: “oatcells” o cellule a chicco di avena, a cellule intermedie, misto.

Questo tumore si presenta in genere in fase avanzata, la diffusione metastatica è rapida e a vasta diffusione, spesso già ampiamente disseminata alla presentazione clinica. Rappresenta il tumore polmonare con prognosi peggiore.

1.5 Clinica

Per la maggior parte del tempo in cui si sviluppa il tumore del polmone resta silente[33]. L’80% dei pazienti alla diagnosi presenta sintomatologia clinica, solo una piccola parte di soggetti va incontro ad una diagnosi incidentale dopo l’esecuzione di RX richiesta per altro motivo. Gli stadi più frequentemente asintomatici sono quelli precoci, associati ad una migliore prognosi[5]. Le manifestazioni cliniche del tumore polmonare sono varie e sono associate alla presenza del tumore primario, alla diffusione tumorale e alla metastatizzazione, agli effetti sistemici e alle numerose sindromi associate a questo tipo di neoplasia[34].

I sintomi da carcinoma polmonare si possono distinguere in: - sintomi respiratori

- sintomi toracici - sintomi generali

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- sintomi dovuti a infiltrazioni di strutture mediastiniche - segni e sintomi da diffusione extratoracica

Sintomi respiratori

Il sintomo più frequente soprattutto in fase iniziale è la tosse, che può essere produttiva. Questo sintomo va indagato attentamente dal punto di vista anamnestico, in quanto i malati sono molto spesso fumatori e tendono a considerare tosse ed espettorazione normali conseguenze del fumo. Bisogna invece capire se ci sono state variazioni nelle abitudini della tosse: di norma è più frequente una tosse mattutina, per espellere le secrezione accumulate durante la notte, con lo sviluppo della neoplasia questo può variare e la tosse può essere più persistente durante la giornata.

La dispnea è un altro sintomo importante da rilevare in maniera adeguata, in quanto i fumatori hanno di base un certo grado di dispnea da sforzo. La dispnea può essere dovuta all’ostruzione di un bronco da parte della neoplasia; a versamento pleurico; a paralisi del nervo frenico, se compresso dalla neoplasia provoca immobilità dell’emidiaframma ed impedimento all’espansione polmonare; a linfangite carcinomatosa, cioè un impegno del sistema linfatico polmonare con ostacolo al deflusso linfatico ed edema.

Altri sintomi rinvenibili sono emoftoe ed emottisi, come possibile risultato di ascessualizzazione tumorale, erosione della parete bronchiale e quindi dei vasi, ulcerazioni della mucose o tromboembolismo polmonare. L’emottisi tuttavia non è frequente e fa pensare all’invasione di un grosso vaso.

Sintomi toracici

Se la neoplasia va a coinvolgere pleura parietale, parete toracica e/o strutture circostanti si ha l’insorgenza anche di sintomi toracici.

Il dolore compare quando il tumore inizia a sconfinare dall’ambito polmonare e inizia a invadere pleura parietale e parete toracica. Ha caratteristiche diverse in base alle strutture interessate: è puntorio e localizzato, se interessata esclusivamente la pleura parietale; di tipo muscolare, se compresi anche i muscoli intercostali; sordo e continuo, se interessa

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coste o strutture ossee; infine se ad essere interessati sono i nervi intercostali, si fa urente con diffusione metamerica.

La disfonia è dovuta alla paralisi del nervo laringeo ricorrente. La disfagia invece è causata dall’impedimento del transito esofageo per la compressione esercitata dai linfonodi aumentati di volume.

Sintomi generali

I sintomi generali sono sistemici ed aspecifici. Sono rappresentati da febbre, astenia, anoressia, calo ponderale, nausea, vomito e malessere generale.

Sindromi paraneoplastiche

Le sindromi paraneoplastiche sono di riscontro piuttosto frequente nel tumore del polmone, rappresentano la manifestazione clinica di esordio nel 2-5% dei pazienti. Le forme tumorali che più spesso si associano a queste sindromi sono il tumore a piccole cellule, il carcinoma neuroendocrino e i carcinomi scarsamente differenziati.

Le sindromi paraneoplastiche sono numerose, sono dovute ad una secrezione tumorale di molecole ad attività endocrina che provocano segni e sintomi caratteristici, anche prima che il tumore sia visibile radiograficamente. Tuttavia ciò non implica una diffusione neoplastica al di fuori del torace. La più frequente è la sindrome di Pierre-Marie, che si caratterizza per ippocratismo digitale, dolori alle grossi articolazioni, iperplasia del periostio, soprattutto delle ossa lunghe e talvolta facies acromegalia. Si possono presentare come sindromi endocrine quali ipercalcemia, SIADH e Cushing. Le sindromi neurologiche comprendono la sindrome miastenica di Lambert-Eaton e neuropatie periferiche. Possono inoltre riscontrarsi ippocratismo digitale e osteoartropatia polmonare ipertrofica.

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Sintomi dovuti a infiltrazioni di strutture mediastiniche

Con sindromi mediastiniche si intende una situazione caratterizzata da un insieme di segni e sintomi legati alla presenza di una lesione occupante spazio nel mediastino. Queste sindromi si possono suddividere in vascolari, neurologiche, respiratorie, digestive. Per quanto riguarda il tumore del polmone può esserci interessamento mediastinico da parte della massa neoplastica, ma più frequentemente sono le metastasi linfonodali la causa della sintomatologia.

Tra le sindromi vascolari la più frequente è la sindrome della vena cava superiore, che si caratterizza per una compressione/ostruzione venosa a livello cavale con impedimento del ritorno venoso in atrio destro. Ciò si manifesta con vari sintomi quali edema della testa, del collo, della porzione superiore del tronco e degli arti superiori (edema a mantellina), sensazione di pesantezza, circoli venosi collaterali cutanei, cefalea e sonnolenza, turgore delle giugulari, cianosi del volto; inoltre è aumentato il rischio trombotico della vena cava superiore, a causa dell’infiltrazione/compressione da parte della massa tumorale o delle metastasi linfatiche.

Anche il dotto toracico può essere interessato. Se l’ostruzione del dotto si verifica a livello dello sbocco in succlavia si configura il quadro della sindrome di Menetriere, che si manifesta con chilotorace bilaterale recidivante, versamento peritoneale chiloso, edema dell’arto superiore e dell’emitorace sinistro.

Le sindromi neurologiche si presentano con due fasi: una prima fase irritativa dove si ha iperfunzionamento del nervo e una successiva fase di paralisi, in cui si ha la perdita funzionale. Le manifestazioni differiscono in base alle strutture interessate. La tabella 2 riporta i nervi che possono essere coinvolti e gli eventuali segni e sintomi correlati.

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Nervo Vago Fase irritativa Dispnea, tosse abbaiante,

dolore in fossa

sovraclaveolare, bradicardia e scialorrea.

Fase paralitica Aumento del tono

simpatico, tachicardia.

Nervo Frenico Fase irritativa Dispnea, singhiozzo e

nevralgie.

Fase paralitica Innalzamento e paralisi dell’emidiaframma.

Nervo Ricorrente Fase irritativa Spasmo della glottide.

Fase paralitica Voce bitonale e disfonia. Simpatico cervicale Fase irritativa Sindrome di Parfour de Petit

(esoftalmo, midriasi e allargamento della rima palpebrale).

Fase paralitica Sindrome di

Claude-Bernard-Horner (enoftalmo, miosi e ptosi palpebrale). Simpatico toracico Fase irritativa Tachicardia e vasospasmo

cutaneo.

Fase paralitica Bradicardia, vasoparalisi cutanea e iperidrosi.

Plesso brachiale Fase irritativa Nevriti, parestesie della

spalla e della mano, nevralgie e dispnea.

Fase paralitica Sindrome di

Pancoust-Ciuffini (dolore all’arto superoiore, atrofia muscolare dell’arto superiore e areflessia tendinea).

Tabella 2. Segni e sintomi di interesse delle strutture nervose.

Le sindromi respiratorie si caratterizzano per l’interessamento tracheale, possono dare tosse stizzosa e non produttiva e respiro rumoroso, con rumore aspro da stenosi, detto cornage, fino ad arrivare nelle forme più critiche a crisi asfittiche.

Le sindromi digestive sono dovute all’interessamento dell’esofago. La sintomatologia si comporrà di disfagia, scialorrea e rigurgito.

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Altra condizione clinica che si può trovare associata al tumore del polmone è il versamento pleurico, tipicamente unilaterale, può essere essudato, siero-ematico e spesso è abbondante e recidivante. Le cause del versamento sono molteplici: aumentata permeabilità capillare pleurica; sanguinamento diretto da parte di metastasi pleuriche; ostruzione linfatica da parte del tumore; ecc.

Segni e sintomi da diffusione extratoracica

Le metastasi a distanza sono molto frequenti nei pazienti con tumore del polmone, presenti già alla diagnosi nel 50% dei pazienti. Le sedi di metastasi più frequenti sono: fegato, sistema nervoso centrale, ghiandole surrenaliche, apparato scheletrico, cavo pleurico, polmone omolaterale e/o controlaterale. Le manifestazioni cliniche dipendono dalla sede delle metastasi. L’interessamento del sistema nervoso centrale si manifesta con cefalea, nausea, alterazioni del sensorio, deficit focali, alterazioni della personalità. Le metastasi ossee provocano dolore per lisi ossea e fratture patologiche. Le metastasi surrenaliche ed epatiche sono in genere asintomatiche, a meno che non avvenga un sovvertimento massivo dell’organo. Nel qual caso, se il secondarismo è surrenalico, il paziente svilupperà la sindrome di Addison; se invece la metastatizzazione è avvenuta a livello epatico riscontreremo ittero, ascite, anoressia, dolori addominale fino al quadro di insufficienza epatica.

1.6 Diagnosi

Al sospetto di carcinoma del polmone si può arrivare in vari modi. Una minoranza di casi si sospetta dopo esami radiografici eseguiti per altri motivi; la maggioranza dei pazienti si presentano invece già sintomatica, con una clinica suggestiva di neoplasia polmonare; infine, alcuni soggetti manifestano già segni e sintomi di metastatizzazione a distanza. Una volta fondato il sospetto l’approccio diagnostico deve seguire vari passaggi: valutazione del sospetto clinico, diagnosi e stadiazione. Ciò è finalizzato a poter trovare la migliore strategia terapeutica per il paziente[35].

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Per quanto riguarda un programma di prevenzione secondaria non si hanno ancora dati definitivi. È stato dimostrato che RX del torace ed esame citologico dell’espettorato, usati in ottica di screening, non riducono significativamente la mortalità per tumore del polmone. Il limite dell’RX sta nelle dimensioni del nodulo, che negli stadi precoci risulta troppo piccolo per essere visualizzato. Vari studi hanno evidenziato i deludenti risultati di RX torace ed esame citologico come metodiche di prevenzione secondaria[36–38]. La TC spirale del torace, invece, sembra essere uno strumento utile di prevenzione secondaria per la popolazione ad alto rischio neoplastico, quali forti fumatori ed ex-fumatori. Resta sempre da indagare l’applicabilità clinica di questa metodica[39]

. Altro limite della TC spirale sta nell’alto numero di falsi positivi, che porta a un overtretment[40]

.

I fase

Nella valutazione iniziale di un sospetto tumore del polmone sono fondamentali anamnesi ed esame obiettivo. Con l’anamnesi dobbiamo andare a valutare i fattori di rischio del paziente, quali età, sesso, esposizione al fumo o professionale, familiarità. Inoltre vanno indagate accuratamente anamnesi patologica remota e prossima. L’esame obiettivo deve concentrarsi sul rilevare la presenza di segni e sintomi di neoplasia, ma anche di eventuali sindromi paraneoplastiche e di metastasi a distanza. Passo successivo è la citologia dell’espettorato, il campione deve essere raccolto in maniera corretta, 3 volte a settimana per 2/3 settimane. Questo esame ha una sensibilità del 66% e una specificità del 99%, che però variano in base alla localizzazione del tumore[41]. Segue poi la valutazione radiologica. Inizialmente viene eseguita una RX del torace in duplice proiezione (postero-anteriore e latero-laterale), anche se da sola non è sufficiente per la diagnosi di carcinoma polmonare.

II fase

In questa fase si completa la valutazione radiologica con l’esecuzione di una TC torace con mezzo di contrasto. Questa metodica consente di valutare morfologia, sede e rapporti della lesione polmonare. Importante è valutare la storia radiografica del nodulo, vedere se era già presente in precedenti esami e se nel corso del tempo si sono verificate variazioni

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dimensionali, della componente solida e dei margini. Un nodulo stabile da almeno due anni ha una bassa probabilità di essere maligno[42]. Sono invece segni sospetti di malignità il carattere evolutivo della lesione, il diametro superiore a 6 cm, i margini irregolari, l’enhancement contrastografico, la presenza di strie di raccordo con la pleura parietale, la presenza di linfoadenopatie mediastiniche con diametro assiale minore superiore al centimetro, versamento pleurico omolaterale. La TC deve essere estesa anche all’addome superiore per la valutazione di eventuale coinvolgimento di fegato e ghiandole surrenali. La diagnosi cito-istologica si può ottenere con diverse metodiche.

 Endoscopia bronchiale: consente l’esplorazione diretta dell’albero bronchiale, così da poter vedere la lesione e definirne l’estensione endoluminale; si possono vedere anche segni indiretti della presenza del tumore, come la presenza di sanguinamento in un bronco periferico, la compressione ab estrinseco o la deviazione delle diramazioni causate dalla crescita di un linfonodo reattivo. L’accuratezza diagnostica migliore di questa tecnica si ha per le grosse lesioni centrali e/o occludenti il lume del bronco, che possono essere bioptizzate (sensibilità dal 65 all’88%); è invece meno utile per le lesioni periferiche[42]

. Si possono inoltre eseguire prelievi per esami citologici e istologici con tecniche quali il lavaggio bronchiale (washing), lo spazzolato bronchiale (brushing), biopsia endobronchiale, agoaspirato transbronchiale (TBNA), biopsia endoscopica transbronchiale eco-guidata (EBUS-TBNA). I campioni prelevati possono essere della lesione o di linfonodi sospetti. L’EBUS si avvale di uno studio ultrasonografico transbronchiale per facilitare il prelievo di campioni, ha dimostrato una buona sensibilità, superiore alla tecnica tradizionale TBNA[43, 44].

 Agoaspirato (FNAC, Fine Needle Aspiration Citology) e agobiopsia (FNAB, Fine Needle Aspiration Biopsy) per via percutanea, sono eseguite sotto guida ecografica o TC. Vengono usate per lesioni periferiche o, se eseguibile, quando un’altra metodica come l’EBUS ha fallito nel prelevare un campione diagnostico. In genere vengono eseguite per lesioni superiori a 1 cm. La sensibilità va dal 74 al 90% [42, 45]. Queste metodiche si complicano però frequentemente con pneumotorace, specialmente nei pazienti enfisematosi[46].

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1.7 Stadiazione

Per la stadiazione del tumore del polmone si fa riferimento al sistema TNM, che valuta 3 parametri: T, l’estensione del tumore primitivo; N, la presenza di malattia a livello linfonodale; M, la presenza di metastasi a distanza. Nel 2017 è stata fatta l’ultima revisione di questo sistema per il carcinoma polmonare ed è attualmente in uso l’VIII edizione[47] (Tabelle 3. e 4.). Si possono distinguere due tipi di TNM: il cTNM, che fa riferimento alla stadiazione clinica del tumore, cioè allo studio pre-operatorio della lesione; il pTNM, la stadiazione patologica, che fa riferimento all’analisi anatomopatologica del pezzo operatorio.

Lo studio pre-operatorio del carcinoma si può avvalere di diverse tecniche. Per lo studio dell’estensione della lesione primitiva (parametro T), si possono usare:

 TC torace con mezzo di contrasto: consente di vedere le dimensioni e l’estensione locale della lesione e l’eventuale infiltrazione di parete o strutture adiacenti.

 RM: utile a stabilire i rapporti del tumore con le strutture adiacenti, soprattutto per lesioni che invadono parete toracica e mediastino. È l’esame elettivo per studiare il tumore di Pancoast e valutare coinvolgimento plesso brachiale, midollo spinale, parete toracica e arteria succlavia[5].

 Broncoscopia: serve nelle lesioni centrali ad indagare l’interessamento delle vie aeree e fare diagnosi preoperatoria.

Per lo studio del parametro N invece gli strumenti di cui ci si avvale sono:

 TC: consente di individuare eventuali linfoadenopatie, tramite la valutazione delle dimensioni dei linfonodi e dell’enhancement contrastografico. Si considera sospetto un linfonodo il cui diametro assiale minore supera il centimetro. Presenta però dei limiti nello studio dei linfonodi interessati da neoplasia[48]. La TC infatti non consente di distinguere tra processi infettivi, flogistici e metastatici.

 PET: è un esame che usa il 18-fluorodesossiglucosio radiomarcato (18-FDG) per identificare cellule ad elevata attività metabolica, come quelle tumorali, consente così di individuare linfonodi interessati da malattia. Ha una maggiore sensibilità e specificità rispetto alla TC nello studio linfonodale[49]. Possono però esserci falsi

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positivi, a causa di lesioni infiammatorie che aumentano l’uptake di glucosio o falsi negativi per tumori primitivi a basso indice proliferativo.

 Endoscopia bronchiale: utile per eseguire biopsie linfonodali. Le metodiche a disposizione sono la biopsia endoscopica transbronchiale (TBNA), la biopsia endoscopica transbronchiale eco-guidata (EBUS-TBNA) e la biopsia endoscopica transesofagea eco-guidata (EUS-FNA). Influenzano la sensibilità della procedura le dimensioni, la sede del linfonodo e l’istologia della neoplasia. L’EBUS-TBNA si è dimostrata una valida tecnica di campionamento linfonodale, superiore alla tradizionale TBNA[50]. EBUS-TBNA e EUS-FNA possono essere combinate con una maggiore accuratezza diagnostica[51].

 Mediastinoscopia: procedura di scelta per la stadiazione delle metastasi linfonodali a livello del mediastino, si esegue introducendo un mediastinoscopio attraverso un’incisione eseguita a livello del giugulo. Consente l’esplorazione delle stazione pre e paratracheali, dell’angolo tracheobrochiale e sottocarenali[52]

.

 Mediastinotomia: viene eseguita con un’incisione con accesso diretto al mediastino, a livello del secondo o terzo spazio intercostale, per la visualizzazione e la biopsia delle sedi linfonodali mediastiniche.

 Toracoscopia: tecnica di chirurgia mininvasiva, utile per la stadiazione sia dei linfonodi primitivi che della lesione primitiva. Consente di stadiare i linfonodi della finestra aorto-polmonare, paraesofagei e del ligamento polmonare[53].

Infine, per completare la stadiazione, va indagata la presenza di metastasi a distanza (parametro M). La tecnica da usare cambia in base alla sede di metastasi sospettata.

 Per le lesioni intracraniche le metodiche di scelta sono TC e RM, in quanto la PET a livello encefalico non è indicativa (la fisiologica captazione di glucosio a livello cerebrale maschera la presenza di un’eventuale metastasi).

 A livello osseo le indagini di scelta sono l’RX, la scintigrafia e la PET. La PET si è dimostrata avere una maggiore accuratezza e sensibilità rispetto alla scintigrafia ossea nella ricerca di metastasi ossee[54].

 Per l’interessamento epatico e delle ghiandole surrenali risulta utile lo studio TC dell’addome superiore.

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1.8 Trattamento

Il tumore del polmone può essere approcciato con varie strategie terapeutiche in base allo stadio e alle condizioni cliniche del paziente. Le opzioni terapeutiche disponibili sono: chirurgia, chemioterapia, radioterapia, immunoterapia. I diversi trattamenti possono essere usati singolarmente o con approccio combinato in base alle necessità del caso. Il trattamento di scelta per il carcinoma polmonare che garantisce una maggiore sopravvivenza è quello chirurgico con intento curativo. Purtroppo tale approccio è possibile solo in una percentuale minore di pazienti, in quanto la maggior parte presentano alla diagnosi una malattia in stadio avanzato.

Stadio I-II

I pazienti diagnosticati in questo stadio sono solo il 25-30%. Il trattamento ottimale è rappresentato dalla resezione polmonare con linfoadenectomia[55]. L’uso di un trattamento chemioterapico adiuvante è controverso. Studi sembrano dimostrare che nello stadio IA la terapia adiuvante non comporti alcun vantaggio terapeutico, mentre per lo stadio IB è ancora dibattuto. L’efficacia della chemioterapia inizia ad essere significativa dagli stadi più avanzati[56].

La presenza di metastasi linfonodali è il più importante fattore prognostico nei tumori NSCLC resecabili. Il riscontro di linfonodi positivi in pazienti con un carcinoma NSCLC operabile riduce la sopravvivenza a 5 anni di circa il 50% rispetto a pazienti privi di coinvolgimento linfonodale[57].

Tuttavia, nonostante gli N0 abbiano una prognosi favorevole, il 20-30% degli stadi IA recidiva a livello linfonodale nonostante una resezione chirurgica radicale[58].

Tale dato suggerisce la presenza di micro-metastasi occulte, non identificate né durante la stadiazione preoperatoria, né durante l’analisi anatomopatologica, ma tuttavia già presenti al tempo della resezione chirurgica, a livello dei linfonodi.

Altra causa di recidiva precoce del carcinoma a livello linfonodale sono le skip-metastasis (salto del linfonodo), cioè la possibilità delle cellule neoplastiche di bypassare i linfonodi regionali e metastatizzare direttamente a stazioni linfonodali a distanza.

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24 Stadio III

E’ uno stadio disomogeneo che comprende situazioni cliniche diverse fra loro. Fanno parte di questo gruppo anche neoplasie N2, nelle quali c’è un coinvolgimento linfonodale mediastinico. L’approccio terapeutico a questo stadio è multimodale. L’eventuale trattamento chirurgico dipende dall’estensione del tumore primario, dall’interessamento linfonodale e dall’eventuale risposta alla terapia di induzione[29]

. In caso di linfonodo metastatico singolo e neoplasia resecabile l’intervento chirurgico è indicato. Se preoperatoriamente è dimostrato un interessamento linfonodale mediastinico (N2) allora c’è indicazione a un trattamento di induzione con chemioterapia o radio-chemioterapia[59, 60]

. La chirurgia non trova indicazione nel caso il tumore sia esteso, cioè quando comprende più stazioni linfonodali o c’è un interessamento di altri organi da parte della neoplasia, in questi pazienti il maggior beneficio deriva dall’associazione di chemio e radioterapia.

Stadio IV

Nei pazienti metastatici si opta per terapie sistemiche o palliative. In pazienti selezionati si può prolungare la sopravvivenza con chemioterapia, target therapy o immunoterapia. Per i soggetti che presentano una singola metastasi resecabile, a livello del SNC o surrenalica, la chirurgia può essere presa in considerazione. Studi dimostrano in questo caso un miglior outcome dopo rimozione della metastasi e chirurgia della lesione polmonare[61]. Le ripercussioni di tale approccio non devono essere intollerabili, dunque si riserva a pazienti selezionati, ad esempio, in caso di metastasi cerebrali, non è attuabile se la chirurgia comporta gravi deficit neurologici.

1.8.1 Chirurgia

Nel tumore del polmone la chirurgia rappresenta il trattamento che offre la miglior sopravvivenza a lungo termine. La resezione chirurgica è la terapia di scelta per gli stadi iniziali, I e II, del NSCLC, in quanto garantisce una resezione radicale della neoplasia.

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I pazienti candidati a terapia chirurgica devono essere valutati dal punto di vista cardiologico e pneumologico nel pre-operatorio.

La scelta dell’intervento da eseguire in caso di neoplasia polmonare si basa su: stadio, localizzazione ed estensione del tumore. Si può sottoporre il paziente a lobectomia, bilobectomia, pneumonectomia e segmentectomia in casi selezionati. Si può optare anche per una resezione non anatomica o atipica, ma solo nel caso di pazienti con importanti comorbidità e/o una ridotta funzionalità respiratoria, oppure in pazienti che presentano altre neoplasie sincrone o metacrone.

L’approccio chirurgico può essere tradizionale (chirurgia open) o mini-invasivo (VATS o robotico). I parametri da considerare nella scelta del tipo di chirurgia sono le caratteristiche fisiche del paziente, lo stadio clinico e le eventuali comorbidità associate.

Resezioni polmonari:

o Lobectomia

Si definisce lobectomia la completa asportazione di uno dei 5 lobi polmonari. Rappresenta la procedura di scelta per gli stadi precoci del NSCLC, nei pazienti con neoplasia confinata ad un solo lobo e sufficiente riserva respiratoria[62]. La lobectomia di solito è ben tollerata, ha una bassa percentuale di complicanze post-operatorie e una bassa mortalità. Nel caso la lesione principale o le linfoadenopatie coinvolgano la via aerea principale, si può dover eseguire una “sleeve lobectomy”. Questa tecnica consiste in una lobectomia con resezione circonferenziale del bronco interessato, seguita da anastomosi tra via aerea distale e la porzione prossimale del bronco principale. Rispetto a una lobectomia standard le complicanze di una sleeve lobectomy sono maggiori, ma restano comunque inferiori a quelle di una pneumonectomia[63, 64].

o Pneumonectomia

Consiste nella rimozione di un intero polmone. L’indicazione alla pneumonectomia viene valutata sulla base dell’estensione anatomica della lesione[65]. Se la sleeve lobectomy non è attuabile, cioè quando il tumore interessa l’arteria polmonare e/o il bronco principale o in caso di voluminose lesioni che interessano estesamente il parenchima polmonare è necessario eseguire una pneumonectomia. Questa tecnica chirurgica presenta un alto

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rischio di complicanza e un’elevata mortalità peri-operatoria, soprattutto in caso di pneumonectomia destra[66].

o Bilobectomia

La bilobectomia si esegue nel polmone destro, consiste nella rimozione del lobo medio insieme al superiore o all’inferiore. Questa tecnica si attua quando il tumore invade la scissura, estendendosi anche al lobo adiacente oppure quando il bronco intermedio è interessato dalla lesione o da linfoadenopatie.

o Segmentectomia

La segmentectomia consiste nell’asportazione di uno o più segmenti polmonari. È indicata per lesioni periferiche inferiori a 3 cm in pazienti con una scarsa funzionalità respiratoria. Il numero di recidive con questa tecnica è maggiore rispetto alla lobectomia, con superiorità di quest’ultima anche in termini di sopravvivenza[62, 67]

. o Resezione atipica

La resezione atipica rappresenta una resezione parenchimale che non rispetti i limiti anatomici di un segmento. Viene eseguita di solito con suturatrici meccaniche. Come intuibile, tale approccio si associa ad una sopravvivenza a 5 anni più bassa rispetto alle resezioni anatomiche.

Approccio chirurgico

o Chirurgia tradizionale (open)

Nella chirurgia tradizionale è previsto un accesso al cavo pleurico tramite toracotomia laterale, posterolaterale o anteriore. È un tipo di accesso che comporta un notevole dolore post-operatorio poiché prevede una sublussazione delle articolazioni condrosternali con conseguente irritazione del nervo intercostale e tempi di recupero più lunghi.

Per la toracotomia laterale e posterolaterale il paziente viene posizionato in decubito laterale. L’incisione chirurgica è effettuata solitamente al V spazio intercostale, tra V e VI costa. Nella toracotomia laterale l’incisione è lunga 10-15 cm, parte dalla linea ascellare media estendendosi in avanti. Vengono scoperti i piani muscolari e separati i fasci del muscolo gran dentato senza reciderli, l’accesso al cavo pleurico viene poi eseguito tramite incisione sul margine costale superiore. Il vantaggio di questo accesso sta nel preservare

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tutti i muscoli della parete toracica. Per quanto riguarda la toracotomia posterolaterale l’acceso viene eseguito da un punto medio tra il margine vertebrale della scapola e i processi spinosi della colonna dorsale, fino alla linea ascellare anteriore nel solco sottomammario o sottopettorale, passando a 3 cm circa dall’apice scapolare inferiore. Vengono sezionati i muscoli della parete toracica. Il primo piano muscolare che si incontra è costituito dal trapezio posteriormente e dal gran dorsale anteriormente. Il secondo piano muscolare è costituito dal muscolo dentato anteriore. Identificato il piano costale, la scapola viene sollevata per esporre la V e la VI costa. Si ricerca la VI costa e si va ad incidere il periostio di questa con l’ausilio del bisturi elettrico. Questa tecnica offre un accesso più ampio, ma implica la sezione di strutture muscolari.

Nella toracotomia anteriore il paziente viene messo in posizione supina. L’accesso viene confezionato dal margine sternale fino alla linea ascellare media sul IV spazio intercostale. Vengono sezionati i muscoli pettorale e dentato anteriore.

o Chirurgia mini-invasiva

Un approccio chirurgico mini-invasivo, mirato a ridurre le complicanze dell’accesso standard e il periodo di ricovero post-operatorio, si è rivelato possibile e oncologicamente accettabile, soprattutto nel trattamento degli stadi iniziali del tumore del polmone[68]. È stato dimostrato infatti che tecniche mini-invasive non si associano a incremento del tasso di mortalità peri-operatoria, a riduzione della sopravvivenza a breve termine o a compromissione della valutazione linfonodale[69, 70].

Le tecniche a disposizione sono la Video-assisted thoracic surgery (VATS) e la chirurgia robotica. Questi due approcci hanno le stesse indicazioni: lesione isolata, compresa in un emitorace, resecabile con lobectomia e pazienti con un’adeguata riserva cardiopolmonare[71].

Per quanto riguarda la VATS, consente un minor trauma tissutale e presenta molti vantaggi rispetto alla toracotomia, quali minor tempo di degenza, minori complicanze e dolore post-operatorio[70, 72, 73], migliore tollerabilità della chemioterapia adiuvante[74].

Tuttavia questa tecnica presenta dei limiti, quali la visione bidimensionale e la scarsa manovrabilità degli strumenti[71, 75]. Questi problemi possono essere superati con l’utilizzo della chirurgia robot-assistita.

La chirurgia robot-assistita rappresenta una chirurgia che prevede l’utilizzo di una tecnologia informatica avanzata, controllata direttamente dal chirurgo e che consente

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l’interazione tra questo e paziente. La storia della chirurgia robotica ha inizio in ambito militare, dove si ricercava una tecnologia che consentisse di operare a distanza i feriti. Il primo sistema robotico usato in chirurgia laparoscopica è stato l’Automated Endoscopic System for Optimal Positioning, approvato dalla US Food and Drug Administration (FDA). Successivamente la stessa compagnia (Compter Motion, Inc., Goleta, CA,USA) sviluppò ZEUS™, un sistema per assistere i chirurghi negli interventi mini-invasivi. Contemporaneamente veniva sviluppato il da Vinci system™ dall’Institute Surgical (Sunnyvale, CA, USA) e diffuso dalla FDA per laparoscopia e chirurgia cardiaca. Attualmente il da Vinci™ Robotic System è l’unico sistema chirurgico completo ad essere utilizzato in un’ampia gamma di procedure chirurgiche. Si sono susseguite 4 generazioni di questo sistema (standard, S, Si ed Xi), le ultime delle quali sembrano essere associate ad un trend in miglioramento nell’outcome dei pazienti rispetto al sistema standard[76]. La quarta generazione del sistema chirurgico robotico, il da Vinci Xi™ Surgical Robotic System, consente un minor conflitto tra gli strumenti chirurgici e di raggiungere più siti anatomici senza la necessità di disancorare, spostare e riancorare i bracci, con conseguente minor trauma per il paziente.

La chirurgia robotica associa i vantaggi della chirurgia mini-invasiva, come minore trauma, minore degenza ospedaliera, minori complicanze e dolore, a tecnologie più avanzate. Il sistema da Vinci consente infatti una visione tridimensionale magnificata (fino a 10 volte la visone reale), una migliore manovrabilità degli strumenti con 7 gradi di libertà e filtrazione del tremore fisiologico della mano[71, 75, 77].

Il sistema chirurgico da Vinci™ è costituito da: consolle chirurgica, robot chirurgico e strumenti operatori con articolazione interna EndoWrist®. Il chirurgo opera seduto alla console chirurgica, che fornisce un’immagine tridimensionale del campo operatorio. Al di sotto del display si trovano i master controls, utilizzati dal chirurgo per trasferire i movimenti ai bracci meccanici. I movimenti della mano, del polso, delle dita sono tradotti in tempo reale dal sistema in precisi movimenti degli strumenti robotici. Il carrello operatorio è provvisto di 4 bracci meccanici. Un braccio viene utilizzato per sostenere l’endoscopio, mentre gli altri 3 per gli strumenti chirurgici. I bracci meccanici sono imperniati sulle porte operatorie toracoscopiche. Gli strumenti chirurgici sono stati progettati in modo da mimare la libertà della mano e del polso umano. Pertanto tali strumenti prevedono 7 gradi di movimento e 90° di angolazione.

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29 Tecniche chirurgiche

o VATS : prevede la resezione parenchimale e linfoadenectomia mediante accessi chirurgici che non prevedano incisione dei muscoli della parete toracica e divaricazione dello spazio intercostale. Tipicamente si esegue una accesso al VII o VIII spazio intercostale sulla linea ascellare media o anteriore, più una utility incision anteriormente in corrispondenza dell’ilo, che va dai 3 ai 6 cm. L’utility incision viene confezionata al IV spazio intercostale per le lobectomie superiori o al V spazio per le lobectomie inferiori e del medio. Viene eseguita anche una terza incisione, posteriormente, vicino la punta della scapola e viene usata per retrarre il polmone, eseguire la dissezione o posizionare le suturatrici meccaniche. A seconda delle caratteristiche anatomiche del paziente la dissezione viene eseguita dal versante anteriore o dal versante posteriore.

o Chirurgia robot-assisitita: prevede il confezionamento di 4 accessi. Viene eseguito a livello del VII-VIII spazio intercostale sulla linea ascellare media l’accesso per l’ottica 30°3D. Posteriormente a questa incisione vengono eseguiti altri due accessi, uno sullo stesso spazio intercostale, a circa 6 cm di distanza e uno nel triangolo auscultatorio, tra il margine posteriore della scapola e la colonna vertebrale. Quando le caratteristiche fisiche del paziente lo consentono, si cerca di confezionare le due incisioni posteriori sullo stesso spazio intercostale utilizzato per l’ottica, in modo da ridurre l’eventuale dolore post-operatorio. L’ultimo accesso che si esegue è anteriore, a livello del V-VI spazio intercostale a livello della linea ascellare anteriore. Viene utilizzata l’insufflazione di CO2 a basso flusso (5-7

mmHg) durante l’operazione chirurgica. Questo consente un aumento dello spazio disponibile all’interno del torace, in quanto favorisce il collasso polmonare e spinge in giù il diaframma. L’uso della CO2 è utile anche nei pazienti affetti da

broncopneupatia ostruttiva, nei quali i fenomeni di “air-trapping” rendono il collasso polmonare difficoltoso.

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1.8.2 Chemioterapia

Un trattamento sistemico chemioterapico può essere programmato in ottica neoadiuvante, adiuvante o negli stadi avanzati di malattia, si può optare per un trattamento chemioterapico esclusivo, quando la chirurgia non è un’opzione percorribile.

La chemioterapia neoadiuvante è pre-operatoria, si esegue quando si intende programmare anche un trattamento loco-regionale e si vuole ottenere un controllo sistemico della malattia. Questo approccio si usa nei tumori potenzialmente resecabili, con lo scopo di ridurre la massa tumorale e linfonodale e di controllare le micrometastasi a distanza, consente così di migliorare la prognosi negli stadi avanzati[78]. Il trattamento di induzione solitamente è ben tollerato. La chirurgia andrebbe programmata tra la terza e la quinta settimana dalla fine del trattamento neoadiuvante, per ovviare al problema della fibrosi dei linfonodi ilo-mediastinici indotta dai farmaci chemioterapici e che potrebbe rendere difficoltoso l’isolamento dei vasi. Nei pazienti sottoposti a questo programma di trattamento le complicanze dopo l’intervento chirurgico sono documentate essere maggiori (soprattutto se viene associata alla chemioterapia anche un regime radioterapico)[79]. La chemioterapia adiuvante viene eseguita dopo l’exeresi chirurgica del tumore, con lo scopo di ottenere un controllo sistemico della malattia. Negli stadi iniziali di malattia il ruolo della terapia adiuvante è controverso, studi dimostrano che nello stadio IA non ha alcun vantaggio terapeutico, nello stadio IB il ruolo è ancora dibattuto, mentre migliora la sopravvivenza negli stadi II e IIIA completamente resecati[56]. Viene usato un cisplatinum-based regims, che si è dimostrato aumentare la sopravvivenza[80].

A partire dallo stadio IIIB, non è previsto alcun approccio chirurgico. Questi pazienti sono candidati ad un trattamento chemioterapico, che può essere associato a radioterapia concomitante. Solitamente si usa una combinazione tra un derivato del platino (cisplatino o carboplatino) e una altro agente citotossico (pemetrexed, taxani, vinorelbina, camptotecine, gemcitabina). I regimi polichemioterapici ottengono risposte migliori, ma sono attuabili solo se le condizioni generali del paziente sono buone, in quanto l’associazione di questi farmaci ha elevate tossicità. Un trattamento in monoterapia deve essere preso in considerazione nei pazienti in condizioni cliniche non ottimali, che si pensa non possano tollerare più di un farmaco[81].

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Negli adenocarcinomi sono stati individuati dei sottogruppi con particolari mutazioni genetiche, questi possono beneficiare di terapie biologiche. Queste terapie hanno il vantaggio di aver meno effetti collaterali e una maggior compliance del paziente. Per le varianti EGFR mutate si può usare gefitinib o irlotinib, per le AlK mutate crizotinib. Sono comunque una minoranza i pazienti che possono beneficiare di target therapy. Solo il 10% dei soggetti bianchi affetti da NSCLC presenta una mutazione EGFR[30], mentre la traslocazione di ALK si riscontra in circa il 5% dei casi.

1.8.3 Radioterapia

La radioterapia è l’approccio che si sceglie negli stadi I e II quando l’intervento chirurgico è controindicato o rifiutato dal paziente. L’intento è curativo e si hanno discreti risultati (sopravvivenza a 5 anni del 20%), soprattutto con la radioterapia stereotassica[5, 82].

La radioterapia si può usare anche come regime neoadiuvante, in associazione o meno con la chemioterapia. Le indicazioni per questo approccio sono tumori non resecabili, per volume o infiltrazione, come ad esempio il tumore di Pancoast o tumori con interessamento linfonodale mediastinico.

Il trattamento radioterapico si può proporre anche in ottica adiuvante dopo l’intervento chirurgico in casi selezionati. Questo si può applicare in caso di malattia localmente avanzata; mancata radicalità oncologica, quindi con margini di resezione positivi dopo l’intervento chirurgico; in presenza di un esteso interessamento linfonodale. In questi soggetti il rischio di recidiva è alto, con la radioterapia si vuole ottenere il controllo locale della malattia[83].

La radioterapia può essere usata anche a scopo sintomatico o palliativo in pazienti con malattia localmente avanzata, con sindromi mediastiniche o metastasi ossee. Lo scopo è antalgico e di controllo dei sintomi.

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2. Scopo del lavoro

Il tumore del polmone negli stadi iniziali prevede un trattamento chirurgico che può essere eseguito sia con tecnica tradizionale open, che mini-invasiva robotica, quando indicata. Le due tecniche sono entrambe accettate e considerate oncologicamente valide. Vari autori hanno dimostrano che la chirurgia mini-invasiva si associa a minor tempo di degenza post-operatoria, a un minor numero di complicanze e a minor dolore post-operatorio. Tuttavia come questi trattamenti influiscano sulla qualità della vita del paziente dopo l’operazione è ancora oggetto di studio[84]. Scopo di questo lavoro è confrontare la tecnica toracotomica e la tecnica robotica dal punto di vista della Quality of Life (QoL) nei pazienti con carcinoma polmonare sottoposti a lobectomia polmonare.

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3. Materiali e metodi

Nel nostro studio abbiamo retrospettivamente selezionato 50 pazienti consecutivi sottoposti ad intervento di chirurgia resettiva polmonare (lobectomia semplice) da gennaio a giugno 2017 presso l’UO di Chirurgia Toracica e il Centro Multidisciplinare di Chirurgia Robotica e Mini-invasiva dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Pisa. La raccolta dei dati è stata effettuata tramite consultazione dei registri operatori. I pazienti sono stati divisi in due gruppi in base alla tecnica chirurgica utilizzata: toracotomia posterolaterale o chirurgia robotica. I due gruppi si compongono rispettivamente di 25 pazienti ciascuno. I criteri di inclusione per la chirurgia robotica sono: adeguata riserva funzionale cardiopolmonare; lesione non invadente la parete toracica; nessun intervento di chirurgia toracica in anamnesi o terapia neoadiuvante.

La stadiazione pre-operatoria ha previsto per ogni malato radiografia del torace in doppia proiezione, TC con mezzo di contrasto del torace e dell’addome superiore, Tomografia ad emissione di positroni (PET).

In previsione dell’intervento chirurgico ciascun paziente è stato sottoposto a esami ematici, radiografia del torace, valutazione della funzionalità respiratoria (emogasanalisi e prove di funzionalità respiratoria), cardiaca (ECG, visita cardiologica con ecocardiografia) e anestesiologica.

Per la stadiazione è stata utilizzata l’ottava edizione della classificazione TNM dell’International Association for the Study of Lung Cancer (IASLC). La caratterizzazione anatomopatologica fa riferimento alla classificazione della World Health Organization (WHO) del 2015.

Un trattamento chemioterapico adiuvante è stato somministrato dopo la resezione chirurgica in base allo stadio e alle condizioni del paziente.

Nel periodo di follow-up successivo all’intervento i soggetti sono stati sottoposti a TC torace con mezzo di contrasto, esami ematici e dosaggio marcatori tumorali, ecografia addome o TC addome e PET-TC total body se indicata, broncoscopia, TC cranio quando necessario.

Per i risultati chirurgici sono stati valutati il tempo operatorio, le complicanze post-operatorie e i tempi di ricovero post-operatorio.

Riferimenti

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