Corso di Laurea Magistrale (ordinamento ex D.M. 270/2004)
in Scienze Ambientali
Tesi di Laurea
Metodi alternativi per la riduzione in
situ di cromo esavalente. Un caso di
studio.
Relatore
Ch. Prof. Bruno Pavoni
Laureando
Mattia Cecchinato
Matricola 818780
Anno Accademico
2012 / 2013
SOMMARIO
1.INTRODUZIONE
Caratterizzazione del sito ... 10
Inquadramento territoriale ... 10
Caratteristiche geologiche ed idrogeologiche ... 11
Vulnerabilità della falda e criticità del caso di studio ... 13
Caratterizzazione sito-‐specifica: Ex Galvanica PM ... 14
Caratterizzazione dell’inquinante e del processo d’inquinamento ... 18
Cromo e suoi composti ... 18
Caratteristiche generali ... 18
Tossicità ... 18
Limiti di legge ... 19
L’industria galvanica come fonte d’inquinamento ... 20
Il processo produttivo della galvanica ... 20
Ossido di cromo ... 21
Mobilitazione dell’inquinante ... 22
Interazioni con le matrici ambientali ... 22
Terreno ... 22
Falda ... 23
Il plume ... 24
Dinamiche e gestione dell’inquinamento ... 27
Storia dell’inquinamento ... 27
Inquinamento precedente al 2001 ... 27
Inquinamento successivo al 2001 ... 29
Indagini di caratterizzazione dell’inquinamento ... 31
Piezometri ... 33
Trincee ... 34
Carote ... 35
Messa in sicurezza di emergenza ... 35
Barriera idraulica ... 35
Depurazione dell’acqua estratta ... 37
Potenziamento della barriera idraulica e nuovo depuratore ... 38
La bonifica della Roggia Brotta ... 38
I progetti di bonifica in situ ... 40
Golder Associates e Sinergeo: Barrieramento fisico ... 41
Progetto di bonifica ... 41
Sapio: Idrogeno ... 41
Progetto di bonifica ... 41
Cenni teorici sulla tecnologia utilizzata ... 42
Scopo della tesi ... 43
2. MATERIALI E METODI Monitoraggio dei piezometri di controllo ARPAV ... 45
Freatimetro ... 46
Bailer ... 47
Campana per prelievi ... 48
Pompa da 2” con inverter ... 48
Analisi dei campioni ... 49
Trattamento dei dati relativi alla Barriera Idraulica ... 50
La gestione di Etra e la comunicazione dei dati ... 50
I progetti di Bonifica ... 51
Golder Associates e Sinergeo: Barrieramento fisico ... 51
Indagini preliminari ... 51
Test di laboratorio ... 51
Il campo prova A ... 52
Campo Prova B ... 55
Test di tenuta idraulica della cella (campo prova B) ... 59
Iniezione delle miscele reagenti (campo prova B) ... 59
Sapio: Idrogeno ... 60
Caratteristiche tecniche del progetto ... 60
Test di trattabilità in situ: il campo prova ... 61
Analisi e monitoraggio ... 63
3. RISULTATI Risultati analisi ARPAV ed ETRA ... 67
Golder Associates ... 69
Test di tenuta idraulica della cella (campo prova B) ... 69
Iniezione delle miscele reagenti (campo prova B) ... 70
Test di lisciviazione ... 72
Sapio ... 73
Monitoraggio idrochimico ... 73
Cromo esavalente ... 73
Cromo totale ... 75
pH ... 77
Analisi sui terreni ... 78
4. ANALISI E DISCUSSIONE DEI RISULTATI Analisi dei risultati di ETRA e ARPAV ... 81
Andamento generale altezza falda – contaminazione cromo esavalente ... 82
I lavori di trivellazione per il campo prova B (Golder Associates -‐ Sinergeo) ... 83
Analisi rapporto tra portata di emungimento e concentrazioni di cromo esavalente in G6 ... 84
La falda in risalita e l’aumento di concentrazioni in G6 ... 86
Il piezometro Pz7 come modello di mobilitazione dell’inquinante ... 87
Golder Associates -‐ Sinergeo ... 89
Test di pompaggio della cella reattiva ... 89
Sapio ... 95
Monitoraggio idrochimico ... 95
Analisi sui terreni ... 95
5. CONCLUSIONI La vicenda giudiziaria ... 98
Conclusioni sui metodi di bonifica sperimentati ... 98
Contenimento fisico e iniezione della miscela reagente ... 99
Trattamento con idrogeno ... 100
La cella elettrolitica come metodo di riduzione alternativo ... 101
Quadro economico complessivo ... 101
Conclusioni generali ... 102 6. BIBLIOGRAFIA
1. INTRODUZIONE
Caratterizzazione del sito
La conoscenza delle dinamiche di mobilitazione di un inquinante è un presupposto fondamentale per eseguire un qualsiasi studio di caratterizzazione e per capire dove e come agire al fine di contenere e gestire la diffusione dello stesso inquinante nell’ambiente.
In questo caso, le caratteristiche peculiari geologiche ed idrogeologiche del sottosuolo rendono di fondamentale importanza l’inquadramento territoriale per capire le dinamiche che hanno portato alla contaminazione dell’insaturo di cromo esavalente, come questo abbia raggiunto la falda freatica e sia stato mobilitato nel sottosuolo fino a provocare un inquinamento che ha interessato comuni e provincie adiacenti. Ovviamente, queste caratteristiche morfologiche del sottosuolo sono altrettanto importanti nella scelta della gestione e nel risanamento del fenomeno di contaminazione.
Di altrettanta importanza sono le caratteristiche chimico-‐fisiche dell’inquinante in questione, ma queste saranno trattate dopo aver chiaramente esposto la geomorfologia del territorio analizzato. Per ora, ci limitiamo a sottolineare l’altissima solubilità in acqua del Cromo esavalente, la sua bassa volatilità e le sue caratteristiche tossicologiche di cancerogenicità e mutagenesi. Inquadramento territoriale
Il sito oggetto di studio è l’ex Ditta “Industria Galvanica P.M.” sita in via Tre Case, nella zona industriale del comune di Tezze sul Brenta (VI). Tale area si colloca nel centro della Regione Veneto in corrispondenza del passaggio tra Alta e Media Pianura Veneta e compresa nell’Area di Ricarica del Bacino Scolante della Laguna di Venezia.
Il principale corso d’acqua della zona è rappresentato dal fiume Brenta che scorre a circa 3 km ad ovest dall’area d’interesse. Come sarà illustrato in seguito, la portata del fiume influenza l’andamento stagionale della falda, nonché direzione e portata della stessa. Questo fenomeno è piuttosto importante ai fini dell’interpretazione della contaminazione nel sito in questione.
L’area circostante, è piuttosto pianeggiante, con una pendenza media di circa 0,4%, e situata appena a monte della zona delle risorgive dell’area dei comuni di Cittadella e Fontaniva. Le quote altimetriche variano da un massimo di 65 m s.l.m. ad un minimo di 35 m s.l.m. e, per evitare incomprensioni, i valori di profondità relativi a falda e porzione insatura saranno sempre riferiti al piano campagna (p.c.) (Mion, 2003).
Caratteristiche geologiche ed idrogeologiche
Come accennato in precedenza, Tezze sul Brenta si trova nella fascia di transizione da Alta e Media Pianura Veneta (Figura 1).
Figura 1: Profilo idrogeologico della sponda est del fiume Brenta (fonte: C.N.R., 1988).
L’Alta Pianura, posta immediatamente a ridosso dei rilievi montuosi (zona pedemontana), è caratterizzata da un’elevatissima permeabilità, essendo costituita principalmente da alluvioni con ciottoli e ghiaie grossolane a matrice sabbiosa.
La media pianura presenta una permeabilità di poco inferiore a causa di lenti discontinue di limo ed argilla e della granulometria leggermente più minuta.
Nella zona pedemontana, lo spessore delle alluvioni è di poche decine di metri, mentre, procedendo verso S-‐SE, dove la potenza dei materiali sciolti aumenta progressivamente, è condizionato dalla morfologia sepolta del substrato roccioso pre-‐quaternario e dalla presenza di strutture tettoniche profonde che hanno dislocato quest’ultimo a gradoni (C.N.R., 1988).
E’ quindi presente un’unica falda di tipo freatico che oscilla liberamente all’interno dell’acquifero in relazione alle fasi di piena e di magra del proprio regime.
Questi due complessi sono caratterizzati da una vulnerabilità piuttosto elevata poiché rappresentano la zona di ricarica dell’intero sistema idrico locale sotterraneo degli acquiferi in pressione posti più a valle.
Procedendo verso sud, infatti, si entra nella Bassa Pianura che comprende la fascia delle risorgive. Questa zona è costituita da sedimenti a grana molto sottile, con le lenti di argilla che diventano strati continui, dividendo l’acquifero che prima era indifferenziato in un sistema multifalda in pressione (C.N.R., 1988).
Il territorio colpito da contaminazione (comune di Tezze sul Brenta) si colloca pertanto in corrispondenza del sistema acquifero indifferenziato.
Analizzando i dati idrogeologici presenti in bibliografia (C.N.R. – Difesa degli acquiferi dell’Alta Pianura Veneta – Stato di inquinamento e vulnerabilità delle acque sotterranee del bacino del Brenta – 1988) si possono facilmente ricostruire le dinamiche delle acque sotterranee.
Per fare ciò, verrà utilizzata la carta della geometria e dell’idrodinamica dei corpi idrici sotterranei del bacino del Brenta (Figura 2).
Figura 2: Geometria ed idrodinamica del territorio (fonte: C.N.R., 1988).
Innanzitutto è evidente una direzione di falda di circa NW – SE dovuta all’azione disperdente del fiume Brenta a favore dell’acquifero freatico fino alla zona delle risorgive. Sicuramente, lo stesso fiume è il fattore alimentante di maggiore importanza per l’acquifero, mentre in maniera minore contribuiscono la percolazione delle acque meteoriche e le dispersioni delle acque irrigue.
Lo studio delle isofreatiche e della loro morfologia conferma il comportamento disperdente del fiume Brenta (morfologia conica divergente in prossimità del corso d’acqua) e la diminuzione del gradiente idraulico scendendo verso la zona delle risorgive, dove il fiume Brente esercita un’azione drenante.
Quindi, il fiume Brenta influisce in parte anche nella direzione del flusso idrico sotterraneo, conferendo una componente maggiormente N-‐S nei periodi di magra (tardo inverno – primavera), ed E-‐O in quelli di piena (estivo – autunnale).
La velocità del deflusso sotterraneo medio per l’area in questione, stando alla bibliografia (C.N.R., 1988) è di qualche metro al secondo.
La soggiacenza della falda è di circa 25 metri dal piano campagna nel comune di Tezze per diminuire progressivamente verso sud, dove la falda affiora in corrispondenza della zona delle risorgive.
Vulnerabilità della falda e criticità del caso di studio
Dalle considerazioni in precedenza analizzate, si può facilmente intuire l’importanza della zona considerata e la sua elevatissima vulnerabilità. Nel 1988, il C.N.R. ha caratterizzato la vulnerabilità dell’area (Figura 3).
A monte, zona dell’Alta e Media Pianura, analizzando le caratteristiche litostratigrafiche ed idrogeologiche, si capisce che l’acquifero indifferenziato è facilmente accessibile agli inquinanti per infiltrazione a causa della granulometria grossolana. La diminuzione dei terreni coltivati a favore di quelli destinati all’industria, contribuisce a fortificare questa valutazione poiché vengono a mancare quei processi naturali di degradazione, assorbimento, cattura e scambio di compostici organici naturali ed, in misura minore ma tuttavia influente, di composti antropici inquinanti.
D’altro canto, nella zone delle risorgive (Bassa Pianura), le falde in pressione sono protette in superficie da terreni a bassa permeabilità, ma gli inquinanti sono accessibili attraverso il circuito idraulico sotterraneo che trae origine dalle zone di ricarica situate a monte. Questo contribuisce ad aumentare la vulnerabilità della Alta-‐Media Pianura.
Il tutto assume una maggiore rilevanza considerando che, nell’area delle risorgive, sono presenti numerosi punti di attingimento di acqua potabile. I pozzi privati censiti o comunque segnalati nei comuni di Cittadella e Fontaniva (situati nella zona delle risorgive, pochi chilometri a valle della zona oggetto di studio) sono circa 5000.
Buona parte della popolazione ha prelevato da questi pozzi fino al 2001, anno in cui la contaminazione da cromo esavalente è stata segnalata ed ufficialmente comprovata.
Caratterizzazione sito-‐specifica: Ex Galvanica PM
L’area oggetto di studio, negli ultimi anni, è stata completamente trasformata dai lavori di messa in sicurezza e caratterizzazione del sito.
La superficie occupata dall’azienda è di 4850 m2 ed è prevalentemente occupata dal capannone all’interno del quale si svolgeva l’attività produttiva (2750 m2).
Il corpo centrale dell’edificio fu costruito nel 1973 e nello stesso anno iniziò nel sito l’attività galvanica della Tricom S.p.A.. Nel 1995 cambia proprietario e diventa “Industria Galvanica P.M.”. Alla fine del 2003 la ditta “Industria galvanica P.M.” cessa l’attività in seguito a dichiarato fallimento. Nell’ultimo periodo di attività, dalla fine degli anni ’90, l’azienda ha svolto solamente le fasi di nichelatura e cromatura a causa della riduzione dell’attività (ARPAV, 2005). In Figura 4 è mostrata la posizione dell’azienda Galvanica PM nel contesto industriale di Tezze sul Brenta.
Da quello che si evince dalla documentazione agli atti del Tribunale, fino al 1986 l’azienda ha scaricato i reflui prodotti dall’attività nella “Roggia Brotta”, un corso d’acqua superficiale non cementificato, a sud del sito, destinata alla raccolta delle acque meteoriche.
Esistono tracce documentate di episodi d’inquinamento da cromo esavalente nella zona del cittadellese che risalgono addirittura al gennaio 1977. Altre segnalazioni risalgono agli anni ’80 e ’90, fino ad arrivare al 2001, anno in cui il caso è stato affidato agli organi competenti che hanno iniziato i processi d’indagine (discussi nei prossimi capitoli).
Ritornando ad analizzare la vicenda dal punto di vista geologico -‐ idrogeologico, bisogna tenere a mente la litostratigrafia del territorio considerato a vulnerabilità molto alta e l’oscillamento dell’altezza di falda.
Studi recenti effettuati da ARPAV Vicenza per la caratterizzazione del sito “Ex-‐Galvanica PM” (Rapporto Tecnico MO12TVI del 2/10/2002) hanno attribuito un valore di 11 m giorno-‐1 di velocità e una permeabilità equivalente Kequivalente di 1,13*10-‐2 m s-‐1.
In particolare, le analisi effettuate dalla perizia d’ufficio (Relazione tecnica della Perizia d’Ufficio per il procedimento penale n. 78/03 del 2005) hanno stimato un valore medio di permeabilità K di 1,1*10-‐2 m s-‐1 attraverso delle prove di pompaggio a gradini con piezometri di controllo. Tuttavia a causa della potenza della falda, con la strumentazione preposta, non sono stati in grado di calcolare la trasmissività.
L'esame di una stratigrafia sito specifica (Figura 5), indica che nei dintorni dell'area di studio il sottosuolo è costituito prevalentemente da materiali a granulometria da media a grossolana, rappresentati da una dominanza di ghiaie e ciottoli in matrice sabbiosa, in accordo con le considerazioni fatte in precedenza a livello regionale.
La carota in figura 5 è stata estratta dal piezometro pz1, che si trova poche decine di metri a monte dell’azienda. Si tratta quindi del piezometro utilizzato come “bianco” per molteplici analisi e caratterizzazioni e risulta piuttosto rappresentativo della litostratigrafia del sito.
Nella porzione insatura, si è riscontrata una discreta variabilità granulometrica. In accordo con gli studi preliminari e d’inquadramento del territorio, prevalgono i sedimenti a granulometria media, costituiti da ciottoli, ghiaie e sabbie caratterizzati da un’elevatissima permeabilità. Tuttavia sono stati riscontrati livelli a tessitura più fine (matrice limo-‐argillosa) meno permeabili, ma comunque abbastanza circoscritti da non influenzare le caratteristiche idrogeologhe generali del sito.
Sono stati rilevati anche alcuni livelli di ghiaie e sabbie addensate e talora cementificate (livelli conglomeratici) tra i 20 ed i 23 metri di profondità e, meno frequentemente, attorno ai 15 metri. Tra i 10 ed i 20 metri sono inoltre stati rinvenuti dei trovanti granitici piuttosto grandi e di forma arrotondata (di peso superiore al quintale), caratteristiche che ne fanno ipotizzare un’origine fluviale.
E’ chiaro che entrambe le “anomalie” (granulometria più fine e più grossolana rispetto alla media) riscontrate nelle carote prelevate nell’intorno del sito, abbiano una geometria lenticolare e non influenzino in alcun modo la struttura acquifera locale e tantomeno regionale.
Tuttavia la presenza di livelli conglomeratici di trovanti di grosse dimensioni assume una notevole importanza a livello ingegneristico-‐strutturale, in sede di progettazione della struttura e della sistemazione di pozzi e piezometri nonché degli interventi di messa in sicurezza e ripristino ambientale.
E’ quindi chiaro che la granulometria grossolana del sottosuolo permette una facile mobilitazione dei contaminanti e l’oscillazione della falda, sia stagionale che nel breve periodo, amplifica il fenomeno di contaminazione per dilavamento.
Questo spiega, in parte, come sia possibile aver rilevato un inquinamento da cromo esavalente nei comuni di Cittadella e Fontaniva (PD), situati ad una diecina di chilometri a valle.
Per comprendere meglio il fenomeno bisogna soffermarsi sull’analisi dell’inquinante, da dove proviene e sulle sue dinamiche di diffusione.
Caratterizzazione dell’inquinante e del processo d’inquinamento
Cromo e suoi composti
Caratteristiche generali
Il Cromo (Cr) è un metallo di transizione presente in ambiente nella forma elementare e in composti con i numeri di ossidazione trivalente Cr(III) ed esavalente Cr (VI).
Mentre il Cr(III) è un oligoelemento essenziale, il Cr(VI) è classificato dalla IARC1 come cancerogeno per l’uomo di classe 1 ed è di origine quasi esclusivamente industriale.
Già negli anni ’80 erano in corso studi approfonditi sul rischio di cancro per i lavoratori che utilizzavano composti del cromo esavalente, che portarono all’identificazione comprovata del cromo VI come composto cancerogeno da parte della IARC.
I composti del Cr (VI) sono principalmente di colore giallo e raramente più scuri sull’arancione-‐rosso.
Il cromo esavalente ha una mobilità molto elevata a causa dell’alta solubilità in acqua.
Il cromo trivalente, al contrario, possiede una bassissima solubilità e la sua diffusione è facilmente arrestata in ambiente poiché si presenta nella forma di Cr(OH3), che non è solubile in acqua se non in condizioni acide, difficilmente riscontrabili in ambienti naturali.
Lo stesso vale per il nichel, altro elemento usato in modo massiccio nel processo produttivo della Galvanica PM (Bertorelle, 1977).
E’ stato riscontrato un inquinamento da nichel piuttosto importante nell’insaturo sottostante alla Galvanica PM.
Il nichel nella forma cationica Ni2+ in ambiente neutro o basico tende a formare idrossidi poco solubili, caratteristica in comune con il cromo trivalente (Welcher F., Hahn R., 1955).
La contaminazione quindi, interessa principalmente i primi strati di sottosuolo insaturo e di rado sono state rilevate concentrazioni, anche minime, di nichel, nelle acque di falda.
Da uno studio dell’università di Torino in collaborazione con ARPA Piemonte (Malandrino M. et al., 2004) risulta che il nichel è uno dei metalli meno mobili in ambienti naturali.
Per questo motivo, i rilievi delle acque di falda hanno sempre mostrato alte concentrazioni di cromo esavalente e bassissime concentrazioni di cromo trivalente e nichel.
Tossicità
Il principale bersaglio dell’azione tossica del cromo esavalente è l’apparato respiratorio. La via inalatoria, infatti, è quella maggiormente salvaguardata per quanto riguarda la tutela dell’esposizione professionale.
Il Cr(VI) infatti, ha la capacità di attraversare la membrana cellulare attraverso i canali anionici di trasporto attivo non specifici. La sua vita all’interno della cellula, tuttavia, è molto breve, in quanto viene subito ridotto dagli enzimi cellulari (De Flora, 2000).
Sono gli intermedi instabili [Cr(V) e Cr(IV)] e stabili [Cr(III)] che si vengono a formare all’interno della cellula che manifestano l’azione oncogena del cromo. Infatti, il cromo in questi stati di ossidazione, è in grado di interagire con proteine ed acidi nucleici causando mutazioni geniche (De Flora, 2000).
Nonostante la tossicità elevata del cromo sia stata accertata per quanto riguarda i polmoni come organo bersaglio, sussistono ancora alcuni dubbi per quanto riguarda la tossicità del cromo per ingestione o per altre vie (Sedman et al.,2006).
Su questo era nato un dibattito nel corso del processo penale, poiché numerose persone erano venute in contatto con acqua contaminata da cromo esavalente, prelevata nei pozzi privati nei comuni di Cittadella e Fontaniva, nella zona a sud delle risorgive.
Come già accennato, infatti, fino ai primi anni 2000, parte della popolazione del cittadellese attingeva ancora da pozzi non finestrati a medie profondità (40 metri) sia per acqua potabile, che per uso domestico (irrigazione, sanitari, lavori vari) (Mion F., 2006).
Per quanto riguarda la tossicità per ingestione, si può essere tratti in inganno dal fatto che lo stomaco abbia un pH molto acido, in grado di fornire condizioni tali da ridurre il cromo esavalente al meno tossico cromo trivalente. Tuttavia, si ricorda che anche le vasche galvaniche contenenti triossido di cromo (VI) hanno un pH molto acido (attorno ad 1), ma finché non sarà presente un elemento riducente, il cromo (VI) esisterà in tale forma (Bertorelle, 1977).
Limiti di legge
Nell’allegato 5 della parte III del Codice Ambientale (Limiti di emissione degli scarichi idrici), vengono specificati, in tabella 3, i valori limite di emissione in acque superficiali ed in fognatura:
Questo dato è piuttosto importante in quanto la messa in sicurezza, costituita da una barriera idraulica con sistema pump and treat, scarica l’acqua trattata nella rete fognaria e quindi deve rispettare i sopracitati limiti di legge.
Nel Testo Unico, si trovano, all’allegato 5 della parte V, le tabelle di concentrazione soglia di contaminazione.
Tabella 1: Limiti di emissioni in acque di scarico ed in fognatura (fonte: D.Lgs 152/2006).
Le concentrazioni soglia per il suolo e sottosuolo sono riportate in Tabella 2:
Le concentrazioni soglia per le acque sotterranee sono, invece, in Tabella 3:
E’ già stato brevemente spiegato come la tossicità delle diverse forme del cromo cambi secondo lo stato di ossidazioni in cui si trova l’elemento. Quindi, la distinzione tra Cromo totale e Cromo esavalente sembra doverosa e piuttosto scontata.
Quest’ aspetto è confermato dalla differenza dei valori di concentrazioni soglia per i due stati di ossidazioni diversi considerati per lo stesso comparto: la differenza raggiunge i due ordini di grandezza.
L’industria galvanica come fonte d’inquinamento
Il processo produttivo della galvanica
L’azienda effettuava il trattamento galvanico mediante l’elettrodeposizione di nichel e cromo. Il trattamento dei metalli inizia con una fase di sgrassatura chimica allo scopo di facilitare l’elettrodeposizione. La sgrassatura è effettuata mediante acidi, tensioattivi e sostanze alcaline. Dopo un lavaggio in acqua corrente viene effettuata una sgrassatura elettrolitica mediante acido solforico diluito. Segue un altro lavaggio.
Dopo le sgrassature ed i risciacqui, si procede con l’elettrodeposizione del nichel seguita da quella del cromo. Terminate le fasi di elettrodeposizione i pezzi vengono lavati con acqua corrente e deposti in magazzino.
Tabella 2: Concentrazioni soglia di cromo esavalente per suolo e sottosuolo (fonte: D.Lgs 152/2006).
Tabella 3: Concentrazioni soglia di cromo in acque sotterannee (fonte: D.Lgs 152/2006).
Per il processo di elettrodeposizione del nichel vengono utilizzati bagni con sali di nichel (cloruri o solfati), acido borico, acido solforico ed altri additivi.
Per l’elettrodeposizione del cromo, invece, sono utilizzati dei bagni di ossido di cromo e acido solforico. I reflui provenienti dalla linea dei cromati sono quelli che hanno provocato il maggiore impatto ambientale. Questi, infatti, contribuiscono all’apporto di cromo allo stato esavalente ai reflui industriali e necessitano di un trattamento di riduzione specifico mediante acidificazione-‐riduzione.
Ossido di cromo
La forma esavalente del cromo è utilizzata nei processi industriali sotto forma di diversi composti. Il triossido è uno di questi, nonché la materia prima impiegata nel processo produttivo della Galvanica PM.
Da una verifica della documentazione agli atti, si stima che i quantitativi di ossido di cromo utilizzati dall’azienda siano stati di circa 10.000 Kg anno-‐1.
Per completezza d’informazione e per sottolineare la pericolosità della sostanza utilizzata con inadempienza all’interno dell’azienda nel corso degli anni di attività, si riportano le caratteristiche tossicologiche e di sicurezza per la sostanza in questione (Tabella 4 e Tabella 5)).
Tabella 4: Pittogrammi e codici di pericolo in accordo con la normativa.
Mobilitazione dell’inquinante
Interazioni con le matrici ambientali
Vista ed accertata l’altissima solubilità del cromo esavalente, possiamo passare alla fase successiva, quella cioè di capire le dinamiche d’interazione con i diversi comparti ambientali. Il Cr(VI) si muove nelle matrici per avvezione, cioè seguendo il moto complessivo del fluido di matrice, l’acqua in questo caso. Inoltre, l’inquinante ha la stessa velocità media del flusso idrico sotterraneo. Infatti, a causa delle caratteristiche di solubilità e di quelle granulometriche dell’acquifero, il coefficiente di ritardo si può ritenere prossimo all’unità R=1 (Cozzupoli et al., 2006). Un valore leggermente più elevato del coefficiente di ritardo si può ipotizzare in settori dove è presente nell’acquifero una componente a tessitura più fine (lenti); ciò provocherebbe una diminuzione della velocità dell’inquinante su scala, comunque, prettamente locale.
Terreno
Le trincee ed i carotaggi eseguiti nel sito e trattati nei prossimi capitoli sia dal punto di vista strategico sia di risultati analitici, hanno confermato un inquinamento massiccio da cromo e nichel nella porzione insatura del sottosuolo, che si espandeva fino al limite della zona di oscillazione della falda (-‐23 metri circa da p.c.). Le perdite sono state ipotizzate e poi riscontrate nettamente in seguito alla confisca del sito. Dopo lo svuotamento delle vasche galvaniche di cromatura e nichelatura, sono stati osservati dei “rattoppi” di resina nel fondo per la sigillatura delle perdite. Inoltre erano presenti zone in cui le solette di fondo vasca si erano disgregate per l’azione delle soluzioni.
Una volta sversata la soluzione, questa si propagava nel sottosuolo, grazie anche all’aiuto di acque meteoriche o altri liquidi (ad esempio liquidi di lavaggio). Il sottosuolo della zona, che rientra nell’alta-‐media pianura veneta, è considerato a vulnerabilità molto alta a causa della sua granulometria che ne determina caratteristiche di elevatissima permeabilità.
Nella sua propagazione verticale, tuttavia, le lenti a grana fine-‐argillosa ed i livelli conglomeratici contribuiscono a dare al moto dell’inquinante una componente orizzontale, che altrimenti non sarebbe presente, viste le caratteristiche litostratigrafiche (Figura 6). Riassumendo, l’inquinante raggiunge la falda dopo aver seguito delle vie preferenziali di scorrimento in rapporto alla costituzione del terreno.
Ne consegue che alcuni piezometri possono segnalare concentrazioni d’inquinante compatibili con l’hot spot di inquinamento nonostante siano posizionati ad alcuni metri da esso.
Figura 6: Mobilitazione verticale del cromo esavalente (fonte: proc.pen. 78/03, Relazione C.T.U.).
La contaminazione dell’area è stata confermata dalle campagne d’indagine e caratterizzazione dell’inquinamento. I valori più alti di contaminazione del sottosuolo sono stati riscontrati nella zona denominata “hot spot” che, non casualmente, si trova esattamente dove era posta la vasca di elettrodeposizione del cromo.
Falda
Il processo d’inquinamento dell’acqua sotterranea avviene sia per percolazione diretta nella porzione satura sia per dilavamento della porzione insatura contaminata dovuto alle periodiche oscillazioni della falda (Cozzupoli et al., 2006).
Con la cessione dell’attività, nel 2003, e lo smantellamento delle vasche (fonte diretta e puntuale di inquinamento), si è eliminato l’apporto diretto di inquinante in falda, ma, da allora fino ad oggi, il cromo esavalente è presente massicciamente nel terreno e quindi persiste la contaminazione della falda per dilavamento.
In seguito saranno esposti dei grafici che mostreranno anche la relazione tra le fasi di piena e di magra della falda con le concentrazioni di cromo esavalente nei pozzi a valle dell’hot spot. In questo caso, il terreno sottostante all’insediamento industriale deve essere considerato “fonte d’inquinamento continua” nei confronti della falda freatica.
Il plume
Viste le caratteristiche idrauliche della freatica (potenza, direzione, portata) è necessario prestare molta attenzione ai risultati ottenuti dalle analisi dei pozzi di monitoraggio del sito. In particolare, tre meccanismi regolano la mobilitazione del Cr (VI) nella falda freatica: a) la diffusione secondo gradiente, b) l’avvezione lungo la direzione del flusso d’acque con la sua stessa velocità e c) la dispersione idrodinamica, determinata dalla composizione del sottosuolo e dalle vie preferenziali di scorrimento (Cozzupoli et al., 2006).
La conoscenza di queste dinamiche porta alla modellizzazione matematica del flusso di trasporto.
Vista l’elevata velocità relativa della falda, si può ben capire come la componente di dispersione trasversale sia prevalente rispetto alla componente orizzontale.
tracciare Comincia così a delinearsi la forma del plume per la caratterizzazione dell’inquinamento, che avrà una forma stretta e allungata, in accordo con la direzione di falda.
Il cromo esavalente, vista la sua elevata solubilità, si muove con l’acqua. Direzione, velocità e diffusione delle concentrazioni dell’inquinante sono tutte strettamente dipendenti dal flusso idrico sotterraneo.
Inoltre, non è presente un rilascio continuo (visto che l’attività è cessata ed è l’insaturo contaminato a fungere da riserva di inquinante) ma il movimento è strettamente dipendente dall’oscillazione della falda.
Da questi presupposti, la propagazione dell’inquinante seguirà molto grossolanamente la via teorica in Figura 7, la quale rappresenta una buona approssimazione solo delle prime decine di metri di sottosuolo.
Quindi, prima di disegnare una mappa di
diffusione dell’inquinamento, si possono riassumere i seguenti punti:
-‐ La falda ha periodiche oscillazioni stagionali e altre oscillazioni minori dovute alle precipitazioni o ad altre condizioni particolari. Ne consegue che il rilascio d’inquinante da parte dell’insaturo sottostante all’ex Galvanica PM non sarà assolutamente continuo e quindi sarà impossibile trovare concentrazioni coerenti con i modelli teorici.
Figura 7: Propagazione di un inquinante in falda
-‐ Sarà quindi molto probabile trovare, lungo la direttrice del flusso di falda, picchi di alte concentrazioni a valle dell’hot spot quando, nello stesso istante, non saranno presenti in pozzi più vicini alla sorgente. Questo è dovuto al fatto che la falda agisce da “nastro trasportatore” dell’inquinante.
-‐ L’elevata solubilità del cromo esavalente comporta che l’inquinante tenderà a rimanere lungo la superficie della falda, almeno in prossimità dell’hot spot. Ne consegue che, almeno per i pozzi all’interno e circostanti all’azienda, i campioni dovranno essere prelevati entro il primo metro di falda.
-‐ Il cromo esavalente NON può risalire la falda controcorrente. Se si dovessero trovare concentrazioni d’inquinante a monte dell’hot spot le cause andranno a ricercarsi esclusivamente su un'altra fonte. In minima parte l’oscillazione orizzontale può essere causata da lenti argillose locali.
Sembra piuttosto evidente che tutto ciò che è stato raccolto fino ad ora, ci porti a trovare pieno accordo con il seguente modello (Figura 8) elaborato da A.T.O. Brenta nel 2004.
La figura 8 è da intendersi come un’anticipazione di quanto riscontrato dalle numerose indagini ambientali effettuati dalle autorità locali per la caratterizzazione dell’inquinamento. I prossimi paragrafi saranno dedicati alla ricostruzione delle dinamiche d’inquinamento e gestione del caso.
Dinamiche e gestione dell’inquinamento
Storia dell’inquinamento
Inquinamento precedente al 2001
Il primo episodio d’inquinamento da cromo esavalente nella zona in analisi risale agli anni ‘70.
Nel 1977 l’ULSS 19 di Cittadella, in un normale controllo di potabilità dei pozzi della zona, riscontrò concentrazioni di cromo esavalente superiori ai 50 μg L-‐1 nelle acque sotterranee. Partì una campagna d’indagine, che incluse analisi dell’acqua di falda proveniente da 53 pozzi privati tra i comuni di Cittadella e Fontaniva. Ben 14 pozzi rilevarono delle concentrazioni di cromo esavalente superiori a 50 μgL-‐1 con picchi di 150 μg L-‐1 un paio di chilometri a valle di quella che 23 anni dopo fu accertata come la fonte inquinante.
L’episodio assunse maggiore rilievo poiché la zona, all’epoca, non aveva un acquedotto ad uso civile. Pertanto fu organizzata la distribuzione dell’acqua potabile nei comuni della zona ad opera di soldati dei battaglioni Pordoi e del Valles. Molti pozzi privati, inoltre, furono sigillati.
Il primo episodio di contaminazione fu considerato esaurito nel 1984 ma le concentrazioni si ridussero notevolmente già dal 1978.
Dalle analisi e dai prelievi si era riusciti a ricostruire un plume di cromo esavalente della lunghezza di circa 6 kilometri, lungo l’asse della falda N-‐S, e di un chilometro di larghezza. Si era anche ipotizzato con una discreta approssimazione che la sorgente d’inquinamento fosse stata puntiforme (Camberlin, 1980).
In seguito il CNR ha pubblicato un articolo dal titolo “Processi di inquinamento chimico industriale delle acque sotterranee nella media e alta pianura” (Altissimo et al., 1995), nel quale esponeva i risultati delle indagini sopracitate.
Di seguito è riportata (Figura 9) la ricostruzione del plume elaborata dai campionamenti seguiti all’allarme del 1977, estratta dalla pubblicazione del dott. Altissimo e colleghi.
Si noti come nella cartina proposta (Figura 9) non sia stata evidenziata l’esatta posizione della, al tempo, Tricom (poi diventata Galvanica PM). Per inquadrare l’esatta posizione della Tricom, infatti, è sufficiente chiudere il plume poche decine di metri più a monte, seguendo le linee tracciate dallo studio.
La situazione diventa ancora più critica se si considera che:
-‐ nell’area industriale di Tezze sul Brenta, la Tricom era l’unica attività che utilizzava cromo esavalente nel proprio processo produttivo nel raggio di circa un chilometro.
-‐ nella descrizione del suddetto caso, si estrae la seguente descrizione: “La sorgente non è
stata individuata perché posta in area di non competenza dell’ULSS che ha eseguito i prelievi dai pozzi: è risultata comunque indiziata una industria galvanica […]”.
-‐ I comuni di Fontaniva e Cittadella distano circa 7 km dall’area della galvanica. Da un calcolo sulla base della velocità della falda (11 m s-‐1 nel territorio di Tezze che diminuisce andando verso la linea delle risorgive fino a toccare un minimo di 0,5 m s-‐1 in corrispondenza proprio della linea delle risorgive) si può calcolare che il cromo abbia impiegato circa 3-‐4 anni a percorrere quei sette chilometri. Nel 1973 iniziava l’attività della Tricom.
-‐ il plume disegnato considera soltanto i pozzi che hanno presentato valori di concentrazioni di cromo esavalente superiori ai 50 μg L-‐1. Pozzi con valori inferiori sono esterni a tale
Figura 9: Plume di cromo esavalente caratterizzato per il fenomeno di inquinamento del 1977 (fonte: C.N.R., 1995)
perimetro. Ciò significa che l’area tracciata rappresenta il plume di maggiore inquinamento e non l’intera area contaminata.
Successivi episodi di contaminazione furono riscontrati nel 1980-‐1981 nei comuni di Tombolo e Galliera Veneta (PD) e pubblicati nello studio Qualità nelle acque sotterranee nella
conoide del Brenta del Gruppo Nazionale per la Difesa dalle catastrofi idrogeologiche (C.N.R.,
1993).
La geologia, tuttavia, non mente e questo episodio d’inquinamento non può essere ricondotto alla Tricom. Fu, infatti, attribuito a un’altra azienda, la Galvanica Sartori, azienda situata circa 4 chilometri più ad est, nel comune di Rosà, che cessò l’attività con l’accusa di inquinamento ambientale.
Inquinamento successivo al 2001
Il “caso cromo” vero e proprio nacque nell’estate del 2001 quando dei normali controlli di potabilità in due pozzi nella fascia settentrionale del comune di Cittadella, mostrarono delle concentrazioni sospette di cromo totale.
Inizio così un’indagine della Polizia Giudiziaria. Al Dipartimento ARPAV di Padova e Vicenza (DAP) fu affidata una campagna di monitoraggio su 103 pozzi sparsi nei territori di Cittadella, Fontaniva e Tezze sul Brenta. Sono stati trovati 29 pozzi che superavano il limite di legge per il cromo esavalente stabilito dal D.lgs. 152/99.
Inoltre furono eseguiti una serie di sopralluoghi nelle ditte locali che utilizzavano cromo esavalente nel loro processo produttivo.
Il DAP di Padova e quello di Vicenza in collaborazione con l’Osservatorio Regionale Acque (ORAC) scelsero 4 pozzi, poi diventati 5, su cui effettuare un monitoraggio settimanale allo scopo di verificare l’andamento delle concentrazioni di Cr(VI) nel tempo. Al tempo, inoltre, si ritenne necessario avvisare l’U.L.S.S. competente per interdire l’uso dei pozzi privati nei territori interessati.
Fu definito un primo plume di contaminazione da cromo esavalente molto simile a quello elaborato nel 1977 (Mion, 2003) esposto in Figura 10.
La campagna di rilevamento terminò il 30 gennaio 2002 con la relazione conclusiva dell’indagine svolta (prot. N. 1295). La sorgente rimaneva non identificata ufficialmente, ma i primi sospetti iniziavano a prendere forma.
L’11 febbraio 2002 la Regione del Veneto – Direzione Geologia e Ciclo dell’acqua ha predisposto una conferenza dei servizi durante la quale è stato formato un gruppo tecnico di lavoro composto da Regione, ARPAV, Provincia, ATO, Consorzi e comuni e coordinato dalla regione stessa. L’intento era, ovviamente, di individuare la sorgente dell’inquinamento e di definire nel dettaglio l’evoluzione spazio-‐temporale del plume inquinante.
La sezione di Bassano del Grappa dell’ARPAV di Vicenza, durante i vari controlli e sopralluoghi eseguiti nell’area industriale di Tezze sul Brenta ha riscontrato (16 Febbraio 2002), presso la ditta Galvanica PM una situazione di gestione piuttosto carente.
La conferma arrivò l’8 marzo dello stesso anno, con l’”Operazione Mimosa” in cui venne visionata in dettaglio la realtà produttiva e vennero raccolti campioni di matrici significative quali acqua, suolo e fanghi filtropressati (verbale d’udienza n. 6 – procedimento penale n. 78/03, 2004).
Quell’episodio fu la svolta dell’indagine. Furono ritrovate delle prove piuttosto schiaccianti di una gestione assolutamente inefficiente e fraudolenta dell’attività.
Sono state rilevate perdite dei container di stoccaggio dei fanghi, pompe sommerse che diluivano i reflui prima di essere scaricati nella rete consortile, bidoni di triossido di cromo gettati alla rinfusa. Fu ritrovata una canaletta all’esterno dello stabilimento, sul lato ovest, costruita per convogliare i reflui del vecchio depuratore e contenente fanghi giallo-‐verdi. Le concentrazioni in questo canale di scarico erano di 162 mg Kg-‐1 per il cromo esavalente e di 145.000 mg Kg-‐1 di nichel. Altri metalli furono trovati abbondantemente sopra i limiti di legge (D.L. 471/99).
Una delle maggiori criticità era rappresentata dalla Roggia Brotta, un canale esterno alla ditta all’interno del quale erano scaricati i reflui di depurazione (senza alcun permesso ovviamente). Inoltre, il tubo di collegamento dall’impianto alla roggia presentava perdite piuttosto evidenti che percolavano direttamente nel sottosuolo.