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La normativa comunitaria sui dispositivi medici

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Academic year: 2021

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(1)UNIVERSITÀ DI MACERATA P U B B L I C A Z I O N I D E L L A FA C O LT À D I G I U R I S P R U D E N Z A Seconda serie. 134. ATTI DEL CONGRESSO NAZIONALE G.I.S.D.I. IV giornate di studio 6-7-8 novembre 2008. AULA SAN PAOLO FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MACERATA. a cura di MARIANO CINGOLANI. © Giuffrè Francis Lefebvre – Copia riservata all’autore.

(2) © Giuffrè Francis Lefebvre – Copia riservata all’autore.

(3) Indice-Sommario. Sessione Inaugurale LETTURA MAGISTRALE L. Palmieri, Dalla malpractice alla cultura dell’errore........................................... . 3. I Sessione I DISPOSITIVI MEDICI: NORMATIVA E RESPONSABILITÀ G. Contaldi, La normativa comunitaria sui dispositivi medici.............................. M. Mantovani, Dispositivi medici e responsabilità penali...................................... U. Perfetti, Dispositivi medici e responsabilità: aspetti civilistici............................ G. Vacchiano, L’utilizzo dei dispositivi medici: tra obblighi normativi, difficoltà operative e possibili responsabilità................................................................... V. Pinchi, Dispositivi medici e responsabilità: aspetti penalistici, civilistici e problematiche medico-legali..................................................................................... D. R. Schillaci, Protesi d’anca impiantata. Quale informazione dare al paziente in caso di richiesta di ritiro dal mercato del dispositivo già impiantato?............... P. Gualniera, A. Asmundo, A. Gazzola, F. Perri, D. Sapienza, C. Crinò, Lesioni iatrogene da dispositivi medici: analisi di un campione della provincia di Messina................................................................................................................ R. Di Guida, P. Iodice, A.L. Graziussi, Su un innesto protesico vascolare non ancora validato.............................................................................................. D. Visone, G. Galiero, L. Palmieri, Impianto di neurostimolatore midollare nel dolore cronico: valutazioni medico-legali........................................................ D.R. Schillaci, Induzione del travaglio di parto con dispositivo vaginale in gravida pretermine. Profili di responsabilità professionale medica................................ A. Molinelli, G. Rocca, M.C. Landolfa, F. De Stefano, Isteroannessiectomia, colposospensione e cistopessi con tension-free vaginal tape. Aspetti medico-legali in un’ipotesi di responsabilità professionale ginecologica...................................... E. Picciocchi, P. Picciocchi, Morte endouterina del feto al vi mese per assunzione di haldol in gravidanza e aborto spontaneo all’viii mese con rottura dell’utero: descrizione e documentazione sin dal sopralluogo di due casi inizialmente rubricati dalla P.G. come infanticidi.............................................................. . 19 33 57 81 103 115. 129 149 155 163. 175. 185. © Giuffrè Francis Lefebvre – Copia riservata all’autore.

(4) VIII. indice-sommario. II Sessione LA MEDICINA LEGALE A MACERATA ALLA FINE DEL XVII SECOLO: FILIPPO ANTONIO CIUCCI M. Barni, Il “Filo di Arianna” Antonio Filippo Ciucci........................................... . 203. M. Boari, Antonio Filippo Ciucci e la trattatistica medico-legale del suo tempo: Zacchia.......................................................................................................... . 207. S. Serangeli, Anton Filippo Ciucci: solo chirurgo cittadino o anche lettore di anatomia presso lo studium maceratese?................................................................... . 217. III Sessione LA GRAVIDANZA ED I RISVOLTI MEDICO-LEGALI P. Pierfederici, Sorveglianza della gravidanza fisiologica....................................... . 235. A. Aprile, La responsabilità nella assistenza alla gravidanza.................................. . 243. A. Aprile, L.D. Fabbri, A. Arseni, P. Benciolini, A. Comacchio, P. Moreni, S. Rodinis, D. Rodriguez, Gravidanza, parto e risvolti medico legali: l’esperienza della struttura complessa di medicina legale di Padova. Presentazione di due casi................................................................................................................. . 259. IV Sessione IL PARTO ED I RISVOLTI MEDICO-LEGALI B. Falconi, Il commento (1739) di Jacques Jean Bruhier D’Ablaincourt, medico legale, al trattato di ostetricia di Hendrik Van Deventer.................................... . 269. A.L. Tranquilli, Il parto: valutazione dei rischi, gestione delle scelte....................... . 277. R. Paludetto, M.V. Andreucci. A. Romano, L. Capasso, M. Sarno, A.M. Spera, T. Ferrara, C. Mercogliano, A.G. Borrelli, P. Di Martino, G. Russo Spena, F. Raimondi, La cerebropatia perinatale e le altre patologie perinatali: diagnosi e responsabilità................................................................................. . 297. A. Asmundo, Aspetti medico-legali dell’encefalopatia ipossico-ischemica (tra qualità e responsabilità).......................................................................................... . 313. A. Verzeletti, Distocia di spalla: contributo casistico dell’Istituto di Medicina Legale dell’Università degli Studi di Brescia........................................................... . 355. A. Molinelli, A. Bonsignore, F. De Stefano, Danno iatrogeno attuale e futuribile: un caso di responsabilità professionale in ambito neonatologico....................... . 365. © Giuffrè Francis Lefebvre – Copia riservata all’autore.

(5) indice-sommario. IX. V Sessione LA RESPONSABILITÀ DELLO PSICHIATRA TRA TUTELA DELLA SALUTE, AUTODETERMINAZIONE ED ESIGENZE CUSTODIALISTICHE ALLA LUCE DELLA RECENTE GIURISPRUDENZA G. Insolera, La responsabilità professionale e l’evoluzione della giurisprudenza...... P. Fedeli, G. Ricci, C. Cortucci, Malattia psichiatrica e tutela della salute............ A. Crisci, F. Di Martino, La responsabilità dello psichiatra tra tutela della salute, autodeterminazione ed esigenze custodialistiche alla luce della recente giurisprudenza. L’andamento del fenomeno ed i dati ufficiali................................. A. Arseni, A. Aprile, P. Benciolini, L.D. Fabbri, C. Comacchio, P. Moreni, S. Rodinis, D. Rodriguez, Ruolo dello psichiatra e del medico legale nella valutazione del paziente “incapace”: analisi di una casistica di diretta osservazione. R. Di Guidi, P. Iodice, A.L. Graziussi, Assistenza psichiatrica al di fuori del T.S.O............................................................................................................. . 377 391 401 415 425. © Giuffrè Francis Lefebvre – Copia riservata all’autore.

(6) G. Contaldi (*). la normativa comunitaria sui dispositivi medici Sommario: 1. La normativa comunitaria sui dispositivi medici ed il c.d. nuovo approccio per la realizzazione del mercato comune. — 2. Le direttive comunitarie in tema di dispositivi medici. — 3. Constatazione dell’assenza di tutela per il singolo operatore ovvero per l’ente ospedaliero in ipotesi di inattività dell’ente centrale preposto all’attivazione della procedura di salvaguardia, in presenza di dispositivi medici confezionati in conformità alle disposizioni comunitarie, ma che risultano scarsamente funzionanti o pericolosi per la salute del paziente. — 4. La soluzione, alla luce dei principi fondamentali dell’ordinamento comunitario, del problema evidenziato nel paragrafo precedente.. 1.. La normativa comunitaria sui dispositivi medici ed il c.d. nuovo approccio per la realizzazione del mercato comune. La normativa comunitaria in tema di dispositivi medici ha ormai raggiunto un’estensione di vaste proporzioni. È certamente impossibile dare conto di tutti gli interventi legislativi che si sono susseguiti nel corso degli anni. In queste brevi note, in realtà, più che fornire un riscontro analitico delle disposizioni emanate dalle istituzioni, intendiamo delineare un quadro di insieme della logica sottesa alla disciplina comunitaria e degli eventuali problemi che questa provoca a seguito del suo impatto con i sistemi giuridici nazionali. Il primo aspetto che è opportuno mettere in luce è che il legislatore comunitario sembra, in effetti, intervenire solo per stabilire un livello minimo di armonizzazione tra gli Stati membri: in sostanza, più che emanare norme di dettaglio in relazione ad ogni tipologia di dispositivo medicale, le istituzioni europee si limitano a fissare i requi-. (*)  Facoltà di Giurisprudenza Università degli Studi di Macerata.. © Giuffrè Francis Lefebvre – Copia riservata all’autore.

(7) 20. i sessione: i dispositivi medici. siti essenziali ai quali i prodotti devono conformarsi, lasciando poi ai legislatori nazionali il compito di fissare le previsioni specifiche per le singole categorie (1). Questo assetto minimalista risponde ad una prospettiva di intervento normativo denominata “nuovo approccio”, che è stata formalmente adottata a partire dal libro Bianco del 1985. In detto documento la commissione europea, dopo aver preso atto dell’impossibilità di unificare le regole legislative e regolamentari nazionali in tutti i settori merceologici, enunciava un obiettivo più limitato, consistente nell’adozione di interventi contenutisticamente più limitati, al mero fine di favorire la libera circolazione delle merci. In sostanza, la tecnica normativa che le istituzioni comunitarie avrebbero seguito da detto momento in poi sarebbe consistita nell’emanazione delle regole di armonizzazione di base. Tali regole avrebbero assolto al compito di facilitare il reciproco riconoscimento delle legislazioni nazionali al fine di evitare che uno Stato membro potesse invocare motivi ostativi al riconoscimento delle norme tecniche straniere; in questo modo, la circolazione delle merci risulta, ovviamente, agevolata dall’inesistenza di situazioni o da esigenze di tipo pubblicistico che possano essere giuridicamente opposte alla introduzione e alla immissione in commercio delle merci straniere. La conseguenza di tale approccio è che, pur a fronte di norme armonizzate attraverso fonti comunitarie, possano di fatto intercorrere differenze di rilievo nella composizione fisica e chimica dei vari dispositivi medici.. 2.. Le direttive comunitarie in tema di dispositivi medici. Nel campo dei dispositivi medici sono state emanate tre direttive di base. Queste sono state oggetto di molteplici revisioni, l’ultima delle quali è avvenuta nel corso del 2007 (2). (1)  V. in generale, Stefanelli, Rimondini, Dispositivi medici e assicurazione di qualità, Masson, Milano, 1999, p. 2 ss. (2)  Si tratta della direttiva 2007/47/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che modifica la direttiva 90/385/CEE del Consiglio per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai dispositivi medici impiantabili attivi, la direttiva 93/42/CEE del Consiglio concernente i dispositivi medici, e la direttiva 98/8/CE relativa all’immissione sul mercato dei biocidi, in GU L 247 del 21.9.2007, p. 21 ss.. © Giuffrè Francis Lefebvre – Copia riservata all’autore.

(8) la normativa comunitaria sui dispositivi medici. 21. Si tratta nella specie delle direttive contraddistinte con i numeri 90/385, 93/42, e 98/72, relative, rispettivamente, al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri ai dispositivi medici impiantabili attivi, ai dispositivi medici in genere e, infine, ai dispositivi medicodiagnostici in vitro (3). Le direttive contengono talune norme armonizzate, che sono state emanate con l’ausilio di comitati specializzati (4); dette previsioni, in realtà, lungi dallo stabilire previsioni di dettaglio, si limitano in effetti a fissare gli “obiettivi” ai quali i diversi prodotti devono conformarsi. Quanto al contenuto specifico, le direttive in materia attengono, eminentemente, ai requisiti soggettivi del fabbricante di dispositivi medici e alle modalità che questi deve seguire per confezionare un prodotto conforme agli standard comunitari. Il produttore di dispositivi medici deve, innanzitutto, essere regolarmente stabilito all’interno di uno Stato membro; in difetto di questa condizione, egli deve nominare un mandatario situato in un paese membro dell’Unione. Il fabbricante deve poi comunicare ad uno degli organismi notificati esistenti in Europa la propria intenzione di produrre un determinato quantitativo di dispositivi medici, conformi alle disposizioni armonizzate, nonché le caratteristiche qualitative che questi ultimi devono rivestire (5). In realtà, le norme armonizzate lasciano un ampio margine di discrezionalità al produttore di dispositivi medici, dal momento che si limitano a descrivere, in termini molto generici, i requisiti che devono possedere determinati dispositivi medici e gli obiettivi ai quali questi devono conformarsi (6). (3)  Le direttive sono pubblicate, rispettivamente, in GUCE, L 189, del 20 luglio 1990, p. 36; in GUCE, L 169, del 12 luglio 1993 e, infine, in GUCE, L 331, del 7 dicembre 1998, p. 1. (4)  Si tratta del Comitato europeo per la standardizzazione (CEN) e del Comitato europeo di normalizzazione elettrotecnica (CENELEC), istituiti con la direttiva 83/189/CEE. Questi organismi operano, di norma, su delega della commissione, nei settori che richiedono una particolare competenza tecnica o scientifica. (5)  In Italia, tali organismi sono stati istituiti sotto il controllo del ministero della salute. Per l’elenco completo v. il sito http://www.ministerosalute.it/dispositivi/ paginainterna.jsp?id=9&menu=conformita. (6)  In via esemplificativa, l’allegato I, alla direttiva 93/42, richiede che detti dispositivi siano “progettati e fabbricati in modo da ridurre al minimo, compatibilmente con l’obiettivo perseguito, l’esposizione di pazienti, utilizzatori e altre persone alle emis-. © Giuffrè Francis Lefebvre – Copia riservata all’autore.

(9) 22. i sessione: i dispositivi medici. Il dato importante è che, una volta che il fabbricante di dispositivi medicali abbia adempiuto a questo onere di comunicazione, egli ha il potere di apporre il marchio di conformità alle direttive comunitarie. Si tratta, nella specie, della sigla CE, inclusa nell’ambito di un cerchio. L’apposizione di detto marchio consente al produttore di acquisire il potere di far circolare e di immettere in commercio in qualunque Stato membro i dispositivi medici da lui confezionati. Il punto che ci preme mettere in luce è che l’apposizione di detto marchio avviene, di fatto, sotto la diretta responsabilità del produttore, il quale si è impegnato a confezionare taluni dispositivi medici in conformità alle prescrizioni, invero alquanto generiche, contenute nelle direttive di armonizzazione. Il controllo che svolge l’organismo a ciò preposto è, a ben vedere, un controllo meramente indiretto, che si fonda essenzialmente sulla previa notificazione da parte dello stesso produttore dell’intenzione di procedere al confezionamento di taluni prodotti e sulla successiva possibilità di quest’ultimo di eseguire talune verifiche a campione. Non sussistendo alcun mezzo di controllo capillare sui processi produttivi, la rispondenza di un dispositivo medico alla norma comunitaria di armonizzazione determina solo una “presunzione di conformità” (7) ai requisiti essenziali contenuti nelle direttive. Una volta che i dispositivi medici recano la marchiatura CE, essi possono tuttavia liberamente circolare all’interno dell’Unione europea. Gli eventuali ostacoli che possono essere opposti alla commercializzazione dei dispositivi medici in questione non devono venire rilevati autonomamente dai singoli operatori, ma devono articolarsi secondo una procedura standard, che è gestita, esclusivamente a livello centralizzato, da parte degli organi appositamente indicati da ogni Stato membro. Le direttive in materia prevedono, infatti, la possibilità di un’apposita procedura di salvaguardia. In via esemplificativa, l’art. 8, della direttiva 93/42, stabilisce che “uno Stato membro, qualora constati che un dispositivo di cui all’articolo 4, paragrafo 1, installato e utilizzato correttamente secondo la sua destinazione e oggetto di manutenzione regolare, può compromettere la salute e/o la sicurezza dei pazienti, de-. sioni di radiazioni, pur non limitando l’applicazione di adeguati livelli indicati a fini terapeutici e diagnostici”. (7)  Caggiano, Mazzarelli, Certificazione dei prodotti e sicurezza nell’impiego dei dispositivi medici ed apparecchi elettromedicali, Milano, Il sole 24 ore, 2006, p. 18.. © Giuffrè Francis Lefebvre – Copia riservata all’autore.

(10) la normativa comunitaria sui dispositivi medici. 23. gli utilizzatori o, eventualmente, di terzi, nonché la sicurezza delle cose, prende le misure provvisorie necessarie per ritirare tale dispositivo dal mercato, vietarne o ridurne l’immissione in commercio o la messa in servizio. Lo Stato membro comunica immediatamente tali misure alla Commissione indicando i motivi della sua decisione”. In sostanza, la procedura di salvaguardia consente effettivamente di bloccare la commercializzazione di dispositivi medici, che risultino conformi alla procedura per l’apposizione del marchio CE, ma che sono di fatto dannosi per la salute o la sicurezza. Il punto che è opportuno evidenziare è che essa si svolge esclusivamente a livello interstatuale. Solo lo Stato membro è, infatti, competente per attivare la procedura, stabilendo, con atto legislativo o amministrativo, il ritiro di determinati beni dal commercio; una volta che l’autorità all’uopo competente (che in Italia è istituita presso il Ministero della salute) ha deciso di intervenire per bloccare la commercializzazione di determinati dispositivi medici, ha inoltre l’onere di rendere nota tale decisione alla Commissione. L’autorità centrale può attivarsi a tale procedura autonomamente o, come spesso accade, a seguito di segnalazione ricevuta da parte degli utilizzatori dei dispositivi in questione. Le direttive in questione prevedono, all’uopo, il ricorso ad apposite procedure di vigilanza. Nella normativa italiana di attuazione, si stabilisce un vero e proprio obbligo a carico dei direttori delle strutture sanitarie di comunicare gli incidenti che si verificano nell’utilizzazione di determinati dispositivi medici; la legislazione interna appare sul punto particolarmente severa, dal momento che sanziona l’eventuale inadempimento con previsioni penali. In sostanza, vi è un obbligo delle strutture di riportare gli incidenti, ma non c’è alcun obbligo corrispondente, a carico dell’autorità centrale, di porre in essere idonee misure di salvaguardia; né, d’altro canto, vi è alcuna garanzia che la struttura si attivi in tempi contenuti sia per evitare il ripetersi di accadimenti dannosi, sia per consentire un approvvigionamento tempestivo di omologhi dispositivi medici presso un diverso produttore. L’impressione suscitata da una lettura complessiva dei testi normativi di riferimento sembra in effetti avvalorare una sensazione sostanzialmente negativa: ovvero, che si tratti di prescrizioni non particolarmente restrittive nella connotazione dei requisiti soggettivi e oggettivi necessari per procedere alla produzione di dispositivi medicali. © Giuffrè Francis Lefebvre – Copia riservata all’autore.

(11) 24. i sessione: i dispositivi medici. e che, conseguentemente, risultano poco protettive degli interessi dei pazienti ovvero di quelle dei singoli operatori medici.. 3.. Constatazione dell’assenza di tutela per il singolo operatore ovvero per l’ente ospedaliero in ipotesi di inattività dell’ente centrale preposto all’attivazione della procedura di salvaguardia, in presenza di dispositivi medici confezionati in conformità alle disposizioni comunitarie, ma che risultano scarsamente funzionanti o pericolosi per la salute del paziente. La ragione di questa impressione eccessivamente liberale che emerge dalla lettura dei testi normativi esaminati nel paragrafo precedente risiede nel particolare contesto normativo nel quale esse sono state adottate. La normativa sovranazionale muove, infatti, da una prospettiva puramente liberista o integrazionista, nel senso che privilegia l’esercizio di una libertà comunitaria (la libera circolazione delle merci, appunto), ritenuta fondamentale per la costruzione del mercato unico. In conformità rispetto a tale obiettivo, il legislatore comunitario non intende sovvertire le regole per la fabbricazione di determinati prodotti a livello nazionale, ma solo intervenire sulle stesse nella misura ritenuta essenziale per garantire tale obiettivo. Tale approccio determina, di fatto, una parziale compressione degli interessi collettivi. Il sacrificio più evidente alla sicurezza del paziente risulta dalla stessa strutturazione della procedura di salvaguardia, dal momento che le previsioni normative restringono la possibilità di sollevare obiezioni alla circolazione dei prodotti recanti la marcatura CE solo alle autorità competenti degli Stati membri. In sostanza, la disciplina comunitaria muove dal presupposto di una centralizzazione dei meccanismi di controllo. Questi si svolgono, conformemente al principio del mutuo riconoscimento (8), eminente(8)  Si tratta, come è noto, del principio discendente dalla sentenza della Corte di giustizia nel caso Cassis de Dijon (sentenza 20 febbraio 1979, in causa 120/78, in Raccolta, 1979, p. 649), per effetto della quale ogni Stato deve implicitamente riconoscere come validi ed operanti le previsioni di un altro Stato membro ed il risultato da queste concretamente prodotto, nella misura in cui esse risultino funzionali rispetto all’esercizio di una determinata libertà comunitaria. La linea di sviluppo che è possibile cogliere nell’attuale fase di evoluzione del diritto comunitario è caratterizzata da un progressivo. © Giuffrè Francis Lefebvre – Copia riservata all’autore.

(12) la normativa comunitaria sui dispositivi medici. 25. mente nel paese di origine dei prodotti; in via eccezionale – e di fatto solo in seguito ad incidenti accertati e debitamente riportati – possono svolgersi nel paese di commercializzazione. Questa impostazione, in concreto, priva il singolo operatore della possibilità di far valere autonomamente misure di protezione. Si tratta, invero, di una conseguenza che presenta un notevole rilievo dal punto di vista pratico. L’operatore sanitario può, infatti, incorrere in responsabilità per avere utilizzato determinati dispositivi medici, i quali abbiano provocato danni alla salute dei pazienti. Può così accadere che il singolo medico incorra sia in responsabilità civile, sia, addirittura, in responsabilità penale, nel caso in cui l’evento si concretizzi in una lesione o nella morte del paziente (9). D’altro canto, negli ordinamenti – come quello italiano – nel quale anche la struttura sanitaria è tenuta a risarcire i danni causati al paziente, può accadere che pure l’ospedale sia tenuto a risarcire i danni. avvicinamento tra le varie libertà che compongono il mercato unico. Le condizioni richieste per la produzione di un bene o le qualificazioni professionali prescritte per lo svolgimento di certe attività dovrebbero essere, almeno su un piano teorico, differenti a seconda della specifica libertà di cui si tratta: il collegamento con il paese di origine muta radicalmente a seconda che si verta in tema di libera circolazione delle merci ovvero di stabilimento o di servizi. Senza intrattenerci troppo su temi che esulano dal presente lavoro, appare tuttavia agevole osservare come la Corte di giustizia, contrariamente alle prescrizioni normative che appunto suggeriscono un approccio di volta in volta differenziato, tenda invece a seguire un’interpretazione favorevole alla valorizzazione della normativa dello Stato di origine, a discapito della legislazione dello Stato membro ospite e, soprattutto, che adotti una simile tecnica a prescindere dalla specifica libertà in esame. Di fatto, nonostante le indubbie differenze teoriche che intercorrono tra le libertà menzionate, l’approccio seguito dalla Corte di giustizia e dalle istituzioni politiche presenta un carattere sostanzialmente unitario, che si fonda su una progressiva erosione del campo riservato alla legge dello Stato ospite al fine di favorire nella misura più ampia possibile l’esercizio delle libertà comunitarie (permangono tuttavia talune differenze di carattere processuale: ovvero sull’individuazione del soggetto sul quale incombe l’onere di dimostrare la violazione del principio; v. Kaldellis, Freedom of Establishment versus Freedom to Provide Services: An Evaluation of Case-law Developments in the Area of Indistinctly Applicable Rules, in Legal Issues of Economic Integration, 2001, p. 23 ss.). (9)  V. il caso esaminato da Trib. Torino, sentenza del 23.2-23.5.2007, Di Summa (conclusosi, comunque, con l’assoluzione dell’imputato). Per l’analisi di questo caso v. il lavoro del Prof. Mantovani, in questo stesso libro.. © Giuffrè Francis Lefebvre – Copia riservata all’autore.

(13) 26. i sessione: i dispositivi medici. provocati dall’impiego, da parte del personale sanitario, di determinati dispositivi medici (10). Può infatti avvenire che l’ospedale abbia regolarmente segnalato determinati incidenti alle strutture centrali presso il ministero, ma che, ciononostante, queste non intendano di fatto adottare alcuna precauzione particolare: semplicemente perché non ritengono di attivare una procedura di salvaguardia se non in seguito ad un certo numero di segnalazioni o, più banalmente, per totale inattività o mera incapacità di adottare misure restrittive entro tempi solleciti. Questo assetto, che risulta notevolmente sfavorevole rispetto agli interessi degli utenti, è stato, d’altro canto, confermato dalla stessa Corte di giustizia, nel caso Medipac (11). La sentenza ha, in effetti, consentito di focalizzare l’attenzione su una vera e propria lacuna nella disciplina comunitaria in tema di dispositivi medicali. Per comprendere il contenuto della decisione adottata dalla Corte di giustizia è opportuno svolgere taluni cenni sui fatti oggetto della vicenda. Nella specie, un ospedale greco esclude, dalla gara di appalto per la fornitura di dispositivi medici, una ditta produttrice di determinati strumenti, i quali, pur provvisti di regolare marchiatura CE, nell’applicazione pratica sono, di fatto, risultati dannosi per la salute e la sicurezza dei pazienti. Il provvedimento di esclusione è oggetto di ricorso ed il giudice adito solleva una questione pregiudiziale. Secondo la Corte di giustizia, tali dispositivi non potevano essere legittimamente esclusi: “il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza ostano a che un’autorità aggiudicatrice che ha bandito una gara d’appalto per la fornitura di dispositivi medici, precisando che questi ultimi devono essere conformi alla farmacopea europea e muniti della marcatura CE, per ragioni di tutela della salute respinga, diretta-. (10)  Secondo la giurisdizione dominante, l’ospedale risponde nei confronti del paziente a titolo contrattuale (v., a titolo esemplificativo, Cass., sez. III, 28 maggio 2004, n. 10297, in Foro it., 2005, I, c. 2479 ed ivi ulteriori riferimenti). Questa circostanza, evidentemente, agevola l’onere probatorio del paziente che ha riportato un danno medicale, il quale si deve limitare a dimostrare l’esistenza di un titolo negoziale o legale di responsabilità e la sussistenza del nesso di casualità. In questo contesto è evidentemente possibile che l’ospedale risponda, nei confronti dei pazienti, anche dei danni determinati dall’uso di dispositivi medici non correttamente funzionanti. (11)  Sentenza 14 giugno 2007, in causa C-6/05, Medipac-Kazantzidis AE c. Venizeleio-Pananeio (PE.S.Y. Kritis), in Raccolta, 2007, I-4557.. © Giuffrè Francis Lefebvre – Copia riservata all’autore.

(14) la normativa comunitaria sui dispositivi medici. 27. mente e senza avvalersi della procedura di salvaguardia prevista dagli artt. 8 e 18 della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/42/CEE, concernente i dispositivi medici, come modificata dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 29 settembre 2003, n. 1882, i materiali proposti quando essi rispettano tale requisito tecnico imposto. Se l’autorità aggiudicatrice ritiene che essi possano danneggiare la salute, deve informarne l’organo nazionale competente affinché venga avviata la detta procedura di salvaguardia”. In sostanza, la Corte conferma l’impostazione desumibile dalla semplice lettura della normativa comunitaria di riferimento: l’unica possibilità di porre ostacoli alla libera circolazione delle merci recanti la marchiatura CE è quella di attivare la procedura di salvaguardia; spetta esclusivamente agli organi centrali (quindi, allo Stato membro) ricorrere alla procedura; in difetto di tale presupposto (o nella semplice inerzia degli organi centrali) l’ospedale e il singolo operatore sanitario non possono autonomamente procedere alla sospensione o alla esclusione di determinati prodotti che siano stati confezionati conformente alla procedura prescritta dalle direttive di armonizzazione, anche se questi risultino scarsamente adatti rispetto all’uso prestabilito.. 4.. La soluzione, alla luce dei principi fondamentali dell’ordinamento comunitario, del problema evidenziato nel paragrafo precedente. La ricostruzione effettuata dalla Corte lascia un certo margine per un apprezzamento critico della fattispecie. Un’impostazione così rigorosa rischia infatti di porsi in contrasto, nella sua applicazione pratica, finanche con prerogative fondamentali dell’essere umano. D’altro canto è noto come, pur a fronte di un’estesa applicazione del principio del mutuo riconoscimento, gli Stati membri possano sempre far valere determinate esigenze imperative. Dette esigenze devono rispondere ad un test rigoroso, nel senso che uno Stato membro può, pur a fronte di merci regolarmente confezionate in un altro paese dell’Unione in conformità alla legislazione ivi vigente, opporre determinate esigenze imperative e applicare, in via sostitutiva rispetto alle prescrizioni normative osservate all’estero per il confezionamento di determinati dispositivi medicali, le disposizioni nazionali contenute nel proprio ordinamento.. © Giuffrè Francis Lefebvre – Copia riservata all’autore.

(15) 28. i sessione: i dispositivi medici. Per costante giurisprudenza, le previsioni nazionali suscettibili di restringere il godimento di una libertà fondamentale garantita dal Trattato CE devono rispondere a requisiti particolarmente rigorosi. Le prescrizioni dello Stato ospite, in concreto, trovano applicazione solo nella misura in cui essa sia giustificata da specifiche esigenze imperative, le quali devono, a propria volta, risultare compatibili alla luce di un test plurimo. Nella specie, le prescrizioni dello Stato ospite devono applicarsi in modo non discriminatorio, essere giustificate da motivi di interesse generale, risultare idonee a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non andare oltre quanto necessario per il raggiungimento di questo (12). La tutela della salute rientra indubbiamente tra le esigenze imperative che uno Stato potrebbe far valere per ostacolare la libera circolazione delle merci. Non è infatti un caso se questo obiettivo è espressamente riconosciuto anche dallo stesso Trattato CE, in diverse occasioni. Al riguardo è opportuno menzionare l’art. 3, lett. p, il quale, tra gli obiettivi della Comunità, comprende il conseguimento di “un elevato livello di protezione della salute”; l’art. 152, il quale, a propria volta, precisa che nell’attuazione di tutte le proprie politiche, la Comunità garantisce “un livello elevato di protezione della salute umana” e, infine, l’art. 30, il quale ricomprende espressamente la tutela della salute tra gli ostacoli che gli Stati possono legittimamente opporre alla libera circolazione delle merci. Lo stesso obiettivo, quale principio cardine dell’azione comunitaria, risulta, da ultimo, confermato dalla Carta dei diritti fondamentali, adottata a Nizza nel corso del 2000, la quale, all’art. 35, prevede che “ogni individuo ha il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni nazionali. Nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana”. In questo contesto sembra evidente che il diritto comunitario non possa consentire la lesione di un diritto fondamentale dell’essere. (12)  V., in via esemplificativa, le seguenti sentenze della Corte di giustizia: 31 marzo 1993, in causa C-19/92, Kraus, in Raccolta, 1993, p. I-1663, punto 32; 10 maggio 1995, in causa C-384/93, Alpine Investment, in Raccolta, p. I-1141; 30 novembre 1995, in causa C-55/94, Gebbhard, in Raccolta, 1995, p. I-4165, spec. punto 37; 9 marzo 1999, in causa C-212/97, Centros, in Raccolta, 1999, p. I-1459, spec. punto 34.. © Giuffrè Francis Lefebvre – Copia riservata all’autore.

(16) la normativa comunitaria sui dispositivi medici. 29. umano, quale quello della tutela della salute: limitare la possibilità per un ente sanitario di escludere determinati dispositivi medici risultati privi di caratteristiche idonee rispetto al loro impiego e condizionarne la sostituzione dei prodotti difettosi all’attivazione della procedura di salvaguardia da parte dei competenti uffici centrali, non rappresenta un metodo efficace di tutela della salute. Si è infatti constatato come la concreta attivazione di tale procedura possa anche dipendere da circostanze occasionali. Può infatti accadere che gli organi ministeriali non si attivino tempestivamente e che l’ente ospedaliero abbia, al contrario, una particolare urgenza di rifornirsi di dispositivi medici. In questo contesto, la disciplina comunitaria in tema di dispositivi medici deve necessariamente subire taluni adattamenti. Si deve, in altri termini, ipotizzare che, pur a fronte di disposizioni di armonizzazione, resti comunque salva la possibilità per un soggetto privato di attivare determinati procedimenti, in via di urgenza, nell’attesa che gli organi di controllo competenti assumino i dovuti provvedimenti. Si tratterà, ovviamente, solo di misure provvisorie, suscettibili pertanto di venire meno o di essere modificate nel caso in cui gli organi competenti dello Stato membro attivino la procedura di salvaguardia prevista. A ragionare diversamente, dovremmo pervenire alla conclusione che la normativa comunitaria in tema di dispositivi medici sia, in realtà, passibile di una precisa causa di invalidità (13). Questa sarebbe infatti identificabile nella violazione del diritto alla salute, che, in una prospettiva sistematica, costituisce un principio generale di qualunque ordinamento (14), ivi incluso quello comunitario.. (13)  L’eventuale causa di annullamento potrebbe essere fatta valere, anche una volta decorso il termine per l’impugnazione degli atti comunitari (come appunto si verificherebbe in relazione agli atti normativi adottati fino a questo momento in tema di dispositivi medici), attraverso il rimedio del rinvio pregiudiziale. (14)  È bene ricordare come, anche nel panorama giuridico internazionale e al di fuori del sistema normativo comunitario, vi siano diverse disposizioni che riconoscono un certo valore al diritto alla salute. Tra queste fonti normative si possono ricomprendere sia atti privi di natura vincolante, sia talune disposizioni pattizie. Due fonti internazionali vengono normalmente indicate come dimostrative dell’esistenza di un diritto alla salute: queste sono la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e il Patto sui diritti economici, sociali e culturali. Per quanto concerne la Dichiarazione, l’art. 22 stabilisce che: «Everyone, as a member of society, has the right to social security and is entitled to realization, through national effort and international cooperation and in accordance with the organization and resources of each State, of the. © Giuffrè Francis Lefebvre – Copia riservata all’autore.

(17) 30. i sessione: i dispositivi medici. In questo contesto, deve necessariamente ipotizzarsi che, negli spazi lasciati aperti dalla normativa comunitaria, residuino margini di intervento per gli enti ospedalieri. Si deve infatti immaginare che i privati ovvero gli ospedali possano, nell’attesa della reazione degli enti centrali, adottare talune misure di tutela; dette misure, che rispondono appunto all’obiettivo della tutela di un valore fondamentale, devono necessariamente conformarsi a taluni specifici requisiti. In sostanza, come si è visto sopra, devono rispondere ad un test plurimo ed in particolare devono essere necessarie e proporzionali all’obiettivo conseguito. Più specificatamente, la necessità è determinata dalla inattività dell’ente centrale; mentre la proporzionalità è data sia dal tempo della reazione, la quale non può evidentemente eccedere il tempo necessario per lo Stato membro per attivare la procedura di salvaguardia prevista dalle direttive, sia dalla quantità di merce che può essere acquisita attraverso questa procedura, che non può eccedere quanto risulti strettamente funzionale rispetto all’obiettivo di approvvigionamento immediato. In conclusione si deve necessariamente integrare la normativa comunitaria, nel senso che i privati abbiano la possibilità di rifornirsi di dispositivi medici di diversa natura o presso un produttore che consenta. economic, social and cultural rights indispensable for his dignity and the free development of his personality». Inoltre l’art. 25 par. 1, prevede che: «Everyone has the right to a standard of living adequate for the health of himself and of his family, including food, clothing, housing and medical care and necessary social services». Una maggiore considerazione del diritto alla salute è contenuta nell’art. 12 del Patto sui diritti economici, sociali e culturali, riportato oltre nel testo (il Patto è stato aperto alla firma e alla ratifica dalla risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite n. 2200 A (XXI) del 16 dicembre 1966 ed è entrato in vigore sul piano internazionale il 3 gennaio 1976; per l’Italia v. la l. 25 ottobre 1977, n. 881, in G.U. n. 333 S.O. del 7 dicembre 1977). Anche la Carta delle Nazioni Unite prende in considerazione i problemi sanitari tra quelli che richiedono un’azione concertata e coordinata degli Stati membri e dell’Organizzazione (artt. 55 e 56). Del diritto alla salute non fanno menzione la Convenzione europea per la protezione dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, né i suoi protocolli. È peraltro opportuno osservare, che la protezione della salute figura tra le cause in presenza delle quali gli Stati possono limitare il godimento di alcuni dei diritti riconosciuti dalla Convenzione (cfr. artt. 8-11). In dottrina v. Toebes, The Right to Health as a Human Right in International Law, London, 1999; LUGATO, Il diritto alla salute come diritto umano fondamentale: recenti sviluppi nella prassi degli Stati, in Compagnoni, D’Agostino (a cura di), Il confronto interculturale: dibattiti bioetici e pratiche giuridiche, Milano, 2004; Hestermeyer, Human Rights and the WTO. The Case of Patents and Access to Medicines, Oxford, 2007.. © Giuffrè Francis Lefebvre – Copia riservata all’autore.

(18) la normativa comunitaria sui dispositivi medici. 31. di fornire adeguate garanzie, fintantoché gli organi centrali non abbiano assunto adeguate iniziative (o comunque abbiano assunto qualche decisione sul punto) (15). È, infine, opportuno precisare che l’integrazione che viene in tal modo apportata alla normativa sui dispositivi medici opera solo sul territorio dello Stato membro ospite. Essa, conseguentemente, proprio perché si pone al di fuori delle norme armonizzate, non può ovviamente assumere rilievo in altri Stati membri, i quali restano conseguentemente liberi di prevedere le proprie autonome procedure di tutela nei confronti dei dispositivi medici difettosi.. (15)  V. in questi termini anche la sentenza della Corte di giustizia, 14 giugno 2007, in causa C-6/05, nel caso Medipac, cit., punto 62: “Se l’attuazione della procedura di salvaguardia determina un ritardo tale da compromettere il funzionamento di un ospedale pubblico e, in tal modo, la salute, l’autorità aggiudicatrice può legittimamente adottare tutti i provvedimenti provvisori che le consentano, nel rispetto del principio di proporzionalità, di procurarsi i materiali indispensabili al buon funzionamento del detto ospedale”.. © Giuffrè Francis Lefebvre – Copia riservata all’autore.

(19) © Giuffrè Francis Lefebvre – Copia riservata all’autore.

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