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Normativa di riferimento

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Academic year: 2021

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Introduzione

Dagli anni cinquanta ad oggi, anche se le precedenti testimonianze potrebbero perdersi agli albori della nostra civiltà, lo sviluppo e lo sfruttamento della fascia costiera ed il conseguente impatto antropico su di essa, da non intendersi in modo preconcetto come un’accezione negativa ben si come una modifica di uno stato naturale, è andato sempre aumentando.

Sia a livello nazionale, con ben 8000 km di costa (Della Croce et al., 1997), che in tutta Europa e oltre, la necessità di forte sviluppo costiero e portuale è certamente innegabile.

Restringendo il campo d’osservazione all’area a noi interessata, cioè l’ambiente marino costiero e portuale, si deve costatare un elevato numero di attività industriali insediatesi sulla cosa e un aumento dei traffici marittimi che si sposano, per necessità empirica, a operazioni di dragaggio finalizzate ad aumentare la batimetria del fondale, che ospiterà imbarcazioni di dimensioni crescenti.

Questo del resto riflette l’organizzazione dell’intero sistema di trasporto marittimo, non solo localmente ma anche a livello mondiale (Manuale per la Movimentazione Fondali Marini, ICRAM APAT, 2006). Si citano ad esclusivo titolo esemplificativo tre casi: il porto di La Spezia che già nel 2005 aveva raggiunto e superato 1.024.455 teus movimentati, definito un numero “storico” dalla stessa Autorità portuale (Autorità portuale La Spezia, Statistiche), analogamente il porto di Livorno ha oltrepassato i trenta milioni di tonnellate con 32.934.594 ton, registrando un incremento del 15,03% rispetto ai 28,630 milioni di tonnellate movimentate nel 2006 (Autorità portuale Livorno, Dati andamento traffici 2006) ed infine i porto di Amsterdam ha registrato un aumento del 2,7% solamente nel primo trimestre del 2008.

Peraltro, le opere di escavazione dei fondali presentano rilevanti effetti a vari livelli, ma soprattutto sul piano ambientale; è infatti

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ormai pienamente accertato che tali opere e l’eventuale scarico in mare dei materiali di risulta costituisce un’attività di notevole rischio per la diffusa presenza dei contaminanti contenuti nei sedimenti dei fondali, soprattutto a causa delle attività di tipo industriale e commerciale che vengono svolte nelle aree portuali (Manuale per la Movimentazione Fondali Marini, ICRAM APAT, 2006).

In alcuni casi, l’escavo dei fondali è anche un’attività economicamente importante, poiché offre una soluzione ai problemi di insabbiamento dei canali di collegamento portuali, che necessitano, come tutti gli altri manufatti (quali ad esempio opere di ripascimento), di una periodica e adeguata manutenzione.

In molti casi inoltre, si ricorre al dragaggio per bonificare i fondali di siti largamente contaminati che porterebbero essere forieri di rischi sanitari ed ambientali.

Un’accurata caratterizzazione dei fondali ed una corretta valutazione della qualità dei sedimenti esaminati sono le prime, fondamentali e importanti fasi, di una corretta gestione dei sedimenti sia dal punto di vista ambientale che economico.

Inoltre il tipo d’approccio alla gestione dei sedimenti e le operazioni collegate sono senza dubbio una tematica essenziale che è vissuta in prima persona dalla popolazione locale, ma necessita, per la sua indiscutibile complessità, di un approccio integrato quantomeno a livello ragionale, se non addirittura classificabile come una problematica d’interesse nazionale per siti di specifica criticità ambientale, quale nel nostro caso di studio il S.I.N. di Massa Carrara.

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Cap. 1

Normativa di riferimento

1.1 Leggi e decreti.

In questo paragrafo saranno prese in considerazioni le fonti normative che trattano direttamente o indirettamente le tematiche essenziali di questo elaborato come la caratterizzazione e la bonifica di siti inquinati, con attenzione a quelli marini, la gestione del materiale contaminato derivante e i dragaggi portuali sia a scopo di bonifica che di mantenimento1.

Inizialmente saranno presentati i principi in materia ambientale, di origine comunitaria, che sono il fondamento concettuale e allo stesso tempo l’obiettivo a lungo termine di molte leggi nazionali.

Tale esposizione risulta logica anche dal punto di vista giuridico essendo le norme comunitarie prevalenti sulle fonti del diritto interno.

Successivamente verranno riportati alcuni manuali tecnici prodotti da Enti quali I.C.R.A.M ed A.N.P.A. che sono importanti anche se non vanno considerati come atti aventi forza di leggi, ma contengono direttive e linee guida tecnico-operazionali fondamentali per chi lavora in questo settore.

Uno tra i principi che sono stati sviluppati a tutela dell’

ambiente, in senso lato, è il principio di precauzione che nella sua accezione europea è da intendersi e può essere invocato quando è necessario un intervento urgente di fronte a un possibile pericolo per la salute umana, animale o vegetale, ovvero per la protezione dell'ambiente nel caso in cui i dati scientifici non consentano una valutazione completa del rischio. Questo principio è risultato poi

1 Le diverse tipologie di dragaggi e molte informazioni specifiche saranno trattate successivamente.

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applicabile ed applicato a campi molto differenti tra loro, ma per quanto riguarda i sedimenti è possibile affermare che: “Possono essere scaricate in mare solo determinate sostanze con un percorso specifico scaturito dalla caratterizzazione dei sedimenti, dall’ipotesi di impatto e dal successivo monitoraggio”.

È opportuno ricordare che, nonostante il principio di precauzione sia riconosciuto da molti, esistono anche teorie che mettono in discussione la sua validità poiché il principio di precauzione si porrebbe in contrasto con il metodo scientifico. Uno dei capisaldi del metodo scientifico è difatti il criterio di falsificabilità (K.

Popper, 1959), che per qualcuno è in contrasto con i principi su cui si fonda il principio di precauzione. Il principio di precauzione non si basa, infatti, sulla disponibilità di dati che provino la presenza di un rischio, ma sull'assenza di dati che assicurino il contrario. Questo genera il problema di identificare con chiarezza la quantità di dati necessaria a dimostrare l'assenza di rischio, soprattutto alla luce dell'impossibilità della scienza di dare certezze definitive.

Un secondo, ma non meno importante principio è il principio di “chi inquina paga”, certamente auto-esplicativo non necessita di particolari commenti, tralasciando il fatto che la normativa europea impone ad un paese membro, qualora il responsabile del danno ambientale arrecato sia impossibilitato nel pagamento, a provvedere a sue spese. Tale principio è stato comunque recepito appieno nel noto decreto Ronchi (e successive integrazioni e abrogazioni), trattato in seguito.

Terzo principio che è necessario citare è il principio delle migliori tecnologie disponibili (c.d. B.A.T.: Best Allowable Tecnology) che prevede l’uso in campo ambientale delle migliori tecnologie disponibili sul mercato, che abbiano cioè il minor impatto sull’ambiente possibile. Ad esempio è bene preferire cicli produttivi che utilizzano sostanze meno pericolose per l’ambiente, o che producano meno emissioni inquinanti e rifiuti.

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Infine il principio di gestione integrata della fascia costiera (I.C.Z.M.: Integrated Coastal Zone Management) che prevede aggregare le varie politiche che esercitano un influsso sulle regioni costiere europee attuando, attraverso la pianificazione e la gestione delle risorse, la salvaguardia degli habitat costieri ed uno sviluppo sostenibile in questi ambienti, superando i limiti causati da un approccio settoriale e frammentario nella gestione di questo bene ambientale. Si precisa anche che a gestione integrata delle coste non è solo una politica ambientale, certamente la tutela degli ecosistemi naturali è indubbiamente uno degli obiettivi principali della strategia, ma la I.C.Z.M. si prefigge anche di promuovere il benessere economico e sociale delle popolazioni locali2.

I principi sopra citati, sono tutti riconosciuti e derivanti da una serie di convenzioni o trattati internazionali ratificate da molti paesi nel mondo, tra cui l’Italia. Per citare quelle più importanti, esclusivamente dal punto di vista della pertinenza con il presente elaborato, abbiamo:

- Convenzione di Oslo/Parigi OSPAR Commission, 19923.

- Convenzione per la prevenzione dell’ambiente marino nel Nord Est Atlantico

- Convenzione di Rio, 1992. Tutela della biodiversità.

- Convenzione di Londra 1972, IMO 1996 e successive.

Prevenzione dell’inquinamento marino derivante dallo scarico in mare di rifiuti.

Linee guida per la gestione del materiale dragato.

- Convenzione di Helsinki

2 Dati europei affermano che quasi la metà della popolazione comunitaria vive a meno di 50 chilometri dal mare.

3 Entrata in vigore nel 1999.

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- Convenzione di Barcellona, 1995.

Protezione dell’ambiente marino costiero del Mediterraneo.

Passiamo ora alla realtà nazionale, che ha visto negli ultimi anni un susseguirsi di modifiche, integrazioni e abrogazioni a molte leggi in campo ambientale, producendo, tra le altre cose anche un testo unico ambientale, noto come Codice Ambiente 152/06.

Un importante decreto, che ha senza dubbio gettato le basi per quanto riguarda le norme in merito ai rifiuti, dalla produzione al trattamento ed allo smaltimento è il Decreto Legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, cosi detto Decreto Ronchi, in attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio, successivamente abrogato dall'art. 264, c. 1, lett. i) del d. Lgs. n.

152 del 3 aprile 2006 ( c.d. Codice. Ambientale).

Altri importanti temi affrontati del decreto Ronchi sono a bonifica ed il risanamento delle matrici ambientali compromesse, talora anche gravemente, da attività antropiche gestite, soprattutto nel passato, con scarsa o nessuna sensibilità ambientale. Il D.Lgs.

22/97 è stato di grande importanza poiché, cercando di uniformare la normativa nazionale con la sovraordinata europea, affrontava i suddetti temi, dando uniformità livello nazionale, sia dal punto di vista tecnico che procedurale. (Art.17); senza dimenticare una precisa ripartizione delle competenze tra Stato, Regioni, Province e Comuni (Art. 18).

Il decreto recepisce anche il principio comunitario, citato ad inizio paragrafo, noto come “Chi inquina paga”, ciò è quanto detto all’Art.17 comma 2: “Chiunque cagiona, anche in maniera accidentale, il superamento dei limiti di cui al comma 1, lettera a), ovvero determina un pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti medesimi, è tenuto a procedere a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di

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ripristino ambientale delle aree inquinate e degli impianti dai quali deriva il pericolo di inquinamento”.

Il decreto ronchi definisce precisamente cosa sia da intendersi come rifiuto e le diverse tipologie di rifiuto, definisce inoltre i termini di sito inquinato, bonifica e messa in sicurezza. Ad esempio è da considerarsi inquinato un sito che superi o rischiano di essere superati dei valori limite di accettabilità della contaminazione, determinati nel successivo regolamento attuativo D.M.471/99.

Infine è previsto un utile strumento di informazione e gestione dei siti inquinati che è l’Anagrafe dei siti da bonificare (Art.17 comma 12) predisposto dalle Regione, sulla base dei criteri definiti dalle A.N.P.A..

Mentre il decreto Ronchi è stato un provvedimento legislativo di ampio spettro e portata, è altrettanto importante, anche se diversamente, il D.M.471/99 poiché contiene tutte le informazioni dettagliate sia dal punto di vista tecnico che operativo per l’attuazione concreta del Ronchi stesso.

Il D.M.471/99 dal titolo: “regolamento recante criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale sei siti inquinati” entra nel dettaglio dell’art. 17 del decreto Ronchi e affronta puntualmente le seguenti tematiche:

- limiti di accettabilità della contaminazione dei suoli, delle acque superficiali e delle acque sotterranee in relazione alla specifica destinazione d’uso dei siti;

- le procedure di riferimento per il prelievo e l'analisi dei campioni;

- i criteri generali per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale del siti inquinati, nonché per la redazione dei relativi progetti;

- i criteri per le operazioni di bonifica di suoli e falde acquifere che facciano ricorso a batteri, a

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ceppi batterici mutanti, a stimolanti di batteri naturalmente presenti nel suolo;

- il censimento dei siti potenzialmente inquinati, l'anagrafe dei siti da bonificare e gli interventi di bonifica e ripristino ambientale effettuati da parte della pubblica amministrazione;

- i criteri per l'individuazione dei siti inquinati di interesse nazionale

La definizione finale di sito inquinato è riportata come segue

“…il sito dove anche uno solo dei valori delle concentrazioni di inquinanti nel suolo, sottosuolo, acque sotterranee, superficiali, risulti superiore si valori di concentrazione limite accettabili stabiliti dal presente regolamento” (art. 2: “Definizioni”, B).

Tali limiti sono definiti nella Tabella 1 dell’Allegato 1 per i composti inorganici, organici, policiclici, alifatici clorurati e alogenati, nitrobenzeni, fenoli, ammine fitofarmaci, diossine, furani, PCB, idrocarburi pesanti (i.e. C>12) e leggeri (C≤12), amianto, e per ciascun parametro dei 94 presi in considerazione, sono fissati due diversi valori di concentrazione limite ammissibile, in funzione della destinazione d’uso: sia essa area residenziale o commerciale/industriale.

È previsto, all’allegato 4, che i progetti di caratterizzazione e bonifica sia accurati, per tanto seguano dei criteri generali riportati nel decreto che prevede la possibilità di frazionare il progetto generale in tre parti:

- Piano di caratterizzazione - Progetto preliminare - Progetto definitivo

Parte importante è l’art. 15 “Interventi di interesse nazionale” che darà trattato diffusamente di seguito.

Infine, per quanto riguarda il D.M.471/99 in merito alla bonifica dei siti a mare, qualora l’area caratterizzata superi i valori di soglia stabiliti, non vi è menzione di uno specifico iter

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procedurale o diversità a riguardo, viene perciò fatto riferimento ai principi guida espressi nel presente decreto, cioè ai valori di concentrazione limite accettabili nel suolo.

Ultima legge di particolare importanza, che ha cambiato molte tematiche importanti è il D.lgs. n° 152/06 “Regolamento recante criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati”.

Il Codice Ambiente è stato creato anche con lo scopo di riunire all’interno di un unico testo legislativo la complessa normativa ambientale italiana, in particolare, in ossequio alla volontà di utilizzare la stessa terminologia prevista dalla normativa comunitaria (Direttiva 2004/35/CE), vengono introdotti due nuove concetti, quali la CSC (Concentrazione soglia di Contaminazione) e CSR (Concentrazione Soglia di Rischio) 4. Questa nuova concezione considera gli stessi limiti tabellari riportati nel D.M. 471/995, non più valori soglia per l’attivazione immediata di interventi di bonifica, ma valori superati i quali è necessaria l’applicazione dell’analisi di rischio sanitario- ambientale sito specifica, in funzione del superamento della CSC.

Rispetto al D.M. 471/99 che dettava le norme attuative del decreto Ronchi in materia di bonifiche, si introducono le due definizioni sopra citate per determinare le specifiche condizioni di pericolosità del sito stesso, e quindi il potenziale intervento.

Sostanzialmente, dalla “semplice” constatazione del superamento dei valori di soglia tabellare di una sostanza inquinante si passa alla verifica dei potenziali effetti generati da tale condizione, in relazione al tipo di sostanza ed alle condizioni peculiari del sito nel suo contesto.

Questo approccio è quindi basato sulla verifica delle condizioni di rischio associate alla presenza in concentrazioni superiori a quelle di soglia, del contaminante nel terreno introducendo il nuovo

4 Si veda Titolo V, art.240 : Definizioni.

5 Seppur con alcune modifiche.

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concetto di CSC: cioè un valore specifico, superato il quale risulta necessario ricorrere alla caratterizzazione del sito, ed all’analisi di rischio sito specifica.

La principale novità introdotta dalla CSC è che il superamento del valore tabellare da parte di un inquinante non è più condizione sufficiente per procedere alla bonifica, ma determina l’avvio di una procedura di valutazione basata sui criteri dell’analisi di rischio (Risk Assesment).

Le CSC rappresentano quindi i livelli di concentrazione oltre i quali il sito è potenzialmente contaminato ed è quindi necessario procedere con l’analisi di rischio per determinare i valori della CSR: Concentrazione Soglia di Rischio, con i quali confrontare le concentrazioni rilevate.

Qualora sia verificata la condizione di superamento della CSR da parte del campione rilevato, il sito risulta contaminato e soggetto a interventi di bonifica o messa in sicurezza.

Concludendo, sono anche presenti però alcune critiche, ad esempio l’approccio tabellare, che sembrava in un primo momento superato, persiste, sebbene in modo limitato, anche secondo il nuovo schema legislativo. Infatti, l’art. 240 del D.lgs.

n° 152/06 alla lettera b) chiarisce che il superamento delle soglie di concentrazione si accerta utilizzando i parametri inseriti nelle tabelle dell’Allegato 5 alla parte quarta del precitato decreto.

Un’analisi ancora più attenta evidenzia come detti parametri coincidono, se si esclude qualche eccezione, con quelli previsti nella Tabella 1 dell’Allegato 1 al D.M. n° 471/99 che individuava appunto ai valori di concentrazione limite accettabili nel suolo e nel sottosuolo, riferiti alla specifica destinazione d'uso dei siti da bonificare.

Un secondo ed opportuno approfondimento merita invece la questione relativa alle soglie di contaminazione di rischio ed alla qualificazione del sito come contaminato, infatti è proprio su questo punto che si riscontra la vera novità della vigente legge. Si pone quindi il complesso problema della precisione e

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dell’accuratezza delle diverse e specifiche analisi di rischio che determineranno le CSR, ma per questo specifico aspetto si rimanda a testi specifici, poiché esula da questo elaborato.

Risultano molto importanti, in particolare a livello applicativo i manuali tecnici prodotti da ICRAM ed ANPA, che, diversamente da quanto fatto nelle leggi sopra riportate, entrando nel dettaglio di caratterizzazioni, dragaggi e bonifiche dei sedimenti marini contaminati. Riportano inoltre le metodiche corrette dei disegni di campionamento, conservazione dei campioni, parametri da analizzare e metodologie analitiche.

Questi manuali hanno costituito uno dei riferimenti per questo elaborato e saranno citati ampiamente in seguito quando necessario.

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1.2 Siti di Interesse Nazionale (S.I.N.)

I siti di interesse nazionale sono stati individuati, ai sensi dell'art. 15 del D.M. 471/99, in relazione alle caratteristiche del sito inquinato, in particolare per quanto riguarda l'estensione e la densità di popolazione dell'area interessata, la quantità e la pericolosità degli inquinanti presenti, i rischi sanitari ed ecologici.

I progetti di bonifica dei siti di interesse nazionale sono presentati al Ministero dell'Ambiente in virtù del fatto che la loro rilevanza, anche se forse sarebbe più opportuno parlare di criticità ambientale, necessita di un approccio specifico. Differiscono dagli altri siti contaminati anche perché la loro procedura di bonifica è attribuita al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare che presiede e coordina le relative conferenze dei servizi istruttorie e decisorie. e può, inoltre, avvalersi anche dell’A.P.A.T., delle A.R.P.A.T. e dell'I.S.S. ed altri soggetti.

La Legge 426/98, "Nuovi interventi in campo ambientale", in attuazione dell'art. 18 del D. Lgs 22/97 già citato, getta le basi per la regolamentazione dei finanziamenti pubblici negli interventi di bonifica, prevedendo l'emanazione di un programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, emanato con D.M.A. 468/01.

La Legge 426/98 ha individuato inoltre, in accordo con le Amministrazioni comunali interessate, un primo elenco di 15 siti che sono stati ritenuti di interesse nazionale, di cui due ricadenti nel territorio della Regione Toscana: Massa Carrara e Piombino.

Inoltre la L. 388/2000 ha previsto l'inserimento di altri 3 nuovi siti, nessuno dei quali in Toscana.

Il Programma nazionale di Bonifica e ripristina ambientale predisposto dal Ministero dell'Ambiente sopra citato ha poi previsto altri 22 SIN di cui uno in Toscana, cioè la zona del porto di Livorno. Infine la Legge 179/02 (art. 14) aggiunge altri 9 siti

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da bonificare di interesse nazionale, di cui uno in Provincia di Grosseto (Orbetello, area ex Sitoco).

Complessivamente i siti di interesse nazionale presenti sul territorio nazionale sono 54 e i finanziamenti stanziati con l’ultimo Piano nazionale di bonifica ammontano a quasi 470 milioni di euro, solo per citarne alcuni, in modo arbitrario,abbiamo:

Tab. 1, “Siti di Bonifica di Interesse Nazionale”

Sito Regione Legge Istitutiva

Venezia (Porto Marghera) Veneto L 426/981

Cengio e Saliceto Liguria-Piemonte L 426/98

Pitelli (La Spezia) Liguria L 426/98

Cogoleto – Stoppani Liguria D.M. 468/01

Aree del litorale vesuviano Campania L. 179/02

Laguna di Grado e Marano Friuli-Venezia Giulia D.M. 468/01

Per quanto riguarda invece la realtà toscana, dove entreremo più nel dettaglio, abbiamo quattro S.I.N..

L'area di Piombino (Livorno) è stata perimetrata con DM 10 gennaio 2000 e comprende:

- il polo industriale di notevole dimensioni (circa 236 ettari), che si estende verso il centro abitato, e sul quale sono e sono state effettuate attività attività siderurgiche a ciclo integrale, produzione di laminati zincati e/o verniciati, centrali termoelettriche, etc;

- area marina antistante;

- aree di riempimento e colmata con materiali di riporto e discariche di rifiuti prevalentemente industriali (complessivi:

circa 567).

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- Nell'area sono compresi anche siti inseriti nel piano regionale delle bonifiche:

- Vecchia Discarica Poggio Ai Venti (LIsc1B)

- Dalmine - discariche interne (LI15(I/F) - Disc. Ex Ilva (LI53)

- Nuovo Sito Asiu (LI53BIS)

Stima di un fabbisogno di circa 87 miliardi di “vecchie” lire sia per la caratterizzazione che gli interventi di bonifica. Alcuni progetti sono in corso di valutazione da parte della Commissione ministeriale.

Secondo S.I.N. è Orbetello (Grosseto) perimetrato con D.M.

2 dicembre 2002, occupa un’area industriale situata lungo la riva est della laguna di Orbetello ove è insediato un insediamento produttivo, dismesso nel 1991, che, costruito nel 1908, per oltre 50 anni ha prodotto concimi chimici mediante un processo che prevedeva l'attacco con acido solforico prodotto dalla pirite della fosforite.

La superficie perimetrata comprende sia l'area circostante lo stabilimento per una superficie complessiva di circa 35 ha, sia l'area lagunare prospiciente lo stabilimento. I contaminati del sito, che interessano sia il suolo che la falda, sono i metalli pesanti, principalmente arsenico e piombo quali costituenti principali della pirite, i cui residui di lavorazione sono stati utilizzati in passato per realizzare arginature dei canali, depositi e casse di colmata.

Altro S.I.N. è la zona di Livorno. L'area è stata perimetrata con DM del Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio del 24/02/2003 e comprende un'area portuale, in cui si sono accumulati sedimenti sul fondo del canale industriale, in particolare la parte dell’area marittima è delimitata a Nord dalla foce del Canale dello Scolmatore e a sud dal Faro di Livorno per una lunghezza totale di circa 4,250 km. La fascia perimetrata si

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protende verso il largo mare: dalla foce dello Scolmatore a 3,125 km e dal Faro a 2,875 km.

I principali inquinanti sono costituiti da metalli pesanti (piombo, mercurio, rame, zinco e cromo) e IPA (Idrocarburi policiclici aromatici).

È stato elaborato un progetto di messa in sicurezza e/o bonifica consistente nelle seguenti fasi:

- analisi dei sedimenti e delle acque

- dragaggio dei fondali e analisi dei materiali dragati

- stoccaggio

- smaltimento e/o recupero tramite:

- lavaggio basico dei fanghi per l'estrazione della componente organica;

- inertizzazione della componente inorganica mediante miscelazione dei fanghi con cemento, silicato sodico, e calce al fine di un successivo riutilizzo e/o smaltimento

I costi dell'intervento sono stati stimati intorno a €10'330'000 (A.P.A.T.).

Ultima area di interesse nazionale è quella di Massa e Carrara, ma essendo l’argomento di questo elaborato sarà trattata separatamente ed approfonditamente nel capitolo terzo.

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Cap. 2 Scopo della tesi

2.1 Obiettivi.

Il principale obiettivo è la creazione carte tematiche con linee di isoconcentrazione per quei metalli, degli undici analizzati, che superino i limiti di legge (Valori di Intervento) e per Mercurio e Cadmio, essendo indicati come elementi prioritari pericolosi (2455/2001/CE).

Le carte tematiche prodotte grazie all’uso del G.I.S. (Geographical Informatic Sistem), daranno un quadro competo della zona comprendente l’andamento spaziale orizzontale e verticale degli inquinanti fino a due metri di profondità.

Per ottenere carte tematiche complete, ma facilmente intelligibili, si è scelta appositamente una scala cromatica di concentrazione in modo da essere coincidente con i limiti di legge quali: Valori di Intervento, Livelli Chimici di Base (LCB) e Livelli Chimici Limite (LCL).

Sarà usato anche il software Broadgard, strumento fondamentale per gestire in modo oculato una serie notevole di dati grazie all’uso della statistica multivariata applicando la tecnica della PCA, “Principal Componets Analysis”, che fornisce un ordinamento dei dati basato su successiva estrazioni di varianza, il cui utilizzo avrà come scopo l’individuare dei patterns spaziali nella distribuzione degli elementi indagati. Con lo stesso software si calcoleranno le correlazioni percentuali tra i metalli.

Infine, come prospettiva che non può essere definita come sicura fino a che non siano state eseguite le analisi, verranno affrontate anche le tematiche di trattamento, smaltimento e gestione dei sedimenti marini contaminati, con riferimento al S.I.N. caratterizzato nel presente elaborato.

Si farà riferimento, in particolar modo, alle tecniche più recenti ed innovative presenti sia su scala industriale che di laboratorio con

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particolare attenzione agli studi prodotti nei paesi all’avanguardia in questo settore, come l’Olanda ed in generale il Nord Europa.

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Cap. 3

Piano di caratterizzazione dell’ area costiera di Carrara e Massa

3.1

Conoscenze pregresse sul sito

Prima descrivere la parte strettamente inerente al progetto di caratterizzazione dell’area costiera di Carrara e Massa, è necessario dare una sintetica descrizione dell’area, sia per quanto concerne le sue caratteristiche generali che per le attività produttive ed industriali insediatevi, in modo da fornire alcune informazioni, seppur introduttive, certamente necessarie al delinearsi di un primo quadro complessivo della zona.

L'area in questione è stata individuata come sito di bonifica di interesse nazionale, riportata di seguito con l'acronimo di S.I.N., di Massa e Carrara (D.M. 18 settembre 2001 n. 468) ricade all'interno degli omonimi comuni.

La totalità della zona comprende una parte a terra, che pur non essendo oggetto di questo elaborato, verrà sinteticamente descritta essendo sede di attività potenzialmente inquinanti, ed un vasta area marina, ampia complessivamente 1.902 ha, compresa tra Marina di Carrara a nord e Marina di Massa a sud, che si spinge al largo per circa 3 km ed include, inoltre, l'area marina antistante la zona industriale e il porto. Sono pertanto visibili nell’Allegato1, a fine elaborato, le perimetrazioni a terra in rosso, ed a mare, in blu, che certamente chiariscono adeguatamente la situazione.

All'interno dell'area suddetta, spostandosi da nord verso sud, troviamo la foce dei seguenti corsi d'acqua:

- Torrente Carrione;

- Fosso Lavello;

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- Fiume Bruciano;

- Fiume Frigido.

che vanno a sfociare, nella parte sud del porto con tutto il loro carico sedimentario potenzialmente contaminato.

Proprio in merito ad una delle possibili cause di un potenziale inquinamento può essere utile elencare le attività che caratterizzano la zona a terra. Qui senza dubbio è possibile citare per prima, quanto meno a livello di importanza e senz’altro dal punto di vista storico6, l’attività di movimentazione dei prodotti lapidei che è posta al centro di un'articolata rete di trasporti internazionali in collegamento con oltre 85 porti di 48 paesi sparsi nei diversi continenti. Il porto di Carrara è inoltre collegato con il fascio plurimodale tirrenico e con il traversale della Cisa che ne garantisce un’ottima efficienza logistica.

Questo primato ha comunque lasciato spazio, in coerenza con le regole del mercato, ad una diversificazione del traffico, che comprende anche legno, tubi, carta, metalli, macchinari e carichi speciali diventando così lo sbocco naturale di importanti aziende nazionali.

II porto ospita inoltre cantieri per la realizzazione di navi traghetto- passeggeri e di navi per il trasporto di prodotti chimici e gassosi.

All'interno dell'area perimetrata sono presenti impianti industriali dismessi (farmaceutici, petrolchimici, siderurgici, etc.), una discarica di ceneri provenienti dall'inceneritore Cermec, attualmente in disuso, e aree industriali marmifere.

In particolare, per quanto riguarda le aree industriali, sono state individuate le seguenti aree che necessitano di particolare attenzione:

- area ex Enichem (167.000 m2);

- area ex Italiana Coke (354.000 m2);

- area ex Dalmine (187.000 m2);

- discarica ex inceneritore Cermec (21.481 m2);

- discarica Buca degli Sforza;

- area ex Resine della Farmoplant (200.000 m2);

6 Il Porto di Carrara ha tradizioni antichissime e deriva dal “leggendario” “Portus lunae” dove venivano imbarcati i marmi bianchi apuani destinati a Roma e alle città dell'impero tramite grandi navi chiamate "naves lapidariae".

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- area Sabed;

- area Fibronit con presenza di lastre in cemento-amianto.

Queste aree già oggetto di alcune indagini preliminari7, sono soggette agli inquinanti riportati di seguito; l'area ex Enichem presenta un inquinamento dei terreni da metalli, pesticidi ed un inquinamento della falda principalmente da pesticidi. L'area ex Italiana Coke risulta contaminata da IPA, metalli, solventi e fenoli derivanti dalle vecchie lavorazioni della cokeria. L'area ex Dalmine risulta contaminata da metalli e idrocarburi. Le aree dei ravaneti sono caratterizzate da inquinamento delle sorgenti d'acqua potabile e dei corpi idrici superficiali da polveri della lavorazione del marmo.

Dalle indagini preliminari risulta che l'acquifero superficiale presente non è adeguatamente separato dalle falde più profonde in quanto mancante uno strato di base impermeabile continuo.

7 Facendo riferimento, anche per quanto segue, al Piano di caratterizzazione ambientale

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3.2

Piano di caratterizzazione

Per la caratterizzazione del S.I.N. di Massa e Carrara è stato predisposto un apposito piano che in osservanza di norme, ma ancor più di direttive tecniche, si rivela lo strumento di fondamentale importanza per impostare, fin dalle prime fasi, tutta la complessità dei lavori da svolgere.

Il piano di caratterizzazione fornisce tutte le informazioni necessarie per il suo sviluppo, partendo dallo schema e dalla metodologia di campionamento, dalla scelta e dal trattamento dei campioni, fino alla raccomandazione sulle metodiche analitiche, nonché alla restituzione dei dati previsti.

Un accurato piano di caratterizzazione che tenga conto di tutte le informazioni, sia bibliografiche che derivanti da studi precedenti, è quindi condizione senza dubbio necessaria, anche se non sufficiente, per la corretta realizzazione dello studio in questione, nella sua complessità.

Nell'ambito del Programma Nazionale di Bonifica e di Ripristino Ambientale (Decreto Ministeriale 18 settembre 2001 n. 468, già citata) l'ICRAM è stato incaricato della redazione dei piani di caratterizzazione ai fini della bonifica delle aree marino-costiere e salmastre incluse nelle perimetrazioni dei siti di bonifica di interesse nazionale.

Facendo quindi principale riferimento al documento sopra citato, si descrive di seguito lo sviluppo di tale piano.

La caratterizzazione dell’area marina perimentrata come S.I.N. di Massa e Carrara è divisa in due fasi principali. La prima fase che si concentra maggiormente sulle zone ad alta criticità ambientale, sulle quali potrà probabilmente riscontrarsi l’urgenza di interventi di bonifica e ripristino ambientale. Tali aree sono state individuate tramite la vicinanza a potenziali sorgenti di contaminazione, tra cui le foci dei fiumi e risultati derivanti da indagini pregresse sul sito.

Gli obiettivi di questa prima fase di caratterizzazione sono, ad esempio:

- Determinare la distribuzione spaziale, orizzontale e verticale, delle concentrazioni dei contaminanti ricercati nelle aree critiche indagate.

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- Determinare le principali caratteristiche tessiturali dei fondali

- Determinare possibili relazioni tra la distribuzione dei contaminanti e le caratteristiche granulometriche dei sedimenti.

Tali obiettivi sono realizzabili tramite le seguenti attività previste:

- Raccolta organica di tutte le informazioni disponibili sulle aree indagate, quali: sorgenti inquinanti puntuali o diffuse, pressioni antropiche, contaminazione dei suoli e delle acque, attività di pesca e balneazione ecc.

- Utilizzo di carotaggi come strumento di campionamento dei sedimenti dei fondali marini che saranno, come di seguito riportato, analizzati per la determinazione delle caratteristiche granulometriche, chimiche, ed ecotossicologiche.

- Uso del Side Sonar Scan (SSS) per la mappatura del fondale.

Conclusasi la prima fase è stata svolta la seconda, volta ad estendere le indagini a quelle zone che per una loro minore contaminazione, o per altre scelte tecniche, non sono state oggetto di campionamento nella prima fase.

La seconda fase inoltre beneficia di un “vantaggio”, poiché si basa direttamente sulle informazioni, seppur non esaustive, della fase precedente. Questo completerà le informazioni sull’areale studiato fornendo, nel complesso, un quadro sulla contaminazione e l’inquinamento delle matrici indagate, inserito in una situazione di conoscenza generale, ma anche puntuale di particolari zone, il tutto rivolto alla messa in sicurezza, bonifica e ripristino della zona, qualora sia necessario.

Per quanto riguarda concretamente la strategia di campionamento dei sedimenti marini si riportano di seguito le indicazioni di I.C.R.A.M..

Di seguito sono analizzate in ordine le metodologie per:

- Scelta e trattamento dei campioni

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- Stoccaggio e metodologie analitiche di riferimento - Modalità di gestione e restituzione dati.

Come prima cosa è opportuno ricordare che in teoria l’impostazione del campionamento deve rispettare precise condizioni logiche da formulare in modo adeguato. Inoltre bisogna tenere conto che il criterio di campionamento ed la scelta dei parametri da analizzare possono essere influenzati da diversi fattori, quali la tipologia di attività presente o pregressa esercitata sul sito, l'ubicazione delle principali fonti di contaminazione, i caratteri geomorfologici e sedimentologici ecc.

Alla luce di quanto sopra riportato, le stazioni di campionamento sono state distribuite secondo un sistema misto di:

- Maglie - Transetti.

Mentre le maglie sono teoricamente previste laddove le conoscenze pregresse suggeriscono la necessità di uno sforzo di campionamento adeguato a situazioni potenzialmente critiche, i transetti, orientati perpendicolarmente rispetto alla linea di costa, sono più appropriati nelle aree marine dove la contaminazione si suppone sia bassa perché più lontane dalle sorgenti inquinanti, o comunque laddove non sia conveniente o praticabile il sistema a maglie.

Concretamente, per la zona a mare che è quella presa in considerazione in questo elaborato, è stato previsto un sistema di maglie applicato all'interno del porto dì Marina di Carrara e nell'area costiera verso sud fino alla foce del fiume Frigido, per una distanza pari a 600 m dalla linea di costa.

Inoltre le carote ubicate all'interno dell'area compresa tra la linea di costa e le opere di difesa parallele ad essa, sono state posizionate in considerazione delle tendenze evolutive della fascia costiera e dell'influenza esercitata dalle opere stesse sull'idrodinamismo, sul trasporto sedimentario e di eventuali contaminanti associati, sia alla matrice liquida che solida. Queste considerazioni sull’idrodinamismo della zona non devono sembrare superflue, anche perché il tratto di costa considerato è stato ed è soggetto ad una forte erosione costiera. Senza entrare nel merito delle cause di tale erosione si possono portare a

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testimonianza dell’importanza del fenomeno le numerose opere di ripascimento, come pennelli e barriere soffolte, in risposta ad una grande perdita del materiale sedimentario localizzata nel tratto tra il porto di Marina di Carrara fino al fiume Versilia (Piano Regionale di Gestione Integrata della costa, Regione Toscana, 2004).

Le Stazioni di campionamento sono state individuate all’interno di transetti perpendicolari alla costa, per quanto riguarda le spiagge. In ogni stazione di campionamento, sia sulla spiaggia che sui fondali, spiagge emerse è stata prelevata una carota di lunghezza teorica di 2m.

La lunghezza effettiva dovrà in ogni modo essere adeguata a garantire la rappresentatività del campione e la stima della distribuzione spaziale degli inquinanti.

Entrando nel dettaglio dello schema di campionamento redatto da ICRAM si prevede la suddivisione delle aree soggette a caratterizzazione in maglie da 150m x 150m, al cui interno si deve ubicare la stazione di campionamento per il prelievo dei sedimenti tramite carotaggio.

Dall’Allegato 1 che comprende tutte le maglie indagate, si distinguono 2 zone principali di campionamento:

- L’area portuale interna di Marina di Carrara

- La zona costiera che si stende dal porto fino a sud della foce del fiume Frigido.

Per quanto riguarda l’area portuale, anche se non oggetto di questo elaborato e caratterizzata già in precedenza, sono state individuate 18maglie di 150m x 150m.

Nella zona costiera che ha uno sviluppo lineare di circa 6,2 km fino ad un estensione al largo di 600m, una serie di maglie delle stesse dimensioni in numero di 164. Diversamente nella parte di mare che si estende al largo oltre i 600 sono stati utilizzati dei transetti ad interassi pari a 300, su ognuno di essi sono state previste tre stazioni di campionamento dove saranno campionate carote e campioni superficiali in rapporto di uno a due.

Il presente piano non ha tralasciato le importanti stazioni a terra, cioè sulle spiagge emerse, suddivise in transetti a distanza di interasse di 150m, in numero di 17; in ognuno di essi è previsto un carotaggio.

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Per riassumere si inserisce la seguente tabella:

Tab. 2, “Maglie e transetti”

Zona Maglie/Transetti (m) Numero carote

Porto M.:150x150 18

Fondale <600m dalla riva M.:150x150 1648 Fondale >600m dalla riva T.: interasse 300 23 + 46 campioni

superficiali

In totale, per tutto il S.I.N. di Massa e Carrara, sono previste:

Tab. 3, “Campioni”

Totale carote su fondali 205

Totale campioni superficiali sui fondali 46

Totale carote sugli arenili 17

Altra fase importante che va seguita con accuratezza è stata la metodologia di campionamento. Sempre in coerenza con quanto consigliato dalle linee guida ICRAM, sono riportati i seguenti punti importanti come: la valutazione ex ante dell’idoneità delle località dove verrà fatto il campionamento, come l’accessibilità e le caratteristiche peculiari del sito, la necessita costante della presenza a bordo di personale specializzato che segua tutte le operazioni, infine che l’imbarcazione abbia necessari i requisiti richiesti.

Per quanto sopra detto, per la strumentazione come il carotatore, e i metodi utilizzati, sia di prelievo, che di conservazione ed analisi del campione, verranno descritti nel successivo capitolo.

8 Di cui 29 sono interne alle opere di difesa della costa dall’erosione.

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Cap. 4

Materiali e metodi

4.1 Campionamento

Per iniziare la descrizione dei materiali e dei metodi utilizzati è opportuno partire dall’imbarcazione, ciò non deve sembrare scontato perché è fondamentale, come descritto di seguito, che rispetti ben precise condizioni per poter ottenere dei risultati ottimali a fine lavoro.

Proprio per quanto riguarda i requisiti dell’imbarcazione è importante considerare sia specifiche tecniche che di sicurezza; ad esempio è necessario un adeguato ambiente d bordo, da intendersi come un’area che possa mettere in condizione l’operatore scientifico di lavorare nel migliore dei modi. Analogamente l’installazione e l’utilizzo delle attrezzature per lo stoccaggio sia dei campioni che del materiale inutilizzato e per quello potenzialmente contaminato, che come tale deve essere trattato, necessitano di attenzione in questa ottica.

Basti pensare quanto sia importante riuscire a mantenere inalterato lo stato del sedimento ed evitare in ogni modo possibili contaminazioni sia dirette che incrociate, ma questo aspetto sarà indagato maglio in seguito.

Sono anche da considerare anticipatamente le caratteristiche tecniche del mezzo, quali adeguata strumentazione di bordo, sia per la navigazione che per il raggiungimento dei punti con precisione e anche per la strumentazione tecnica necessaria al campionamento (cavi, verricelli, e quant’altro).

Altro argomento da considerare è la corretta ubicazione del punto di campionamento, che rispetti realmente quanto riportato teoricamente sulla carta, sono infatti richiesti per tutti i punti le ubicazioni reali. La strumentazione prevede l’utilizzo del Differential

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Global Position System (GPS Differenziale) oppure quello cinematico, ma anche l’uso dello scandaglio per la verifica della batimetria

Di seguito sono quindi riportate sommariamente le caratteristiche tecniche dell’imbarcazione, la Motonave Blue Dream:

- Modello Fisherman Fly della Hatteras Yachts Co. di 15 metri, fornita di strumentazione scientifica di alta tecnologia e precisione, che permette di effettuare indagini sedimentologiche, geofisiche e geognostiche, batimetriche, morfologiche, magnetometriche, ambientali e di monitoraggio nelle acque marine costiere.

- Dotata di argano Seipem e Archetto basculante in lega leggera, per la calata del carotiere.

- Centralina metereologica dotata di termoigrometro, anemometro, pluviometro, con possibilità di memorizzazione dati in formato Ascii, e indicatore di vento AWI 360 Elcos.

- Due computer di bordo (di cui uno portatile).

- Plotter Navichart AT11 con cartografia Navionics.

- Radar Raytheon.

- Ecoscandaglio Furuno, FCV-581.

- Accessori e facilitazioni per i subacquei come compressore per ricarica bombole.

- Imbarcazioni per trasporto attrezzature e tecnici

Strumenti fondamentali per la realizzazione dei campioni sono stati la benna e carotiere.

La benna è stata usata appositamente per il campionamento dei sedimenti superficiali, di circa 20 cm di profondità quindi confrontabile con il primo livello (0-20 cm) dei campioni derivanti dalle carote. La benna è principalmente usata per il prelevare il materiale necessario per le indagini ecotossicologiche.

Il carotiere è stato lo strumento fondamentale per la realizzazione delle carote fino alla profondità di 2m a partire dal fondo.

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In commercio esistono di diverso tipi di carotatori, che essenzialmente si differenziano per la meccanica di prelievo del campione, che può essere rotazionale, vibrazionale, o entrambe le cose.

In questa campagna è stato usato uno specifico carotiere ideato e brevettato dalla società Polaris, chiamato “Carotiere S.H.S.B.D.” (Self- sheathing Hydraulic Sampling Bottom Device).

Questo strumento sfrutta la pressione oleodinamica di una macchina vibro/percussiva che sviluppa una energia per colpo di 85 joule e 1450 colpi al minuto, che garantiscono una immediata penetrazione nel sedimento diminuendo le probabilità di disturbo della carota derivante.

Il possibile disturbo e’ attenuato ulteriormente da un metodo di raccolta del sedimento che permette allo stesso di avanzare racchiuso in un tubo di PVC decontaminato, detto “Liner”, che viene riempito in proporzione al graduale affondamento del tubo percussore.

L’importanza del liner è, come già accennato, che permette il mantenimento del sedimento indisturbato senza alterazioni o mescolamenti di sedimenti di differenti profondità fornendo una restituzione intatta della stratigrafia; inoltre ne rende agevole, se necessario, lo spostamento.

Una volta ottenuto la carota si posiziona il liner nell’apposita casetta catalogatrice. Il liner viene aperto praticando due incisioni nel senso della sua lunghezza tramite un trinciatore elettronico, cosi da essere sicuri di non contaminare o alterare la stratigrafia del sedimento.

Diversamente, per i campioni superficiali è stata usata la benna La prima operazione è la misurazione della lunghezza di recupero, cioè la lunghezza effettiva della carota effettuata, rispetto alla teorica di 2 m.

Fatto ciò la carota è pronta per le prime osservazioni, che saranno parte essenziale della informazioni a cui si andranno ad aggiungere, in un secondo momento, le analisi del laboratorio.

Ogni carota è individuabile da un apposita targa e da un scheda identificativa che sono compilate a bordo in base all’osservazione degli operatori tecnici. Vengono annotate le seguenti caratteristiche:

- Data e ora - Coordinate

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- Profondità fondale - Colore

- Odore

- Tipologia di sedimento - Grado di idratazione

- Presenza di frammenti conchigliari - Presenza di residui di materiale organico

Si allega a fine elaborato una scheda identificativa e foto con targa identificativa.

Successivamente vengono effettuate le misurazioni di pH e potenziale di ossidoriduzione in ogni livello della carota, per altro facilmente identificabile grazie alla scala metrica presente nella cassetta catalogatrice, tramite strumentazione portatile precedentemente tarata (taratura standard del ph-metro a ph 4 e 7).

Per tutti i livelli della carota sono presi prima di tutto i campioni per i C.O.V. (Composti Organici Volatili9) che per loro natura tendono ad essere dispersi in forma gassosa nell’ambiente. Tali campioni sono inseriti in contenitori in vetro riempiti adeguatamente e chiusi con tappo stagno con setto in PTFE (teflon). È consigliato eseguire l’analisi entro 14 giorni circa.

Ora i liner aperti sono svuotati dal sedimento, che viene diviso in funzione della profondità dei livelli in 4 contenitori, questi

“subcampioni” vengono omogeneizzati.

Sono poi riempiti i seguenti contenitori, per ogni livello:

- Granulometria: contenitori in plastica, conservazione 4-6

°C.

- Chimica Organica: contenitori decontaminati in polietilene ad alta densità (HDPE) con sottotappo, conservazione a -25°C. Saranno analizzati: Idrocarburi pesanti, IPA, TOC, PCB, TBT, composti organi clorurati).

- Metalli:

- Microbiologia

9 Idrocarburi leggeri C≤12, solventi aromatici.

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- Ecotossicologia - Scorta

Ogni contenitore dei sub campioni è di un volume specifico che è stimato essere necessario per le determinazioni analitiche del caso, inoltre sono stati scelti contenitori con tappi di differenti colori per una gestione corretta dei campioni che sono in gran numero. Si cita, a titolo esemplificativo, che in una giornata di lavoro facendo un numero medio di 6 carote, ognuna divisa nei 4 livelli (0-20, 30-50, 100-120,180- 200cm), a loro volta divisi in 7 sub-campioni per le specifiche analisi, si dovrà movimentare un numero di 168 contenitori10.

Si specifica che tutta la strumentazione usata è ogni volta adeguatamente decontaminata e si usano materiali in vetro ed acciaio inox.

10 Si precisa, però, che non sempre le direttive ICRAM prevedono l’analisi di tutti i quattro livelli di profondità, cosi come per le analisi sull’ecotossicologia e la

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4.2 Strumentazione ed analisi di laboratorio

Come accennato nel paragrafo precedente, per avere uno spettro completo della situazione ambientale della zona, sono presi numerosi sub-campioni per le differenti determinazioni analitiche. L’elenco completo dei parametri e delle sostanze e degli elementi ricercati è il seguente:

- Granulometria, contento d’acqua e peso specifico.

- pH e potenziale redox

- Concentrazioni in mg/kg s.s. di:

- Alluminio - Arsenico - Cadmio - Cromo - Ferro - Mercurio - Nichel - Piombo - Rame - Zinco - Vanadio

- Policlorobifenili (PCB) e Pestidici organo clorurati - Idrocarburi Policilici Aromatici (IPA)

- Idrocarburi leggeri e pesanti - Azoto

- Fosforo

- Carboni Organico Totale (TOC) Per il 20% di campioni saranno anche analizzati:

- Solventi aromatici (BTEX) - Clorobenzeni

- Composti organostannico (TBT)

- Parametri microbiologici (Streptococchi fecali, Salmonella, E. Coli)

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Infine sul 10% dei campioni saranno effettuati i saggi biologici (indagini ecotossicologiche).

Questo imponente numero di analisi sono state suddivise tra diversi gruppi di lavoro quali: Università di Siena, l’ICRAM stesso, e il CIBM di Livorno che si è occupato della determinazione analitica dei metalli, nonché della parte di campionamento. Questo elaborato si concentra in particolar modo sull’analisi dei metalli e la loro distribuzione nell’area indagata.

Di seguito quindi verranno riportate le metodiche analitiche e i principi di funzionamento degli strumenti che sono stati usati durante la fase di laboratorio per la determinazione delle concentrazioni degli elementi ricercati.

Prima della vera e propria analisi volta alla determinazione delle concentrazione degli elementi ricercati, si debbono eseguire una serie di operazioni necessarie alla preparazione del campione.

Come prima cosa il contenitore del campione viene messo a scongelare poiché è conservato a temperature comprese tra i -18 e -25 °C.

Secondariamente il campione viene estratto dal proprio contenitore, si pesa alla bilancia analitica la tara della vaschetta sterile che lo andrà a contenere e poi si pesa la vaschetta più il campione, che dopo essere stato in stufa a 40°C per 48h, per differenza tra le due pesate fornirà il contenuto di umidità.

Ora il campione deve essere pestellato al fine di ridurlo ad uno stato incoerente, poiché nella permanenza in stufa molti campioni si consolidano eccessivamente in modo da non permettere un comodo svolgimento delle fasi di analisi successive. Sono usati contenitori ed appositi pestelli in ceramica che vengono decontaminati ogni campione, poi il campione viene setacciato a 2mm con vagli certificati; la parte passante è raccolta in falcon, l’altra parte che spesso comprende resti di gusci di organismi, o altri detriti di origine organica, è eliminata.

Questa procedura ricalca la metodica analitica consigliata dall’ICRAM.

Ora viene fatta una serie di operazioni molto importanti che prendono il nome di mineralizzazione. Dopo aver pesato circa 0,300 g di campione, lo si inserisce in appositi contenitori in teflon, detti bombe, a

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cui sono aggiunti 3 ml di HNO3 ed 1 ml di HCl, diluendo con 4 ml di H2O ultrapura. Lo strumento che esegue la mineralizzazione utilizzato è il Milestone 1200 che con l’azione sinergica di acidi e l’aumento programmato di pressione e temperatura, nonché all’uso di microonde, permette agli inquinanti e alle altre sostanze che sono adese al reticolo cristallino dei granuli costituenti la matrice sabbiosa, di “liberarsi” nella soluzione liquida che sarà analizzata in un secondo momento con la spettrometria ad assorbimento atomico o spettrometria ICP (Inductively Coupled Plasma), descritte in seguito. È stato usato un programma di mineralizzazione consigliato appositamente per la mineralizzazione di sedimenti marini che, come descritto, prevede la mineralizzazione parziale umida, cioè un attacco acido che non sciolga completamente la matrice silicatica dei sedimenti. Questa procedura, contrariamente alla mineralizzazione totale che prevede l’uso dell’HF, è fatta perché l’informazione che interessa non è tanto la concentrazione assoluta di alcuni elementi presenti nel campione, bensì di quelle sostanze, i metalli, che non fanno parte normalmente della mineralogia locale ma che sono presenti a causa di altri fattori11 e che potrebbero essere biodisponibili nell’ambiente marino.

Pur seguendo pedissequamente i protocolli di analisi, si anticipa già che non è possibile definire a priori la procedura di attacco acido ( o mineralizzazione) “migliore”, poiché è necessario scegliere di volta in volta in base alla informazioni conosciute, al tipo di analisi da effettuare, ed all’esperienza dei tecnici di laboratorio.

Tornando alla procedura seguita, la soluzione derivante viene filtrata a 0,25 µm per separare definitivamente la matrice solida dalla parte liquida, che viene diluita con acqua ultrapura e portata a volume in matracci da 25,0 ml. A questo punto il campione è pronto per essere analizzato.

Di seguito saranno prese in considerazione le due tecniche che sono state utilizzate nella fase di laboratorio per l’analisi dei metalli pesanti.

11 Generalmente di origine antropica.

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La spettrofotometria ad Assorbimento Atomico (AA) è una tecnica analitica impiegata per la determinazione sia quantitativa che qualitativa di ioni metallici in soluzione.

Il principio chimico-fisico su cui si basa questa tecnica è il fatto che i livelli energetici atomici sono discreti, pertanto le transizioni elettroniche permesse per eccitazione radiativa (hv) sono caratteristiche per ogni atomo. A differenza delle molecole però, gli atomi non contengono sottostrutture rotazionali o vibrazionali e pertanto l'assorbimento di una radiazione elettromagnetica per eccitazione ad un livello energetico superiore non avviene in una banda di frequenze ma ad una e una sola frequenza e lunghezza d'onda. Tutto ciò implica che ogni atomo avrà il suo spettro di assorbimento caratteristico e, per ogni lunghezza d'onda a cui corrisponde una transizione sufficientemente probabile, è possibile effettuare misure quantitative applicando la legge di Lambert-Beer. In sostanza si effettua una misurazione della quantità di luce di una data lunghezza d’onda che ha attraversato il campione, presente come nube di atomi che assorbe l’energia radiante sottoforma luminosa. Al crescere della densità degli atomi presenti nel cammino ottico della luce il quantitativo di radiazione assorbita cresce, misurando quindi tale assorbimento è possibile fare determinazioni specifiche di singoli elementi, in questo caso dei metalli.

Per misurare l’assorbimento della luce da parte dell’atomo in questione è necessaria una sorgente, come lampade a catodo cavo o a scarica di microonde, che emettono alle opportune lunghezze d’onda assorbite dall’atomo. Gli atomi sono presenti nella fiamma ad acetilene, che posta sul cammino ottico, fornisce l’energia termica necessari alla dissociazione del campione nei rispettivi atomi liberi che lo compongono. Lo strumento usato in questo caso, il Spettrofotometro AA220Z prevede invece l’uso del fornetto di grafite, all’interno del quale è inserita una goccia di campione che è portato in forma atomica grazie all’aumento della temperatura all’interno del fornetto fino a 2800

°C (atomizzazione termoelettrica).

Gli atomi presenti, indipendentemente dalla tecnica usata per atomizzare il campione, fanno diminuire l’intensità luce iniziale Io, in I

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che è assorbita da un rivelatore. Il termine più adatto a descrivere tale fenomeno è, appunto, l’assorbanza che è in relazione lineare con la concentrazione ricercata, secondo la legge di Lambert e Beer:

A=a b c

Dove , in ordine abbiamo, coefficiente di assorbimento, lunghezza del cammino ottico, concentrazione delle specie assorbenti.

Quindi dopo aver costruito la curva di taratura con le assorbanze sugli standards, calcolata l’assorbanza del campione è possibile ottenere la concentrazione, con ottimi risultati all’interno dell’intervallo di linearità della curva.

Periodicamente oltre ai campioni sono stati analizzati materiali certificati sottoposti alla stessa procedura per ottenere dei risultati più significativi.

È stato usato il fornetto di grafite a un riscaldamento elettrico.

Punto forte di questo metodo sta nel fatto che si abbassa la quantità di campione necessario all'analisi e si aumenta notevolmente la sensibilità analitica, poiché gli atomi liberi rimangono confinati nel fornetto (in asse col cammino ottico) per un tempo più lungo che se si usasse la fiamma.

Il campione viene posto in una camera fatta di grafite nella quale fluisce un gas inerte che rende l'atmosfera completamente non ossidante. Poi viene innalzata elettricamente la temperatura per eliminare eventuali sostanze presenti ed atomizzare il campione (essiccazione, combustione ed atomizzazione).

Infine è opportuno riportare l’importante utilizzo fatto dei modificanti di matrice. L’uso del fornetto garantisce come detto maggiore sensibilità, ma comporta possibili interazioni tra la sua stessa struttura e l’analita. Invece, grazie ai modificatori di matrice, che si legano all’analita formando un composto con temperature di vaporizzazioni maggiori rispetto all’analita singolo. In questo modo aumenta la ritenzione dell’analita durante lo stadio di incenerimento e aumenta la temperatura di vaporizzazione. Sostanzialmente il risultato è che l’atomizzazione avviene temporalmente in ritardo rispetto alla matrice abbassando il segnale di fondo. Per la loro utilità i modificatori di matrice sono spesso inclusi nei protocolli standard e consigliati dalle

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stesse case di produzione della strumentazione e per specifici per ogni elemento da quantificare.

Una seconda tecnica che è stata usata per la determinazione dei metalli è la spettroscopia di emissione al plasma ad accoppiamento induttivo (ICP-AES), anche se spesso è altrettanto utilizzata la ICP-MS, che prevede l’accoppiamento con lo spettrometro di massa.

Lo strumento ICP-AES usato in queste analisi, utilizza, come di consueto, un plasma come sorgente di atomizzazione ed eccitazione.

Il plasma è un gas elettricamente neutro con una certa percentuale di ionizzazione (gas ionizzato) indotto in un flusso di Argo mantenuto nel suo stato ionizzato fornendo energia attraverso un campo elettromagnetico a radiofrequenza. Gli elettroni sono accelerati dal campo e collidono con gli atomi circostanti provocando un forte aumento della temperatura12.

La spira di induzione è posta attorno ad una torcia cilindrica di quarzo all’interno della quale si genera il plasma; al suo interno scorrono:

l’aerosol contenente il campione, l’Argon per il plasma e aria refrigerante (dall’interno all’esterno).

La soluzione contenente il campione è introdotta nell’apposito

nebulizzatore da una pompa peristaltica (in questo caso il nebulizzatore pneumatico di Mehinard, ma spesso sono usati anche quelli ad

ultrasuoni), cosi facendo il campione non si trova più alo stato liquido, ma viene e spruzzato sottoforma di aerosol nella torcia. Questa

operazione è importante perché l’iniezione diretta di liquidi nel plasma potrebbe causarne lo spegnimento, oppure si avrebbe una desolvatazione incompleta e quindi processi di eccitazione, ionizzazione ed emissione meno efficienti; in ogni caso si andrebbe in contro ad un

malfunzionamento dello strumento.

Da questo momento in poi avvengono in ordine le seguenti reazioni:

- Desolvatazione/volatilizzazione.

- Atomizzazione.

12 Le temperature sono variabili in funzione di molteplici fattori, ma orientativamente si possono osservate temperature fino a 8000 k. In realtà poi sono identificabili tre zone a

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- Eccitazione/emissione: gli atomi guadagnano energia dalle collisioni ed emettono luce, onda elettromagnetica, a lunghezze d’onda λ caratteristiche riportate in Tab.4.

- Separazione/rivelazione: la luce emessa è dispersa e misurata.

Da qui nasce il termine spettrometria in emissione, poiché vengono prodotti atomi e ioni che, a causa della eccitazione indotta, emetteranno una radiazione elettromagnetica caratteristica del particolare elemento secondo la nota legge di Planck E=hv 13. L’atomo, nel tornare dallo stato eccitato allo stato fondamentale (ground state)L’intensità dell’emissione è indicativa della concentrazione dell’elemento ricercato nel campione.

Tab. 4, “Lunghezze d’onda utilizzate in ICP-AES”

E. λ [nm]

Al 237,312

As 193,700

Fe 239,562

Cd 228,800

Cr 267,716

Cu 224,700

Hg 254,000

Ni 231,604

Pb 238,300

V 292,402

Zn 213,856

Per Al, Ba, Cr, Ni, Fe, V, Zn è stato usato l’ICP-AES, che rispetto all’assorbimento atomico analizza molti metalli contemporaneamente

13Nel 1900 Planck avanzò l'ipotesi che l'energia raggiante potesse esistere soltanto sotto forma di quantità discrete, o "pacchetti", che chiamò quanti. Il contenuto di energia di ogni pacchetto nella teoria di Planck è direttamente proporzionale alla frequenza corrispondente, secondo la relazione sopra riportata dove: E = energia del quanto di luce , v = frequenza , h = costante universale nota come costante di Planck.

Da George Gamow, Trent'anni che sconvolsero la fisica. La storia della fisica dei quanti, Zanichelli, Bologna, 1966, pag. 31.

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facendo diminuire notevolmente le tempistiche di analisi e raggiunge temperature più elevate, facendo diminuire l’effetto matrice.

Per l’As, Cd e Pb, è stata usato l’assorbimento atomico perché questi metalli hanno presentato un effetto di disturbo dovuto alla matrice con IPC-AES, ma non con l’assorbimento.

Riassumendo per l’analisi dei metalli è stata usata come procedura di riferimento il metodo EPA 3051A. con le modifiche sopra descritte14, derivanti da anni di attività di analisi ed esperienza sul campo degli esperti del CIBM, condotte mediante:

- ICP-AES Plasma Liberty AX-Sequential, Varian (Al, Cr, Fe, Ni, Cu, V, Zn), metodo di riferimento EPA 6010C.

- Spettrofotometro AA220Z con fornace di grafite GTA 110Z (As, Cd, Pb), metodo di riferimento 7010.

- Spettrofotometria AA su vapori freddi di mercurio con riduzione con cloruro stannoso; Coleman50B (Hg), metodo di riferimento 7374.

I materiali certificati usati sono i seguenti:

- LGC 6137 Estuarine Sediment, Laboratity of the Government Chemist, UK.

- MESS-3 Laboratity of the Government Chemist, UK.

Infine è utile riportare i seguenti valori per tutti i metalli analizzati, limite di quantificazione (Q), percentuali di recupero (Rec.%) ed incertezza di misura (Inc.%):

Tab.5, “Quantificazione, recupero, misura”

Al As Cd Cr Cu Fe Hg Ni Pb V Zn

Q. 14,407 0,066 0,152 0,873 2,474 39,564 0,004 1,999 0,133 0,941 1,799 Rec. % 81,180 106,850 93,760 91,950 88,490 88,630 91,430 99,990 102,910 88,760 93,930

Inc. % 15,100 0,240 0,230 0,250 0,230 n.c. 0,014 0,260 0,100 0,230 0,150

14 Con acido nitrico e cloridrico in sistema chiuso a microonde su 0,300 g di campione previa

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