L’Angolo del Fitness
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CORPO E MENTE:
ALTRI ASPETTI DEL FITNESS
L
a coscienza di sé ha posto l’uo-mo, fin dagli albori della sua sto-ria, di fronte alla percezione di due grandi categorie a cui riferire tut-te le proprie funzionalità ed espressio-ni. Da una parte il “corpo”, che inte-ragisce con l’ambiente in modo ma-nifesto e dall’altra la “mente”, con ca-ratteristiche più sfumate ed enigmati-che. Anche solo da un punto di vista anatomico, un corpo appare decisa-mente più comprensibile. Si identifi-cano con relativa facilità i vari musco-li, le ossa, le articolazioni e si può im-mediatamente riportare a queste strut-ture la loro funzione: correre, arram-picarsi, afferrare ecc. Sezionando un cervello, al contrario, non appare as-solutamente nulla che possa essere di-rettamente ricollegato alle sue prero-gative. Nulla che possa anche lonta-namente suggerire cosa sia un pensie-ro, un ricordo, una sensazione, un sen-timento o anche “solo” uno schema motorio. Questa diversità del cervel-lo, anche storicamente e culturalmen-te, ha favorito un atteggiamento del tutto particolare al riguardo del bino-mio corpo-mente. Binobino-mio che, per questo, e forse più di qualunque altro fattore di rilevanza sociale, ha condi-zionato l’evolversi delle diverse civiltà. Nell’ambito della “via occidentale” al-la conoscenza – ovvero in ambito scientifico – solo recentemente sono stati posti i fondamenti teorici e me-todologici per affrontare quella che in molti indicano essere l’estrema fron-tiera della scienza: le basi biologiche del comportamento. Ove, per com-portamento, si intende l’insieme di at-tività cognitive – che implicano cioè un processo di elaborazione delle in-formazioni da parte della cortecciace-rebrale – che vanno dal camminare, dal respirare o dal sorridere fino alla percezione, all’apprendimento, al pen-siero astratto o all’estro artistico. Le moderne neuroscienze – così viene indicato l’insieme di discipline che stu-diano questi argomenti – si basano sul-l’affermazione che ogni comportamen-to, o attività cognitiva, è l’espressione di una funzione cerebrale. E ogni fun-zione cerebrale è il risultato di partico-lari processi biochimici, non diversa-mente – ma con un diverso livello di complessità - a quanto avviene per la contrazione muscolare o il metaboli-smo o ogni altra funzione dell’organi-smo vivente. Le nuove opportunità di indagine offerte soprattutto dalla bio-logia molecolare e da particolari tec-niche per visualizzare l’attività cerebra-le anche durante l’esecuzione di com-piti cognitivi (tomografia ad emissio-ne di positroni, risonanza magemissio-netica funzionale, ecc.) stanno gettando le prime, tenui luci all’interno di quella che la corrente comportamentista del-la psicologia sperimentale deldel-la prima metà del XX secolo considerava un’im-penetrabile scatola nera: la mente. Se-condo questo approccio psicologico, infatti, il binomio corpo-mente non è indagabile sperimentalmente, dato che si può studiare solo ciò che è fisica-mente osservabile, cioè i comporta-menti dell’individuo rispetto alle fon-ti di sfon-timolazione esterna che li deter-minano. L’avvento, nella seconda me-tà del XX secolo, dell’approccio psico-logico cognitivista, invece, ha ridato nuovo impulso allo studio del binomio corpo-mente: non solo è possibile in-dagare sperimentalmente la relazione tra comportamento individuale e sti-molazione esterna, ma anche la
rela-zione tra mente e comportamento. L’individuo, infatti, non viene più con-cepito come un sistema che semplice-mente “reagisce” alle condizioni di sti-molazione esterna, ma anche come sistema che “agisce” in base a pen-sieri, convinzioni, decisioni persona-li. Dai fondamenti teorici del cogni-tivismo ha infine preso avvio il mo-derno approccio delle neuroscienze, basato, come si è già accennato, sul-lo studio della relazione tra mente e attività cerebrale.
Queste brevissime considerazioni inten-dono introdurre un argomento che, an-che in campo sportivo, è della massima rilevanza. Ovvero il rapporto fra mente e prestazione, rapporto che è l’oggetto stesso della psicologia dello sport. La psicologia dello sport non è infatti assi-milabile per tipologia e modalità di in-tervento alla pratica che caratterizza la psicologia clinica, che interviene nelle situazione di disagio personale, inter-personale, o sociale. Attraverso i pro-grammi di preparazione mentale, inve-ce, la psicologia dello sport propone programmi di intervento finalizzati prin-cipalmente all’ottimizzazione del rendi-mento sportivo, “allenando” le abilità mentali che più possono influenzare la prestazione.
E’ esperienza comune che esista una forte interdipendenza fra i tre pilastri fondamentali su cui poggia la
perfor-mance motoria: la preparazione fisica,
la preparazione tecnico-tattica e la pre-parazione mentale. E ciò è vero sia nel campo dello sport di prestazione sia in quello dell’attività fisica finalizzata esclusivamente alla salute e al fitness. Consideriamo quest’ultima – per di-versi aspetti senz’altro meno impegna-tiva – ed in particolare consideriamo
di Vittorio Baldini e Francesca Borgo
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le problematiche più comuni che de-ve affrontare un generico praticante. Innanzi tutto, come è stato illustrato nei numeri precedenti, un programma finalizzato alla salute deve avere come caratteristica fondamentale quella di accompagnare ogni individuo per l’in-tero corso dell’esistenza. Rispetto al-l’impegno richiesto, è quindi necessa-ria una spinta motivazionale non indif-ferente, ovvero un particolare atteg-giamento mentale. Quest’ultimo, a sua volta, è fortemente condizionato dal “ritorno” che l’attività trasmette all’in-dividuo. Quanto più i risultati ottenu-ti incontreranno le aspettaottenu-tive perso-nali e corrisponderanno ad un’imma-gine di sé soddisfacente, tanto più la pratica sarà gratificante e automoti-vante. Affinché si verifichi questa “si-nergia” è a sua volta indispensabile che gli obiettivi, i programmi di allenamen-to e le attività proposte siano oppor-tunamente conformati. Inoltre, è fon-damentale che la preparazione tecni-ca e la preparazione fisitecni-ca siano di vol-ta in volvol-ta reciprocamente proporzio-nate, per garantire la massima espres-sione delle potenzialità e, quindi, la massima espressione dei risultati e del-le gratificazioni.
Nella pratica agonistica, il delicato e decisivo rapporto fra preparazione mentale, preparazione fisica e prepa-razione tecnico-tattica è ancora più complesso. In questo campo la prepa-razione mentale (o mental training), af-fiancata alle procedure che caratteriz-zano l’allenamento fisico, tecnico e tat-tico degli atleti, è uno strumento sup-plementare, che può incidere favore-volmente sulla prestazione dell’atleta. E così anche sul suo percorso di pre-parazione e sulla sua capacità di rispon-dere alle difficoltà che incontra di
vol-ta in volvol-ta nella pratica addestrativa ed agonistica.
Gli obiettivi che più frequentemente vengono affrontati nei programmi di preparazione mentale riguardano ad esempio:
l’apprendimento di metodologie fina-lizzate ad una precisa definizione de-gli obiettivi a breve, medio e lungo ter-mine (goal setting): ad esempio, un’ef-ficace programmazione favorisce l’au-mento della motivazione e rende più facilmente controllabili i risultati; la modulazione dell’attivazione psico-fisica (arousal) a un livello ottimale ri-spetto alle richieste della situazione: ci si riferisce a metodi per controllare mentalmente le reazioni fisiologiche (frequenza cardiaca, pressione arterio-sa, frequenza respiratoria, tensione mu-scolare, ecc.) che si attivano in rispo-sta a una data stimolazione (ad esem-pio, una gara);
il controllo dell’ansia e del coinvolgi-mento emotivo: ad esempio, appren-dere a gestire queste reazioni prima o durante una competizione di alto livel-lo, oppure regolarne l’impatto sul rap-porto allenatore-atleta;
l’apprendimento di nuove routine mo-torie: si pensi, ad esempio, all’impor-tanza di adeguare le informazioni da fornire in allenamento in funzione dei sistemi percettivi che vengono mag-giormente utilizzati dagli atleti nelle fa-si precoci dell’apprendimento moto-rio (sistema visivo) rispetto a fasi suc-cessive (sistema propriocettivo); la modulazione dell’attenzione e la ge-stione dell’influenza dei pensieri inter-ni (self talk) e delle fonti di distrazione interne ed esterne: ad esempio, si pen-si all’importanza di passare a uno stile attentivo “ristretto” a specifici dettagli quando si apprende una nuova
varian-te di un esercizio, senza farsi distrarre dai compagni di allenamento, dai ru-mori o dalla musica o, infine, dal pen-siero che si sono fatti degli errori o che si ha troppo caldo;
il rafforzamento della motivazione e del senso di sicurezza e autoefficacia (self-confidence): ad esempio, il fatto di trovare soddisfazione intrinseca nel fa-re attività sportiva rispetto al fatto di aspettarsi una vincita, oppure l’impor-tanza di considerare gli errori come oc-casioni di miglioramento e non come minacce per la propria autostima; il controllo dei sentimenti di paura: ad esempio riguardo la competizione, il giudizio esterno, la possibilità di infor-tunarsi, ecc.
I requisiti indispensabili all’elaborazio-ne e applicazioall’elaborazio-ne di un programma di preparazione mentale efficace sono molti, tra cui possedere un adeguato bagaglio di conoscenze teoriche e plicative di psicologia dello sport, ap-profondire le conoscenze sulle richie-ste specifiche di ciascuna disciplina, svi-luppare un soddisfacente rapporto di collaborazione con l’allenatore e l’at-leta. Inoltre, alla base di qualsiasi pro-gramma di preparazione mentale stan-no l’identificazione dei reali bisogni dell’atleta, la proposta di soluzioni ef-fettivamente vantaggiose, e, infine, l’a-dattamento costante dell’intervento all’evoluzione individuale e del conte-sto in cui l’atleta opera. Infine, è bene rammentarlo sempre, qualsiasi pro-gramma di allenamento, mentale o meno, dovrebbe avere come finalità ultima la maturazione dell’atleta come persona e la promozione della sua au-tonomia e individualità.
Nei prossimi numeri della rivista federa-le saranno approfonditi alcuni temi fon-damentali della preparazione mentale.