RIASSUNTO
In moltissime specie durante lo sviluppo post-natale esiste un periodo (chiamato periodo critico) in cui l’esperienza visiva ha un ruolo decisivo per la maturazione della corteccia visiva. Ad esempio, se si esegue una deprivazione monoculare durante il periodo critico, le risposte visive delle cellule corticali diventeranno gradualmente dominate dall’occhio non deprivato. Questo effetto della deprivazione monoculare non avviene se essa è eseguita dopo il periodo critico. E’ stato ipotizzato che l’azione dell’esperienza visiva durante il periodo critico dipenda dall’attivazione di processi cellulari che portano a fenomeni di plasticità sinaptica. Lo scopo di questa tesi è di studiare le vie di trasduzione attivate dall’esperienza visiva durante il periodo critico e confrontarne l’attivazione negli animali adulti.
Ci siamo focalizzati sulla via di ERK1,2 (p42/44 MAP chinasi) in quanto questa chinasi gioca un ruolo importante nei fenomeni di plasticità sinaptica. In particolare abbiamo studiato l’attivazione di suoi bersagli molecolari importanti per la regolazione della trascrizione genica e per il rimodellamento della cromatina. L’attivazione di questi fattori è stata analizzata in vivo mediante stimolazione visiva fisiologica di animali precedentemente allevati al buio per 3 giorni. Gli effetti della stimolazione sono stati valutati per mezzo di analisi immunoistochimiche con anticorpi specifici per la forma fosforilata di ERK, MSK, RSK e istone H3 su fettine di corteccia visiva di topi di età compresa nel periodo critico o adulti. Inoltre, si sono utilizzati topi transgenici in cui l’espressione del gene per il marcatore β-galattosidasi era posta sotto il controllo esclusivo del fattore di trascrizione CREB (topi CRE-lacZ). L’analisi al microscopio confocale delle marcature in corteccia visiva binoculare ha mostrato un aumento di fosforilazione di ERK nei neuroni della corteccia visiva già 5 min dopo l’esposizione alla luce. L’attivazione di ERK raggiunge il picco massimo a 15 min per poi ritornare al livello basale a 40 min. L’esposizione alla luce attiva
CRE-lacZ. L’attivazione dell’espressione genica mediata dal CREB non avveniva se ERK era bloccata, in corteccia visiva, per mezzo dell’infusione con l’inibitore di MEK (che fosforila ERK) UO126. Anche un gene endogeno come c-fos mostra un’attivazione 40 min dopo l’esposizione alla luce in topi durante il periodo critico. L’attivazione di c-fos era attenuata dall’UO126 suggerendo che altre vie di trasduzione possano concorrere all’attivazione visiva di questo fattore.
Ripetendo quest’analisi nell’adulto abbiamo osservato che nonostante ERK mostri un’attivazione simile a quella del periodo critico, l’attivazione dell’espressione genica mediata dal CREB era ridotta sostanzialmente. Il c-fos, il cui promotore contiene altre sequenze regolatorie oltre al CREB, è attivato anche nell’adulto. Dato che CREB non è fosforilato direttamente da ERK abbiamo analizzato due chinasi, MSK e RSK, entrambe a valle di ERK e in grado di fosforilare CREB. Durante il periodo critico l’esperienza visiva non causa l’attivazione della chinasi RSK; al contrario la chinasi MSK durante il periodo critico si attiva con lo stesso decorso temporale di ERK ed è bloccata dall’UO126. Ulteriori analisi al confocale hanno rivelato che fosfo-ERK e fosfo-MSK colocalizzazano negli stessi neuroni corticali. Si può quindi proporre che MSK sia la CREB chinasi che media l’azione di ERK, mentre RSK potrebbe non essere coinvolta. Nell’adulto l’esperienza visiva causa un’attivazione di MSK simile a quella osservata durante il periodo critico.
Successivamente abbiamo studiato un possibile bersaglio di MSK, l’istone H3 la cui fosforilazione è implicata nel rimodellamento della cromatina per facilitare l’espressione genica. A tal fine abbiamo utilizzato un anticorpo specifico per l’istone H3 fosforilato nel sito riconosciuto da MSK. Durante il periodo critico, la fosforilazione dell’istone H3 indotta dall’esperienza visiva è duratura nel tempo essendo presente a 15 min dall’esposizione alla luce e rimanendo invariata a 40 min. Questa fosforilazione dipende da ERK in quanto l’inibitore di ERK UO126 inibisce la fosforilazione dell’istone H3 indotta dall’esperienza visiva. Nel rimodellamento della cromatina è implicata anche l’acetilazione degli istoni, ma su questo i risultati sono ancora parziali pur indicando un aumento dell’acetilazione di H3 a seguito di stimolazione visiva. Nell’adulto abbiamo osservato un decorso temporale diverso della fosforilazione dell’istone H3: essa è
infatti transiente con un picco a 15 min dopo l’esposizione alla luce e un ritorno ai valori di base già dopo 40 minuti. I dati suggeriscono che una regolazione differenziale della trascrizione genica e del rimodellamento della cromatina dipendente dall’esperienza visiva sia coinvolta nella variazione delle capacità plastiche dei circuiti corticali che avvengono in coincidenza con il termine del periodo critico.
Nell’uomo e in molte specie animali l’esperienza visiva è necessaria affinché si possano avere un corretto sviluppo della funzione visiva. Durante una fase dello sviluppo chiamata periodo critico una deprivazione visiva può alterare dannosamente la maturazione delle connessioni corticali visive e determinare una riduzione delle capacità visive. Sebbene questi esperimenti siano noti da decenni, i meccanismi attivati dall’esperienza visiva sono ancora ignoti. Un primo passo necessario affinché l’esperienza possa regolare delle modifiche morfologiche e funzionali nei neuroni è che l’attività neuronale possa attivare delle vie di trasduzione, che a loro volta possano interagire con dei substrati localizzati nel citoplasma e nel nucleo promuovendo la trascrizione di specifici programmi genici.
Una via di trasduzione nel SNC (sistema nervoso centrale) e in corteccia visiva è quella di ERK. Questa via è attivata dall’attività elettrica neuronale, ed è coinvolta in fenomeni di plasticità sinaptica in vari nuclei del SNC. ERK è in grado di collegare diversi segnali extracellulari all’attivazione dell’espressione genica. La trascrizione genica è a sua volta essenziale per la stabilizzazione dei cambi plastici e può essere regolata dall’attivazione di fattori di trascrizione e dai rimodellamenti della cromatina che facilitano la trascrizione genica. L’argomento di questa tesi è lo studio dell’esperienza visiva a livello molecolare durante il periodo critico e nell’adulto usando come modello il topo. In particolare verrà analizzata l’attivazione della via di ERK e dei suoi bersagli a valle, esaminando l’espressione genica e il rimodellamento della cromatina. Verranno presentati inizialmente l’organizzazione anatomo-funzionale del sistema visivo e gli esperimenti che dimostrano l’importanza dell’esperienza visiva per il suo corretto sviluppo. Nella seconda parte dell’introduzione verranno analizzati i meccanismi molecolari coinvolti nei fenomeni di plasticità del sistema visivo, soffermandoci sulla via di trasduzione di ERK, l’oggetto di studio di questa tesi.
I.1 SISTEMA VISIVO E PLASTICITA’ SINAPTICA
Gli stimoli luminosi vengono trasformati a livello della retina, nell’occhio, in segnali elettrici che vengono convogliati attraverso il nervo ottico verso centri cerebrali superiori. Le afferenze dalla retina raggiungono il corpo genicolato laterale del talamo, il collicolo superiore e l’aerea pretettale, però solo quelle talamiche sono importanti per la percezione visiva e infatti raggiungono la corteccia visiva primaria. La corteccia visiva (area 17 di Brodman) nell’uomo e nei mammiferi è formata da 6 strati di cellule interposti tra la superficie esterna e la sottostante sostanza bianca. Essa è costituita dalle cellule piramidali i cui assoni vanno a terminare in altre regioni corticali e quelle non piramidali che una popolazione di interneuroni locali che non inviano segnali al di fuori della corteccia visiva. Alcune cellule non piramidali e le cellule piramidali sono eccitatorie, altre, senza spine, sono inibitorie. Dal punto di vista funzionale la corteccia è formata da sottili colonne composte da cellule con preferenza di risposta a stimoli lineari dallo stesso orientamento: le colonne di orientamento intervallate da formazioni cellulari cilindriche, i cosiddetti blob. Esiste infine un terzo sistema di colonne che serve per analizzare le afferenze provenienti da ciascuno occhio e sono le cosiddette colonne di dominanza oculare. Così la corteccia è organizzata in moduli formati da colonne di orientamento, di dominanza oculare e dai blob (per l’analisi dei colori) e essi rappresentano i circuiti utili per analizzare le immagini per un dato campo visivo (Kandel et al., 2003). L’organizzazione in colonne di dominanza oculare osservabile anatomicamente in corteccia visiva non è presente nelle specie come topi e ratti. Nei mammiferi la corteccia visiva è immatura al tempo di apertura degli occhi sia dal punto di vista anatomico che funzionale e poi gradualmente la sua maturazione procede nel suo sviluppo durante la vita. Infatti la selettività dei neuroni corticali per l’orientamento è inizialmente rudimentale e migliora con lo sviluppo. Anche le cellule corticali binoculari vanno incontro a uno sviluppo, infatti esse sono inizialmente numerose per diminuire con l’età adulta. Inoltre nel corso dello sviluppo vi è anche un aumento dell’acuità visiva e cioè della capacità di distinguere due oggetti molto vicini tra di loro. L’acuità visiva rappresenta la
finali nell’ultima fase dello sviluppo post-natale è parallelo alla maturazione dei campi recettivi delle cellule corticali, che diventano più piccoli e ben definiti (Fagiolini et al., 1994).
I.1.1 Gli effetti della mancanza dell’esperienza visiva sullo
sviluppo del sistema visivo
Molti esperimenti indicano che il processo di sviluppo del sistema visivo necessiti dell’esperienza visiva: i bambini affetti dalla cataratta alla nascita sono un esempio del ruolo dell’esperienza visiva nei primi anni di vita dell’uomo. La cataratta consiste in un’opacità del cristallino tale da bloccare la trasmissione degli stimoli visivi strutturati alla retina. Nell’uomo l’acuità visiva è bassa alla nascita e intorno a 5 anni raggiunge il suo completo sviluppo. I bambini affetti dalla nascita dalla cataratta, se sottoposti a intervento chirurgico che la rimuove, mostrano un’acuità visiva uguale a quella di un neonato. In questi soggetti la deprivazione visiva impedisce il normale aumento dello sviluppo dell’acuità visiva. Se l’intervento chirurgico per la cataratta viene eseguito nei primi mesi di vita, i bambini che riottengono un’esperienza visiva a causa dell’intervento chirurgico mostrano un progressivo miglioramento dell’acuità visiva; tale miglioramento è presente già dopo1h, è più evidente dopo un anno, e entro 5 anni l’acuità visiva rientra nei valori normali. Nel caso in cui l’intervento per la cataratta venga molto posticipato, l’acuità visiva non viene recuperata e rimane piuttosto bassa e gli effetti sulla visione sono quanto più forti quanto maggiore è la durata della deprivazione. Da questi dati emerge l’importanza, anche nell’uomo, della stimolazione visiva sui miglioramenti funzionali a livello corticale dopo la nascita e le particolari capacità plastiche delle prime fasi di sviluppo del sistema visivo (Maurer and Lewis, 2001).
Un caso importante che rileva gli effetti di una deprivazione dell’esperienza visiva di lunga durata è stato documentato da Fine e collaboratori (Fine et al., 2003). Il caso si riferisce di un uomo (MM) che a 3 anni e mezzo perse un occhio, mentre l’altro in seguito un danno alla cornea era completamente cieco. Fino a 43 anni MM non poteva subire l’intervento chirurgico per sostituire la cornea. A questa età la cornea fu operata con successo restituendo all’occhio
operato una normale ottica. La visione dell’occhio operato era comunque limitata. La sua acuità visiva era molto simile a quella di un neonato, ad indicare la presenza di un danno nel sistema visivo, inoltre, poiché MM non migliorava dopo 2 anni dall’intervento, si doveva trattare di un danno permanente. Nonostante MM riuscisse a vedere bene le forme semplici, la percezione per quelle complesse e il riconoscimento delle persone era sensibilmente danneggiata. Cercando di capire le cause di tale danno si riscontrò che non c’era nessun anomalia a livello della retina e quindi era un problema a livello corticale. Inoltre, si osservò che l’acuità visiva che MM aveva al momento dell’incidente era molto più alta rispetto a quella misurata dopo l’intervento chirurgico, suggerendo che una prolungata deprivazione sensoriale comporta dei danni a livello della connessioni corticali, che all’età dell’incidente non erano ancora del tutto consolidate.
Sono stati usati diversi modelli animali come la scimmia, il gatto e i roditori topo e ratto per studiare gli effetti dell’esperienza visiva nello sviluppo della visione (Berardi et al., 2000). In questi studi gli animali sono deprivati dalla nascita dall’esperienza visiva (dark- reared) allevandoli in un ambiente totalmente al buio privo di ogni segnale visivo. Da questi animali si evidenzia che la deprivazione dall’esperienza causa uno sviluppo anomalo del sistema visivo che fondamentalmente rimane immaturo. Si verificano infatti, dei cambiamenti funzionali e anatomici in corteccia visiva, rispetto agli animali normalmente esposti ai segnali luminosi. La visione viene compromessa negli animali allevati al buio, infatti loro acuità visiva misurata con i potenziali evocati in corteccia è più bassa rispetto agli animali allevati in ambiente normali e parallelamente alla diminuzione dell’acuità visiva i campi recettivi delle cellule corticali diventano piuttosto larghi. In seguito a tale deprivazione le cellule corticali diventano meno responsive agli stimoli luminosi e si evidenzia un forte riduzione delle cellule selettive per l’orientamento (Fagiolini et al., 1994). Anche la conformazione anatomica della corteccia risulta alterata da deprivazioni monoculari, infatti le colonne di dominanza oculare corrispondenti all’occhio deprivato si riducono in seguito alla deprivazione. Recenti studi mettono in discussione il ruolo dell’attività neuronale negli stadi iniziali dello sviluppo delle caratteristiche
nel genicolato laterale e le bande grossolane di dominanza oculare negli stadi 4 della corteccia visiva primaria (le future colonne di dominanza oculare in alcune specie) potrebbero essere indipendenti dall’esperienza visiva (Crowley and Katz, 2002). Tuttavia non è messo in discussione il ruolo dell’attività visiva nel modificare le iniziali grossolane reti di connessioni neurali in un’organizzazione matura e funzionante (Sengpiel and Kind, 2002). Infatti come evidenziano gli esperimenti di animali allevati al buio le cellule per l’orientamento sono presenti precocemente e poi vanno a deteriorarsi, la presenza dell’esperienza visiva occorre, quindi, per il consolidamento di queste cellule. Come nei bambini affetti da cataratta, se l’esperienza visiva di questi animali viene riattivata precocemente, le funzionalità del sistema visivo tendono a migliorare. Infatti bastano poche ore di esperienza visiva a ripristinare le caratteristiche relative alla selettività per l’orientamento specifici dei campi recettivi delle cellule corticali degli animali allevati al buio.
I.1.2 La deprivazione monoculare e la cataratta unilaterale
Se la cataratta colpisce un solo occhio di un neonato (cataratta unilaterale) si verificano dei peggioramenti dell’acuità visiva molto più gravi rispetto alla cataratta bilaterale e questo è dovuto essenzialmente al fatto che si instaurano dei fenomeni di competizione tra i due occhi. Quindi per un ripristino completo della funzione dell’occhio deprivato occorre che, dopo una breve esposizione per entrambi gli occhi, vengano periodicamente fatti dei bendaggi all’occhio normale. Ciò suggerisce che il recupero iniziale dell’occhio deprivato sia dovuto essenzialmente alla presenza dell’attività elettrica e solo più tardi, quando le connessioni corticali sono almeno parzialmente ristabilite per l’occhio deprivato, si sviluppano fenomeni competitivi tra i due occhi, che rendono necessarie le applicazioni della benda all’occhio non deprivato.
Sperimentalmente si possono studiare gli effetti della privazione dell’esperienza visiva, suturando le palpebre in modelli animali (deprivazione monoculare). I classici studi pionieristici di Wiesel e Hubel osservarono che nei gatti normali, a circa un mese di vita, le cellule corticali sono per la maggior parte binoculari e rispondono in maniera quasi uguale a entrambi gli occhi anche se con vari gradi
di dominanza oculare; queste connessioni binoculari rimangono se l’animale viene esposto in un normale ambiente. Come scoprirono Wiesel e Hubel, se un occhio veniva deprivato dell’esperienza visiva, intorno al secondo mese, i neuroni corticali perdono la loro capacità di rispondere all’occhio non deprivato e c’è un netto cambiamento sulla distribuzione di dominanza oculare. La deprivazione monoculare infatti causa una perdita dei neuroni binoculari e uno spostamento di distribuzione di dominanza oculare verso l’occhio non deprivato (fig. 1), (Bear and Rittenhouse, 1999). Successivamente gli stessi effetti sono stati evidenziati seguendo esperimenti di deprivazione monoculare in altre specie come scimmie, ratti e topi. Come nei bambini affetti dalla cataratta unilaterale, anche negli animali deprivati monocularmente, l’acuità visiva dell’occhio deprivato è molto più bassa; per esempio in topi deprivati monocularmente l’acuità visiva si abbassa del 30%, da circa 0.5c/g (condizione normale) a 0.31c/g (occhio deprivato) (Prusky and Douglas, 2003). Inoltre la deprivazione in un solo occhio causa dei cambiamenti a livello strutturale negli assoni dei neuroni dal genicolato laterale alla corteccia. Nelle specie come gatti e scimmie e non nei roditori le afferenze dal talamo guidati dai due occhi sono segregate in particolari colonne di dominanza oculare visibili anatomicamente negli stadi IV della corteccia visiva primaria (Bear and Rittenhouse, 1999). Antonini studiò in gatti deprivati monocularmente le afferenze dal genicolato alla corteccia visiva e evidenziò che le arborizzazioni terminali dei neuroni in relazione all’occhio deprivato erano fortemente ridotte, anche se le sinapsi relative a tali neuroni evidenziavano segni di indebolimento funzionale, prima di mostrare le alterazioni anatomiche (Antonini and Stryker, 1993). Perciò negli animali deprivati si ha un restringimento dei terminali assonici del genicolato sotto il controllo dell’occhio deprivato a cui segue un fenomeno, per cui le fibre che corrispondono all’occhio non deprivato invadono dei territori che normalmente non dovrebbero occupare. Come per la cataratta, se l’occhio di animali deprivati monocularmente viene esposto in tempi brevi all’esperienza visiva, si ha un recupero dell’acuità visiva; questi effetti sono duraturi, nel caso in cui la deprivazione avviene per molto tempo.
classe di dominanza oculare
% di cellule
Figura 1: distribuzione di classe di dominanza oculare in ratti normali (a
sinistra) e deprivati monocularmente (destra) durante il periodo critico (la classe 1 indica la dominanza dell’occhio controlaterale, la classe 7 dell’ipsilaterale e le classi 2-3 indicano che le cellule sono binoculari e rispondono a entrambi gli occhi). Si noti lo spostamento di dominanza oculare verso l’occhio ipsilaterale normale negli animali deprivati. Riadattata da (Di Cristo et al., 2001)
I.1.3 Il periodo critico e l’esperienza visiva
Come è stato discusso precedentemente le alterazioni sulle funzioni visive dovute a deprivazioni dell’esperienza visiva possono essere corrette solo in tempi molto precoci, altrimenti i danni alla visione diventano permanenti. Da queste considerazioni emerge che ci sono delle finestre temporali (variano da settimane a anni nell’uomo) dello sviluppo post-natale chiamati periodi critici importanti per le funzioni visive. La durata del periodo critico nell’uomo per il ripristino dell’acuità visiva è controversa; come evidenzia il caso MM l’esperienza visiva è fondamentale dopo i 3 anni di età per un normale sviluppo dell’acuità visiva. Nel sistema visivo, il periodo critico più studiato è quello per gli effetti della deprivazione monoculare sulla distribuzione di dominanza oculare dei neuroni corticali. Durante tale periodo critico si formano delle connessioni corticali e tali circuiti neurali sono altamente plastici e sono dipendenti dall’esperienza visiva. Alla chiusura del periodo critico la plasticità diminuisce in parallelo alla maturazione delle funzione visive; come si evidenzia nella figura (fig. 2) l’acuità visiva tende a svilupparsi in proporzionale al periodo critico per la dominanza
oculare, il valore finale dell’acuità visiva è raggiunto alla chiusura del periodo coincidente con la completa maturazione dei circuiti corticali. La deprivazione monoculare dopo il periodo critico non comporta nessun cambiamento nella distribuzione di dominanza oculare, questo sottolinea l’importanza dei fenomeni plastici durante il periodo critico. Come si osserva dalla figura 3, la durata del periodo critico in cui la deprivazione causa lo spostamento di dominanza oculare, è correlata con la durata della vita e anche con la complessità del cervello in diverse specie (Berardi et al., 2000). In particolare la deprivazione monoculare nei gatti non produce più effetti dopo i 3-4 mesi e nei topi gli effetti sullo spostamento di dominanza oculare in seguito a deprivazione si verificano tra 19-32 giorni di età. Più lunga è la vita, più è ampio l’arco di tempo nel quale l’esperienza può guidare la maturazione di particolari circuiti, che viene completata alla fine di tale periodo e successivamente i circuiti consolidati non vengono più alterati dall’esperienza. La durata del periodo critico può essere regolata da fattori neurotrofici (come il BDNF, appartenenti alla famiglia dei fattori di crescita) come verrà discusso nel prossimo capitolo. Ma l’esperienza visiva stessa può essere determinante alla durata del periodo critico, come infatti viene evidenziato in animali allevati al buio, che sono suscettibili dalla deprivazione monoculare per un tempo più lungo rispetto al normale, sottolineando come la mancanza di esperienza visiva prolunga la durata del periodo critico durante il quale può alterare funzioni visive (Berardi et al., 2000).
Apertura dell’occhio Apertura dell’occhio
Figura 2: Confronto tra l’acuità visiva e il decorso del periodo critico. Si noti
come lo sviluppo dell’acuità visiva in molte specie si completa alla chiusura del periodo critico per la dominanza oculare. Sono evidenziati gli effetti della deprivazione monoculare in riferimento al periodo critico. MD: deprivazione monoculare. Tratta da (Berardi et al., 2000)
Figura 3: Il periodo critico è proporzionale alla lunghezza della vita e alla
complessità delle funzioni cerebrali in molte specie incluso l’uomo. Tratta da (Berardi et al., 2000).
I.2 I MECCANISMI MOLECOLARI CHE REGOLANO
LA PLASTICITÀ IN CORTECCIA VISIVA
I.2.1 L’attività elettrica: i recettori NMDA
L’azione dell’esperienza visiva sullo sviluppo dei circuiti nervosi implica cambiamenti plastici delle connessioni sinaptiche (Berardi et al., 2003).
Un modello abbastanza accettato dei fenomeni di plasticità sinaptica è quello di Hebb. Secondo questo modello se l’attività elettrica di fibre afferenti è correlata con l’attività dei neuroni postsinaptici, le fibre afferenti possono mantenere e espandere le connessioni con i neuroni post-sinaptici. La cooperazione (tra fibre provenienti dallo stesso occhio) e la competizione (tra occhi diversi su un bersaglio comune) tra fibre afferenti sono i meccanismi che regolano molto probabilmente lo sviluppo della circuiteria corticale.
Quando i due occhi sono allineati normalmente, i segnali luminosi provenienti dalle due retine colpiscono i neuroni corticali nello stesso tempo. La sommazione di questi imput vanno a colpire contemporaneamente un neurone bersaglio per cui le connessioni sono consolidate. Nel caso di una deprivazione monoculare le fibre afferenti provenienti dall’occhio deprivato avranno poca attività e perciò i neuroni corticali possono essere guidati solo dalle fibre dell’occhio non deprivato. Le connessioni dell’occhio non deprivato verranno quindi consolidate, viceversa quelle dell’occhio deprivato saranno indebolite e perse, entrando in un fenomeno di competizione con quelle dell’altro occhio. Di conseguenza, alla fine di questo processo la maggior parte delle cellule corticali sarà guidata dall’occhio non deprivato.
I meccanismi molecolari e cellulari responsabili dei fenomeni plastici durante il periodo critico in corteccia visiva non sono ancora del tutto delineati. Sicuramente le prime modificazioni indotte dall’esperienza visiva sono a livello delle sinapsi. I recettori NMDA sono voltaggio dipendenti a causa di un blocco del canale da parte dello ione magnesio che libera il canale per potenziali di membrana depolarizzanti. Questi recettori si aprono quindi, solo in seguito a depolarizzazioni. La loro apertura permette il passaggio al sodio, del potassio, ma
anche del calcio; l’influsso del calcio attraverso il canale avverrà solo quando i terminali pre e post-sinaptici sono attivi (gli NMDA potrebbero perciò essere importanti per il postulato di Hebb) e potrà portare all’attivazione di vie di trasduzione importanti per fenomeni di plasticità. E’ stato analizzato un possibile ruolo dei recettori NMDA nella plasticità della corteccia visiva eseguendo un blocco farmacologico di questi recettori (Bear et al., 1990): ad esempio, somministrando un antagonista per il recettore NMDA nella corteccia visiva del gatto ed eseguendo la deprivazione monoculare, non si verificano gli effetti che normalmente si riscontrano in seguito alla deprivazione. Queste analisi hanno portato a stabilire che i recettori NMDA siano coinvolti nei fenomeni di plasticità in corteccia visiva. L’espressione dei recettori NMDA è regolata nello sviluppo post-natale in corteccia visiva e influenzata dall’ esperienza visiva. Inizialmente i recettori NMDA sono formati dalla subunità NR1 e quella NR2B, poi nel corso del tempo la conformazione del recettore NMDA è caratterizzata da una prevalenza della subunità NR2A al posto di NR2B; nei recettori con una presenza della subunità NR2A si assiste a una diminuzione della corrente che passa attraverso il canale. Negli animali allevati al buio la maturazione della corteccia è compromessa e viene ritardata la chiusura del periodo critico, parallelamente, come evidenzia Quinlan (Quinlan et al., 1999), in questi animali si attenua l’aumento della subunità NR2A e i suoi livelli aumentano quando questi animali vengono esposti alla luce, suggerendo che la composizione delle subunità in corteccia visiva è dinamica e regolabile dall’esperienza visiva. Circa il ruolo dei cambiamenti nella conformazione del recettore NMDA come modulatore della durata del periodo critico è stata molto controversa, infatti l’ipotesi che una presenza della subunità NR2A coincida con la chiusura del periodo critico è messa in discussione dagli esperimenti su topi transgenici che portano la delezione della subunità NR2A; la sensibilità alla deprivazione monoculare era confinata al caratteristico periodo critico (Fagiolini et al., 2003). Questi risultati sottolineano che la subunità NR2A non è fondamentale per la chiusura del periodo critico lasciando la strada ad altri possibili fattori; vedremo come le neurotrofine siano importanti nei fenomeni plastici in corteccia visiva.
I.2.2 Il ruolo delle neurotrofine
Le neurotrofine appartenenti alla famiglia dei fattori di crescita nervosi sono l’NGF (fattore di crescita nervoso) il BDNF(fattore neurotrofico derivato dal cervello) e NT-3 e NT-4 (neutrofina 3 e 4) e sono importanti in molte forme di plasticità nel sistema nervoso e nel cervello. Ogni neurotrofina lega un particolare recettore tirosina chinasico (trkA per l’ NGF, trkB per il BDNF). Le neurotrofine giocano un ruolo importante nello sviluppo post-natale della corteccia e in particolare nello sviluppo di dominanza oculare. Gli effetti della deprivazione monoculare possono essere spiegati da un processo competitivo dei segnali provenienti da entrambi gli occhi. E’ stato proposto che la competizione avvenga per l’ottenimento di un fattoe neurotrofico. Secondo questa teoria le afferenze provenienti dal genicolato competerebbero per dei fattori neurotrofici che sono prodotti in quantità limitanti dalle cellule corticali. La produzione e il rilascio di questi fattori sono attività dipendenti e l’efficacia con cui le fibre afferenti acquistano tale fattore dipende dalla loro attività. Secondo questo modello, nella deprivazione monoculare si verificherebbe uno sbilanciamento della quantità di fattori neurotrofici recepiti dagli ingressi relativi all’occhio deprivato; infatti l’attività elettrica delle fibre dell’occhio deprivato sarebbe inappropriata per ottenere una sufficiente quantità di fattore neurotrofico, per cui le sinapsi dell’occhio deprivato si indeboliscono e le arborizzazioni terminali dei neuroni si ritraggono (Berardi and Maffei, 1999). Tale modello prevede che se le neurotrofine vengono somministrate dall’esterno si possono compensare la perdita endogena di tali fattori; in effetti, mediante infusione l’ NGF in ratti deprivati monocularmente durante il periodo critico si impediscono gli effetti della deprivazione monoculare.
L’esperienza visiva quindi dirigerebbe la maturazione della corteccia visiva regolando la quantità di fattori trofici prodotti al livello corticale. Nel caso degli animali allevati al buio la perdita dell’esperienza visiva potrebbe portare a un decremento delle neurotrofine; infatti se si somministra dell’ NGF esogeno a animali allevati al buio si assiste ad un recupero delle caratteristiche di animali allevati in ambienti normali, come l’acuità visiva e la dimensione dei campi recettivi (Pizzorusso et al., 2000b). Non è ancora chiaro come l’azione delle
neurotrofine nella plasticità della corteccia visiva possa avvenire a livello cellulare. Probabilmente il rilascio delle neurotrofine potrebbe essere dipendente dall’attività elettrica, infatti negli animali allevati al buio la fosforilazione dei recettori tirosin-chinasici diminuisce rispetto agli animali esposti alla luce ed una normale fosforilazione viene ripristinata dopo breve esposizione alla luce (Viegi et al., 2002). Questo suggerisce che la mancanza di esperienza visiva e quindi la riduzione dell’attività elettrica potrebbe causare una regolazione negativa del rilascio delle neurotrofine. Dato che è stato osservato che le neurotrofine possono potenziare la trasmissione sinaptica, il ridotto apporto di neurotrofine potrebbe causare l’indebolimento delle risposte all’occhio deprivato. Per esempio nella corteccia visiva in maturazione, le neurotrofine NGF e BDNF possono far rilasciare i neurotrasmettitori da sinaptosomi di corteccia di ratto, ma solo in presenza di una depolarizzazione. L’NGF potenzia il rilascio dell’acetilcolina e del glutammato con preferenza per il glutammato. Il BDNF, oltre che su questi neurotrasmettitori, agisce anche sul rilascio del GABA, rivelando un azione di questa neurotrofina sul sistema inibitorio che approfondiremo in seguito (Sala et al., 1998). Recentemente è stato osservato che il BDNF può causare un’ eccitazione dei neuroni anche direttamente, aumentando la conduttanza dello ione sodio, un meccanismo presente in corteccia e nell’ippocampo (Kafitz et al., 1999).
Le neurotrofine secrete in seguito all’attività sinaptica possono inoltre causare delle modificazioni morfologiche a livello delle sinapsi regolando la formazione di nuove connessioni. In particolare è stato proposto che il rilascio delle neurotrofine avviene quando l’attività dei terminali assonici su uno stesso dendrite è correlata. Il rilascio attività dipendente di neurotrofine potrebbe anche regolare i fenomeni di plasticità sinaptica strutturale. Le neurotrofine a loro volta causerebbero la formazione di nuove spine e perciò i terminali dell’occhio aperto verrebbero stabilizzati (Poo, 2001).
Un’altra azione importante delle neurotrofine nella plasticità della corteccia visiva potrebbe essere l’attivazione sinergica con l’esperienza visiva di vie di traduzione che mediano la plasticità sinaptica. Come vedremo approfonditamente nel
importanti per la plasticità sinaptica come ad esempio quelle che coinvolgono il fattore di trascrizione CREB. In figura 4 è rappresentato uno schema esplicativo dei possibili meccanismi d’azione delle neurotrofine in corteccia visiva.
Modificazioni strutturali Diretta eccitazione Aumento del rilascio del neurotrasmettitore Attivazione genica per la plasticità Attivazione di vie di traduzione per la plasticità sinaptica neurotrofine
Figura 4: Diversi meccanismi mediante i quali si esplica l’azione delle
neurotrofine in corteccia visiva.
I.2.3 Il BDNF e il sistema inibitorio nella plasticità corticale
Le interazioni di tipo inibitorio sono importanti per la plasticità della corteccia visiva, infatti è stato proposto che il bilancio tra eccitazione e inibizione definisca una finestra temporale in cui l’esperienza visiva può influenzare l’organizzazione corticale; questa finestra temporale corrisponde al periodo critico (Berardi et al., 2003). A conferma del ruolo del sistema inibitorio nello sviluppo dei circuiti corticali, ci sono i lavori di Hensch (Hensch et al., 1998) in topi transgenici che hanno perso l’isoforma dell’enzima che sintetizza il GABA (GAD65). Questo enzima è coinvolto nella produzione del GABA a livello dei terminali pre-sinaptici in quantità tali da permettere il rilascio veloce e prolungato del neurotrasmettitore durante un’attività neurale intensa. In questi mutanti la deprivazione monoculare non causava il classico spostamento di dominanza
oculare verso l’occhio non deprivato, tuttavia se i topi mutanti venivano trattati con benzodiapine, che causano un potenziamento della trasmissione del GABA, si verificavano gli effetti di una normale deprivazione. Perciò, da queste osservazioni si è dedotto che se l’inibizione è ridotta, l’inizio del periodo critico possa essere ritardato. Questo suggerisce che occorra una certa soglia di inibizione affinché possa partire il periodo critico (Berardi et al., 2003).
Il BDNF sembra quindi giocare un ruolo diverso da NGF nello sviluppo del sistema visivo a causa della sua azione sul sistema inibitorio. In topi che sovra-esprimono il BDNF, c’é una maturazione della corteccia più rapida, infatti vi è un precoce sviluppo dell’acuità visiva e una chiusura del periodo critico per la dominanza oculare più precoce. In questi topi transgenici l’esposizione precoce al BDNF, causa uno sviluppo accelerato dell’inibizione mediata dal GABA (Huang et al., 1999). Alla luce di quanto esposto prima, nei topi che sovra-esprimono il BDNF, la soglia di inibizione per l’inizio del periodo critico viene raggiunta prima. Lo sviluppo precoce dell’inibizione nei topi sovra-esprimenti il BDNF determina anche una chiusura precoce del periodo critico. La maturazione dell’inibizione potrebbe quindi determinare l’esistenza di una seconda soglia di inibizione che regolerebbe la chiusura del periodo critico.
Alcuni studi rivelano che la maturazione dei circuiti inibitori sia ritardata negli animali allevati totalmente al buio (dark-reared), ed è possibile che questo contribuisca a un ritardato sviluppo della corteccia. Dato che è stata rilevata una riduzione del BDNF negli animali allevati al buio, si è studiato se la sovraespressione del BDNF potesse compensare gli effetti dell’allevamento al buio. Si è osservato che l’acuità visiva e i campi recettivi dei neuroni corticali dei topi sovraesprimenti il BDNF hanno valori non differenti da quelli osservati in topi della stessa età normalmente esposti alla luce (Gianfranceschi et al., 2003). A sottolineare come una alterata maturazione dei circuiti inibitori, possa influire sulla durata del periodo critico, si osserva che negli animali al buio, nei quali l’inibizione è compromessa, vi e’ un prolungamento del periodo critico per la plasticità di dominanza oculare. Tuttavia, se viene ripristinata la normale maturazione dell’inibizione mediata dal GABA, come avviene nei topi che
sovra-I.2.4 Le diverse vie di trasduzione legate alla plasticità in
corteccia visiva
Abbiamo descritto il legame tra neurotrofina e neurotrasmettitore nella plasticità in corteccia visiva; l’azione di entrambi questi fattori è mediata dall’attivazione di specifiche vie di trasduzione. Gli studi hanno evidenziato un ruolo importante per tre chinasi: la PKA, αCaMKII e ERK; queste chinasi sono attivate da diversi segnali intracellulari, ma sono strettamente interconnesse tra di loro.
La PKA (proteina cAMP dipendente) è una proteina chinasi, importante per i processi di plasticità sinaptica. In particolare, è una componente della via di trasduzione, che regola la plasticità corticale durante il periodo critico, come evidenziano Beaver e altri collaboratori (Beaver et al., 2001). Essi somministrarono un inibitore di PKA in corteccia visiva di animali deprivati monocularmente; il trattamento bloccava lo spostamento di dominanza oculare verso l’occhio non deprivato, che si verifica normalmente in seguito a deprivazione. La chinasi αCaMKII (chinasi calcio calmodulina dipendente di tipo II) è abbondante nella densità post-sinaptica delle sinapsi eccitatorie. La sua attivazione avviene attraverso il legame del calcio (il cui influsso avviene tramite i recettori NMDA) e il cofattore della calmodulina; l’autofosforilazione della αCaMKII la rende autonoma dal calcio e quindi attiva per un tempo più lungo; una caratteristica importante per fenomeni di plasticità a lungo termine. αCaMKII è importante come la PKA e ERK nella plasticità di dominanza oculare; infatti in topi transgenici deprivati monocularmente, che hanno una forma mutata di αCaMKII, per cui non si possono autofosforilare, la distribuzione di dominanza oculare si differenzia da quelli normali e deprivati (Taha et al., 2002).
Un’altra chinasi importante per la plasticità sinaptica della corteccia visiva è ERK (Di Cristo et al., 2001). L’ attivazione di ERK è fondamentale nei cambiamenti plastici durante il periodo critico, come si evidenzia dal trattamento con l’UO126, inibitore di ERK, in animali deprivati monocularmente. Questo trattamento inibiva gli effetti della deprivazione monoculare e infatti lo spostamento di distribuzione di dominanza oculare non avveniva negli animali trattati. Inoltre, l’effetto dell’inibitore di ERK era specifico per la plasticità, in quanto esso non influiva sulle proprietà funzionali visive degli animali trattati (campi recettivi e
acuità visiva) (Di Cristo et al., 2001). Queste tre vie di trasduzione sono molto collegate tra di loro e in particolare le vie di trasduzione delle chinasi αCaMKII e la PKA confluiscono nell’attivazione di ERK. Infatti la chinasi αCaMKII permette un’attivazione della via di ERK, tramite la proteina SynGAP associata ai recettori NMDA (Grewal et al., 1999). Anche la PKA è a monte della via di ERK; una prova che suggerisce l’esistenza di un legame tra queste due chinasi è riportata in studi sui neuroni ippocampali, dove la PKA permette la traslocazione nel nucleo di ERK e di RSK, una chinasi a valle di ERK (Impey et al., 1998) e in sudi sulla corteccia visiva in cui la somministrazione di analoghi inibitori dell’AMP ciclico attenuava fortemente l’attivazione di ERK da stimolazione visiva (Cancedda et al., 2003).
I.2.5 Le vie di trasduzione confluiscono nell’attivazione del fattore
di trascrizione CREB
Sia la PKA e ERK traslocano nel nucleo e attivano CREB, un fattore di trascrizione molto importante nella trascrizione di geni implicati nella plasticità a lungo termine e in particolare, come vedremo nel prossimo capitolo, per la plasticità della dominanza oculare. L’attivazione di CREB da parte di αCaMKII rimane incerta. Anche se la CaMKIV (proteina chinasi calcio calmodulina dipendente) è considerata importante nell’attivazione di CREB in forme di memorie nell’amigdala (Wei et al., 2002), il suo ruolo in corteccia visiva non è delineato. Sia la PKA e ERK sono vie di trasduzione potenzialmente in grado di attivare autonomamente CREB in corteccia visiva. Tuttavia, un’osservazione sperimentale suggerisce che la via più importante nell’attivazione di CREB, in corteccia visiva, potrebbe essere ERK; infatti in corteccia visiva di topi transgenici in cui un gene reporter è posto sotto il controllo esclusivo di CREB, la trascrizione genica mediata dal CREB è bloccata usando l’inibitore di ERK. In questi topi, bloccando la PKA si ha una riduzione dell’espressione mediata dal CREB e viene ridotta anche la fosforilazione di ERK (Cancedda et al., 2003). Quindi gli effetti del blocco della PKA possono essere dovuti a un’inbizione
In conclusione, la via di ERK si presenta come una buona candidata, per mediare l’azione di diversi stimoli esterni (dall’attività elettrica all’azione delle neurotrofine) e rappresentare un fattore su cui possono convergere varie vie di trasduzione. La via di ERK, inoltre, può regolare l’attivazione di fattori di trascrizione come il CREB e quindi permettere di trasdurre i segnali esterni nella regolazione dell’espressione genica. Questo causa delle modificazioni, che sono alla base della plasticità sinaptica, essenziali durante la maturazione della corteccia visiva, durante il periodo critico.
La via di ERK verrà ampiamente descritta nella prossima sezione, considerata l’importanza che questa chinasi riveste, nello svolgimento di questa tesi.
I.3 LA VIA DI ERK: UNA VIA DI TRASDUZIONE CHE
MEDIA L’AZIONE DELLE NEUROTROFINE E
DELL’ATTIVITÀ ELETTRICA SUGLI EVENTI
TRASCRIZIONALI NELLA PLASTICITÀ SINAPTICA
La via di trasduzione del segnale che coinvolge l’attivazione delle proteine chinasi attivate da mitogeni (MAPK) è una via di segnalazione intracellulare attivata da fattori di crescita, ormoni, stress ecc., che mostra una alto grado di conservazione nell’evoluzione. Ad esempio, nel lievito si ritrovano proteine con omologie con le MAPK dei mammiferi e che svolgono ruoli di trasduzione di segnali come l’alta osmolarità o la mancanza di nutrienti. Dal lievito all’uomo, la via della MAPK è organizzata in moduli conservati, formati dall’attivazione sequenziale di diverse chinasi (Widmann et al., 1999).
Tra le vie di MAPK, quella più descritta nei mammiferi è quella che coinvolge le chinasi ERK1,2 (chinasi regolate da segnali extracellulari). Queste chinasi sono importanti in fenomeni di crescita e differenziamento cellulare, in diversi tipi cellulari. Le due isoforme ERK2 e ERK1, che chiameremo collettivamente ERK, hanno peso molecolare rispettivamente di 42kDa e 44kDa, e si attivano in seguito a diversi stimoli che convergono su proteine G, come Ras. L’attivazione del Ras dipende dal suo legame con il GTP. La presenza di Ras-GTP è sotto il controllo di due tipi di fattori: i fattori di scambio del nucleotide guanilico (GEF) che catalizzano lo scambio del GDP per GTP su Ras, e quindi stimolano l’azione del Ras, e da fattori attivanti l’attività GTPasica di Ras (GAP) che stimolano la trasformazione del Ras-GTP in Ras-GDP, riducendo, così, l’attivazione di Ras. L’attivazione di Ras causa un’attivazione a cascata di varie chinasi, che inizia con la chinasi RAF, che a sua volta fosforila residui di serina o treonina della chinasi MEK1,2, una chinasi a doppia specificità, che fosforila sia residui di tirosina che di treonina di ERK1,2. L’attivazione di ERK1,2 da parte di MEK è straordinariamente specifica, essendo ERK l’unico substrato conosciuto di MEK (Thomas and Huganir, 2004).
Numerosi lavori indicano che la via di ERK, è molto attiva a livello del sistema nervoso, dove ha un ruolo sia nello sviluppo, sia in fenomeni di plasticità sinaptica. Riassumeremo ora le modalità di attivazione di ERK nei neuroni, e il suo ruolo nella plasticità.
I.3.1 La via di ERK è un importante mediatore dell’ azione delle
neurotrofine
Abbiamo precedentemente riportato i dati, che mostrano che le neurotrofine siano prodotte, in modo dipendente dall’esperienza visiva e che la loro somministrazione, durante il periodo critico, interferisce con i fenomeni di plasticità nella corteccia visiva.
La via di ERK è fortemente attivata nei neuroni corticali a seguito della stimolazione con neurotrofine. Le neurotrofine si legano a recettori tirosino-chinasici e ne stimolano l’attività tirosino-chinasica che, inizialmente, fosforila dei residui tirosinici posti sui recettori stessi potenziandone ulteriormente l’attività enzimatica. In seguito, avviene la fosforilazione di altri residui nella parte intracellulare del recettore, che generano dei siti di attacco per diverse proteine di adattamento, (adapter) che sono correlate a tre vie di trasduzione: la via di ERK, di PI3K e della fosfolipasi Cγ1. Per l’attivazione di ERK è importante l’azione della proteina di adattamento Shc, che dopo essersi legata ad uno dei siti fosforilati del recettore, viene da esso fosforilata. La proteina Grb2 lega Shc e dopo essere fosforilata, recluta la proteina Sos. Sos è una proteina che fa parte dei GEF e quindi promuove lo scambio del GDP con il GTP sulla proteina Ras. Così Ras-GDP diventa Ras-GTP e può quindi attivare la cascata di chinasi descritta precedentemente che coinvolge Raf, MEK e ERK.
La fosforilazione di Grb2, genera anche un sito di attacco per la proteina di adattamento Gab1, che a sua volta determina l’attivazione della chinasi PI3K. Gab1 potrebbe essere coinvolto anche nell’attivazione di ERK, in quanto forma un complesso con Shp-2, una proteina fosfatasi, che aumenta l’attivazione della via Ras/ERK, con meccanismi ancora ignoti (Patapoutian and Reichardt, 2001).
Tramite un residuo fosforilato, sul recettore tirosino-chinasico, viene reclutata anche la fosfolipasi C-γ1, che viene fosforilata e attivata dall’attività enzimatica del recettore. Essa agisce, idrolizzando i fosfatidilinositidi a formare il diacilglicerolo (DAG) e l’inositolo 1,4,5 trifosfato (IP3). L’IP3 causa un aumento della concentrazione del calcio nel citoplasma, mediante il suo rilascio da parte dei magazzini intracellulari. L’aumento di calcio attiva la proteina chinasi, regolata dalla calmodulina e le isoforme della protein chinasi C. In alcuni tipi cellulari, come ad esempio, le cellule PC12, l’attivazione di questa via da parte della neurotrofina, NGF, può a sua volta attivare ERK (Huang and Reichardt, 2001).
I.3.2 La via di ERK è attivata dall’attività elettrica neuronale
Numerosi esperimenti hanno dimostrato, che nei neuroni la via di ERK è finemente regolata dall’attivazione di vari recettori sinaptici, sia ionotropi che metabotropi. Un ruolo particolarmente importante nel collegare l’attività sinaptica e la depolarizzazione a ERK è giocato dal calcio e dal cAMP.
Dai recettori ionotropici degli NMDA, o dai canali voltaggio dipendenti, si ha un influsso di calcio, che interviene nella cascata di ERK, a livello del Ras. Infatti, l’aumento del calcio citoplasmatico determina un aumento del Ras legato al GTP, che poi attiva la cascata descritta precedentemente, che coinvolge RAF ,MEK e ERK (Thomas and Huganir, 2004). Non è ancora stato chiarito, come l’influsso di calcio possa attivare Ras, anche se l’ipotesi corrente è, che siano coinvolti dei fattori GEF o GAP calcio-dipendenti. Questi fattori possono essere diversi, a seconda dei tipi neuronali o degli stimoli extracellulari. Ad esempio, è stato identificato RAS-GRF1, come fattore di scambio del GDP con il GTP calcio-dipendente. Il flusso di calcio attraverso i recettori NMDA, o i canali per il calcio di tipo L, crea un microdominio, vicino al canale, in cui è presente un’aumentata concentrazione di calcio. Gli studi sul canale calcio di tipo L hanno dimostrato che la calmodulina è posizionata strategicamente per recepire il calcio che circonda la bocca interna del canale. Infatti la calmodulina legata al calcio si lega
dipendente che promuove la formazione del Ras-GTP, portando quindi all’attivazione della via di ERK (Cullen and Lockyer, 2002).
Dal lavoro di Krapivinsky, (Krapivinsky et al., 2003) ne emerge che RASGRF1 si lega in modo specifico, alla subunità NR2Bdel recettore NMDA. Poiché la distruzione di queste interazioni, danneggia l’attivazione di ERK, dipendente dagli NMDA, RAFGRF1 risulta essere un regolatore dell’attivazione di ERK. Un’ altra proteina che collega l’attivazione del recettore NMDA, con RAS e la via di ERK, è SynGAP, che è una RAS-GTPasi, ed è localizzata esclusivamente sulla densità postsinaptica, la sua azione è di tipo inibitorio su RAS, però SynGaP potrebbe essere inibita dal calcio, attraverso la fosforilazione dalla chinasi αCaMKII (Grewal et al., 1999).
L’attivazione di ERK può essere mediata, anche da alcuni recettori metabotropici accoppiati alle proteine G, come ad esempio, i recettori β-adrenergici, i recettori muscarinici per l’acetilcolina e alcuni recettori metabotropici per il glutammato(del gruppo1). Infatti nel cervello, i recettori M1 muscarinici e i recettori per il glutammato, di tipo 1, attivano ERK nei neuroni piramidali in CA1 dell’ippocampo, mentre i recettori β-adrenergici attivano ERK, negli interneuroni dell’ippocampo (Berkeley and Levey, 2003).
I meccanismi molecolari, che interessano dall’attivazione del recettore metabotropici, alla via di ERK, rimangono poco chiari; infatti, i recettori metabotropici possono attivare, diversi secondi messaggeri e diverse chinasi, però rimane ignoto come questi attivano ERK. I recettori β-adrenergici, in seguito al legame con il ligando, attivano la proteina Gs, essa passa nella conformazione attiva legata al GDP ed è in grado di stimolare l’adenilato ciclasi; questo enzima è in grado di produrre il cAMP, ed è in grado di attivare la via di traduzione della PKA la quale potrebbe a sua volta attivare la via di ERK. Nel caso dei recettori muscarinici per l’acetilcolina, (sottotipi M1, M3 e M5) viene attivata un altro tipo di proteina Gq/11, che attiva la fosfolipasi C, un enzima che rilascia diacilglicerolo(DAG) e inositolo 1,4,5,trifosfato (IP3). Il DAG attiva la protein chinasi C, mentre, l’IP3 permette la liberazione del calcio dai depositi intracellulari (Kandel et al., 2003). In particolare, il recettore M1, può mediare l’azione della fosfolipasi C e di ERK, come viene evidenziato in colture di
neuroni corticali di topi con delezione del recettore M1 muscarinico: in questi neuroni si ha una ridotta idrolisi degli inositodi e una diminuzione dell’attivazione di ERK1,2 (Hamilton and Nathanson, 2001). Per quanto riguarda i canali per il glutammato di gruppo1 (mGlur1), come i muscarinici descritti prima, preferenzialmente si legano alle proteine Gq/11, attivando la fosfolipasi C, e quindi attivano la PKC, causando un aumento di calcio (Hermans and Challiss, 2001). Le chinasi PKA e PKC, sulle quali confluiscono i diversi secondi messaggeri, attivati dai recettori metabotropici, potrebbero attivare ERK. Infatti, nella regione CA1 dell’ippocampo, attivando i recettori muscarinici e quelli per il glutammato, viene attivata ERK con la via della PKC (Roberson et al., 1999); sempre nell’ippocampo, in seguito ad attivazione dei recettori beta adrenergici, si ha l’attivazione di ERK dipendente dalla PKA (Winder et al., 1999). I meccanismi molecolari tramite cui la PKA e la PKC possono attivare ERK in risposta ai recettori metabotropici sono ancora dibattuti. Nelle cellule PC12 un’aumento del cAMP attiva la PKA e successivamente Rap1, che agisce sull’isoforma di Raf, B-RAF (Grewal et al., 2000) e da questa si attiva MEK e poi ERK. L’aumento del cAMP potrebbe attivare indipendentemente dalla PKA, il CNrasGEF, un attivatore di Ras presente soprattutto nel cervello (Pham et al., 2000). In corteccia visiva, l’esperienza visiva può causare l’attivazione di ERK, tramite l’intervento delle neurotrofine o dall’attività elettrica, o entrambi i meccanismi possono essere coinvolti; il nostro studio è indirizzato a capire, la via di ERK e dei suoi bersagli a valle, in relazione all’esperienza visiva.
I.3.3 ERK nei fenomeni di plasticità sinaptica
Numerosi studi hanno mostrato che ERK abbia un ruolo importante nella plasticità sinaptica. Nel mollusco Aplysia, il fenomeno di facilitazione a lungo termine coinvolge l’intervento di ERK (Kandel, 2001; Bailey et al., 2004). Nei mammiferi ERK è importante nei fenomeni di potenziamento a lungo termine (LTP). Il LTP è una forma di plasticità sinaptica, in cui un treno di stimoli ad alta frequenza determina un’ aumento dell’ampiezza dei potenziali sinaptici eccitatori
mantenimento delle tracce di memoria. Il LTP è caratterizzato da due fasi, quella a breve termine, che non richiede la sintesi di nuove proteine e quella a lungo termine che, invece, ne richiede di nuova sintesi.
Nell’ippocampo ERK è coinvolta nel potenziamento a breve termine (E-LTP) fosforilando il canale kv4,2, che è un particolare canale per il potassio voltaggio dipendente di tipo transiente; questo canale si trova nei dendriti, delle cellule piramidali dell’ippocampo. In seguito a fosforilazione del canale su tre siti da parte di ERK (Adams et al., 2000), la corrente che passa dal canale è minore, per cui aumenta l’eccitabilità favorendo l’induzione dell’LTP per mezzo di un incremento dell’influsso di calcio. Nei fenomeni di LTP a lungo termine, l’attivazione di ERK, è stata osservata in vivo, nel giro dentato dell’ippocampo. Tale fosforilazione di ERK è in concomitanza con la fosforilazione dei due fattori di trascrizione CREB ed ELK, e con l’espressione di geni precoci come zif268. Infatti l’inibizione di ERK causa blocca la fosforilazione dei fattori di trascrizione CREB e ELK, l’espressione genica e causa un decadimento precoce dell’LTP (Davis et al., 2000). ERK è coinvolta anche nei fenomeni di LTP a livello della corteccia visiva. Infatti usando l’UO126, inibitore di ERK, in corteccia visiva, non c’è l’induzione dell’LTP e quindi ERK è necessaria per i fenomeni di potenziamento. E’ di particolare interesse che il tipo di LTP utilizzato in questo studio fosse presente solo durante il periodo critico suggerendo che sia coinvolta nei fenomeni di plasticità che avvengono durante il periodo critico.
Uno dei meccanismi molecolari alla base dell’azione di ERK nella LTP coinvolge l’entrata di calcio attraverso i recettori NMDA. L’aumento di calcio attiverebbe ERK e ciò determinerebbe inizialmente l’inserzione di nuovi recettori AMPA a livello sinaptico, ed in seguito potrebbe determinare, con meccanismi che coinvolgono ERK, cambiamenti a lungo termine delle spine dendritiche. In particolare è stata osservata la generazione di nuove spine e, dato che le spine sono la sede di sinapsi principalmente di tipo eccitatorio, questi processi potrebbero essere importanti per aumentare la tramissione sinaptica. Questi cambiamenti vengono impediti dagli inibitori di ERK, suggerendo un ruolo di ERK in questi eventi (Thomas and Huganir, 2004). Ad esempio nel lavoro di Wu (Wu et al., 2001), la stimolazione di neuroni ippocampali, con spaziate
depolarizzazioni della membrana causano l’attivazione di ERK, la quale era necessaria per la protrusione di nuovi filopodi nei dendriti. Questi filopodi rimangono stabili per ore. L’attivazione di ERK prolungata, causa, infatti, l’attivazione della traduzione, andando a fosforilare il fattore eIF4E, che è importante per la sintesi proteica. Infatti eIF4E è un fattore di inizio della traduzione che nella sua forma fosforilata provoca un aumento della traduzione, in cellule stimolate da siero. Inoltre la fosforilazione di eIF4E da parte di ERK è coinvolta nei fenomeni di LTP a lungo termine e nel condizionamento alla paura, un compito di memoria implicita studiato negli animali (Klann and Dever, 2004). Questo risultato è in accordo con altri studi che hanno dimostrato che, nei mammiferi, ERK è coinvolta in alcune forme di memorie a lungo termine, come la memoria spaziale e il condizionamento alla paura. In un test di memoria spaziale in cui un animale deve imparare a ricordare la posizione di una piattaforma nascosta in una vasca piena d’acqua e colorante (il labirinto di Morris), l’allenamento degli animali causa l’attivazione di ERK nell’ippocampo, e l’infusione dell’ippocampo con l’inibitore di ERK danneggia l’abilità di ricordare la posizione della piattaforma nascosta. Ciò dimostra che ERK sia coinvolta in questo tipo di memoria. Nel condizionamento alla paura, l’esperimento classico è di sottoporre un animale, in un particolare contesto o in accoppiamento con un suono, a una scossa elettrica. L’apprendimento è dimostrato da un irrigidimento dell’animale (il “freezing”) in risposta al solo tono o al solo contesto. In questa forma di memoria si attiva ERK nell’amigdala e animali trattati con gli inibitori di ERK in questo nucleo reagiscono con una ridotta percentuale di freezing allo stimolo condizionato, suggerendo che non hanno associato il tono o il contesto con la scossa elettrica (Thomas and Huganir, 2004).
I.3.4 MSK e RSK, due chinasi che attivano il CREB
La fosforilazione di ERK da parte di MEK, permette la sua dimerizzazione. I dimeri possono traslocare nel nucleo e regolare l’azione di fattori di trascrizione come ELK (Sweatt, 2001). Di particolare interesse è l’azione di ERK sul fattore di
trascrizione CREB a causa dell’importanza del CREB in varie forme di apprendimento e memoria (Lonze and Ginty, 2002).
ERK 1/2 è in grado di attivare delle chinasi come MSK e RSK che mediano l’azione di ERK sul fattore di trascrizione CREB. Infatti, ERK1/2 non può fosforilare direttamente il fattore CREB sulla serina 133, perché questo residuo non si trova all’interno di un sito di fosforilazione diretto dalla prolina (il substrato di ERK è un motivo diretto dalla prolina). La chinasi RSK era stata identificata come la CREB chinasi attivata in risposta a fattori di crescita. La chinasi RSK, è costituita dal dominio N-terminale, responsabile della fosforilazione dei substrati, dalla regione di legame, dalla regione C-terminale che regola quella N-terminale e infine il sito di attacco per ERK (Frodin and Gammeltoft, 1999). La sovra-espressione di mutanti inibitori di RSK riduceva, infatti, la fosforilazione di CREB indotta dal fattore di crescita epidermico (EGF) e la mancanza di RSK causava nelle cellule una perdita della fosforilazione di CREB stimolata dall’EGF. Ciò suggeriva pertanto che RSK poteva essere una CREB chinasi (Xing et al., 1996).
La chinasi MSK1 (proteina chinasi attivata da stress e mitogeni) è attivabile da ERK e da p38 (un’altra MAP chinasi legata allo stress cellulare). MSK è localizzata esclusivamente nel nucleo dove può fosforilare il fattore di trascrizione CREB sulla serina 133 (Deak et al., 1998). Nel nucleo suprachiasmatico, dove sono regolati i ritmi circadiani, MSK è fosforilata in seguito alla stimolazione fotica, che attiva anche il CREB (Butcher et al., 2005). Esperimenti sui neuroni del SNC hanno dimostrato che MSK è in grado di fosforilare il fattore di trascrizione CREB anche in risposta alle neurotrofine (Arthur et al., 2004). Inoltre, è stato evidenziato in cellule deficienti di RSK, che la fosforilazione di CREB non è attenuata (Bruning et al., 2000); l’ipotesi che RSK sia la CREB chinasi rimane quindi ancora discussa, e tuttora il contributo di MSK e di RSK sulla fosforilazione di CREB rimane controversa.
CREB (proteina di legame al CRE) appartiene alla famiglia dei fattori di trascrizione a cerniera di leucine. Ha un dominio C-terminale, basico che media il legame al DNA e un dominio a cerniera di leucine, che facilita la dimerizzazione
(Lonze and Ginty, 2002). Infatti CREB si lega come dimero, a un elemento di risposta al cAMP (CRE),TGACGTCA.
Le isoforme di CREB ,CREB α e CREB∆, oltre al dominio a cerniere di leucine, hanno due domini ricchi di glutammica, Q1 e Q2/CAD, (dominio attivo costituivamente) che sono separati da KID (dominio chinasico inducibile). Nel dominio KID c’è una serina 133 che viene fosforilata, in seguito a diversi stimoli. La fosforilazione permette il legame tra il suo dominio KID e il coattivatore trascrizionale (CBP). CBP lega la serina 133 fosforilata, attraverso un altro suo dominio KIX.. Questa interazione tra i due domini, è importante per l’espressione dei geni inducibili. CBP si lega CREB ed è in grado di legare i componenti basali per la trascrizione; CBP ha inoltre un’azione acetiltransferasica nei confronti degli istoni, che vengono quindi modificati permettendo un rimodellamento della cromatina e l’attivazione della trascrizione genica. E’ importante completare la descrizione molecolare di CREB, analizzando brevemente le sue funzioni. Il fattore di trascrizione CREB può essere attivato in seguito a diversi stimoli. Nel sistema nervoso è associato alla sopravvivenza di neuroni simpatici in vitro; infatti la sua perdita può dare a una forma di apoptosi (Lonze and Ginty, 2002). CREB è importante nei fenomeni di plasticità sinaptica come ad esempio, nei processi di sensitizzazione a lungo termine nell’Aplysia (Kandel, 2001). L’importanza di REB è conservata evolutivamente; infatti CREB è importante per la plasticità neurale in Drosophila e viene attivato nei fenomeni di LTP nell’ippocampo e in particolare nel giro dentato (Davis et al., 2000). L’azione del CREB nei fenomeni di plasticità sinaptica sembrerebbe avvenire a livello dell’ induzione di fenomeni di plasticità a lungo termine in cui sia necessaria la trascrizione genica.
ERK e CREB sono dei mediatori importanti dell’azione delle neurotrofine, nella corteccia visiva: nei neuroni corticali in coltura stimolati con il BDNF vi è un incremento della fosforilazione di CREB e conseguentemente dell’espressione genica, visibile con l’attivazione dell’espressione del gene c-fos. Ed è proprio l’attivazione di ERK, che regola questi processi; infatti con l’UO126, inibitore di ERK, viene impedita l’attivazione del CREB e l’espressione del gene c-fos
plasticità della dominanza oculare in corteccia visiva, infatti durante la deprivazione monoculare, la trascrizione del LacZ, gene reporter guidato dalle sequenze CRE (che si legano in modo specifico a CREB) viene aumentata (Pham et al., 1999). La trascrizione mediata dal CREB è necessaria affinché i fenomeni alla base della plasticità della dominanza oculare abbiano luogo, infatti un vettore virale che esprime un dominante negativo di CREB iniettato in corteccia visiva di furetti deprivati monocularmente impedisce lo spostamento di dominanza oculare verso l’occhio non deprivato (Mower et al., 2002). Da questi ultimi esperimenti, si deduce, che la funzione di CREB è necessaria per la plasticità di dominanza oculare.
La regolazione della trascrizione genica durante vari fenomeni di plasticità neurale implica anche cambiamenti a livello della cromatina che favoriscono la trascrizione di geni importanti per la plasticità. E’ stato ipotizzato che questi cambiamenti potrebbero essere legati all’attivazione di ERK e dei suoi bersagli a valle. Nel nucleo il DNA è altamente impacchettato nella cromatina, un complesso di DNA e proteine. I componenti proteici della cromatina, consistono di un gruppo di proteine altamente basiche: gli istoni. Gli istoni fanno parte del nucleosoma, che consiste in un ottametro di proteine istoniche, costituito da un tetrametro di H3 e H4 e un dimero di H2A e H2B; le interazioni tra gli istoni con il DNA, sono dovute alle regioni N- terminali delle proteine istoniche. In queste regioni N- terminali, ci sono alcuni siti capaci di subire modificazioni post-traduzionali come l’acetilazione e la fosforilazione. L’acetilazione avviene sui residui di lisina, carichi positivamente, da cui dipende l’interazione dell’istone con il DNA. Questa modifica permette di neutralizzare la carica positiva dell’istone e di destabilizzare la sua interazione con il DNA. La reazione viene catalizzata da alcune acetiltransferasi, che trasferiscono tramite l’acetilCoA un gruppo acetile alla lisina. La fosforilazione dell’istone H3 sulla serina 10, è anch’essa in grado di facilitare la trascrizione genica e può essere mediata da RSK e da MSK, le chinasi a valle nella via di ERK precedentemente descritte. Esistono delle fosfatasi come PP1 e PP2A, che rimuovendo il gruppo fosfato, regolano negativamente i livelli di fosforilazione dell’istone H3 (Levenson and Sweatt, 2005). Alcuni autori avevano evidenziato in fibroblasti stimolati da fattori di crescita la presenza di
fosforilazione dell’istone H3 in concomitanza dell’attivazione del c-fos. Nel sistema nervoso è stata analizzata la fosforilazione dell’istone H3 nel nucleo supraschiamatico. Degli impulsi di luce inducevano la fosforilazione dell’istone H3 e la distribuzione dei neuroni positivi per H3 fosforilato coincideva con il profilo trascrizionale del gene c-fos e di per, un gene implicato nella regolazione dei ritmi circadiani (Nowak and Corces, 2004). Anche nei neuroni ippocampali stimolati con dei farmaci agonisti dei recettori dopaminergici, muscarinici per l’acetilcolina, vi era un induzione della fosforilazione dell’istone H3 sulla serina 10 e negli stessi neuroni si evidenziava la trascrizione del c-fos. La fosforilazione dell’istone era correlata, negli stessi neuroni, all’attivazione di ERK (Crosio et al., 2003). Tali meccanismi di regolazione della cromatina, sono implicati nelle memorie a lungo termine a livello dell’ippocampo. Infatti l’acetilazione dell’istone H3 era aumentata, in modo dipendente dall’attività dei recettori NMDA, nel condizionamento al contesto nella regione CA1; in tale memoria era richiesta la cascata di ERK.
In figura 5, viene presentato un schema riassuntivo, della via di attivazione di ERK (tramite l’azione delle neurotrofine e dell’attività elettrica) e dei suoi bersagli a valle.
cAMP
P
CBP
Figura 5: La via di ERK può essere attivata grazie all’azione delle neurotrofine e
dell’attività elettrica, con l’ influsso di calcio dai recettori per il glutammato. Questi segnali portano all’attivazione sequenziale, di diverse chinasi che culminano nell’attivazione di MEK, chinasi in grado di attivare selettivamente ERK. ERK può attivare diversi bersagli citoplasmatici e tramite MSK e RSK può fosforilare il fattore di trascrizione CREB, che si lega alle sequenze CRE sul promotore, attivando la trascrizione genica; inoltre CREB quando è nella forma fosforilata, recluta il coattivatore CBP, che ha un azione acetiltrasferasica, di conseguenza acetila le proteine istoniche, in particolare l’ istone H3, e nello stesso tempo MSK, potrebbe fosforilare l’istone H3. Tali modificazioni post-traduzionali renderebbero la cromatina attiva per la trascrizione genica. (Ca: calcio, AC: adenilato ciclasi, PP1: fosfatasi che inibisce CaMKII).
OBIETTIVI DELLA TESI
Nonostante che l’esperienza visiva, abbia un ruolo fondamentale nella corretta maturazione della corteccia visiva, i meccanismi molecolari che ne mediano l’azione sono ancora poco noti. Questa tesi investiga il ruolo della via di ERK, nel trasdurre l’azione dell’esperienza visiva sulla trascrizione genica. Gli studi si basano su precedenti risultati (Cancedda et al., 2003) che dimostravano che l’esperienza visiva attivava la fosforilazione di ERK nei neuroni della corteccia visiva durante il periodo critico, e che questa attivazione era necessaria affinché l’esperienza visiva attivasse la trascrizione genica mediata dal fattore di trascrizione CREB. Verrà presentato brevemente un riepilogo di questi dati ottenuti precedentemente nel nostro laboratorio che saranno utili per la comprensione di questo studio.
BASE DI PARTENZA L’attivazione di ERK
L’esperienza visiva causa durante il periodo critico causa un’attivazione della fosforilazione di ERK. Un gruppo di topi durante il periodo critico è stato esposto per tempi diversi alla luce (5, 15 , 40min) dopo un periodo di completo buio. Come controllo erano stati analizzati usati animali al buio completo. La figura 6 illustra tramite immagini acquisite e al microscopio confocale in corteccia visiva e tramite il grafico per quantificare i dati, l’attivazione di ERK.
dr 15 min 0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500
2h
40 dr 5 15Cellule per campo
Minuti di luce
Figura 6: In alto immagini delle marcature per ERK fosforilata acquisite al
microscopio confocale. A sinistra la marcatura per pERK in animali allevati al buio (dr), a destra la marcatura negli animali esposti a 15 min di luce. L’immagine in fluorescenza è riporta in gradazione di grigio.
In basso numero di cellule per campo che sono marcate per pERK a diversi tempi di esposizione alla luce in topi durante il periodo critico. Si noti il picco di fosforilazione di ERK tra 5 e 15 min di luce per poi scendere a 40 min al livello basale dato dal dr. Ogni simbolo rappresenta la media delle conte per animale e inoltre è rappresentata la media +- SEM per ogni gruppo sperimentale.
L’espressione genica mediata dal CREB
Erano stati usati dei topi transgenici che esprimono il gene lacZ sotto il controllo esclusivo di un promotore con le sequenze CRE (Cancedda et al., 2003) alle quali si legava in modo specifico il fattore di trascrizione CREB. Il protocollo sperimentale prevedeva 3 gruppi: nel primo ci sono i topi esposti al normale ciclo luce-buio, nel secondo i topi sono allevati per 3 giorni al buio e costituiscono i dr, nel terzo i topi sono posti per 3 giorni al buio e esposti successivamente a 12h di luce. L’esperienza visiva causava un aumento dell’espressione genica mediata dal CREB. Era stata individuata la dipendenza dell’espressione mediata dal CREB da ERK usando i topi CRE-lacZ con l’inibitore selettivo di ERK, UO126. Erano state usate delle minipompe contenenti l’UO126 o il suo veicolo solo su una corteccia di ogni animale. L’espressione del reporter era stata visualizzata dal precipitato blu prodotto dalla reazione con l’X-gal.(Fig.7-8).
NOR DR 12h di luce
°
*
300
Cellule positive per la
β-galattosidasi 200 100 0 Nor DR DR+L DR+L DR+L U0126 VEICOLO
Figura 7: L’esperienza visiva causa un amento dell’espressione genica mediata
dal CREB. In alto immagini di corteccia visiva di topi al normale ciclo luce-buio, allevati al buio (dr) o esposti a 12 h di luce. Si noti come l’espressione mediata dal CREB sia più tardiva rispetto all’attivazione delle chinasi ERK. In basso, densità delle cellule positive per la β-galattosidasi in topi al normale ciclo luce-buio, allevati al buio (dr) e esposti alla luce, o esposti alla luce con il trattamento del veicolo o con l’UO126. Si noti il blocco della trascrizione genica con l’UO126 mentre non c’è nessuna differenza nella trascrizione negli animali trattati con veicolo.