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La formazione dell'architetto. Un’indagine tra lavoro, professione e università

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Academic year: 2021

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Matteo D’Emilio

LA FORMAZIONE DELL’ARCHITETTO

Un’indagine tra lavoro, professione e università

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Tutor Prof. Orazio Carpenzano - Prof.ssa Anna Irene Del Monaco Coordinatore Prof. Piero Ostilio Rossi - XXXII° Ciclo - Curriculum A

LA FORMAZIONE DELL’ARCHITETTO

Un’indagine tra lavoro, professione e università

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4 5 Sapienza Università di Roma - Dipartimento di Architettura e Progetto DiAP

DOTTORATO DI RICERCA IN ARCHITETTURA -TEORIE E PROGETTO

Coordinatore Tutor

Prof. Piero Ostilio Rossi Prof. Orazio Carpenzano - Prof.ssa Anna Irene Del Monaco

Collegio Docenti Rosalba Belibani Maurizio Bradaschia Andrea Bruschi Orazio Carpenzano Roberto Cherubini Alessandra Criconia Alessandra De Cesaris Paola Veronica Dell’Aira Emanuele Fidone Gianluca Frediani Cherubino Gambardella Anna Giovannelli Antonella Greco Paola Gregory Andrea Grimaldi Filippo Lambertucci Renzo Lecardane Domizia Mandolesi Luca Molinari Renato Partenope Antonella Romano Piero Ostilio Rossi Antonino Saggio Guendalina Salimei Antonello Stella Zeila Tesoriere Nicoletta Trasi Nilda Maria Valentin Massimo Zammerini Membri esperti Lucio Altarelli Lucio Barbera Luciano De Licio Marcello Pazzaglini Roberto Secchi

In copertina: Schizzo della Abedian School of Architecture di Sir Peter Cook - CRAB Studio. La frase in calce recita:

THESE GUYS INSIST THAT ARCHITECTURE IS AN ART FORM

Dichiario che i contenuti e l’organizzazione di questa dissertazione costituiscono un mio lavoro originale, il quale non compromette in alcun modo i diritti di terze parti, inclusi quelli relativi ai dati personali. Tutti i materiali di questa pubblicazione sono qui

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Alla mia famiglia

Desiderio ringraziare alcune persone che hanno reso possibile questo lavoro.

Innanzitutto un ringraziamento alla prof.ssa Anna Irene Del Monaco, per avermi guidato con sincerità, per avermi aiutato a comprendere i miei errori e per avermi esortato a continuare.

Un ringraziamento al prof. Orazio Carpenzano per aver seguito il mio percorso accogliendo e assecondando, più di una volta, i miei interessi. Infine, un ultimo ringraziamento al prof. Lucio Valerio Barbera per le nostre piacevoli discussioni e i suoi consigli.

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Premesse e necessità. Un’introduzione

I. Breve ontologia di una crisi

1. Nel mercato globale. Condizioni e prospettive 1. Prospettive

2. Indagini, dati e ricerche. 2008-20018 3. Il mercato del lavoro

4. Flussi

2. Questioning architectural practice. Indagine sulla natura della pratica professionale

1. L’indagine etnografica contemporanea 2. Processi di assunzione

3. Competenze

II. Nella pratica e nell’università

3. Figure di sfondo

1. Quale formazione per l’architetto? 2. Riscrittura

3. Skill › Degrees

4. Il dibattito sulla formazione dell’architetto in Italia 1. Un caso esemplare

2. Modelli di intersezione tra formazione e professione 3. Is There Global Competition for Students and Graduates? 4. Direzioni possibili delle facoltà di architettura italiane 5. Breve appendice normativa

5. Un nuovo, vero, atelier 1. Qualcun altro, al posto nostro. Dall’internship all’apprenticeships

2. Rischi e critiche di una formazione al di fuori dell’Università 3. Pionieri?

4. La condizione italiana

Conclusioni provvisorie

Indice delle illustrazioni, Indice dei nomi, Bibliografia 10 25 27 29 35 57 67 71 89 97 100 111 118 121 126 137 151 161 164 166 178 194

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10 Premesse e necessità. Un’introduzione 11

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12 Premesse e necessità. Un’introduzione 13

Scopo della ricerca

Lo scopo della presente dissertazione è quello di rileggere, alla luce delle condizioni economiche e socioculturali attuali, così come delle più recenti modificazioni del mercato del lavoro, la didattica dell’architettura e la formazione dell’architetto all’interno delle facoltà di architettura italiane. La scelta di una lente d’osservazione così netta e specifica è necessaria, a parere di chi scrive, per comprendere quanto oggi sta accadendo. Negli ultimi anni difatti in Italia e nel mondo anglosassone hanno avuto avvio due episodi solo apparentemente distanti, le cui ripercussioni non si sono ancora manifestate del tutto. Il calo delle iscrizioni all’interno delle facoltà di architettura e lo sviluppo di percorsi formativi riconosciuti, paralleli a quelli universitari e condotti da grandi studi d’architettura. Entrambi questi eventi possono essere ascritti, in larga parte, a quella distanza che sempre più si è creata tra la disciplina architettonica, la ricerca e il mondo delle costruzioni. Per comprendere come colmare questo iato dovremmo sapere quali sono gli strumenti e le conoscenze che dobbiamo trasmettere e come farlo; dovremmo conoscere preventivamente a quale domanda risponde, o deve rispondere, oggi l’architettura e il progetto di architettura. Bisognerebbe avere, come suggerisce A. Yaneva «consapevolezza delle sfide che il mestiere dell’architetto progettista deve affrontare, stretto tra pressioni di mercato e spinte creative, tra i molti scenari di prefigurazione degli utenti e il corso tortuoso del progetto, le cui dinamiche sono condizionate da forze molteplici che vanno dalle scelte creative alle richieste dei clienti, dalle pressioni naturali a quelle economiche»1. Ma prima di tutto ritengo sia necessario far emergere e rendere esplicite quelle connessioni che insistono, nella contemporaneità, tra didattica dell’architettura, formazione

1 Albena Yaneva, Editorial. New Voices in Architectural Ethnography in Ardeth n. 2, I Spring 2018 p. 31

dell’architetto e mercato del lavoro. Se Dana Cuff, agli inizi degli anni ’90, poteva sostenere l’esistenza di un modello professionale derivato dall’intersezione dell’educazione universitaria, della comune esperienza degli architetti e delle condizioni stesse del mercato e che, oltretutto, tale modello potesse permanere al variare delle condizioni economiche e sociali, una simile affermazione potrebbe oggi non risultare più verificata. Ciò che oggi si potrebbe intravedere, d’altra parte, è forse un modello formativo derivato dall’intersezione di un modello professionale e dalle condizioni del mercato. Come sostenuto European Association for Architectural Education in occasione di una recente conferenza internazionale, «se la ricerca e l’insegnamento sono visti come due lati fondamentalmente intrecciati di un dittico, la pratica professionale è la cerniera che tiene insieme quelle parti e che scardinati, da soli, divengono insignificanti».2

Ciò che questa ricerca, d’altra parte, non si prefigge è la descrizione degli eventi che hanno profondamente segnato il dibattito accademico italiano ovvero una generale riscrittura storiografica degli andamenti caratterizzanti la didattica dell’architettura e la formazione dell’architetto dagli inizi del XX secolo ad oggi, per un duplice motivo. La differente finalità di questa ricerca e l’impossibilità in questa sede di tratteggiare con la dovuta e necessaria accuratezza non solo gli accadimenti ma anche le loro motivazioni. Si è scelto pertanto di rendere espliciti solo alcuni eventi e momenti e dibattiti, tra i molti importanti, ritenuti necessari ad evidenziare e far emergere direttamente, per assonanza o contrapposizione, derive e posizioni contemporanee, quindi rimandare all’interno del testo e nelle note bibliografiche a saggi e ricerche che hanno trattato la storia delle facoltà d’architettura italiane e ne hanno descritto gli eventi cardine, in maniera più completa e compiuta di quanto questa ricerca non potrebbe fare.

Così, a margine di questa introduzione vengono segnalate tre date ritenute significative e propedeutiche allo proseguo della tesi. Nel 1958 durante

2 2019 ACSA/EAAE Teachers Conference tenuta ad Anversa in Belgio dal 27 giugno 2019 al 29 giugno 2019

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14 Premesse e necessità. Un’introduzione 15 la Oxford Conference tenuta al Magdalen College ed organizzata da Sir

Leslie Martin, viene messa in discussione la rilevanza della contemporanea educazione architettonica e viene affermata la ricerca quale parte dato essenziale per focalizzare l’educazione e far progredire la pratica professionale. Nel 1996 viene pubblicato il Boyer Report – Building Community: A New

Future for Architecture Education and Practice – all’interno del quale

vengono stilati sette principi che, tra gli altri raggiungimenti, mettono in relazione i compiti dell’educazione universitaria con quelli della professione di architetto, rintracciandone il fine nel bene della società. Nel 1999, infine, la Dichiarazione di Bologna stabilisce l’educazione architettonica quale disciplina accademica, basata sulla ricerca, rimettendo così in discussione l’equilibrio tra teoria e pratica professionale.

Struttura e Strumenti

La ricerca si compone di due parti e cinque capitoli.3

La Parte I Breve ontologia di una crisi, composta dai capitoli 1 e 2, è dedita alla ricognizione rispettivamente delle condizioni odierne del mercato del lavoro così come delle condizioni in cui viene narrata, quindi svolta, la pratica professionale.

Nel Capitolo 1 Nel mercato globale. Condizioni e prospettive, si ripercorre un decennio, quello che va dal 2008 al 2018, per tentare di mettere a fuoco la condizione del mercato del lavoro in Italia. Contemporaneamente, geografi, geopolitici ed economisti ci consegnano un quadro vivido di ciò che sta accadendo e di come oggi si muovono i flussi di persone e di denaro. La condizione della professione in Italia viene così paragonata e contrapposta a quella del Regno Unito, adottata come benchmark lungo tutta la ricerca in virtù delle proprie peculiari caratteristiche.

3 I rapporti, le connessioni e le interferenze tra i cinque capitoli sono evidenziati graficamente dall’immagine 1

Nel Capitolo 2 Questioning architectural practice. Indagine sulla natura

della pratica professionale, l’indagine si muove dal mercato del lavoro alla

narrazione del lavoro dell’architetto. Quanto più il ruolo e le forme del lavoro dell’architetto vengono idealizzati tanto più si oscurano i processi, le pratiche e le relazioni – intese nel loro complesso – che si sviluppano e si instaurano all’interno della professione stessa. Infine, un’ultima domanda. Quali conoscenze e quale percezione hanno gli studenti delle facoltà di architettura della professione?

La ricerca procede quindi attraverso l’indagine quantitativa e qualitativa del mercato del lavoro con particolare riferimento alla situazione italiana, singolarmente ed in rapporto alla situazione nel Regno Unito, attraverso l’analisi e la comparazione delle indagini e delle ricerche elaborate dagli ordini professionali e dagli osservatori nazionali ed internazionali e attraverso il raffronto delle condizioni del mercato del lavoro con i profili professionali ricercati da importanti studi di architettura. Sono state condotte indagini dirette, sottoforma di questionari sottoposti a studenti della Facoltà di Architettura di Roma.

La Parte II Nella pratica e nell’università, che raccoglie al suo interno i restanti tre capitoli, focalizza la propria attenzione su quanto accade oggi nelle facoltà di architettura, sul dibattito contemporaneo attorno al rapporto tra didattica e professione e sulle modificazioni che la didattica dell’architettura e la formazione dell’architetto stanno subendo.

A quali bisogni deve rispondere l’architetto? Questa domanda ne apre molte altre e rispondervi esaustivamente ci porterebbe inevitabilmente molto lontano dal fulcro della nostra indagine. Ma è indubbio che questa domanda si riverberi sull’operato delle facoltà di architettura e ne delinei gli obiettivi. Il Capitolo 3 Figure di sfondo e il Capitolo 4 Il dibattito sulla

formazione dell’architetto, si interrogano quindi su quale debba essere, oggi,

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16 Premesse e necessità. Un’introduzione 17 – un convegno internazionale tenuto all’Accademia di San Luca – e la

produzione accademica più recente, si faranno emergere i nodi centrali e più significativi del dibattito italiano attorno alla didattica dell’architettura e le loro conseguenze. E contemporaneamente ai dibattiti accademici, emerge da più parti la convinzione che siano le competenze che un architetto può vantare, piuttosto che i suoi titoli di studio, ad indirizzare il mondo del lavoro. Le conseguenze di tale dettato non si limitano ad una progressiva perdita di interesse nei confronti delle facoltà di architettura – la riduzione delle immatricolazioni, in parte, lo testimonia – ma possono giungere sino ad una concreta sottrazione del ruolo delle stesse facoltà d’architettura.

Nel Capitolo 5 Un nuovo, vero, atelier, i processi che nei capitoli precedenti si presentavano sotto un profilo teoria e discussi quale possibilità, trovano concreta attuazione. Viene così presentato un nuovo progetto formativo, completamente estraneo all’università e guidato da quelli che, ad oggi, sono i più importanti studi di architettura e le più importanti impresedi architettura e ingegneria del Regno Unito che, una volta ancora, torna quale benchmark della nostra indagine. Quanto sta avvenendo oggi nel Regno Unito può rappresentare, per noi, un punto di svolta importante nei processi di formazione dell’architetto; il confronto tra questo nuovo modello formativo e quanto avviene nelle università costituisce quindi un passaggio ineludibile per tentare di capire cosa potrebbe accadere nelle facoltà d’architettura italiane e se è possibile che simili modelli formativi e didattici possano svilupparsi.

Una nota finale

Una nota finale in chiusura di questa introduzione. Nelle pagine che seguono, nel leggere le condizioni in cui attualmente versa il mercato del lavoro nel mondo anglosassone, le percentuali di assunzioni, gli stipendi

medi, il tasso di lavoro all’estero così come la dimensione media dei progetti eseguiti dai principali studi professionali, potrebbe formarsi l’idea che le facoltà d’architettura inglesi e statunitensi incarnino quanto di più

efficace si possa oggi trovare nel mondo della didattica dell’architettura e

della formazione dell’architetto. Se tale messaggio dovesse trovare terreno fertile durante la lettura, questo dipenderebbe principalmente da un’errata decodifica dei rapporti e dei legami che sussistono tra facoltà d’architettura e mondo del lavoro. È bene quindi smentire. Per quanto mondo del lavoro e formazione dell’architetto siano strettamente correlati, non ci sono evidenze che possano farsi testimoni di una così forte e diretta dipendenza delle facoltà d’architettura nei confronti del mercato del lavoro. Il contrario appare invece ben possibile; insiste, nei paesi anglosassoni, una più diretta dipendenza del mercato del lavoro nei confronti delle facoltà d’architettura.

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18 Premesse e necessità. Un’introduzione 19 CAPITOLO 3 Figure di sfondo CAPITOLO 1 Il mercato del lavoro CAPITOLO 2 Indagini sulla natura

della pratica professionale CAPITOLO 4 Il dibattito sulla formazione dell’architetto CAPITOLO 5 Un nuovo, vero, atelier PREMESSE condizioni e prospettive

gli obiettivi della formazione universitaria SKILL › DEGREES l’università di massa orientamenti universitari dopo il ‘68 Is There Global Competition for Students and Graduates? dall’internships all’apprenticeships Pionieri? The Trailblazer Group

Architectural Apprenticeships modelli di intersezione tra formazione e professione percorsi di formazione e modalità di accesso alla professione Albena Yaneva Yanni Alexander Loukissas Isabelle Stengers Giancarlo de Carlo la situazione in Italia

la situazione nel Regno Unito

Antropologia Ecologie della Pratica la separazione tra insegnamento e professione

New Skills at work

la condizione italiana

l’indagine etnografica contemporanea

la ricerca delle competenze

educational mismatch skill mismatch

JPMorgan Chase Università Bocconi

Accademia di San Luca

Foster + Partners Parag Khanna Italia Regno Unito Stati Uniti Un caso esemplare: il convegno Didattica dell’architettura e professione Processi di assunzione

nuovi percorsi di formazione al di fuori dell’università nel

Regno Unito architetti-rifornitori architetti-produttori Marco Biraghi Ivano Dionigi spatial mismatch

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20 Breve ontologia di una crisi 21

1.

Breve ontologia di una crisi

2. Mappa delle traiettorie di volo globale di Le Corbusier. Il centro della mappa è Parigi. Fonte: Le Corbusier, Le Corbusier, My Work. London 1960

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Nel Mercato globale. Condizioni e prospettive

24 Breve ontologia di una crisi 25

1.

Nel Mercato globale. Condizioni e prospettive

1. Prospettive

«Questa emergente cultura globale si fa sempre più densa via via che le due lingue globali, l’inglese e i codici informatici, connettono il mondo attraverso i software e le comunicazioni in tempo reale.»1 E ancora, «I buoni scenari» ci dice Parag Khanna «non fanno predizioni ma colgono processi: maggiore è la diversità nelle prospettive, più è ricco lo scenario che ne risulta»2. In un momento storico in cui si grida alternativamente alla morte della globalizzazione e all’avvento dell’iperglobalizzazione, sarebbe forse superficiale non considerare tale pluralità di prospettive. Nondimeno, sarebbe superficiale assegnare acriticamente ad ogni possibile prospettiva lo stesso valore o la stessa importanza. È importante quindi fare una scelta, scegliere una prospettiva o almeno rendere chiaro ciò che intendiamo quando parliamo di argomenti sin troppo vasti e complessi come la globalizzazione. Vorrei partire quindi da una definizione – parziale in quanto tale ma non per questo meno interessante – che aspira ad informare l’intera ricerca e che riprende quella proposta da Paolo Tombesi. È la definizione di globalizzazione «non come condizione culturale che informa la coscienza

1 P. Khanna, Connectography: Mapping the Future of Global Civilization, Random House, New York 2016; trad. it. di F. Motta, Connectography. Le mappe del futuro ordine

mondiale, Fazi, Roma, 2016, pag. 521

2 ivi, trad. it., pag. 19 Nella pagina precedente. 3. Mappa delle rotte aeree globali

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Nel Mercato globale. Condizioni e prospettive

26 Breve ontologia di una crisi 27

architettonica, ma principalmente come un processo collettivo di organizzazione tecnica radicata nello spazio, dipendente dalla tecnologia e dal capitale umano, e che risponde a bisogni o desideri identificabili.»3 Ma c’è qualcosa d’altro, qualcosa che forse è più importante e che meglio caratterizza la nostra era rispetto al termine globalizzazione o, forse, ne costituisce semplicemente il passo successivo. È la parola connettività4. La connettività, ci dice Parag Khanna, è qualcosa più di un semplice strumento, è il meta-schema della nostra età; la connettività è impulso. Basterebbe pensare a come solamente un quarto degli scambi avviene tra paesi confinanti per capire quale balzo in avanti rappresenti per l’economia globale la connettività. O scorrere gli indici che determinano lo status di

world-city e riflettere sulle parole di Christopher Chase-Dunn5, per scoprire quale ulteriore prova come la connettività, per una città, sia un valore molto più importante della sua dimensione geografica. Cosa ha a che fare tutto questo con la pratica dell’architettura?

Un breve passo indietro. Era il 1981 quando, sulle pagine di Casabella, in un numero monografico dal titolo “Architettura – Quale futuro?”, Robert Gutman con grande lucidità descriveva i cambiamenti, tratteggiava i pericoli,

3 Nel testo originale «…not as a cultural condition informing architectural consciousness, but principally as a collective process of technical organization grounded in space, reliant on technology and human capital, and responding to identifiable needs or wants.» Traduzione dell’autore.

4 Il termine connettività, in originale connectivity, è da intendersi secondo l’accezione dal geografo e geopolitico Parag Khanna come «la forza più rivoluzionaria che si è palesata nella storia dell’uomo e il trend con maggior durata di lungo termine». Sebbene la tesi di fondo di Khanna, nonché il fulcro delle sue ricerche, si riferisca alla connettività come luogo e somma delle infrastrutture tecnologiche e fisiche capaci di mettere in contatto persone, beni e servizi che non potrebbero altrimenti comunicare, vi sono dei chiari risvolti antropologici nella ricerca della

connettività. In un’intervista lo stesso autore rivela: «Alcune persone mi hanno chiesto: se esiste

internet in un villaggio rurale, perché le persone si dovrebbero trasferire nelle città? La risposta è che gli individui si muovono verso le città non solo per usufruire di una connessione internet ad alta velocità ma per essere connesse ad altre persone, per salari più alti, per l’educazione, salute, per comprare e vendere beni, e così via. L’urbanizzazione è forse la più evidente materializzazione del nostro desiderio di essere connessi.»

5 Christopher Chase-Dunn è un importante sociologo statunitense e professore della Johns Hopkins University e della University of California, Riverside noto in particolare per i propri contributi alla Teoria dei Sistemi Mondiali – World-system Theory.

cui la pratica professionale stava andando incontro. E, in quelle brevi pagine, non poteva mancare una riflessione sullo stato di difficoltà in cui versavano le scuole di architettura e sulla progressiva, ma apparentemente ineluttabile, distanza tra l’università e la pratica professionale. Da allora, in più occasioni e da più autori, nella letteratura è stata rimarcata la distanza tra quanto accade all’interno delle università e cosa succede al suo esterno. A quasi quarant’anni di distanza, quelle previsioni si sono per la maggior parte avverate. Se da un lato l’adozione del modello terziario è in parte servito – in particolar modo nel mondo anglosassone – a proteggere l’esercizio della professione, ed evitato che imprese di costruzione e di organizzazioni-clienti avocassero su di sé questo ruolo, dall’altro ha, nello stesso tempo, minato la posizione lavorativa e sociale dell’architetto. E, nelle scuole di architettura, i docenti universitari, un tempo progettisti, sono stati quasi del tutto estromessi dalla pratica professionale6.

2. Indagini, dati e ricerche. 2008-20018

Alcune brevi parole sui dati raccolti e utilizzati in questa ricerca. Quando, oramai molti mesi fa, ho iniziato a raccogliere dati, numeri e statistiche attorno al mercato del lavoro, attorno alla condizione dell’architetto nell’età contemporanea, nel turbamento che deriva dall’approccio ad un campo di studi che mai fino a quel momento avevo sfiorato, ho ritenuto utile fondare la mia indagine sulle inchieste e le analisi svolte dai rispettivi ordini professionali nazionali e sull’indagine congiunta dell’Architects’ Council of Europe. Condotte in piena autonomia dagli ordini professionali, tali indagini hanno l’innegabile pregio di raccogliere e confrontare un campione spesso molto ampio di dati, capace di garantirne l’accuratezza generale, ma – ritengo importante sottolinearlo – è un campione che si produce in

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Nel Mercato globale. Condizioni e prospettive

28 Breve ontologia di una crisi 29

maniera spontanea; non è raro che alcuni studi, particolarmente quelli di grandi dimensioni, omettano volontariamente di indicare natura e volume dei propri impegni. Per questo motivo, per quanto possano tratteggiare ciò che avviene all’interno degli studi di architettura e ci dicano qualcosa sul mondo in cui tali studi si muovono e lavorano, le interviste prodotte degli ordini professionali non possono fornirci un quadro completo. È quindi importante affiancarvi altre analisi, di natura principalmente economica, elaborate dall’Ufficio statistico dell’Unione Europea – Eurostat. L’arco temporale interessato da questa indagine sull’analisi del mercato del lavoro e della domanda-offerta di architettura e di architetti si concentra principalmente sui cambiamenti occorsi nel decennio 2008-2018 – sebbene nel proseguo della ricerca, e con particolare riferimento alla Parte 2, ci si rivolgerà ad un periodo più ampio e che copre gli ultimi trent’anni. Questi dieci anni ci offrono un’interessante vista su quanto sta avvenendo nel mondo del lavoro, complice anche la crisi economica e la seguente, timida, ripresa. Analogamente, nell’ovvia impossibilità di dirigere una ricerca che potesse coinvolgere tutti i continenti, l’indagine si concentra su un singolo mercato del lavoro, quello Europeo, con specifico riguardo alle condizioni del mercato in Italia in un’analisi comparativa con il Regno Unito. Se da una parte l’Italia – particolarmente nel suo rapporto tra mondo del lavoro e università – costituisce il fulcro attorno al quale si sviluppa la ricerca, dall’altra il Regno Unito costituisce un termine di paragone particolarmente interessante e capace di far emergere le principali potenzialità e criticità. Come successivamente si avrà modo di dimostrare, il mondo anglosassone costituisce sotto molti aspetti un elemento di spicco nel panorama europeo, attraverso il quale si potranno tentare, inoltre, delle incursioni e delle letture – necessariamente parziali ma non per questo poco significative – su quanto avviene negli Stati Uniti.

Lì dove nel Regno Unito, e in generale in tutto il mondo anglosassone, le indagini sullo stato della professione – commissionate nel Regno Unito dal RIBA e negli USA dall’AIA – sono continue, accurate e costantemente disponibili, in Italia le indagini condotte dal Consiglio Nazionale sono discontinue e ferme oramai da anni. Dal 2008, il numero di indagini elaborate dall’Osservatorio Professione Architetto del Consiglio Nazionale degli Architetti è pari a cinque7, l’ultima delle quali datata 2015. Le indagini stesse se confrontate con quelle del mondo anglosassone presentano, nella loro composizione e struttura, alcune assenze significative, la più importante delle quali – si può asserire, ritengo, senza tema di smentita – è costituita dalla mancata indicazione delle direzioni dei flussi di capitali e la mancata valutazione della capacità degli architetti italiani di saper e poter rispondere alle richieste dei mercati esteri. Quello dell’assenza di dati costantemente aggiornati non è un problema relativo unicamente all’andamento della professione in Italia; lacune sono state riscontrate anche nel settore degli investimenti e della spesa pubblica e privata relativa al mercato delle costruzioni. L’Ufficio statistico dell’Unione Europea segnala, infatti, come

confidenziali i dati relativi al mercato italiano.

3. Il mercato del lavoro

Il mestiere dell’architetto è oggi profondamente mutato rispetto a soli cinquant’anni fa8 e questi mutamenti non possono non influenzare in maniera molto profonda il mercato del lavoro così come la quantità e la qualità del lavoro, l’approccio alla professione e contemporaneamente le aspettative di chi sta per entrarvi. Complice, ma solo in parte, la crisi che

7 Le cinque indagini, nei dieci anni dall’istituzione dell’Osservatorio Professione Architetto, sono così distribuite: Gennaio 2011, Aprile 2013, Giugno 2014, Gennaio 2015. A queste cinque si aggiunge un’indagine iniziale basata sugli atti del convegno “XXIII World Congress of Architecture” tenutosi a Torino nel 2008. La discontinuità costituisce un elemento critico di questo Osservatorio e che, insieme alla lacunosità di alcuni dati, rende in alcuni casi difficile tracciare e descrivere il reale andamento della professione.

8 La natura di tali mutamenti, e nello specifico i mutamenti occorsi negli anni nella pratica dell’architettura, saranno oggetto di indagine nella seconda metà di questa prima parte, nel secondo capitolo.

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Nel Mercato globale. Condizioni e prospettive

30 Breve ontologia di una crisi 31

ha investito l’economia globale a partire dal 2008, il mestiere dell’architetto risulta oggi meno attrattivo. Giovani studenti prossimi alla scelta di quale facoltà universitaria frequentare così come professionisti già inseriti nel settore, scelgono con sempre maggiore facilità strade differenti, a volte anche molto lontane dal mondo dell’architettura. Le difficoltà che insistono di fronte all’architetto così come i timori che, forse legittimamente, possono assalire gli studenti sono note. Come sottolinea Megan Groth, l’immagine dell’architettura come di un mestiere in crisi è ampiamente dibattuta e non mancano nella letteratura testi e articoli, di natura scientifica come di natura divulgativa, che tentano di focalizzare la propria attenzione sui principali temi economici e sociali che affliggono la professione. Dalla difficoltà di inserimento dei giovani laureati all’interno del mondo del lavoro alla disuguaglianza di genere, dalla retribuzione sempre più bassa alle retoriche sul valore del lavoro creativo al di là della retribuzione stessa9. Il dibattito molto spesso è stato affrontato e viene tutt’ora affrontato, comprensibilmente, attraverso l’indagine valoriale – i testi di Peggy Deamer in questo senso, così come il suo lavoro svolto con gli studenti alla Yale University o i manifesti del collettivo di cui fa parte The Architecture Lobby, sono più che esplicativi10; le domande che riecheggiano in quegli scritti potrebbero essere condensate nella domanda, quali sono i valori fondanti della professione dell’architetto? D’altra parte, domande come, quale è davvero la portata

9 Un esempio della retorica rivolta ai giovani architetti e, ancora di più, agli studenti delle facoltà di architettura e che permea e avvolge il mestiere dell’architetto può essere letta nell’intervista al fondatore dello studio B.I.G. Bjarke Ingels pubblicata sul portale Dezeen - https://www.dezeen. com/2017/06/16/bjarke-ingels-hits-back-claims-sexism-big-interview/ - pagina consultata nel marzo 2019 - Sebbene abbia anche una sede a Copenhagen, la sede principale di BIG si trova a New York e, commentando i contratti nazionali danesi che prescrivono un limite di 36 ore di lavoro settimanali, Bjarke Ingels sottolinea come le regole non si applichino all’architettura e come il soddisfacimento di un suo dipendente dovrebbe provenire dall’aver creato qualcosa che non prima non esisteva.

10 The Architecture Lobby è un’associazione costituita da P. Deamer, Q. Riano e M. Shvartzberg e che, secondo le parole dei suoi stessi fondatori, «argues for the value of architecture to society at large, beginning by identifying ourselves as workers and our contributions as “work”— work that is aesthetic, technical, social, organizational, environmental, administrative, fiduciary, but in all cases, work. The goal is to build on this fundamental awareness and understanding of value to become perceptive operators in our contemporary political economy, and ultimately, to change it from the vantage point of our profession.»

di questo allontanamento? e, quali le cause principali? o una ancora più generica domanda come, quali sono le condizioni del mercato del lavoro e della professione? rimangono quasi sempre ad appannaggio di economisti o di ricerche statistiche.

Le domande che si affacciano alla mente del ricercatore sono molte, così come molte sono le strade possibili per rispondere ad un interrogativo così ampio e difficile, complesso nel suo radicarsi in una molteplicità di discipline tutte egualmente importanti. Quale che sia l’approccio che si voglia utilizzare, ritengo comunque doveroso chiedersi primariamente quale sarà la domanda di architettura a livello globale nei prossimi anni. Neil Brenner e Solly Angel, rispettivamente docente di Urban Theory della Harvard Graduate School of Design e docente di City Planning della New York University, azzardano un’ipotesi. In questo secolo l’area totale di territorio urbanizzato triplicherà. Come è noto, la maggior parte della popolazione umana vive in un’area urbana e questo numero è destinato ad aumentare, in particolar modo nei così detti paesi in via di sviluppo, per i quali si prevede un aumento della popolazione urbana pari a 2 miliardi di persone entro il 2030. Questi numeri, al di là delle numerose e importanti implicazioni di carattere sociale e ambientale, sembrano rappresentare a prima vista un segnale positivo per chi, a vario titolo, trae reddito e profitto dal mercato delle costruzioni. Così dovrebbe essere anche per gli architetti. Perché allora, dovremmo chiederci, la domanda di architetti, in Europa, è in costante decrescita? Senza dilungarsi eccessivamente su di un campo rischioso e che richiederebbe numerosi altri studi specializzati, una prima conferma viene dai più recenti rapporti11 commissionati dall’Unione Europea, in grado di fornirci una prima generale lettura sulle principali tendenze dell’occupazione e dei mercati europei. Dal 2008 il settore secondario, del quale fa parte il settore delle costruzioni, ha registrato in Europa il più forte calo dell’occupazione in favore di una crescita forte e costante del settore

11 Faccio riferimento in questo caso al Rapporto ESDE 2018 - Employment and Social Developments in Europe

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Nel Mercato globale. Condizioni e prospettive

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dei servizi. Questo è vero è in generale, per tutto il settore dell’industria delle costruzioni, così come lo è nello specifico per il mercato dell’architettura. Si può leggere questa ultima tendenza dei mercati, con accettabile approssimazione, come uno degli effetti a lungo termine di quella terziarizzazione di cui parlava Robert Gutman. Contemporaneamente anche domanda e offerta hanno subito delle variazioni. La richiesta di architetti progettisti nel Regno Unito, quale esempio, è diminuita in favore di altre figure professionali; dal 2008 ad oggi, questo calo, è stato stimato essere pari al 40%. Negli Stati Uniti, d’altra parte, nel triennio 2015-2018 l’AIA ha denunciato un allontanamento in seno alla professione pari a circa il 20%, a fronte di un rientro che sfiora appena la metà. Un discorso del tutto simile è possibile relativamente a salari e disoccupazione. Sebbene si sia registrato alle soglie del 2015 un lievissimo miglioramento, negli ultimi dieci anni in Italia, i salari sono scesi ai valori più bassi mai registrati degli ultimi trent’anni. Flessioni e riprese, meno lievi, si registrano anche nel Regno Unito. Tali flessioni, secondo molti professionisti intervistati dai rispettivi ordini professionali, tanto in Italia quanto nel Regno Uniti, dipendono in buona misura dalla abolizione delle tariffe professionali. Infine, senza addentrarsi in un territorio ostico e complesso come quello della disoccupazione, si sottolinea solamente come l’inserimento occupazionale ha subito in Italia, negli anni, una flessione ancora più dura rispetto a quella occorsa ai salari. La percentuale di disoccupazione è salita al 31% mentre gli occupati ad un anno dalla laurea si è ridotta della metà sfiorando il 35%, metà dei quali considerati a loro volta lavoratori atipici. Ma la crescita del settore dei servizi a discapito degli investimenti nel settore delle costruzioni, la diminuzione dei salari e l’aumento della disoccupazione, dati che invero si influenzano reciprocamente, costituiscono per noi solamente una cornice – utile certo – ma pur sempre una cornice alla nostra indagine.

Cosa succede, contemporaneamente, nelle facoltà d’architettura italiane?

Questi numeri, e in particolare le loro conseguenze, verranno esaminati con maggior attenzione nel capitolo successivo, ma è utile accennare qualcosa sin da ora. Che il numero di iscritti divenisse minore del numero dei posti disponibili era in fondo, a guardare i dati, solo una questione di tempo. Il calo delle immatricolazioni è stato continuo nel tempo e costante nelle percentuali. Dopo aver toccato il picco nell’anno accademico 2008, con poco più di 13.000 iscritti, il numero si è oggi più che dimezzato. I dieci anni in cui questa dispersione si è concretizzata porterebbero a considerare questa come una tendenza piuttosto che ad un assestamento; in ogni caso, il dato appare quanto meno come un segnale d’allarme. Anche in questo caso la flessione riscontrata nei paesi anglosassoni è notevolmente più lieve e anzi, i livelli di occupazione ad un anno dalla laurea denunciati da facoltà di architettura come Bath, Cambridge o Newcastle sfiorano quasi il 90%, ma ritengo comunque doveroso segnalare come si sia registrato in questi stessi anni un aumento del costo degli studi sino al 240%.

Un paese di architetti ma non di architettura. Una immagine, questa, che sembra non voler lasciare respiro ma che rappresenta invero una condizione nota. L’Italia è il paese europeo con il più alto numero di architetti, tanto in valore assoluto quanto in percentuale, così come il più alto numero di imprese operanti in settori classificabili come attività di natura tecnica12. Nel 2015 il numero di architetti iscritti all’albo professionale risultava pari a poco più di 150.000 contro i circa 100.000 architetti abilitati in Germania e gli appena 35.000 architetti iscritti nel Regno Unito; lì dove in Italia si attesta una media pari a 2,5 architetti ogni 1000 abitanti, la media europea si attesta a circa 1,0 architetti ogni 1000 abitanti. Questi dati sono comunque ampiamente noti, così come noti sono quelli relativi alla dimensione media degli studi di architettura e delle imprese. Se nel Regno Unito, il numero medio di dipendenti di uno studio di architettura è pari a 13,7 persone, in Italia tale numero è pari a 4,4. Differenze percentuali ancora maggiori si

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Nel Mercato globale. Condizioni e prospettive

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registrano nel rapporto tra gli la popolazione occupata, a vario titolo, in imprese di natura tecnica e il numero delle imprese stesse. Secondo i dati Eurostat, Regno Unito e Italia vantavano un numero del tutto simile di popolazione occupata, differendo notevolmente nel numero di imprese; si contano rispettivamente circa 385.000 unità occupate in poco meno di 59.000 imprese e circa 360.000 unità occupatein ben 253.000 imprese. Se nel Regno Uniti si contano, quindi, mediamente 6,6 occupati in ogni impresa, la media italiana è di 1,4 occupati. L’Italia è il paese europeo con il maggior numero di imprese – nel 2005 costituivano da sole il 33,7% delle imprese europee classificabili come attività legate al mondo dell’architettura – e contemporaneamente il minor numero di occupanti per impresa. L’Italia è il paese europeo con il maggior numero di architetti, Questi numeri non sono comunque ancora significativi, non possono dirci molto più di quanto non sapessimo già, ma possono acquisire interesse e comporre un utile quadro se incrociati con un almeno altri tre dati: il fatturato delle imprese operanti nel territorio europeo, la natura degli investimenti e la direzione dei flussi economici nel mondo legati all’architettura e al mondo delle costruzioni. Attraverso gli stessi dati Eurostat degli ultimi dieci anni – opportunamente allargati a tutte quelle che vengono definite “Attività degli studi di architettura, ingegneria ed altri studi tecnici” insieme a quello dei “Collaudi ed analisi tecniche”13 – si scopre come a fronte di quella sostanziale uguaglianza del numero di occupati ed un numero di imprese italiane pari a quasi cinque volte quelle presenti nel Regno Unito, il fatturato totale delle imprese italiane è la metà.

E l’analisi comparativa dei primi venti studi di architettura europei al 2008 così come delle prime venti imprese europee, descritte attraverso il numero di dipendenti ed il fatturato, non fa che sottolineare ed esprimere sotto un’altra luce questa distanza. In entrambi gli elenchi la presenza di studi di architettura e di imprese britanniche, tanto come numero di dipendenti

13 Queste due categorie fanno parte della classificazione statistica delle attività economiche dell’Unione Europea, realizzata attraverso la così detta nomenclatura NACE (Nomeclautre générale des activités économiques) e all’interno di tali categorie vengono riportati i dati relativi all’architettura. La scelta di raggrupparle assieme dipende dall’assenza, per molti paesi, di dati disaggregati, rendendo così poco realistica una comparazione. In ogni caso, i “Collaudi ed analisi tecniche” incidono per un valore non maggiore del 5%.

quanto in termini di ricavi, surclassa nettamente quella di ogni altra nazione europea. Il mercato delle costruzioni interno ad ogni nazione europea è sicuramente il fattore più importante per leggere criticamente questa “distanza” tra il Regno Unito e l’Italia. Considerando come, secondo i dati dell’ACE, più del 95% degli introiti provengono dal lavoro in patria, in un mercato ricco e prospero in cui la spesa, tanto pubblica quanto privata, si attesta costantemente a livelli molti alti, è certamente più semplice emergere e trovare opportunità di lavoro. Vista in quest’ottica, la questione potrebbe apparire di natura eminentemente politica. Senza scomodare J. M. Keynes, è noto quale importante ruolo giochi l’investimento pubblico nello sviluppo e nella creazione di posti di lavoro in un paese – la Cina, ad esempio, lo ha metaforicamente eletto quale modello di riferimenti – ma da sola non è una risposta sufficiente. La stessa analisi comparativa, aggiornata al 2018, evidenzia qualcosa di interessante. A soli dieci anni di distanza la situazione appare, a prima vista, del tutto differente. I più grandi studi inglesi perdono dipendenti facendosi appena più contenuti nelle dimensioni, perdendo di conseguenza posizioni nelle classifiche; il fatturato, d’altra parte, rimane nel peggiore dei casi agli stessi livelli e nei casi migliori si verificano degli aumenti. Se la capacità di uno studio di architettura di crescere e prosperare non dipende esclusivamente dal paese in cui questo si trova e il fatturato non è una variabile linearmente dipendente dalle dimensioni stesse dello studio, dobbiamo cercare altri parametri che possano spiegare il successo degli studi anglosassoni nel mondo dell’architettura.

4. Flussi

L’architettura, sembra quasi sciocco sottolinearlo, è immobile. Gli architetti, d’altro canto, si muovono e con loro si muovono le loro conoscenze.

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Nel Mercato globale. Condizioni e prospettive

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Studio Nazione Dipendenti Fatturato

Mln

White Architects AB Svezia 690 110

Foster&Partners Ltd Inghilterra 642 180

gmp-Architekten von Gerkan Germania 512 80

ATP Architects Engineers Austria 440 80

Tengbom Svezia 383 70

Atkins Inghilterra 353 130

BDP Inghilterra 350 60

HPP Architekten Germania 332 40

LINK Arkitektur Norvegia 328 50

AREP Francia 316 120

Chapman Taylor LLP Inghilterra 272 40

Aukett Swankee Inghilterra 249 30

IDOM Spagna 245 50

Blocher Partners Germania 239 10

BIG Danimarca 224 40

Halford Hall Monaghan Morris Inghilterra 218 40

Itten+Brechbuhl Svizzera 181 40

Allies and Morrison Inghilterra 175 40

Sheppard Robson Inghilterra 172 30

Jaspers-Eyers Architects Belgio 170 20

Studio Nazione Dipendenti Fatturato

Mln

AEDAS Architects Group Inghilterra 1.329 100

Foster&Partners Ltd Inghilterra 625 60

RMJM Inghilterra 600

-Broadway Malyan Ltd Inghilterra 500

-White Architects AB Svezia 322 30

PRP Architects Ltd Inghilterra 320 30

SWECO FFNS Svezia 310 35

Nightingale Associates Inghilterra 310 30

Chapman Taylor LLP Inghilterra 300 40

gmp-Architekten von Gerkan Germania 300 40

INBO Architects/Consultants Paesi Bassi 272 25

Barton Willmore Group Inghilterra 270 30

Sheppard Robson Inghilterra 270

-Arkitema K/S Danimarca 255 20

RKW Architekten&Co, KG Germania 250 25

Percy Thomas Architects Inghilterra 250

-Benoy Architects Ltd Inghilterra 250

-Arkitektfirmaet C.F.Moellers Tegestue Danimarca 240 25 Burckhardt+Partner AG Architekten Svizzera 220 30

HKR Architects Irlanda 220 20

4. Tabella 1 - Primi venti (20) studi di architettura in Europa nel 2008 per numero di dipendenti. Elaborazione dell’autore. Fonte: Cresme, Il mercato della progettazione architettonica in Italia, 2008 BD World Architecture 100 2008

5. Tabella 2 - Primi venti (20) studi di architettura in Europa nel 2018 per numero di dipendenti. Elaborazione dell’autore. Fonte: ACE Sector Study, The Architectural Profession in

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Nel Mercato globale. Condizioni e prospettive

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Studio Nazione Dipendenti Fatturato

Mln

Altan Technologies Francia 16.290 1.400

WS Atkins plc Inghilterra 14.300 2.000

Arcadis Group Paesi Bassi 9.200 1.000

Mott MacDonald Group Inghilterra 8.140 750

Fugro N.V. Paesi Bassi 8.120 1.200

Assystem Group S.A. Francia 7.960 550

ARUP Group Inghilterra 6.450 650

WSP Group plc Inghilterra 5.920 550

Alten Group Francia 5.850 450

Mouchel Parkman Group Inghilterra 5.700 550

Poyro Group Finlandia 5.420 500

Halcrow Group Ltd Inghilterra 4.290 400

Ramboll Group Danimarca 4.220 470

Segula Technologies Engineering Group Francia 3.850 250

Groupe Egis Francia 3.800 370

Grontmij Group Paesi Bassi 3.670 450

SWECO AB Svezia 3.620 350

DHV Group Paesi Bassi 3.570 300

Scott Wilson Ltd plc Inghilterra 3.330 300

COWI Group Danimarca 3.300 350

Studio Nazione Dipendenti Fatturato

Mln

Gensler USA 2,56 1.000

Nikken Sekkei Giappone 1,837 500

AECOM USA 1,607 600

HDR USA 1,224 350

Perkins+Will USA 1,096 500

IBI Group Canada 864 220

HOK USA 806 280

DP Architects Singapore 766

-HKS USA 764 250

AEDAS Cina 713 200

White Arkitekter Svezia 690 110

Perkins Eastman USA 680 170

DLR Group USA 679 210 Foster&Partners Ltd Inghilterra 642 180 Jacobs USA 636 -CannonDesign USA 620 140 Stantec Canada 589 340 SmithGroupJJR USA 550 180

Nihon Sekkei Giappone 528 120

Heerim Architects&Planner Corea del Sud 518 150

7. Tabella 4 - Prime venti (20) imprese di costruzione in Europa nel 2018 per numero di dipendenti. Elaborazione dell’autore. Fonte: ACE Sector Study, The Architectural Profession in

Europe 2018; AIA Firm Survey Report, The Business of Architecture 2016 – 2018; BD World Architecture 100 2018

6. Tabella 3 - Primi venti (20) studi di architettura nel mondo nel 2018 per numero di dipendenti. Elaborazione dell’autore. Fonte: ACE Sector Study, The Architectural Profession in

Europe 2018; AIA Firm Survey Report, The Business of Architecture 2016 – 2018; BD World Architecture 100 2018

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Nel Mercato globale. Condizioni e prospettive

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Nel Mercato globale. Condizioni e prospettive

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Nella pagina precedente. 8. Rappresentazione grafica della distrubizione del fatturato proveniente da lavoro oltre i confini nazionali degli studi di architettura del Regno Unito. Elaborazione dell’autore sulla base dei dati ACE 2018 e RIBA Chartered Practice 2018.

2018 Asia 21 Australasia 2 Excluding EU 6 Excluding UK 21 Middle East 28 North America 17 South America 3 Africa 2 Americas 20

Asia and Middle East

United Kingdom 576 Mln € 51 Italy 107 Mln € Germany 169 Mln € Europe 27 12 15 16 13 14 from 1 to 11 1 Lithuania 2 Finland 3 Croatia 4 Greece 5 Czech Republic 6 Ireland 7 Romania 8 France 9 Spain 10 Austria 11 Norway 12 Netherland 13 Sweden 14 Belgium 15 Portugal 16 Denmark 1,34 Mln € 3,21 Mln € 3,27 Mln € 6,86 Mln € 8,80 Mln € 9,41 Mln € 10,04 Mln € 16,34 Mln € 16,66 Mln € 24,40 Mln € 24,85 Mln € 26,61 Mln € 33,52 Mln € 37,01 Mln € 45,27 Mln € 62,70 Mln €

9. Mappa che compara il fatturato globale degli studi di architettura di 19 nazioni europee proveniente da lavoro oltre i confini nazionali collegato ad un Diagramma di Sankey che illustra la distribuzione di tale fatturato per gli studi di architettura del Regno Unito. Elaborazione dell’autore sulla base dei dati ACE 2018 e RIBA Chartered Practice 2018.

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Nel Mercato globale. Condizioni e prospettive

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appena al 5,8% del totale. Secondo i rapporti commissionati dal RIBA e pubblicati nel 2018 nel Regno Unito, invece, si è registrato un incremento del così detto practice turnover di due punti percentuali rispetto all’anno precedente e di cinque punti percentuali rispetto a soli cinque anni prima, portando così il fatturato prodotto fuori dai confini nazionali al 20% del totale. Tali valori risultano ampiamente superiori alla migliore media europea così come alla migliore media statunitense.

Abbiamo visto come per l’Europa, il Regno Unito rappresenti un’eccezione in termini economici; lontani dal voler mettere in risalto un paese piuttosto che un altro, ciò che ci interessa davvero è come il Regno Unito rappresenti per noi un’eccezione in grado di delineare le principali tendenze contemporanee. Non è una sorpresa che oggi una buona quantità di tale lavoro venga assorbita dal mercato della progettazione del Medioriente – le immagini dei grattacieli di Doha e Dubai o i progetti avveniristici come Masdar sembrano volercelo ricordare costantemente. Quello che appare un mercato in continua e costante espansione – ed effettivamente lo è – come quello mediorientale abbia perso però nel giro di pochi anni il proprio primato in favore del mercato cinese, tanto in termini percentuali che di valori economici assoluti. Neanche questo è invero un dato che stupisce, anzi. Al di là della qualità, che quello cinese sia un mercato in forte crescita è sotto gli occhi di tutti. Ciò che invece può risultare di particolare interessante per noi è come, mentre fino al 2015 il mercato Europeo rappresentava più della metà dell’intero mercato estero per gli studi del Regno Unito – circa il 55% – oggi questa percentuale si attesta al 26%. Sarebbe impreciso, comunque, lasciar intendere che questo calo sia destinato a continuare nel tempo; modesti segnali di ripresa si possono osservare nelle ultimissime indagini parziali relative al 2019. Nei tipi di lavori possiamo scoprire informazioni importanti. Mentre le grandi company – studi con più di cinquanta o cento dipendenti – primeggiano nella realizzazionedi nuove edificazioni e di grandi «Gli architetti hanno tradizionalmente viaggiato al di làdei propri territori

familiari alla ricerca di idee o lavoro»14 scrive Paolo Tombesi in un saggio sulla natura della professione e istintivamente saremmo portati a sostenere tale tesi e, se volessimo, potremmo anche eleggere un architetto quale immagine dell’architetto-viaggiatore per eccellenza – Le Corbusier, ad esempio. Rispetto ad altre categorie professionali, l’architetto gode di alcuni indubbi vantaggi figli dell’esponenziale crescita tecnologica, specialmente nel campo delle telecomunicazioni, conosciuta negli ultimi quarant’anni. Spostamenti sempre più rapidi e capacità di condividere informazioni e progetti in tempo reale rendono questa immagine dell’architetto-viaggiatore sempre più viva, sempre più vicina a noi. Ciononostante, anche tenendo conto di come il numero negli ultimi anni sia notevolmente aumentato, quella degli architetti appare come una categoria particolarmente poco propensa al movimento. Al di là di pochi nomi importanti o semplicemente famosi dell’architettura contemporanea, le cui tracce sono disseminate in tutto il mondo o quasi, la percentuale di architetti che lavorano oltre i propri confini nazionali è generalmente molto bassa. La media europea sfiora a malapena il 4%, con una concentrazione particolarmente alta nell’Europa Settentrionale. Della rilevanza dei mercati esteri per la crescita di un paese e dell’importanza della connettività si è già accennato, ma è importante ora chiedersi dove è che dirigono gli architetti quando oltrepassano i propri confini nazionali alla ricerca di lavoro o, in maniera più esplicita, quali sono oggi i paesi o le zone geografiche con la maggiore richiesta di lavoro? E ancora, quali sono i lavori ovvero i prodotti intellettuali maggiormente apprezzati?

Le indagini commissionate dal CNAPPC non riportano, purtroppo, la quantità economica di lavoro all’estero intercettato da parte degli studi d’architettura italiani presi a campione, né in termini di fatturato netto né in termini di volume d’affari globale; l’unico dato disponibile al 2015 è la percentuale di studi di architettura che hanno lavorato all’estero, che è pari

14 P. Tombesi, Prometheus Unchained: The Multiple Itineraries of Contemporary

Professional Freedom in (éd.) C. G. Crysler, S. Cairns e H. Heynen, The SAGE Handbook of

Architectural Theory, SAGE, London 2012, pag. 394. Nell’originale «Architects have traditionally travelled beyond their familiar territories in search of ideas or work, or to follow their commissions». Traduzione dell’autore.

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Nel Mercato globale. Condizioni e prospettive

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trasformazioni urbane, costituendo per queste imprese uno dei principali introiti, i piccoli studi riescono a ritagliarsi un mercato comunque considerevole nelle opere di conservazione e restauro. Il restauro, in particolare, appare come un mercato in crescita.

Che la piccola dimensione degli studi italiani costituisca un limite allo sviluppo ne è convinto anche Livio Sacchi. In ambito internazionale, questo divario dimensionale, rappresenta una distanza difficile da colmare con la sola professionalità; i paesi in via di sviluppo, ci dice Livio Sacchi, «guarda alle grandi società di progettazione anglo-americane, ai cui standard si sono rapidamente conformati Giappone, Singapore e Corea del Sud prima, Cina, Arabia Saudita, Qatar, Kuwait ed Emirati poi».15 Il motivo, o almeno uno dei motivi principali, può essere riassunto come segue: i grandi studi internazionali così come le grandi società di progettazione possono offrire servizi altrimenti impossibili a tutte le realtà, meno sviluppate e ramificate di loro, presenti sul mercato – sono in grado di sostenere e gestire ogni fase del processo di progettazione, dal concept iniziale ai piani di gestione e manutenzione dell’edificio, il così detto facility management – e possono, al contempo, sovvenzionare e mantenere uffici, un corpus di pubblicazioni internazionali e centri studi all’avanguardia e in grado di competere con i centri di ricerca universitari. Osservare la ramificazione complessa e completa dei servizi16 offerti o delle ricerche condotte da una società come la Arup Group Limited rende immediatamente chiara la natura e la dimensione di questo divario.

E come suggerisce Augusta Mann, «continuare a considerare aprioristicamente, come sino a oggi si è fatto, i frutti dell’attività di progettazione di studi grandi come Nikken Sekkei come portati di una attività professionale distorta perché atrofica stia diventando obsoleto. E, di conseguenza, vi è da chiedersi se non sia giunto il momento di cominciare a domandarsi se unicamente simili studi professionali siano in grado di

15 Livio Sacchi, Il mestiere dell’architetto. Prospettive per il futuro in Op. Cit. Selezione della critica d’arte contemporanea n. 160, 2017, p 16

16 Si confronti a questo proposito il dendrogramma circolare riportato nell’illustrazione n. 6 o alcune delle copertine delle ultime ricerche svilppate e finanziate dalla Arup Group Limited nell’illustrazione n. 7

dominare veramente la complessità dei processi costruttivi dei nostri giorni, relegando gli architetti tradizionali, i “piccoli progettisti” che non possono più neppure essere alla stregua di “bravi artigiani”, al ruolo di fungibili decoratori».17 La crescita e lo sviluppo degli investimenti in Medioriente e in Cina a discapito di quelli in Europa, l’interesse solo relativamente recente dei mercati internazionali per il restauro e il paesaggio – così come per temi quali la sostenibilità ambientale ed energetica o la sicurezza – oltre ad evidenziare le principali tendenze contemporanee ci dicono altro. Ci dicono che i cambiamenti sono continui, forse lenti nel loro manifestarsi e a dare frutti e quasi mai repentini, ma sicuramente continui e indipendenti dalla volontà dei singoli. Che i mercati cambieranno ancora è una certezza. La risposta al cambiamento costituisce così una delle principali qualità di un’impresa ed è importante sottolineare e rendere esplicito come fondamentale non sia il centrare il proprio obiettivo su un dato paese piuttosto che su di un altro, ma comprendere come approcciare la professione in modo da poter intercettare volta per volta i cambiamenti che si verificheranno all’interno di economie globali in continuo mutamento.

E non è un caso che la maggior parte – quasi la totalità a dire il vero – degli studi che possono vantare una sede, o semplicemente hanno stabilito importanti contatti di lavoro, oltre i confini politici del proprio stato siano concentrate in pochissime città. Nel caso del Regno Unito quasi esclusivamente a Londra. La capacità di uno studio, o di un’impresa, di riuscire ad intercettare le richieste, le necessità e le esigenze di un mercato estero in continuo mutamento, ci spiegano i più interessanti studi economici, sono diretta conseguenza di due fattori che si influenzano reciprocamente: l’attitudine della città sede dello studio ad attrarre ed accogliere risorse creative, e il numero stesso delle risorse creative presenti in una città. I motivi che conducono questi due fattori a coagularsi in pochi centri sono, in fondo, null’altro che le caratteristiche precipue della creatività umana

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Nel Mercato globale. Condizioni e prospettive

48 Breve ontologia di una crisi 49

W ind engineering V ibr ations engineering T ransport consulting Theatre consulting Fluid d ynamics Softw are products Seismic design Quantity surv eying Product design Materials Lighting design Intelligent tr ansport solutions ICT infr astructure design Hydrogeolog y Geotec hnics Geogr aphic inf ormation systems Technol. ops. and projects mgmt. Audio visual and multimedia Advanced tec hnolog y and researc h Acoustic consulting Town planning Smart mobility Smart cities Resilience security and risk

Planning policy advice

Masterplanning Landscape architecture

International development

Flood risk management

Enviromental consulting Economic planning Water engineering Waste to energ y solutions Waste management str ategies Tunnel design Sustainable infr astructure Rail engineering Maritime engineering Infr astructure design Civil engineering Bridge engineeringAirport planning

Building Inf ormation Modelling Softw are products Vertical tr ansport design Sustainable building designStructur

al engineering Public health engineeringMec

hanical engineering

Fire Facilities management

Electrical engineeringCommissioning and building perf

ormance e val. Building services engineeringBuilding retrofit

Building ph ysics Building en

velope and facade design Building design Building Inf ormation Modelling Arc hitecture Accessible en viroments

Sustainable futuresStrategy and Insights

Programmes and projects People and organisations

Finance and economics

Assets and operations

Rail Maritime Highways Aviation Retail Residential Hotel and leisure

Commercial property Technical Consulting Tec hnical Consulting Planning Planning Infrastructure Infrastructure Digital Digital Buildings Buildings Advisory Services Advisory Services Water Transport Transport Sport

Science and Industry

Resource and Waste Property Property Healtcare Government Energ y Education Cities

Arts and Culture

Service Service Industry Industry Arup V isualisation

Data Insights and anal ytics Geogr aphic inf ormation systems ICT infr astructure design

Arup

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Nel Mercato globale. Condizioni e prospettive

50 Breve ontologia di una crisi 51

F O U R P L A U S I B L E F U T U R E S

2050 Scenarios

WATER RESILIENCE

LITERATURE

REVIEW

THE CITY WATER RESILIENCE APPROACH www.arup.com/energy

W E S H A P E A B E T T E R W O R L D

Establishing a Hydrogen Economy

The Future of Energy 2035

Future of

Schools

MASS DISPLACEMENT

Host Cities and Urban Systems

Rethinking

Timber

Buildings

Seven perspectives on the use of timber in building design and construction

W

ate

r r

ese

arc

h a

nd d

ev

elo

pm

en

t

Investment review 2018



HEALTH CARE’S CLIMATE

FOOTPRINT

HOW THE HEALTH SECTOR CONTRIBUTES TO THE GLOBAL CLIMATE CRISIS AND OPPORTUNITIES FOR ACTION

Health Care Without Harm Climate-smart health care series Green Paper Number One Produced in collaboration with Arup September 2019

Nella pagina precedente. 10. Dendrogramma circolare rappresentante la ramificazione dei servizi offerti dalla Arup Group Limited. Il numero e la natura dei servizi che la società è in grado di offrire hanno, oramai da anni, superato ampiamente i conseuti confini professsionali di una società di ingegneria o di una società di progettazione, dimostrandosi in grado di poter seguire qualunque fase di un progetto edilizio o infrastrutturale dalla sua ideazione alla sua manutenzione.

Fonte: https://www.arup.com/expertise - pagina consultata nel settembre 2019

Nella pagina successiva. 11. Prima di copertina di quattro delle più recenti ricerche sviluppate e finanziate dalla Arup Group Limited.

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Nel Mercato globale. Condizioni e prospettive

52 Breve ontologia di una crisi 53

già individuate da Jane Jacobs negli anni ‘70. Quale parte essenziale di un ecosistema umano, ciò che muove la nostra creatività sono i mutamenti che scuotono e rigenerano l’ecosistema stesso; la nostra creatività è funzione diretta degli stimoli cui andiamo incontro. È un compito arduo, a questo punto, non dare credito alla teoria dello spatial mismatch18 e non riconoscere come le conseguenze di tale disallineamento geografico, tanto in termini economici quanto in termini di potenzialità lavorative nel breve e nel lungo periodo, si riverberino direttamente sul lavoro dell’architetto. Tutto lascia supporre in conclusione che «il nostro stipendio dipende più da dove abitiamo che dal nostro curriculum»19. Legati da un doppio filo, l’investimento sul capitale umano e la capacità di una città di attrarre quel capitale umano, si confermano essere sempre di più, anche nel mondo dell’architettura, due dei più importanti elementi di successo o fallimento di uno studio professionale e l’indagine di ciò che avviene nel mondo della professione dell’architettura condotta in questo breve capitolo sembra confermare quelle tendenze economiche, geografiche e sociali che geografi ed economisti come Parag Khanna ed Enrico Moretti, nei propri scritti, hanno illustrato. «…il potenziarsi della globalizzazione e il potenziarsi della localizzazione, stanno ridisegnando il nostro ambiente di lavoro e il tessuto stesso delle nostre comunità.»20

«I confini non sono l’antidoto all’incertezza; le connessioni sì. Ma se vogliamo davvero godere dei vantaggi di un mondo senza confini, dobbiamo prima costruirlo.»21 Costruire questo mondo, almeno per quanto riguarda la

18 Formulata nel 1968 dall’economista J. F. Kain, lo spatial mismatch o sfasamento territoriale è una teoria che attribuisce al disallineamento geografico, ovvero alla distanza tra l’ubicazione delle abitazioni di un gruppo etnico o sociale e l’ubicazione dei posti di lavori, la causa strutturale della povertà in cui si trovano le minoranze. La tendenza riconosciuta da Kain nel concentrarsi lontano dai nuclei lavorativi che potrebbero aiutarli, unitamente alla scarsa informazione sulle opportunità d’impiego e all’inefficienza dei trasporti pubblici finisce per aumentare disoccupazione e povertà. Se tale teoria appare oggi in parte superata per quanto concerne ciò che avviene all’interno di una singola città, rappresenta un valido strumento di pensiero se rapportata ad aree geografiche vaste ed intere zone economiche.

19 E. Moretti, The New Geography of Jobs, Mariner Books, New York 2012 ; trad. it. di L. Vanni, La nuova geografia del lavoro, Mondadori, Milano 2013, pag. 246

20 ibidem

21 P. Khanna, op. cit.; trad. it pag. 529

nostra disciplina, è un compito che spetta prima di tutto agli stessi architetti ma per farlo sono necessari gli strumenti adatti; prendendo a prestito le parole di Yaniv Bensandon, «è vero che con internet si può fare ogni cosa ovunque, ma il business è fatto ancora da persone in carne e ossa»22. Per questi motivi, nel secondo capitolo l’indagine si sposterà dalle tendenze generali dell’architettura all’esplorazione di quanto accade all’interno dei più importanti studi di architettura e nelle facoltà di architettura.

22 Lohr, Silicon Valley Shaped by Technology and Traffic, citato in E. Moretti, op. cit.; trad. it. pag. 246

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Nel Mercato globale. Condizioni e prospettive

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Questioning architectural practice

56 Breve ontologia di una crisi 57

2.

Questioning architectural practice.

Indagine sulla natura della pratica professionale

1. L’indagine etnografica contemporanea

Immagiamo un architetto. Immaginare un architetto potrebbe significare, per alcuni, immaginare Howard Roark. Howard Roark non esiste; è l’architetto protagonista di The Fountainhead, romanzo del 1943 di Ayn Rand1 trasposto al cinema solamente sei anni più tardi, nel 1949, dal regista King Vidor, interpretato da Gary Cooper. E che la sua figura sia ispirata a Frank Lloyd Wright, o che non lo sia, poco importa per noi. Ciò che è importante sono le caratteristiche e le qualità incarnate dal personaggio interpretato da Gary Cooper e, ancora di più, il suo modo di lavorare. Le sue azioni, i suoi gesti, la sua retorica. Howard Roark è un archetipo. La rappresentazione che Howard Roark ci somministra della professione di architetto. Nel racconto di Ayn Rand, Howard Roark è il novus; in una società che si nutre di sterili riproposizioni in stile e tra architetti che mercificano l’architettura stessa, Roark è l’unico che si ribella e propone un’architettura moderna. Viene cacciato dalla facoltà di architettura, trova un maestro e prosegue per la propria strada, accettando di diventare povero piuttosto che progettare quello che i suoi committenti vorrebbero: quando gli viene affidato un progetto importante, non accetta nessuna delle modifiche richieste e rinuncia all’incarico. E con una sola frase Howard Roark esprime, e ci trasmette, tutto il suo pensiero.

Io – dice l’architetto – non costruisco per avere clienti, cerco clienti perché voglio costruire.2

Basterebbe quest’unica citazione, per quanto ve ne siano di più esplicite,

1 Ayn Rand O’Connor (1905-1982) è stata una scrittrice, filosofa e sceneggiatrice statunitense di origine russa, fondatrice dellla corrente filosofica dell’oggettivismo. Scopo della vita, secondo l’oggettivismo, è la ricerca della propria felicità e l’interesse razionale di sé attraverso il così detto egoismo razionale; per A. Rand, l’unico sistema politico ed economico coerente con questa ricerca è il capitalismo puro.

2 The Fountainhead (La fonte meravigliosa) film del 1949 diretto dal regista statunitense King Vidor.

Nella pagina precedente. 12. Due flyer realizzati per altrettante iniziative promosse da Evening Class dal titolo, rispettivamente, What is the Architect’s role in housing ‘crisis’? e What (price)

do we pay to work in architecture?. Evening Class è collettivo per la formazione e l’educazione

istituito nel gennaio 2016 nel Regno Unito e particolarmente attivo nella discussione e sensibilzzazione delle difficoltà legate al costo dell’educazione universitaria, alle condizioni di lavoro negli studi di architettura e al ruolo dell’architetto nell’economia contemporanea. Fonte: https://evening-class.org/2018/05/03/what-price-do-we-pay-to-work-in-architecture e https://evening-class.org/2017/06/28/what-is-the-architect-s-role-in-the-housing-crisis#slider - pagine consultate nel novembre 2019

Figura

Figure di sfondo
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