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Terapia farmacologica della malattia del rene policistico autosomico dominante ("ADPKD"): ruolo del Tolvaptan.

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Terapia farmacologica della

malattia del rene policistico

autosomico dominante

(“ADPKD”):

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INDICE

INTRODUZIONE ... 3

IL RENE POLICISTICO AUTOSOMICO DOMINANTE (ADPKD) ... 8

DEFINIZIONE ... 8

EPIDEMIOLOGIA DEL ADPKD ... 9

ANATOMIA PATOLOGICA ... 10

DIAGNOSI DI ADPKD ... 10

SINTOMI ... 12

MANIFESTAZIONI EXTRARENALI ... 19

DIALISI E TRAPIANTO ... 21

BASI MOLECOLARI DEL ADPKD ... 23

GENETICA MOLECOLARE DEL RENE POLICISTICO ... 23

PROTEINE PKD ... 24

CIGLIO PRIMARIO ... 27

MECCANISMI DI FORMAZIONE DELLE CISTI ... 28

RUOLO DEL cAMP E DEL CALCIO ... 37

EMERGENTI STRATEGIE DI TRATTAENTO ... 39

IL TOLVAPTAN NELLA TERAPIA DEL ADPKD ... 48

DEFINIZIONE ... 48

STUDI PRECLINICI ... 50

STUDI CLINICI “TEMPO” ... 52

EFFETTI COLLATERALI E PRECAUZIONI ... 54

SELEZIONE DEL PAZIENTE ... 57

COSTI ... 61

CONCLUSIONI ... 63

ABBREVIAZIONI ... 65

BIBLIOGRAFIA ... 66

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3

INTRODUZIONE

Il rene policistico descrive una classe di patologie di origine genetica che comprende la forma autosomica dominante (ADPKD) e la forma autosomica recessiva (ARPKD).

Il primo caso documentato di rene policistico risale a Stefan Bathory, Re di Polonia, vissuto dal 1553 al 1588. Nel XVIII e XIX secolo, il rene policistico veniva spesso definito come malattia di Bright. Tale termine comprendeva tutte le numerose malattie renali, caratterizzate da forti concentrazioni di proteine nell’urina. Oggi, sappiamo che molti dei casi della malattia di Bright erano in effetti casi di rene policistico.

Il rene policistico autosomico dominante (ADPKD), malattia ereditaria che coinvolge primariamente il rene, colpisce 12,5 milioni di persone di ogni etnia nel mondo, di cui 60.000 solo in Italia ed è la quarta causa più frequente che necessita di terapia sostitutiva renale con dialisi o trapianto.

L’ADPKD è caratterizzato da formazione di cisti renali che crescono in modo lento, graduale e costante, causando un progressivo aumento di volume del rene; questo processo si associa ad ipertensione; sensazione di ingombro addominale; dolore; episodi di sanguinamento delle cisti; calcolosi renale; infezione delle cisti; diminuzione della qualità della vita. Nonostante la continua distruzione di parenchima renale, l'iperfiltrazione glomerulare compensatoria nei glomeruli intatti mantiene la funzione renale entro i valori di normalità per decenni. Solo quando la maggior parte dei nefroni sono stati distrutti, la funzionalità renale diminuisce, tipicamente dopo i 40 anni, fino al raggiungimento dello stadio terminale (ESRD). L' ADPKD è una malattia sistemica che colpisce altri organi con manifestazioni extra-renale cisti al fegato e aneurismi intracranici. Mutazioni a carico di due geni, il PKD1 localizzato sul cromosoma 16 ed il PKD2 localizzato sul cromosoma 4, sono responsabili della comparsa della malattia nella stragrande

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4 maggioranza dei casi di ADPKD. Circa l'85% dei casi sono

dovute a mutazioni di PKD1 e il 15% a mutazioni di PKD2. Non vi è prova convincente dell'esistenza di un terzo gene PKD. La severità della malattia è molto variabile. Infatti, rispetto ai soggetti con mutazione nel gene PKD1, i pazienti affetti da mutazione del gene PKD2 hanno una forma più lieve di malattia renale, con minor numero di cisti, un ritardato esordio dell'ipertensione arteriosa, un ritardo di quasi vent'anni nel raggiungimento della fase terminale della malattia renale richiedente dialisi, una aspettativa di vita più lunga.

Da quando la malattia del rene policistico (ADPKD) è nota, cioè da più di 300 anni, essa è considerata una malattia rara e incurabile. Con i progressi della medicina, l'ADPKD viene ora diagnosticata più frequentemente, inoltre qualità e durata della vita sono migliorate grazie a molteplici strategie comprendenti precoce diagnosi e trattamento dell'ipertensione, cambiamenti nello stile di vita, trattamento delle complicazioni renali ed extra-renali, gestione delle complicanze connesse alla malattia renale cronica, terapia sostitutiva renale. La ricerca è esponenzialmente aumentata negli ultimi 30 anni, particolarmente dopo la scoperta dei geni PDK1 (1994) e PDK2 (1996). Molti targets terapeutici sono stati individuati e testati in modelli animali e studi clinici hanno portato a risultati incoraggianti.

La maggior parte dei pazienti con ADPKD sviluppa una insufficienza renale progressiva che porta ad ESRD tra i 40 e i 70 anni. Anche se sono state identificate molte strategie di protezione renale in corso di malattie renali croniche non-ADPKD (ad esempio stretto controllo della PA, impiego di bloccanti del RAAS, dieta ipoproteica), questi interventi nell'ADPKD hanno portato a risultati insoddisfacenti. Sulla base delle nuove acquisizioni patogenetiche, sono stati proposti numerosi nuovi targets.

Ci sono sviluppi interessanti rispetto ai trattamenti medici in grado di interferire con la progressione della malattia renale in

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5 corso di ADPKD. Molti studi clinici sono stati intrapresi per

studiare l'effetto sulla crescita delle cisti renali e deterioramento della funzione renale. Le classi di farmaci che sono stati testati in studi clinici randomizzati (RCT) sono inibitori di mTOR (sirolimus e everolimus), analoghi della somatostatina (octreotide, lanreotide, pasireotide), e più recentemente, antagonista del recettore V2 della vasopressina, tolvaptan. Negli ultimi decenni, studi sperimentali ed epidemiologici hanno suggerito un ruolo deleterio dell'ormone antidiuretico vasopressina (AVP) nell'ADPKD. L'attivazione del ricettore V2 per AVP in vitro aumenta i livelli intracellulari di cAMP, e conseguentemente porta a formazione e successiva crescita delle cisti. I livelli di AVP nel siero sono elevati nei pazienti con ADPKD e il suo livello è stato associato alla gravità della malattia. Queste osservazioni hanno fornito il razionale per studi di intervento con l’obiettivo di inibire questa via metabolica c-AMP mediata, mediante l’aumento dell'apporto idrico o l’uso di antagonisti dei recettori V2 della vasopressina.

Il trial clinico randomizzato TEMPO3:4 ha studiato gli effetti del tolvaptan, antagonista dei recettori V2 della vasopressina, in 1445 pazienti con ADPKD con e-GFR ≥60 mL/min e TKV ≥750 mL. Il Tolvaptan, farmaco sviluppato dall’azienda giapponese Otsuka, blocca il legame dell’ormone vasopressina al suo recettore localizzato nel rene. La vasopressina è nota anche con il nome di ormone antidiuretico, perchè permette il riassorbimento dell’acqua nel tubulo renale, portando alla formazione di urine ridotte in volume e concentrate.

Il blocco del legame vasopressina-recettore causa una riduzione a livello renale del riassorbimento di acqua, determinando la produzione di elevate quantità di urine, ed una variabile ma significativa disidratazione.

Per questa sua azione il Tolvaptan è già in commercio con l’indicazione al trattamento della iposodiemia severa (una riduzione della concentrazione del sodio nel sangue che si verifica

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6 nello scompenso cardiaco e nella sindrome da inappropriata

secrezione dell’ormone antidiuretico), condizione nella quale è indicato indurre un aumento della eliminazione renale di acqua. A livello cellulare renale, il Tolvaptan provoca la riduzione di una molecola, l’AMP ciclico (AMPc), metabolita cellulare che stimola la proliferazione delle cellule epiteliali delle cisti e la secrezione di fluidi nelle cisti (due fenomeni che causano l’aumento di dimensione delle cisti renali), accelerando la progressione dell’ADPKD.

Sulla base di questi meccanismi, era stato pertanto ipotizzato che il Tolvaptan, diminuendo la produzione renale di AMPc, potesse rallentare la progressione dell’ADPKD.

Lo studio ha dimostrato un effetto benefico significativo sulla crescita del TKV (-48%) e sul declino dell’e-GFR (-26%) nei pazienti con ADPKD trattati.

I risultati dello studio Tempo 3:4 suggeriscono un potenziale trattamento dell’ADPKD in grado di contenere la crescita di volume del rene, diminuire i sintomi associati alla malattia,

dolore, ematuria, infezioni urinarie) e rallentare il declino della funzione renale. Perciò i risultati dello studio sono da considerare un significativo passo avanti, essendo la prima terapia mirata

dimostratasi efficace nel ridurre la crescita renale e il peggioramento della funzione renale nei pazienti ADPKD.

Nel febbraio 2015 la European Medicines Agency (EMA) ha reso pubblica la notizia di approvazione dell’uso del Tolvaptan come terapia per l’ADPKD.

Le linee guida definitive rilasciate dal National Institute for Health and Care Excellence (NICE) del 28 Ottobre 2015 raccomandano JINARC® (Tolvaptan) per il trattamento della malattia autosomica dominante del rene policistico (ADPKD). Tolvaptan è stato approvato per i pazienti con ADPKD in Giappone (Marzo 2014) e in Canada (Febbraio 2015).

Tolvaptan è attualmente la prima terapia farmaceutica approvata disponibile in Europa per il trattamento di questa malattia.

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7 Non si tratta di una cura radicale della malattia, ma di un

trattamento che promette di rallentare la progressione della malattia, riducendo la frequenza delle complicanze correlate con l’ADPKD.

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8

IL RENE POLICISTICO AUTOSOMICO DOMINANTE

(“ADPKD”)

Definizione

La malattia renale policistica (“PKD”) è caratterizzata dalla formazione di cisti in entrambi i reni. Ci possono essere molte cisti o solamente qualcuna, e le dimensioni delle cisti variano dalla grandezza di pochi mm a diversi cm. La grandezza di un rene normale è uguale a un pugno umano, con un peso che varia da 280 a 340 grammi. Quando si formano molte cisti, i reni possono crescere e persino superare la grandezza di un pallone, e arrivano a pesare fino a più di 10 chili.

La malattia renale policistica ha due forme ereditarie 1:

Malattia renale policistica autosomica dominante (autosomal dominant polycystic kidney disease, ADPKD;

Malattia renale policistica autosomica recessiva (autosomal recessive polycystic kidney disease, ARPKD.

La malattia autosomica dominante del rene policistico (ADPKD) è la più comune malattia ereditaria del rene. E 'caratterizzata da uno sviluppo inarrestabile di cisti renali, ipertensione, malattia renale e infine allo stadio terminale (ESRD). ADPKD è associato con pienezza addominale e dolore, cisti emorragia, nefrolitiasi, infezione cisti, ematuria. La malattia è una conseguenza di mutazioni genetiche in PKD1 o PKD2, che codificano rispettivamente policistina1 (PC-1) e policistina2 (PC-2).

Epidemiologia del ADPKD

L’ADPKD è stato descritto la prima volta più di 300 anni fa. Colpisce tra 1:400 e 1:1000 nati vivi 2, è responsabile di circa il 4% dei casi di malattia renale terminale (ESRD) negli Stati Uniti. Colpisce circa 12 milioni di persone nel mondo di cui 60.000 solo in Italia ed è la quarta causa più frequente che necessita di terapia sostitutiva renale con dialisi o trapianto. È diffusa in tutto il

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9 mondo senza eccezioni di razza e sesso. In Europa 3 7.8 maschi e

6.0 femmine per milione sono affetti da ADPKD. Secondo i dati provenienti dai Registri Dialitici Nazionali, in Italia i pazienti ADPKD in trattamento dialitico costituiscono l’8.2%. È una delle malattie ereditarie più comuni. E’ 10 volte più comune dell’anemia falciforme e 20 volte più comune della malattia di Huntington.

Genetica

La malattia renale policistica è una malattia genetica che per il 90% dei casi si eredita per via autosomica dominante e circa il 10% si deve a mutazioni spontanee. Sono state identificate tre forme di ADPKD. L’ADPKD1comprende l’85% dei casi e il gene responsabile è stato localizzato sul cromosoma 16p13.3 4(PKD1).

Il gene dll’ADPKD2 è stato localizzato sul cromosoma 4p21-23

5 (PKD2). I geni PKD1 e PKD2 codificano proteine, policistine,

che formano il complesso della policistina, che potrebbe regolare le interazioni cellula-cellula o cellula-matrice.

Un difetto di una di queste proteine altera la normale funzione del complesso della policistina. L’ADPKD ha elevata variabilità fenotipica. Mutazioni in PKD2 rispetto PKD1 portano ad una forma di malattia molto più blanda, che esordisce e provoca insufficienza renale all’ultimo stadio più tardivamente.

La severità della malattia è molto variabile, in parte dovuta ad un importante “effetto genico”. Infatti, rispetto ai soggetti con mutazione nel gene PKD1, i pazienti affetti da mutazione del gene PKD2 hanno una forma più lieve di malattia renale, con minor numero di cisti; un ritardato esordio dell'ipertensione arteriosa; un ritardo di quasi vent'anni nel raggiungimento della fase terminale della malattia renale richiedente dialisi; una aspettativa di vita più lunga. Studi più recenti hanno mostrato, nei soggetti con mutazioni in PKD1, l’esistenza di un “effetto allelico”, per cui pazienti che albergano mutazioni genetiche troncanti (mutazioni che determinano completa inattivazione del prodotto proteico)

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10 sviluppano una malattia renale più severa rispetto a quelli che

albergano mutazioni non troncanti.

Anatomia patologica

Reni in pazienti con ADPKD sono caratterizzati da cisti che si formano e crescono nel tempo in numero e dimensioni. Nella malattia precoce, il rene contiene poche cisti piene di liquido e, sebbene ingrandito, mantiene una grande quantità di parenchima ben conservato. Le cisti contengono un liquido giallo paglierino che può diventare emorragico. Le cisti sono generalmente sferiche con dimensioni che variano da pochi millimetri a diversi centimetri e sono uniformemente distribuite su tutta la corticale e la midollare. Le cisti si sviluppano solo nell’1-5% dei nefroni. Nel restante parenchima renale si evidenziano vari gradi di atrofia tubulare, fibrosi interstiziale e nefrosclerosi. In ADPKD avanzata, entrambi i reni appaiono colpiti, anche se uno può risultare più grande dell’altro.

La malattia è tuttavia sistemica perché altri organi 6 oltre al rene possono essere colpiti. Cisti epatiche sono presenti nel 50-70% dei pazienti. La formazione di cisti si osserva anche a livello di milza, pancreas e ovaie. Nel 5-10% dei pazienti asintomatici sono presenti aneurismi celebrali. È comune la diverticolite del colon. Infine nel 25% dei pazienti è presente un prolasso della valvola mitrale. La prevalenza dell’insufficienza delle valvole aortica e tricuspide è aumentata.

Diagnosi di ADPKD

Si basa principalmente su immagini, anche se alcuni casi sono diagnosticati dai test genetici. Fattori importanti nella diagnosi 2

della malattia comprendono storia familiare di ADPKD, l'età del paziente, e il numero di cisti renali. Data la sua disponibilità, la sicurezza e basso costo, l'ecografia è la modalità di imaging di scelta per la diagnosi presintomatica. Sono stati stabiliti i criteri ecografici età-dipendente sia per la diagnosi e l'esclusione

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11 malattia per i pazienti con una storia familiare positiva. In

particolare, la presenza di un totale di 3 o più cisti renali per i soggetti a rischio di età compresa tra i 15 ei 39 anni e 2 o più cisti in ciascun rene per i soggetti a rischio di età compresa tra 40 e 59 anni sono sufficienti per una diagnosi di ADPKD.

Per gli individui di età superiore ai 40 anni, l'assenza di cisti renali in ecografia esclude ADPKD. In assenza di una storia di famiglia, non si applicano i criteri di imaging. In tali situazioni, molteplici fattori devono essere considerati, compresa l'età del paziente, la presenza di manifestazioni associati (ad esempio, cisti fegato), e i risultati o storia familiare suggestivi di altre malattie genetiche. ADPKD è la diagnosi più probabile in presenza di reni bilateralmente allargati e innumerevoli (> 10) cisti in ciascun rene.

I test genetici non sono sempre necessari per la diagnosi, ma possono essere utili quando i risultati di imaging sono incerti e/o è necessaria una diagnosi ferma, come per identificare donatori viventi di rene correlati, insufficienza renale senza l'allargamento significativo dei reni, segni di malattia discordanti all'interno della famiglia. I test genetici sono utili anche nella diagnosi di sporadici PKD con nessuna storia familiare. Al momento, il metodo d'elezione per la diagnosi molecolare di ADPKD è lo screening diretto mediante analisi mutazionale con tecnica di Sanger, che sequenzia tutti gli esoni e le giunzioni di splicing dei geni PKD1 e PKD2.

Monitoraggio della progressione della malattia renale

Il trattamento ideale dovrebbe iniziare nelle fasi precoci della malattia, quando il parenchima renale è ancora relativamente preservato. Negli stadi più avanzati, altri meccanismi patologici indipendenti dall'ADPKD diventano probabilmente dominanti. Ciononostante, anche trattamenti negli stadi avanzati della malattia diventano importanti per preservare la funzionalità renale. Negli stadi precoci e per molti decenni, in corso di

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12 ADPKD, la velocità di filtrazione glomerulare (GFR) rimane

normale e per questo non è informativa. Al contrario, il volume del rene in relazione con l'età può identificare pazienti con malattia renale progressiva.

Il volume totale del rene (TKV) 7 aumenta in modo esponenziale praticamente in tutti i pazienti con ADPKD. La velocità con cui il rene aumenta di volume è altamente variabile e unica per ogni individuo. Il TKV rappresenta una stima accurata della massa cistica ed è associato a molte manifestazioni renali tipiche dell'ADPKD, fra cui dolore, ipertensione, macroematuria, proteinuria. L'aumento medio di volume totale del rene nell’adulto è del 5-6% all’anno.

Sintomi

Si tratta di una malattia ad esordio tardivo, in genere i primi segni clinici, rappresentati da dolori lombari legato all’effetto compressivo svolto dal rene ingrandito, micro o macroematuria (presenza di sangue nelle urine), comparsa di ipertensione arteriosa, si manifestano tra la terza e quarta decade di vita. L’età d’insorgenza della malattia, la gravità e il decorso clinico sono tuttavia molto variabili.

Anomalie precoci della funzione renale

Molti pazienti con ADPKD ai primi stadi presentano una minore capacità di concentrazione delle urine 7 e dell’escrezione di ammonio. La nicturia può essere l’unico sintomo di questo disturbo e solitamente non occorre un trattamento specifico. Queste alterazioni precoci sono il risultato della alterazione strutturale del rene causata dallo sviluppo delle cisti: il processo di sviluppo delle cisti interferisce con il meccanismo di scambio controcorrente e con il trapping dei soluti e dell’ammonio nella midollare renale. E’ anche ipotizzabile la precoce presenza di danno tubulo-interstiziale, che accompagna l’evoluzione della malattia verso l’insufficienza renale.

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13 Nelle fasi iniziali della malattia, questi difetti sono solitamente di

grado modesto. Il difetto di concentrazione urinaria non ha conseguenze clinicamente evidenti; raramente può comparire poliuria. La riduzione della escrezione urinaria di ammonio, può contribuire, in associazione con un basso valore di pH urinario e di ipocitraturia, allo sviluppo di calcoli di acido urico e ossalato di calcio. Durante il decorso della malattia, è importante monitorare la pressione arteriosa e il volume extracellulare in modo da poter apportare le opportune correzioni alla terapia. In genere, è sufficiente un introito di acqua tale da determinare una diuresi di 1-2l/die. In presenza di ipertensione, può essere necessaria una restrizione dietetica di sodio. L’impiego di diuretici nei pazienti affetti da ADPKD può essere problematico. Da una parte, sono utili per la gestione dell’ipertensione e della calcolosi, dall’altra possono essere una causa potenziale di ipokalemia.

Proteinuria

La proteinuria (proteine escrezione di> 300 mg / die) è presente in quasi il 25% degli adulti con ADPKD, ma raramente supera 1 g /die. La proteinuria ha valore prognostico perché la sua presenza e il grado correlano con la gravità della malattia. La presenza e il livello di proteinuria si associano ad un maggior TKV, ad un più veloce declino della funzione renale e ad un più precoce raggiungimento dell’ESRD.

Ipertensione

L’ipertensione arteriosa è la manifestazione più comune nell’ADPKD e si manifesta in circa il 50-70% dei pazienti prima di qualsiasi significativo declino della funzione renale, con una età media di insorgenza di 30 anni. L'ipertensione è associata ad una rapida progressione verso ESRD ed è anche un importante fattore di rischio cardiovascolare. La comparsa di uno stato ipertensivo spesso precede la riduzione del filtrato glomerulare.

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14 Una riduzione del flusso plasmatico renale può essere riscontrato

in soggetti giovani affetti da ADPKD quando ancora la pressione arteriosa è nei limiti di norma. Giovani adulti hanno valori di pressione arteriosa più elevati e indice di massa ventricolare sinistra maggiore rispetto ai controlli di pari età, anche quando i valori di pressione arteriosa sono nella normalità. Aumento della PA nei pazienti con ADPKD è stato attribuito a diverse cause, tra cui l'attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone 2 (RAAS), aumento del tono simpatico, l’espansione del volume extracellulare e disfunzione vascolare primaria. Il fattore più importante è l'attivazione dei RAAS intrarenali, eventualmente causate da stiramento e compressione dell'albero vascolare dall'espansione cisti, con conseguente ischemia intrarenale. E’ stato suggerito che l’espansione delle cisti, determinando focali aree di ischemia renali e di incremento di produzione di renina, sia largamente responsabile almeno dell’aumento iniziale della pressione arteriosa. Le cisti premendo sui vasi sanguigni del rene causano una diminuzione del flusso sanguigno ad alcune parti del rene. I sensori del nefrone reagiscono come se la pressione sanguigna nel rene fosse bassa, viene allora secreta renina, che genera a sua volta angiotensina costringendo i vasi e provocando ipertensione.

Due osservazioni sono compatibili con questa ipotesi.

La prima è che il grado di ipertensione arteriosa nelle fasi precoci della malattia varia con la severità delle alterazioni strutturali parenchimali, i pazienti con una pressione arteriosa elevata tendono ad avere un maggior volume cistico renale rispetto ai soggetti con ADPKD normotesi.

La seconda osservazione è che i pazienti con ADPKD, normofunzione renale ed ipertensione arteriosa mostrano livelli di attività reninica plasmatica significativamente maggiori rispetto a pazienti con ipertensione arteriosa essenziale in clinostasi, ortostasi e dopo stimolazione con captopril. Il ruolo della ritenzione sodica e degli ormoni vasoattivi nella genesi della

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15 ipertensione sono meno chiari. La comparsa di uno stato

ipertensivo si associa ad una più rapida progressione della malattia renale verso la fase terminale. Le attuali raccomandazioni in merito ai livelli pressori consigliabili derivano da studi condotti sulle patologie renali in generale. I dati raccolti suggeriscono che il controllo dell’ipertensione arteriosa sia in grado di avere, in corso di ADPKD, un effetto renoprotettivo. Le attuali linee guida indicano di mantenere una PA uguale o inferiore a 140/90 mmHg. Secondo queste linee-guida, bisognerebbe individualizzare i target pressori, considerando le comorbilità presenti. In condizioni quali disfunzione del ventricolo sinistro, aneurismi intracranici (ICA), diabete o proteinuria, sono raccomandati target pressori più bassi (≤130/80 mmHg). Un trial clinico randomizzato, condotto in 79 adulti ipertesi con ipertrofia ventricolare sinistra, ha evidenziato che un controllo stretto della PA (≤120/80 mmHg) era più efficace nel ridurre la massa ventricolare sinistra, rispetto ad un una pressione normale (BP≤140/90 mmHg). I risultati recentemente pubblicati dello studio HALT-PKD 8, suggeriscono

che target pressori più bassi di quelli raccomandati dalle linee guida attuali, potrebbero essere vantaggiosi nei pazienti giovani con ADPKD con CKD in stadio 1 o 2 e senza diabete mellito o comorbilità cardiovascolari significative. Nella maggior parte dei pazienti con ADPKD ipertesi è opportuna una restrizione dietetica di sodio, oltre ad un adeguato controllo del peso e esercizio fisico adeguato. ACE inibitori e bloccanti dei recettori dell’angiotensina sono efficaci nel trattamento dell’ipertensione nei pazienti con ADPKD.

Dolore renale

Il dolore 2 è la manifestazione più comune in corso di ADPKD. La sintomatologia dolorosa può essere acuta o cronica. Il sintomo più comune è il dolore lombare e/o ai fianchi, presente in oltre il 50% dei casi. In genere, un dolore ad esordio acuto riflette una

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16 complicanza sovrapposta alla presenza di cisti renali. Le possibili

eziologie sono la comparsa di emorragia cistica con passaggio di coaguli nel tratto urinario; la presenza di nefrolitiasi con un calcolo ostruente; un processo infettivo coinvolgente le cisti; raramente, un tumore.

Il dolore cronico, sordo, persistente, con eventuali riaccensioni, è invece usualmente riconducibile allo stiramento che si determina sulla capsula renale o alla trazione sul peduncolo renale. In genere, il dolore ha carattere autolimitante e si risolve in 2-7 giorni. La maggioranza dei pazienti richiede analgesici, inclusi i FANS, per un periodo limitato e se non vi è una insufficienza renale avanzata. In alternativa, si può adottare un approccio chirurgico nei pazienti con reni estremamente ingranditi per la presenza di innumerevoli cisti.

Ematuria

Si manifesta nel 35-50% dei casi e, in genere, è dovuta alla rottura di una cisti all’interno della pelvi renale. Oltre che dalla rottura di una cisti, per esempio per un evento precipitante, come uno sforzo fisico intenso può essere determinata anche da calcoli renali, infezioni della cisti. Il sanguinamento di una cisti è evento frequente, può manifestarsi improvvisamente e persistere in forma micro e macroscopica per diversi giorni. L’ematuria 6 secondaria a rottura delle cisti di solito si risolve nel giro di pochi giorni con sola terapia conservativa che comprende riposo a letto, analgesici ed idratazione.

Nefrolitiasi

I calcoli renali 6 si sviluppano nei pazienti con ADPKD all’interno

del parenchima renale e all’interno del sistema escretorio. L’incidenza della formazione dei calcoli renali è d circa il 20% nei malati di ADPKD, rispetto alla percentuale che va dall’8% al 10% nella popolazione in generale. I calcoli sono costituiti il più delle volte da acido urico e/o ossalato di calcio. Difetti di

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17 acidificazione distale, la presenza di stasi urinaria secondaria,

trasporto anomalo dell’ammonio, basso pH urinario e ipocitraturia sono tra i fattori predisponenti lo sviluppo dei calcoli renali. La TC è la metodica più sensibile per diagnosticare i calcoli renali. Nei soggetti con ADPKD, il trattamento non differisce da quello degli altri pazienti. L’impiego di citrato di potassio è la terapia di scelta nella litiasi da acido urico, con associata ipocitraturia e con difetti di acidificazione distale.

Infezioni renali

Circa il 30-50% 6 dei pazienti con ADPKD sviluppa uno o più episodi infettivi delle vie urinarie nel corso della vita. Analogamente a quanto si verifica nella popolazione generale, le femmine con ADPKD vanno incontro ad infezioni del tratto urinario più frequentemente dei maschi. Le infezioni possono essere limitate al basso tratto urinario ma possono tuttavia risalire dalla vescica verso il tratto alto dell’albero urinario e determinare pielonefrite e/o infezioni delle cisti. In tal caso la malattia si manifesta con febbre, batteriemia, leucocitosi, piuria e dolore marcato alla palpazione dei reni. Distinguere tra pielonefrite ed infezione delle cisti non è agevole. In genere, l’infezione delle cisti è monolaterale e, a meno che non sia associata a pielonefrite, non determina batteremia. I pazienti con ADPKD ed infezione renale devono essere trattati per via parenterale con uso di antibiotici, come in un soggetto non-ADPKD. Il paziente affetto da rene policistico presenta un problema riguardo la scelta degli antibiotici. La maggior parte delle cisti è permeabile ai farmaci polari, quali cefalosporine e aminoglicosidi, ma una piccola percentuale non lo è e occorre impiegare agenti lipofili per ottenere concentrazioni battericide nel liquido cistico. Pertanto, quando il trattamento convenzionale con cefalosporine, con derivati della penicillina e con aminoglicosidi non riesce ad eradicare l’infezione, si consiglia l’uso di antibiotici liposolubili per via partenterale, come la ciprofloxacina e i suoi derivati, il

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18 cloramfenicolo, l’eritromicina, le tetracicline e il trimetoprim. La

terapia, dopo adeguato miglioramento dei sintomi, assenza di febbre, con conta leucocitaria normale, urine sterili e senza piuria, deve essere portata avanti per os fino a scomparsa del dolore renale alla palpazione profonda o fino ad un totale di 14-21 giorni, in modo da eradicare l’infezione parenchimale e la batteriemia. Mancano comunque regole certe sulla durata del trattamento.

Insufficienza renale terminale

In circa il 50% dei pazienti affetti, l’ADPKD progredisce fino all’insufficienza renale terminale entro i 60 anni di età. L’evoluzione è più rapida nei soggetti con genotipo PKD1 che in quelli con genotipo PKD2 anche se si osserva una variabilità considerevole nell’età di esordio dell’insufficienza renale terminale nelle famiglie con lo stesso genotipo. E’ stato stimato che una volta instaurata, l’insufficienza renale procede con un deterioramento annuo del GFR di circa di 5 ml/min. Numerosi fattori di rischio per lo sviluppo di ESRS sono stati identificati, tra cui una giovane età alla diagnosi (usualmente sotto i 30 anni); la razza (gli Afro-Americani sembrano presentare forme più severe di ADPKD); il sesso maschile; il tipo di anomalia genetica (PKD1 è più rapida di PKD2); il numero degli episodi di macroematuria; lo sviluppo precoce di ipertensione; le dimensioni dei reni. In un’ampia casistica, l’età media all’ESRD era di 53 anni nei pazienti con PKD1 e di 69 anni nei pazienti con PKD2; l’età media all’esordio dell’insufficienza renale era 54 e 74 anni nei pazienti con PKD1 e PKD2, rispettivamente. Altri eventi renali, quali ipertensione ed infezioni del tratto urinario erano meno frequenti nei pazienti con PKD2 rispetto a quelli con PKD1. Sin dai tempi di Dalgaard era opinione accettata che causa della insufficienza renale cronica erano lo sviluppo e la progressiva crescita delle cisti renali. Man mano che si espandono, le cisti comprimono il parenchima circostante. In questa maniera, le singole cisti possono amplificare il loro effetto

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19 lesivo, compromettendo la funzionalità delle strutture glomerulari

e tubulari adiacenti. La “pressione” esercitata dalle cisti mentre si espandono nel parenchima, guidata dalla proliferazione delle cellule dell’epitelio cistico e dalla secrezione di NaCl e liquidi nel lume, può distorcere la delicata rete tubulointerstiziale dei capillari linfatici, arteriole e venule, con conseguenti disturbi funzionali del parenchima circostante. Questa alterazione sembra determinare un afflusso di cellule infiammatorie e favorisca l’apoptosi in un tessuto per il resto sano. Alla fine, la quantità di parenchima renale sano diminuisce a tal punto che allo stadio terminale rimangono solo cisti sopravvissute.

Nonostante queste acquisizioni, il meccanismo intimo con cui si determina la progressione verso l’insufficienza renale progressiva non è del tutto chiarito.

Manifestazioni extrarenali

L'ADPKD è una malattia sistemica, associata a numerose manifestazioni extrarenali che possono essere causa importante di morbilità e mortalità. Gli aneurismi intracranici (intracranial aneurysm-ICA) e fegato policistico (polycystic liver diseasePLD) sono fra le manifestazioni più comuni e debilitanti.

Le cisti al fegato si formano con la stessa frequenza nell’uomo e nella donna. Tuttavia, le donne presentano cisti in più giovane età e l’interessamento del fegato è generalmente più grave che negli uomini e non è raro che la gravidanza acceleri la crescita di dimensioni e numero delle lesioni. Circa il 20% dei pazienti con ADPKD sviluppano una malattia epatica sintomatica (policystic liver desease-PLD) 2. Il fegato può apparire fortemente ingrandito, anche se la funzionalità epatica rimane integra. I sintomi di solito causati da un massiccio ingrossamento del fegato o per effetto di un numero limitato di cisti dominanti includono dispnea, sazietà precoce, reflusso gastro-esofageo, e dolore meccanico parte bassa della schiena. Raramente le cisti epatiche

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20 possono essere abbastanza grandi da determinare un ostacolo al

flusso venoso, con conseguente ipertensione portale.

Aneurismi arteriosi

Gli aneurismi celebrali 2 si manifestano in meno del 5% dei pazienti affetti da ADPKD. Si riscontrano in associazione con il rene policistico sia di tipo1 che di tipo2. Aneurisma intracranico rappresenta la manifestazione extra-renale più grave in quelli con ADPKD. Sebbene la prevalenza di aneurisma intracranico in pazienti con ADPKD varia, è almeno due volte più probabile in questi pazienti rispetto alla popolazione generale. Poiché la maggior parte dei pazienti con ADPKD non manifesta questa complicazione, lo screening va riservato ai casi con una storia familiare di aneurisma. L’angio-RM è il test di screening preferito. L’angiografia di conferma delinea l’aspetto e la sede dell’aneurisma qualora si pianifichi un intervento chirurgico. Per ridurre il rischio di rottura dell’aneurisma è essenziale una gestione aggressiva dell’ipertensione.

Altre manifestazioni extrarenali

Altre complicazioni extrarenali 2 dell'ADPKD comprendono anormalità cardiache e vascolari e sviluppo di cisti in altri organi. Cisti pancreatiche si osservano in circa il 10% dei pazienti ADPKD. Sono di solito asintomatiche, ma la compressione da parte delle cisti del dotto pancreatico può raramente causare pancreatiti.

La diverticolosi è stata descritta nell’80% dei pazienti con ADPKD. Pare che i malati di ADPKD, che sono in dialisi o hanno subito un trapianto, presentino diverticoli con maggiore frequenza.

Il prolasso della valvola mitrale è presente nel 25% dei pazienti e la prevalenza di insufficienza aortica e tricuspidale è aumentata. Versamento pericardico può essere individuato in circa il 35% dei

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21 pazienti ADPKD, ed è usualmente ben tollerato e non

significativo dal punto di vista clinico.

Dialisi e trapianto

Il trapianto è da considerare la scelta ottimale nei pazienti ADPKD candidabili. Il grado di comorbilità è generalmente più basso nell'ADPKD che in altri tipi di pazienti in ESRD e quindi una percentuale più alta dei primi può beneficiare del trapianto renale. Come per la popolazione generale in ESRD, la donazione da donatore vivente, idealmente seguita da trapianto pre-emptive, è più facilmente associata a migliori risultati nei pazienti con ADPKD. Tuttavia, un paragone diretto tra i risultati del trapianto pre-emptive e del trapianto tardivo non è stata fatta tra pazienti con ADPKD ed è sconosciuto il tempo di dialisi associato ad un peggioramento della prognosi. Il lungo decorso dell'ADPKD, l'alto livello di consapevolezza familiare e la prevedibile velocità di perdita della funzione renale, facilitano l'organizzazione del trapianto preventivo o almeno precoce da donatore vivente. Il trapianto porta la maggior parte dei pazienti a un miglioramento della qualità della vita e assicura una maggiore aspettativa di vita rispetto ai pazienti dializzati.

Quando il trapianto non è un'opzione, o per i pazienti in attesa di trapianto, sia l'emodialisi che la dialisi peritoneale sono modalità idonee di terapia sostitutiva.

L’emodialisi rimane la modalità terapeutica più comune per ESRD. I parametri per effettuare la scelta tra l’emodialisi e la dialisi peritoneale prevedono la valutazione di vari fattori, quali l’età del paziente, la presenza di condizioni di comorbilità, la capacità di eseguire la procedura, la scelta del paziente. L’emodialisi si basa sui principi di diffusione di soluti attraverso una membrana semipermeabile. Il passaggio di prodotti metabolici di scarto avviene grazie al gradiente di concentrazione operante tra il letto vascolare e il dialisato. Lo scopo di questa procedura è la rimozione di soluti sia di basso che alto peso

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22 molecolare. La procedura consiste nel pompare sangue

eparinizzato nel filtro con un flusso di 300-500ml/min, mentre il dialisato percorre il filtro in direzione opposta, controcorrente, a 500-800ml/min. L’efficienza dialitica è determinata dal flusso di sangue e dialisato attraverso il filtro, come pure dalle caratteristiche del filtro.

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23

BASI MOLECOLARI DEL ADPKD

Genetica molecolare del rene policistico

La PKD è una malattia ereditaria, per cui la forma dominante della malattia viene passata da una generazione all’altra anche solo da un genitore affetto. Ogni figlio di un genitore affetto da ADPKD ha una probabilità del 50% di ereditare la malattia. ADPKD è geneticamente e fenotipicamente eterogenea. Circa l’85% dei casi di ADPKD sono causati da mutazione del gene PKD1 localizzato sul cromosoma 16p13.3, che codifica per la policistina-1. Il restante 15% può essere attribuito al gene PKD2, codificante policistina-2, localizzato sul cromosoma 4q21-23. Le ricerche che hanno condotto all’identificazione e al sequenziamento dei geni coinvolti in ADPKD hanno avuto inizio nei primi anni ’80 attraverso un approccio definito “positional cloning”. Con tale termine si intende il riconoscimento sempre più preciso e dettagliato della localizzazione del gene sospetto a livello cromosomico sfruttando l’associazione (linkage) a marker genetici noti. Nel 1994 9 l’individuazione di una famiglia affetta da ADPKD, colpita da una traslocazione cromosomica bilanciata a livello del locus di PKD1 ha permesso l'individuazione del suo gene. Nel 1996 infine è stato identificato il secondo gene coinvolto nella patologia, PKD2, attraverso tecniche di positional cloning, studi di espressione e approcci bioinformatici di analisi di omologia di sequenza con PKD1. Sebbene le manifestazioni cliniche nelle due forme siano sovrapponibili, i pazienti con mutazioni a carico di PKD2 presentano i sintomi più tardivamente e hanno mediamente una progressione verso l’insufficienza renale più lenta.

Il gene PKD1 consta di 46 esoni ed è trascritto in un mRNA lungo 14 Kb. La proteina codificata, policistina-1, è lunga 4302 aminoacidi ed ha un peso molecolare di circa 460 kDa 4. Il gene PKD2 è compreso in una regione genomica di 68 Kb, ha 16 esoni

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24 ed è trascritto in un mRNA di circa 5.4 Kb. La proteina codificata

da questo mRNA, policistina-2, consta di 968 aminoacidi ed ha un peso molecolare di 110 kDa. 5

L’espressione del gene SEMA7A 10 (semaphporin-7A

precursore) è molto elevato nei reni di pazienti affetti da ADPKD, localizzandosi in cisti derivate da tubuli distali. SEMA7A è più alto nei monociti circolanti, ma invariato nei linfociti CD4 + nei pazienti con ADPKD. L'aumento di SEMA7A è stato rilevato precocemente (stadio 1 CKD) e sembrava più rilevante nei pazienti con reni più piccoli (p = 0,09). pazienti con ADPKD trattati con tolvaptan hanno mostrato una ridotta espressione di SEMA7A su monociti, linfociti T e Tregs. Dopo 1 mese di trattamento con tolvaptan, l'espressione di SEMA7A su Tregs è diminuita. Quindi SEMA7A rappresenta un potenziale bersaglio terapeutico nella fibrosi renale dei mammiferi ma anche un marker di infiammazione nei pazienti con ADPKD. L'espressione di SEMA7A era più bassa dopo il trattamento con tolvaptan, e ciò può riflettere l'efficacia del farmaco.

Proteine PKD

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25 La struttura delle proteine policistina-1 e -2 è stata dedotta dallo

studio delle sequenze ottenute dai relativi cDNA.

La policistina-1 è una grossa proteina transmembrana in cui i principali domini identificati includono un dominio Ricco in Ripetizioni di Leucina (LRR) fiancheggiato a monte e a valle da domini Ricchi in Cisteina, un domino lectinico di tipo C (C-LECT), un dominio simile alla lipoproteina a bassa densità di tipo A (LDL-A), 16 domini simili a quelli delle Immunoglobuline (Ig-like) e da 7 a 11 regioni transmembrana. La tipologia dei domini identificati suggerisce che la proteina policistina-1 11 sia una proteina transmembrana con una porzione NH2 terminale extracellulare ed una COOH terminale intracellulare.

La policistina-2 ha 6 regioni transmembrana e, sia la porzione NH2 che COOH terminale, sono intracellulari e si collocano nel lato citosolico. PC-2 si comporta da canale per il calcio 12 sia a livello della membrana plasmatica che del reticolo endoplasmatico, dove può modulare il rilascio di calcio dai depositi intracellulari in risposta all’aumento delle concentrazioni di calcio locali.

PC-2 regola anche indirettamente i livelli di calcio citoplasmatici attraverso interazioni con due importanti canali di Ca++ intracellulari: il recettore della rianodina e il recettore inositolo 1,4,5-trifosfato (IP3R) 13. Il recettore rianodina media il rilascio

del calcio calcio-indotta, e PC-2 inibisce la sua funzione legando il canale nel suo stato aperto e diminuendo la sua conduttanza. PC-2 modifica anche il flusso di Ca++ IP3-indotta. È stato dimostrato che la policistina-1 si aggrega alla policistina-2 attraverso le rispettive regioni citosoliche COOH terminali. Policistina-1 subisce scissioni sia sul dominio N-terminale che C-terminale. La scissione 11 parziale N-terminale si verifica a livello del dominio GPS in modo che polipeptidi N-terminale e C-terminale rimangono non covalentemente legati. Successivamente viene scisso nel secondo sito, che rilascia la coda C-terminale. La coda citoplasmatica entra nel nucleo e

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26 regola gli eventi di segnalazione cellulare. Questa funzione di

segnalazione della policistina-1 è regolata da policistina-2. La policistina-1 è espressa prevalentemente dalle cellule epiteliali di rene, fegato, pancreas, il muscolo liscio e le cellule endoteliali del sistema vascolare e astrociti nel cervello.

PC-1 è un recettore di membrana e la sua precisa funzione è ancora largamente sconosciuta. Sembra regoli negativamente la divisione e protegga dalla morte cellulare, in linea con l’aumentata apoptosi e proliferazione riscontrabili nell’epitelio che riveste le cisti. PC-2 si comporta da canale per il calcio sia a livello della membrana plasmatica che del reticolo endoplasmatico.

PC-1 e PC-2 si assemblano in un complesso 13 funzionale tramite domini coiled-coil presenti nelle regioni C-terminali intra-cellulari. Diversi studi suggeriscono che PC1 e PC2 possono influenzare le reciproche localizzazioni l’un l’altro. Studi condotti su cellule derivate da cisti in ADPKD indicano che compromettere la funzione di una proteina influisce negativamente sulla localizzazione dell’altra: cellule che esprimono una mutazione della PC1 ADPKD-associata, che impedisce la scissione al livello del dominio GPS (sito proteolitico di recettori accoppiati a proteina G) porta a diminuite quantità di PC1 e PC2 nelle ciglia primarie. Un’interazione tra PC1 e PC2 sembra essere importante anche nella creazione di un canale ionico funzionale, sia attraverso l’attivazione di proprietà intrinseche del canale della proteina PC2 o tramite proprietà del canale attribuibile alla formazione del complesso. L'ipotesi che la proteina policistina-1 e policistina-2 cooperino in un unico complesso macromolecolare spiega perché mutazioni che colpiscono uno dei due geni codificanti determinino un fenotipo cistico sostanzialmente indistinguibile. Complessi PC-1/PC-2 sono stati individuati alle giunzioni cellula, cellula-matrice e a livello del ciglio primario, un singolo organello simile ad un pelo che si proietta dalla superficie della maggior parte delle

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27 cellule dei mammiferi. Nelle cellule epiteliali tubulari il ciglio si

proietta nel lume e si ritiene che abbia un ruolo sensoriale.

Il ciglio primario

Il ciglio primario 14 è un organello costituito da microtubuli che emerge dalla superficie cellulare. Esso è composto dall’assolemma, una struttura costituita da 9 coppie di microtubuli, che si assembla a partire dal corpo basale. Le ciglia possono essere mobili o immobili, e queste ultime sono chiamate “ciglia primarie”. Le ciglia sono presenti nella maggior parte delle cellule del nefrone, compresa la capsula di Bowman, i tubuli prossimali, l’ansa di Henle ed il dotto collettore. La precisa funzione del ciglio primario resta sconosciuta, tuttavia è stato proposto che possa sentire una varietà di stimoli extra-cellulari ed influenzi poi processi come proliferazione, crescita, polarità e differenziamento. In particolare nel rene le ciglia si collocano in una posizione ideale per captare informazioni dal lume tubulare.

Figura 2 Rappresentazione di una cellula epiteliale tubolare, del ciglio primario e delle possibili funzioni delle policistine

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28 Uno dei ruoli delle ciglia potrebbe essere quindi in relazione alla

captazione di stimoli chimici. Un’ipotesi alternativa attribuisce alle ciglia delle cellule tubulari un ruolo di meccanosensori in grado di percepire variazioni nel flusso di urina all’interno del lume tubulare. Diversi studi 15 hanno dimostrato che la flessione del ciglio innescata dal flusso di fluido provoca un aumento del calcio intracellulare suggerendo che il ciglio primario può funzionare come meccanosensore. L’ingresso del calcio è vero similmente mediata dall’apertura del canale al calcio rappresentato dal complesso policistina-1 policistina-2 sul cilio primario. L’afflusso di calcio a sua volta induce il rilascio di calcio dai depositi intracellulari. Questa ipotesi è rafforzata da altri dati che indicano l’abolizione di questo flusso in cellule in cui siano state soppresse la policistina-1 o la policistina-2. Il suo malfunzionamento porta all’insorgenza di condizioni patologiche definite ciliopatie 6, tra le quali vengono infatti classificate le patologie autosomica dominante e recessiva del rene policistico.

Meccanismi di formazione delle cisti

Cistogenesi e espansione delle cisti

Nell’ ADPKD, le attuali conoscenze sui meccanismi genetici della formazione delle cisti derivano da studi su PKD1 e PKD2. Un passo importante nella comprensione della patogenesi della malattia è stata la dimostrazione che le cisti renali sono monoclonali, originano da un’unica cellula, che va incontro a perdità di eterozigosità 14. Infatti, prelevando cellule epiteliali da cisti di donne affette da ADPKD è possibile testarne la clonalità attraverso una tecnica basata sulla inattivazione del cromosoma X. Con questa metodologia è stato dimostrato che circa l’82% delle cisti analizzate ha una natura monoclonale. La quota non monoclonale delle cisti può essere spiegata come risultato della

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29 fusione di più cisti vicine oppure può essere attribuita a

contaminazione dei campioni con cellule non epiteliali di origine stromale. Queste osservazioni hanno suggerito che la formazione delle cisti sia un processo che richiede due eventi successivi secondo il modello della “perdita di eterozigosità”. È stato quindi proposto quello che viene chiamato “two hit model”. 6

La mutazione germinale trasmessa dai genitori ai figli è presente in tutte le cellule epiteliali tubulari, ma solo da alcune di queste si svilupperanno le cisti. Il primo evento è quello di natura ereditaria per cui tutte le cellule dell'organismo dell'individuo portatore presentano un allele del gene PKD1 mutato (o PKD2 nelle famiglie in cui la malattia è legata all’altro gene). Il secondo evento mutazionale, che avviene a livello somatico nelle cellule tubulari, altera la copia residua del gene PKD1 ed innesca il processo di cistogenesi.

Le cisti renali sono costituite da uno strato di epitelio tubulare che delimita una cavità piena di liquido simile all’urina o di materiale semisolido. Le cisti possono svilupparsi nelle strutture epiteliali a partire da qualsiasi segmento tubulare compreso tra la capsula di Bowman e all’apice della papilla renale. Benchè “policistico” significhi “molte cisti”, non tutti i nefroni formano cisti. Le cisti renali si formano in meno dell’1% dei nefroni. Crescendo, circa il 70% delle cisti, si distaccano dal segmento di origine, quando sono ancora minuscole (circa 2mm di diametro). L’epitelio che le delimita prolifera. L’epitelio tubulare, normalmente dotato di capacità di riassorbimento, si trasforma in una struttura capace di attività secretiva, con trasporto di soluti mediante un meccanismo dipendente dal cAMP. La matrice extracellulare si rimodella per accogliere le cisti in espansione. I fenomeni di proliferazione, secrezione e rimodellamento sono modulati da fattori endocrini, paracrini e autocrini, che svolgono un ruolo essenziale nella velocità di crescita delle cisti e nella rapidità di esordio dell’insufficienza renale. I processi patologici 16 essenziali per lo

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30 - proliferazione cellulare epiteliale nei segmenti tubulari

- alterazioni strutturali della matrice extracellulare

- aumento della secrezione con accumulo di liquido all’interno della struttura cistica in espansione.

L’aumentata secrezione potrebbe aumentare la pressione idrostatica all’interno delle cisti e favorire l’espansione, mentre l’aumento della proliferazione cellulare indurrebbe la formazione di cisti de novo.

Figure 3 Diagramma schematico che illustra l'inizio e la progressione della formazione della cisti

Nonostante si conoscano vari aspetti della patologia del rene policitico, il meccanismo primario della formazione cistica non è ancora perfettamente conosciuto ma è generalmente accettato che la perdita funzionale delle policistine trasformi le cellule epiteliali tubulari in cellule scarsamente differenziate e iperproliferanti che insieme a fenomeni di secrezione intracistica sono responsabili della formazione e accrescimento di numerose cisti piene di liquido che portano a progressiva perdita di nefroni funzionanti, reni notevolmente ingranditi e progressiva perdita della funzionalità renale.

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31 A livello cellulare, questa trasformazione è basata su due

alterazioni 13: le cellule devono organizzarsi per creare strutture

sferiche anziché tubolari, e il lumen di queste strutture si deve riempire di fluido al fine di ampliare le conseguenti cisti. Le cisti aumentano le loro superfici principalmente aumentando il numero di cellule che circondano i lumen cisti piuttosto che semplicemente allungando questo strato epiteliale. La maggior parte delle cisti origina dai tubuli collettori corticali, le cui cellule epiteliali, genotipicamente monoclonali, subiscono una profonda trasformazione dal normale fenotipo tubulare ben differenziato, non proliferativo e riassorbitivo, a uno meno differenziato, caratterizzato da aumentata proliferazione e apoptosi e principalmente secretorio. Così, un modello per il passaggio da una morfologia tubolare a sferica postula che perturbazioni della polarità planare nelle cellule epiteliali tubulari causa la suddivisione non più lungo un asse parallelo al lume del tubulo, causando l'espansione anziché allungamento. È probabile che i difetti di polarità cellulare planare abbiano un ruolo nella formazione di cisti, ma perdere questa polarità non può essere l’evento che inizialmente causa formazione di cisti. La cellula tubulare si sviluppa lungo l’asse longitudinale, per potersi riprodurre è necessario che la riproduzione avvenga lungo questo asse (divisione cellulare direzionale). Questo tipo di riproduzione fa sì che il tubulo si allunghi in senso longitudinale. Nel paziente con rene policistico succede che la polarità e la divisione cellulare avviene in modo tale che la cellula si divide lungo l’asse trasversale, invece che longitudinale. C’è un difetto di polarità di divisione mitotica delle cellule, che è una delle proprietà del PKD1 e PKD2. La cellula invece di allungarsi, si allarga crescendo in una direzione sbagliata.

La proliferazione e La secrezione di fluidi

L’incremento della proliferazione dà inizio allo sviluppo delle cisti renali e una volta formate, risulta stimolata la secrezione di

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32 cloro nel lume cistico attraverso il canale CFTR (cystic fibrosis

transmembrane conductance regulator), localizzato sulla membrana apicale delle cellule epiteliali cistiche. L’elettronegatività luminale così generata, permette il movimento di sodio e acqua dalla cellula nel lume cistico, secondo gradiente elettrico e osmotico rispettivamente, con progressivo ingrandimento cistico. Le cisti possono derivare da qualsiasi porzione tubulare ma originano principalmente dal dotto collettore. Inizialmente il lume delle cisti mantiene il collegamento con il nefrone di origine e la filtrazione glomerulare contribuisce al riempimento cistico; nell’espandersi le cisti tendono a perdere tale connessione, probabilmente a causa dello stato di fibrosi dell’interstizio circostante e la secrezione intracistica diviene il solo meccanismo responsabile dell’accumulo di liquido nelle cisti. 17

Nella crescita cistica in PKD alla secrezione di fluido si accompagna l’iperplasia delle cellule epiteliali tubulari; L’accumulo di fluido potrebbe contribuire all’iperplasia per stimolazione della divisione cellulare attraverso lo stretching della parete cistica. La secrezione di fluidi da parte dell’epitelio delle cisti è mediato da differenti meccanismi di trasporto tubulare: la Na-K ATPasi basolaterale e il cotrasportatore –Na-2Cl-K (NKCC2), e in particolare il cystic fibrosis transmembrane conductance regulator (CFTR) 18. Quest’ultimo è stimolato dal cAMP, e oltre a causare la secrezione di cloro nelle cisti, sopprime il canale del sodio epiteliale, normalmente responsabile del riassorbimento di sodio. L’acqua entra nelle cellule attraverso l’Acquaporina 2, la cui inserzione nella membrana apicale e conseguente attivazione è stimolata dalla vasopressina, via recettori-V2 e il cAMP. Nelle fasi iniziali, le cisti si riempiono di liquido derivato dal filtrato glomerulare. Tuttavia, la maggior parte delle cisti di dimensioni superiori a 2 mm di diametro non hanno alcun collegamento al segmento del nefrone da cui hanno origine. All'interno di queste cisti isolate, la secrezione

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33 transepitaliale di fluidi è l'unico mezzo attraverso il quale soluti e

fluidi possono accumularsi. Nel corso degli ultimi 15 anni, diverse linee di prove 19 hanno stabilito che la secrezione di fluidi

è guidato dal trasporto transepitaliale di Cl stimolato da cAMP. La secrezione di fluidi da cisti ADPKD dipende da trasportatori e canali ionici 20 all'interno delle membrane apicali e basolaterale. Na, K-ATPasi nella membrana basolaterale media l'estrusione di sodio in cambio di assorbimento di potassio. Il sodio rientra nella cellula attraverso un'isoforma basolaterale del cotrasportatore di cloruro di sodio e potassio (NKCC1), che guida l'ingresso di cloro basolaterale attivo secondario. Questo cloruro esce apicalmente attraverso il canale CFTR, guidato dal gradiente elettrochimico per il cloruro attraverso la membrana apicale. Il flusso di cloruro guida il movimento paracellulare di sodio e acqua, favorendo così l'accumulo di liquidi all'interno del lume cistico. È anche necessario un canale basolaterale di potassio per consentire l'uscita di potassio che entra attraverso Na, K-ATPasi e NKCC1. Il canale del cloruro CFTR viene attivato da aumenti nei livelli citosolici di cAMP. Un ampio gruppo di ricerche indica che i livelli citoplasmatici di cAMP sono elevati nelle cellule epiteliali delle cisti renali, forse come conseguenza della presenza di fattori autocrini o paracrini secreti nei lumi delle cisti. Inoltre, il cAMP sembra costituire una potente stimolazione mitogenica per le cellule epiteliali cistiche. Quindi, entrambe le principali perturbazioni fenotipiche esibite dalle cellule epiteliali ADPKD - proliferazione eccessiva e secrezione di fluidi - possono essere sotto il controllo di livelli inadeguati di cAMP.

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34 Struttura e funzioni del CFTR

Figura 4 Struttura del CFTR (cystic fibrosis trans-membrane conductance regulator)

Il CFTR è un canale selettivo per lo ione cloro che è attivato dall’AMPc. Fa parte di una famiglia di trasportatori che legano l’ATP, utilizzandone l’energia per guidare il trasporto di molecole diverse attraverso la membrana. Da un punto di vista strutturale il CFTR 18 è una grande glicoproteina costituita da due

domini (MSDN1 e MSDN2); ciascun dominio, formato da sei porzioni trans-membrana, lega NBD (dominio legante il nucleotide, rispettivamente NBD1 e NBD2). Un sito regolatorio (R) lega tra loro il primo NBD (NBD1) e il secondo dominio trans membrana. Prima che il canale risulti aperto il sito R è fosforilato in corrispondenza di diversi siti da una protein chinasi A (PKA). Una volta che R è fosforilato l’apertura e chiusura del canale è controllata da cicli di legame e idrolisi di ATP in corrispondenza di NBD. È espresso in diversi tessuti includendo il rene, il polmone, l’intestino, il pancreas, i dotti sudoripari e i vasi deferenti. Nelle cellule epiteliali, il CFTR media la secrezione di cloro. Ha inoltre un ruolo regolatorio sui meccanismi di rilascio dell’ATP e su molte proteine di trasporto come i canali epiteliali

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35 del sodio (ENaC), i canali del K, gli scambiatori di anioni, i

trasportatori Na-HCO3-e le acquaporine. La secrezione di cloro, nella maggior parte delle cellule epiteliali, è regolata attraverso la modulazione dell’attività del canale (apertura e chiusura) e attraverso il numero di canali sulla membrana che dipende dalla loro inserzione e rimozione. Nella maggior parte degli epiteli secretori e nell’epitelio cistico dell’ADPKD la secrezione di fluido dipende principalmente dalla secrezione di cloro transepiteliale AMPc stimolata. Mutazioni nel gene che codifica per il CFTR determinano la fibrosi cistica (FC), caratterizzata da secrezioni endocrine dense e vischiose perché poco idratate e conseguenze cliniche maggiori come infezioni ricorrenti delle vie aeree e insufficienza pancreatica. Nella FC non si riscontrano cambiamenti significativi nella funzionalità renale nonostante l’ampia espressione del CFTR nel rene, facendo supporre un suo ruolo marginale nella fisiologia renale. L’AMPc nei meccanismi secretivi della crescita cistica interviene stimolando il canale CFTR sul versante apicale della membrana plasmatica. Nella fattispecie, esso attiva la protein chinasi A (PKA) che determina la fosforilazione del CFTR in corrispondenza di molti residui nel dominio citoplasmatico, permettendo la secrezione di cloro nel lume cistico secondo gradiente di concentrazione. Il movimento del cloro attraverso il CFTR è il primo evento per il passaggio di sodio e di acqua successivi, guidato il primo da gradiente elettrochimico e il secondo da quello osmotico. La secrezione transepiteliale di cloro è mediata, inoltre, anche da un cotrasportatore Na+- K+-2Cl-bumetanide-sensibile (BSC o NKCC) presente sul versante basolaterale della membrana della cisti. Il ruolo patogenetico della secrezione del cloro è stato dimostrato valutando il processo secretivo e le correnti ioniche sia in pareti intatte di cisti che in monostrati di cellule in coltura estratte da cisti ADPKD. La secrezione, indotta da sostanze con funzione stimolatoria su l’AMPc (come la forscolina) si accompagnava ad un incremento dell’elettronegatività luminale.

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36 Essa era abolita in assenza di cloro nella soluzione basolaterale o

in presenza di un inibitore del cotrasportatore Na+-K+-2Cl-, la Bumetanide. La secrezione era abolita anche da inibitori del CFTR e da nucleotidi antisenso del medesimo canale. Ulteriore conferma del ruolo del CFTR nel meccanismo secretivo e nella patogenesi dell’ADPKD è la minore severità della malattia policistica renale in individui affetti contemporaneamente da ADPKD e FC rispetto ad individui affetti solo da ADPKD. Le modalità di trasporto del sodio e dell’acqua possono essere di tipo transcellulare e paracellulare. Riguardo al sodio, alcune evidenze indicano che la Na+-K+ ATPasi localizzata a livello della membrana apicale, è coinvolta nel trasporto anche se è preponderante la modalità paracellulare. Il trasporto dell’acqua per via transcellulare è acquaporina-mediato. Nel processo di secrezione intracistica è possibile distinguere 4 steps principali: trasporto attivo di cloro attraverso la membrana basolaterale, accumulo all’interno della cellula dello ione a una concentrazione superiore tale da non garantirne l’equilibrio elettrochimico, trasporto passivo attraverso la membrana apicale nel lume, e flusso passivo di sodio e acqua attraverso la via paracellulare. Il trasporto del cloro attraverso la membrana basolaterale è ottenuto attraverso una serie di trasportatori localizzati basolateralmente: la Na+-K+-ATPasi, il co-trasporto Na+-K+-2Cl-, i canali del K+. Il passaggio del Na+ dalla cellula epiteliale all’interstizio attraverso la Na+-K+-ATPasi fornisce l’energia necessaria all’entrata di cloro nella cellula attraverso la Na+-K+-2Cl-, poiché stabilisce un forte gradiente elettrochimico per l’entrata del sodio nella cellula. I canali per il potassio basolaterali, che trasportano il potassio dalla cellula all’interstizio, sono importanti per la secrezione transepiteliale di cloro perché determinano il riciclo del potassio, rifornendo l’interstizio del potassio entrato nella cellula attraverso la Na+-K+-2Cl-, e la iperpolarizzazione della membrana basolaterale che mantiene la forza motrice per il movimento degli ioni cloro attraverso la membrana apicale. La

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37 fosforilazione da parte della PKA può aumentare il trasporto di

cloro oltre che attivando il CFTR anche stimolando l’inserzione di canali CFTR sulla membrana plasmatica apicale. Accanto ad una regolazione positiva vi è anche una regolazione negativa sul CFTR. Esso è inattivato dalla defosforilazione indotta da fosfatasi e da una serina-treonina-chinasi attivata dall’AMPc (AMPK).

Ruolo del cAMP e del Calcio nella patogenesi delle malattie del rene policistico autosomico dominante

Polycystin-1 (PC1), polycystin-2 (PC2) e fibrocystin (FC) si trovano nelle ciglia primarie. PC2 è anche presente nel reticolo endoplasmatico, dove interagisce con i recettori inositolo trifosfato (IP3R) e rianodina (RR). Insieme, questi recettori sono responsabili del rilascio di calcio dai depositi intracellulari. Nelle ciglia primarie, il complesso policistinico si traduce in stimolazione meccanica delle ciglia in entrata di calcio, che innesca il rilascio di calcio 21 indotto dal calcio dal reticolo

endoplasmatico (ER).

Le riduzioni dei livelli di PC o FC al di sotto di una soglia critica interrompono l'omeostasi del calcio intracellulare. Il ridotto livello di calcio in alcuni domini cellulari aumenta l'accumulo di cAMP aumentando l'attività della adenil ciclasi 6 e possibilmente diminuendo l'attività della fosfodiesterasi 1. Il cAMP stimola la secrezione di fluidi guidata da cloruro. Considerando che sotto condizioni normali il cAMP 17 inibisce la segnalazione della MAP chinasi e la proliferazione cellulare, in PKD o in condizioni di deprivazione di calcio stimola la proliferazione cellulare in modo src, Ras- e B-raf-dipendente. L'effetto proliferativo di cAMP può essere ulteriormente potenziato dalla stimolazione dei recettori Erb-B da fattori simili all'EGF presenti nel liquido cistico.

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38 Figura 5

(A) Policistina-1 (PC1), policitina-2 (PC2) e fibrocistina (FC) si trovano nelle ciglia primarie.

(B) Riduzioni dei livelli di PC al di sotto di una soglia critica porta ad una riduzione del calcio intracellulare.

(C) cAMP in condizioni di privazione di calcio stimola la proliferazione cellulare in modo src-, Ras- e B-raf-dipendente.

(D) razionale per il trattamento con triptolide, inibitori CFTR, tirosinasi ErbB, src, ERK o ciclina dipendenti inibitori della chinasi, inibitori mTor, somatostatina e antagonisti del recettore V2.

Il meccanismo molecolare per la differenza nella risposta fenotipica mitogenica cAMP mediata tra cellule normali e PKD è legata alla regolazione differenziale della via di segnalazione MEK / ERK Raf. 22 B-Raf, Raf-1 (detto anche C-Raf) e A-Raf sono una famiglia di chinasi serina / treonina, che sono intermedi nella trasmissione di segnali extracellulari, compresi quelli di fattori di crescita e ormoni, per la via MEK / ERK. ERK è importante per la proliferazione cellulare durante lo sviluppo e coordina il ciclo cellulare durante la riparazione tissutale. Ras, le piccole-GTP binding proteine (H-Ras, K-Ras, N-Ras), è essenziale per l'attivazione Raf. Inoltre, Raf chinasi sono regolate in diverse vie attraverso fosforilazione di siti di serina e treonina

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39 specifici. L'equilibrio tra la fosforilazione di siti stimolanti e

inibitori è un fattore importante nella regolazione della proliferazione cellulare Raf ERK-mediata. Raf attivato, fosforila e stimola MEK1 / 2, che a sua volta, fosforila e attiva ERK1 / 2. C'è traslocazione di ERK attivato nel nucleo dove promuove l'attività trascrizionale di un certo numero di geni coinvolti nella proliferazione cellulare. Il sistema ERK Raf / MEK esercita i suoi effetti sulla proliferazione cellulare attraverso l'induzione di proteine regolatrici, comprese le chinasi ciclina-dipendenti (CDK), cicline e p21, e fattori di trascrizione come c-myc e AP-1 del ciclo cellulare.

I livelli di Ca2+ intracellulare svolgono,dunque, un ruolo critico nei processi proliferativi, stimolando la produzione dell’AMP ciclico (cAMP) e modulando la risposta mitogena al cAMP. Nell'epitelio delle cisti, caratterizzato da bassi livelli di Ca2+ intracellulare, il cAMP, di concerto con il fattore di crescita dell’epidermide (EGF) e il suo recettore (EGFR) attiva la B-Raf, una chinasi normalmente quiescente. Questa, a sua volta, attiva la cascata costituita dal recettore delle tirosine kinasi, Raf-1, MEK-1, e ERK. In presenza di livelli normali di Ca2+ intracellulare, questa risposta mitogena al cAMP è bloccata.23 L’AMPc ha,

dunque, dimostrato di avere un ruolo stimolatorio sulla cistogenesi agendo su entrambe le tappe coinvolte nella formazione e accrescimento cistico, vale a dire sia sui fenomeni proliferativi delle cellule epiteliali tubulari che sulla secrezione transepiteliale di fluidi.

Emergenti strategie di trattamento

Le nuove proposte terapeutiche 24, emerse alla luce della migliore comprensione della patogenesi del rene policistico, possono essere divise concettualmente in due categorie: quelle rivolte ad inibire la proliferazione dell’epitelio cistico e quelle rivolte a

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40 diminuire la secrezione di fluidi nelle cisti. Considerando il

doppio ruolo svolto dal cAMP, che stimola sia la proliferazione dell’epitelio cistico che la secrezione di fluido, è evidente il razionale del tentativo di diminuirne i livelli. Le classi di farmaci che sono stati testati in studi clinici randomizzati sono inibitori di mTOR (sirolimus e everolimus), analoghi della somatostatina (octreotide, lanreotide, pasireotide), e più recentemente, antagonista del recettore V2 della vasopressina, il Tolvaptan. Altri farmaci dimostrati efficaci negli studi preclinici e di potenziale valore per il trattamento della malattia del rene policistico includono inibitori di Erb-B1 (recettore del fattore di crescita epidermico), tirosina chinasi Erb-B2, Src chinasi, MEK e CDK. Questi farmaci, che sono stati sviluppati per il trattamento di malattie neoplastiche, posso anche essere considerati per il trattamento della malattia policistica renale nel tentativo di ridurre la crescita delle cisti. Altre terapie potenziali mirano alla secrezione dei fluidi e includono gli inibitori del CFTR e gli inibitori del canale basale di potassio necessario per la secrezione di cloruro cAMP-dipendente.

Figura 6 Diagramma raffigurante ipotetiche vie regolate nella malattia del rene policistico e razionale per il trattamento con inibitori CFTR, tirosinasi ErbB, src, ERK , inibitori della chinasi, inibitori mTor, somatostatina e antagonisti del recettore V2.

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