1
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA
S
CUOLA DI DOTTORATO INF
ISIOPATOLOGIAC
LINICA ES
CIENZE DELF
ARMACOP
ROGRAMMA DI
V
IROLOGIA
F
ONDAMENTALE E
C
LINICA
DIRETTORE: PROF. LUCA CECCHERINI-‐NELLI
SSD: MED/07
Virus responsabili di malattie trasmesse da alimenti (MTA),
focus sul virus dell’epatite A (HAV)
Relatore
Candidato
Prof. Luca Ceccherini-‐Nelli
Guerrino Macori
2 Il processo di una scoperta scientifica è, in effetti, un continuo conflitto di meraviglie. Albert Einstein
3
Indice
RIASSUNTO...5 ABSTRACT...7 1.INTRODUZIONE ...91.1 I patogeni di origine alimentare...9
1.2 Le malattie trasmesse da alimenti (MTA)...10
1.3 La gestione delle MTA ...16
1.4 Diagnostica virologica………...24
2. IL VIRUS DELL’EPATITE A, TASSONOMIA E GRUPPI GENETICI……….…………...25
2.1 Cenni storici...25
2.2 Tassonomia…….………...26
2.3 Il Virus………...28
3. EPIDEMIOLOGIA DI HAV...32
3.1 Il caso dell’HAV nei frutti di bosco congelati……...36
3.2 Situazione Italiana al 30 giugno 2013…………...36
3.3 Situazione Italiana al 31 agosto 2013………...39
3.4 Situazione Italiana al 30 settembre 2013………..………41
3.5 Situazione Europea al 30 settembre 2013…...43
3.6 Situazione Italiana al 28 febbraio 2014………...43
3.7 Situazione Europea al 13 marzo 2014………...44
3.8 Situazione Italiana al 31 maggio 2014………...44
3.9 Situazione Europea al 31 maggio 2014...45
3.10 Situazione Italiana settembre 2014...45
3.11 Situazione europea a settembre 2014...46
3.12 Interventi del Ministero della Salute: un cronoprogramma con le indicazioni delle metodiche ufficiali...47
3.13 Metodiche per la rilevazione del virus dell’HAV...61
4. SCOPO DELLA TESI...53
4.1 Rilevazione dell’RNA del virus HAV mediante RT-‐seminested PCR……….………54
4.2 Sequenziamento...59
4
5. RISULTATI ...66
5.1 Performance del metodo...66
5.2 Campioni provenienti dal controllo ufficiale nel contesto dell’emergenza “frutti di bosco congelati” ...66
5.3 Descrizione di un caso di MTA...68
5.4 Campioni prelevati presso piccoli e grandi produttori………...82
6. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI…...71
6.1 Tracciabilità...81
BIBLIOGRAFIA...83
APPENDICE……...90
Relazione sulle attività svolte nel corso del dottorato………106
5 RIASSUNTO
Il virus dell’epatite A (Hepatitis A Virus, HAV) è un virus a RNA appartenente agli Heparnavirus è responsabile della trasmissione all’uomo della malattia attraverso diverse vie tra le quali il consumo di acqua e alimenti contaminati. Tra gli alimenti più frequentemente implicati nella trasmissione dell’infezione all’uomo risulta importante il consumo di frutti di mare, vegetali e frutti di bosco. Nell’aprile del 2013 sono stati registrati, tramite i sistemi internazionali di segnalazione (EPIS-‐FWD ed EWRS) due cluster internazionali di Epatite A, il primo che ha coinvolto pazienti dei Paesi nord europei (cluster presumibilmente legato al consumo di frutti di bosco congelati di importazione extra-‐UE), il secondo ha coinvolto invece dei turisti di rientro dall’Egitto.
In relazione ad un cluster familiare di epatite A, a seguito di consumo di una torta guarnita con frutti di bosco, verificatosi ad aprile 2013, è stato effettuato il campionamento e l’analisi di una confezione ancora integra di frutti di bosco misti congelati, sui quali è stato riscontrato il virus. E’ stato avviato pertanto il “sistema di allerta rapido comunitario (RASFF)” sugli alimenti in quanto i frutti di bosco sottoposti ad analisi erano originari di diversi Paesi esteri (Bulgaria, Polonia, Serbia e Canada). Il genotipo IB è stato individuato come agente responsabile dell’epidemia tra ottobre 2012 e aprile 2013 in quattro Paesi nord-‐europei (Report ECDC and EFSA, 2013; Gillesberg et al., 2013).
Sebbene ci sia un solo sierotipo, attraverso le analisi di sequenziamento del genoma sono stati identificati differenti genotipi di HAV. Il virus dell’epatite A, sopravvive anche in condizioni ambientali estreme come il congelamento ed è sufficientemente resistente al calore, inoltre può infettare il fegato umano anche se presente in basse concentrazioni. Il Sistema Epidemiologico Integrato dell’Epatite Virale Acuta (SEIEVA) ha consentito di individuare, a partire dal gennaio 2013, un rilevante aumento dei casi di Epatite A sull’intero territorio nazionale, in particolare in alcune regioni del Nord, con un incremento pari al 70% rispetto al triennio precedente (Rizzo et al., 2013).
In seguito alla segnalazione dei casi, il Ministero della Salute con una nota del 23 maggio 2013 ha raccomandato di provvedere tempestivamente al campionamento degli alimenti sospetti, inviando i campioni agli Istituti Zooprofilattici Sperimentali, individuati come Laboratori Pubblici territorialmente competenti, tra cui il laboratorio Controllo Alimenti di Torino
6 (Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta -‐ IZSPLVA). Si sono affiancate le attività di routine di analisi e controllo ufficiale ad attività di messa a punto di nuove metodiche per la rilevazione del virus e tipizzazione dei cluster individuati a oggi sui campioni positivi. Il protocollo attualmente in uso è una un metodo di prova accreditato presso l’IZPLVA in accordo alla ISO_TS 15216-‐2. Il protocollo è stato messo a punto anche presso il laboratorio e prevede l’estrazione dell’RNA virale seguita da una seminested PCR con primer specifici per la regione conservata VP1/VP3 del genoma virale già descritta in letteratura (Apaire-‐Marchais et al, 1994). Al fine di caratterizzare genotipicamente i ceppi di HAV rilevati è stata utilizzata una nested-‐PCR con primer degeneri e diretti verso una regione meno conservata e più variabile denominata VP1/2A. Il sequenziamento di specifiche porzioni del genoma del virus presente nei casi di epatite A e la successiva analisi con tecniche filogenetiche permettono di classificare gli isolati virali in genotipi e, all’interno di un singolo genotipo, di identificare varianti virali riconducibili ad uno stesso focolaio epidemico.
In questo lavoro sono state adottate due strategie di analisi del rischio e verifica della prevalenza di HAV, analisi di campioni provenienti dal controllo ufficiale nel contesto dell’emergenza “frutti di bosco congelati” e campioni di piccoli frutti freschi prelevati direttamente presso piccoli e grandi produttori. La prima strategia ha permesso di tracciare i prodotti coinvolti nei casi di malattia trasmessa da alimento (MTA) mentre il secondo ha permesso di stabilire la limitata presenza di rischio per prodotti freschi caratteristici di una zona geografica molto importante per questa tipologia di prodotti.
7 Abstract
Viruses responsible for Food-‐Borne Outbreak (FBO): focus on Hepatitis A Virus
Hepatitis A virus (HAV) is a causative agent of acute viral hepatitis, which represents a significant public health problem. HAV is usually transmitted by oral-‐fecal route and prevalent not only in developing countries but also in developed countries worldwide. Among the foods most often implicated in the transmission of the infection to humans, seafood, vegetables and berries are important vehicle of transmission.
In Italy, a specific Sentinel Surveillance System for Acute Viral Hepatitis (SEIEVA) allows the prompt evaluation of incidence of the disease and insight into the risk factors. From January 2013 a marked increase of cases of hepatitis A was reported, corresponding to a 70% increase in the notifications compared to the same period in 2010-‐2012 (Rizzo et al., 2013). The highest increase in the number of cases was observed in the Northern regions. The sequencing of VP1/2A genomic region of hepatitis A Virus (HAV) from patients showed that a genotype IA strain was involved in several cases. The sequence of the virus from a batch of mixed frozen berries was shown to be identical to the sequences from a subgroup of patients, several of which reported consumption of frozen berries. Preliminary epidemiological investigations for the identification of risk factors also focused on consumption of mixed frozen berries as the possible source of the outbreak. The analyzed berries were from different foreign countries (Bulgaria, Poland, Serbia and Canada) (Report ECDC and EFSA, 2013; Gillesberg et al., 2013). The Virus survives even in extreme environmental conditions such as freezing and is sufficiently resistant to heat may infect the human liver even if present in low concentrations. Following the reporting of cases, the Italian Ministry of Health with the May 23, 2013 note, has recommended to ensure timely sampling of suspect foods, sending the samples to the “Istituti Zooprofilattici Sperimentali”, identified as the local level Public Laboratory qualified, including the Food Control Laboratory in Turin (IZSPLVA). The routine analysis and official control activities was integrated with the development of new methods for the detection and typing of the virus clusters identified to date on the positive samples.
The method currently in use is accredited by the IZPLVA according to ISO_TS 15216-‐2. The protocol provides the extraction of viral RNA followed by a seminested PCR with specific primers for the conserved region of the viral genome VP1/VP3 as described (Apaire-‐Marchais
8 et al, 1994). In order to characterize the HAV genotype strains a nested-‐PCR with degenerate primers was performed. It targets the less conserved and variable region VP1/2A. The sequencing of specific portions of the genome of the virus present in the cases of hepatitis A and subsequent phylogenetic analysis with techniques allow to classify in viral isolates and genotypes, within a single genotype, to identify viral variants related to a same outbreak. In this work we have been adopted two strategies for risk analysis and verification of the prevalence of HAV, analysis of samples taken from official control in the context of the emergency "frozen berries" and samples taken directly from small and large producers. The first strategy has allowed to trace the products involved in the cases of food borne outbreak (FBO) while the second strategy has allowed us to establish that there is a limited risk for fresh products characteristic of a geographic area involved in this type of soft fruits.
9 1. Introduzione
1.1 I patogeni di origine alimentare
I patogeni di origine alimentare comprendono un’ampia varietà ed eterogeneità di microorganismi tra cui i batteri enterici, direttamente coinvolti in malattie trasmesse da alimenti (MTA) o per mezzo delle tossine che sono in grado di produrre, batteri aerobi e anaerobi, patogeni virali e parassiti, dinoflagellati marini, microorganismi in grado di produrre biotossine algali e accumularsi in pesce e crostacei, e prioni che possono causare encefalopatie trasmissibili (Tauxe, 2002). La maggior parte degli episodi di malattie trasmesse da alimenti sono causati da Salmonella spp., tossine batteriche, virus e Campylobacter spp., questi dati, riportati nel report congiunto EFSA/ECDC relativo all’anno 2012 (Report EFSA, 2014) hanno messo in evidenza la sorveglianza attuata dai 25 Stati Membri che ha registrato un totale di 5363 episodi di tossinfezione alimentare (decremento del 5% rispetto al 2011), responsabili di 55453 casi umani, 5118 ospedalizzazioni e 41 decessi. Le fonti alimentari maggiormente coinvolte sono risultate uova e prodotti a base di uova, seguiti da pasti misti, pesce e prodotti della pesca. Inoltre, sono stati notificati 16 episodi di epidemie causate dall’assunzione di acqua contaminata da Calicivirus, Escherichia coli verocitotossici (VTEC),
Cryptosporidium parvum e Rotavirus. Sono stati riportati anche 53 focolai da Paesi non
dell’Unione Europea (Islanda, Svizzera e Norvegia); questi episodi hanno causato 1181 casi umani con 25 ospedalizzazioni e un caso fatale. In totale, sono stati riportati dai Paesi Membri 763 epidemie con una forte evidenza (14,2 % del totale), che hanno coinvolto un totale di 26247 casi umani; di questi, 1515 sono stati ospedalizzati e 24 decessi (10 associati a
Salmonella, due alle tossine del Clostridium perfringens, due a Norovirus, un caso dovuto a
micotossine e nove dovuti ad altri agenti batterici, in questo caso Listeria monocytogenes). Nei tre Paesi non Membri dell’Unione sono stati riportati 8 focolai con forte evidenza, che hanno coinvolto 500 casi umani, con 18 ospedalizzazioni e un decesso (associato al Campylobacter). I virus sono tra i patogeni più comuni trasmessi per via alimentare; negli Stati Uniti sono responsabili del 66,6% di casi di MTA, rispetto al 9,7% e il 14,2% per Salmonella e
Campylobacter, rispettivamente.
Si conoscono oltre 120 virus enterici classificati in diverse specie in base alle loro caratteristiche morfologiche, chimiche, fisiche, antigeniche e genetiche (Koopmans et al., 2002; De Medici et al., 2009), ma solo pochi sono comunemente riconosciuti come importanti
10 patogeni di origine alimentare. Questi possono essere classificati in tre gruppi principali, in base al tipo di malattia che producono:
• Virus che provocano gastroenteriti: Rotavirus, Adenovirus tipo 40 e 41 e due generi di Calicivirus enterici umani: i Norovirus (NoV) e i Sapovirus (SV);
• Virus dellʼepatite a trasmissione oro-‐fecale: virus dellʼEpatite A (Hepatitis A Virus, HAV) e virus dellʼEpatite E (Hepatitis E Virus, HEV);
• Virus che si replicano nellʼintestino umano ma provocano patologie in altri organi, quali il sistema nervoso centrale o il fegato (Enterovirus) (Koopmans et al., 2004; Widdowson MA et al., 2005; Han MG et al., 2004).
1.2 Le malattie trasmesse da alimenti (MTA)
Le malattie trasmesse da alimenti, ossia legate alla contaminazione di alimenti e acqua, sono causa di numerose patologie e decessi in tutto il mondo. Sono un problema per la salute pubblica, spesso sottovalutato, per diversi motivi:
1. La globalizzazione delle forniture dei prodotti alimentari. Questi prodotti, provenienti da diversi Paesi con scarse norme igieniche, hanno portato a una distribuzione mondiale rapida e diffusa degli alimenti e dei patogeni in nuove aree geografiche; 2. La produzione alimentare e l’allungamento della catena di produzione. Può diventare
un punto di contaminazione e moltiplicazione microbica, insieme all’utilizzazione di nuove e complesse tecnologie nella produzione, preparazione e conservazione dei cibi; 3. Le nuove abitudini alimentari. Tra queste anche il consumo fuori casa di pasti “veloci”, spesso non si accompagnano alla necessaria attenzione nella scelta, preparazione e soprattutto conservazione degli alimenti;
4. Aumento della percentuale della popolazione suscettibile alle complicanze legate alle malattie trasmesse dagli alimenti, come anziani e soggetti immunocompromessi. Una malattia trasmessa da alimenti si può definire come malattia di natura infettiva o tossica causata dal consumo di cibo o acqua (definizione del Programma Europeo WHO per la sorveglianza delle tossinfezioni alimentari). L’episodio di malattia si può manifestare sotto forma di:
a) Caso singolo/sporadico: un caso singolo di malattia, non collegato ad altri casi, e relativo al consumo di cibo o acqua contaminati;
11 seguito al consumo dello stesso cibo o acqua proveniente dalla stessa fonte e l’evidenza epidemiologica suggerisce che cibo o acqua siano causa della malattia stessa (definizioni del Programma Europeo WHO per la sorveglianza delle tossinfezioni alimentari). (Linee guida WHO)
Ai sensi della decisione della Commissione Europea del 28 aprile 2008 (recante modifica della decisione 2002/253/CE che stabilisce la definizione dei casi ai fini della dichiarazione delle malattie trasmissibili alla rete di sorveglianza comunitaria istituita ai sensi della decisione 2119/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio), la definizione e la classificazione dei casi deve essere effettuata tenendo in considerazione criteri clinici, di laboratorio e/o epidemiologici. I casi vengono classificati come “possibile”, “probabile” e “confermato”:
a) Caso possibile: soddisfa i criteri clinici descritti nella definizione specifica del caso, ma non è supportato da prove epidemiologiche o di laboratorio;
b) Caso probabile: soddisfa i criteri clinici, presenta una correlazione epidemiologica, ma non possiede una conferma di laboratorio;
c) Caso confermato: viene confermato in laboratorio e non deve necessariamente soddisfare i criteri clinici della definizione di caso.
Per quanto riguarda i focolai epidemici, l’EFSA ha pubblicato nel 2010 le indicazioni per la notifica e la classificazione dei focolai a trasmissione alimentare al fine di armonizzare i dati trasmessi dagli Stati Membri (Report EFSA, 2010). In questo documento vengono prese in considerazione le epidemie di origine alimentare, che includono quali agenti eziologici virus, batteri, alghe, funghi, parassiti, tossine e ammine biologiche (ad esempio l'istamina). Anche le epidemie causate da ingestione di acqua potabile sono considerate di origine alimentare in quanto l'acqua potabile è definito come cibo nel regolamento (CE) n. 178/2002 (Reg.178/2002). Come già descritto in precedenza un focolaio di tossinfezione alimentare è la presenza di due o più casi di persone colpite dalla stessa malattia e/o infezione, oppure la situazione in cui il numero di casi umani osservati è superiore al numero atteso e dove i casi sono collegati, o probabilmente correlati, alla stessa fonte alimentare. L’agente causale del focolaio è l’agente considerato essere la causa del focolaio di origine alimentare, comprese le tossine, e tipicamente quello rilevato nelle persone colpite e/o nel cibo implicato. La correlazione tra due o più persone con sintomi clinici compatibili con una malattia causata dal patogeno stesso e con un possibile veicolo alimentare in comune viene definita come evidenza epidemiologica descrittiva. L’evidenza di un’associazione statisticamente significativa
12 tra un alimento o alimenti e i casi umani coinvolti nel focolai di tossinfezione alimentare dimostrata da uno studio di coorte o uno studio caso-‐controllo viene definita come evidenza epidemiologica analitica.
Ai fini dell'analisi globale a livello comunitario, è prevista una distinzione tra i focolai di tossinfezione alimentare possibili e confermati, sulla base dell'esistenza di prove a sostegno del legame tra i casi umani e la fonte di cibo (Figura 1).
Figura 1. Rappresentazione schematica delle caratteristiche descrittive per la classificazione delle MTA.
Un focolaio di tossinfezione alimentare possibile è definito come un focolaio compatibile con la sola evidenza epidemiologica descrittiva (compresi quei focolai in cui l'agente eziologico non è noto). Ciò significa che vi sono due o più persone note per avere (simili) sintomi clinici che indicano una malattia causata dallo stesso patogeno di origine alimentare (il patogeno può essere o non essere stato isolato da casi umani).
Un focolaio di tossinfezione alimentare confermato è definito come un focolaio compatibile con l'evidenza epidemiologica descrittiva e in aggiunta deve verificarsi una delle seguenti condizioni:
13 • Rilevamento in laboratorio dell'agente patogeno negli alimenti implicati;
• Prove di analisi epidemiologica (un’associazione statisticamente significativa tra un prodotto alimentare e i casi di epidemia dimostrata da uno studio di coorte o caso-‐ controllo) (Report MTA Regione Piemonte, 2011).
Le più frequenti cause di malattie veicolate da alimenti sono batteri, tossine batteriche, virus e parassiti; in base all’agente patogeno coinvolto le malattie veicolate da alimenti si dividono in:
● Infezioni: sono dovute al consumo di alimenti o acqua contaminati da batteri, virus o parassiti. Questi agenti causano malattia o invadendo e moltiplicandosi nella mucosa intestinale o in altri tessuti, oppure invadendo e moltiplicandosi nel tratto intestinale dove rilasciano le tossine (batteri).
● Tossinfezioni: sono dovute al consumo di alimenti o acqua contaminati da batteri e da loro tossine preformate.
● Intossicazioni: sono causate dal consumo di alimenti o bevande già contaminati con sostanze tossiche che possono essere tossine naturali presenti nelle piante, funghi e animali, sostanze chimiche, e le tossine prodotte da alcuni batteri.
I sintomi della maggior parte delle malattie trasmesse da alimenti includono diarrea, nausea, vomito e dolori addominali, e questi sintomi compaiono da un minimo di poche ore ad un massimo di diversi giorni dal consumo dell’alimento contaminato.
La contaminazione dell’alimento può avvenire:
1. Durante la produzione dell’alimento (contaminazione primaria): nell’intestino di molti animali albergano dei batteri che possono causare malattia negli esseri umani ma essere innocui per l’animale stesso. Durante i processi si macellazione e lavorazione le carcasse animali possono venire contaminate se esposte al contenuto intestinale. Altri alimenti, come frutta e verdura, possono essere contaminati se lavati o irrigati con acqua contaminata da patogeni provenienti da feci umane o animali.
2. Durante la preparazione e la manipolazione (contaminazione secondaria): la contaminazione in queste fasi può essere dovuta a:
a. Contaminazione crociata: patogeni naturalmente presenti in un alimento possono essere trasferiti ad un altro alimento durante la fase di preparazione (usando gli stessi utensili o la stessa attrezzatura senza detersione o disinfezione), problema soprattutto per gli alimenti ready-‐to-‐eat (RTE);
14 b. Persone malate: individui infetti che non si lavano accuratamente le mani dopo aver usato la toilette possono contaminare direttamente gli alimenti, anche in questo caso è un problema soprattutto per gli alimenti RTE. I patogeni possono essere trasmessi da persone infette anche attraverso le gocce di saliva emesse durante un colpo di tosse;
c. Cottura inadeguata e scorretto mantenimento della temperatura: in condizioni idonee i batteri possono moltiplicarsi e produrre tossine all’interno dell’alimento. Spesso le tossine sono termo-‐stabili e non vengono distrutte dalla normale temperatura di cottura. (Linee guida Regione Toscana).
A livello europeo la direttiva 2003/99/CE pone l'obbligo per gli Stati membri di raccogliere dati rilevanti sulle zoonosi, sugli agenti zoonotici, sulla resistenza antimicrobica e sui focolai di origine alimentare. Tuttavia, è importante notare come il sistema di investigazione delle malattie trasmesse da alimenti non è armonizzato a livello nazionale tra tutti i Paesi dell’Unione (Direttiva CE 99/2003).
La classificazione dei focolai come outbreaks (epidemia) con forte o debole evidenza è basata sulla valutazione di tutte le evidenze disponibili, e più di una tipologia di evidenza è spesso riportata in un’epidemia. Nella figura 2 sono riassunti gli episodi di tossinfezione alimentare suddivisi tra agente causale e tra epidemie con evidenza forte o debole.
Figura 2. Tabella del report EFSA 2014, rappresentante il numero e la percentuale di casi per patogeno (Report EFSA, 2014)
15 L’Italia nel 2012, sempre secondo il report EFSA, ha notificato 20 outbreaks, tutti con evidenza debole, di cui 2 attribuiti a Salmonella spp., 3 a Campylobacter spp., 2 alle tossine di
Clostridium spp., 1 alle tossine stafilococciche, 1 a virus (Report EFSA, 2014).
Nella Regione Piemonte, grazie al Centro Regionale MTA, i dati vengono raccolti e resi disponibili tramite report annuali. Nell’ultimo report pubblicato, relativo al 2011, risulta che le tossinfezioni alimentari rappresentano la principale causa di MTA (58%), seguite dagli avvelenamenti da funghi (27%), dalle intossicazioni da istamina (7%) e da tossina botulinica (7%). Inoltre, è stata osservata una riduzione dell’incidenza del numero complessivo di episodi del 34% rispetto all’anno precedente senza nessun caso fatale. Il numero di episodi di MTA segnalati dalle diverse ASL del territorio piemontese è variabile. Questa situazione disomogenea potrebbe essere dovuta a diversi fattori, quali la casualità degli eventi, la diversa densità di popolazione, la differente diffusione dei microrganismi patogeni sul territorio regionale oppure a una sensibilità diversa di notifica o di ricerca attiva degli episodi. Nella figura 3 sono riportati i focolai di MTA e i relativi agenti patogeni riscontrati nel 2011 nella Regione Piemonte, confrontati con i due anni precedenti (Report MTA Regione Piemonte, 2011).
Figura 3. Tabella del report MTA Regione Piemonte del 2011, rappresentante il numero e la percentuale di casi per patogeno.
In generale, si è osservata una diminuzione degli episodi di MTA e dei casi di malattia a essi associati. Gli agenti causali maggiormente rappresentati, oltre le tossine fungine, sono risultati: Salmonella spp., Staphylococcus aureus, istamina e Clostridium botulinum. Gli alimenti sospetti che hanno causato i focolai di tossinfezione alimentare nel 2011 sono stati principalmente i prodotti della pesca (24%: pesci, molluschi bivalvi, frutti di mare) e quelli a
16 base di carne (19%: pollame, salsiccia, polpette); in una percentuale significativa (19%) degli episodi non è stato possibile ipotizzare nessuna tipologia di veicolo alimentare. La maggior parte dei focolai è avvenuta presso le abitazioni private (52%), seguita dalla ristorazione pubblica (33%) e in misura sicuramente inferiore dalla ristorazione collettiva; i fattori di rischio o i comportamenti scorretti che possono aver provocato o favorito gli episodi sono molteplici, ma nella maggior parte dei casi lo scorretto mantenimento della temperatura degli alimenti continua a rappresentare nel 2011, come per gli anni precedenti, il principale fattore di rischio, insieme alla cross-‐contaminazione tra cibi crudi e cotti. Anche in Piemonte, come a livello nazionale, Salmonella risulta essere il maggior patogeno implicato negli episodi, a differenza del trend europeo che vede il Campylobacter al primo posto quale agente di MTA (Report MTA Regione Piemonte, 2011).
Spesso i focolai di malattie trasmesse da alimenti non sono segnalati e nemmeno individuati. Numerosi casi spesso sono scarsamente studiati perché mancano le competenze; infatti, la sorveglianza e il controllo dei focolai di malattie trasmesse dagli alimenti sono attività multidisciplinari, che richiedono competenze nei settori della clinica, dell'epidemiologia, della medicina di laboratorio, della microbiologia e della chimica degli alimenti, della sicurezza e del controllo degli alimenti, e, non da ultimo, della comunicazione e gestione del rischio. Quindi, il controllo delle malattie trasmesse dagli alimenti richiede un sistema efficiente di controllo degli alimenti, funzionale e integrato, basato sulla collaborazione di tutte le componenti del sistema: leggi e normative sugli alimenti, gestione del controllo degli alimenti, servizi di ispezione, monitoraggio epidemiologico e degli alimenti, educazione del consumatore e comunicazione con il consumatore soprattutto “in tempo di pace”, cioè in assenza di focolai epidemici di malattia (Linee guida WHO, 2008).
1.3 La gestione delle MTA
Le malattie veicolate da alimenti sono un problema di sanità pubblica non solo nei paesi in via di sviluppo, ma anche nei paesi industrializzati; per questo motivo una rigorosa sorveglianza permette di ottenere informazioni reali e certe sull’incidenza delle malattie alimentari ed è fondamentale per l'individuazione di adeguate strategie di gestione dei rischi. A livello europeo le malattie a trasmissione alimentare vengono gestite dall’European Center of Disease Control (ECDC) e dall’European Food and Safety Authority (EFSA), che annualmente redigono dei report sulle malattie infettive e sulle zoonosi e malattie trasmesse da alimenti,
17 rispettivamente. A livello italiano, l’Istituto Superiore di Sanità e il Ministero della Salute e a livello locale le Aziende Sanitarie Locali (ASL), soprattutto con i referenti del Servizio di Igiene degli Alimenti e Nutrizione (SIAN) sono gli attori principalmente coinvolti nella gestione dei casi di MTA. I campioni di alimento che vengono prelevati in caso di MTA sono inviati ai Laboratori Controllo Alimenti degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali (IIZZSS) distribuiti nelle diverse regioni italiane, i quali si occupano dell’analisi dei campioni secondo metodiche normate, armonizzate e accreditate.
Nella Regione Piemonte dal 2002 (D.G.R. 85-‐4977/2001) è stato attivato un sistema di sorveglianza regionale per le MTA. Questo sistema monitora sia le tossinfezioni alimentari che le intossicazioni da sostanze chimiche e avvelenamenti (funghi, biotossine marine, ecc.), con l’obiettivi di:
• monitorare l’andamento delle MTA nel tempo identificando l’agente causale, il veicolo alimentare coinvolto, i fattori di rischio correlati;
• fornire indicazioni da intraprendere in occasione di focolai epidemici, e per l’armonizzare delle procedure di gestione in tutte le realtà locali;
• indirizzare lo sviluppo di programmi di prevenzione e controllo di malattia, con riferimento specifico alla sicurezza alimentare.
Dal 2010, questo sistema integra la sorveglianza basata su notifica clinica con una sorveglianza di laboratorio, coinvolgendo i 60 laboratori pubblici e privati regionali, a cui viene richiesto l’invio degli esiti delle coprocolture effettuate e delle relative positività per microrganismi enteropatogeni (Aeromonas, Astrovirus, B. cereus, C. perfringens, Campylobacter spp.,
Cryptosporidium, Entamoeba histolytica, E. coli enterotossigenici, Giardia, Listeria monocytogenes, Microsporidi, Norovirus, Plesiomonas, Salmonella spp., Shigella spp., E. coli
produttore di verocitotossina (VTEC), E. coli produttore di verocitotossina O157:H7, Vibrio spp. e Yersinia enterocolitica).
Dal 2011 il sistema implementa ulteriormente la sorveglianza MTA integrandola con i dati di positività su matrice alimentare, indagati nei controlli di routine dall'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta (IZS-‐PLV). L’IZS-‐PLV dal 2012 assume il ruolo di Centro di Riferimento Regionale per la Tipizzazione dei ceppi di Salmonella spp. di origine umana (Ce.R.Ti.S.) e dei relativi antibiogrammi a seguito delle indagini di 1° livello su matrice biologica effettuate dai centri di microbiologia regionali, aderendo alla sorveglianza Enter-‐Net.
18 Tutti i dati raccolti vengono annualmente processati e sintetizzati in un report annuale di attività che viene reso disponibile sul sito internet della Regione Piemonte (Report MTA Regione Piemonte, 2011)
Un buon sistema di sorveglianza delle malattie trasmesse da alimenti deve raccogliere dati provenienti sia da focolai epidemici sia da casi singoli con gli obiettivi di:
a) monitorare l’andamento delle malattie trasmesse da alimenti nel territorio; b) riconoscere le epidemie, per intraprendere le necessarie misure di controllo; c) identificare gli agenti eziologici, le fonti ed i fattori di rischio;
d) identificare misure di prevenzione appropriate;
e) valutare i risultati degli sforzi di controllo e prevenzione;
f) identificare problemi nuovi ed emergenti, inclusi gli eventi attesi.
Inoltre, non si può prescindere dall’effettuare un’accurata e completa investigazione degli episodi di malattie trasmesse da alimenti e una corretta gestione ed integrazione di indagine epidemiologica, ambientale e test di laboratorio, che possa far emergere le informazioni necessarie per agire con efficacia sul problema. L’importanza e l’obbligo dell’investigazione sono ulteriormente ribadite dal decreto legislativo 4 Aprile 2006 n. 191 “Attuazione della Direttiva 2003/99/CE sulle misure di sorveglianza delle zoonosi e degli agenti zoonotici” nell’articolo 7 comma 2: “L'azienda unità sanitaria locale competente per territorio procede ad un'indagine sui focolai di tossinfezione alimentare. L'indagine ha lo scopo di acquisire dati sul profilo epidemiologico, sui prodotti alimentari eventualmente coinvolti e sulle cause potenziali del focolaio. L'indagine comporta inoltre l'esecuzione di idonei studi epidemiologici e microbiologici”. Lo stesso decreto definisce quali sono i dati relativi ai focolai di malattie trasmesse da alimenti che devono essere rilevati (All. III punto E): numero complessivo dei focolai in un anno; numero di persone morte o colpite da infezione a causa dei focolai; agenti responsabili dei focolai, e, ove possibile, sierotipo o altra descrizione definitiva di tali agenti; prodotti alimentari implicati nel focolaio d'infezione ed altri veicoli di infezione potenziali; identificazione della tipologia del luogo produzione/acquisto/acquisizione e consumo del prodotto alimentare incriminato; fattori collaterali, per esempio carenze igieniche nella trasformazione dei prodotti alimentari (Direttiva CE 99/2003)
La notizia di un sospetto episodio tossinfettivo può giungere da varie fonti: • Notifica medica ufficiale
19 nell’esercizio della sua professione, venga a conoscenza di un caso di qualunque malattia infettiva e diffusiva o sospetta di esserlo, pericolosa per la salute pubblica, di notificarla all’autorità sanitaria competente”. Per quanto riguarda le malattie trasmesse da alimenti, su notifica del medico, le Aziende Sanitarie trasmettono alla Regione la segnalazione dei patogeni responsabili in classi diverse a seconda della pericolosità dell’agente e dell’estensione dell’episodio (caso singolo o focolaio epidemico). Le classi di trasmissione sono le seguenti:
o PRIMA CLASSE: su notifica effettuata dal medico entro 12 ore dal sospetto di un caso di malattia (es.: colera, botulismo, trichinellosi);
o SECONDA CLASSE: su notifica effettuata dal medico entro 48 ore dal sospetto di un caso di malattia (es.: brucellosi, diarree infettive non da Salmonella, epatite virale A, febbre tifoide, listeriosi, salmonellosi non tifoidee, tularemia).
o QUARTA CLASSE: su notifica effettuata dal medico entro 24 ore dal sospetto di un caso di malattia (es.: infezioni, tossinfezioni ed infestazioni di origine alimentare, quando si verificano in forma di focolaio). I focolai di malattia trasmessa da alimenti vengono trasmessi alla Regione segnalando tutti i casi associati all’episodio, confermati e probabili..
• Esposto di privato cittadino
Qualsiasi cittadino può presentare comunicazioni ed esposti riguardo a presunti episodi di malattia trasmessa da alimenti. Nel caso che il cittadino fornisca un campione dell’alimento sospetto si deve decidere se effettuare un’indagine di laboratorio il cui esito sarà comunicato a chi ha fatto il reclamo.
• Allerta da parte delle Forze dell’Ordine
Se gli episodi vengono segnalati primariamente alle Forze dell’Ordine (NAS, Polizia di Stato, Vigili Urbani) quest’ultime richiederanno l’intervento della Azienda sanitaria di competenza per la gestione dell’episodio. Generalmente queste richieste sono successive a episodi di grosse proporzioni o gravi ed in orari in cui può essere richiesto l’intervento degli operatori in pronta disponibilità.
• Allerta da parte del Pronto Soccorso o Guardia Medica
Si tratta di richieste di interventi di solito urgenti, frequentemente con attivazione della pronta disponibilità. Tipico è l’esempio della intossicazione da funghi per cui è richiesto l’intervento del micologo per il riconoscimento delle specie coinvolte.
20 • Notizia da altra Azienda sanitaria locale (ASL)
L’investigazione di un episodio di malattia veicolata da alimenti prende avvio a seguito della segnalazione della possibilità che una patologia riscontrata in una persona o gruppo di persone possa avere come causa l’ingestione di alimenti o bevande contaminati. Nel caso di segnalazione di un focolaio con fonte di rischio comune l’investigazione, sia clinica che ambientale, risulta circoscritta a momenti ed ambienti precisi, mentre nella segnalazione di caso singolo l’investigazione diventa difficoltosa perché i pazienti non ricordano quando e cosa hanno consumato, non sono più disponibili residui di alimenti e spesso l’aver già iniziato una terapia farmacologica impedisce l’esecuzione di ulteriori analisi per accertare la presenza del microrganismo (es.: coprocoltura).
L’investigazione, anche di un caso singolo, può far emergere informazioni essenziali, come la presenza di altri familiari o conoscenti affetti dalla stessa patologia, oppure una possibile similitudine con altri casi sporadici verificatisi nel territorio ed apparentemente non collegati.
Poiché il personale che gestisce ed investiga un episodio di MTA afferisce a diverse Unità Operative e quindi a diverse professionalità, è fondamentale la cooperazione e il coordinamento degli operatori. E’ necessario quindi che sia individuato un gruppo con mansioni operative e decisionali sulla base delle rispettive competenze ed organizzati in un team apposito.
Le professionalità coinvolte sono essenzialmente il medico di Igiene e Sanità Pubblica, il medico del SIAN, il medico veterinario, il tecnico della prevenzione, il laboratorio di analisi degli alimenti e il laboratorio di analisi cliniche.
Il gruppo di lavoro dovrà decidere se si tratta realmente di un focolaio MTA e sul tipo di investigazione da portare avanti; ricercare i casi e gestire le interviste; condurre indagini ambientali e pianificare il prelievo dei campioni più idonei; concordare ed implementare misure di controllo al fine di prevenire un’ulteriore diffusione e coordinarsi con altre ASL eventualmente coinvolte nella gestione dell’episodio; raccordarsi con i medici di medicina generale per la ricerca dei casi e l’implementazione di misure preventive; decidere le modalità di collegamento con i media; produrre report e relazioni da presentare alle autorità sanitarie ed ai gruppi di interesse (Linee guida Regione Toscana)
21 Ogni malattia veicolata da alimenti di cui si venga a conoscenza deve essere accuratamente investigata. L’investigazione di un caso singolo o focolaio di malattia veicolata da alimenti prevede sempre tre fasi fondamentali:
Indagine epidemiologica:
Di fronte ad un focolaio di MTA serve un approccio sistematico, veloce e metodico; per questo motivo è importante seguire 10 step che vengono suggeriti dal CDC (Center of Disease) di Atlanta, USA:
• Preparazione per il lavoro in campo: questo significa documentarsi dalla letteratura, procurarsi l’attrezzatura che può essere utile, prendere tutti gli accordi necessari (burocratici e personali) per gli aspetti logistici (ad es. per i trasferimenti), sentire tutte le parti in modo da capire e chiarire i diversi ruoli e le persone di riferimento del caso; • Verifica della reale esistenza di un focolaio: cercare di capire se esiste il focolaio, cioè
se è presente un eccesso di casi in una data area o gruppo in un particolare periodo di tempo e capire se è imputabile ad un’unica causa; c’è un’epidemia quando il numero dei casi osservati è maggiore di quello degli attesi. E’ importante stabilire quanti dovrebbero essere gli attesi in quell’area in quel lasso di tempo, confrontando per esempio il numero di casi osservati e quelli che si sono verificati nelle settimane o mesi precedenti o in un periodo paragonabile negli anni precedenti. Inoltre è fondamentale capire se l’aumento del numero di casi osservato è realmente tale, ossia se l’eccesso potrebbe anche non essere vera epidemia ma dipendere da una modifica nelle procedure di notifica, da una nuova definizione di caso, dal miglioramento della procedure diagnostiche, dall’aumento della popolazione di interesse (es. in una località turistica).
• Verifica della diagnosi: arrivati a questo punto bisogna essere ben sicuri di cosa si ha di fronte, verificare che il problema sia stato diagnosticato in modo appropriato e che non dipenda da errori di laboratorio. Per ciascuno dei casi segnalati si andrà a valutare la presenza dei sintomi clinici riferiti, i risultati del laboratorio e soprattutto si raccoglieranno informazioni sui casi utili a formulare ipotesi su cause e fonti di contagio.
• Definizione ed identificazione dei casi: stabilire una “definizione di caso”, cioè un insieme standard di criteri per decidere se ciascun singolo individuo possa essere conteggiato tra i casi. Questa definizione ha uno scopo prettamente epidemiologico, è
22 diversa dalla definizione clinica dei casi. Una volta definiti i casi bisogna cercare di individuarli, con il reperimento di informazioni anagrafiche, informazioni cliniche sulla malattia, sulle caratteristiche degli individui affetti, informazioni sui fattori di rischio, sul luogo dove si è verificato l’episodio e sul lasso di tempo lungo il quale si è verificato il focolaio. Queste informazioni si possono reperire attraverso l’utilizzo di questionari appositi, attraverso il coinvolgimento delle autorità locali e delle strutture sanitarie per la segnalazione di ulteriori casi.
• Descrizione ed orientamento dei casi: usare i dati raccolti per effettuare l’epidemiologia descrittiva del focolaio, imparando a distinguere le fonti attendibili, a descrivere complessivamente ciò che è accaduto, a formulare ipotesi sul focolaio. Conoscendo il tempo di incubazione della malattia è possibile costruire la curva epidemica nel tempo, quindi valutando il comportamento del focolaio. Inoltre è necessario utilizzare i parametri di incidenza e prevalenza per descrivere il focolaio; durante un’epidemia si può utilizzare la misura del tasso di attacco dei diversi alimenti per valutare quello con una probabilità o rischio maggiore di essere il veicolo coinvolto nel focolaio.
• Formulazione delle ipotesi: ipotesi sulla fonte dell’agente causale, sulla modalità di trasmissione ed sulle esposizioni. Se la malattia è nota si può partire da ciò che già si conosce su di essa (quali sono i normali reservoir, come viene di solito trasmessa, quali sono i vettori comunemente coinvolti, quali sono i fattori di rischio riconosciuti, ecc.); altrimenti si possono fare dei focus group con casi cercando di carpire la possibile causa, oppure studiare la curva epidemica (es. tipo di epidemia, periodo più probabile di esposizione, ecc.), insieme alle caratteristiche che rendono gli individui “ad alto rischio”.
• Valutazione dell’ipotesi: a volte non è necessario, poiché i fatti accaduti dimostrano l’ipotesi, ma spesso sono necessari studi di epidemiologia analitica, come lo studio caso-‐controllo (calcolo dell’odds ratio) e quello di coorte (calcolo del tasso di attacco per gli alimenti e del rischio relativo), per poter arrivare all’ipotesi sul patogeno e sull’alimento coinvolto nel focolaio.
• Riformulazione dell’ipotesi: nel caso in cui l’epidemiologia analitica non confermi l’ipotesi iniziale.
23 immediatamente verso tutti i punti critici lungo la catena di infezione per evitare l’ulteriore diffusione dell’epidemia; verificare che le misure in atto siano efficaci. • Comunicazione dei risultati: produzione di resoconti standardizzati per tutti gli
stakeholders (portatori di interesse), usando linguaggio appropriato e in maniera tempestiva; pubblicazione dei risultati nella letteratura scientifica in modo che altri possano trarre vantaggio dall’esperienza descritta.
Indagini ambientali e sugli alimenti
L’indagine epidemiologica deve essere supportata dalle indagini ambientali e sugli alimenti. Uno degli obiettivi delle indagini ambientali è identificare i fattori che hanno permesso lo sviluppo del focolaio. Il controllo ufficiale condotto nel contesto di MTA, oltre ad accertare la conformità ai Regolamenti comunitari del cosiddetto “pacchetto igiene” (Reg. CE 852/2004, Reg. CE 853/2004, Reg. CE 882/2004) e al Regolamento sui criteri microbiologici (Reg. 2073/2005 e s.m.i), deve tener conto dei dati emersi durante gli studi condotti contemporaneamente dalle figure sanitarie coinvolte nell’investigazione. L’ispezione deve mettere in evidenza soprattutto le condizioni igienico sanitarie presenti al momento della preparazione e/o trasformazione e/o confezionamento del cibo sospetto. Tale indagine deve quindi permettere di:
• Individuare il luogo in cui l’alimento è stato contaminato;
• Prelevare campioni ambientali e campioni di alimenti rappresentativi e correlati al tipo di patologia dimostrata dai casi;
• Individuare i fattori ed i comportamenti che hanno contribuito alla contaminazione dell’alimento, alla sopravvivenza o crescita del patogeno;
• Identificare ed implementare azioni correttive.
Se l’investigazione sugli alimenti non dà risposta certa sulla causa della contaminazione nel luogo di preparazione (es. operatori o cross-‐contaminazione) è necessario considerare la possibilità che la contaminazione sia avvenuta prima che l’alimento o l’ingrediente siano arrivati sul luogo di lavorazione. L’evento di più focolai contemporaneamente in luoghi diversi dovuti allo stesso patogeno è spesso evidenza di una contaminazione primaria.
Analisi di laboratorio: