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Valutazione vascolare in bambini e adolescenti con obesità essenziale

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Academic year: 2021

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INDICE

RIASSUNTO... 3

Capitolo 1 - Introduzione ... 6

1.1 L'obesità essenziale in età evolutiva: definizione e diagnosi... 6

1.2 Epidemiologia ... 7

1.3 Patogenesi ... 12

1.4 Complicanze ... 19

1.5 Eziopatogenesi del danno cardiovascolare associato all'obesità ... 22

1.6 Quantificazione del danno cardiovascolare ... 26

Capitolo 2 - Finalità dello studio ... 31

Capitolo 3 - Materiali e metodi ... 32

3.1 Caratteristiche della popolazione ... 32

3.2 Protocollo di studio ... 32

3.4 Impedenziometria ... 33

3.5 Dosaggio degli AGEs ... 35

3.6 Valutazione del tessuto adiposo addominale ... 36

3.7 Valutazione della meccanica arteriosa e dell'IMT ... 38

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3.9 Analisi statistica ... 42

Capitolo 4 - Risultati... 43

4.1 Confronto tra le popolazioni studiate ... 43

4.2 Correlazioni tra i parametri ... 47

4.3 Analisi multivariata ... 49

Capitolo 5 - Discussione ... 50

Capitolo 6 - Conclusioni ... 59

BIBLIOGRAFIA ... 60

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RIASSUNTO

L'obesità essenziale è una condizione caratterizzata da un eccessivo accumulo di grasso in vari organi e tessuti dell'organismo, associata a un aumento del rischio di morbilità e mortalità. L'eccesso di peso è una condizione che si associa a complicanze a livello di vari organi e tessuti, e in particolare a livello del sistema cardiocircolatorio, con l'aterosclerosi a rappresentarne il fattore patogenetico centrale. Ciò avviene attraverso l'instaurarsi di uno stato pro-infiammatorio e di una riduzione della funzione endoteliale. Negli ultimi decenni si è assistito a un rapido aumento della prevalenza dell'obesità infantile in tutto il mondo e anche nel nostro Paese, e dati sempre più consistenti mostrano che l'aterosclerosi può cominciare a manifestarsi in età pediatrica. Per tutti questi motivi, nei bambini e negli adolescenti in eccesso ponderale, negli ultimi anni è stata posta una sempre maggiore attenzione alle alterazione cardiovascolari precliniche, con lo scopo di individuare precocemente l'aterosclerosi e impedirne la progressione, così da prevenire successivi eventi cardiovascolari.

Lo scopo principale di questa tesi è stato quello di valutare l'eventuale presenza di alterazioni morfologiche e funzionali precoci a carico della parete vascolare in un gruppo di bambini e adolescenti affetti da obesità essenziale.

Sono stati arruolati 70 soggetti obesi (28 femmine e 42 maschi) e 33 soggetti di controllo (15 femmine e 18 maschi). In tutti sono stati valutati vari parametri antropometrici e di chimica clinica. Inoltre, sono stati misurati lo spessore del tessuto adiposo sottocutaneo e pre-peritoneale a livello ombelicale e sottoxifoideo mediante ultrasonografia

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con sonda lineare ad alta frequenza. I parametri relativi alla parete vascolare studiati in questi soggetti, mediante tecniche non invasive, sono stati: l'IMT (Quality Intima Media Thickness); l'RHI (Reactive Hyperemia Index); e la PWV (Pulse Wave Velocity). In particolare, l'RHI è stato valutato mediante l'EndoPAT, uno strumento da poco introdotto nella pratica clinica, e meno disagevole delle altre metodiche disponibili, che permette di misurare la capacità vasodilatatoria periferica endotelio-dipendente (Peripheral Arterial Tonometry, PAT) di tipo microvascolare in risposta a una condizione di ischemia. Gli altri due parametri sono stati valutati a livello della carotide comune con tecnica ultrasonografica (MyLab 70, Esaote, Genova, Italy).

Dall'analisi dei risultati è emerso che, come atteso, vari indici antropometrici erano significativamente diversi tra i due gruppi. Inoltre, alcuni parametri quali colesterolo totale e LDL, insulinemia e prodotti avanzati della glicazione (AGEs) mostravano valori statisticamente più elevati nei soggetti obesi. Per quanto riguarda i dati relativi alla parete vascolare, nel gruppo degli obesi sono stati evidenziati un aumento dell'IMT e una riduzione dell'RHI, entrambi significativi dal punto di vista statistico. Quando, infine, sono state valutate le correlazioni tra i vari parametri misurati attraverso l'analisi uni- e multivariata, è emerso che l'IMT e l'RHI erano correlati in modo statisticamente significativo con diversi indici. In particolare, è emerso come la distribuzione del grasso corporeo, e soprattutto quello preperitoneale (espressione del grasso viscerale), fosse associato maggiormente, e in maniera diretta, all'IMT piuttosto che alla disfunzione endoteliale. Invece, la concentrazione di colesterolo plasmatico totale e della sua frazione LDL

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sono risultati correlati maggiormente, e in modo inverso, con l'RHI. L'unico parametro antropometrico che correlava sia con la struttura che con la funzione vascolare è risultato essere lo spessore minimo del grasso preperitoneale a livello ombelicale. Infine, è emersa anche una correlazione lineare indiretta statisticamente significativa tra l'IMT e l'RHI.

Questo lavoro di tesi dimostra quindi la presenza di alterazioni sub-cliniche sia di tipo strutturale che funzionale (entrambe per la prima volta studiate negli stessi soggetti in età pediatrica) a carico della parete vascolare in bambini e adolescenti con eccesso ponderale. In particolare, si è evidenziato come i parametri antropometrici influiscano più sulla struttura vascolare che sulla funzione endoteliale, mentre alcuni parametri metabolici (e più specificatamente il colesterolo totale e LDL) incidono maggiormente sulla funzione endoteliale. La condizione di eccesso di peso rappresenta quindi una piattaforma metabolica associata ad alterazioni vascolari che potrebbero preludere allo sviluppo di danno cardiovascolare. Pertanto, è fondamentale agire precocemente per prevenire e/o trattare l'obesità e le sue conseguenze già in età pediatrica.

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1. Introduzione

1.1 L'obesità essenziale in età evolutiva: definizione e diagnosi

L'obesità essenziale è una condizione caratterizzata da un eccessivo accumulo di grasso in vari organi e tessuti dell'organismo, associata a un aumento del rischio di morbilità e mortalità [1]. Essa rappresenta oltre il 96% di tutti i casi di obesità, con il rimanente 4% secondario ad altre patologie quali ad esempio sindromi malformative o genetiche e malattie endocrinologiche.

Per fare diagnosi di obesità in età evolutiva vengono usati metodi diversi in base all'età:

• fino a 24 mesi: rapporto peso/lunghezza (tabelle di riferimento: CDC 2000 [2]), con valore di cut-off per il sovrappeso pari all'85° centile, e per l'obesità pari al 95° centile;

• dopo i 24 mesi: indice di massa corporea (IMC, rapporto peso in kg /altezza in m²) (tabelle di riferimento da Cole et al [3]) con valore di

cut-off per il sovrappeso pari al percentile di IMC coincidente con il IMC di

25 all’età di 18 anni; e valore di cut-off per l'obesità pari al percentile di IMC coincidente con l' IMC di 30 all’età di 18 anni.

Poiché l'IMC non permette di distinguere tra massa grassa e massa magra, né fornisce informazioni sulla disposizione del grasso [1], per la diagnosi di obesità possono essere utilizzare anche metodiche aggiuntive, quali la misurazione della plica cutanea tricipitale (Tabelle di riferimento da Barlow et al [4]), che corrisponde meglio al grasso totale dell'organismo, con valore di cut-off per l'obesità pari al 95° centile; e la circonferenza minima della vita (Tabelle di riferimento da Mcarthy et al

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[5]), che corrisponde meglio al grasso addominale, con valore di cut-off per l'obesità pari al 90° centile.

1.2 Epidemiologia

Prima del XX secolo l'obesità era una condizione rara. Negli ultimi decenni si è tuttavia assistito a un rapido aumento della prevalenza di tale condizione. Per questo motivo a partire dal 1986 la WHO Global

Database on Child Growth and Malnutrition ha cominciato un

monitoraggio del trend di crescita del sovrappeso e dell'obesità [6]. A conferma della sempre maggiore prevalenza di queste condizioni in tutto il mondo, nel 1997, la WHO ha riconosciuto ufficialmente l'obesità come un'epidemia globale [7]. Gli ultimi dati raccolti dalla WHO e pubblicati nel documento World Health Statistics 2014 [6] rilevano che, nel 2012, circa 44 milioni di bambini al di sotto dei 5 anni erano sovrappeso od obesi, con una prevalenza complessiva cresciuta da meno del 5% nel 1990 a quasi il 7% nel 2012 (figura 1). Per questo motivo la WHO ha imposto ai suoi stati membri nuovi sforzi per arrestare questa crescita. Pertanto la lotta al sovrappeso e all'obesità rappresenta uno dei sei global

nutrition targets per il 2025 approvato dalla World Health Assembly nel

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Figura 1: Numero e prevalenza di bambini sovrappeso od obesi globalmente dal 1990 al 2012. Adattata dalla voce bibliografica [6].

Gli Stati Uniti detengono il primato per la prevalenza dell'obesità infantile nel mondo occidentale: dal 1970 al 2000 il numero dei bambini obesi è triplicato [8], e nel biennio 2011-2012, l'8,1% dei bambini al di sotto dei 2 anni e il 16,9% dei soggetti di età tra i 2 e i 19 anni erano obesi [9].

Per quanto riguarda l'Europa, la Childhood Obesity Surveillance

Initiative (COSI) ha valutato, a partire dal 2007, la prevalenza di

sovrappeso e obesità in bambini tra i 6 e i 9 anni appartenenti a 12 paesi europei, tra cui anche l'Italia [10]. Gli ultimi dati disponibili, relativi al 2010, mostrano valori di sovrappeso e obesità che variano dall'11 al 37% tra i maschi e dal 15 al 35% tra le femmine [10].

Anche in Italia il problema dell'obesità in età evolutiva sta assumendo proporzioni sempre maggiori. Per monitorare questa progressione sono attualmente attivi due progetti: Hbsc (Health

Behaviour in School-aged Children) [11] e OKkio alla salute [12].

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obiettivo quello di raccogliere informazioni sull’influenza che il contesto socio-economico-culturale ha sui comportamenti, sugli stili di vita e dunque sulla salute degli adolescenti di 11, 13 e 15 anni. L'Italia partecipa a questo progetto dal 2001. Gli ultimi dati disponibili, relativi all'indagine 2010, rilevano che la frequenza dei ragazzi in sovrappeso o obesi (basata su peso e altezza da loro riferita) va dal 29,3% nei maschi undicenni al 25,6% nei maschi quindicenni e dal 19,5% nelle femmine undicenni al 12,3% nelle femmine quindicenni (figura 2).

Figura 2: Percentuale di sovrappeso e obesità per età e sesso. Adattata dalla voce bibliografica [11].

OKkio alla SALUTE è un progetto promosso dal Ministero della Salute/CCM (Centro per la prevenzione e il Controllo delle Malattie), coordinato dal Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute dell’Istituto Superiore di Sanità e condotto in collaborazione con le Regioni e il Ministero dell’Istruzione,

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dell’Università e della Ricerca. Ha una periodicità di raccolta dati biennale e, attraverso strumenti e procedure standardizzate in tutto il Paese, permette di descrivere la variabilità geografica e l’evoluzione nel tempo dello stato ponderale dei bambini di età compresa tra gli 8 e i 9 anni mediante la misura diretta di peso e statura. Fino a oggi sono state effettuate tre raccolte dati, ognuna delle quali ha coinvolto oltre 40.000 bambini e genitori e 2.000 scuole. All'ultima raccolta dati (2012) [13] hanno partecipato 2.622 classi, 46.483 bambini e 48.668 genitori, distribuiti in tutte le regioni italiane. La frequenza di sovrappeso e obesità nei bambini osservata a livello nazionale, seppure in leggera diminuzione rispetto a quanto rilevato nelle precedenti raccolte (figura 3), conferma livelli preoccupanti di eccesso ponderale: il 22,2% dei bambini è in sovrappeso e il 10,6% è obeso (figura 3).

Figura 3: Prevalenza di sovrappeso e obesità tra i bambini di 8-9 anni della classe 3° primaria. Adattata dalla voce bibliografica [13].

Se si confrontano i dati delle prevalenze di sovrappeso e obesità nelle varie regioni si osserva un chiaro gradiente Nord-Sud, con

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percentuali più alte nelle regioni del Centro e del Sud [13] (figura 4). É infatti la Campania la regione italiana che ha la maggior prevalenza con percentuali di bambini in sovrappeso del 27,2% e obesi del 21,5% [13]. Per quanto riguarda la Toscana [14], nel 2012 hanno partecipato all’indagine 123 classi e 2.239 bambini. Da questa indagine è emerso che il 26,5% dei partecipanti era sovrappeso o obeso. Se riportiamo la prevalenza di sovrappeso e obesità riscontrata in questa indagine a tutto il gruppo di bambini di 6-11 anni toscani (188.607), si può stimare che il numero di bambini toscani in eccesso ponderale sia pari a 49.981, di cui obesi 11.316 e 1.697 severamente obesi [14].

Figura 4: Prevalenza di sovrappeso e obesità (%) per regione. Adattata dalla voce bibliografica [14].

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1.3 Patogenesi

L'obesità ha una patogenesi multifattoriale e deriva dall'interazione tra fattori ambientali e fattori genetici. Tuttavia, il rapido e recente aumento della prevalenza di questa patologia negli ultimi decenni suggerisce il ruolo predominante dei fattori ambientali rispetto a quelli genetici. Il principale responsabile di questa crescita sembra essere una modificazione degli stili di vita intesi sia come abitudini alimentari che come attività fisica.

Per quanto riguarda le prime sono implicati soprattutto il consumo di eccessive quantità di cibi ricchi di grassi e zuccheri, il consumo di bevande zuccherate, una non corretta o assente colazione e lo scarso consumo di frutta e verdura. A conferma di ciò, un fenomeno sempre più emergente negli Stati Uniti e che ormai sta coinvolgendo anche il nostro Paese, è la diffusione dei fast food. Alcuni studi [15] dimostrano l'associazione tra il frequente consumo di fast food e l'aumento dell' IMC dovuto a un elevato introito calorico, di sodio, zuccheri e bevande zuccherate, e basso introito di frutta, verdura, fibre e latte. In particolare è proprio il consumo di bevande zuccherate che sta assumendo proporzioni sempre maggiori [16]. Studi condotti negli Stati Uniti mostrano che, mentre nel 1970 queste bevande apportavano il 4% del fabbisogno calorico giornaliero, nel 2011 tale valore è salito al 9% [17]. Inoltre tra il 1989 e il 2008 le calorie che derivano dal consumo di bevande zuccherate sono aumentate del 60% (da 130 a 209 calorie al giorno) nei bambini tra i 6 e gli 11 anni e la percentuale di bambini che ne fa uso è salita dal 79 al 91% [18]. L'associazione con l'aumento dell'obesità è legata soprattutto al fatto che il consumo di queste bevande

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non dà senso di sazietà, come invece avviene quando si consumano cibi solidi, per cui non è compensato da una riduzione dell'introito di cibo [19].

Anche in Italia si sono ormai diffuse abitudini alimentari che possono favorire l’aumento di peso, specie se concomitanti. Dalla rilevazione del 2012 del progetto OKkio alla salute [13] è emerso che il 9% dei bambini salta la prima colazione e il 31% fa una colazione non adeguata (ossia sbilanciata in termini di carboidrati e proteine); il 65% fa una merenda di metà mattina abbondante e, inoltre, il 22% dei genitori dichiara che i propri figli non consumano quotidianamente frutta e/o verdura e il 44% consuma abitualmente bevande zuccherate e/o gassate (figura 5) [13].

Figura 5: Abitudini alimentari tra i bambini di 8-9 anni della classe 3° primaria. Adattata dalla voce bibliografica [13].

Per quanto riguarda l'attività fisica diversi studi dimostrano la correlazione tra la sedentarietà e il rischio di obesità. Già nel 1985 Dietz e Goutmaker riscontrarono un'associazione tra le ore trascorse davanti alla televisione e l'obesità nei bambini e adolescenti [20]. Da studi successivi è emerso come tale fenomeno si verifichi non solo per la

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ridotta attività fisica, ma anche perché spesso vi è l'abitudine di consumare passivamente cibo davanti alla televisione [21,22]. Un altro fattore aggravante è rappresentato dall'avere la televisione in camera che comporta un aumento del tempo trascorso davanti al televisore di 38 minuti al giorno [23].

In Italia lo studio OKkio alla salute ha rilevato anche la frequenza dell’inattività fisica e dei comportamenti sedentari [13]. Gli ultimi dati raccolti mostrano un lieve miglioramento rispetto alle rilevazioni precedenti, ma la frequenza di stili di vita inadeguati si mantiene comunque elevata: il 17% non ha fatto attività fisica il giorno precedente l’indagine, il 18% pratica sport per non più di un’ora a settimana, il 44% ha la TV in camera, il 36% guarda la TV e/o gioca con i videogiochi più di 2 ore al giorno e solo un bambino su quattro si reca a scuola a piedi o in bicicletta (figura 6) [13].

Figura 6: Attività fisica e sedentarietà tra i bambini di 8-9 anni della classe 3°

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Un altro fattore ambientale implicato nella patogenesi dell'obesità sembra essere rappresentato dalla cronica carenza di sonno [24]. I principali meccanismi coinvolti sono: l'aumento dell’appetito, dovuto a un’alterazione dei neuropeptidi coinvolti nella regolazione del senso di fame e della sazietà (grelina e leptina), la stanchezza e la conseguente riduzione dell’attività fisica, e l'aumento del tempo disponibile per assumere alimenti durante la giornata [24]. L'associazione tra la carenza

di sonno e l'obesità è stata dimostrata in numerosi studi. Tra questi si ricorda lo studio europeo HELENA (Healthy Lifestyle in Europe by Nutrition in Adolescence) [25] condotto su 3.311 adolescenti provenienti da 10 Paesi europei, tra cui l’Italia, che ha rilevato come gli short sleepers, ovvero coloro che tendono a dormire meno di 8 ore per notte, abbiano in genere un IMC più elevato, un aumento dell’appetito e in particolare un’attrazione verso i prodotti alimentari ad alto contenuto di grassi e carboidrati, come patatine, pizza e hamburger [26].

Un altro studio recente [27] ha valutato l'effetto a lungo termine di vari stili di vita, tra cui anche la carenza di sonno, in bambini all'età di 7 anni. Particolare attenzione è stata posta proprio sulle abitudini riguardo al sonno sia notturno sia diurno mediante interviste fatte di persona alle madri quando i bambini avevano 6 mesi, 3 anni e 7 anni, e questionari compilati al compimento di ogni anno dal primo al sesto. Questo studio ha dimostrato che la carenza di sonno dall'infanzia all'età scolastica è associata a un aumento dell'obesità infantile. Non solo, il gruppo di ricerca ha dimostrato anche un effetto sinergico tra bassi livelli di sonno e un numero elevato di ore trascorse alla televisione (>2 ore/die) nel determinare valori più alti di IMC e un aumento del rischio di diventare

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sovrappeso e obeso.

Recentemente anche la Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (Sipps) ha affermato che per ogni ora di sonno in più il rischio di sovrappeso e obesità si riduca in media del 9% [28].

Oltre agli stili di vita, altri fattori ambientali che possono aumentare il rischio di obesità sono rappresentati da fattori perinatali. Studi osservazionali hanno infatti dimostrato la presenza di una relazione diretta tra l'obesità materna, il peso del bambino alla nascita e il rischio di obesità durante la vita [29]. Lo scarso peso alla nascita sembra infatti essere associato a una maggiore tendenza al sovrappeso e all'obesità probabilmente per un processo di adattamento del sistema endocrino allo stato di malnutrizione fetale [30]. Per quanto riguarda il peso della madre è stato visto come sia il peso pregravidico che quello gravidico influiscano sulla salute del bambino [31]. Il peso pregravidico, infatti, se associato a modificazioni metaboliche materne, può aumentare lo stato infiammatorio e la concentrazione di lipidi ematici con profondi effetti sullo sviluppo dell'embrione e del feto. L'esposizione del feto a un eccesso di lipidi, soprattutto acidi grassi saturi, può attivare vie pro-infiammatorie che possono avere un impatto sul metabolismo e sulla funzione mitocondriale. I lipidi, infatti, hanno una funzione sia di attivatori trascrizionali che di molecole di segnale, e possono quindi regolare l'espressione di geni coinvolti nel metabolismo e nella sensibilità ai lipidi stessi. Tutto ciò condiziona lo sviluppo dei vari organi e la risposta a fattori ambientali postnatali [31].

Un ultimo cenno spetta al ruolo dei cosiddetti endocrine

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una vasta categoria di sostanze principalmente, ma non solo, di origine artificiale, che sono in grado di legarsi come agonisti o antagonisti ai recettori di vari ormoni, o interferire, in vario modo e tramite differenti meccanismi, con sintesi, secrezione, trasporto, legame, azione, ed eliminazione degli ormoni stessi negli organismi viventi. Uno di questi è il bisfenolo A (BPA), una sostanza chimica ampiamente utilizzata per produrre plastiche e resine come il policarbonato. Quest'ultimo è usato in un gran numero di prodotti per bambini come biberon, bottiglie, giocattoli, attrezzature sportive e molti altri. Uno studio [32] ha valutato la relazione tra la concentrazione urinaria di BPA e la quantità di tessuto adiposo e fattori di rischio per patologie croniche in un gruppo di bambini tra 6 e 18 anni. É stato visto che elevati livelli di BPA nelle urine sono associati a un aumento dell'incidenza di obesità e a valori anormali della circonferenza vita per età [32].

L'esposizione ad alcuni interferenti endocrini può avvenire anche durante la vita intrauterina. Warner et al [33] infatti hanno dimostrato come l'esposizione della madre a sostanze quali il diclorodifeniltricloroetano (DDT), utilizzato come insetticida, e il suo metabolita diclorodifeniletilene (DDE), possa aumentare il rischio di obesità del bambino nelle età successive.

Per quanto riguarda i fattori genetici, la predisposizione all'obesità sembra essere causata da complesse interazioni tra quasi 250 geni [34]. La prima evidenza riguardo all'importante ruolo svolto dalla genetica come determinante dell'obesità risale a uno studio del 1997 (National

Heart Lung and Blood Institute (NHLBI) Twin) [35] in cui si rilevava la

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dovuta a fattori genetici piuttosto che ambientali. Successivamente studi effettuati su fratelli gemelli, fratelli non gemelli e fratelli adottivi hanno dimostrato che la componente genetica contribuisce alla variabilità interindividuale dell'obesità dal 40 al 70% [36]. La predisposizione genetica si esplicherebbe soprattutto attraverso una alterazione dei meccanismi di autoregolazione che coinvolgono due ormoni, la leptina e la prooppiomelanocortina, entrambi coinvolti nella regolazione del senso di sazietà e della spesa energetica, nella secrezione di insulina e di cortisolo. Il gene che codifica per la leptina fu scoperto nel 1994 da

Friedman Jeffrey [37] un ricercatore della Rockfeller University di New

York e fu chiamato gene "ob", appunto quello dell'obesità. Per ora il gene è stato individuato nel topo, ma un gene analogo esisterebbe anche nell' uomo e svolgerebbe la medesima funzione. Negli soggetti obesi verrebbe quindi a mancare un freno all'introito di alimenti a causa della resistenza ipotalamica all'azione della leptina [38].

In un recente studio condotto da Clare Llewellyn della University

College di Londra [39] è stata effettuata un'indagine sui bambini

utilizzando la tecnica del GCTA (Genome-wide Complex Trait Analysis). Questa metodica permette di stimare l'influenza che alcuni SNPs

(single-nucleotide polymorphisms) hanno sull'intero genoma. Questo studio

parte dall’osservazione che alcune persone geneticamente simili tra loro hanno un peso simile. L'indagine si basa sui dati ottenuti dal “Twins

Early Development Study (TEDS)” [40] condotto su una popolazione

inglese di 2.269 bambini gemelli omozigoti e dizigoti di età compresa tra gli 8 e gli 11 anni. I risultati hanno dimostrato che il 37% dell'ereditabilità stimata tra gemelli può essere spiegata dall'effetto

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additivo di molteplici SNPs, e che quindi vi è una forte evidenza dell'influenza che la genetica ha sullo sviluppo di obesità in età pediatrica.

1.4 Complicanze

L'obesità è una patologia multisistemica e come tale ha importanti conseguenze sulla salute dell'organismo. Le complicanze dell'obesità sono rilevabili a livello di quasi tutti gli organi e apparati, e ne discuteremo brevemente in seguito.

Complicanze polmonari: le più frequenti condizioni legate all'obesità sono affaticabilità del respiro, apnea notturna ed asma. In particolare i disturbi respiratori durante il sonno sono molto frequenti nei bambini in eccesso di peso e sembrano essere correlati all'aumento di resistenza al flusso d'aria attraverso le vie aeree superiori, la conseguente riduzione del flusso d'aria ed infine la cessazione del respiro [41].

Complicanze ortopediche: sono dovute all'eccessivo carico meccanico che ossa e articolazioni devono sopportare. Le condizioni più frequenti sono piedi piatti e varismo e valgismo degli arti inferiori. L'eccesso di peso può provocare anche dolori articolari, ridurre la mobilità e aumentare il rischio di distorsioni e fratture [42].

Complicanze endocrine: la più frequenti sono il diabete di tipo 2, tipico degli adulti, ma sempre più frequente anche tra i bambini obesi e in sovrappeso [43] e l'ipersurrenalismo [44]. Nel sesso femminile si riscontrano soprattutto anomalie mestruali, menarca anticipati e ovaio

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policistico. Nel sesso maschile l'obesità determina una diminuzione dei livelli di testosterone, un aumento di quelli di estradiolo e oligospermia [45].

Complicanze gastroenteriche: si riscontra un aumento dell'incidenza di colelitiasi, steatosi epatica e tumori del tratto gastroenterico [43].

Complicanze psicologiche: i bambini in eccesso di peso hanno spesso un aumentato rischio di disagi psicologici, caratterizzati da una bassa autostima e complessi di inferiorità fino ad arrivare ad un vero rifiuto del proprio aspetto fisico [46].

Complicanze cardiovascolari: molteplici studi hanno dimostrato che già in età pediatrica si possono riscontrare disfunzioni cardiovascolari come conseguenza dell'eccesso di peso [47], come sarà approfondito in seguito.

Il rischio maggiore associato all'obesità in età pediatrica è la sua persistenza in età adulta. Un recente studio ha evidenziato che bambini sovrappeso o obesi spesso diventano adulti sovrappeso e questo rischio è tanto maggiore quanto maggiore è sia l'IMC che l'età del bambino (figure 7 e 8). Per esempio, al 95° percentile, nel sesso femminile la probabilità di diventare un adulto obeso va dal 40 al 59,9% tra 5 e 12 anni, ed è maggiore del 60% dopo i 12 anni; nel sesso maschile va dal 20 al 39,9% tra 4 e 12 anni ed è maggiore del 60% dopo i 12 anni [48]. Come conseguenza di questo aumento dell'obesità, si stima un aumento dell'incidenza di eventi cardiovascolari e di morte nei giovani adulti. Le proiezioni per il 2035 rivelano che la prevalenza degli eventi cardiovascolari aumenterà dal 5 al 16% con più di 10.000 casi in più di

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eventi cardiovascolari attribuibili all'obesità [49].

Figura 7: Probabilità di giovani maschi e femmine di diventare sovrappeso a 35 anni in base all'IMC e all'età. Adattata dalla voce bibliografica [48]

Figura 8: Probabilità di giovani maschi o femmine di diventare obesi a 35 anni in base all'IMC e all'età. Adattata dalla voce bibliografica [48]

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1.5 Eziopatogenesi del danno cardiovascolare associato all'obesità

Il fattore patogenetico centrale della malattia cardiovascolare è rappresentato dall'aterosclerosi. Essa è un processo degenerativo multifattoriale che interessa la parete delle arterie [50]. Queste ultime sono costituite da tre strati concentrici: l'intima, la media e l'avventizia. L'intima è lo strato più interno ed è costituito principalmente da cellule endoteliali; la media è composta da cellule muscolari lisce, da elastina e da collagene ed è separata dall'intima e dall'avventizia rispettivamente da una lamina elastica interna e da una esterna; infine, la tonaca avventizia è lo strato più esterno ed è costituita da connettivo lasso e fascetti di fibrocellule muscolari lisce [53,54].

L'aterosclerosi interessa prevalentemente le arterie elastiche come l'aorta, la carotide, le arterie iliache, e le medie e grandi arterie muscolari come le coronarie e le poplitee. Il processo aterosclerotico comincia fin dai primi anni di vita e questo è stato dimostrato da autopsie effettuate su bambini di età compresa tra i 2 e i 15 anni, che hanno mostrato a livello delle pareti dell'aorta la presenza di segni precoci di danno come strie lipidiche e placche fibrotiche [51,52].

L'aterosclerosi è costituita da una sequenza di tappe (figura 9) e inizia con l'adesione, l'infiltrazione, il deposito e quindi l'ossidazione di particelle di colesterolo LDLnella tonaca intima.

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Figura 9: Tappe del processo aterosclerotico. Adattata dalla voce bibliografica [55].

Queste prime fasi sono dovute prevalentemente alla presenza di un eccesso di particelle di LDL in circolo e innescano un processo infiammatorio a carico dell'endotelio che porta all'espressione di molecole di adesione sulla membrana cellulare e alla secrezione di sostanze biologicamente attive e chemiotattiche. Queste sostanze richiamano i leucociti con trasformazione dei monociti in macrofagi che fagocitano le LDL ossidate e si trasformano in cellule schiumose (foam cells). Sono queste ultime cellule che vanno a costituire la stria lipidica che rappresenta la più precoce lesione aterosclerotica.

Fino a questo punto la stria lipidica può ancora dissolversi. Nelle fasi successive, però, l'accumulo di tessuto fibrotico a livello dell'intima porta alla crescita irreversibile dell'ateroma vero e proprio. Se, infatti, la risposta infiammatoria non è in grado di neutralizzare o rimuovere gli agenti dannosi, può continuare indefinitamente e stimolare la migrazione

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delle cellule muscolari lisce dalla media all'intima e la loro proliferazione, con produzione di matrice extracellulare che costituisce l'impalcatura strutturale dell'ateroma. Si viene quindi a formare progressivamente una lesione fibrolipidica irreversibile che va a sostituire il semplice accumulo lipidico delle fasi iniziali. La presenza della placca fibrolipidica provoca un ispessimento della parete arteriosa con conseguente restringimento del lume del vaso interessato. Il vaso, per compensare la stenosi indotta dalla placca, risponde con un fenomeno di rimodellamento, dilatandosi gradualmente in modo da mantenere inalterato il diametro del lume. La sintesi di citochine infiammatorie da parte delle cellule endoteliali danneggiate fa da richiamo per cellule immunocompetenti come linfociti T, monociti e plasmacellule, che migrano dal sangue e si moltiplicano all'interno della lesione. A questo punto con l'ingrandirsi della lesione, a causa della carenza di sostanze nutritive e dell'ipossia, le cellule muscolari lisce e i macrofagi vanno incontro ad apoptosi, con deposito di calcio sui residui delle cellule morte e sui lipidi extracellulari. Il risultato è la formazione di una lesione costituita da un nucleo centrale lipidico avvolto da un cappuccio fibroso connettivale, infiltrati di cellule immunocompetenti e noduli di calcio.

Come evidenziato da diversi studi, i principali fattori implicati nella patogenesi e nella progressione dell'aterosclerosi sono l'infiammazione e lo stress ossidativo [56-59]. Sono stati individuati numerosi fattori pro-infiammatori e pro-aterogenetici, tra questi si ricordano la leptina, l'IL-6, la Proteina C reattiva, il TNF-α, il fibrinogeno, le molecole di adesione vascolare, l'adiponectina, e alcuni

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markers di stress ossidativo come il malondialdeide, F2-isoprostano e

prodotti di ossidazione delle proteine [60-72].

Lo stato proinfiammatorio e la riduzione della funzione endoteliale, secondarie all'aterosclerosi, sono considerati i due principali meccanismi responsabili dell'aumento del rischio cardiovascolare correlato all'obesità [57,73].

L'endotelio è il tessuto che riveste la superficie interna dei vasi sanguigni e ha un ruolo chiave nella progressione dell'aterosclerosi [56]. Considerare il tessuto endoteliale come un semplice rivestimento dei vasi è riduttivo, tanto che oggi l'endotelio è considerato un vero e proprio organo capace di elaborare moltissime sostanze attive in grado di modulare l'attività delle varie strutture della parete vasale, delle cellule ematiche e delle proteine del sistema coagulativo. In particolare il tessuto endoteliale gioca un ruolo critico nel regolare l'entrata, l'uscita e il metabolismo delle lipoproteine e di altri agenti che possono partecipare alla formazione di lesioni aterosclerotiche.

La disfunzione endoteliale, definita come l'incapacità delle arterie di dilatarsi in modo adeguato a uno stimolo endoteliale appropriato [74], è il primo segno di danno indotto dall'aterosclerosi allo stadio precoce [75,76]. Essa compare molto prima della comparsa dei sintomi [77] e, per questo motivo, il riscontro di tale disfunzione è fondamentale per identificare soggetti a rischio di morbilità cardiovascolare.

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1.6 Quantificazione del danno cardiovascolare

Per studiare l'entità del rischio cardiovascolare vengono utilizzati indici indiretti in grado di quantificare lo stato di salute cardiovascolare. Gli indicatori di aterosclerosi più utilizzati sono: lo spessore intima-media della carotide (Carotid Intima-Media Thickness o CIMT), la rigidità vascolare (stiffness), e la disfunzione endoteliale [78].

L'ispessimento vascolare può essere valutato con la misurazione dello spessore della tonaca intima e della media (IMT) dell'arteria carotide comune. Lo rilevazione di questo parametro permette una valutazione non invasiva della struttura locale del letto arterioso. Per questo motivo l'IMT arterioso rappresenta un indice di aterosclerosi subclinica che permette di stratificare i pazienti in base al rischio cardiovascolare.

La distensibilità della parete arteriosa riflette l'assetto strutturale della parete stessa, per questo motivo l'aumento della rigidità vascolare è considerato un marker precoce di danno arterioso [79]. Un sistema vascolare elastico, infatti, riduce il lavoro del cuore [80], aumenta la perfusione coronarica [81] e riduce la progressione dell'aterosclerosi [82]. Alcuni studi hanno riportato che l'obesità in età evolutiva è associata a un aumento della rigidità vascolare [83,84], ma il meccanismo con cui ciò si verifica non è ancora stato del tutto chiarito.

Per la valutazione della rigidità vascolare vengono utilizzati i seguenti indici:

PWV (Pulse Wave Velocity) AIx (Augmentation index).

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lungo un segmento arterioso e aumenta al progredire della rigidità vascolare [85,86]; il secondo è definito come la differenza tra il secondo (P2) e il primo picco sistolico (P1), espresso come percentuale della pressione di pulsazione (PP) che a sua volta è calcolata dalla differenza tra la massima pressione sistolica e la minima diastolica (figura 10). La pulsazione pressoria si sposta più velocemente rispetto al sangue stesso. Quando essa incontra zone ad alta resistenza, viene riflessa in direzione retrograda verso il cuore. Nelle arterie elastiche sane, l'onda riflessa giunge a livello aortico durante la diastole incrementando la pressione di perfusione coronarica. Se le arterie diventano rigide e la PWV aumenta, l'onda riflessa arriva più precocemente a livello aortico, prima della chiusura della valvola aortica. Questa condizione aumenta il post carico ventricolare e riduce la pressione di perfusione a livello coronarico portando così a ipertrofia ventricolare, a insufficienza ventricolare e a ischemia subendocardica. Le onde di riflessione precoci sono i principali fattori che determinano il livello di pressione di pulsazione (PP) e l'estensione di questa riflessione è espressa dall'AIx. Le modificazioni dell'AIx a livello aortico dipendono dai cambiamenti della PWV. Un aumento della rigidità arteriosa causa un aumento della PWV con un ritorno precoce e conseguente aumento dell'AIx. La PWV rappresenta la rigidità dei grossi vasi, mentre la AIx è espressione della rigità sia dei grossi che dei piccoli vasi. Per una migliore valutazione della rigidità arteriosa vengono misurati entrambi i parametri.

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Figura 10: Rappresentazione grafica del primo (P1) e del secondo (P2) picco sistolico e della pressione di pulsazione (PP). Adattato dalla voce bibliografica [87].

Esistono anche altri parametri per valutare la rigidità vascolare: β (indice di stiffness): è un indice adimensionale indipendente dalla pressione

AC (Compliance): è il cambiamento assoluto di diametro in relazione alle variazioni pressorie

EP (Elastic Module): è l'incremento di pressione necessario per uno stiramento del 100% della parete vascolare data una lunghezza iniziale.

La funzione endoteliale può essere valutata sia dal punto di vista macrovascolare che microvascolare.

L'approccio macrovascolare si avvale della tecnica detta FMD (Brachial artery Flow Mediated Dilatation) che è stata definita dalla

Task Force riportata da Corretti et al [88] come lo standard per la

valutazione della funzione endoteliale vasomotoria dei grossi vasi [88-(PP)

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93]. Questa tecnica consiste nella misurazione dell'aumento del diametro dell'arteria brachiale con ultrasuoni in B-mode durante l'iperemia dovuta a riperfusione in seguito a un'occlusione di 5 minuti. L'iperemia post-ischemia causa un aumento dello stress di parete e un aumento del rilascio di ossido nitrico (NO) da parte dell'endotelio con conseguente rilasciamento delle cellule muscolari lisce e quindi dilatazione dell'arteria brachiale [88]. Lo studio ultrasonografico della reattività vascolare dell’arteria brachiale viene completato dalla misurazione della vasodilatazione indotta dalla somministrazione sublinguale di nitroglicerina (Nytroglicerin Mediated Dilation, NMD), un donatore inorganico di NO. Si somministrano 0,6 mg di nitroglicerina sublinguale e dopo 3-4 minuti viene misurato più volte il diametro dell’arteria. La NMD è calcolata come differenza, in percentuale, tra il massimo diametro raggiunto post-nitroglicerina e il diametro medio basale. Si può parlare di disfunzione endoteliale se la FMD è ridotta; se invece vi è una riduzione della NMD si parla di disfunzione della muscolatura liscia [94]. L'utilizzo di questa tecnica nei bambini, però, è limitata da problematiche etiche e legali relative alla somministrazione di nitroglicerina [62,63,95-104]. E' stato dimostrato che la FMD è influenzata dallo stress di parete (shear stress) [105]. Per questo motivo sarebbe necessario correggere la FMD per lo shear stress quando si mettono a confronto soggetti con differente diametro arterioso basale [106]. Fino a oggi solo Karpoff et al [107] hanno normalizzato la FMD per lo shear stress nei bambini obesi e solo un altro studio ha riportato valori di iperemia reattiva nei bambini obesi [108]. La FMD è risultata ridotta nel 50% degli obesi in età prepuberale e puberale

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[99,109,107,110]. Quindi, indipendentemente dallo stadio puberale, la FMD è più bassa nei bambini obesi rispetto ai controlli suggerendo una riduzione della biodisponibilità endoteliale di NO.

È stato però dimostrato che i più precoci markers di disfunzione endoteliale sono a livello microvascolare [111,112]. Le tecniche utilizzate per valutare tali markers sono la flussometria laser doppler e/o l'imaging. Esse permettono una misurazione non invasiva dei cambiamenti della perfusione cutanea a seconda del riscaldamento locale, dell'iperemia reattiva successiva a un'occlusione arteriosa o in seguito alla somministrazione di sostanze vasoattive. L'acetilcolina è il vasodilatatore endotelio-dipendente più utilizzato; altri sono il sodio nitroprussiato e alcuni inibitori della sintesi di NO come l'insulina [114] e la nitro-L-arginina [114].

Diversi studi hanno dimostrato che la funzione endoteliale microvascolare è inversamente correlata con la percentuale di tessuto adiposo in bambini obesi in età prepuberale e puberale [115,116]. Ad oggi però i pochi studi che hanno valutato la funzione endoteliale a livello microvascolare in bambini e adolescenti obesi, hanno riportato una riduzione della funzione endoteliale sia in età prepuberale che puberale [115-119]. In particolare alcuni di questi studi hanno dimostrato che bambini obesi hanno un più breve picco di riperfusione e una riduzione della velocità del sangue capillare durante l'iperemia reattiva rispetto ai controlli, suggerendo così un certo grado di danno microvascolare [116,117].

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2. Finalità dello studio

Questo lavoro di tesi si è svolto presso la Sezione di Diabetologia Pediatrica, U.O. Pediatria Universitaria, del Dipartimento Materno-Infantile dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana. Lo scopo principale è stato quello di valutare l'eventuale presenza di alterazioni precoci a carico della parete vascolare in un gruppo di bambini e adolescenti affetti da obesità essenziale. Per far questo sono stati comparati alcuni indici relativi alla funzione e alla struttura vascolare misurati nei pazienti obesi con quelli misurati nei soggetti normopeso. I parametri studiati sono stati: l'RHI (Reactive Hyperemia Index), il QIMT (Quality Intima Media Thickness) e la PWV (Quality Arterial Stiffness

Pulse Wave Velocity). É stata successivamente valutata l'eventuale

presenza di una correlazione tra tali parametri e alcuni dati clinici, antropometrici e metabolici quali l'IMC SDS, il rapporto circonferenza vita/altezza, lo spessore del tessuto adiposo sottocutaneo e preperitoneale a livello ombelicale e sottoxifoideo e l'assetto lipidico e glico-metabolico.

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3. Materiali e metodi

3.1 Caratteristiche della popolazione

Lo studio è stato condotto su un totale di 103 soggetti di cui 70 obesi e 33 normopeso. I pazienti obesi arruolati sono stati selezionati tra quelli seguiti per obesità presso l'ambulatorio della Sezione di Diabetologia, U.O. Pediatria Universitaria, del Dipartimento Materno-Infantile dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana. La scelta è stata fatta in base all'età (sono stati candidati allo studio solo pazienti di età compresa tra 8 e 17 anni) e all'assenza di comorbilità (sono stati esclusi i pazienti con obesità non essenziale). Per quanto riguarda la popolazione di controllo essa è costituita da amici o parenti dei pazienti obesi o del personale medico e infermieristico che ha contribuito allo studio. Anche i soggetti di controllo sono stati selezionati in base all'età e all'assenza di comorbilità.

3.2 Protocollo di studio

Il protocollo di studio è stato condotto secondo i principi della Dichiarazione di Helsinki relativa agli studi clinici ed è stato approvato dai Comitato Etico dell'Aziendo Ospedaliero-Universitaria Pisana. Tutti i partecipanti allo studio e i loro genitori sono stati informati accuratamente sulle procedure e gli scopi dello studio e hanno rilasciato un loro consenso informato.

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alcolici o caffeina nelle precedenti 12 ore. Per ogni bambino sono stati raccolti dati antropometrici, ematochimici e strumentali. In ambulatorio in tutti i soggetti sono stati misurati altezza e peso tramite bilancia impedenziometrica (vedi più avanti) ed è stato calcolato l'IMC secondo la formula peso(Kg)/altezza(m²). É stata poi misurata la pressione arteriosa con un apparecchio automatico (OMRON, JAPAN). Tutti i soggetti sono stati sottoposti a un prelievo di sangue periferico dopo una notte di digiuno. I livelli circolanti di colesterolo totale, HDL, LDL, trigliceridi e l'insulinemia sono stati analizzati con metodologie di laboratorio standard. La glicemia è stata misurata in ambulatorio mediante glucometro (Accu-Chek® Aviva Nano) su sangue capillare. Sono stati poi misurati gli AGEs (Advanced Glycation Endproducts) con lo strumento “AGE Reader” (vedi più avanti). Successivamente, mediante l'ultrasonografia, sono stati misurati lo spessore del tessuto adiposo sottocutaneo e preperitoneale a livello ombelicale e sottoxifoideo, l'IMT carotideo e la PWV. É stata infine valutata la funzione endoteliale con l'EndoPAT.

3.4 Impedenziometria

La misurazione del peso dei soggetti è avvenuta mediante bilancia impedenziometrica. La misurazione della impedenza corporea (Body

Impedence Assessment o B.I.A.) si basa sul dato fisico che l'acqua è un

buon conduttore di corrente elettrica, mentre il grasso è un isolante quasi perfetto. Poiché la massa magra corporea (Fat Free Mass, FFM) è costituita prevalentemente da acqua, determinando il contenuto di acqua

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dell'organismo, è possibile risalire al contenuto in FFM, e quindi al contenuto di Massa Grassa (Fat Mass, FM). Per misurare l'impedenza corporea viene utilizzata una corrente elettrica debolissima e ad altissima frequenza (50.000 Hz) che viene trasmessa al paziente attraverso degli elettrodi e l'apparecchio misura la resistenza che il corpo oppone al passaggio di tale corrente. Dal valore della impedenza corporea, tramite alcuni algoritmi, si risale al contenuto di acqua corporea, di massa magra e di massa grassa che vengono espressi sia in kg che in percentuale rispetto alla massa totale.

Figura 11: Bilancia impedenziometrica

L'impedenziometro utilizzato in questo studio (Tanita BC 418,

Japan, figura 11) è stato collegato al paziente mediante una pedana

metallica costituita da quattro elettrodi sulla quale il paziente viene fatto salire a piedi nudi dopo essersi spogliato. Una volta salito sulla bilancia vengono inseriti l'età, il sesso e l'altezza del paziente così da poter confrontare i valori ottenuti con i valori di riferimento della composizione corporea per sesso e per età.

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3.5 Dosaggio degli AGEs

Gli AGEs, prodotti terminali della glicazione non enzimatica e dell'ossidazione delle proteine e dei grassi, sono stati dosati mediante l'AGE Reader (DiagnOptics, Groningen, the Netherlands), uno strumento che si avvale di una nuova metodica non invasiva che sfrutta le proprietà fluorescenti degli AGEs. Il paziente viene fatto sedere e la misurazione avviene a livello dell'avambraccio che viene poggiato sul lettore a luce fluorescente collegato a un computer. L'avambraccio deve essere tenuto fermo sul lettore per pochi secondi (figura 12). La misura dell'autofluorescenza (AF) è basata sul calcolo dell'intensità media della luce per nm in un range compreso tra 420-600 nm diviso per la media dell’intensità della luce per nm nel range tra 300-420nm (AF in a.u.). Per semplificare, il numero risultante è moltiplicato 100.

Figura 12: AGEs Reader

I valori variano in base al sesso e all'età. Nel presente studio i risultati ottenuti nei soggetti con eccesso ponderale sono stati paragonati a quelli osservati nel gruppo di controllo.

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3.6 Valutazione del tessuto adiposo addominale

L'esame è stato eseguito dal Prof. C. Palombo e dalla Dott. C. Morizzo, Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell'Area Critica. La valutazione del grasso addominale è stata eseguita con tecnica non invasiva ultrasonografica mediante una sonda lineare ad alta frequenza (7.5-MHz). I soggetti esaminati sono stati fatti disporre in posizione supina e la sonda è stata posizionata perpendicolarmente a livello della cute dell'epigastrio. Sono state così ottenute scansioni longitudinali a livello della linea mediana a partire dal processo xifoideo fino all'ombelico procedendo lungo la linea alba.

Lo spessore minimo del grasso sottocutaneo (Smin) e il massimo di quello preperitoneale (Pmax) sono misurati subito al di sotto del processo xifoideo (figura13). Lo spessore massimo del grasso sottocutaneo (Smax) e il minimo di quello preperitoneale (Pmin) sono misurati 5 cm al di sopra dell'ombelico (figura 14).

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Figura 13: Misurazione dello spessore del tessuto adiposo sottocutaneo e preperitoneale a livello xifoideo

Figura 14: Misurazione dello spessore del tessuto adiposo sottocutaneo e preperitoneale a livello ombelicale.

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3.7 Valutazione della meccanica arteriosa e dell'IMT

L'esame è stato eseguito dal Prof. C. Palombo e dalla Dott. C. Morizzo, Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell'Area Critica. La meccanica arteriosa e lo spessore medio-intimale sono stati valutati a livello della carotide comune sia di destra che di sinistra. L'esame è stato eseguito in una stanza silenziosa, con temperatura stabile di 22°C e con il paziente posto in posizione supina e a riposo. Per effettuare queste misurazioni è stata utilizzata una tecnica non invasiva ultrasonografica (MyLab 70, Esaote, Genova, Italy). L'acquisizione è stata fatta in B-mode con sonda lineare di 10 MHz e implementata con un sistema di monitoraggio a radiofrequenza (Radio

Frequency Data Processing) dei diametri arterosi a elevata risoluzione

interfacciato con un computer. Questo sistema permette di ottenere una determinazione real-time dello spessore (QIMT®: Quality Intima Media

Thickness, figura 15) e della distensione (QAS®: Quality Arterial Stiffness, figura 16) della parete della carotide comune con elevata

risoluzione spazio-temporale. L'IMT della parete viene misurato automaticamente e le curve di distensione vengono acquisite a livello di un segmento carotideo 1 cm prima della biforcazione dove l'operatore pone la regione di interesse. Dalle curve di distensione vengono ottenuti il diametro minimo e massimo della carotide e vengono calcolati gli indici di stiffness vascolare dopo calibrazone con la pressione arteriosa che viene misurata al braccio omolaterale rispetto alla carotide contemporaneamente all'acquisizione delle curve di distensione. In questo studio abbiamo usato la Pulse Wave Velocity locale (PWV), calcolata dall'indice di stiffness (β) e dalla Pulse Pressure locale (PP) in

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accordo con le seguenti formule:

• β = ln (PAS/PAD)/ ΔD/D, dove PAS è la pressione sistolica, PAD è la pressione diastolica, ΔD è la distensione sisto-diastolica e D è il diametro a fine diastole;

• PWV (m/s) = PP/2*β

Tutte la misure sono state calcolate su 6 battiti cardiaci consecutivi e sono state effettuate tre misurazioni da cui è stato calcolato il valore medio. Nel laboratorio dove questa tesi è stata preparata, la variabilità intra-individuale dei valori di QIMT e di QAS è 3.5 ± 1.9 e 5.8 ± 3.4%, rispettivamente.

Figura 15: Misurazione ultrasonografica dello spessore medio-intimale a livello della carotide comune

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Figure 16: Misurazione ultrasonografica della meccanica arteriosa a livello della carotide comune.

3.8 Valutazione della funzione endoteliale

La funzione endoteliale è stata valutata a livello periferico con metodica non invasiva mediante l'Endo-PAT2000 (Itamar Medical Ltd,

Cesarea, Israel) (figura 17). Si tratta di un dispositivo che permette di

misurare la capacità vasodilatatoria periferica endotelio-dipendente (Peripheral Arterial Tonometry, PAT) di tipo microvascolare in risposta a una condizione di ischemia.

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Figura 17: EndoPAT-2000

Per eseguire questa misurazione, il soggetto viene fatto accomodare su un lettino in posizione supina, a riposo e con le braccia appoggiate su dei supporti in modo tale da avere le dita libere. Sugli indici di entrambe le mani vengono inserite delle apposite sonde e sul braccio non dominante viene posizionato il bracciale dello sfigmomanometro sgonfio. Le sonde contengono un sistema di cuscinetti d'aria gonfiabili collegati, tramite dei tubi pneumatici, a un dispositivo di gonfiaggio regolato da un algoritmo tramite un computer. Una pressione costante viene applicata sulle dita mediante i cuscinetti d'aria. Variazioni del volume di pulsazione a livello distale inducono alterazioni pressorie a livello dei cuscinetti d'aria che vengono trasmesse al dispositivo. Una riduzione del volume di sangue arterioso causa una riduzione della variazione della colonna pressoria che si riflette in un ridotto segnale registrato dall'EndoPAT, e viceversa. La misurazione inizia con la rilevazione di un tracciato a riposo per 5 minuti. Viene quindi gonfiato il bracciale dello sfigmomanometro fino a un valore di 40 mmHg superiore alla pressione sistolica del paziente in modo tale da indurre un'ischemia a

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valle. La rilevazione del segnale prosegue per altri 5 minuti. Viene quindi rapidamente sgonfiato il bracciale e si prosegue la registrazione della fase riperfusoria per altri 8-10 minuti.

L'indice che valuta la funzione endoteliale è l'RHI, che viene calcolato dal rapporto tra il segnale post- e pre-occlusione normalizzato per la parte non occlusa e ulteriormente corretto per il tono vascolare basale. Il valore normale è >1.67.

3.9 Analisi statistica

I dati raccolti sono espressi come media ± DS (Deviazione Standard). Per valutare l'eventuale differenza significativa dei parametri misurati nei due gruppi è stato utilizzato il test ANOVA a due code. Sono stati poi presi in considerazione i parametri risultati significativamente diversi tra obesi e controlli ed è stata condotta un'analisi di correlazione univariata considerando i parametri vascolari come variabili dipendenti e tutti gli altri parametri come variabili indipendenti. Successivamente per valutare l'indipendenza o meno delle correlazioni significative è stata condotta un'analisi di correlazione multipla. Il livello di significatività è stato posto per p < 0.05. L'analisi statistica è stata eseguita con software JMP, versione 9.01 (SAS Institute

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4. Risultati

Sono stati studiati 70 soggetti obesi (28 femmine e 42 maschi) e 33 soggetti di controllo (15 femmine e 18 maschi)

4.1 Confronto tra le popolazioni studiate

Sono stati studiati 70 soggetti obesi (28 femmine e 42 maschi) e 33 soggetti di controllo (15 femmine e 18 maschi) le cui caratteristiche cliniche e antropometriche sono riportate nella tabella 1.

PARAMETRI OBESI CONTROLLI p

Età (anni) 12,1±2,0 12,8±1,2 ns

Peso (Kg) 73,6±20,5 58,0±15,0 0.000

Altezza (cm) 156±11 156±7 ns

Indice di Massa Corporea IMC (Kg/m²)

29,4±4,9 21,0±3,3 0,000

Standard Deviation Score dell'IMC (IMC SDS)

2,89±0,55 0,73±0,33 0.000

Circonferenza vita/altezza 0,63±0,15 0,53±0,05 0.000

Fat Mass (%) 36,27±7,26 17,95±6,0 0.000

Lean Mass (Kg) 44,9±9,8 46,1±12,3 ns

Spessore minimo del grasso sottocutaneo xifoideo (Xifo S min, cm)

1,90±0,75 0,64±0,37 0,000

Spessore massimo del grasso preperitoneale xifoideo (Xifo P max, cm)

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Spesssore massimo del grasso sottocutaneo ombelicale (Omb S max, cm)

3,63±0,91 1,16±0,69 0.000

Spessore minimo del grasso preperitoneale ombelicale (Omb P min, cm)

0,53±0,26 0,29±0,17 0.000

Tabella 1: Dati clinici e antropometrici misurati nel gruppo di controllo e nei soggetti obesi.

Dall'analisi dei dati clinici e antropometrici risulta che i due gruppi non differiscono significativamente per quanto riguarda l'età media e l'altezza. Risultano ovviamente maggiori negli obesi i valori medi del peso e dell'IMC SDS. Anche il rapporto circonferenza vita/altezza è emerso essere significativamente maggiore nei soggetti obesi.

Per quanto riguarda i parametri impedenziometrici la percentuale di massa grassa è significativamente più elevata negli obesi mentre la massa magra è tendenzialmente più elevata nella popolazione normopeso.

Rispetto ai controlli, gli obesi risultano avere anche valori significativamente maggiori dello spessore del grasso sottocutaneo e preperitoneale misurati sia a livello ombelicale che sottoxifoideo.

La pressione arteriosa e i parametri metabolici dei due gruppi studiati sono riportati nella tabella 2.

PARAMETRI OBESI CONTROLLI p

Pressione arteriosa sistolica (mmHg)

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PARAMETRI OBESI CONTROLLI p Pressione arteriosa diastolica (mmHg) 65±8 62±5 ns Insulina (uU/ml) 19,7±12,0 7,2±2,8 0.000 Glicemia (mg/dl) 78±12 93,0±10 0,000 HOMA-IR 3,88±2,8 1,65±0,97 0,000 Colesterolo Totale (mg/dl) 168±31 132±39 0.000 Colesterolo HDL (mg/dl) 48±11 44±14 ns Colesterolo LDL (mg/dl) 105±28 72±30 0.000 Trigliceridi (mg/dl) 88±51 70±72 ns

Advanced Glycation End-Products (valore assoluto)

1,44±0,35 1,29±0,22 0,026

Tabella 2: Pressione arteriosa e parametri metabolici misurati nel gruppo dei controlli e nei soggetti obesi

Per quanto riguarda i valori relativi alla pressione arteriosa, quelli della pressione sistolica sono tendenzialmente più elevata nei controlli, mentre quelli della diastolica sono tendenzialmente più elevata negli obesi, sfiorando, ma non raggiungendo la piena significatività statistica.

Tra i parametri metabolici, la concentrazione di insulina risulta significativamente più elevata negli obesi, mentre il valore medio della glicemia è più elevato nei controlli (p=0,000). L'HOMA IR (Homeostasis Model Assessement Insuline Resistance), un indice utilizzato per valutare l'insulino-resistenza, è risultato maggiore nel gruppo degli obesi in modo statisticamente significativo.

Dall'analisi del profilo lipidico si rileva che non vi sono differenze significative tra obesi e controlli nei valori di colesterolo HDL e di

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trigliceridi, anche se questi ultimi sono tendenzialmente più elevati negli obesi. I valori del colesterolo totale e del colesterolo LDL risultano significativamente maggiori nel gruppo degli obesi.

Il valore degli AGEs è significativamente più alto nei pazienti obesi rispetto ai soggetti di controllo.

I parametri relativi alla struttura e alla funzione vascolare sono riportati nei grafici che seguono.

Figura 18: QIMT (Quality Intima-Media Thickness) in soggetti di controllo e in soggetti obesi. *p=0,000 rispetto ai controlli

Per quanto riguarda il QIMT (figura 18) é stato considerato il valore medio tra il QIMT misurato a livello della carotide di destra e quello misurato a sinistra. I valori medi mostrano che tale parametro è maggiore nel gruppo degli obesi rispetto ai controlli in modo statisticamente significativo. 300 325 350 375 400 425 450 475 500 Controlli Obesi Q u al it y In ti m a -M e d ia T h ic kn e ss (QI M T, μ m)

*

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Figura 19: RHI (Reactive Hyperemia Index) in soggetti di controllo e in soggetti obesi. *: p=0,003 rispetto ai controlli

Dall'analisi dei dati relativi all'RHI risulta che tale parametro è significativamente ridotto nel gruppo degli obesi rispetto al gruppo dei controlli (figura 18).

Dall'analisi dei dati relativi alla PWV non emerge una differenza statisticamente significativa, anche se tale parametro risulta tendenzialmente maggiore nel gruppo di controllo rispetto ai soggetti obesi (4,45±0,61 negli obesi e 4,71±0,75 nei controlli).

4.2 Correlazioni tra i parametri

Per proseguire l'analisi statistica sono stati presi in considerazione i parametri risultati statisticamente differenti tra i due gruppi ed è stata valutata l'eventuale presenza di una correlazione lineare tra di essi. Come variabili dipendenti sono stati usati i parametri vascolari e come variabili

1 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6 1,7 1,8 1,9 2 2,1 2,2 2,3 2,4 2,5 Controlli Obesi R ea ct iv e H yp erem ia In d ex (R H I)

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indipendenti i parametri clinici, antropometrici e metabolici.

Le correlazioni risultate statisticamente significative sono riportate nella seguente tabella (tabella 3) in ordine di significatività (dalla maggiore alla minore).

Variabile dipendente Variabile indipendente Coefficiente di correlazione r p

QIMT Xifo P (max) Omb P (min) Col. LDL (mg/dl) Omb S (max) IMC SDS 0,3310 0,2578 0,2401 0,2300 0,2200 <0,001 <0,001 <0,05 <0,05 <0,05 RHI Col.Tot (mg/dl) Col. LDL (mg/dl) Omb P (min) -0,2695 -0,2555 -0,2530 <0,001 <0,001 <0,001 Tabella 3: Correlazioni lineari significative tra parametri vascolari e parametri clinici,

antropometrici e metabolici. Per le abbreviazioni si vedano le tabelle 1 e 2.

Dall'analisi dei risultati risulta che il QIMT è correlato direttamente sia con alcuni parametri antropometrici che con alcuni parametri metabolici. Le correlazioni risultate statisticamente significative sono, in ordine di significatività, con lo spessore massimo e minimo del tessuto adiposo preperitoneale rispettivamente a livello sottoxifoideo e ombelicale, il colesterolo LDL, lo spessore massimo del tessuto adiposo sottocutaneo a livello ombelicale e l'IMC SDS.

Per quanto riguarda l'RHI, esso risulta correlato indirettamente e in modo statisticamente significativo con, in ordine di significatività, il colesterolo totale, il colesterolo LDL e lo spessore minimo del tessuto

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adiposo preperitoneale a livello ombelicale.

4.3 Analisi multivariata

Successivamente, per valutare la presenza o meno di una relazione di dipendenza tra le variabili indipendenti risultate correlate in modo significativo con i parametri vascolari dall'analisi univariata, è stata condotta un'analisi di correlazione multivariata. Tale analisi ha confermato e rafforzato le correlazioni trovate con l'analisi univariata.

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5. Discussione

L'obesità essenziale in età evolutiva rappresenta un importante fattore di rischio per lo sviluppo e la progressione della patologia aterosclerotica. Dati sempre più consistenti presenti in letteratura dimostrano che l'instaurarsi dell'aterosclerosi si manifesta già in età pediatrica in modo sub-clinico. Per questo motivo negli ultimi anni è stata posta una sempre maggiore attenzione sulle alterazioni precliniche cardiovascolari nei bambini e adolescenti obesi con lo scopo di prevenire lo sviluppo e la progressione dell'aterosclerosi e quindi gli eventi cardiovascolari, negli adulti. In questo scenario i risultati dello studio da noi condotto confermano ed estendono quanto riportato in letteratura. Sono state dimostrate, infatti, alterazioni significative di alcuni parametri relativi alla funzione e alla struttura della parete vascolare in un gruppo di bambini e adolescenti di età compresa tra gli 8 e i 17 anni con obesità essenziale rispetto al gruppo di controllo comparabile per sesso e per età. Per quanto riguarda i dati antropometrici, ovviamente l'IMC e l'IMC SDS sono risultati maggiori nel gruppo degli obesi rispetto ai soggetti normopeso, in accordo con i criteri di reclutamento dei soggetti per questo studio.

Un parametro da sottolineare è il rapporto vita/altezza che è risultato significativamente maggiore negli obesi. Al contrario delle altre variabili antropometriche che, in età evolutiva, devono essere confrontate con valori normali di riferimento specifici per età e sesso, tale rapporto non richiede particolari normalizzazioni, rappresentando dunque un indice d’immediata rilevazione per identificare, tra i soggetti con eccesso ponderale, quelli con aumentato rischio cardiovascolare

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(valore di cut-off: ≥ 0,55) [120]. Il valore medio del rapporto vita/altezza nei soggetti obesi di questo studio è risultato di 0,63, confermando quindi come spesso l'obesità sia associata a un aumento di tale fattore di rischio cardiovascolare già in età pediatrica. Anche tutti i parametri relativi alla composizione corporea sono risultati maggiori in modo statisticamente significativo nei soggetti obesi, a eccezione della massa magra. Quest’ultimo dato conferma quanto precedentemente osservato, cioè che i soggetti con eccesso ponderale non hanno una riduzione della massa magra [121].

Dati interessanti sono emersi dallo studio dello spessore del tessuto adiposo. Sono stati misurati lo spessore minimo e massimo del tessuto adiposo sottocutaneo e pre-peritoneale a livello ombelicale e sotto-xifoideo con tecnica ultrasonografica. I valori osservati sono risultati significativamente maggiori negli obesi rispetto al gruppo di controllo. Studi precedenti hanno messo in evidenza come la tecnica ultrasonografica sia un valido metodo per determinare la distribuzione del tessuto adiposo addominale in età pediatrica [122], dimostrando una forte correlazione tra i dati ottenuti con la metodica ecografica e quelli rilevati con la TC. Inoltre, lo spessore del tessuto pre-peritoneale, misurato con l’ecografia, può essere utilizzato come un'approssimazione della quantità di tessuto adiposo viscerale nei bambini, rappresentando, pertanto, un fattore di rischio cardiovascolare [122].

Per quanto riguarda l'assetto glico-metabolico, come atteso, è stata documentata una condizione di iperinsulinismo nei soggetti obesi. Questo è spiegabile con una condizione di aumentata resistenza all'insulina, anche questa osservata nei soggetti con eccesso ponderale

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