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LE ESCENAS NORTEAMERICANAS: CRONACA E MODERNITÀ NELLA SCRITTURA DI JOSÉ MARTÍ

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Introduzione 4

Capitolo I. Modernità e cronaca in José Martí 21

I.1 “Modernità” e “Modernismo ispanoamericano” 22

I.2 La cronaca: un genere trasgressivo 30

I.3 José Martí e il giornalismo 38

I.4 Modernità e cronaca in José Martí: le Escenas norteamericanas 43

I.5 Traduzione e riscrittura nelle cronache martiane 55

I.6 Due esempi di riscrittura nelle Escenas norteamericanas 60

Capitolo II. Le cronache per La Opinión Nacional di Caracas 70

II.1 New York, “moderna Cartagine” 75

II.2 Il processo Guiteau 83

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II.4 Poveri e marginali nella metropoli moderna 90

II.5 “Una pelea de boxeo”: la modernità come barbarie 93

II.6 La morte nella città moderna 98

Capitolo III. Le cronache per La Nación di Buenos Aires 102 III.1 Catastrofismo e retorica del disastro naturale 110

III.2 L'arte della “semblanza biográfica” 122

III.3 Il ritratto di W. Whitman: per un progetto di “contromodernità” estetica 125

III.4 “El puente de Brooklyn” e la visione martiana del progresso 134

III.5 Il “problema sociale”: le cronache sulla Rivolta di Haymarket 140

III.6 Visioni degli immigrati nelle Escenas norteamericanas 153

Capitolo IV. La cronaca come laboratorio del Poeta 162

IV.1 La cronaca martiana all'incrocio dei generi 163

IV.2 Analogie tra cronaca e poesia: la città e il corpo 170

IV.3 José Martí come spettatore della modernità e come soggetto lirico 174

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IV.5 Gli elementi del progresso tecnologico nei Versos libres 184

IV. 6 Martí e Baudelaire: appunti per un possibile studio 191

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“Raíces y alas. Pero que las alas arraiguen y las raíces vuelen.”1

(Juan Ramón Jiménez)

“Fue suerte inefable para todos los cubanos que aquel que trajo las innovaciones del verbo las supiese encarnar en la historia. Fue suerte también que el que conmovió las esencias de nuestro ser fue el que reveló los secretos del hacer (…) La palabra se apoderó del tiempo histórico.”2

(José Lezama Lima)

Introduzione

Le due citazioni riportate in apertura di questo lavoro intendono restituire un'immagine, quasi intuitiva, di quella che Cintio Vitier definì come “futuridad” di José Martí3: un'opera e un'esistenza, quelle dell' “Apostolo di Cuba”, dalle quali si sprigionò

una potenza “irradiante”, per usare un'altra espressione cara a Vitier e alla generazione di Orígenes, in grado di attraversare e di fecondare tanto il campo delle lettere e della cultura quanto quello della Storia nel continente latinoamericano; una “futuridad” che, a parere di chi scrive, non può dirsi esaurita, ma che continua a interrogare e a sorprendere chiunque abbia la pazienza di addentrarsi nella monumentale opera martiana.

La prima citazione è uno degli aforismi che aprono un'opera di grande importanza per la letteratura in lingua spagnola del XX secolo, Diario de un poeta recién casado di Juan Ramón Jiménez, e potrebbe essere stato frutto della penna di José Martí. “Raíces” e “alas” sono parole chiave della poetica martiana, arrivando a condensarne il profondo significato, come ha evidenziato nei suoi studi José Olivio Jiménez: "cuando Martí piensa existencialmente reclama raíz para la poesía; cuando lo hace analógicamente

1 JIMÉNEZ, Juan Ramón: Diario de un poeta recién casado (1916), Ediciones Cátedra, Madrid, 2017, p. 4.

2 LEZAMA LIMA, José: Imagen y posibilidad, Editorial Letras Cubanas, La Habana, 1981, p. 126. 3 Si veda VITIER, Cintio: “Martí futuro”, in Temas martianos, Centro de Estudios Martianos, La

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exige, para la palabra, ala, vuelo, y ascensión".4 Per quanto siano poco studiate, le

relazioni tra Martí e il maestro della “Generazione del '27” costituiscono uno dei molteplici possibili campi di approfondimento della ricezione del cubano e, se l'aforisma citato non dovesse essere direttamente riconducibile a tale relazione, l'originale esperimento di prosimetro costituito dal Diario, scritto durante il soggiorno newyorchese e nordamericano del poeta spagnolo, ha certamente più di un punto di contatto con le Escenas norteamericanas e con la poesia “urbana” dei Versos libres.

Nel giudizio espresso da José Lezama Lima nella seconda citazione è mirabilmente sintetizzato il nesso inestricabile tra la scrittura e l'azione di José Martí, entrambe foriere di cambiamenti rivoluzionari: la parola martiana che si “appropria del tempo storico” viene potentemente rivendicata dal principale esponente del gruppo Orígenes, impegnato, nella fase di disillusione seguita al fallimento della ribellione anti-machadista, nel ricostruire, a partire dalla Poesia, il filo dell'identità cubana.

Accanto ai (pochi) studiosi che hanno provato a fornire chiavi di lettura complessive dell'opera martiana, come i cubani Cintio Vitier e Roberto Fernández Retamar, ve ne sono centinaia che hanno affrontato specifici aspetti del pensiero e dell'opera di Martí, guardando ad essi da prospettive diverse, dalla critica letteraria, alla storia, all'antropologia, alla filosofia, andando a formare una bibliografia sterminata, all'interno della quale risulta complesso muoversi, come è estremamente difficoltoso orientarsi all'interno della monumentale opera martiana, raccolta in 29 volumi nell'ultima edizione critica delle Obras Completas a cura del Centro de Estudios Martianos.

Una dialettica costante tra esperienza esistenziale e capacità di rielaborazione creativa sotto il profilo artistico e filosofico, che ha sempre trovato la sintesi sul piano dell'azione, rende l'opera multiforme di Martí un unico “sistema”, alla cui costruzione permanente concorrono una molteplicità di trame e di percorsi, affidati a linguaggi diversi, dalla poesia alla cronaca, dalla lettera al racconto per l'infanzia, dal teatro all'oratoria.

Purtroppo, se in America latina (in primo luogo, ovviamente, a Cuba), e negli Stati Uniti (soprattutto ad opera di studiosi cubani in esilio) gli studi martiani continuano ad

4 JIMÉNEZ, José Olivio: La raíz y el ala. Aproximaciones críticas a la obra literaria de José Martí, Valencia, Pre-Textos, Talleres Gráficos T. G. Ripoll, 1993, p. 23.

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essere fiorenti, altrettanto non si può dire dell'Europa, dove Martí è ancora poco studiato.

Per quanto riguarda gli studi martiani nel nostro Continente appaiono rilevanti negli ultimi decenni soprattutto il lavoro del tedesco Ottmar Ette, autore della monografia

Martí. Apóstol, poeta, revolucionario, dedicata alla ricezione della figura di José Martí5,

quello del francese Paul Estrade6, mentre in Spagna è da citare l'importante monografia

di Carlos Javier Morales dedicata a uno studio approfondito della poetica martiana.7

In Italia gli studi martiani si limitano ad un numero ridotto di contributi, pubblicati soprattutto nel corso degli anni '60 e '70 del secolo scorso. In particolare bisogna citare gli studi, di carattere principalmente linguistico, di Giovanni Meo Zilio, quelli di Antonio Melis, che ha approfondito le relazioni tra José Martí e José Carlos Mariátegui e la visione martiana delle civiltà indigene del continente latinoamericano (campi di studio privilegiati del grande studioso recentemente scomparso), e la monografia di Ada Maria Teja su antitesi e sintesi nella poesia martiana8; Alessandra Riccio ha invece

diretto le sue ricerche su Martí al campo della poesia e a quello del pensiero antimperialista, pubblicando alcuni articoli tra i quali risaltano quelli dedicati al rapporto tra Martí e Lezama Lima e la generazione di Orígenes, campo di studi che meriterebbe un maggiore approfondimento. Pochissime del resto anche le traduzioni, tra le quali spicca quella di Dario Puccini delle cronache martiane sul “processo Guiteau” (Il processo Guiteau, Sellerio, Palerrmo, 1996). Se si pensa alla quantità estremamente limitata di studi e traduzioni, e al fatto che, oltre al lavoro della Teja, l'unica monografia pubblicata in Italia su Martí risulta quella, di carattere decisamente divulgativo, di Carlo Batà (José Martí, il maestro delle due Americhe, Achab Editrice, 2002), il quadro degli studi martiani nel nostro Paese appare ben poco significativo.

Per quanto riguarda gli studi martiani in America latina, oltre agli imprescindibili contributi di Ángel Rama, è importante citare, concentrandosi sui tempi più recenti, i lavori delle argentine Beatriz Colombi e Sonia Contardi, che appuntano l'attenzione

5 ETTE, Ottmar:: José Martí. Apóstol, poeta, revolucionario, trad. Luis Carlos Henao de Brigard, México, UNAM, 1994.

6 Si veda soprattutto ESTRADE, Paul: José Martí: los fundamentos de la democracia en América

Latina, 2 voll., Editorial Centro de Estudios Martianos, La Habana, 2017.

7 MORALES, Carlos Javier: La poética de Martí y su contexto, Editorial Verbum, Madrid, 1994. 8 TEJA, Ada Maria: La poesía de José Martí entre naturaleza e historia. Estudios sobre la antítesis y

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soprattutto sulle strategie di traduzione e di rappresentazione della modernità nell'opera di Martí.

Dall'accademia nordamericana sono arrivati nel corso del tempo moltissimi contributi di assoluto rilievo per la comprensione di Martí: tra gli studiosi più importanti, e citati a più riprese nel corso di questo lavoro, vanno ricordati Manuel Pedro González, Iván Schulman, Julio Ramos, Aníbal González, Susana Rotker, tutti autori di numerosi e in alcuni casi fondamentali studi sull'opera martiana.

A conferma del fatto che, pur se terminata da tre decenni la Guerra Fredda, José Martí rimane terreno di scontro ideologico, è da evidenziare una delle tendenze più recenti negli studi martiani nell'accademia nordamericana, quella fondata su una cosiddetta “desacralizzazione” di José Martí, in opposizione ad una pretesa manipolazione della sua figura da parte dell'intellighenzia e del potere a Cuba.9

Se si considera che, al netto di alcune tendenze agiografiche ben evidenziate da Ottmar Ette nel citato studio sulla ricezione martiana, la grande maggioranza degli studiosi che hanno dedicato la loro vita allo studio di Martí a Cuba ha sempre evidenziato la necessità di evitare la sacralizzazione di Martí, e, a partire da tempi più recenti, ha costantemente messo in relazione il Martí “intimo” della poesia e dell'epistolario con la sua proiezione pubblica e politica, si comprende come le argomentazioni che fanno leva sulla “microstoria” e sulla separazione tra sfera pubblica e sfera privata in Martí, per quanto possano suscitare una certa attrattiva agli occhi del lettore, si rivelano più produttive dal punto di vista di una (ben mascherata) battaglia ideologica che dal punto di vista della comprensione dell'opera martiana.

La grande mole di pubblicazioni che ha accompagnato negli ultimi anni il lavoro di preparazione dell'Edizione Critica delle Obras Completas presso il Centro de Estudios Martianos de La Habana, sotto la direzione di Pedro Pablo Rodríguez, testimonia invece dello sforzo, da parte degli studiosi del Centro, di elaborare visioni organiche dell'opera martiana. Sulla scia di martiani del calibro di Juan Marinello, Cintio Vitier, Fina García Marruz, Roberto Fernández Retamar, Armando Hart Dávalos, studiosi come Pedro Pablo Rodríguez, Caridad Atencio, Salvador Arías, Carmen Suárez León e Marlene

9 In particolare, si vedano due libri che hanno goduto di ampia circolazione: PONTE, Antonio José:

José Martí, el abrigo del aire, Beatriz Viterbo, Rosario, 2001 e MORÁN, Francisco: Martí: la justicia infinita: notas sobre ética y otredad en la escritura martiana (1875-1894), Editorial Verbum, Madrid,

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Vásquez Pérez (per citare solo quelli che hanno concentrato la loro attenzione soprattutto sulla dimensione letteraria di José Martí) hanno prodotto negli ultimi decenni una grande quantità di lavori, sviluppando sempre più un'indispensabile focalizzazione interdisciplinare, un'attenzione particolare allo studio del processo di scrittura e al dialogo tra le diverse zone della produzione martiana.

Il progetto dal quale è partito questo lavoro, che intendeva, in modo piuttosto generico, intraprendere uno studio delle Escenas norteamericanas di José Martí, ovvero del vasto corpus di cronache scritte dal cubano durante gli anni del suo esilio a New York (1881-1892) e pubblicate sui più importanti giornali latinoamericani dell'epoca, ha visto nei primi due anni di ricerca alcuni momenti di revisione, tesi a individuare percorsi di analisi che restringessero il campo di studio e allo stesso tempo potessero contribuire alla messa a punto di chiavi di lettura nuove della produzione cronachistica martiana, mettendola in relazione anche con altre zone dell'opera del cubano. Una scelta dovuta anche alla constatazione di come, da un lato, i contributi teorici sulla cronaca come genere letterario appaiono al momento esaustivi, dall'altro del fatto che la quantità di cronache e la ponderosa (e in costante aggiornamento) bibliografia martiana, impongano la focalizzazione su una porzione di un corpus che vede la presenza di argomenti diversissimi tra di loro, di carattere politico, etico, artistico, filosofico.

Anche attraverso il confronto con i professori appartenenti al gruppo di studi letterari del Centro de Estudios Martianos de La Habana, in particolare Carmen Suárez León e Marlene Vásquez Pérez, ho progressivamente orientato la ricerca verso lo studio delle forme di rappresentazione della modernità nelle cronache martiane. Particolare attenzione è stata attribuita a quella che può essere definita come “scrittura della violenza”, intesa come insieme di strumenti e di strategie adottate dal cronista con l'obiettivo di mettere in scena gli aspetti più inquietanti e violenti della modernità nordamericana: il nesso tra un'esperienza esistenziale marcata dalla violenza coloniale prima e, poi, dalla dimensione di intellettuale appartenente alla “modernità periferica” che si confronta con i tratti violenti propri dell'esplosione della modernità capitalistica negli Stati Uniti, e il genere della cronaca giornalistica, è alla base, da un lato, del profondo rinnovamento della prosa in lingua spagnola operato dal cubano e, dall'altro, dell'elaborazione del vasto progetto politico, culturale, etico, di modernità “altra” per

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Cuba e per la “nuestra América”, in opposizione al progetto che va dispiegandosi nel vicino del Nord.

La produzione del cubano, indissolubilmente legata all'elaborazione di una utopia politica, culturale e di rigenerazione morale per l'intera America latina, nonché all'agire rivoluzionario in vista della liberazione di Cuba dal giogo colonialista spagnolo, è stata e continua ad essere, come detto, terreno di scontro ideologico. Se è vero che si impone allo studioso lo sviluppo di una visione quanto più possibile esente da condizionamenti politico - ideologici, è ben difficile, proprio per il carattere degli interrogativi che pone un'opera (intellettuale e pratica) come quella di Martí, pensare di affrontarne lo studio in modo “asettico”.

La convinzione da cui prendo le mosse è quella della necessità di indagare la produzione martiana valutandola come una totalità ed esplorando le fitte relazioni con gli altri generi coltivati dal cubano, a partire dalla scrittura saggistica e dalla poesia. Il mio lavoro si muove in questa direzione, condividendo l'affermazione di Ángel Rama, secondo cui “la crítica no construye las obras, sí construye la literatura, entendida como un corpus orgánico en que se expresa una cultura, una nación, el pueblo de un continente, pues la misma América Latina sigue siendo un proyecto intelectual vanguardista que espera su realización completa”10 .

Come è noto, José Martí fu uno dei primi scrittori latinoamericani a mettersi in contatto con il suo continente attraverso la stampa. Nel corso del suo lungo soggiorno da esiliato a New York, si impegna in una instancabile opera giornalistica, che si diffonde attraverso numerosi giornali di vari paesi latinoamericani, e pubblicazioni rivolte al pubblico latinoamericano residente negli Stati Uniti, raccolta con il titolo di “Escenas norteamericanas”.

L'interesse per questa produzione, come in generale per la cronaca modernista, è relativamente recente nella critica letteraria, data la scarsa considerazione che per lungo tempo ha avuto questo genere, punto di inflessione, come evidenziò Susana Rotker, tra il giornalismo e la letteratura, a causa della concezione a lungo dominante che vedeva una diminuzione del dato estetico e letterario in relazione all'aumento del dato

10 RAMA, Ángel: Transculturación narrativa en América Latina, Fondo de Cultura Económica, Città del Messico, 1982, p. 78.

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referenziale. Tale interesse si manifesta con l'importante lavoro di Julio Ramos,

Desencuentros de la modernidad en América Latina. Literatura y política en el siglo XIX11, che fa dell'analisi della pratica giornalistica di Martí dagli Stati Uniti uno dei

punti focali della sua indagine sulla fine del secolo, individuando nel genere “marginale” della cronaca la chiave di volta della messa a processo della modernità in America latina: nelle Escenas norteamericanas il corto circuito tra il genere “utilitario” della cronaca, l'oggetto della rappresentazione (la modernità capitalista) e la volontà estetizzante di Martí rivela drammaticamente la dialettica dell'articolazione di un nuovo sistema letterario.

Susana Rotker12 sostiene la natura fondativa della cronaca in America latina come

genere ibrido che si sviluppa alla fine del secolo XIX, focalizzando l'attenzione su Martí come interprete della modernità, e coglie l'articolarsi della retorica letteraria e le urgenze contingenti proprie del giornalismo: lo spazio discorsivo della cronaca permette di stabilire un intercambio con altre pratiche culturali.

Più recente il lavoro di Iván Schulman, El proyecto inconcluso. La vigencia del

modernismo13, che inserisce la produzione martiana dagli Stati Uniti all'interno della

riflessione sul carattere “controegemonico” delle produzioni moderniste come risultato di un nuovo ordine socioeconomico che si va configurando in America latina negli ultimi decenni del secolo XIX, generatore di due discorsi culturali in contrasto tra loro, entrambi emblematici della modernità e caratterizzati dall'emergere di nuovi codici linguistici.

Nell'ambito del lavoro di edizione critica delle Obras Completas il Centro de Estudios Martianos ha pubblicato negli ultimi anni diversi volumi dedicati alle Escenas

norteamericanas e al giornalismo martiano, nei quali si affinano tanto l'analisi letteraria

e l'approfondimento delle relazioni che il genere della cronaca intrattiene con altre zone della produzione martiana, a partire dalla poesia, quanto lo studio del pensiero martiano che emerge nelle Escenas, in costante rapporto con il progetto politico, emancipatorio e di rigenerazione etica che si va costruendo attorno alla rivendicazione della “nuestra

11 RAMOS, Julio: Desencuentros de la modernidad en América Latina. Literatura y política en el siglo

XIX, Fondo de Cultura Económica, Città del Messico, 1989.

12 Si veda ROTKER, Susana: Fundación de una escritura: las crónicas de José Martí, Casa de las Américas, La Habana, 1991.

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América”.14

Nelle cronache martiane, quello che Iván Schulman definisce come il “discurso del deseo”, in quanto, attraverso l'osservazione della modernità nordamericana, si intravede e si elabora un progetto di futuro differente e realmente praticabile, ma ancora distante per le giovani repubbliche latinoamericane, e il “discurso informativo”, costitutivo del genere della cronaca, si alternano, o meglio si arricchiscono, con una modalità espressiva che recentemente Marlene Vásquez Pérez ha definito come “discurso de la alerta”, volto a mettere in guardia dalla tendenza a copiare il modello di sviluppo statunitense e dai pericoli che venivano all'America Latina da quella nazione, in transito verso la proiezione espansionista e imperialista.

Con l'espressione “discurso de la alerta” si intende l'adozione di un insieme di risorse espressive, che vanno dall'impiego della punteggiatura a quello di vocaboli minuziosamente scelti per sfruttare al massimo grado tutte le possibilità di significato, alla costruzione delle orazioni, fino all'introduzione di immagini poetiche e di forme narrative e descrittive che sfociano in effetti di sorpresa per offrire, infine, una verità illuminante. Si tratta di una forma di espressione che si proietta in due direzioni: una svela gli anfratti della società nordamericana e marca le differenze culturali con il mondo latinoamericano, l'altra approfondisce le relazioni del paese del Nord con quelli della “nuestra América” così come i pericoli che la minacciano.

Le necessità di rappresentazione della violenza nei vari ambiti della vita nordamericana, e l'intersecarsi di questi discorsi, contribuiscono in modo decisivo al rinnovamento della prosa operato in questi anni da Martí a partire dal genere della cronaca. Superando il retaggio del modello costumbrista, la prosa martiana, nel registrare i tratti violenti della modernità nordamericana e nell'articolare il suo progetto di emancipazione e di rigenerazione morale, si apre all'impiego di una molteplicità di registri stilistici che arrivano fino alla deformazione espressionistica e grottesca, a costruzioni oniriche e alla tendenza ad abbattere i confini tra la prosa e la poesia.

Obiettivo dichiarato di Martí è quello di informare e allo stesso tempo educare i lettori latinoamericani, presentando la realtà nordamericana nel suo divenire, ed

14 In particolare si vedano i volumi collettivi Aproximaciones a las Escenas norteamericanas, Centro de Estudios Martianos, La Habana, 2010 e El periodismo como misión, Editorial Pablo de la Torriente, La Habana, 2012, i saggi raccolti in RODRÍGUEZ, Pedro Pablo: De las dos Américas, Centro de Estudios Martianos, La Habana, 2010, e in VÁSQUEZ PÉREZ, Marlene: La vigilia perpetua. Martí

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esortando i lettori a non assumere il modello di società nordamericano come il modello a cui ambire nelle repubbliche latinoamericane. A proposito di questo obiettivo scrive Iván Schulman:

Para escribir la historia y la cultura de la nación, el cronista asume una doble labor: representar los hechos leídos u observados con el fin de presentarlos transculturalmente a sus lectores hispanoamericanos, lo cual implicaba la necesidad autoimpuesta de reformularlos para que respondieran a su deseo de acelerar la construcción de una nueva realidad moral en la “otra cultura” (…). Al informar sobre-escribe. Escribe sobre el periódico, que continuamente lee, en un acto de palimsesto, digamos, que a la vez proyecta un trabajo verbal sumamente enfático, que la noticia – el objeto leído.15

I procedimenti della traduzione e della riscrittura cui Schulman fa rifermento appaiono intrecciati con narrazioni, inserti riflessivi, dialoghi, conformando unità di discorso nelle quali la finzione, la testimonianza, la poesia, interpretano e sottopongono a giudizio un mondo “altro” espresso e generato da un'altra lingua e da un'altra cultura. Quella che Martí porta avanti nelle Escenas norteamericanas costituisce una vasta e delicata operazione di riscrittura, caratterizzata da una profonda trasgressione dei codici, nella quale manipola le proprie esperienze e letture e le trasforma in testo capace di raccontare criticamente la società nordamericana, destinato alla comprensione del lettore latinoamericano e a orientarne e modellarne la ricezione.

Martí si propone la fondazione di una nuova scrittura intimamente legata a una nuova cultura della modernità e di un apparato di idee, valori e rappresentazioni che avrebbero dovuto riempire la coscienza dell'uomo moderno in America latina. La traduzione si configura come strategia comunicativa imprescindibile per questa costruzione del tutto inedita, nella quale l'interpretazione di un mondo “altro” e in conflitto imponeva una mediazione interculturale. Questi spostamenti interpretativi che muovono sempre dalla traduzione di un'altra lingua-cultura costituiscono lo sforzo incessante del cubano per contestualizzare nuovamente una modernità “altra” da incorporare creativamente e criticamente.

Attraverso lo studio di alcune cronache, in particolare quelle dedicate all’invasione dell’Oklahoma da parte dei coloni nordamericana, e quelle che trattano dell'esposizione

15 SCHULMAN, Iván: “La mirada desde el Norte: Martí y los Estados Unidos”, in Anuario del Centro

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di dipinti del pittore russo Vereshaugin a New York , si cercherà di mostrare come si dispiega questa strategia martiana, intimamente “trasgressiva”, di traduzione e di riscrittura.

Quella di giornalista è una attività che accompagna José Martí per tutta la vita: dalla fondazione, a soli sedici anni, dei giornali Patria Libre e El Diablo Coyuelo, nell'ambito della lotta per la liberazione di Cuba dal dominio coloniale, all'esperienza di critico d'arte e di opinionista politico in Messico per La Revista Universal, passando per i progetti editoriali intrapresi in Guatemala e in Venezuela, con la fondazione della

Revista Venezolana, di cui solo due numeri vedranno la luce. La cronaca è vista

precocemente come lo strumento espressivo più adeguato a narrare l'epos della modernità, e quanto Martí scrive viene concepito come “capitoli diversi di una stessa opera”, come scrive in una lettera all'amico Manuel Mercado:

Lo que quiero decir es que miraré todo lo que escriba como capítulos diversos

de una misma obra: y en eso, pondré ese espíritu, - y en lo de nuestra América,

el empeño de que le sean pronto familiares a México nuestros países, - y en todo lo poco de sesudo y amoroso que a este hermano suyo le ha enseñado la vida.16

Eppure, lo scarto tra la funzione “alta” attribuita da Martí all'attività giornalistica e il fatto, da un lato, che essa rappresenti l'inizio della tendenza alla specializzazione e professionalizzazione del lavoro intellettuale con l'articolarsi di un nuovo sistema letterario e, dall'altro, la propria condizione esistenziale che lo costringe a fare del giornalismo l'attività che gli possa garantire la sopravvivenza, si manifesta drammaticamente già in una poesia scritta nel 1875 in Messico. In “De noche, en la imprenta” la produzione giornalistica e letteraria che va convertendosi in oggetto commerciabile e vendibile appare associata ad immagini di morte e di violenza:

Cuando el deber con honradez se cumple, Cuando el amor se reproduce inmenso. Es la imprenta la vida, y me parece Este taller un vasto cementerio. Es que el Cadáver se sentó a mi lado, Y la mano me oprime con sus huesos,

16 J. M.: Correspondencia a Manuel Mercado, compilazione e note di Marisela del Pino e Pedro Pablo Rodríguez, Centro de Estudios Martianos, La Habana, 2003, p. 321.

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Y me hiela el amor con que amaría. Y hasta el cerebro mismo con que pienso! Es que la muerte, de miseria en forma, Comió a mi mesa y se acostó en mi lecho. Vivir es comerciar; alienta todo

Por los útiles cambios y el comercio: Me dan pan, yo doy alma: si ya he dado Cuanto tengo que dar ¿por qué no muero? 17

Come si vedrà nell'analisi di alcune delle Escenas norteamericanas, questa connessione tra il lavoro di cronista e la dimensione di violenza e di dolore ricorrerà negli scritti martiani dagli Stati Uniti, intrecciandosi con i caratteri violenti della modernità che il cronista sarà chiamato a rappresentare.

A partire dal suo arrivo a New York nel 1881, Martí inizia a scrivere come corrispondente per La Opinión Nacional di Caracas. Intrapresa questa collaborazione, il cubano ha immediatamente l'occasione di penetrare nelle viscere della politica nordamericana. L'immersione del cronista nelle vicende politiche conferma le opinioni di partenza. Il cronista coglie ben presto il substrato conflittuale della società nordamericana: al dispiegarsi violento, in ambito politico, di passioni che assumono tratti grotteschi, vengono spesso accostate le rappresentazioni di settori marginali della società nordamericana. Portando drammaticamente in primo piano e assumendo il punto di vista dei più deboli, Martí inizia ad articolare nelle sue narrazioni quella che andrà configurandosi, secondo Iván Schulman, come “una dialéctica de amo y de esclavo, es decir, enuncia una visión homocéntrica cuyo eye es la captación de la interacción de poderosos y subalternos.”18

Particolarmente significativo è il ciclo di cronache dedicato alle vicende dell'attentato al presidente Garfield, della sua morte e soprattutto del processo all'autore dell'attentato, Charles Guiteau. L'assassino appare nelle cronache martiane come emblema di ferinità, e il momento della sua esecuzione si trasforma in un orrendo spettacolo, producendo nella moltitudine dei presenti l'effetto inverso a quello auspicato da Martí. Con orrore il

17 Si veda a proposito di questa poesia lo studio di ETTE, Ottmar: “El cuerpo de la poesía: la búsqueda del otro y el lugar de la escritura en el poema “De noche, en la imprenta” de José Martí”, in Iberische

Körperbildeim Dialog der Medien und Kulturen, Vervuert, Francoforte 2002, pp. 251-268.

18 SCHULMAN, Iván: “Discurso y cultura de la nación moderna, o el deseo de la perfección”, in AA.VV., El periodismo como misión, Editorial Pablo de la Torriente, La Habana 2012, p. 174.

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cronista evidenzia come la violenza sia vissuta come normalità: tra le persone serpeggia una curiosità morbosa e un'attesa simile a quella per uno spettacolo o per un evento sportivo.

La critica alla mercantilizzazione e alla corruzione dei valori, che è stata evidenziata nelle cronache dedicate al caso Guiteau, si estende poi nelle cronache dedicate alla descrizione della vita quotidiana e alla incipiente società di consumo. Il dominio dei valori materiali su quelli spirituali attraversa l'ambito politico, quello delle relazioni sociali, quello della incipiente società di consumo di massa e della produzione culturale. La città è lo spazio di concentrazione dei tratti più sconvolgenti della modernità. La penna del cronista, come si è visto, è chiamata ad adeguarsi, con sofferenza, alla necessità di rappresentarne la violenza: nel farlo, la prosa martiana sperimenta modalità espressive nuove, aprendosi al pluristilismo, a forme di montaggio “cinematografico” delle narrazioni e allo sconfinamento nel territorio della poesia.

José Martí, intellettuale esiliato, si configura sempre più, nel corso della sua esperienza a New York, come soggetto destabilizzato dall'esperienza della modernità, sul quale pesano il carattere effimero di tutto ciò che circonda l'uomo, la mancanza di solidità, il decentramento della vita, delle idee, delle “imágenes que se devoran en la mente” di cui parla nel 1882 nel “Prólogo al Poema del Niágara”, che può essere considerato come una chiave di volta dell'opera di Martí, che vi condensa la propria visione della modernità. In quanto momento di transizione nel quale si manifestano l'implodere di un ordine e lo smembramento della realtà, la modernità appare come l'irrappresentabile.

La produzione cronachistica successiva all'interruzione della collaborazione di Martí con il giornale di Caracas vedrà al centro la grande mole di cronache scritte per La

Nación di Buenos Aires, alle quali è dedicato il Capitolo III. La prosa del cubano

arriverà in quei testi a piena maturazione: le narrazioni della modernità nordamericana nei suoi tratti violenti allargano il proprio campo al rapporto tra essere umano, natura e tecnologia, alla funzione dell'arte nel contesto dell'esplosione della civiltà del consumo di massa, all'irrompere sulla scena della classe lavoratrice e alla conflittualità sociale generata dall'immigrazione, mentre il manifestarsi sempre più evidente della proiezione imperialista statunitense verso l'America latina e le urgenze dell'organizzazione della guerra di liberazione di Cuba dal colonialismo spagnolo porteranno spesso in primo

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piano nelle cronache il “discurso de la alerta”.

Martí affina progressivamente la propria prosa sfruttando tutte le potenzialità espressive della lingua: le Escenas norteamericanas destinate al giornale di Buenos Aires ci offrono un campionario di complesse strutture ibride, proprie della cronaca modernista, dove si sovrappongono racconti, saggi e veri e propri poemi in prosa, dai quali è possibile ricavare frammenti ferocemente espressionisti, o calibrata prosa concettuale impiegata per formulare tesi politiche, economiche, etico-sociali e filosofiche. Lo stile del poeta conferisce una definitiva coerenza a tutte le cronache, che a loro volta obbediscono a differenti modelli di costruzione: vi sono cronache monotematiche, mentre altre vengono tessute intorno a un motivo che le apre e le chiude, altre ancora appaiono estremamente frammentate e costruite come complicati mosaici di notizie, che si appoggiano su risorse come la punteggiatura (paragrafi enormi di orazioni giustapposte, di interrogazioni, di strutture iterative): è attingendo a molteplici risorse stilistiche che Martí può raccontare la modernità “come se fosse un libro”, come spiega nella lettera citata in precedenza a Manuel Mercado e come definirà in modo più completo in una lettera del 1892 a Bartolomé Mitre y Vedía, direttore della

Nación:

Es mal mío no poder concebir nada en retazos, y querer cargar de esencia los pequeños moldes, y hacer los artículos de diario como si fueran libros (…) Mi método para las cartas de New York que durante un año he venido escribiendo, hasta tres meses hace que cesé en ellas, ha sido poner los ojos limpios de prejuicios en todos los campos, y el oído a los diversos vientos, y luego de

bien henchido el juicio de pareceres distintos e impresiones, dejarlos hervir

(…) No le place esta manera de zurcir mis cartas?-19

La città, che assumerà sempre più un ruolo di primo piano nelle cronache martiane, è teatro di avvenimenti di tutti i tipi, che il cronista narra spesso con stupore e ammirazione ma dei quali è in grado di cogliere gli aspetti di conflittualità e violenza.

Il decennio che va dal 1882 al 1892, anno nel quale Martí inizierà il lavoro di organizzazione della guerra di liberazione, vede lo scoppio del problema sociale negli Stati Uniti, legato al poderoso processo di industrializzazione e all'arrivo massivo di immigrati irlandesi, italiani, cinesi nel Paese. I cicli di cronache dedicate alla

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conflittualità sociale e agli scioperi dei lavoratori, come quello, preso in considerazione nel Capitolo III, dedicato alla Rivolta di Haymarket, mostrano un Martí che progressivamente si schiera dalla parte dei più emarginati e sfruttati della popolazione statunitense, descrive e riflette sulle varie forme nuove di violenza che le problematiche sociali portano con sé.

Nelle cronache per il giornale di Buenos Aires abbondano i ritratti di personaggi importanti della vita politica, culturale, economica statunitense, occupando in alcuni casi un'intera cronaca, figurando in altri casi inseriti all'interno di una cronaca come

exempla con finalità etiche. Mettere in risalto queste figure obbedisce a una strategia

comunicativa rivolta ai lettori latinoamericani, che si configura come “discurso del deseo” e che mira a fornire esempi di comportamento utili al progetto di rigenerazione morale. I ritratti si servono di un sistema di rappresentazione mitico, nel quale l'accento cade sempre sulle proiezioni etiche del personaggio. La poesia di Walt Whitman, al cui ritratto verrà dedicata particolare attenzione, costituisce una sorta di discorso discordante, disarmonico, di fronte all'utilitarismo e alla visione pratica dominanti negli Stati Uniti; l'espressione poetica del nordamericano contiene l'essenza di una formulazione etica e spirituale fondata, come quella martiana, sull'amore, la solidarietà e la libertà. Il cubano ritrova in questo tipo di intellettuale una “contromodernità” estetica e artistica che può essere interpretata come una critica e una liberazione da quell'attualità disumanizzata.

Nell’ultimo capitolo si cercano di approfondire i vincoli che la produzione cronachistica intrattiene con quella poetica. Osservando l'universo testuale martiano emerge a prima vista l'intensa connessione tra le diverse zone della sua opera, per quanto quest'ultima sia molto diversa tanto nelle sue strategie di produzione quanto in quelle di ricezione. Aníbal González, nel saggio Killer Books: Writer, Violence and

Ethics in Modern Spanish American Narrative20, studia il vincolo tra violenza e scrittura

nella letteratura latinoamericana a partire dal modernismo prendendo in considerazione i generi della narrativa, descrivendo come alcuni scrittori latinoamericani abbiano riflettuto nelle loro opere, da un punto di vista etico, su questo nesso. Se è vero, come sostiene Susana Rotker, che la cronaca modernista, in quanto genere ibrido, funziona

20 GONZÁLEZ, Aníbal: Killer Books: Writer, Violence and Ethics in Modern Spanish American

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come incubatrice di generi letterari, credo sia possibile estendere la riflessione di Aníbal González alla cronaca martiana, guardando in particolare alle sue strette relazioni con la poesia.

Variamente definita “poemática” (Fina García Marruz), o “protoplasmática” (Miguel de Unamuno) in quanto anteriore alla differenziazione con la poesia, la prosa martiana delle cronache intrattiene un rapporto di mutuo scambio con la produzione poetica, in particolare con la raccolta dei Versos libres: molti dei motivi poetici che Martí utilizza nei Versos libres si possono rintracciare nelle Escenas norteamericanas. In queste ultime, è frequente il superamento dei confini tra prosa e poesia nel momento in cui vengono costruite costellazioni di immagini, che Martí definisce “bárbaras imágenes” o “mis visiones”, poiché è cosciente che per nominare un mondo nuovo è necessario attingere a nuove risorse poetiche, che vanno a consolidare il tessuto testuale convertendolo in un discorso unico ed efficiente. Si tratta dello strumento espressivo che permette a Martí di costruire quella topologia spaziale adeguata a descrivere la vita vertiginosa e drammatica della città moderna e i gli effetti violenti sul proprio io di straniero ed esiliato; si tratta una città-segno che condensa e definisce il moderno: come spiega Julio Ramos, “habría que pensar el espacio de la ciudad, más bien, como el campo de la significación misma, que en su propia disposición formal – con sus redes y desarticulaciones – está atravesado por la fragmentación de los códigos y de los sistemas tradicionales de representación en la sociedad moderna.”21

Attraverso serrati nodi di analogie, lo scrittore fornisce immagini dell'uomo moderno nella città moderna. Un esempio è costituito dalla ricorrente analogia tra le nozioni di città, di masse in continua collisione, con quelle del corpo umano, di cranio, mente, cuore. Tanto nelle cronache quanto nei Versos Libres proliferano queste visioni e si dispiega un sistema di immagini volto a rappresentare il proprio corpo e la propria mente torturati, dal momento che la città e la vita moderna li attaccano violentemente, acuendo il dramma del patriota esiliato.22

E' possibile leggere molte poesie dei Versos libres, per lo più composte nei primi

21 RAMOS, Julio: Desencuentros de la modernidad en América Latina. Literatura y politica en el siglo

XIX, Fondo de Cultura Económica, México, 1989, p. 112.

22 Si veda un frammento della poesia “Hierro”, in J. M.: 0.C., t. 20, p. 337: “Y el aire hueco palpo, y en el muro / Frío y desnudo el cuerpo vacilante / Apoyo, y en el cráneo estremecido / En agonía flota el pensamiento.”

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anni dell'esilio del poeta a New York, constatando come egli si rappresenti torturato da diversi e profondi conflitti, tra i quali campeggia lo scontro con l'umanità che lo circonda e con una realtà sociale, quella minuziosamente raccontata e rappresentata nelle cronache, percepita come un'epica straziante e allo stesso tempo enigmatica. Come segnala Julio Ramos: “parecería que la fragmentación del cuerpo del otro contamina, con su violencia, el espacio mismo del discurso, el lugar seguro del sujeto que a la vez reclama distancia.23

Le modalità di rappresentazione transculturale della modernità nordamericana messe in campo da José Martí, a partire da quelle, caratterizzabili come “scrittura della violenza”, volte a evidenziarne gli aspetti più feroci e drammatici, possono forse essere viste come una delle principali manifestazioni della dimensione di intellettuale-Calibán del cubano, richiamando la celebre chiave di lettura proposta da Roberto Fernández Retamar nel saggio “Calibán, apuntes sobre la cultura en nuestra América”.24

Come il personaggio shakespeariano nell'interpretazione di Retamar, emblema dell'intellettuale dei paesi colonizzati che, dopo aver assimilato la cultura impostagli dalle metropoli, è in grado di impiegarla in vista di un progetto contro-egemonico e di schierarsi al fianco dei popoli in lotta per la liberazione, José Martí assorbe nella sua complessità la modernità nordamericana e nel presentarla ai lettori latinoamericani attraverso lo strumento della cronaca sperimenta nuovi linguaggi e nuove forme di espressione capaci di restituirne il volto drammatico e violento; mentre lo fa va costruendo un progetto complessivo di modernità che si emancipi da ogni forma di egemonismo, che rifiuti l'importazione di modelli culturali, politici, come premessa per affermare i valori della solidarietà e della fratellanza tra gli esseri umani, di un ideale di bellezza e di armonia che si sovrappone a quello di giustizia. La gestazione di questo progetto è intimamente connessa ad una esistenza marcata costantemente dalla violenza e dallo sforzo drammatico di portarne a sintesi le contraddizioni, eppure il Martí che nel giovanile libello El presidio político en Cuba (1871), resoconto dell'esperienza dei lavori forzati nel quale sperimenta per la prima volta una scrittura in grado di riflettere

23 RAMOS, Julio: Desencuentros de la modernidad...op.cit., p. 141.

24 FERNÁNDEZ RETAMAR, Roberto: “Calibán, apuntes sobre la cultura en nuestra América”, in

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la ferocia e la violenza, in quel caso del potere coloniale, dichiara di essere incapace di odiare, è lo stesso Martí che organizzerà negli ultimi anni di vita la guerra popolare “necessaria ma senza odio” per la liberazione di Cuba dalla Spagna.

Mi sembra proficuo dunque collocare Martí all'interno di una tradizione “calibanesca”, condividendo l'affermazione di Retamar secondo la quale, nel dibattito latinoamericano su “civilizzazione e barbarie”, Martí prende posizione a favore della “barbarie”, non nel suo senso negativo, ma come affermazione ribelle contro il razzismo, l'esclusione, il colonialismo e l'imperialismo, percepiti da buona parte delle elites del continente come “civilizzazione”, secondo le tesi di Domingo Faustino Sarmiento. A proposito di questo contrasto ideologico, scrive il critico cubano:

Independientemente de su origen, Sarmiento es el implacable ideólogo de una burguesía argentina que intenta trasladar los esquemas de burguesías metropolitanas, concretamente la estadounidense…Martí, por su parte es el consciente vocero de las clases explotadas.25

Come si cercherà di dimostrare attraverso lo studio delle Escenas norteamericanas, la costruzione del pensiero critico del cubano nei confronti del colonialismo nelle sue diverse forme, e in primo luogo nel campo della cultura, trova negli anni trascorsi a New York e nella pratica costante dell'osservazione, della critica e della scrittura cronachistica un momento chiave.

25 FERNÁNDEZ RETAMAR, Roberto: Todo Caliban, Fondo cultural del ALBA, La Habana, 2008, p.42.

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CAPITOLO I

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“Modernità” e “Modernismo ispanoamericano”

Marshall Berman, nel suo studio Todo lo sólido se desvanece en el aire. La

experiencia de la modernidad, evidenzia un dato fondamentale: è Rousseau “el primero

en utilizar la palabra moderniste en el sentido en que se usará en los siglos XIX y XX; y es la fuente de algunas de nuestras tradiciones modernas más vitales”.26 Nel romanzo La

nouvelle Heloise, il giovane Saint-Preux scrive all'amata Julie cercando di descrivere le

sensazioni che prova immerso nel tourbillon social di Parigi:

Estoy comenzando a sentir la embriaguez en que te sumerge esta vida agitada y tumultuosa. La multitud de objetos que pasan ante mis ojos, me causa vértigo. De todas las cosas que me impresionan, no hay ninguna que cautive mi corazón, aunque todas juntas perturben mis sentidos, haciendome olvidar quién soy y a quién pertenezco.27

Jürgen Habermas, nei suoi studi sulla “modernità”, propone un taglio interpretativo che riafferma la contrapposizione rispetto a valori considerati caduchi: “el término moderno apareció y reapareció en Europa exactamente en aquellos períodos en los que se formó la conciencia de una nueva época a través de una relación renovada con los antiguos”.28 “Il nuovo” è il tratto distintivo delle opere moderne, “nuovo” che sarà

superato quando apparirà la novità del seguente stile. E' interessante anche la spiegazione offerta da Habermas rispetto all'introduzione del termine “modernizzazione” in ambito tecnico, riferito

(…) a una gavilla de procesos acumulativos y que se refuerzan mutuamente: a la formación de capital y a la movilización de recursos, al desarrollo de las fuerzas productivas y al incremento de la productividad del trabajo; a la implantación de poderes políticos centralizados y al desarrollo de identidades nacionales; a la difusión de los derechos de participación política, de las formas de vida urbana y de la educación formal; a la secularización de valores

26 BERMAN, Marshall: Todo lo sólido se desvanece en el aire. La experiencia de la modernidad, Siglo XXI, México, 1990, p. 16.

27 ROUSSEAU, Jacques: Julie, o la nouvelle Héloise, 1761, seconda parte, lettera 14, citato in BERMAN, Marshall: Todo lo sólido..., op. cit., p. 17.

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y normas, etc.29

Tale teoria svincola la modernità dalle sue origini europee per stilizzarla e convertirla in modello di processi di evoluzione sociali neutri rispetto allo spazio e al tempo. Questa declinazione del concetto aiuta ad intendere i processi di modernizzazione in America latina: in tali processi, conflittuali e polemici, soggiacciono anche le nozioni di punto di partenza e di futurità, di tradizione e di innovazione, tanto cari alla sensibilità moderna: modello di sviluppo dicotomico che può essere avvertito, con distinte sfumature, nelle preoccupazioni e nelle opere dei grandi intellettuali latinoamericani, a partire da José Martí.

Julio Ramos ricorda che, già per José de la Luz y Caballero, “el futuro tenía su geografía particular. Hablar desde Cuba era situarse en un “pasado” cuyo “futuro” ya había sido actualizado en Inglaterra o EUA. La mirada del intelectual puesta en ese “futuro”, garantizaba la correción de una tradición deficiente”.30 Lo stesso Ramos

annota che tali legami tra tradizione e modernità si trasformeranno “radicalmente en Martí y el fin de siglo, en el interior de un sistema cultural en el que la literatura problematiza su relación con la voluntad racionalizadora, legitimándose en función de la defensa de una tradición que a veces inventa” o anche “como crítica del proyecto modernizador, que a su vez ha desarrollado sus propios aparatos discursivos, emancipándose de las letras y los letrados tradicionales”.31 Tra questi apparati discorsivi

risulta centrale il giornalismo, e dunque la figura del giornalista.

E' lecito, pertanto, parlare dell'esistenza di una sensibilità moderna. Marshall Berman riferisce una delle conseguenze della Rivoluzione Francese, momento nel quale “surge abrupta y espectacularmente el gran público moderno. Este público comparte la sensación de estar viviendo en una época revolucionaria, una época que genera insurreciones explosivas en todas las dimensiones de la vida personal, social y política” e può, allo stesso tempo, “recordar lo que es vivir, material y espiritualmente, en mundos que no son en absoluto modernos. De esta dicotomía interna, de esta sensación de vivir simultáneamente en dos mundos, emergen y se despliegan las ideas de

29 Ivi, p. 22.

30 RAMOS, Julio: Desencuentros de la modernidad en América Latina, FCE, Città del Messico 1989, p. 25.

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modernización y modernismo”.32

Berman spiega la crisi che l'idea di un olocausto nel nome del futuro costituisce per la sensibilità moderna33 e, nella sua analisi del Faust di Goethe sottolinea una delle

chiavi dello spirito moderno:

Fausto anhelaba explotar las fuentes de la creatividad; ahora, en cambio, se encuentra cara a cara con las fuerzas de la destrucción. Las paradojas son todavía más profundas: no podrá crear nada a menos que esté dispuesto a permitirlo todo, a aceptar el hecho de que todo lo que se ha creado hasta ahora – y desde luego todo lo que él podría crear en el futuro – debe ser destruido para empedrar el camino de otras creaciones. Esta es la dialéctica que el hombre moderno debe asumir para avanzar y vivir; y es la dialéctica que pronto evolverá y moverá la economía, el Estado y la sociedad modernos como un todo.34

Sebbene Fina García Marruz raccomandi di non confondere “una angustia generada por los excesos o el crecimiento de la libertad individual europea, con la falta de ella en la América colonial o neocolonial, que es el distinto contexto en que se mueve nuestro modernismo y provoca el apasionado verbo martiano”,35 e Julio Ramos consigli di non

sovrapporre Martí a Baudelaire riconoscendo “el colonialismo como condición histórica y decisiva de la modernidad”36, risulta imprescindibile, una volta letto il paragrafo di

Berman, ricordare il testo che la critica, unanime, considera fondamentale per comprendere la visione martiana della modernità: “El poema del Niágara”, prologo all'omonima composizione di Juan Antonio Pérez Bonalde:

No hay obra permanente, porque las obras de los tiempos de renquiciamiento y

32 BERMAN, Marshall: op. cit., p. 2.

33 La medesima vertiginosa esperienza del tempo e dello spazio e il sacrificio del presente vengono avvertiti anche da Hegel nella prefazione alla Fenomenologia dello spirito: “Del resto non è difficile a vedersi come la nostra età sia un’età di gestazione e di trapasso; lo spirito ha rotto i ponti col mondo del suo esserci e rappresentare, durato fino ad oggi; esso sta per calare tutto ciò nel passato e versa in un travagliato periodo di trasformazione. Invero lo spirito non si trova mai in condizioni di quiete, preso com’è in un movimento sempre progressivo.”, in HEGEL, Georg Wilhelm Friedrich:

Fenomenologia dello spirito, Einaudi, Torino, 2008, p. 37.

34 BERMAN, Marshall: op.cit., p. 30.

35 GARCÍA MARRUZ, Fina: “Modernismo, modernidad y orbe nuevo”, in Anuario del Centro de

Estudios Martianos, n. 14, La Habana, 1991, p. 25.

36 RAMOS, Julio: Subjetivaciones: ensayos de cultura literaria y visual, Monte Ávila Editores, Caracas, 2011, p. 87.

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remolde son por esencia mudables e inquietas; no hay caminos constantes, vislúmbrase apenas los altares nuevos, grandes y abiertos como bosques. De todas partes solicitan a la mente ideas diversas – y las ideas son como pólipos, y como la luz de las estrellas, y como las olas de la mar. Se anhela incesantemente saber algo que confirme, o se teme saber algo que cambie las creencias actuales.37

Tale complesso fenomeno ha, ovviamente, delle conseguenze determinanti sul piano estetico. Anche il “concepto literario” viene “alarmado a cada instante (…) por un evangelio nuevo”, e sono state “desprestigiadas y desnudas todas las imágenes que antes se reverenciaban; desconocidas aún las imágenes futuras”:

(…) no parece posible, en este desconcierto de la mente, en esta revuelta vida sin vía fija, carácter definido, ni término seguro, en este miedo acerbo de las pobrezas de la casa, y en la labor varia y medrosa que ponemos en evitarlas, producir aquellas luengas y pacientes obras, aquellas dilatadas historias en verso, aquellas celosas imitaciones de gentes latinas que se escribían pausadamente, año sobre año, en el reposo de la celda, en los ocios amenos del pretendiente en corte, o en el ancho sillón de cordobán de labor rica y tachuelas de fino oro, en la beatífica calma que ponía en el espíritu la certidumbre de que el buen indio amasaba el pan, y el buen rey daba la ley, y la madre iglesia abrigo y sepultura. Solo en época de elementos constantes, de tipo literario general y determinado, de posible tranquilidad espiritual individual, de cauces fijos y notorios, es fácil la producción de esas macizas y corpulentas obras de ingenio que requieren sin remedio tal suma de favorables condiciones.38

Secondo Julio Ramos, parlare della modernità implica non perdere di vista “las singularidades múltiples y divergentes de la experiencia moderna”.39

A partire da questa prospettiva che interpreta il mondo della cultura come un campo di interrelazioni nel quale si incrociano complesse analogie, così come profonde divergenze e contraddizioni, il concetto di modernismo ispanoamericano è stato riformulato e ricalibrato negli ultimi decenni. La storiografia sull'America latina segnala il decennio a partire dal 1880 come periodo caratterizzato dal definitivo consolidamento degli Stati nazionali. L'organizzazione statuale latinoamericana si realizzò all'insegna dell'amministrazione oligarchica: le idee liberali in ambito politico orientarono questo

37 J.M.: O.C., t. 12, p. 79. 38 J.M.: O.C., t. 12, p. 80.

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processo promuovendo i processi di modernizzazione nelle rispettive nazioni. La modernità prendeva piede attraverso l'ingresso nell'economia mondiale come esportatori di materie prime, configurando il suo carattere di dipendenza.40

Il dispiegarsi di questo processo ebbe un impatto drammatico sulla fisionomia delle

élites latinoamericane: i letterati, settore significativo di queste ultime, vennero

particolarmente colpiti dai cambiamenti operati dalla modernizzazione, dal momento che si andavano definendo le condizioni per uno sganciamento delle nuove classi dominanti borghesi dagli artefici della costruzione narrativa della nazionalità. Il letterato di fine secolo era chiamato a riadattare la propria funzione sociale. L'espressione della ricerca di nuovi luoghi di enunciazione si manifestò all'interno del movimento chiamato “modernismo”. La condizione di espressione culturale della modernizzazione, così come il suo contributo all'instaurarsi dell'autonomia del campo letterario rispetto a quello politico, e il suo configurarsi come documento di emancipazione simbolica rispetto alla tradizione letteraria ispanica, fanno di questo fenomeno un momento chiave nella storia culturale latinoamericana: la critica del modernismo appare singolarmente ricca di prese di posizione di fondo sui diversi modi di rappresentazione della cultura nel continente.

Il modernismo ispanoamericano costituisce la manifestazione letteraria dei processi che operarono all'interno della cultura tra gli anni 1880 e 1920; la condizione profondamente eterogenea degli strumenti estetici e delle matrici ideologiche messe in campo rende difficoltosa la definizione di un'immagine univoca del movimento, ampliando il campo delle interpretazioni a seconda delle coordinate impiegate nella sua caratterizzazione.

Federico de Onís, nell'articolo del 1953 “Sobre el concepto del modernismo”41,

sintetizzava una posizione destinata a convertirsi in un punto di inflessione per la critica del modernismo. Onís caracterizzava il modernismo come un profondo rinnovamento dell'intera cultura ispanica: è possibile, per il critico spagnolo, comparare il modernismo ispanoamericano con il Rinascimento spagnolo: il livello di inclusività che caratteriza questa interpretazione obbligava a mettere a tema le relazioni di quest'ultimo con la

40 Si veda OSORIO, Nelson: Las letras hispnoamericanas de fines del siglo XIX, Università di Alicante, 2000, p. 55.

41 ONÍS, Federico de: “Sobre el concepto de modernismo”, in Estudios críticos sobre el modernismo, Gredos, Madrid, 1974, pp. 35-42.

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generazione spagnola del '98. Il modernismo, secondo Federico de Onís, è “la forma hispánica de la crisis universal de las letras y del espíritu que inicia, hacia 1885, la disolución del siglo XIX y que se había de manifestar en el arte, la ciencia, la religión, la política y gradualmente en los demás aspectos de la vida entera”. Questa definizione larga permette di comprendere che, più che configurarsi come una scuola letteraria, il modernismo risponda a uno spirito dell’epoca che, muovendo da distinte manifestazioni culturali, esibisce caratteri di elitismo aristocratico, critica alla borghesia, esteticismo raffinato, incursioni in tematiche orientalistiche, riscoperta della tradizione americanista e contributo alla creazione del mito “americano”. Senza dubbio, l’intellettuale modernista sente la necessità di differenziarsi, prendendo le distanze dal pragmatismo positivista in voga, e si sforza di materializzare nello “stile” la sua marca culturale.

L’influenza del modernismo attraversò le frontiere del continente latinoamericano per arrivare fino in Spagna, configurandosi come il primo movimento culturale che attraversò l’Atlantico per arrivare alla ex metropoli coloniale. Tra gli scrittori modernisti, come è noto, fu comune la scelta di coltivare simultaneamente vari generi: poesia, racconto, romanzo e, in quasi tutti i casi, l’esercizio della cronaca giornalistica. La coesistenza di quest’ultima pratica con le altre si spiega, in primo luogo, con la necessità di legittimazione ricercata dagli scrittori attraverso la stampa, nel contesto dell’emergente cultura di massa, e allo stesso tempo con il bisogno di ricavare un sostentamento materiale che si aggiungesse agli scarsi guadagni derivati dalla pubblicazione delle loro creazioni letterarie.

All'inizio degli anni '40, Pedro Henríquez Ureña affermava che la disciplina tecnica affermata dai modernisti a partire dalle influenze europee costituiva una liberazione americanista dal tradizionalismo romantico, mentre, poco più di dieci anni dopo, Max Henríquez Ureña definiva il modernismo nei termini, da un lato, di una rivoluzione formale, e, dall'altro, di un rinnovamento spirituale. Così, al di là delle influenze simboliste e parnassiane sul piano formale, si doveva riconoscere nei modenisti una impronta umanistica che si manifestava nel loro forte cosmopolitismo e in forme di idealismo destinate a convertirsi in percezioni tragiche dell'esistenza.

Iván Schulman riconobbe nella tradizione critica che andava da Federico de Onís a Max Henríquez Ureña la virtù di rivalutare l'opera modernista in funzione del suo significato estetico, filosofico e sociale, dal momento che tale movimento si apriva a

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una molteplicità di esperienze legate a una vocazione libertaria che si esprimeva nella revisione dei parametri stilistici, linguistici e dottrinari precedenti. Secondo questa impostazione, il discorso che si sarebbe cristallizzato nell'opera di Darío era reso possibile dalla promozione di un cambio estetico e ideologico intrapreso da José Martí e da Manuel Gutiérrez Nájera e rifletteva il suo spirito rinnovatore, la sua preoccupazione filosofica e la sua pluralità estetica.

Saul Yurkievich contribuì al campo della critica al modernismo con una serie di studi significativi42, nei quali afferma che le condizioni oggettive della produzione dell'opera

modernista davano conto non tanto delle circostanze che la circondassero, quanto di una peculiare percezione del mondo che si rivelava come “efectividad estética”. Tra gli elementi che, secondo Yurkievich, esprimevano questa percezione vi era la volontà di rottura e, con essa, la coscienza che si stava operando un processo di trasformazione della letteratura in lingua spagnola. Tale rottura mobilitava una sensibilità transgeografica propria dell'“arte de 1900”. In questo contesto risultava fondamentale il livello di inflessione che per la produzione modernista costituiva la promozione del cosmopolitismo. Tutti gli strumenti necessari per descrivere l'intrinseca mutevolezza del mondo moderno venivano messi in campo dai modernisti, promuovendo in questo modo una maggiore complessità del segno poetico. D'altra parte, la professionalizzazione della letteratura ispanoamericana costituiva un effetto ineludibile dello sviluppo di questa sensibilità; l'atteggiamento cosciente e pragmatico, nei termini delle esperienze di autonomia e di rottura del modernismo rispetto alle precedenti tradizioni, avvicinava il modernismo ai linguaggi dei “manifesti” cari alla posteriore avanguardia.

Un'altra delle espressioni della critica del modernismo che si colloca in questa linea di interpretazione è quella di Rafael Gutiérrez Girardot. Secondo il critico colombiano il modernismo ispanico rispondeva agli effetti di due processi: da un lato l'integrazione ispanoamericana, dall'altro la dissoluzione delle società tradizionali nell'ambito della formazione della società borghese. Come conseguenza dell'incrociarsi di questi processi nel campo letterario si produsse un rinnovamento nell'autocomprensione dell'artista all'interno della struttura sociale, e la promozione di un'interpretazione secolarizzata della vita, così come una lettura mediata dall'esperienza urbana. In un suo saggio sul

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modernismo latinoamericano, Gutiérrez Girardot afferma:

Sin situaciones sociales semejantes, esto es, sin la presencia de la sociedad burguesa en todo el mundo occidental, la recepción de la literatura francesa en el mundo de lengua española y más tarde de otras literaturas europeas como la escandinava o la rusa, sólo hubiera sido una curiosidad o una casualidad extravagante y en todo caso no hubiera suscitado la articulación de expresiones literarias autónomas como los modernismos. Estas suscitaciones no fueron exclusivamente formal-estéticas, sino igualmente un estímulo para percibir y dilucidar los problemas y situaciones que había planteado y provocado en el mundo de lengua española la nueva sociedad burguesa.43

Secondo il critico argentino Noé Jitrik, il modernismo deve essere visto come un momento della storia della scrittura in America latina che opera come una contestazione radicale della cultura poetica del tempo in direzione del superamento della concezione “contenutistica” che la caratterizava. In questa costellazione estetico-politica trovava il suo significato un tratto fondamentale del sistema modernista, ovvero la promozione dell' “originalità”, perno attorno al quale ruotavano diversi procedimenti di “soggettivazione”.

Il sistema modernista risulta essere un'espressione ideologica che rimanda alla conformazione di un nuovo tipo di intellettuale; prendendo le distanze da una rappresentazione deterministica del modernismo, Jitrik rivela la produttività dell'esperienza modernista di “soggettivazione” come orizzonte di un'azione che, per quanto operasse sulla scrittura, decostruiva un ordine di cose la cui sedimentazione tendeva a inibire il carattere dinamico della storia:

Y, en la acción, acaso los modernistas recuperan la “subjetividad”, pero ya no como argumento histórico filosófico sino como espacio de un “sujeto” que se constituye en su movimiento de producción, como haciendo oposición, desde la subjetividad constituida, al marco en el que yace socialmente la palabra, sometiendo a un pasado que perdura en ella y que viene de las formas de explotación económica; esa palabra sujetada, no subjetivizada, cuyo imperio el modernismo viene a quebrantar, frena el “deber ser” que desde una conciencia histórica puede ser previsto, alentado y esperado.44

43 GUTIÉRREZ GIRARDOT, Rafael: Modernismo, Montesinos, Barcellona, l987, pp.45-46.

44 JITRIK, Noé: Las contradicciones del modernismo, Ediciones Colégio de México, Città del Messico, 1978, p. 9.

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La cronaca: un genere trasgressivo

La nostra cultura è satura degli effetti generati dalle nuove tecnologie: la velocità, la massificazione delle informazioni e la sopravvalutazione dell’istante. Di fronte a una modernità che avanza in modo inesorabile, assumendo la temporalità come suo fondamento effimero, i testi cronistici raggiungono l’obiettivo di catturare i cangianti stimoli culturali della nostra epoca, accendendo i riflettori sull’attualità: come il mondo in cui viviamo, la cronaca è un genere inafferrabile. Per accedere agli anfratti dell’attualità, la cronaca si piega alla sua velocità e si compiace nel mettere in scena spettacoli passeggeri. In questo senso appare come un genere essenzialmente moderno: è una scrittura del presente che, come postulava Charles Baudelaire, cerca di comprendere l’eterno a partire dal transitorio, al fine di creare una totalità autonoma duratura. Il suo carattere frammentario interiorizza “la efimera (…) novedad del presente” e testimonia, con la sua forma, i tratti essenziali della modernità: “lo transitorio, lo fugitivo, lo contingente, la mitad del arte, cuya otra mitad es lo eterno y lo inmutable”.45

Nella cronaca esiste una incessante volontà di decifrare l’immediato. Forgiatasi in ambito giornalistico, è legata a tutto ciò che sia attuale e nuovo. Se la letteratura contemporanea “soffre” di una sempre maggiore dipendenza dalla storia immediata, nel caso della cronaca questa aderenza alla realtà permette lo sviluppo di due tratti fondamentali: una certa provvisorietà del discorso e un tono soggettivo e parziale. Con la premessa che risulta impossibile fornire una versione definitiva dei fatti, la cronaca si concepisce come una scrittura del provvisorio: è marcata dall’incompiutezza, al punto che le forme tradizionali dalla “trascendenza artistica” le risultano inutilizzabili. In questo aspetto radica il primo elemento che permette di parlare della cronaca come genero di trasgressione. Nell’ergersi contro la creazione di un’opera “totale” o “definitiva”, la cronaca si libera di un pregiudizio della “grande letteratura”, quello che concepisce il giornalismo come una scrittura destinata a non perdurare.

45 BAUDELAIRE, Charles: El pintor de la vida moderna, Valencia, Murcia (Arquitectura 30), 1995, p.92.

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Questa apologia del provvisorio propria della scrittura cronachistica si rafforza nell’assumere uno sguardo che ostenta con orgoglio la sua limitatezza. La sua parzialità è data da una voce che si presenta come essenzialmente soggettiva e non si erge come l’unica verità da seguire. Non si tratta di stabilire una versione monolitica di quanto accaduto, ma di una versione personale. Nella nota preliminare alla sua Antología de la

crónica en México, Carlos Monsiváis stabilisce la convivenza tra sguardo oggettivo e

soggettivo del cronista, l’amalgama tra le due prospettive:

El empeño formal domina sobre las urgencias informativas. Esto implica la no muy clara ni segura diferencia entre objetividad y subjetividad (…) En la crónica, el juego literario usa a discreción la primera persona o narra libremente los acontecimientos como vistos y vividos desde la interioridad ajena.46

La contingenza e la parzialità del discorso cronachistico si realizzano non solo mediante una enunciazione che trasgredisce l’oggettività classica, ma anche portando avanti molteplici versioni di un medesimo testo, o stabilendo diverse focalizzazioni di uno stesso tema. La riscrittura funziona così come un elemento in più che non solo esibisce la frammentarietà dei discorsi, ma che promuove distinte versioni di una stessa realtà. Un altro dei meccanismi impiegati dalla cronaca per evitare un discorso totalizzatore o autoritario è la sua impossibilità di terminare il racconto, il suo terrore di chiuderlo. Come afferma Hayden White:

La crónica a menudo parece desear querer contar una historia, aspira a la narratividad, pero característicamente no lo consigue (…) la crónica suele caracterizarse por el fracaso en conseguir el cierre narrativo. Más que concluir la historia suele terminarla simplemente. Empieza a contarla pero se quiebra in media res, en el propio presente del autor de la crónica; deja las cosas sin resolver o, más bien, las deja sin resolver de forma similar a la historia.47

Quello che per White è un difetto, per il cronista si configura come intenzionalità: l’apertura del racconto non è concepita come un’anomalia ma come un tentativo antiautoritario. Il cronista è cosciente del fatto che non può fornire la versione totale

46 MONSIVÁIS, Carlos: “Y yo preguntaba y anotaba, y el caudillo no se dio por enterado”, in A ustedes

les consta. Antología de la crónica en México, Era, Città del Messico, 1980, p. 15.

47 WHITE, Hayden: “El valor de la narrativa en la representación de la realidad”, in El contenido y la

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