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Uso della tecnologia VSC-HVDC per l'adeguamento dei sistemi HVDC a commutazione naturale per la riaccensione di rete

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

SCUOLA DI INGEGNERIA

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN INGEGNERIA ELETTRICA

Uso della tecnologia VSC-HVDC per

l’adeguamento dei sistemi HVDC a

commutazione naturale per la riaccensione

di rete

CANDIDATO Paolo Taddeucci

RELATORI

Prof. Ing. Paolo Pelacchi Prof. Ing. Stefano Barsali

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Sommario

ABSTRACT ... 3 1.Introduzione ... 6 2. HVDC ... 9 2.1 Generalità ... 9 2.2 Struttura degli HVDC... 13 2.3 Reti HVDC multiterminali ... 21

2.4 Line Commutated Converter (LCC) ... 25

2.4.1 Generalità ... 25

2.4.2 Analisi e Architettura di controllo ... 27

2.5 Voltage Source Converter (VSC) ... 36

2.5.1 Generalità ... 36

2.5.2 Analisi ed Architettura di controllo ... 39

3. HVDC come Blackstart ... 42

3.1 Aspetti generali della riaccensione di una rete ... 42

3.2 Utilizzo dei sistemi HVDC per la riaccensione di una rete ... 46

3.3 Scenario proposto per la valutazione... 50

4. Modellizzazione componenti ... 55

4.1 Modellizzazione Generale ... 55

4.2 Rete Prevalente ... 57

4.3 Filtri AC Stazione di Conversione ... 58

4.4 Trasformatore di conversione ... 60

4.6 Filtro DC ... 66

4.7 Linea DC ... 66

4.8 Convertitore a Commutazione Forzata (VSC) ... 69

4.9 Filtri AC del Convertitore VSC ... 71

4.10 Trasformatore di Stazione. ... 72

4.11 Rete AC Fuori Servizio ... 73

4.12 Controllo convertitore VSC. ... 78

5 Simulazione ... 86

6. Conclusioni ... 109

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ABSTRACT

Nella presente tesi è stato proposto un metodo di adeguamento di una linea LCC-HVDC già esistente al fine di un suo utilizzo per la riaccensione di rete.

L’adeguamento è consistito nell’utilizzo di un convertitore ausiliario a commutazione forzata di potenza ridotta per la messa in funzione della rete momentaneamente fuori servizio. Il convertitore VSC ausiliario, normalmente utilizzato nella stazione solo per servizi ausiliari o al più inutilizzato, è entrato in funzione nel momento in cui è stata rilevata la necessità di riaccensione di una rete in stato di disservizio generalizzato. La stazione di conversione dall’altro lato, connessa ad una rete sana non ha subito variazioni rispetto alla logica di funzionamento normale; è quindi rimasto in funzione il convertitore a commutazione naturale. L’oggetto del presente lavoro è stato quello di determinare una potenza di dimensionamento minima per il convertitore VSC che permetta a questo di svolgere il compito di black start per la rete in oggetto. L’adeguamento del collegamento HVDC attraverso l’uso di VSC è stato sviluppato come un’alternativa all’implementazione di compensatori sincroni per il funzionamento da black start del collegamento.

Sono state descritte in maniera sintetica le caratteristiche generali dei sistemi HVDC, sono stati analizzati i principi di funzionamento dei convertitori LCC e VSC e le loro principali peculiarità. Prima di addentrarsi nella descrizione della simulazione svolta, sono state trattate brevemente le principali problematiche riguardo la messa in servizio di un sistema affetto da blackout e le procedure di accensione.

La verifica della funzionalità del metodo proposto è stata svolta attraverso il software Matlab-Simulink. Sono stati sviluppati ed implementati modelli Simulink-Simscape di HVDC (High Voltage Direct Current), VSC (Voltage Source Converter) e LCC (Line Commutated Converter). Il modello complessivo è stato realizzato mediante componenti di libreria Simscape ed è stato posto lo scopo di simulare eventi e grandezze di interesse per i sistemi elettrici di potenza. Il modello integrava una rete elettrica AC in riaccensione in seguito ad un evento che ne aveva causato il fuori servizio generale. La struttura in simulazione ha visto la rete da riavviare composta da carichi che rappresentavano gli utenti della zona e da carichi rappresentativi gli ausiliari della centrale termoelettrica anch’essa fuori servizio collegata mediante un collegamento HVDC ad una seconda rete in alternata funzionante. La volontà del lavoro è stata quella di riuscire ad alimentare la

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centrale fuori servizio e successivamente compiere il parallelo attraverso la sola potenza fornita dell’HVDC. Il convertitore ha dovuto farsi carico della regolazione di frequenza, in modo che il generatore potesse seguire indisturbato la rampa di presa di carico preimpostata. È stato analizzato il transitorio della rete in ristabilimento e la dinamica conseguente al parallelo con il generatore e il bilanciamento di carico tra questo e il VSC di stazione. La modalità di controllo del convertitore in riaccensione è stata volutamente impostata per il funzionamento in isola. La stazione di conversione lato rete AC funzionante vedeva attivato il convertitore a commutazione naturale, dimensionato secondo le caratteristiche nominali del collegamento. Per il convertitore LCC non è stata presa in considerazione la modalità di controllo per due motivi. Il primo è l’invarianza del comportamento rispetto al normale funzionamento in quanto collegato alla rete AC sana; mentre il secondo motivo va ricercato nel fatto che in assenza di necessità di inversioni di flussi di potenza, il convertitore lavora con angolo di ritardo di accensione delle valvole minimo. Tale modalità di funzionamento equivaleva, per i nostri scopi, ad un funzionamento del tutto analogo a quello di un ponte a diodi. Quest’ultimo è stato effettivamente implementato attraverso modelli Simscape al fine di verificare il comportamento di questo alle richieste in potenza del VSC.

La modalità di simulazione ha visto una pianificata sequenza di riaccensione della rete in blackout. La rete composta da utenze passive e da centrale termoelettrica è stata avviata esclusivamente tramite l’energia fornita dal convertitore di stazione dato che è stata ipotizzata l’assenza di altre connessioni a reti vicini escluso l’HVDC. La simulazione ha previsto la presenza di una linea lunga in alternata facente da collegamento tra l’area di generazione e il convertitore. La corretta sequenza di avviamento degli ausiliari di centrale esulava dagli scopi della tesi. Per simulare l’operazione di accensione di centrale sono stati previsti opportuni carichi inseriti in rete a gradino. I loro inserimenti in rete sono stati necessari per valutare la risposta del convertitore a transitori di frequenza gravosi. La pompa acqua alimento di caldaia invece è stata modellizzata attraverso un grosso motore asincrono ad inserzione diretta senza ausilio di soft starter o drive. Avviata la centrale è stato fatto il parallelo tra convertitore e centrale termoelettrica. Atteso un certo lasso di tempo per il ristabilimento delle condizioni si è proceduto alla presa di carico a rampa da parte del generatore, ciò ha anche permesso al convertitore di scaricare la propria riserva di potenza. Successivamente sono stati inseriti a gradino un certo numero di carichi. Durante tale fase è stata verificata la capacità del convertitore di farsi carico della regolazione.

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1.Introduzione

La quasi totalità dei sistemi elettrici per l’energia utilizzano come vettore energetico per la trasmissione di potenza il sistema in “corrente alternata”. Le ragioni sono varie e affondano le loro origini alla fine del XIX Secolo. La “guerra delle correnti” avvenuta negli ultimi anni dell’Ottocento e i successivi sviluppi tecnologici hanno sancito il dominio sulla scena globale dei sistemi in alternata per più di un secolo. La corrente continua è stata per lo più utilizzata negli azionamenti industriali a partire dalla seconda metà del XX secolo e per l’alimentazione delle reti ferroviarie che necessitavano di controlli a velocità variabile per la marcia delle locomotive. La possibilità di utilizzare diversi livelli di tensione attraverso l’impiego di trasformatori, la possibilità di interrompere correnti anche in alta tensione sfruttando il passaggio per lo zero, la semplicità di produrre attraverso alternatori ad alta efficienza direttamente un vettore alternato sono state le principali motivazioni alla base dell’affermazione della tensione alternata nelle nostre reti di trasmissione, distribuzione e utilizzazione.

Solo a partire degli anni ’50 del secolo scorso si è assistito a una ripresa dell’interesse dell’uso di sistemi in corrente continua, tecnologia esplosa soprattutto a partire negli anni ’80 trascinata dal sempre crescente utilizzo di apparecchi elettronici. Dapprima l’utilizzo della continua è stata una necessità, essendo l’unico modo per trasportare energia per lunghe distanze con linee in cavo; poi si è rivelata fondamentale per un più adeguato sviluppo dell’infrastruttura elettrica.

Il primo campo di applicazione della corrente continua nasce quindi per l’alimentazione di dispositivi di telecomunicazione e per l’informazione, e per quanto riguarda i sistemi di potenza per le reti ferroviarie e per sistemi di accumulo.

Con il successivo sviluppo della branca che ad ora chiamiamo elettronica di potenza (sempre più usato l’inglesismo power electronics) si è assistito all’utilizzo del vettore in continua nei drivers per azionamenti (quindi inverter e raddrizzatori di potenza ridotta) fino ad arrivare a componenti elettronici a semiconduttori, in primis gli SCR in grado di funzionare anche per potenze elevate. Questo è ciò che ha permesso lo sviluppo di sistemi elettrici di potenza realizzati in corrente continua.

Ciò a cui stiamo assistendo al giorno d’oggi è quindi una crescente compenetrazione tra reti esercite in corrente alternata e linee esercite in corrente continua. L’integrazione tra queste due risorse sembra essere la direzione preferenziale di sviluppo del sistema

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elettrico globale, sia in paesi più avanzati come quelli dell’Europa o del Nord America, sia in paesi in rincorsa tecnologia e più “affamati” di energia quali Cina, India e paesi dell’Est Europa.

L’utilizzo di tecnologie in corrente continua ad alta tensione, comunemente indicata con l’acronimo HVDC (High Voltage Direct Current), va nella direzione di un sistema elettrico più efficiente, con un miglior controllo di flussi di potenza e quindi un mercato elettrico più accessibile ai sui attori e in grado di integrare con più facilità gli impianti di produzione a energia rinnovabile o siti di stoccaggio energetico.

Negli anni si è assistito a un grande sviluppo della Scienza dei Materiali che ha permesso un elevato progresso tecnologico sui componenti a semiconduttore. Ciò ha permesso il recupero degli svantaggi cui erano soggette le tecnologie in corrente continua e la costruzione di componenti in grado di lavorare a correnti elevate.

Volendo delineare un quadro riassuntivo delle caratteristiche principali dei due vettori energetici si può sviluppare un elenco per punti riportato sotto:

CORRENTE ALTERNATA:

 Utilizzo di molteplici livelli di tensione possibile grazie all’utilizzo del trasformatore, che permette lo sviluppo di una rete di trasporto dell’energia efficiente e una rete di utilizzazione a livelli di tensione “sicure”.

 Relativa facilità di estinzione delle correnti di guasto anche ad alte tensioni grazie al naturale passaggio per lo zero della corrente due volte a periodo.

 Facilità di produzione di energia elettrica in impianti centralizzati grazie all’uso degli alternatori e possibilità d’inserzione diretta delle macchine asincrone trifase.  Notevole difficoltà della trasmissione di energia a lunghe distanze attraverso l’uso di linee aeree; impossibilità di realizzare interconnessioni in cavo oltre gli 80 km a causa dell’effetto Ferranti.

 Difficoltà nel controllo dei flussi di potenza e delle tensioni ai nodi della rete ad alta tensione dovuto al fatto che questi ultimi sono determinati dalle equazioni dei flussi di potenza (load flow) nelle quali non tutte le variabili che li definiscono sono direttamente controllabili.

 Difficoltà di gestione della generazione distribuita, dei sistemi di accumulo, e di reti in cui si ha l’inversione dei flussi di potenza tra rete di trasmissione e distribuzione.

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CORRENTE CONTINUA

 Necessità dell’utilizzo di convertitori qualora sia necessario realizzare una rete di distribuzione a diversi livelli di tensione.

 Notevole difficoltà nell’interruzione di correnti di guasto a elevati valori di tensione.

 Elevati costi nel produrre energia direttamente da macchine in continua.  Difficoltà nel realizzare componenti elettronici adatti alle alte potenze.

 Facilità di integrazione di impianti di generazione distribuita a fonti rinnovabili e impianti di accumulo.

 Ottima capacità di controllo dei flussi di potenza per reti multiterminali nel caso si utilizzino tecnologie di tipo VSC e per collegamenti point to point attraverso convertitori LCC.

 Possibilità di trasmissione di potenza a lunghissima distanza e attraverso linee in cavo data l’assenza dell’effetto Ferranti.

 Capacità di interconnessione di reti asincrone e capacità di non trasmissione dei disturbi di rete.

Da quanto visto sopra si nota come i due vettori energetici siano in qualche modo complementari e una corretta integrazione di essi permette un passo in avanti per quanto riguarda le sfide che i sistemi elettrici di oggi devono affrontare.

In questo contesto si inserisce lo sviluppo della tecnologia HVDC, ovvero delle linee di trasmissione in alta tensione a corrente continua

Queste stanno diventando uno standard mondiale per le trasmissioni a lunga distanza o per il collegamento tra reti separate da tratti di mare che necessitano collegamenti con linee in cavo.

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2. HVDC

2.1 Generalità

La prima commercializzazione di un sistema HVDC è stata fatta da ABB in Svezia nel 1954, il Gotland 1 Link. La potenza della linea era di 20 MW esercita a 100 kV, i convertitori erano realizzati con valvole ai vapori di mercurio.

Nel 1960 l’introduzione dei tiristori porta ad una evoluzione delle linee HVDC permettendo la riduzione dei pesi e delle dimensioni delle valvole e incrementando l’efficienza, la densità di potenza e la flessibilità di controllo. L’introduzione della tecnologia a tiristori per gli HVDC e il relativo incremento di capacità di trasmissione ha comportato un notevole incremento del numero di impianti costruiti nel mondo.

Con lo sviluppo degli IGBT (Insulated-Gate Bipolar Transistor) di potenza si assiste ad un’ulteriore innovazione nel campo HVDC, dato che tali componenti hanno permesso la realizzazione di convertitori a commutazione forzata (VSC) di notevole potenza.

I convertitori a IGBT anche se raggiungono potenze massime inferiori ai convertitori realizzati con SCR (vedremo più avanti i motivi) permettono un controllo indipendente della potenza attiva e reattiva erogata dal convertitore. Tale capacità ha permesso lo sviluppo di stazioni di conversione HVDC in grado di fornire importanti servizi alla rete elettrica cui sono connessi.

I campi di applicazione dei sistemi HVDC sono molteplici e si sono ampliati nel tempo man mano che si sono sviluppate le tecnologie relative ai suoi costituenti, quali isolanti per i conduttori degli elettrodotti e semiconduttori per le valvole.

Al giorno d’oggi i campi di utilizzo principale sono i seguenti:

 Linee HVDC per la trasmissione di potenza a lunga distanza. Le linee in continua permettono la trasmissione di potenza a lunghe distanze senza la limitazione dovute alle congestioni di rete o ai loop energetici che si possono riscontrare su linee in alternata connesse in parallelo. La controllabilità degli HVDC permette di evitare i colli di bottiglia. Non è presente l’effetto di saturazione di reattivo che si verifica nelle lunghe linee AC. Quando si valuta a livello economico l’implementazione di una nuova linea DC per la trasmissione di potenza (o la conversione da linea AC a linea DC) ci si imbatte spesso in quella che viene definita “distanza di break-even”. È la distanza oltre la quale risulta conveniente

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utilizzare una trasmissione energetica in DC a fronte di una AC. I fattori che avvantaggiano economicamente gli HVDC sono:

o Riduzione nel numero dei conduttori necessari per il trasporto dell’energia, e riduzione delle dimensioni dei sostegni.

o A pari costo della linea i sistemi in corrente continua riescono a trasmettere il 40% in più di potenza rispetto ad una linea in corrente alternata.

o Riduzione delle perdite di potenza dovute ad effetto pelle e correnti induttive su schermi dei conduttori.

o Nessun bisogno di utilizzare reattanze di compensazioni per lunghe distanze e stazioni intermedie di protezione.

I fattori che invece pesano da un punto di vista economico per la realizzazione di HVDC sono:

o Costo delle stazioni di conversione

o Nei sistemi VSC, necessità di protezioni in grado di strappare l’arco in caso di guasto o, in alternativa, interrompere il guasto lato alternata dei convertitori con conseguente spegnimento dell’intero collegamento. o Nei sistemi LCC l’eliminazione del guasto avviene per spegnimento del

convertitore a commutazione naturale, ma, non essendo possibile invertire la corrente per invertire i flussi di potenza, risulta necessario invertire la tensione con conseguente impedimento pratico alla realizzazione di reti multiterminali.

Nella figura 1 è espresso graficamente quanto detto a proposito delle considerazioni economiche sull’implementazione di una linea HVDC a fronte di una HVAC. La distanza di convenienza economica oltre la quale è indicato l’uso di HVDC è variabile da caso a caso e si può stimare in un valore oscillante mediamente tra i 400 e i 600 km di elettrodotto.

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Figura 1. Confronto grafico tra i costi di costruzione tra linee HVAC e HVDC. La distanza di breakeven è solitamente nell'intorno di 500 km

 Trasmissione di potenza attraverso cavi sottomarini e sotterranei. I collegamenti in continua ad alta tensione a differenza di quelli in alternata non hanno nessuna limitazione fisica sulla distanza percorribile dai conduttori. Possono quindi rappresentare l’unica soluzione per il collegamento di reti che sono tra loro separate da tratti di mare (esempi reali sono: SAPEI, SACOI, GRITA ecc.). Le perdite di potenza su tratti in cavo sono molto maggiori qualora si utilizzi la corrente alternata a causa della presenza della componente reattiva, delle correnti indotte e dell’effetto pelle.

 Collegamenti tra reti asincrone. L’interposizione di due convertitori tra le reti AC permette collegamenti tra reti a frequenze differenti e rende l’una immune ai disturbi di frequenza presenti dell’altra. Svariati studi hanno infatti verificato che attraverso il bus DC non si ha la propagazione di fenomeni perturbativi da una rete all’altra (basti ricordare il blackout di alcune zone della rete nord-americana nel 2003). Solitamente i collegamenti tra reti asincrone vedono l’utilizzo di convertitori di tipo Back to Back, ovvero senza l’impiego di elettrodotti a collegare le due stazioni di conversione. I collegamenti asincroni possono quindi collegare tra loro differenti zone di mercato, lasciandole tuttavia indipendenti per quanto riguarda le perturbazioni che si verificano su una o sull’altra.

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 Trasmissione di potenza verso stazioni off-shore. Oltre che per l’alimentazione delle stazioni di perforazione per la ricerca di idrocarburi, sono soprattutto utilizzati per collegare parchi di produzione di energia eolica con la rete del continente. Notevoli sono gli impieghi nel Mare del Nord e numerosi studi sono stati svolti al fine di utilizzare l’energia fornita dai siti off-shore e trasmessa attraverso gli HVDC per servizi ausiliari di rete e per la riaccensione da blackout [13].

Sotto al termine HVDC si possono raggruppare una certa varietà di strutture e configurazioni aventi come comune denominatore il trasporto di energia attraverso un vettore che è la corrente continua ad alta tensione. I livelli di tensione cui sono eserciti tali sistemi hanno una notevole variabilità in funzione del tipo di tecnologia utilizzata per i convertitori, della potenza che deve essere trasmessa e della lunghezza della linea. La maggior parte dei collegamenti identificabili come HVDC hanno tensioni del bus in continua compresi tra 100 kV e 1000 kV. Tensioni inferiori possono essere usate qualora la potenza trasmessa sia dell’ordine delle poche decine di MVA o si usi un collegamento di tipo Back to Back dei convertitori (ovvero solo disaccoppiamento delle reti AC connesse alle stazioni di conversione). Tensioni superiori si trovano su lunghe linee che trasmettono potenze superiori al GW. Alti valori di tensione sono necessari per limitare le cadute resistive dovute alle elevate correnti circolanti sulla linea. Livelli troppo alti di voltaggio invece provocano un notevole stress sugli isolanti dei conduttori e sui componenti delle valvole. La sollecitazione si intensifica qualora si abbia la necessità di invertire i flussi di potenza transitanti su una linea i cui terminali siano costituiti da stazioni aventi convertitori LCC. Si rende necessario infatti invertire la polarità della tensione per invertire i flussi, dato che la corrente non può cambiare di segno, con conseguente doppia sollecitazione. La necessità di invertire la polarità della tensione per invertire i flussi su linee LCC-HVDC verrà trattata più avanti.

Volendo introdurre delle suddivisioni per inquadrare meglio le tecnologie che vanno sotto il nome di HVDC, è pratica comune utilizzare i seguenti criteri:

1) Suddivisione in base al tipo di collegamento tra stazioni. La suddivisione può essere sintetizzata nelle possibilità di collegamento point to point o multiterminale.

2) Suddivisione in base alla configurazione dei conduttori dell’elettrodotto. La divisione che viene fatta è tra linea unipolare con ritorno attraverso il terreno/mare o linea bipolare con ritorno attraverso conduttore metallico. Spesso anche il tipo

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di conduttore cavo/linea aerea può essere un discriminante e andare ad incrociarsi con la scelta di altre caratteristiche (tensione d’esercizio, tipo di convertitore usato nelle stazioni di conversione).

3) Suddivisione in base al tipo di convertitori utilizzati nelle stazioni. Le categorie principali sono due:

 convertitori di tipo LCC (Line Commutated Converter) ovvero a commutazione naturale utilizzanti tiristori

 convertitori di tipo VSC (Voltage Source Converter) a commutazione forzata utilizzanti IGBT/GTO.

Esistono tuttavia delle configurazioni miste in cui un terminale può presentare un convertitore di tipo LCC e l’altro terminale di tipo VSC. La natura del convertitore, come sarà analizzato in seguito, è quella che influenza più pesantemente la struttura e la prestazione del sistema DC.

2.2 Struttura degli HVDC

Con il termine HVDC viene inteso tutto il sistema necessario alla conversione e al trasporto dell’energia attraverso la linea in continua propriamente detta. Si intende quindi il sistema, cui fanno parte le due stazioni di conversione AC/DC ai terminali e relativi componenti, e l’elettrodotto propriamente detto.

Una configurazione base utilizzata a scopo esplicativo può essere quella che si vede in figura 2:

Figura 2. Layout generale di una struttura HVDC. Procedendo dall'esterno verso l'interno: Reti AC; trasformatori di stazione di conversione; convertitore; elettrodotto.

Facendo riferimento alla figura è possibile descrivere alcuni dei componenti principali:

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La stazione è composta da vari apparati atti a trasformare l’energia dal vettore in corrente alternata al vettore in corrente continua limitando le perdite di potenza, i disturbi per la rete e la tutti i dispositivi necessari per il controllo. Le stazioni sono reversibili ovvero hanno entrambe la capacità di poter funzionare da inverter o da raddrizzatore, nonostante ciò i flussi di potenza hanno solitamente una direzione preferenziale, dovuto principalmente alle caratteristiche delle reti AC collegate e vincoli di natura operativa e commerciale.

Di seguito una rapida descrizione dei componenti della stazione di conversione:

 Convertitore: esso consiste solitamente in due convertitori trifase connessi in serie in modo da costituire in ponte esafase a dodici impulsi. Tale configurazione può essere usata indipendentemente dal tipo di componenti elettronici costituenti le valvole. Rispetto al ponte trifase semplice garantisce una minore produzione di armoniche di corrente a basse frequenze e permette di elevare il valore della tensione lato DC senza forzare troppo i componenti. Ognuna delle valvole costituenti il ponte è composta a sua volta da un certo numero di tiristori (nel caso di LCC) o IGBT/GTO (nel caso di VSC) collegate in serie.

Figura 3. Tipica struttura di una stazione di conversione HVDC. Il ponte convertitore è realizzato con SCR

Tale accorgimento viene adottato perché allo stato attuale i componenti elettronici utilizzati hanno dei limiti sia in tensione che in corrente. In particolare, gli SCR

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di ultima generazione hanno un range massimo di lavoro di 8 kV e 4 kA, mentre per gli IGBT la tensione e la corrente massima sono rispettivamente 4,5 kV e 3 kA [16]. Il convertitore è alimentato da un trasformatore a tre avvolgimenti in cui i secondari sono collegati uno a stella e l’altro a triangolo. Quello che si ottiene sono tensioni sfasate di 60° come richiesto per il corretto funzionamento del ponte. Ogni componente elettronico delle valvole, data l’elevata potenza in gioco, è raffreddato ad acqua, olio o Freon. La limitazione sulla potenza del convertitore è generalmente dovuta alla corrente di corto circuito massima ammissibile più che dalle condizioni di carico statico. Una potenza di corto circuito elevata comporterebbero seri problemi di sopravvivenza delle valvole in seguito ad un cortocircuito lato DC, sarebbe inoltre difficile per eventuali protezioni lato in continua estinguere la corrente di guasto. In parallelo a ogni singolo switch elettronico è presente un circuito di soppressione (snubber) RC, necessario all’attenuazione dei transitori durante le commutazioni. Una più approfondita descrizione dei componenti elettronici utilizzati sarà fatta più avanti quando si parlerà dei tipi di convertitore.

 Trasformatore: ha la funzione di collegare il convertitore di ciascuna delle stazioni con la rispettiva rete AC. La configurazione più comune prevede l’avvolgimento lato rete AC collegato a stella con centro a terra e secondario lato convertitore a doppio avvolgimento stella/triangolo, con l’avvolgimento a stella isolato da terra. L’impedenza del trasformatore ha anche un effetto di filtraggio delle armoniche di corrente. La tensione nominale dei due avvolgimenti è scelta in base alle tensioni di esercizio del sistema cosi come la potenza nominale in VA. Per quanto riguarda il valore dell’impedenza di cortocircuito del trasformatore essa è solitamente intorno al 15% (elevata rispetto ai soliti trasformatori di potenza in alta tensione), in modo da limitare la corrente di cortocircuito sulle valvole. Valori più alti d’impedenza anche se limiterebbero ulteriormente la corrente di corto circuito comporterebbero maggiori cadute di tensione, un riferimento di frequenza meno stabile e un tempo di commutazione delle valvole elevato. Il trasformatore costituisce anche parte della componente induttiva dei filtri lati AC.

 Filtri AC. Sono solitamente circuiti passivi di tipo RLC utilizzati per drenare verso terra le armoniche di corrente e di tensione risultanti dal processo di conversione. Collegai in serie / parallelo costituiscono un circuito a bassa impedenza per le

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armoniche cui sono accordati. In base al tipo di convertitore usato, LCC o VSC, si ha un diverso approccio al filtraggio e una diversa frequenza a cui le armoniche si presentano. I filtri AC svolgono inoltre la funzione di fornire la necessaria potenza reattiva al ponte convertitore. Anche in quest’ultima problematica lo scenario è ben diverso nel caso in cui si considerino convertitori di tipo LCC o VSC, in quanto per i primi la potenza reattiva da fornire è molto più elevata (fino ad un 50-60% della potenza attiva nominale) e cresce all’aumentare dell’angolo di ritardo di accensione delle valvole.

 Filtri DC. Il filtraggio lato continua viene attuato in maniera diversa in funzione del tipo di convertitore presente in stazione. I convertitori a tiristori a commutazione naturale, che possono essere considerati in prima battuta come generatori di corrente hanno necessità di vedere una corrente costante per funzionare in modo corretto. Per fare ciò si utilizzano delle grandi reattanze shunt di spianamento. I reattori di spianamento fanno sì di ridurre il ripple di corrente, limitano la corrente lato DC in caso di guasto e proteggono le valvole dai forti transitori che si potrebbero originare sulla linea di trasmissione DC (ad esempio fulminazioni). Nel caso in cui si utilizzino convertitori a commutazione forzata, essendo assimilati a generatori di tensione, si ha bisogno di filtri capacitivi che mantengano stabile la tensione ai capi del ponte lato DC durante le commutazioni. In entrambi i casi soprattutto per linee in cavo, i conduttori stessi hanno un effetto filtrante. Ulteriori filtri di natura del tutto simile a quella AC sono usati per ridurre le armoniche di tensione e corrente che i possono sviluppare sul lato DC del collegamento.

 Dispositivi di protezione. La funzione di protezione da cortocircuiti attraverso interruttori è svolta generalmente sul lato AC del sistema, in modo da sfruttare la naturale capacità autoestinguente dell’arco elettrico. Questo tipo di protezioni è utilizzato soprattutto nei collegamenti che sfruttano convertitori di tipo LCC. Nel caso di linee point to point con convertitori VSC oltre agli interruttori in alternata vengono utilizzate tecniche di controllo delle valvole che permettono di limitare il contributo della rete AC al guasto sul tratto in continua. L’utilizzo degli interruttori lato alternata per l’estinzione delle correnti di guasto sulla linea DC permette notevoli risparmi economici e di complessità tecnica, ma comporta lo shutdown completo della stazione di conversione fino all’eliminazione del guasto.

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Per le reti di tipo MTDC, ovvero “multiterminale” si utilizzano anche interruttori lato continua poiché la mancanza di una apertura rapida potrebbe comportare l’estensione del guasto anche alla parte di rete sana. Le linee DC dei collegamenti che sfruttano convertitori VSC presentano una impedenza più bassa e quindi una corrente di corto più elevata rispetto agli LCC (a causa della mancanza del reattore di filtraggio lato continua). Per proteggere la parte sana della rete DC si utilizzano i cosiddetti DCCB (Direct Current Circuit Breaker) Ultra Fast, ovvero interruttori progettati appositamente per correnti continue in grado di interrompere il circuito di guasto in tempi che vanno dai 3 ai 10 ms. Tali oggetti possono essere composti da combinazioni di componenti meccanici e componenti elettronici come IGBT.

Configurazione della struttura di trasmissione HVDC

La scelta della topologia e della configurazione della rete DC è principalmente influenzata dai livelli richiesti di affidabilità, potenza, investimenti disponibili e conformità alle politiche della regione di allocazione del sistema.

Le tipologie di collegamento più usate sono la monopolare e la bipolare. Le connessioni di tipo back to back, come accennato nel capitolo precedente, sono primariamente utilizzate per il collegamento di rete asincrone confinanti.

Nella figura 4 sottostante sono visibili i tipi di collegamento più utilizzati.

Figura 4. Configurazioni tipiche di collegamenti HVDC: (a) collegamento monopolare asimmetrico; (b) collegamento monopolare simmetrico; (c) collegamento bipolare con possibile bypass.

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Le configurazioni (A) e (B) corrispondono alle configurazioni monopolari. in tale struttura la trasmissione di potenza tra i convertitori ai terminali avviene attraverso l’utilizzo di un singolo polo dimensionato per la tensione DC totale. Il circuito di ritorno può essere una “strada” a bassa tensione (monopolo asimmetrico, (A) in figura), realizzata con un elettrodo messo a terra oppure può essere un ritorno metallico sempre a bassa tensione. Eliminare l’elettrodo di ritorno comporta una riduzione dei costi ma comporta una progettazione accurata dell’elettrodo di terra che deve essere dimensionato per la corrente nominale di linea. Il ritorno attraverso il terreno comporta impatti negativi a livello ambientale (corrosione alle strutture metalliche vicine e rischi per la fauna ittica nel caso di collegamenti oltremare). Quando viene invece utilizzato il conduttore di ritorno, esso deve essere dimensionato per la corrente nominale del collegamento, ma l’solante necessario deve soddisfare dei requisiti molto più blandi rispetto all’isolante del terminale ad alta tensione. Le connessioni a monopolo asimmetrico sono per lo più utilizzate per HVDC che sfruttano convertitori di tipo LCC.

L’altra struttura a monopolo utilizzata è quella definita come “simmetrica” (B). Tale tipo di struttura ha il vantaggio di permettere la divisione su due poli della totale tensione d’isolamento (due conduttori a ±250 kV a fronte di uno a 500 kV). Il vantaggio è più marcato qualora si utilizzi conduttore in cavo, in quanto è richiesta una minore tensione di isolamento agli isolanti dei conduttori e dei componenti di stazione. Tale connessione è molto usata per i collegamenti con stazioni off-shore attraverso convertitori VSC. Può comunque essere utilizzato per collegamenti che usano convertitori LCC come il NorNed Link, HVDC da 700 MW collegante la Norvegia ai Paesi Bassi.

Lo svantaggio principale per la tipologia monopolare è la mancanza di ridondanza. In caso di guasto su una delle linee o sui convertitori perdo completamente la capacità di trasmettere potenza attraverso il collegamento.

Nel modello Simulink usato nella simulazione della presente tesi è stato implementato un collegamento del tipo monopolare simmetrico. L’utilizzo di un tipo di collegamento o di un altro non influisce in maniera significativa sugli obbiettivi e sui risultati ottenuti dal presente lavoro.

La figura sopra (C) illustra la struttura di un HVDC con connessione tra stazioni di tipo bipolare. È una configurazione molto usata se è necessario avere una buona affidabilità per il collegamento. Nella struttura di figura è presente la possibilità di connessione intermedia tra i convertitori attraverso il terreno o attraverso un conduttore metallico intermedio. In caso di guasto su una linea o su un convertitore si ha la perdita della metà

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della capacità di trasmissione a fronte di quella totale in caso di guasto su connessione monopolare.

Conduttori:

Come per le linee in AC sono utilizzati elettrodotti che presentano conduttori nudi o conduttori in cavo. A differenza di ciò che avviene sulle linee AC i cavi eserciti in continua non hanno limitazione in lunghezza massima.

La struttura dei tralicci per le linee aree è simile a quella delle linee aeree in AC, ciò che varia maggiormente è il numero di conduttori e la distanza di isolamento tra essi. In DC non è presente l’effetto pelle per cui i conduttori possono essere realizzati in conduttore pieno, aumentando la sezione disponibile al passaggio della corrente.

I collegamenti ad elevata potenza per lunghissime distanze utilizzano conduttori aerei nudi. Le elevate potenze in gioco, superiori ai 2000 MW, necessitano per contenere le perdite di tensioni elevate spesso superiori ai 1000kV.

Queste tensioni comporterebbero stress molto elevato per gli isolanti costituenti i cavi, soprattutto nel momento in cui, utilizzando convertitoti LCC sia costretto ad invertire la tensione per invertire i flussi di potenza. Il problema non si pone nelle linee aree poiché posso ovviamente aumentare la distanza tra i conduttori all’aumentare della tensione [].

Figura 5. Strutture tipiche di sostegni per condutture aeree. ROW (right of way) indica la dimensione trasversale dei sostegni.

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Le linee in cavo sono invece la scelta obbligata nel momento in cui è necessario fare passaggi sotterranei o sottomarini. Attualmente [11] il collegamento in cavo di potenza maggiore è il collegamento Western HVDC link tra Galles e Scozia, con una potenza di 2200 MW e 600 kV. La scelta tra cavo e linee aeree non è indipendente dai vincoli ambientali e dalle politiche delle amministrazioni della zona in cui si trova l’HVDC. Di notevole importanza, quando si deve considerare la scelta tra conduttori in cavo o nudi e il fatto che i conduttori aerei sono molto esposti a guasti transitori come quelli da fulminazione o da ambiente esterno in generale, cosa che non avviene per i conduttori in cavo.

I tipi principali di isolanti usati nei cavi per HVDC sono i mass impregnated (M.I.) e gli Extruded Cables (XLPE)

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2.3 Reti HVDC multiterminali

Il collegamento tra stazioni di conversione è uno degli aspetti più critici per la tecnologia HVDC.

Le stazioni possono essere connesse point to point, ovvero un collegamento tra singole stazioni di conversione, che è il caso che più frequentemente si verifica nelle applicazioni reali, o collegate in modo da dar vita alle così dette MTDC (Multi Terminal Direct Current) attraverso le quali sono connesse più stazioni di conversione (in serie o in parallelo). Per quanto riguarda le connessioni multiterminali che utilizzano convertitori a commutazione naturale ne esistono solo un paio nel modo, tra cui il collegamento Sardegna-Corsica-Italia (a tre terminali). La difficoltà nel realizzare MTDC con convertitori LCC sta nel riuscire a controllare i flussi di potenza attraverso l’inversione della tensione ai capi dei convertitori di stazione.

D’altronde i VSC, avendo un controllo indipendente di potenza attiva e reattiva e potendo invertire i flussi di potenza invertendo la corrente e mantenendo invece costante la tensione sulla rete (anche magliata) in corrente continua, permettono un più agevole controllo delle configurazioni MTDC. La quasi totalità degli HVDC multiterminale utilizza quest’ultimi convertitori nelle proprie stazioni. La natura delle strutture di conversione comporta una ridotta capacità di trasmissione di potenza delle MTDC rispetto alle connessioni Point-to-Point.

Figura 7. Rappresentazione di una generica rete VSC-MTDC per l'utilizzo di energia da parchi eolici off-shore

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In genere le reti di tipo MTDC sono utilizzate per l’interconnessione tra più centri di generazione (in particolare campi eolici off-shore) con centri di carico (quali piattaforme anch’esse off-shore) e rete prevalente ad un estremo.

I vantaggi di un sistema MTDC, che in larga parte sono gli stessi riscontrabili in reti AC interconnesse, possono essere riassunti nei seguenti punti:

- Miglioramento dell’affidabilità: un singolo guasto in una connessione HVDC point-to-point causa una perdita di connessione nella rete AC e potrebbe avere un impatto significativo sulla stabilità del sistema in funzione. In un sistema MTDC è possibile reindirizzare il flusso di potenza in caso di un singolo guasto, pertanto incrementa l’affidabilità del sistema.

- Riduzione di potenza: il picco di domanda di differenti sistemi AC non avvengono allo stesso istante (non contemporaneità). La domanda di picco del sistema MTDC risulta molto inferiore della sommatoria delle domande di picco dei collegamenti HVDC point-to-point. Per tanto la potenza installata in generazione può essere ridotta, così come le taglie dei convertitori di potenza.

- Riduzione della potenza di riserva: la riserva rotante (spinning) richiesta nei sistemi AC può esser ridotta in modo direttamente proporzionale quando la rete DC connetta la generazione con differenti centri di carico.

- Riduzione del curtailment da generazione eolica: quando una molteplicità di centrali eoliche sono connesse tramite collegamenti HVDC point-to-point a reti in AC, l’operatore di sistema potrebbe tagliare la produzione eolica di qualche centrale qualora dovesse adattare il profilo di carico del sistema AC corrispondente. Mentre quando le centrali eoliche sono integrate mediante una rete MTDC tale limitazione di potenza prodotta può essere ridotta in quanto la stessa può essere scambiata tra aree differenti.

- Riduzione della variabilità da generazione rinnovabile: dato che la rete MTDC può agevolare l’integrazione tra più centrali eoliche, è possibile in questo modo ridurre la variabilità del profilo di generazione.

- Facilità di manutenzione: la manutenzione annuale e preventiva dei generatori e dei convertitori di sistema diventa più facile dato che la potenza può essere reindirizzata attraverso la rete magliata in caso di fuori uso di una o più stazioni di conversione. - Scambi di potenza e economia: il sistema MTDC può facilitare il commercio di energia tra più regioni come avviene oggi per i sistemi AC.

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Figura 8. Collegamento serie di una rete MTDC (sopra) e collegamento di tipo parallelo (sotto). Il primo tipo obbliga ad una regolazione della tensione di ogni convertitore per regolare la potenza

trasmessa; nel secondo tipo è necessario regolare la corrente di ogni stazione.

L’utilizzo di convertitori di tipo VSC permette di ottenere prestazioni in termini di controllabilità dei flussi di potenza e di elasticità di funzionamento superiori rispetto ai convertitori LCC. Ciò li rende molto più adatti per la costruzione di reti di tipo MTDC.

Controllo reti MTDC

Il controllo della tensione DC è il punto chiave per il controllo coordinato delle reti VSC-MTDC. Le tipologie di controllo standard sono sostanzialmente due:

 Controllo coordinato con controllo di tensione DC a singolo punto  Controllo coordinato con controllo di tensione DC multiterminale

Il controllo di tensione a singolo punto prevede un controllo di tipo Master-Slave. In questo metodo, solo una stazione di conversione regola la tensione continua del collegamento, gli altri convertitori lavorano in controllo di corrente o di potenza per mantenere il bilanciamento del sistema. Il controllore che lavora come regolatore di tensione è settato come master, gli altri che compiono la regolazione di corrente/potenza sono gli slaves. Questa modalità, relativamente semplice, ha lo svantaggio di lasciare la tensione DC del sistema fuori controllo nel caso in cui avvenga un guasto nella stazione di conversione adibita al controllo di essa.

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Il controllo di tensione multiterminale prevede che tutte le stazioni di conversione possano svolgere la regolazione di potenza in controllo di tensione DC costante.

In ciascuna stazione di conversione è applicato un controllo droop della tensione DC con la capacità di regolazione della potenza per coordinare la collocazione di potenza tra i convertitori.

Il principio base del controllo della tensione DC è espresso nell’equazione seguente:

𝑉 = 𝑉 + 𝑘 𝑃 − 𝑃 (2.1)

K è un coefficiente direttamente correlato all’assegnazione dello sbilanciamento della potenza attiva nella rete DC. Se ogni stazione ha lo stesso coefficiente k lo squilibrio di potenza sarà riassegnato a ogni stazione in maniera uguale. Quando invece il coefficiente k è diverso tra le varie stazioni di conversione, le stazioni con k più grande prenderanno si faranno carico in maniera minore dello sbilanciamento di potenza attiva. Stazioni con un k ridotto si faranno carico maggiormente dello sbilanciamento di potenza. Questo tipo di controllo permette una risposta più rapida nella regolazione di tensione nel momento in cui si hanno variazioni di potenza all’interno della rete DC. Non è necessario, inoltre, modificare la modalità di controllo dei convertitori in caso di bisogno e non è necessaria comunicazione tra le varie stazioni.

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2.4 Line Commutated Converter (LCC)

2.4.1 Generalità

La conversione dal vettore energetico in corrente alternata al vettore energetico in corrente continua e viceversa, nei convertitori a commutazione naturale è effettuata mediante tiristori. La configurazione del ponte a tiristori è la classica di Greatz. L’istante in cui il tiristore inizia la conduzione o si spegne dipende dalle forme d’onda della tensione alternata a frequenza di linea e dai segnali di comando dati ai gate dei tiristori. Il trasferimento e la commutazione della corrente da una valvola a quella successiva avvengono in modo naturale grazie alla presenza di tali tensioni alternate. Per una data tensione di linea quella media sul lato DC può essere variata in modo continuo tra un massimo positivo e un minimo negativo. La corrente lato DC non può invece cambiare direzione, rendendo il convertitore trattabile in prima analisi come un generatore di corrente. Quindi un convertitore di questo tipo può operare solamente su due quadranti del piano Vd-Id (ad esempio I° e IV° quadrante).

Qui i valori positivi di Vd e Id implicano un funzionamento da raddrizzatore per il quale la potenza fluisce dal lato DC al lato AC. Nella modalità inverter, Vd diventa negativa (Id resta positiva) e la potenza viene trasferita dal lato DC al lato AC. La necessità dell’inversione della polarità della tensione per invertire la direzione del flusso di potenza non un problema di poco conto in quanto causa un notevole stress sui componenti del sistema, quali le valvole e gli isolamenti dell’elettrodotto. La configurazione più comune è quella composta da 2 ponti, in cui i tiristori sono sottoposti a tensioni sfasate tra loro di 60° (attraverso un trasformatore con secondario a doppio avvolgimento). La configurazione a doppio ponte permette di migliorare la forma d’onda della tensione e della corrente assorbita o erogata, ovvero diminuire le armoniche multiple della fondamentale (le armoniche presenti sono per lo più di indice dispari).

Lo stato dell’arte attuale permette una tensione massima da imporre ai capi dei singoli tiristori non superiore ai 9 kV. Per arrivare ai valori di tensione usuali degli HVDC, ovvero oltre i ± 250 kV fino a ±1000 kV è necessario utilizzare una struttura in cui ogni valvola del ponte del convertitore è composta da più tiristori connessi in serie.

Durante la commutazione quella che si ottiene è una forma d’onda che è realizzata a gradini man mano che vengono attivati di seguito i tiristori costituenti le valvole (è possibile farlo attraverso l’attivazione dei vari gate a istanti successivi)

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Figura 9. Schema tipico di un LCC-HVDC

Gli LCC oltre che l’energia proveniente della linea DC hanno bisogno di una fonte esterna per:

 Ricevere la necessaria potenza reattiva. Il convertitore assorbe fino ad un 50-60% della potenza di dimensionamento del ponte in potenza reattiva a causa dell’elevato sfasamento tra corrente e tensione. Tale potenza reattiva è più elevata man mano che l’angolo di ritardo d’accensione aumenta.

 Ricevere la necessaria tensione di riferimento sincrona, in particolare il riferimento di frequenza, per il segnale di accensione dei tiristori.

 “Fornire” la necessaria potenza di cortocircuito per assicurare che la commutazione avvenga in un tempo ragionevole. Quindi la rete a cui è connessa deve avere una elevata potenza di corto circuito, di alcune volte maggiore della potenza di dimensionamento del ponte (per il GRITA sono richiesti 3 GVA a fronte di un collegamento HVDC da 500MVA). Una elevata potenza di corto circuito della rete alimentante è necessaria anche per garantire la stabilità del sistema di controllo [2].

Il principale “inconveniente” degli LCC è la loro impossibilità di alimentare una rete passiva.

Da quanto detto si evince che un convertitore di tipo LCC non può essere utilizzato come black start per ripristinare una rete AC isolata dopo un blackout, in quanto viene a mancare quanto meno la frequenza di riferimento e la potenza reattiva per assicurare le commutazioni, a meno che non si usino particolari accorgimenti ad hoc.

Un’ulteriore difficoltà che deve essere affrontata nel momento in cui si vanno ad utilizzare gli LCC è la necessità di avere un collegamento con una rete AC relativamente forte. Ovvero con una potenza di cortocircuito di almeno 2 o 3 volte la potenza di dimensionamento del convertitore. Questo è dovuto al fatto che il convertitore deve sincronizzare gli impulsi di accensione dei tiristori con la frequenza propria della rete

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collegata. Nel caso in cui la rete AC non sia sufficientemente forte, non si ha una tensione abbastanza stabile in frequenza e modulo da permettere un agevole commutazione delle valvole. Ciò può portare anche a delle mancate commutazioni delle valvole del convertitore. Il collegamento HVDC (a SCR) “GRITA”, che connette Puglia e Grecia, applica uno spegnimento dei convertitori di stazione qualora la potenza di cortocircuito delle reti AC scenda sotto i 3600 MVA

La tecnologia LCC non permette salvo rarissimi casi la costruzione di HVDC multi-terminale che collegano diverse reti in alternata. Il controllo dei flussi di potenza attiva e reattiva in tali situazioni è reso difficoltoso dal fatto che per invertire i flussi tra due terminali si rende necessario invertire la polarità della tensione ai capi dei convertitori. Ciò comporta l’inversione della tensione (e quindi del flusso di potenza) per tutte le linee collegate allo stesso terminale. Questo introduce notevoli costrizioni di operatività per il sistema. I convertitori LCC hanno una maggiore capacità di trasmissione in potenza rispetto alla tipologia VSC che vedremo in seguito. Gli attuali tiristori rispetto ai moderni IGBT/GTO riescono a sopportare tensioni e correnti maggiori, [16] ciò significa a parità di tensione e potenza di progetto per il collegamento HVDC un notevole risparmio di numero di componenti e quindi dei costi.

La potenza persa durante il funzionamento a pieno carico dei convertitori a commutazione naturale di stazione si aggira intorno al mezzo punto percentuale della potenza nominale.

2.4.2 Analisi e Architettura di controllo

È possibile utilizzare il circuito in figura 10 per analizzare il funzionamento del convertitore a tiristori, sia nel caso di funzionamento da raddrizzatore sia nel caso di funzionamento da invertitore.’

Le ipotesi sotto le quali è utilizzabile il circuito in figura 10 a sinistra sono le seguenti:  La corrente DC è ritenuta costante (quindi idealmente induttanze di valore

elevato) e dunque schematizzabile come un generatore di corrente.

 La rete AC ha una potenza di corto circuito infinita, che equivale a dire che la rete è molto forte.

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Per semplicità verrà inizialmente trattato il funzionamento da raddrizzatore del convertitore.

Figura 10. A sinistra: schema di un convertitore trifase ideale a SCR; a destra: convertitore trifase con la presenza delle induttanze di linea Ls

La tensione media lato DC (𝑉 ) può essere calcolata nel seguente modo:

si parte dal calcolare la tensione nel caso in cui l’angolo 𝛼 di accensione sia nullo. In quel caso ottengo la stessa espressione di un ponte a diodi

𝑉 = 3

𝜋 √2 𝑉 cos(𝜔𝑡) 𝑑(𝜔𝑡) = 3√2

𝜋 𝑉 (2.2) dove:

 𝑉 = tensione media lato DC con 𝛼 = 0 (funzionamento come ponte a diodi)  𝑉 = tensione concatenata del sistema

 𝜔 = pulsazione angolare del sistema di tensioni AC [rad/s]

Per calcolare la tensione media lato DC in presenza di 𝛼 ≠ 0 si può prendere in esame la figura 11. In essa si nota che per ogni angolo 𝛼 si ha una diminuzione dell’area sottesa dalla curva per ogni periodo.

Figura 11. Forma d'onda della tensione lato DC (𝒗𝒅) di un raddrizzatore. In neretto la tensione in

caso di 𝜶 ≠ 𝟎. 𝒗𝒂𝒏, 𝒗𝒃𝒏, 𝒗𝒄𝒏, sono le tensioni lator AC del raddrizzatore; 𝒗𝒂𝒄, 𝒗𝒂𝒃, 𝒗𝒃𝒄, sono le tensioni

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La sottrazione dall’area persa a causa del ritardo di accensione, indicata con 𝐴 , permette di calcolare la tensione 𝑉

𝑉 = 𝑉 −𝜋𝐴 3

(2.3) Da considerazioni di tipo geometrico si può ricavare:

𝐴 = √2 𝑉 sin(𝜔𝑡) 𝑑(𝜔𝑡) = √2 𝑉 (1 − cos(𝛼)) (2.4)

Sostituendo nell’equazione (2.2) si ottiene:

𝑉 =3√2

𝜋 𝑉 cos(𝛼) = 𝑉 cos(𝛼) (2.5) Nelle ipotesi fatte per l’analisi del convertitore si è specificato che la corrente lato continua è ritenuta costante: 𝑖 (𝑡) = 𝐼 . Sotto questa ipotesi è facilmente calcolabile la potenza attiva P:

𝑃 = 𝑉 𝐼 = 1,35 𝑉 𝐼 cos(𝛼) (2.6)

Prendiamo ora in considerazione il caso non ideale, ovvero in cui vi è la presenza di una induttanza non nulla 𝐿 ≠ 0 lato AC del convertitore.

La corrente non si annulla più in maniera istantanea. Per un dato valore dell’angolo di ritardo 𝛼 la corrente commuta con un intervallo di tempo non nullo, in cui la forma d’onda della tensione percorre un angolo 𝑢. La situazione in cui ci si viene a trovare è quella di figura 12, in cui sta avvenendo la commutazione tra i tiristori 𝑇 e 𝑇 . Nell’intervallo di tempo di commutazione 𝑢 i due tiristori conducono contemporaneamente e le tensioni di fase 𝑣 e 𝑣 sono collegate tra loro attraverso l’induttanza complessiva 2𝐿 . La commutazione finisce nel momento in cui 𝐼 decresce fino a 0 e 𝐼 raggiunge il valore 𝐼 .

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Figura 12. Sopra: circuito equivalente del raddrizzatore durante la commutazione tra due valvole; Sotto: andamento della tensione concatenata e corrente delle valvole durante la commutazione Durante la commutazione vale che

𝑣 = 𝑣 − 𝑣 (2.7) 𝑣 = 𝐿 𝑑𝑖

𝑑𝑡 (2.8) La riduzione dell’area dovuta all’intervallo di commutazione è la seguente:

𝐴 = 𝑣 𝑑(𝜔𝑡) = 𝜔𝐿 𝑑𝑖 = 𝜔𝐿 𝐼 (2.9)

Si ottiene quindi la tensione media lato DC considerato gli effetti delle commutazioni: 𝑉 =3√2

𝜋 𝑉 cos(𝛼) − 3𝜔𝐿

𝜋 𝐼 (2.10)

Il termine moltiplicativo di 𝐼 è una caduta di tensione che provoca un abbassamento del valor medio della tensione, proporzionale alla corrente circolante sulle valvole. All’aumentare della corrente in uscita dal raddrizzatore si ha una diminuzione dell’area di 𝑉 e quindi un abbassamento del valor medio.

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Tale termine è identificato da qui in avanti come 𝑅 :

𝑅 =3𝜔𝐿

𝜋 (2.11)

Il nuovo parametro cosi definito dà luogo ad una caduta di tensione, ma non ad una perdita di energia per effetto Joule. Vale quindi per la determinazione della tensione media lato DC, ma non per un’analisi energetica.

In modo più compatto si può riscrivere l’equazione ottenuta, esprimente la caratteristica di una retta sul piano 𝑉 -𝐼

𝑉 = 𝑉 ∙ cos 𝛼 − 𝑅 ∙ 𝐼 (2.12)

Funzionamento da inverter

Per capire la modalità di funzionamento da inverter, si suppone che il lato DC del convertitore sia rappresentato da un generatore ideale di corrente continua Id.

Figura 13. Andamento della tensione lato continua nel funzionamento da inverter

Per un angolo di ritardo 𝛼 maggiore di 90° ma minore 180° il valore medio di Vd è negativo in accordo con l’equazione (2.12).

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Sul lato AC la potenza negativa implica che l’angolo di sfasamento tra 𝑣 e 𝑖 sia più grande di 90°. Nel circuito reale mostrato in figura 10, il punto di funzionamento per un dato valore di 𝐸 e 𝛼 può essere ottenuto dalle caratteristiche mostrate nella figura 14.

Figura 14. Caratteristiche ad angolo di accensione costante per i convertitori a commutazione naturale L’angolo di spegnimento 𝛾 = (𝜋 − 𝛼 − 𝑢) deve essere più grande dell’intervallo 𝜔𝑡 , con 𝑡 tempo di spegnimento minimo del tiristore. Dopo lo spegnimento di ogni tiristore è necessario garantire che la tensione anodo-catodo rimanga negativa per un tempo non inferiore ad un tempo minimo necessario alla deionizzazione della valvola. In caso contrario si ha la conduzione non voluta della valvola senza l’accensione del gate, che comporta problemi di funzionamento al convertitore.

Per l’avviamento dell’inverter, l’angolo di ritardo 𝛼 inizialmente deve essere sufficientemente elevato (ad es. 170°) così che 𝑖 sia discontinua; successivamente 𝛼 viene diminuito dal regolatore in modo da ottenere i valori di Id e Pd desiderati.

Le equazioni che si ottengono lato DC del convertitore nel funzionamento da inverter sono le seguenti:

−𝑉 = 𝑉 ∙ cos 𝛽 − 𝑅 ∙ 𝐼 (2.13)

−𝑉 = 𝑉 ∙ cos 𝛾 − 𝑅 ∙ 𝐼 (2.14)

Il controllo esercito basandosi sulla prima equazione è definito a In cui 𝑅 e 𝑉 sono quelle precedentemente espresse; e in cui:

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 𝛼 è l’angolo di ritardo di accensione dei tiristori

 𝛾 è l’angolo turn-off per la deionizzazione della valvola.

 𝛽 è l’angolo dato dalla somma dell’angolo di spegnimento u con l’angolo 𝛾  𝑉 è il valor medio della tensione lato DC

Le due equazioni hanno lo stesso significato ma esprimono due modi diversi di controllo della modalità inverter.

L’equazione (2.12) si riferisce al controllo del tipo ad angolo di accensione minimo. Benché non compaia direttamente 𝛼 ma l’angolo 𝛽, quest’ultimo è definito come la somma di 𝛼 con l’angolo 𝑢 e quest’ultimo, non controllabile, dipende solo dal modulo di 𝐼 . L’equazione (2.13) si riferisce al controllo ad angolo di estinzione (𝛾) minimo, ed è la tipologia di controllo più usata. Per ottenere gamma il più ridotto possibile, che comporta un miglior trasferimento di potenza a pari corrente imposta, è necessario che 𝛼 sia il più vicino possibile a 180°, infatti si ricorda che 𝛾 = (𝜋 − 𝛼 − 𝑢). Al variare dell’angolo α la caratteristica trasla come si può vedere nella figura seguente, determinando se il convertitore sta funzionando nella area raddrizzatore o inverter.

Figura 15. A sinistra angoli caratteristici per le regioni di funzionamento descritte. Modalità inverter esercita a 𝜸 costante e modalità raddrizzatore ad 𝜶 costante. A Destra curve caratteristiche del

convertitore LCC.

Il raddrizzatore è solitamente gestito in modalità ad 𝛼 costante e minimo e a corrente costante una volta raggiunto il limite di corrente (figura 16 e figura 17). Al fine di incrementare il valore della tensione raddrizzata e migliorare il più possibile

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il trasferimento di potenza, 𝛼 ottimale dovrebbe essere impostato a 0. In genere si utilizza un 𝛼 pari a 2-5 gradi in maniera di avere una tensione minima sufficientemente elevata da permettere la conduzione. Un alfa inferiore potrebbe dar luogo ad uno stimolo di gate nel momento in cui la tensione sul tiristore non è ancora positiva, e quindi portare ad una mancata accensione della valvola. Nella modalità a corrente costante tratto verticale in figura 17 viene regolato 𝛼 e quindi la tensione raddrizzata in modo da mantenere la corrente sotto il limite termico delle valvole.

Figura 16. Punto di lavoro risultante dall’incrocio delle caratteristiche dei convertitori LCC di un sistema HVDC

La caratteristica dell’inverter è anch’essa composta da due tratti: gamma minimo (semiretta ascendente) e corrente costante (tratto verticale).

All’inverter spetta il compito di regolare la tensione DC mediante il controllo di 𝛾. In questa modalità viene operato un compromesso tra un basso rischio di fallimento della commutazione, che corrisponderebbe a (𝛾 ampio) e un basso assorbimento di potenza reattiva (𝛾 ridotto). Solitamente 𝛾 è settato a 15° - 20°.

Come per il raddrizzatore l’inverter è tenuto a effettuare il controllo della corrente (tratto verticale) ma la corrente richiesta è solitamente minore della corrente richiesta dal raddrizzatore e tale differenza si aggira intorno a 0,1 p.u. Il valore di tale differenza è scelto in maniera sufficientemente elevato per fare in modo che la caratteristica a corrente costante di inverter e raddrizzatore non vengano ad interagire per qualche corrente armonica.

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raddrizzatore diminuisce forzando la linea AB a scendere (figura 17). Come sopra accennato, il normale funzionamento prevede che il raddrizzatore controlli la corrente DC mentre l’inverter regola la tensione DC.

Figura 17. Caratteristica raddrizzatore-inverter utilizzata per la descrizione del funzionamento Se la tensione di rete diminuisce, l’angolo di innesco viene ridotto per mantenere la tensione raddrizzata al valore desiderato. Quando 𝛼 raggiunge il limite minimo consentito, il raddrizzatore commuta alla modalità controllo su 𝛼 limite e l’inverter prende a funzionare con controllo di corrente. Il raddrizzatore infatti mantiene la corrente costante variando l’angolo di innesco 𝛼,ma quando 𝛼 raggiunge il valore limite minimo non è possibile aumentare ulteriormente la tensione raddrizzata e il raddrizzatore passa alla modalità di angolo di innesco costante. Questo muove il punto di lavoro da X a Y (figura 17) e permette di mantenere la corrente e dunque la potenza nel range di 0.9-0.95 p.u.

A causa degli elevati livelli di potenza associati alla trasmissione HVDC è importante ridurre le armoniche generate sul lato AC e il ripple prodotto sul lato DC del convertitore. Questo è realizzato mediante l’uso di un convertitore a dodici impulsi. All’analisi di Fourier delle correnti del ponte esafase ne risulta che le armoniche presenti hanno ordine 𝑛 = 12𝑘 ± 1, contro 𝑛 = 6𝑘 ± 1 riscontrabile nei convertitori trifase. Questo comporta un minor contenuto armonico e un più facile filtraggio delle armoniche ad alta frequenza.

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2.5 Voltage Source Converter (VSC)

2.5.1 Generalità

La configurazione dei collegamenti HVDC in cui si utilizzano i VSC è sostanzialmente la stessa che è stata mostrata precedentemente per quanto riguarda gli LCC-HVDC.

Figura 18. Schema tipico di un collegamento VSC-HVDC

I convertitori costituiti da componenti comandabili sia in accensione che in spegnimento permettono un controllo su quattro quadranti per quanto riguarda la potenza attiva e reattiva.

I componenti elettronici costituenti le valvole sono gli IGBT o i GTO, ciascuno di essi con un diodo di ricircolo in antiparallelo.

Come controllo per generare le forme d’onda di tensione viene usata la modulazione PWM (Pulse Width Modulation) o l’SV-PWM (Space Vector PWM). Queste modalità di controllo richiedono frequenza di commutazione dell’ordine dei kHz, e permettono di ottenere una buona forma d’onda con armoniche spostate verso frequenze elevate. Ciò dà luogo ad un più facile filtraggio delle armoniche multiple della fondamentale. Quando le potenze superano le decine di MW si ricorre ai cosiddetti Multilevel Converter (MLC). Essi sono composti da più IGBT cui viene connesso in parallelo un condensatore. La combinazione dei due elementi realizza quello che è definito come sottomodulo. I sottomoduli sono connessi in serie per ciascuna valvola di ciascun ramo. Questo permette di avere a disposizione 2N+1 livelli di tensione (N numero di IGBT/GTO per valvola) per costruire la sinusoide di tensione. Vengono quindi attivati in sequenza un certo numero di moduli di ciascun ramo in conduzione per ottenere il livello di tensione voluto. Con la soluzione a N livelli ogni cella lavora a bassa frequenza di commutazione e ciò

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permette di avere delle perdite di commutazione ridotte [barsali] e una ridotta necessità di filtraggio delle armoniche.

Figura 19. Struttura di un convertitore VSC multilivello monofase.

La maggiore fonte di perdite di potenza del convertitore sono le commutazioni non idali degli switch elettronici. Questo è dovuto al fatto che durante il transitorio di commutazione (sia in accensione che in spegnimento) la corrente non si annulla istantaneamente e la tensione è presente ai capi del dispositivo (valvola in transizione), il prodotto tensione corrente è quindi diverso da 0. Il ruolo degli snubber è quello di limitare la corrente e i tempi di commutazione e smorzare le sovratensioni.

Rispetto agli LCC i convertitori a commutazione forzata sono svincolati dalla necessità di una tensione alternata di riferimento per permettere la commutazione.

Essi si comportano come dei generatori di tensione, in cui si impone quest’ultima. Si rende necessario utilizzare un condensatore come filtro all’uscita DC del convertitore in modo da diminuire il ripple di tensione durante le commutazioni delle valvole. Per invertire il flusso di potenza è necessario invertire il verso della tensione e non della corrente, in maniera duale rispetto a quanto precedentemente osservato per gli LCC. Il fatto di poter accendere e spegnere i componenti in maniera arbitraria, senza la presenza di una frequenza esterna imposta, permette un controllo il posizionamento del vettore della tensione alterate in qualsiasi punto del piano di Gauss in maniera pressocché istantanea.

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Dato il fatto di poter invertire il flusso di potenza invertendo la corrente nel bus DC e lasciando inalterata la tensione, la tecnologia VSC-HVDC permette di realizzare più agevolmente collegamenti multiterminale. Si rende possibile la connessione di più reti in alternata ed eventualmente anche più reti in continua attraverso il BUS HVDC. Tale possibilità non esiste in pratica per la tecnologia LLC data la difficoltà di controllare i flussi di potenza, lasciando a questa soluzione, salvo rarissimi casi, quali ad esempio il collegamento Italia-Corsica-Sardegna SACOI; solo l’opzione di utilizzare collegamenti di tipo point-to-point.

Di notevole rilievo è il fatto che i VSC permettono un controllo di potenza attiva e reattiva indipendente l’una dall’altra [barsali]. Questo implica quindi la possibilità di lavorare sui quattro quadranti del piano P-Q, e rende disponibili alla rete servizi ausiliari per una migliore stabilità del sistema e per una migliore qualità della tensione di rete.

Una delle logiche di controllo che può essere utilizzata per i convertitori a commutazione forzata, nel caso di connessioni “punto-punto”, è quella di definire la potenza che deve essere trasmessa e far sì che uno dei due terminali controlli la potenza erogata alla rete AC aggiustando la fase della fondamentale della tensione del convertitore. L’altro terminale regolerà la potenza scambiata, in modo da regolare la tensione del bus DC al valore desiderato. Si può vedere sotto una schematizzazione delle possibili logiche di controllo:

Figura 20. Schema riassuntivo delle possibili modalità di controllo dei due convertitori in un collegamento VSC-HVDC

Altrimenti nel caso in cui la linea in continua colleghi due sistemi non connessi attraverso altre linee AC, la potenza trasmessa può essere definita in maniera da far contribuire la line a HVDC alla regolazione della frequenza di uno dei due sistemi. Per far ciò il

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terminale che regola la frequenza deve implementare un controllo di tipo potenza/frequenza (droop). L’altro terminale implementare la logica di adattamento potenza per regolare la tensione lato DC. Un collegamento multiterminale permette invece una maggior ventaglio di scelta sul tipo di controllo che deve essere implementato, anche se porta solitamente ad un livello di complessità maggiore.

Il fatto di non aver necessità di un riferimento di tensione per commutare permette a questo tipo di tecnologia di essere utilizzata anche come impianto black-start per la riaccensione di una rete alternata in blackout.

2.5.2 Analisi ed Architettura di controllo

Per analizzare i flussi di potenza e le grandezze di controllo del collegamento con convertitori VSC si può fare riferimento allo schema sotto (figura 21):

Figura 21. Schematizzazione di VSC-HVDC, utilizzata per l’analisi. I trasformatori sono modellizzati con una reattanza (𝑋 e 𝑋 )

I flussi di potenza attiva attraverso un bipolo passivo prevalentemente reattivo come nel caso in esame possono essere calcolati come segue:

𝑃 = |𝑉 | ∙ |𝑉 | ∙ sin 𝛿

𝑋 (2.15) Dove:

 𝑃 è la potenza alla sbarra 1

 𝑉 è la tensione all’avvolgimento lato AC del trasformatore inviante

(40)

40

 𝑋 è la reattanza longitudinale del trasformatore del convertitore inviante  𝛿 è l’angolo di sfasamento tra la tensione 𝑉 presa a riferimento e 𝑉

Per la potenza reattiva otteniamo invece la seguente uguaglianza:

𝑄 = |𝑉 |

𝑋 −

|𝑉 | ∙ |𝑉 | ∙ cos 𝛿

𝑋 (2.16) 𝑄 è la potenza reattiva alla sbarra 1

Con ovvia identificazione dei simboli è possibile scrivere le stesse espressioni analoghe per quanto riguarda la potenza attiva e reattiva all’altro terminale:

𝑃 = |𝑉 | ∙ |𝑉 | ∙ sin 𝛿 𝑋 (2.17) 𝑄 = |𝑉 | 𝑋 − |𝑉 | ∙ |𝑉 | ∙ cos 𝛿 𝑋 (2.18) Il modulo della tensione 𝑉 (𝑉 ) e l’angolo di essa rispetto alla 𝑉 (𝑉 ) può essere variata grazie al sistema di controllo del convertitore,

La possibilità operativa sui 4 quadranti del piano P-Q è possibile identificarla nel diagramma sotto.

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