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RIFIUTI ORGANICI E BIORAFFINERIE – OPPORTUNITÀ E LIMITI

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Editoriale

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RIFIUTI ORGANICI E BIORAFFINERIE – OPPORTUNITÀ E

LIMITI

Alessandra Polettini, Raffaella Pomi

Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale – Università degli Studi di Roma “La Sapienza”.

Ingegneria dell’Ambiente Vol. 3 n. 4/2016

Si può ottimizzare l’attuale approccio alla gestione dei rifiuti organici biodegradabili, che presenta tut-tora numerose criticità per i vincoli e le implica-zioni di carattere tecnico, ambientale ed economi-co, e trasformarlo in uno strumento utile per la crea-zione di una nuova filiera industriale, quella delle cosiddette bioraffinerie, conformemente ai principi della green economy e dell’economia circolare? Sebbene il termine bioraffineria coinvolga numero-si comparti industriali e venga declinato con sfuma-ture diverse a seconda del contesto di riferimento, la definizione più diffusamente accettata è quella in-trodotta dall’Agenzia Internazionale per l’Energia (International Energy Agency, IEA) nel Task 42 sul-le bioenergie, secondo cui essa rappresenta un siste-ma produttivo finalizzato alla conversione sostenibi-le di biomasse in una varietà di prodotti commercia-lizzabili ed energia (IEA, 2008). In accordo alla Di-rettiva Europea 2009/28/CE sulla promozione del-l’uso dell’energia da fonti rinnovabili, il termine bio-massa comprende la frazione biodegradabile di pro-dotti, rifiuti e residui di origine biologica provenien-ti dall’agricoltura, dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la frazione biodegradabile dei ri-fiuti urbani e industriali, e dunque include tanto col-ture dedicate quanto scarti di origine organica. I prodotti ottenibili da una bioraffineria sono rap-presentati da combustibili liquidi e gassosi, biopla-stiche, prodotti chimici di base e sostanze chimiche, ingredienti per la produzione di alimenti e mangimi per animali, additivi per prodotti cosmetici e farma-ceutici e altri. In un approccio basato sul concetto di bioraffineria, peraltro, le tecnologie adottate, che si basano su una molteplicità di processi di natura ter-mochimica, chimica, biochimica e meccanica, si suppongono integrate in modo opportuno sulla scor-ta delle indicazioni di una preliminare analisi del ci-clo di vita e di bilanci di materia e di energia delle alternative disponibili, al fine di assicurare la soste-nibilità tecnica e ambientale del sistema stesso. Le potenziali ricadute che l’applicazione di una sif-fatta filiera circolare avrebbe nel settore della ge-stione dei rifiuti organici sono evidenti, sia per quanto attiene agli ambiti propri della ricerca e del-lo sviluppo, sia in termini di sviluppo industriale e creazione di nuove opportunità di lavoro, oltre che per il contributo alla riduzione della dipendenza da

fonti energetiche fossili e risorse naturali median-te la massimizzazione delle azioni di recupero di materia e di energia.

Ma quali sono effettivamente le potenzialità di svi-luppo delle bioraffinerie nel settore dei rifiuti or-ganici e i principali ostacoli di cui tener conto? Per rispondere a tali quesiti occorre analizzare alcuni elementi critici che intervengono quando si inten-de effettuare il recupero di flussi residuali per la produzione di materia o energia.

Per quanto attiene alla potenzialità del settore, le stime dell’Unione Europea riportano una produ-zione di rifiuti biodegradabili di 118 ÷ 138 milio-ni di t/anno, di cui circa 88 risultano di origine ur-bana mentre la restante parte proviene dal settore della silvicoltura e dell’agroindustria (European Commission, 2010); tra questi la parte più rilevan-te è rappresentata dagli scarti di lavorazioni agri-cole dalla coltivazione di cereali quali orzo, mais e grano (Bakker, 2013).

Le caratteristiche quali-quantitative e la relativa-mente ridotta variabilità stagionale di alcune col-ture dedicate hanno nel recente passato favorito lo sviluppo industriale in piena scala di processi per la produzione di biocombustibili liquidi e gassosi, di biomateriali e di sostanze chimiche di origine biologica ad elevato valore aggiunto da biomasse selezionate. D’altro canto, la possibile sostituzione di biomasse prodotte ad hoc da colture dedicate con rifiuti e residui biodegradabili potrebbe garan-tire, oltre che una corretta gestione dei residui or-ganici, il superamento, almeno parziale, del cosid-detto ben noto dilemma etico “cibo o energia”, ri-ducendo il rischio di “trasformare il cibo per i

po-veri in energia per i ricchi” (Kovarik, 1998).

La vasta disponibilità di residui organici di diversa origine, sia in termini quantitativi sia in termini di caratteristiche di composizione, può produrre rica-dute positive sia dirette sulle rese complessive del-la gestione dei rifiuti sia indirette sulle emissioni evi-tate. In accordo ai risultati delle più recenti ricerche nel settore della digestione anaerobica, ad esempio, la opportuna combinazione dello stadio di digestio-ne convenzionale con uno stadio dedicato alla pro-duzione di bioidrogeno potrebbe consentire, in con-dizioni idonee di processo, di incrementare le rese di conversione in biogas e di migliorare la

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lità del rifiuto, con importanti implicazioni dal pun-to di vista energetico e ambientale. In aggiunta a ciò, l’approccio basato sul concetto di bioraffineria po-trebbe consentire di migliorare le rese di recupero e valorizzazione dei rifiuti biodegradabili grazie alla produzione di un ampio spettro di prodotti ad alto valore aggiunto, potenzialmente in grado di sosti-tuire i loro omologhi convenzionali per la cui pro-duzione sono impiegate risorse naturali (idrocarbu-ri, ma anche specie vegetali o animali). Del resto, proprio la presenza di questo ampio spettro di pro-dotti e la possibilità di integrare in modo diverso i processi per la loro produzione sono alla base di un altro aspetto particolarmente vantaggioso delle bio-raffinerie, ovvero la flessibilità dello schema di pro-cesso, che può essere adattato alle caratteristiche quali-quantitative dei residui organici alimentati e alla domanda di prodotti finiti, considerando che in alcuni casi potrebbe essere privilegiata ad esempio la produzione di prodotti (ammendanti, agenti chi-mici, bioplastiche) rispetto alla sola produzione di energia. A tal proposito, diversi studi suggeriscono che la combinazione in cascata di processi volti al-la produzione di un ampio spettro di prodotti da bio-masse consente di conseguire un ulteriore guadagno in termini di ricadute ambientali complessive ri-spetto all’adozione di processi singoli. Ancora, un vantaggio aggiuntivo derivante dall’adozione di un approccio basato sul concetto di bioraffineria risie-de nella possibilità di riconversione, almeno parzia-le, di parchi industriali del settore petrolchimico, re-cuperandone competenze e professionalità e indivi-duando una possibile linea di ripresa.

Ma è nel superamento degli ostacoli ancora ad og-gi esistenti che si og-gioca la partita più interessante per i diversi attori coinvolti (accademia, centri di ricerca, settore istituzionale, comparto industriale, terziario). È evidente infatti che l’applicazione del concetto di bioraffineria, pur così promettente nel-le sue premesse e nei risultati attesi, può essere osta-colata dalla variabilità quali-quantitativa dei residui alimentati e dall’assenza di una logistica adeguata che consenta di connettere in modo efficace i pro-duttori dei rifiuti, le bioraffinerie, gli utilizzatori dei prodotti intermedi e finali e i consumatori. Inoltre, sono ancora estese le zone “grigie” dei singoli pro-cessi e dei criteri per una loro efficace integrazio-ne, in particolare per quanto attiene ad aspetti qua-li la stabiqua-lità, l’affidabiqua-lità, la riproducibiqua-lità e la de-finizione di criteri operativi. Anche l’assenza di standard per le caratteristiche qualitative dei pro-dotti finali rappresenta un elemento di criticità, poi-ché la chiara identificazione dei requisiti minimi di

qualità e sicurezza dei prodotti sono essenziali per garantirne l’utilizzo finale. Da ultimo, appare evi-dente che tutte le considerazioni in merito alle bio-raffinerie e all’economia circolare non possono pre-scindere dal considerare gli effetti prodotti dai prez-zi del petrolio e degli idrocarburi, la riduprez-zione dei quali limita la competitività, e dunque l’applicabi-lità, di approcci alternativi. A meno che non si de-cida, in modo convinto e motivato, di cambiare rot-ta, sostenendo tale transizione con un impegno im-portante che supporti, ad esempio, la valutazione a scala semi-reale di questa nuova visione.

L’aggiornamento e l’armonizzazione della normati-va, anche nei comparti meno convenzionali delle raffinerie quali quelli relativi alla produzione di

bio-chemicals o di biopolimeri, rappresentano un

ulte-riore aspetto su cui è necessario intervenire per pro-muovere lo sviluppo di tale settore strategico per lo sviluppo e la ripresa industriale. A tal proposito, l’im-plementazione delle bioraffinerie e la creazione di un mercato per i nuovi prodotti sviluppati richiede un adeguato piano di investimenti che miri ad accom-pagnare l’implementazione a scala reale del concet-to di bioraffineria da rifiuti, promuovendo le sinergie tra istituti di ricerca e comparto industriale e favo-rendo la consapevolezza dei consumatori rispetto ai vantaggi derivanti dall’utilizzo dei bioprodotti. In conclusione, non è superfluo tuttavia rilevare co-me l’impleco-mentazione a vasta scala del concetto di bioraffineria non deve escludere o ridurre il com-plesso di azioni da intraprendere per un’effettiva e drastica prevenzione della produzione dei rifiuti bio-degradabili di origine sia urbana che industriale, che ancora incide pesantemente dal punto di vista quan-titativo sui residui prodotti nei paesi industrializzati.

BIBLIOGRAFIA

Bakker, R.R.C. (2013). Availability of lignocellulosic feed-stocks for lactic acid production. Feedstock availability, lactic acid production potential and selection criteria. European Commission (2010). Communication from the

Com-mission to the Council and the European Parliament on fu-ture steps in bio-waste management in the European Union. IEA (2008). (International Energy Agency) Bioenergy Task 42 on Biorefineries. Minutes of the third task meeting. Copenhagen (DK).

Kovarik, B. (1998). Henry Ford, Charles Kettering and the fuel of the future. Automot. Hist. Rev. 7-27.

RINGRAZIAMENTI

Le autrici desiderano ringraziare il taskgroup “Waste Biorefinery” dell’International Waste Working Group (IWWG) per gli interessanti e proficui dibattiti tecnico-scientifici e le collaborazioni di ricerca sul tema delle bioraffinerie.

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per il 2016 è sostenuta da:

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