Karl Marx
Vita e opere
•Nasce a Treviri nel 1818 da famiglia di origine ebraica, convertita per ragioni di convenienza (o sopravvivenza).
•Nel 1836 si trasferisce all’Università di Berlino, città dove conosce la futura moglie Jenny von Westphalen, e dove incontra le personalità più rilevanti della giovane sinistra hegeliana riunite nel Doktorclub (in particolare Bruno Bauer).
•1841: si laurea; impossibilitato ad affrontare la carriera accademica per l’allontanamento dall’università del suo amico e mentore Bauer, si decide per il giornalismo diventa caporedattore del giornale radicale “La gazzetta renana” che però viene chiusa per ordine dell’autorità nel 1843.
•Si trasferisce a Parigi dove pubblica per la rivista “Annali Franco tedeschi” (fondati da A. Ruge) una Critica del diritto pubblico di Hegel anche sull’onda dell’entusiasmo in lui provocato dalla lettura di Feuerbach. A Parigi conosce anche Proudhon, Blanc, Heine e Bakunin, ma soprattutto Engels, l’amico di una vita intera. Da Parigi collabora anche al “Vorwaerts”, giornale degli artigiani comunisti e ciò gli costa l’espulsione dalla Francia nel 1845. In questo periodo (1844) scrive i Manoscritti economico-filosofici.
Vita e opere 2
Dal 1845 al 1848 è in Belgio. Qui matura il distacco dalla sinistra
hegeliana (La sacra famiglia vs B. Bauer; L’ideologia tedesca, scritta
in collaborazione con Engels e per lungo tempo inedita; Miseria della
filosofia, scritta contro Proudhon e il cosiddetto socialismo utopistico.
Nel 1848 scrisse per la Lega dei comunisti, il famoso Manifesto del
partito comunista.
Nel 1848 torna brevemente a Colonia dove fonda la “Nuova gazzetta renana”, quasi subito chiusa dalle autorità. Da Colonia torna a Parigi, ma di qui è nuovamente espulso e si rifugia in Inghilterra (1849).
In Inghilterra, aiutato economicamente da Engels, lavora al Capitale,
pubblica la Critica dell’economia politica e si dedica ad organizzare il movimento operaio internazionale, fondando nel 1864 la Prima
internazionale. Nel 1875 pubblica la Critica del programma di Gotha
Marx hegeliano
Secondo Marx, Hegel ha un grande merito e un grande difetto: - MERITO: Ha elaborato una concezione storico- processuale
dell’intera realtà tramite la dialettica.
- DIFETTO: Ha scambiato il vero protagonista di questa dinamica dialettica, attribuendolo allo Spirito, cioè all’essere astratto invece che all’essere reale e concreto. Si tratta di un capovolgimento che fa della realtà empirica una manifestazione necessaria dello spirito (il concreto manifestazione dell’astratto) invece che degli attributi spirituali una manifestazione dell’essere concreto. Così si
scambiano soggetto e predicato “stravolgendo l’ordine delle cose” (Critica della filosofia hegeliana del diritto
Lo “stravolgimento” (La sacra famiglia)
Nella frase “La mela è un frutto”
Il soggetto mela (reale) viene qualificato
attraverso l’universale “frutto”. Così è ok!
Hegel
invece
fa
dipendere
la
mela
dall’universalità del frutto, affermando che
prima esiste il frutto, il quale dopo si specifica
nella frutta concreta (mela, pera etc.). Egli dice
che il vero soggetto della realtà è il frutto e che
la mela è il frutto uscito di sé, pietrificato nella
Conseguenze
Da ciò consegue un’enfasi sull’astratto ai danni
del concreto che porta Hegel, tra le altre
cose,
1) ad esaltare lo Stato ai danni della società
civile (cioè dei concreti cittadini nei loro
rapporti economici);
2) ad esaltare la religione come “creatrice”
dell’uomo, invece dell’uomo come creatore
Tesi su Feuerbach e critica della
sinistra hegeliana
Nelle Tesi su Feuerbach del 1845,
pubblicate postume da Engels nel 1888,
Marx mette in chiaro quelli che sono
secondo lui i difetti della dottrina della
sinistra hegeliana e in particolare del
maggiore dei suoi esponenti, Ludwig
Feuerbach.
L’errore della sx hegeliana
Se la critica ad Hegel ricalca le precedenti riflessioni
di Feuerbach, tuttavia il piano del pensiero
feuerbachiano e di tutta la sx è ancora quello della
coscienza. Insomma per liberare l’uomo dalle sue
catene non bisogna sostituire un pensiero giusto ad
uno sbagliato, ma modificare le sue reali condizioni
di vita, cioè le condizioni materiali della sua
esistenza e dei suoi rapporti sociali (che, tra l’altro,
sono all’origine della coscienza riflessa e dei suoi
modi di pensare).
La quarta tesi: la filosofia deve
essere una prassi
"La questione se al pensiero umano appartenga
una verità oggettiva non è una questione
teoretica, ma pratica. È nella prassi che l'uomo
deve dimostrare la verità, cioè la realtà e il
potere, il carattere immanente del suo pensiero.
La disputa sulla realtà o non - realtà di un
pensiero isolato dalla prassi è una questione
puramentescolastica."
Ulteriore critica a Feuerbach
Feuerbach aveva ragione a dire che è l’uomo che crea il suo dio come proiezione della sua coscienza (riduzione della teologia ad antropologia). Ma non aveva detto perché ciò accade. In realtà aveva detto che ciò avveniva perché l’uomo trova una natura insensibile ai suoi desideri e alle sue speranze: nella religione, dunque, egli allevia il suo cuore oppresso. Questa spiegazione è tuttavia insufficiente poiché non individua la ragione sociale di tale proiezione. L’afflizione che subiscono gli uomini non è data genericamente dalla natura, ma dalle concrete relazioni di dominio, che producono sofferenza e che fanno in modo che si cerchi consolazione in un aldilà promesso. Una simile ideologia finisce per avvantaggiare le classi dominanti, attutendo, come una droga oppiacea, il dolore e dunque l’istinto salutare di ribellione che dovrebbe animare gli oppressi. Così la religione diventa l’aureola dell’oppressione, vero e proprio “oppio dei popoli”. La critica della religione deve pertanto porsi sul piano squisitamente sociale e politico.
Undicesima tesi su Feuerbach
I filosofi hanno [finora]
solo interpretato diversamente il
mondo; ma si tratta di trasformarlo.«
La filosofia si è fino ad adesso occupata del pensiero, ora bisogna occuparsi di come il pensiero possa inverarsi, cioè trovare la verità nel mondo, una verità che deve essere fatta, costruita dall’uomo con la sua azione guidata dalla critica a tutto ciò che esiste.
L’economia
Per criticare le reali condizioni di vita delle persone bisogna rivolgersi a quella disciplina da cui esse fondamentalmente dipendono: l’economia. Questa è infatti la scienza della produzione dei beni reali che condizionano l’esistenza concreta delle persone, i loro rapporti e anche le dinamiche sociali più ampie comprese quelle del potere e quelle macrostoria dei grandi soggetti politici, come gli Stati. Ora la dottrina economica della sua contemporaneità risulta viziata da alcuni errori commessi dai grandi fondatori di tale disciplina, i cosiddetti «economisti classici» (Adam Smith, David Ricardo, John Stuart Mill).
CRITICA DEGLI ECONOMISTI CLASSICI
(Manoscritti economico-filosofici-1844)
Verso gli economisti classici Marx riconosce il debito fondamentale dell’equazione valore=lavoro: il valore di scambio di un bene è
dato dalla quantità di lavoro socialmente necessario per produrlo (nello scambio di merci vi è dunque un rapporto tra
uomini).
Tuttavia l’economia politica, nello sviluppo delle sue ricerche, assolutizza le condizioni sociali ed economiche nelle quali si trova ad operare, trasformando fenomeni storicamente condizionati in leggi assolute. Così fa per esempio con la proprietà privata, che da elemento storico dovuto ad un fatto, ad un accadimento specifico (l’espropriazione del lavoro dell’operaio) passa ad essere considerata presupposto stabile e inamovibile di ogni riflessione
La politica
Ma per dare alla critica economica, sulla quale poi si
instaurerà un’autonoma dottrina sulla produzione e lo
scambio dei beni, uno sbocco politico, è necessario
assumere e valorizzare i precedenti autori di orientamento
socialista che, con uno sguardo sulle condizioni della
produzione nella società contemporanea, hanno rilevato le
situazioni di ingiustizia e hanno cercato un modello sociale
diverso per porvi rimedio. Tale assunzione va fatta in modo
critico, individuando i punti deboli delle dottrine precedenti
per elaborare una forma di socialismo veramente
scientifico.
Critica del socialismo
(
Manifesto del partito comunista-1848)
Vi sono varie forme di socialismo:
s. reazionario: vuole negare il moderno capitalismo a favore di strutture
economico politiche del passato, pre- borghesi o pre-industriali, sostituendo l’alienazione presente con l’alienazione passata (invece che mirare al superamento di ogni alienazione).
s. conservatore o borghese (il cui principale esponente è Proudhon, il quale viene
più specificamente preso di mira in Miseria della filosofia – 1847) vorrebbe la proprietà emendata dai suoi difetti, proponendo non di eliminarla ma di redistribuirla fra i lavoratori. Tuttavia la dialettica del reale non può generare un fenomeno senza il suo lato negativo e le contraddizioni che derivano dal capitalismo sono connesse necessariamente alla proprietà.
s. utopistico (Saint Simon, Fourier, Owen), vede l’antagonismo delle classi e i mali
connessi necessariamente al capitalismo, ma non ne coglie la genesi storica, non cogliendo così la funzione storica del proletariato come classe
Il livello filosofico
Ma per completare il quadro, lo sguardo deve
giungere ai fondamenti. In tal campo la filosofia
hegeliana rivista da Feuerbach rappresenta lo
strumento di riflessione migliore, a patto che
anche qui si sappia criticamente procedere oltre,
come si è già fatto con lo stesso Hegel, verso
quella filosofia della prassi che, come si è già
visto, costituisce la grande intuizione di Marx.
L’alienazione del lavoro
L’oppressione di cui è oggetto l’uomo contemporaneo deriva dal
fatto che il suo lavoro gli è stato espropriato.
L’uomo si realizza umanizzando la natura attraverso il lavoro,
attività nella quale:
a) soddisfa i suoi bisogni di sussistenza materiale;
b) modifica le condizioni esterne della natura secondo i suoi
progetti e la sua creatività, rendendo la natura qualcosa di
eminentemente umano:
Il lavoro forzato
In regime di proprietà privata il prodotto del lavoro dell’uomo non appartiene più a chi ha compiuto il lavoro stesso, ma a un altro che ha i mezzi per
costringere il lavoratore a lavorare per lui. Il lavoratore, in tale
contesto,
- non possiede gli strumenti del suo lavoro, - non possiede più i risultati del suo lavoro,
- viene costretto a lavorare secondo progetti altrui, nei modi, nei tempi e nei ritmi decisi da altri.
Ciò rappresenta una ferita alla sua umanità e la negazione della sua personalità, che vede ormai il prodotto del suo lavoro come esterno a sé, come suo nemico che nega la sua vita e la sua libertà.
Per liberare il lavoro bisogna però entrare maggiormente nei particolari delle sue dinamiche storiche.
Il materialismo storico
La riflessione di Marx prosegue domandandosi come si sia determinata questa condizione di espropriazione del lavoro. Ma per fare ciò vi è bisogno di una vera e propria interpretazione della storia umana su basi materialistiche, cioè che consideri in essa l’influenza decisiva del fattore materiale ed economico. Così si potranno individuare le cause dello sfruttamento e i modi del suo superamento. Ecco qual è il punto di partenza di tale indagine filosofica:
“
Nella produzione sociale della loro esistenza gli uomini
entrano in rapporti determinati, necessari,
indipendenti dalla loro volontà. In rapporti di
produzione che corrispondono ad un determinato
Il materialismo storico 2:
le forze produttive materiali
Le forze produttive sono
a)gli uomini che producono, cioè la forza-lavoro;
b) i mezzi di produzione, cioè la terra, le
macchine, gli strumenti che si utilizzano per
produrre;
c) le conoscenze tecniche e scientifiche che si
utilizzano per organizzare e migliorare il
rendimento del lavoro.
Il materialismo storico3:
i rapporti di produzione
I rapporti di produzione sono i rapporti che si instaurano fra gli uomini nel corso della produzione. Essi
- regolano il possesso e l’impiego dei mezzi di lavoro, nonché la ripartizione dei prodotti del lavoro stesso e
- trovano la loro espressione giuridica nei rapporti di proprietà.
Infatti l’uomo, realizzando se stesso nell’atto del plasmare il proprio mondo, soddisfa bisogni sempre più complessi, i quali necessitano della collaborazione di più uomini, quindi di una società con le sue
istituzioni.
Queste sono la cristallizzazione dei rapporti di produzione, della organizzazione del lavoro, della sua divisione in lavoro manuale e intellettuale e della ripartizione dei prodotti.
La concreta esistenza
In generale dalle concrete condizioni
dei rapporti di produzione emerge
l’ESSERE SOCIALE dell’uomo, cioè le
modalità della sua concreta esistenza
assieme agli altri uomini.
Materialismo storico 4:
definizione
“
Non è la coscienza degli uomini che determina il
loro essere, ma il loro essere sociale che
determina la loro coscienza” (Prefazione a Per la
critica dell’economia politica)
Ciò significa che “il modo di produzione della vita
materiale condiziona in generale il processo
sociale, spirituale e politico della vita”
Il materialismo storico5:
struttura e sovrastruttura
La condizione materiali della produzione, cioè i rapporti di produzione dati dallo sviluppo delle forze produttive sono la
struttura della società.
Tutti gli elementi culturali, ideologici, politici, spirituali rappresentano la
sovrastruttura.
La struttura cambia in funzione dello sviluppo delle forze produttive. Se cambio i mezzi di produzione e l’organizzazione del lavoro, sarò costretto a cambiare i concreti rapporti degli uomini che lavorano, dunque anche i rapporti di distribuzione delle ricchezze e i soggetti che, detenendo le ricchezze, detengono il potere.
La sovrastruttura, cioè i modi di pensare e di concepire la vita nel suo insieme cambia in funzione della struttura: se mutano le classi dominanti,
muta anche la rappresentazione del mondo con le quali esse giustificano ed incrementano il loro dominio.
Dunque il materialismo storico è
quel modo di pensare che vede
la storia come determinata dai
rapporti di produzione cioè dalla
struttura e non dalla
sovrastruttura
Il materialismo dialettico
• Come avvengono i mutamenti storici?
Secondo quale procedura?
Marx qui è seguace di Hegel: i mutamenti storici
avvengono dialetticamente
TUTTAVIA
Il soggetto di questi mutamenti non è lo spirito
ma sono i reali rapporti di produzione di cui il
pensiero (lo spirito) è solo il riflesso.
La lotta di classe
• I rapporti di produzione sino ad ora hanno determinato una
divisione della società in due classi fondamentali, quella degli sfruttati e quella degli sfruttatori. Nella storia il dominio
è passato a gruppi di uomini diversi a secondo del livello di sviluppo delle forze produttive.
• Per esempio nella Francia del Settecento una nuovo gruppo di uomini dediti all’industria - un’attività produttiva nuova e rivoluzionaria che nasce all’interno di una società in cui le attività produttive non avevano una rilevanza sociale e politica fondamentale - soppianta i vecchi dominatori aristocratici che basavano il loro potere su un’economia prevalentemente agricola. Ciò ha determinato un conflitto tra classi che ha
La lotta di classe e i rapporti di produzione
• «... I mezzi di produzione e di scambio sulla cui base si eresse la borghesia furono generati in seno alla società feudale. A un certo grado dello sviluppo di questi mezzi di produzione e di scambio le condizioni nelle quali la società feudale produceva e scambiava, vale a dire l'organizzazione feudale dell'agricoltura e della manifattura, in una parola i rapporti
feudali di proprietà, non corrisposero più alle forze produttive già sviluppate. Quelle condizioni, invece di favorire
la produzione, la inceppavano. Esse si trasformavano in altrettante catene. Dovevano essere spezzate, e furono spezzate» (Manifesto del partito comunista).
La lotta di classe 2
Oggi si assiste alla vittoria della borghesia, che dopo aspre lotte, culminanti con la Rivoluzione francese, ha raggiunto quella posizione di dominio per la quale aveva duramente combattuto e alla quale era stata destinata in quanto espressione dei rapporti di produzione radicalmente mutati nel corso dell’epoca moderna.
Ma ogni momento dello sviluppo dialettico genera al suo interno contraddizioni dunque anche la borghesia nel suo dominio è costretta a fare i conti con la classe
proletaria che emerge dal seno stesso del modo di produzione industriale, che è
eminentemente sociale, collaborativo, e che determina il solidarizzare delle persone coinvolte nel processo produttivo, che percepiscono collettivamente non solo il loro destino comune nella produzione, ma anche e soprattutto
1)la loro comune condizione di sofferenza e alienazione;
2)Il fatto di essere essenziali alla produzione e che la borghesia non può fare a meno della loro forza-lavoro;
Ciò dà luogo alla percezione di una nuova centralità del proletariato che origina a sua volta una nuova conflittualità, quella tra borghesia e proletariato dalla quale