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ELAZIONE FINALED
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ROF.A
LESSANDROP
OLSIAll’ attenzione del Collegio docenti di Dottorato
Il XXXI ciclo di Dottorato che volge al termine, ha visto la mia partecipazione ai seminari previsti per il primo anno, organizzati all’interno del corso dottorale, e lo studio della bibliografia inerente al mio argomento di ricerca. Il secondo anno è stato caratterizzato dalla ricerca in archivio, che, come esposto di seguito, mi ha visto impegnato a Roma e Berlino. Il terzo anno è stato dedicato alla stesura della tesi finale.
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ODALITA’ DI SVOLGIMENTO DELLA RICERCAOltre allo studio della bibliografia, con il docente tutor di riferimento (Prof. Alessandro Polsi) abbiamo concordato un primo lavoro di ricerca, che si è svolto a Roma presso:
• Archivi della Camera dei Deputati e del Senato • Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri
A Pisa, presso la biblioteca provinciale, ho potuto prendere visione dei numeri di: • Rinascita
• Avanti!
In versione digitale on-line, è stato possibile visionare l’archivio del quotidiano L’
Unità.
A Berlino:
• Bundesarchiv
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ISULTATI CONSEGUITIIl lavoro di ricerca ha permesso la stesura della tesi conclusiva di dottorato. Entrando più nel merito del lavoro fin qui condotto, gli articoli delle pubblicazioni da me lette fanno emergere un quadro di omissione e parzialità della sinistra italiana verso la DDR. Quale immagine della Germania Est veniva mostrata nei primi anni cinquanta? È interessante, sebbene non privo di un certo idealismo, ma sicuramente importante, osservare come le sinistre hanno rappresentato la DDR in Italia. In merito a questo, desta stupore lo scarso numero di articoli e cronache. Sulla stampa socialista e comunista italiana, la “questione DDR” viene assai poco trattata; questo stato è perdurato fino al 1956, alternato a lunghi periodi di silenzio.
A partire poi dall’evento della costruzione del muro di Berlino, il PCI si vede obbligato a riferire, seppur ad intervalli irregolari, sulla DDR. Se nel caso specifico della repubblica federale si metteva in risalto che questa era non solo uno Stato “ordinariamente” capitalista – e di conseguenza imperialista – ma anche una nazione dove predominavano istanze aggressive, revanscismo e militarismo, allora si poteva guardare al caso specifico della repubblica democratica come un caso unico di
negazione di ogni revanscismo, anche rispetto ad altri Paesi socialisti (come l’Ungheria o la Cecoslovacchia, per esempio). Ancora una volta si sottolineava il fatto
che la DDR, nonostante una situazione iniziale difficile, ancora continuasse ad essere bersaglio delle accuse e delle minacce di Bonn; negli anni successivi questa minaccia sarebbe stata fatta valere come giustificazione per le mancanze e gli errori del socialismo in Germania Est. In alcuni casi, negli articoli di giornale, che trattano del tema DDR, non vengono che dedicate solo poche frasi allo “Stato dei lavoratori e dei contadini”, mentre ampio spazio veniva dedicato invece alla posizione aggressiva della repubblica federale.
Per quanto riguarda invece i documenti di archivio, sulla base delle fonti finora accessibili del Ministero degli Affari Esteri italiano, non è possibile fare una descrizione completa dello sviluppo della posizione del governo italiano circa la questione tedesca fino al momento dell’apertura di relazioni diplomatiche con la DDR nel gennaio 1973. È sorprendente il fatto che nei fondi degli atti della Farnesina non si tratti quasi per niente la “questione DDR”, neppure nell’ unico arco di tempo consultabile. Questo ci fa capire che, dal punto di vista della diplomazia italiana, a lungo si è inteso per “Germania” solo la Repubblica federale; considerare un secondo Stato tedesco come soggetto di diritto internazionale, per il momento non fu preso
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minimamente in considerazione da parte dei diplomatici italiani ed infatti, la fondazione della DDR venne accolta con freddezza, se non proprio con manifesta disapprovazione, dai diversi consolati italiani in Germania Ovest.
Nonostante la sua posizione di “non-Stato”, fu possibile comunque avviare con la DDR degli scambi che si concretizzarono sotto forma di delegazioni parlamentari in visita, basate sul comune fondamento ideologico dell’antifascismo. Non solo: si è esaminato come i tentativi di sensibilizzare l’Italia repubblicana sul tema del riconoscimento siano passati attraverso vari mezzi di propaganda quali la stampa di partito, la radio e il Centro Thomas Mann, nonché i comitati interparlamentari.
Da ciò emerge tutta la difficoltà dello Stato tedesco orientale ad impostare un’autonoma politica estera: non si parla solo del fatto che la sua esistenza dipendesse dalle volontà dell’Unione Sovietica, ma anche della necessità di cercare una sponda per impostare un rapporto con i Paesi dell’Europa occidentale. Sponda che, per chiari motivi, non poteva essere quella della Repubblica federale tedesca. Da qui la scelta di appoggiarsi al più grande e influente partito comunista dell’Occidente, il Partito comunista italiano, per scardinare la monolitica posizione dei Paesi NATO nei confronti della Germania Est. Tuttavia, solo raramente la Repubblica democratica tedesca riuscì a rendersi protagonista degli eventi. Considerando ciò, può sembrare che la DDR cercasse un modo per “farsi notare” dalla comunità internazionale. Per la dirigenza dello Stato, quale cassa di risonanza migliore se non quella del PCI?
La DDR assunse il ruolo di “elemento di disturbo” per la politica estera occidentale e fu sempre pronta a sfruttare ogni occasione favorevole per incrinare le relazioni estere della Repubblica federale, così come l’immagine che la comunità internazionale aveva di essa. Al tempo stesso, la Germania orientale si sforzò di apparire come la “Germania migliore”, quella che aveva fatto i conti con il proprio passato e quindi autenticamente antinazista. È evidente però che si cercasse di dare anche una legittimità all’esistenza di un secondo stato tedesco, solo formalmente autonomo dall’URSS.
Dall’altro lato abbiamo la Repubblica italiana, nata dalle ceneri del Regno d’Italia, in cerca di una propria identità che la smarcasse dal recente passato fascista. Nelle intenzioni di Alcide De Gasperi, la Repubblica avrebbe dovuto contraddistinguersi per una politica estera europeista e aperta alla comunità internazionale. Nei fatti però, sul piano delle relazioni internazionali, l’Italia mostrò una scarsa autonomia ed una posizione allineata alle volontà degli Stati Uniti e, in merito alla questione tedesca, allineata alla rigida “dottrina Hallstein” della Germania Ovest.
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Fu un successo per le sinistre? Solo in parte perché, nonostante le aperture tra la fine degli anni sessanta e l’inizio degli anni settanta, la DC non cambiò la propria linea in politica estera, come abbiamo appena visto. Dopo il riconoscimento della DDR, il nuovo segretario del PCI, Enrico Berlinguer, perpetuò la sua politica di amicizia nei confronti della SED, ma la frattura che si aprì tra i due partiti dopo lo strappo del PCI da Mosca rimase insanabile e portò al lento e graduale esaurimento dei contatti tra i due partiti. Solo la visita ufficiale di Stato di Bettino Craxi a Berlino Est nel 1984, in veste di Presidente del Consiglio rinvigorì i rapporti (fino a quel momento alquanto “soporiferi”) tra l’Italia e la Repubblica democratica tedesca. Tuttavia questa non mutò i rapporti blandi tra i due maggiori partiti della sinistra italiana e la SED, che continuarono ad essere bruderparteien solo nella forma, fino all’estinzione della DDR.
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IBLIOGRAFIA RAGIONATAA causa del difficile accesso agli archivi della DDR antecedentemente al 1990, la ricerca specifica sulla repubblica democratica tedesca è un tema tuttora abbastanza
inesplorato. Lo è ancor più se guardiamo alla storia delle relazioni tra la DDR e l’Italia. Ad oggi infatti non esistono ricerche specifiche che illustrino il contributo che
hanno dato il mondo delle associazioni e che ruolo abbiano svolto i partiti della sinistra italiana nel processo di accreditamento del governo della Germania Est presso la Repubblica italiana.
Bibliografia in lingua italiana
Gli studi principali hanno riguardato le relazioni culturali tra i due paesi e tra i lavori più recenti sicuramente spicca quello di Magda Martini, “La cultura all’ ombra del
muro”, pubblicato nel 2007. Altri studi si sono distinti per il taglio
giuridico-internazionalistico ed in particolare emergono “La questione tedesca nel diritto
internazionale” di Aldo Bernardini e l’intervento di Luigi Vittorio Ferraris
(ambasciatore nella Repubblica Federale Tedesca), “Le relazioni tra Italia e
Germania: eredità e prospettive”, pubblicato sulla rivista “Europa/Europe” nel 1995.
Sempre dello stesso autore si segnala “La questione della Germania fra Ostpolitik
tedesca, Westpolitik sovietica e distensione”, in Tornetta, V., “Verso l’Europa del 2000. Il processo CSCE da Helsinki a Vienna”. Complessivamente, le ricerche si sono
soffermate più in generale sui rapporti fra i due paesi e sono da ricordare i lavori curati da Paul Hollander e da Gustavo Corni insieme a Christof Dipper, rispettivamente
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“Pellegrini politici. Intellettuali occidentali in Unione Sovietica, Cuba e Cina” per il
primo e “Italiani in Germania tra Ottocento e Novecento”. Spostamenti, rapporti, immagini, influenze”. Assolutamente da ricordare, a proposito della storia tedesca in età contemporanea, sono i due studi di Enzo Collotti, “Storia delle due Germanie.
1945-1968” e “Dalle due Germanie alla Germania unita”; “Storia della Germania. Da Bismarck alla riunificazione” di Gustavo Corni; “La questione tedesca. Le due Germanie dalla divisione all’ unità. 1945-1990”, di Antonio Missiroli. Sui reciproci
rapporti fra Italia e Germania Ovest, Guiotto M., “Italia e Germania occidentale dalla
fine della seconda guerra mondiale alla fine degli anni cinquanta”, in: “Italia-Germania/Deutschland-Italien 1948-1958. Riavvicinamenti/Wiederannäherungen”.
Infine, sui timori e sulla diffidenza verso i tedeschi si veda: Brogelli Hafer D., Gengaroli-Bauer C., “Italiani e tedeschi. Aspetti di comunicazione interculturale” e Predazzi F., Vannuccini V., “Piccolo viaggio nell’ anima tedesca”.
Bibliografia in lingua tedesca
Tra i lavori in lingua tedesca si segnala “Die Beziehungen zwischen der DDR und
Italien in den fünfziger Jahren” e “Völkerfreundschaft im Kalten Krieg?” di Johannes
Lill. Entrambi i lavori sono un importante contributo alla definizione dei rapporti economici e sociali intercorsi fra la DDR e l’ Italia, il primo dedicato agli anni Cinquanta, il secondo copre un arco temporale più ampio arrivando fino al 1973. Da segnalare anche il lavoro di Ulrich Pfeil, “Die DDR und der Westen. Transnationale
Beziehungen 1949-1989”. Ancora, un ultimo lavoro sui rapporti generali tra lo Stato
italiano e quello tedesco-orientale è “Italien und die DDR” di Charis Pöthig. Sull’ immagine dei tedeschi all’ estero si veda: Trautmann G., “Die häßlichen Deutschen?
Deutschland im Spiegel der westlichen und östlichen Nachbarn” e Becker J., “Wiedervereinigung in Mitteleuropa. Außen- und Innenansichten zur staatlichen Einheit Deutschlands”. In merito all’ isolamento della DDR da parte dei Paesi
occidentali, si veda: Benz W., Die Gründung der Bundesrepublik. Von der Bizone zum