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Il tema del doppio nelle opere I gemelli e Travesti di Mircea Cartarescu

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI

FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA

CORSO DI LAUREA IN ITALIANISTICA

TESI DI LAUREA

Il tema del doppio nelle opere I gemelli e Travesti

di Mircea Cǎrtǎrescu

CANDIDATA

RELATRICE

Serena Argirò

Prof.ssa Emilia David

CORRELATORE

Prof. Fabio Dei

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INDICE

Introduzione » 3

Capitolo I

MIRCEA CǍRTǍRESCU, LA “GENERAZIONE ʼ80”, il POSTMODERNO

1.1 Presentazione dell’autore » 7

1.2 Cenni storico-letterari: la Romania e la “Generazione ʼ80” » 12

1.3 Il postmodernismo e il postmodernismo romeno » 16

1.3.a Qualche accenno sul postmodernismo letterario » 16

1.3.b Un postmodernismo senza postmodernità » 20

Capitolo II

UNA MINI-GALASSIA ALL’INTERNO DEL MONDO CǍRTǍRESCHIANO: CORRISPONDENZE TEMATICHE, CONTENUTISTICHE E STRUTTURALI TRA I GEMELLI E TRAVESTI

2.1 Un’analisi generale del racconto I gemelli » 24

2.1.1 I gemelli all’interno di Nostalgia » 24

2.1.2 Presentazione della trama e dei temi della narrazione » 28

2.2 Un’analisi generale del romanzo Travesti » 35

2.2.1 Presentazione della trama e dei temi della narrazione » 36 2.3 Una lettura complementare delle due narrazioni in base alle affinità tematiche, contenutistiche e strutturali

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Capitolo III

IL TEMA DEL DOPPIO NELLE OPERE I GEMELLI E TRAVESTI

3.1 Il doppio dell’autore » 54

3.1.1 Tra realtà e finzione: l’autofiction » 54

3.1.2 I personaggi come doppi dell’autore: l’Homo Fictus » 61

3.1.3 I doppi dell’autore ne I gemelli e Travesti tra realtà e finzione » 69

3.2 Il doppio del personaggio » 80

3.2.1 Il doppio come scissione dell’identità » 80

3.2.2 I doppi sdoppiati dell’autore ne I gemelli e Travesti » 86

Capitolo IV

Il SUPERAMENTO DELLA DOPPIEZZA ATTRAVERSO IL MITO

DELL’ANDROGINO

4.1 Sulla funzione del mito nell’epoca contemporanea » 94 4.2 Il mito dell’Androgino tra “alta” e “bassa” intensità » 98 4.3 Il mito dell’Androgino ne I gemelli e Travesti di Mircea Cǎrtǎrescu » 105

Conclusioni » 113

Bibliografia » 118

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Introduzione

In questo studio si è cercato di proporre un’analisi di due opere dell’autore romeno Mircea Cǎrtǎrescu, I gemelli e Travesti. Si tratta di un’indagine tuttavia non semplice, data la complessità di questo autore. Difatti, le sue opere possono essere sottoposte a molteplici piani di lettura e di interpretazione, che, nella loro parzialità, non potranno mai dare una spiegazione esauriente del complesso mondo cǎrtǎreschiano.

Al critico che vuole affrontare le opere dell’autore Mircea Cǎrtǎrescu si offrono tantissime possibilità. La prima è quella di analizzare la scrittura di questo autore attraverso il filtro del postmoderno, individuandone quindi i procedimenti parodici o ironici, la presenza del dettaglio quotidiano e l’eccezionale carica intertestuale. Inoltre è possibile analizzarne gli aspetti neo-romantici, che riemergono costantemente nella prosa di Cǎrtǎrescu, o la presenza insistente di elementi onirici che rimandano ad alcune continuazioni del surrealismo nella letteratura romena postbellica. Ma ancora si potrà prendere in esame il dialogo con la mitologia, l’influenza della psicoanalisi, la presenza di dettagli autobiografici, la sua tensione poetica e così via.

Le opere dell’autore Mircea Cǎrtǎrescu si presentano come un calderone magico di conoscenza, nel quale si può intraprendere un percorso ermeneutico per distinguerne gli elementi.

In questa tesi si è proposta, come primo capitolo, una presentazione dell’autore e degli aspetti storico-letterari della Romania durante il periodo della dittatura. Questa operazione funge da inquadramento preliminare alla creazione delle due opere prese in esame nella restante parte dello studio. Difatti, sebbene le due opere possano essere analizzate partendo da molteplici prospettive, è sempre necessario tenere a mente il clima culturale in cui esse vengono partorite dalla mente del loro autore. Si tratta di un momento storico, di portata globale, che ha rivisto completamente i rapporti dell’Io con il mondo, che comunemente viene definito sotto l’etichetta di “postmoderno”. Questo atteggiamento, come è stato indicato durante lo studio, è strettamente connesso alle modificazioni del mondo capitalistico, che hanno innescato una serie di processi di modificazione dell’esistenza umana.

La Romania, all’alba dell’affermazione della condizione postmoderna, presenta delle caratteristiche anomale. Difatti, sebbene essa non presentasse durante gli anni ʼ80 il

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panorama culturale di una società postmoderna, documentava comunque una letteratura che rispondeva sotto molti aspetti alle caratteristiche postmoderne. Ciò ha portato la critica a coniare la formula «postmodernismo senza postmodernità»1.

Il merito di aver inaugurato in Romania una letteratura postmoderna fu della “Generazione ʼ80”, della quale fu esponente di spicco il poeta e prosatore Mircea Cǎrtǎrescu. L’affermazione delle strategie postmoderne in Romania fu la conseguenza di diversi fattori, ma essa fu principalmente una risposta all’aggressione culturale, sociale e politica del regime. Il postmodernismo fu per i giovani ottantisti la possibilità di esprimere i loro sogni di libertà attraverso la letteratura, di sperimentare una realtà immaginaria, ma di certo più autentica di quella autarchica del regime.

Nel secondo capitolo di questo studio si fornisce una presentazione generale delle opere I gemelli e Travesti di Mircea Cǎrtǎrescu. L’analisi condotta presenta dapprima singolarmente le due opere, inquadrandone lo sviluppo della trama che, per questioni di complessità delle stesse, viene presentata attraverso i temi della narrazione.

Alla fine della presentazione singola delle due opere se ne propone una lettura complementare. Difatti, dall’analisi di ciascuna prosa vengono alla luce molte corrispondenze speculari tra le due narrazioni, che vanno da quelle più minute, come la fisicità quasi identica dei due differenti protagonisti, a quelle cardinali, tra cui la direttiva cosmica che sembra svilupparsi nelle due opere come un filo rosso. L’ipotesi esposta è quella di considerare I gemelli e Travesti come una grande ricerca esistenziale, che il lettore, per giungere alla scoperta finale, deve costantemente ricomporre in un gioco di specchi e di indizi disseminati dalla prima pagina del primo racconto all’ultima del secondo.

Il terzo capitolo segna il passaggio dalla presentazione generale dell’argomento della tesi, a un’indagine interpretativa più particolareggiata. Infatti, si è deciso di privilegiare come piano di analisi la presenza nelle due opere di Mircea Cǎrtǎrescu di un tema letterario definitorio dei secoli della modernità e della postmodernità: il doppio.

Il tema del doppio nella letteratura si presta a molteplici approcci critici. In effetti, la fisionomia di questo elemento letterario è stata indagata da diverse discipline scientifiche, quali possono essere ad esempio l’antropologia e la psicoanalisi.

1 Mircea Martin, D’un postmodernisme sans rivages et d’un postmodernisme sans postmodernité, in

«Euresis. Cahiers roumains d’études littéraires et culturelles», n. monographique, Le postmodernisme alors

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Nella prima sezione del terzo capitolo si è indagata la manifestazione del doppio come alter ego dell’autore, esponendo, prima di passare all’analisi delle narrazioni dell’autore romeno, i paradigmi teorici sviluppati dalla critica letteraria tra il finire dell’Ottocento e lungo tutto l’arco del Novecento. Nella sistemazione teorica del tema del doppio sono stati argomentati due diversi (quanto intrecciati) sviluppi della critica letteraria: quello che ha riguardato il genere dell’autofiction, e quello che ha studiato l’antropologia del personaggio.

Il tema del doppio, dunque, nelle opere I gemelli e Travesti, è stato analizzato in prima istanza attraverso un approccio connesso alle teorie della letteratura. Esse, infatti, sono state applicate alle due narrazioni, cercando di dimostrare come I gemelli e Travesti appartengano al genere dell’autofiction e come i loro protagonisti assumano la fisionomia di “doppi dell’autore”.

Nella seconda parte dello stesso capitolo si è analizzata una seconda manifestazione del tema del doppio nelle stesse opere dell’autore. Nello specifico si è cercato di argomentare come i doppi dell’autore, quindi questi personaggi sospesi tra la sua biografia e la reinvenzione della stessa, presentino un ulteriore sdoppiamento. In questa seconda sezione del capitolo ci si è serviti di un altro approccio, ovvero delle teorie psicoanalitiche di Sigmund Freud e di Carl Gustav Jung. Queste, applicate alle due narrazioni, dimostrerebbero come all’interno delle narrazioni vi sia la presenza di figure oggettivatesi dall’identità divisa dei due protagonisti: dei doppelgӓnger.

Entrambe le analisi delle due declinazioni del tema del doppio, sotto la lente critico-letteraria da un lato e quella psicoanalitica dall’altro, hanno suggerito come la messa in scena di un “doppio” sia sempre riconducibile alla condizione dell’essere umano, che ha visto e vede nei secoli della modernità una completa crisi delle certezze su se stesso e sul mondo. Ma allo stesso tempo si è messo in luce come nello “sdoppiamento” vi sia insita una ulteriore possibilità: il superamento di quella stessa condizione di partenza. Difatti, è attraverso le storie dei personaggi che l’uomo riapre le porte dell’immaginazione, attraverso la quale è possibile esplorare le infinite possibilità del reale ed è perfino permesso all’uomo di ricomporsi nella sua Unità primordiale.

Il quarto capitolo muta nuovamente palinsesto teorico, rifacendosi principalmente all’antropologia e analizzando la ripresa della mitologia dell’Androgino nelle opere I gemelli e Travesti.

Nel capitolo si è in primis argomentata la presenza del mito nell’epoca contemporanea. Questa operazione si è ritenuta necessaria, allorquando è evidente che il

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pensiero comune sia quello di vivere in un’epoca completamente demitizzata a favore della razionalità. Si è poi proceduto, con il supporto degli studi dell’antropologo Mircea Eliade, nell’analisi di alcuni esempi appartenenti al fascio di miti, riti e teorie tradizionali che hanno come loro base di elaborazione il mistero dell’unione dei contrari e della totalità, ovvero quel concetto definito da Niccolò da Cusa come coincidentia oppositorum2. Di seguito si è cercato di argomentare come il sogno della totalità, che veniva espresso nelle epoche più antiche attraverso queste pratiche religiose, non abbia abbandonato le nostre vite. Esso, infatti, lungi dall’essere scomparso, ha solamente cambiato metodo di diffusione, utilizzando i canali dell’industria culturale, tra i quali spicca la produzione letteraria.

Infine, si è cercato di dimostrare la ripresa del mito dell’Androgino nelle due opere in oggetto, analizzando quei meccanismi narrativi che sembrano indicare la presenza del mitologema, il quale assume la funzione di superamento simbolico del doppio, ovvero della condizione frammentata dell’essere umano.

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Capitolo I

MIRCEA CǍRTǍRESCU, LA “GENERAZIONE ʼ80”,

IL POSTMODERNO

1.1 Presentazione dell’autore

La figura poliedrica di Mircea Cǎrtǎrescu, poeta, prosatore e saggista di origine romena, è divenuta oggi di rilevanza internazionale. Quest’autore, infatti, è considerato il più importante scrittore romeno contemporaneo e gode di un riconoscimento su scala globale.

Dello spessore assunto da Mircea Cǎrtǎrescu nel panorama umanistico sono testimoni in primis i numerosi premi letterari nazionali e internazionali (tra cui diverse candidature al premio Nobel per la letteratura, compresa quella nell’anno corrente3).

Ricordiamo almeno tra i premi: il Premio per debutto dell’Unione degli Scrittori della Romania (1980); il Premio per la poesia della stessa Unione (1990; 1994); il Premio dell’Accademia Romena per la poesia (1990), il Premio dell’Unione degli Scrittori della Repubblica Moldova (1994); il Premio dell’Associazione degli Scrittori Professionisti della Romania – ASPRO (1994; 1996); il Premio Letterario Giuseppe Acerbi a Castel Goffredo (2005)4; il Premio Internazionale per la Letteratura a Berlino (2012); il Premio Spycher-Lenk in Svizzera (2013); il Premio di Stato per la Letteratura Europea in Austria (2015); il Premio Letterario Gregori Von Rezzori di Firenze (2016)5 e il Premio Internazionale Formentor a Buenos Aires (2018)6.

3 Articolo online dell’editore web M.L., Ce șanse are Mircea Cărtărescu să câștige premiul Nobel pentru literatură în 2020, in «digi24.ro», 2020, consultabile al link:

https://www.digi24.ro/stiri/ce-sanse-are-mircea-cartarescu-sa-castige-premiul-nobel-pentru-literatura-in-2020-1318931 (consultato il 10/09/20).

4 Scheda biografica dell’autore di Emilia David, Mircea Cǎrtǎrescu, in «Premio Letterario Giuseppe

Acerbi, Narrativa per conoscere e avvicinare i popoli», Gabrielli editori, Verona, 2005, pp. 201-202.

5 Articolo online di Ida Valicenti, Mircea Cărtărescu è il vincitore del Premio letterario di Firenze “Gregor Von Rezzori”, in «Culturaromena.it», 2016, consultabile al link:

https://culturaromena.it/mircea-

cartarescu-e-il-vincitore-del-premio-letterario-di-firenze-gregor-von-rezzori/#:~:text=Ricordiamo%2C%20Travesti%20(2000)%3B%20Nostalgia,per%20la%20migliore%20n arrativa%20straniera. (consultato il 10/09/20).

6 Articolo online anonimo sul Premio Formentor de las Letras, in «El poder de la palabra» (epdlp.com),

consultabile al link: https://www.epdlp.com/premios.php?premio=Formentor%20de%20las%20Letras (consultato il 10/09/20).

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Ancora a riprova dell’importanza riconosciuta allo scrittore vi sono le numerose collaborazioni con riviste letterarie romene, francesi, tedesche, olandesi e statunitensi7 e le traduzioni nelle maggiori lingue europee delle sue opere poetiche, saggistiche e romanzesche8.

Mircea Cǎrtǎrescu, nato nel 1956 a Bucarest, consegue la Laurea in Lettere all’Università di Bucarest nel 1980. Ottiene poi nel 1999, nella stessa Università, il titolo di dottore in Filologia con una tesi sul postmodernismo romeno (Postmodernismul românesc, 1999). Attualmente insegna sempre alla facoltà di Letteratura romena all’Università di Bucarest.

Esponente di spicco della “Generazione ʼ80”, l’autore, fino all’età di trent’anni scrive e pubblica libri di poesia. Il primo volume di versi è Faruri, vitrine şi fotografii (1980), a cui sono seguite le raccolte: Poeme de amor (1983), Totul (1985), Levantul (1990), Dragostea (1994), Dublu CD (1998), Plurivers 1 & 2 (2004)9.

L’esordio come prosatore avverrà nel 1989 con una raccolta di racconti brevi pubblicata due volte, a causa di un’operazione di censura, con i rispettivi titoli Visul (1989) e Nostalgia (1993). Sono seguiti i romanzi Travesti (1994) e Orbitor, una trilogia in tre volumi, suddivisa in Aripa stângă (1996), Corpul (2002) e Aripa dreaptǎ (2007).

Durante la stesura dell’importante trilogia pubblica Jurnal (2001), il volume di fiabe Enciclopedia zmeilor (2002), De ce iubim femeile (2005), la raccolta di saggi Pururi tânăr, înfăşurat în pixeli (2003), l’audiolibro Parfumul aspru al ficţiunii (2003) e Jurnal II

(2005)10.

Un “ritorno di fiamma” è rappresentato dalla pubblicazione del volume di poesie Nimic. Poeme (1988-1992), uscito nel 2010, che raccoglie le poesie «uitate, abandonate şi prafuite», nelle quali Mircea dichiara di aver capito “ […] che in questi graffiti c’è più verità (anche se molta meno letteratura) che in tutte le mie precedenti poesie, che in effetti è così che ho sempre voluto scrivere, che qui mi riconosco, che qui respiro, che qui sono finalmente libero11”.

7 Ricordiamo almeno le collaborazioni con «Poetry Review», «Libération», «La République des Lettres»,

«Missives», «Quadrant», «New Delta Review», «Another Chicago Magazine» e «Romenië Bulletin» [in scheda bibliografica di Emilia David, Mircea Cǎrtǎrescu, in «Premio Letterario Giuseppe Acerbi», cit., pp. 201-202].

8 Ibidem. 9 Ibidem. 10 Ibidem.

11 Dichiarazione completa, in lingua originale, di Mircea Cǎrtǎrescu, contenuta nella Brochure di Nimic,

Editura Humanitas, Bucarest, 2011, consultabile al link: https://www.amazon.com/Nimic-Romanian-Mircea-Cartarescu/dp/973502697X (consultato il 10/09/20): „Le-am găsit, uitate, abandonate și prăfuite, într-un plic vechi dintr-o cutie de carton, bietele mele ultime-ultimissime poeme, care-au zăcut acolo

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Nel 2015 inoltre l’autore ha pubblicato una summa del suo lavoro poetico, Poezia, da cui rimane escluso solamente Levantul; per spiegare questa operazione editoriale ci affideremo di nuovo alle parole dell’autore:

Quando mi viene chiesto quale dei miei libri considero il più importante, rispondo quasi automaticamente Nostalgia, Levantul e Orbitor. Ma ogni volta sento, oscuramente, che sto commettendo un'ingiustizia. Che lascio da parte, dimenticato in una zona oscura della mente, un mio quarto libro importante. […]. È il corpus delle mie poesie liriche, scritte in gioventù, in uno sforzo continuo, allucinatorio ed estenuante, durato dodici anni. […]. Il lettore troverà in questo volume, riprodotto integralmente, i sei volumi di versi da me pubblicati, ai quali aggiungerà, forse, da lettura o ricordo, il settimo volume, Levantul, che, per ovvie ragioni, non ha trovato il posto qui12.

Altre opere in prosa posteriori sono Ochiul căprui al dragostei noastre (2012), Fata de la marginea vieţii (2014), Peisaj după isterie, (2017), Știutorii. Trei povestiri din Orbitor (2017), Un om care scrie. Jurnal 2011–2017 (2018), Melancolia (2019), Creionul de tâmplărie (2020) 13.

Una menzione speciale merita il romanzo Solenoid uscito nel 2015, sia per l’imponente consistenza, sia per il valore che gli viene attribuito dall’autore. Infatti, Solenoid, un volume unico dal peso di 840 pagine, è ritenuto da Mircea Cǎrtǎrescu come il libro che ha potuto smentire l’accusa della critica di aver raggiunto il massimo delle sue capacità con il grosso e ambizioso progetto di Orbitor, ritenendo probabile che sia proprio Solenoid il coronamento della sua attività letteraria.14

aproape douăzeci de ani, fără să mai spere într-o deshumare pioasă. Le-am recitit cu inimă strânsă, atât cât mai puteau fi ele citite pe foile galbene și friabile, pătate de cafea, străpunse de furia micilor litere de metal ale mașinii mele de scris. Și deodată mi-am dat seamă că în graffitiurile astea e mai mult adevăr (chiar dacă mult mai puțină literatură) decât în toată poezia mea anterioară, că de fapt așa am vrut să scriu întotdeauna, că aici mă recunosc, că aici respir, că aici sunt în sfârșit liber. Le public acum ca pe niște «postume din timpul vietii», pentru beneficiul câtorva prieteni”. La traduzione dell’estratto è mia.

12 Dichiarazione completa, in lingua originale, di Mircea Cǎrtǎrescu nell’intervista condotta da Marta

Petreu, Conversazioni con Mircea Cǎrtǎrescu, in «Apostrophe», 2015, consultabile al link: https://humanitas.ro/humanitas/carte/poezia (consultato il 10/09/20). Si riporta, per questioni formali, solamente la sezione riportata a testo in traduzione (mia); per la consultazione integrale si rimanda al link precedente: „Când sunt întrebat care sunt cărțile mele pe care le consider cele mai importante, răspund aproape automat Nostalgia, Levantul și Orbitor. De fiecare dată simt însă, obscur, că fac o nedreptate. Că las deoparte, uitată într-o zonă umbrită a minții, o a patra carte majoră a mea. […] Cititorul va găsi în acest volum, reproduse integral, cele șase volume de versuri publicate de mine, la care va adăuga, poate, «dîn citit ori amintire», al șaptelea volum, Levantul, care, din motive evidente, nu și-a găsit locul aici”.

13 Per l’elenco delle pubblicazioni dell’autore si sono utilizzati come fonti bibliografiche il già citato lavoro

biografico sull’autore di Emilia David, Mircea Cǎrtǎrescu, in «Premio Letterario Giuseppe Acerbi», cit., pp. 201-202 e il sito ufficiale della casa editrice Humanitas di Bucarest, https://humanitas.ro/autori/mircea-cartarescu (consultato il 10/09/20).

14 Considerazioni estratte dalle dichiarazioni di Mircea Cǎrtǎrescu nell’intervista di Vanni Santoni, Una letteratura alchemica, intervista a Mircea Cǎrtǎrescu, 2017, consultabile al link:

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La maggior parte delle opere di Cǎrtǎrescu è edita (e riedita) in Romania dalla prestigiosa casa editrice Humanitas di Bucarest. Questo autore gode ad oggi di traduzioni in moltissime lingue europee (all’incirca ventitré)15, tra cui non manca quella italiana. Nel catalogo della Voland figurano tra le opere in prosa (in ordine di pubblicazione in lingua italiana): Travesti (I ed. 2000, II ed. 2016), Nostalgia (I ed. 2003, II ed. 2012), Perché amiamo le donne (2009), Abbacinante. L’ala sinistra (I ed. 2010, II ed. 2018) Abbacinante. Il corpo (2015), Abbacinante. L’ala destra (2016)16.

Per quanto riguarda i volumi di poesia, la prima traduzione italiana è stata Quando hai bisogno d’amore. Doppio CD, pubblicato dalla casa editrice Pagine nel 2003. Disponiamo poi in Italia dell’edizione de Il poema dell’acquaio (2015), edito dalla casa editrice Nottetempo17, e de Il Levante (2019), pubblicato dalla casa editrice Voland18.

Tutte i volumi in lingua italiana sono stati tradotti da Bruno Mazzoni, che, con estrema abilità, è riuscito a trasportare e mantenere la profondità della prosa e della poesia cǎrtǎreschiana:

È un fatto che a un libro come Abbacinante, che ha continui flussi di immagini anche sconcertanti, serva un buon traduttore, e io sono fortunato perché ne ho di eccellenti, ad esempio in Italia, Bruno Mazzoni è davvero bravissimo nel rendere la mistica per immagini che cerco di costruire19

A Bruno Mazzoni è dovuta una parte della riscoperta della letteratura romena in Italia, sia tramite la sua instancabile attività di studioso, che attraverso le traduzioni dal romeno all’italiano. Infatti, le sue numerose traduzioni20 hanno permesso un’ampia

circolazione delle opere romene, che possono così essere apprezzate dal pubblico italiano, specialistico e non. Nel 2004, infatti, Bruno Mazzoni ha vinto il Premio nazionale per la

http://www.minimaetmoralia.it/wp/letteratura-alchemica-intervista-mircea-cartarescu/ (consultato il: 10/09/20).

15 Biografia online anonima dell’autore Mircea Cǎrtǎrescu, in «Grupul Humanitas», consultabile al link:

https://humanitas.ro/autori/mircea-cartarescu (consultato il 10/09/20).

16 Per le edizioni italiane della casa editrice Voland si è utilizzato il rispettivo catalogo online, consultabile

al link: https://www.voland.it/catalogo/autore/13 (consultato il 10/09/20).

17 Per l’edizione del Poema dell’Acquaio si è utilizzato il catalogo della casa editrice Nottetempo,

consultabile al link: https://www.edizioninottetempo.it/it/prodotto/il-poema-dellacquaio (consultato il 10/09/20).

18 Ibidem.

19 Dichiarazione di Mircea Cărtărescu nell’intervista di Vanni Santoni, La conoscenza non ha confini, intervista a Mircea Cǎrtǎrescu, 2017, consultabile al link: http://www.leparoleelecose.it/?p=21705

(consultato il: 10/09/20).

20 È traduttore di Tudor Arghezi, Ion Barbu, Nichita Stanescu, Max Blecher, Ana Blandiana, Herta Müller

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traduzione e ha ricevuto il dottorato honoris causa dall’Università di Bucarest e dall’Università Occidentale di Timisoara21.

Sebbene nel cercare di dare un sunto della produzione di Mircea Cǎrtǎrescu si tenda a suddividere, classicamente, le opere tra romanzi e poesie è bene ricordare quanto nella poetica di questo autore sia labile il confine che li separa:

Io sono nato come poeta, mi sono formato come poeta e continuo a considerarmi un poeta. La poesia è la cosa che più mi interessa al mondo, e i poeti sono le persone che rispetto più al mondo perché dedicano la vita, consapevolmente, a fare qualcosa che non frutterà mai del denaro. Lo fanno solo per il gusto di tentare di creare qualcosa di bello, e per l’irredimibile volontà di continuare a guardare il mondo con gli occhi dell’infanzia, non ancora condizionati dalle categorie. È vero che dai trent’anni in poi sono passato alla prosa, ma è solo una questione di forma: per come lavoro, e per come sono fatti i miei libri, anzitutto per il loro

essere più una esplorazione interiore che una vicenda in senso classico, mi considero ancora un poeta. Tra l’altro non sarei così sicuro di poter definire Abbacinante un romanzo, benché

molti ne parlino in questi termini: oggi la definizione di romanzo è diventata qualcosa di così ampio da poter includere quasi ogni cosa, ma credo sia più legittimo parlare semplicemente di «libro»22.

La prosa di questo autore, a cui è demandata la maggior parte della sua fama internazionale, è stata, a buon merito, definita come “prosa poetica”23. Infatti, come

dichiara lo stesso autore, un testo in prosa, per giungere al vero significato dell’esistenza, deve possedere una certa intensità “che può derivargli soltanto dalla poesia”24.

La poesia e la prosa non sono diverse come possono sembrare. Io ho scritto racconti e poesie contemporaneamente, sin dall’inizio, da quando andavo a scuola. Ma la poesia s’addice di più ai giovani scrittori, è un’arte per sempre giovane. Perciò ho pubblicato tre libri di poesia prima di esordire con la prosa. Mi considero, fondamentalmente, un poeta, e persino i miei racconti e i miei romanzi sono poesie elaborate scritte in prosa. A un certo punto, dopo aver compiuto trent’anni, mi sono reso conto che la mia carriera poetica era terminata, dal momento che avevo scritto troppa poesia (oltre mille pagine). Quindi sono

21 Le notizie biografiche su Bruno Mazzoni sono state prese dalla scheda di presentazione dell’Università

di Pisa, 2019, consultabile al link: https://www.unipi.it/index.php/documenti-ateneo/item/1966-bruno-mazzoni (consultato il 11/09/20).

22 Dichiarazione di Mircea Cǎrtǎrescu nell’intervista di Vanni Santoni, Una letteratura alchemica, intervista a Mircea Cǎrtǎrescu, 2017, consultabile al link:

http://www.minimaetmoralia.it/wp/letteratura-alchemica-intervista-mircea-cartarescu/ (consultato il 11/09/20).

23 Emilia David, Mircea Cǎrtǎrescu, in «Premio Letterario Giuseppe Acerbi», cit., p. 202.

24 Bruno Mazzoni e Rodica Zafiu (a cura di), Micro-zibaldone Cǎrtǎreschiano, in «Premio Letterario

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passato totalmente alla prosa e da allora non ho più scritto una singola poesia. Io ho una personalità soltanto come scrittore, sono me stesso in tutto ciò che faccio. Non mi curo molto

dei generi letterari di ciò che scrivo. Le mie ossessioni, il mio stile, il mio linguaggio, il mio tipo di personaggi sono gli stessi in tutti i miei libri, dall’inizio e fino ad ora. La poesia è più

adatta ad esprimere l’esuberanza del vivere, lo splendore della vita e dell’amore, l’ironia, il riso, mentre la prosa è per me uno strumento che scava in profondità della mia persona, nel campo della memoria, dei sogni, degli archetipi25.

Tutta la produzione letteraria di Cǎrtǎrescu sembra tenersi legata come una ragnatela (immagine molto cara all’autore). Ogni poesia, ogni romanzo, ogni tema, ogni chiave di lettura è solamente uno dei tasselli per comprendere l’universo cǎrtǎreschiano, apparentemente conchiuso nei confini di una vita quotidiana, ma che riesce, attraverso visioni, sogni, ossessioni, ad estendersi fino all’interno oscuro dell’essere umano, e da lì raggiungere vibrazioni cosmiche.

1.2 Cenni storico-letterari: la Romania e la “Generazione ‘80”

È necessario per poter parlare della formazione poetica di Mircea Cǎrtǎrescu fornire una contestualizzazione storica. Infatti, non bisogna dimenticare, che la Romania fu uno dei paesi del Blocco orientale e che per decenni fu sensibilmente compromessa nei suoi sviluppi dall’oppressione sovietico-comunista.

Se la Romania aveva conosciuto dagli inizi del secolo una stagione florida in letteratura, le cose cambiarono dopo l’instaurazione della Repubblica Popolare. Il 1948 fu l’anno che segnò la fine di ogni libertà sociale e artistica sotto il segno del partito unico26. Iniziarono in quegli anni le persecuzioni e le repressioni verso ogni forma di resistenza o dissidenza, e la letteratura fu accettata unicamente “sotto il segno del proletcultismo”27. Da quel momento, fino all’anno 1989, che vedrà il crollo del sistema

comunista, vi sarà un’altalena costante tra momenti di censura ad alto funzionamento ad altri che permetteranno una leggera distensione.

25 Dichiarazione di Mircea Cǎrtǎrescu nell’intervista di Anna Belozorovitch, Intervista a Mircea Cǎrtǎrescu, 2016, consultabile al link: https://www.versanteripido.it/intervista-a-mircea-cartarescu/

(consultato il 11/09/20).

26 Ion Bulei, Breve storia dei romeni, edizione italiana a cura di Roberto Merlo, Edizioni dell’Orso,

Alessandria, 2006, p. 171.

27 Marco Cugno, La poesia romena del Novecento, Studio introduttivo, antologia, traduzione e note a cura

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Una speranza per la rinascita romena fu segnata in apertura degli anni ’60, infatti la nazione, approfittando del conflitto cino-sovietico, cominciò a guadagnare spazio. Nell’aprile del 1964 i romeni firmavano una Dichiarazione che sosteneva il diritto all’indipendenza di ogni Partito Comunista28. Fu questo un momento di relativa

liberalizzazione, che però era destinato a concludersi con l’emergere della figura imponente del dittatore Ceauşescu.

Nei primi periodi dell’ascesa al potere, il futuro dittatore continuò con la politica distensiva che aveva ereditato, segnando un distacco dall’orbita di Mosca e cominciando a stabilire dei contatti con l’altra metà del mondo. L’evento che sembrò, momentaneamente, presagire un radicale cambiamento d’aria fu il rifiuto della Romania a partecipare all’invasione della Cecoslovacchia: si trattava di un deciso distaccamento dall’ingerenza dell’Unione Sovietica29. Ma un’ombra era pronta ad allungarsi

nuovamente sulla nazione:

L’«indipendenza» di Nicolae Ceauşescu nelle relazioni estere e lo sbandierato motto della «non ingerenza straniera negli affari interni di ciascun stato» nascevano dalla volontà del dittatore di avere mano libera in casa propria, eliminando qualsiasi interferenza o disturbo esterno, come divenne evidente nel 1971, quando Ceauşescu inaugurò una «mini-rivoluzione culturale» e l’ideologizzazione di ogni aspetto della vita sociale sella Romania30.

A partire dalle “Tesi di Luglio” del 1971 la Romania fu avviata verso una forte centralizzazione della vita economica, sociale, politica e culturale. Questo nuovo stalinismo avrebbe segnato il futuro della Romania che, al contrario degli altri paesi dell’Est europeo, avrebbe impiegato molto più tempo per muoversi verso delle riforme sostanziali di tipo economico, politico, sociale e culturale.

La situazione culturale della Romania, quindi, ebbe dei paradigmi totalmente diversi da quelli al di qua del muro di Berlino. Quale fu quindi il ruolo degli intellettuali? Come reagirono difronte alla totale negazione della libertà?

La crisi della cultura fu sin da subito avvertita, in maniera drammatica, dagli intellettuali. Una crisi destinata a protrarsi per decenni, tanto che le parole di Ion Caraion, pubblicate sul «Jurnalul de dimineață» tra l’ottobre e il dicembre 1946, possono essere estese quasi totalmente alla vicenda letteraria romena fino al crollo dei regimi comunisti:

28 Ion Bulei, Breve storia dei romeni, cit., p. 172. 29 Ivi, p. 175.

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Questa crisi della cultura romena esiste. […]. Vorremmo dimenticare che viviamo nell’epoca dei diari intimi e delle verità clandestine – ma non possiamo, perché la viviamo. Vorremmo parlare del ruolo della stampa cosciente – ma non possiamo, perché (alle sue spalle) questa coscienza ha ancora oggi la censura. […]. La crisi culturale è la crisi della libertà individuale. […]. Oggi per salvare la cultura, bisogna salvare gli uomini di cultura… E per salvare gli uomini di cultura, bisogna salvare la loro libertà. I tanti cosiddetti tradimenti degli intellettuali non sono esistiti finché non sono cominciate le limitazioni delle loro libertà, le infiltrazioni di natura politica nel loro lavoro.31

Dal quadro generale proposto sarebbe semplice, o forse meglio semplicistico, dedurre che ogni tipo di letteratura, che ogni espressione artistica, sia stata soffocata negli anni intercorsi tra il 1945 e il 1989. La Romania e i suoi uomini di cultura hanno invece saputo rispondere e reagire, e di fianco alla letteratura di tipo “propagandistico” sono sorte opere reazionarie, che più o meno esplicitamente, si sono ribellate al silenzio imposto dall’alto32.

L’inizio dell’attività artistica di Mircea Cǎrtǎrescu si colloca negli anni della dittatura. All’indomani delle “Tesi di Luglio” gli intellettuali compresero con forza la svolta che il regime stava per imporre, e in questo contesto, la poesia divenne un mezzo di resistenza e di sovversione. La poesia, non considerata dal potere come mezzo primario di comunicazione, si caricò allora di una forte carica allusiva, capace di scavalcare i limiti della censura33.

Il primo tentativo di liberalizzazione della letteratura, favorito dalla distensione precedente alle “Tesi di Luglio”, fu quello degli “onirici”. Questo movimento risulta parecchio importante nella storia della letteratura romena, perché furono i primi a definirsi come un vero e proprio “gruppo” dotato di una propria poetica, enunciata nel manifesto Una modalità artistica, pubblicato sulla rivista studentesca «Amfiteatru» nel 196834. Ma la vera svolta sarà attuata dalla “generazione in Blue Jeans”, che, pur ereditando l’“estetismo” degli onirici, ovvero la creazione di un testo piacevole, accomunerà a questo obiettivo una valenza etica, di conoscenza della realtà, o meglio delle realtà possibili, sconosciuta al movimento degli anni ’60.

31 Marco Cugno, La poesia romena del Novecento, cit., p. L. 32 Ivi, p. LII.

33 Ivi, p. LXI. 34 Ivi, p. LXII.

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La cosiddetta “Generazione ʼ80” è quel gruppo di studenti che, formatosi nei cenacoli universitari e nelle riviste studentesche

a réussi à developper une culture de la résistance civile contre la dictature et contre la représentation de la réalité accréditée par la production littéraire officielle: leur poétique de la vie quotidienne, ironique et provocatrice, s’est opposée, quoique cela fût de manière passive, aux principes dogmatiques du réalisme socialiste35.

L’idea vincente di questi giovani poeti fu quella di guadare la censura, in un momento in cui il debutto individuale avveniva all’ombra dei gulag, attraverso la pubblicazione di volumi collettivi di poesia al di fuori dell’egemonia delle case editrici ufficiali.

Si tratta dei volumi Aria con diamanti, firmato da Mircea Cǎrtǎrescu, Traian T. Coşovei, Florin Iaru, Ion Stratan e Cinque, di Romulus Bucur, Bodgan Ghiu, Ion Bodgan Lefter, Mariana Marin, Alexandru Muşina, che usciti dal «Cenacolo del Lunedì» di Bucarest, si presenteranno con forza come una vera “antologia-manifesto”, in cui venne annunciata una nuova linea poetica e una nuova coscienza teorica ben definita36. Con questa nuova generazione di poeti si apriva anche in Romania la categoria del postmodernismo, che reclamava il ritorno forte della persona del poeta, chiave di volta per accedere alle verità della realtà e dell’esistenza.

Prima di entrare nella disamina del movimento postmoderno è bene lasciare la parola a Mircea Cǎrtǎrescu che, esponente di prima linea della “Generazione ʼ80”, in un’intervista ha lasciato una testimonianza diretta degli anni della formazione di questo gruppo, che ben riassume l’avventura poetica della Romania negli anni della dittatura:

Noi non abbiamo fatto dissidenza, forse perché eravamo troppo giovani e troppo poeti per registrare anche ciò che avveniva all'esterno. Abbiamo vissuto realmente nella letteratura, abbiamo mangiato, come si usa dire, «pane e poesia», abbiamo amato più nei poemi che nella realtà, abbiamo abitato più in una Bucarest racchiusa in un verso - che assomigliava così tanto a New York - che non nel buio e nel freddo della capitale reale. […]. Noi non abbiamo vissuto in nessun momento, fin oltre i trent'anni, nella realtà, ma in un sottomarino giallo dove tenevamo i nostri libri, le nostre cassette, e dove avevano luogo i nostri incontri del lunedì. Noi eravamo liberi in quegli anni, liberi nei sotterranei, ed eravamo felici di fare,

35 Emilia David, «Des avant-gardes historiques aux postmodernismes roumains et européens, Les enjeux

de l’intertexte», in Transferts, appropriations et fonctions de l’avant-garde dans l’Europe Intermédiaire et

du Nord, 1909-1989, L’Harmattan, Parigi, 2012, p. 274.

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senza pensare minimamente alla pubblicazione, la nostra poesia underground. Noi abbiamo istituito la normalità in un pezzettino di Romania, e credo che con questo abbiamo fatto moltissimo. Il «Cenacolo del Lunedì», come pure «Junimea», sono stati tra le poche zone libere dal comunismo di quel tempo. È vero, il cenacolo finì per essere vietato per «sovversione», e sono convinto che esso, istituendo la libertà interiore, è stato davvero sovversivo37.

1.3 Il postmodernismo e il postmodernismo romeno

1.3.1 Qualche accenno sul postmodernismo letterario

Un problema fondamentale, quando ci si accinge a parlare di postmodernismo, è cercare di darne preliminarmente una definizione. Infatti, per quanto questo “movimento” sia stato oggetto della critica, che ormai ne discute regolarmente almeno a partire dagli anni ’7038, il postmodernismo rimane “soprattutto un’ipotesi in gestazione”39.

La nascita del postmoderno coincide con un mutamento epocale che, secondo lo studioso italiano Remo Ceserani, sarebbe preceduto cronologicamente solamente da quello avvenuto tra il Settecento e l’Ottocento, e con cui condividerebbe le stesse caratteristiche basilari. La novità fondamentale, miccia di una catena di concomitanze, sarebbe stata, come tra Settecento e Ottocento, il cambiamento del modo di produzione. All’internazionalizzazione dell’economia, alla centralità dell’informatica, alla disseminazione periferica delle industrie, tra gli anni ʼ50 e ʼ60, si sarebbero affiancati poi altri mutamenti: la nascita di una vera e propria industria culturale; la differenziazione e frammentazione politica; la reinterpretazione della storia in riferimento alla realtà testuale (e quindi la messa in discussione delle grandi “ideologie” del passato); il rimescolamento del pubblico con il crollo della distinzione tra highbrow e middlebrow, con il conseguente rovesciamento di valori40.

A riprova della svolta radicale avvenuta nell’esistenza umana ci sarebbero l’estensione del fenomeno, che comprende tutte le zone del mondo capitalistico avanzato

37 Dichiarazione di Mircea Cǎrtǎrescu durante un’intervista per la rivista «România literară», n. 19, 1991,

citato in Marco Cugno, La poesia romena del Novecento, cit., pp. LXIV.

38 Remo Ceserani, Raccontare il postmoderno, Bollati Boringhieri, Torino, 1997, p. 28.

39 Franco Juri, Il postmoderno nella narrativa degli anni Ottanta, (Quali linguaggi?), in «Acta

Neophilologica», n. 24 (1), 1991, p. 107; consultabile al link: https://revije.ff.uni-lj.si/ActaNeophilologica/article/view/7042 (consultato il 11/09/20).

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(comprese quelle “in via di sviluppo” come la Romania e gli altri paesi satellite dell’URSS, che non hanno avuto la possibilità di conoscere nel secondo Novecento le forme di governo del mondo libero), e la straordinaria velocità con cui questo ha dilagato. Il forte cambiamento della società ha sicuramente stabilito dei collegamenti e delle analogie con i modi della rappresentazione letteraria, dal momento che queste modificazioni hanno portato ad una riorganizzazione di alcune delle grandi categorie dell’esperienza umana: il soggetto e la sua realtà corporea e sentimentale; il processo di frammentazione dell’esperienza, del tempo e della storia:

la trasformazione investe inevitabilmente il soggetto: a un mondo e una società che si presentano ormai frammentate corrisponde un soggetto frammentato. […]. All’esperienza, tipica della modernità, dell’angoscia e dell’isteria si contrappone così la nuova esperienza tipica della postmodernità: la frammentazione schizofrenica, l’adattamento della psiche

umana alla nuova esperienza della molteplicità, della serialità, della proiezione di sempre nuovi punti di vista41.

Una spiegazione dell’incidenza di questa nuova organizzazione della società sulla letteratura ci è stata fornita da Italo Calvino nelle sue Lezioni Americane. Creare un romanzo nella nuova epoca sarebbe prima di tutto un’operazione di «sottrazione di peso»: come dalle immagini schiaccianti della seconda rivoluzione industriale si sarebbe passati ai bits degli impulsi elettronici, allo stesso modo il romanzo si sarebbe scomposto nelle sue infinite particelle. E ogni particella sarebbe soggetta ad un principio di «relativismo estremo» e sottoposta quindi ad una continua trasformazione: “la conoscenza del mondo è dissoluzione della sua compattezza42”. Il romanzo sarebbe legato all’idea ossessionante della «molteplicità», in un continuo scontrarsi di metodi interpretativi, modi di pensare e stili d’espressione, che creerebbe un’apertura infinita dell’opera, destinata ad essere una verità parziale. L’ultima caratteristica sarebbe infine quella del «riuso», ovvero l’utilizzo dell’ironia, dell’umorismo e della parodia, che permetterebbero all’autore postmoderno di distaccarsi dalla tragicità del reale, senza cadere nei cliché del patetico43.

Che cos’è quindi il «postmoderno»? In questo termine, oggi, convergono moltissime correnti di pensiero e approcci metodologici, derivate da ogni tipo di scienze

41 Ivi, pp. 84-85.

42 Franco Juri, Il postmoderno nella narrativa degli anni Ottanta, (Quali linguaggi?), in «Acta

Neophilologica», cit., p.109.

43 Italo Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, Oscar Mondadori, Milano,

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umani e sociali. Inoltre, si è teso, e si tende ad oggi, a confondere il fenomeno in generale del postmoderno con un movimento omogeneo letterario ed artistico “con una precisa poetica, un preciso sistema retorico, uno stile, con ciò confondendo la postmodernità con il postmodernismo, così come a suo tempo e in tante occasioni si è confuso modernità e modernismo44”. Più che come una corrente o come un movimento letterario, nonché come una filosofia, è opportuno definire questo fenomeno come una «condizione», un vero e proprio «atteggiamento» tipico dell’epoca contemporanea45.

Se è possibile trovare delle coordinate univoche nella varietà di atteggiamenti che assume il postmoderno, queste vengono rintracciate nella resistenza verso l’irrazionale fede illuministica nell’idea di progresso, fatta propria dal «moderno»46. L’idea che la

ragione possa spiegare univocamente la verità si eclissa, ma non si traduce in un rigetto totale della storia e dei modelli del passato, ma in una reinterpretazione consapevole attuata attraverso i “filtri importanti della nostalgia, della manipolazione e della parodia47”, dando vita, più che ad uno stile, a una sorta di estetica della citazione e del

riuso, ironico e spregiudicato, in cui è abolita ogni residua distinzione tra i prodotti “alti” e della cultura di massa:

Il postmoderno è, nella sua accezione più globale, il riciclaggio (il riuso) selettivo e la simbiosi di elementi estetici e sostanziali di un passato riproponibile solo strumentalmente e ai fini della sua esorcizzazione ironica48.

La storia del postmodernismo ha inizio oltreoceano, quando già alla fine degli anni ’50 si registra un esaurimento delle forme espressive della modernità. Inizialmente il termine sarà utilizzato con accezione negativa per indicare la sotto-cultura consumistica, minaccia dell’“arte autentica”. Ben presto (già negli anni ’60) i critici, quanto gli scrittori stessi, si accorgeranno di essere difronte non ad un prodotto mercificato, ma ad un nuovo sentimento comune, che avrebbe portato a delle profonde novità nei costumi, nei gusti e nelle espressioni artistiche49.

44 Remo Ceserani, Raccontare il postmoderno, cit., p. 28.

45 Nectaries G. Limnatis e Luigi Pastore (a cura di), Prospettive sul postmoderno, Vol. I, I profili epistemici,

Eterotopie culturale Mimesis, Milano, 2005, p. 7.

46 Ivi, p. 8.

47 Remo Ceserani, Raccontare il postmoderno, cit., p. 27.

48 Franco Juri, Il postmoderno nella narrativa degli anni Ottanta, (Quali linguaggi?), in «Acta

Neophilologica» cit., p. 110.

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Si stava attuando una vera e propria ribellione in ogni campo artistico all’espressionismo astratto, alle geometrie formali e alle ironie snobistiche dell’High Modernism, e si stavano sviluppando nuove tendenze:

un piacere quasi erotico di immergersi nelle forme e negli stili, di mescolare nei testi letterari, nelle costruzioni architettoniche, nei pezzi musicali e filmici, generi e modi, di incorporare il Kitsch, le immagini, le movenze della cultura popolare50.

Questo sentimento di ribellione, che avrebbe portato alla grande stagione letteraria postmoderna, si nutriva dunque di due paradigmi fondamentali: le trasformazioni avvenute nell’articolazione sociale, nei sistemi della comunicazione culturale e nel mondo dei linguaggi e dei media e il superamento dell’avanguardia.

A decretare la fine dell’avanguardia erano stati diversi fattori: i fenomeni sociologici dell’indebolimento e della disaggregazione delle élites intellettuali, con la conseguente formazione di una nuova intellettualità diffusa e il rimescolamento del pubblico; l’inglobamento dell’avanguardia nel processo di colonizzazione delle idee da parte dei media51; il rifiuto estremo del passato fino a produrre un metalinguaggio che parla solo dei suoi impossibili testi (l’arte concettuale)52.

Il postmodernismo rispose alla domanda: “Si poteva avere un romanzo non consolatorio, abbastanza problematico, e tuttavia piacevole?”53. Il romanzo postmoderno

doveva essere portatore di valori conoscitivi, attraverso la rappresentazione multiprospettica, ironica o utopica, e al contempo doveva riuscire a superare la potenza del «mercato dell’anima» insinuandosi “nei suoi linguaggi e nelle sue reti comunicative estraniandoli, parodizzandoli e risemantizzandoli”54. Nasceva, dunque, l’“iper-romanzo”,

come lo definisce Italo Calvino:

il disegno sterminato e insieme compiuto, la novità della resa letteraria, il compendio d’una tradizione narrativa e la summa enciclopedica di saperi che danno forma a un’immagine del mondo, il senso dell’oggi che è anche fatto di accumulazione del passato e di vertigine del vuoto, la compresenza continua d’ironia e d’angoscia, insomma il modo in

50 Ivi, p. 31. 51 Ivi, p. 123.

52 Umberto Eco, Postille a Il nome della rosa, Bompiani, Milano, 1983. 53 Ibidem.

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cui il perseguimento d’un progetto strutturale e l’imponderabile della poesia diventano una cosa sola55.

1.3.2 Un postmodernismo senza postmodernità

Il postmodernismo sembra essere legato indissolubilmente alla situazione socio-culturale. Il caso della Romania si presenta dunque anomalo, dal momento che, anche non presentando il panorama culturale di una società postmoderna, presenta negli anni Ottanta una letteratura che risponde, sotto parecchi aspetti, alle caratteristiche postmoderne56. La mancanza di una società di tipo postindustriale correlata all’emergere di questa nuova sensibilità nella Romania, come negli altri paesi dell’Est, ha portato la critica a parlare di un «postmodernismo senza postmodernità».57

Si è cercato di dare come risposta al fenomeno della sensibilità postmoderna in Romania il risultato di influenze libresche, derivate dalla letteratura americana. Infatti, durante gli anni Ottanta si sarebbe registrato in Romania un cambio delle preferenze linguistiche e letterarie:

La génération des quatre-vingtards n’est plus francophone, comme celles qui l’avaient précédée, elle est anglophone et ses regards se lèvent parfois par-dessus l’Europe occidentale, en allant scruter l’horizon surtout du côté de l’Amérique58.

Eppure, questa spiegazione non può essere soddisfacente. Con l’avvento della dittatura di Ceauşescu, sicuramente si è registrata un’apertura maggiore verso gli aspetti della cultura americana, complice della politica di “falso liberalismo” voluta dal dittatore. Ma naturalmente, in realtà, la circolazione delle opere postmoderne occidentali e d’oltreoceano fu piuttosto scarsa “a l’exception de quelques tritres d’Italo Calvino ed de Tournier”59. Le letture postmoderne della “Generazione ʼ80” furono quindi consumate,

come ricorda Cǎrtǎrescu nell’intervista citata in precedenza60, in una situazione

semi-55 Italo Calvino, Lezioni americane, cit.

56 Mircea Martin, D’un postmodernisme sans rivages et d’un postmodernisme sans postmodernité, in

«Euresis. Cahiers roumains d’études littéraires et culturelles», n. monographique, Le postmodernisme alors

et maintenant, nouvelle série, 1-4, Institutul Cultural Român, Bucarest, 2009, p. 16. 57 Ibidem.

58 Ivi, p. 17. 59 Ivi, p. 17

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clandestina, suggerendo sicuramente delle forti suggestioni a questa nuova generazione di poeti.

Le strategie postmoderne romene devono essere comprese all’interno del panorama storico in cui si sono formate. Infatti, la metaletteratura, l’intertestualità, le strategie ludiche, l’autoriflessività funzionarono come alternativa all’aggressione culturale, sociale e politica del regime61. Il postmodernismo fu per i giovani ottantisti una possibilità di esprimere i loro sogni di libertà, di ritrovare l’autenticità del reale:

Il postmodernismo era per noi tutti una promessa, e non soltanto sul piano della letteratura. Per me nel 1985, in Romania, il postmodernismo era una parola con una forte connotazione politica. […]. Per me, nell’ «epoca d’oro», il postmodernismo è stata una parola legata alla vita vera, all’autenticità, alla resistenza contro la menzogna della letteratura, all’essere umano con tutta la sua biografia, a un modo diretto per chiamare le loro cose con il loro nome62.

Un’altra delle motivazioni che sicuramente fecero sì che il postmodernismo si affermasse in Romania, fu, come in Occidente, la netta opposizione ai paradigmi del modernismo. Bisogna specificare che questa opposizione si risolse, sostanzialmente, con l’opposizione alla generazione degli anni ʼ60. Infatti, alla leva più anziana andava il merito di aver fatto rifiorire una letteratura non soggetta al dominio del proletcultismo:

se sont battuts pour la restauration des droits à l’imagination, à la méthaphore et a la fiction, pour la reconnaissance de la spécificité et de la gratuité esthétiques en général, mais les formes qu’ils revivaient et recréaient appartenaient déjà au modernisme63.

In pratica, la generazione degli anni Sessanta non aveva fatto altro che far ripartire la letteratura là dove era stata arrestata, nel secondo dopoguerra.

Fu invece merito della “Generazione ʼ80” inaugurare un nuovo paradigma letterario, caratterizzato: “da una nuovo tipo di relazione che l’io dell’autore stabilisce

61 Mircea Martin, D’un postmodernisme sans rivages, in «Euresis», cit., p. 18 e in Emilia David, L’autore (quasi)-personaggio e altre identità mutevoli nella prosa romena postmodernista, in «Enthymema», n. 25,

2019, pp. 114-115.

62 Dichiarazione di Simona Popescu nella conferenza Censura, evasione e sovversione nella letteratura romena prima dell’89, tenuta nell’ambito del seminario interdisciplinare Eludere/illudere la censura. La resistenza ai totalitarismi nella cultura europea nel secondo Novecento, presso Università di Pisa, 29

novembre 2019, riportata nell’articolo di Emilia David, L’autore (quasi)-personaggio, in «Enthymema», cit., p. 115.

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con il mondo e con il testo, con la vita e con la letteratura”64. Ciò che distingue la poesia della “Generazione ʼ80” dalla poesia precedente è una modificazione della prospettiva, che spostandosi sul piano esistenziale, ha prodotto un nuovo tipo di scrittura65.

Secondo Ion Bogdan Lefter la caratteristica fondamentale di questo nuovo gruppo di poeti sarebbe stata quella di rimettere l’uomo al centro del mondo, di permettere una nuova apertura verso il reale, “vers l’authenticité du monde et de l’être qui (se) transcrit”66. Questo programma esistenziale:

comporte l’imposition d’un nouveau pacte entre le sujet qui écrit, l’écriture, le lecteur, la tradition culturelle, le langage, la référence, en mettant à la fois l’accent sur la condition ontologique, immédiate et sur la subjectivité de l’instance de l’auteur67.

La “generazione ʼ80” dunque reagiva alla disumanizzazione del modernismo con un nuovo antropocentrismo, che si riproponeva di rivalorizzare l’umano ordinario. L’integrazione del testo con la realtà, letta sotto il filtro dell’esistenza del poeta, produrrà le principali modalità di rappresentazione letteraria del postmodernismo romeno: il realismo autobiografico, l’ironia, la poesia del testo, la poesia della quotidianità e della banalità quotidiana, della nevrosi e della metafisica68. A riassumere questo nuovo rapporto tra testo ed esistenza, Mircea Cǎrtǎrescu conia la formula «texistență», che “potrebbe assumere il valore di una poetica estensibile all’intera generazione”69:

La mia scommessa non è più sul testo, se non nella misura in cui il testo è una parte, un punto subordinato della mia scommessa. A trent’anni si è prodotto un rivolgimento nella mia vita e nella mia scrittura, in seguito al quale il testo e l’esistenza, un tempo separati sul retto e sul verso della carta, si sono fusi in un nastro di Möbius che si potrebbe chiamare, all’occorrenza, texistență. Di qui la mia repulsione per il modernismo e il mio tentativo di interpretare (in modo personale) ciò che è stato chiamato postmodernismo, nel quale io non vedo una corrente letteraria, ma il superamento di ogni idea di «corrente» e di «direzione» nell’arte, il che potrebbe portare all’idea che l’arte è una grandezza vettoriale70.

64 Ion Bogdan Lefter, La reconstruction du moi de l’auteur, in «Euresis», cit., pp. 99-102. 65 Alexandru Muşina, Le postmodernisme aux portes de l’Orient, in «Euresis», cit., pp. 85-98. 66 Ion Bogdan Lefter, La reconstruction du moi de l’auteur , in «Euresis», cit., p.100.

67 Emilia David, «Des avant-gardes historiques aux postmodernismes roumains et européens», in Transferts, appropriations et fonctions, cit., p. 280.

68 Marco Cugno, La poesia romena del Novecento, cit., p. LXV. 69 Ibidem.

70 Dichiarazione di Mircea Cǎrtǎrescu in «Revista de istorie şi teorie literară», XXXV, n. 3-4, 1987, pp.

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Inoltre, in netto contrasto al rifiuto polemico del modernismo alla tradizione letteraria, questa generazione si ripropone di reinterpretare il repertorio del passato «con ironia, in modo non innocente»71. Il gioco dell’intertestualità ha una valenza ontologica, è uno degli aspetti fondamentali dell’atteggiamento postmoderno, e la versione romena non fa eccezioni; per spiegare questo fenomeno con le parole di Umberto Eco:

Penso all’atteggiamento post-moderno come a quello di chi ami una donna, molto colta, e che sappia che non può dirle «ti amo disperatamente», perché lui sa che lei sa (e che lei sa che lui sa) che queste frasi le ha già scritte Liala. Tuttavia c’è una soluzione. Potrà dire: «Come direbbe Liala, ti amo disperatamente». A questo punto, evitata la falsa innocenza, avendo detto chiaramente che non si può più parlare in modo innocente, costui avrà però detto alla donna ciò che voleva dirle: che la ama, ma che la ama in un’epoca di innocenza perduta72.

In sintesi bisognerà rifarsi, per caratterizzare in via generale il movimento postmoderno romeno, all’analisi di Ion Bogdan Lefter, che ha proposto una lista dei «sintomi dell’attitudine postmoderna» e dei «sintomi stilistici»: 1) il riorientamento dell’io dell’autore verso l’esistenza reale; 2) la predisposizione recuperatrice; 3) l’ironia; 4) l’estensione della narratività alla poesia e alla critica; 5) la sovrapposizione testuale; 6) il multistilismo; 7) il ricorso all’allusione culturale, alla citazione, al collage, al pastiche, alla parodia e ad altre forme d’intertestualità73.

71 Umberto Eco, Postille a Il nome della rosa, cit. 72 Ibidem.

73 Ion Bogdan Lefter, La reconstruction du moi de l’auteur, in «Euresis», cit., pp. 99-102 e in Emilia David,

«Des avant-gardes historiques aux postmodernismes roumains et européens», in Transferts, appropriations

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Capitolo II

UNA MINI-GALASSIA ALL’INTERNO DEL MONDO

CǍRTǍRESCHIANO: CORRISPONDENZE TEMATICHE,

CONTENUTISTICHE E STRUTTURALI TRA

I GEMELLI E TRAVESTI

2.1 Un’analisi generale del racconto I gemelli

2.1.1 I gemelli all’interno di Nostalgia

I gemelli è un racconto contenuto nel libro Nostalgia di Mircea Cǎrtǎrescu. Il libro segna il passaggio dell’autore dalla forma poetica a quella prosaica e viene pubblicato per la prima volta nel 1989, sotto il titolo Visul. Nel 1993 il libro sarà nuovamente pubblicato, ripristinando le mutilazioni subite dalla censura nella prima edizione, e prenderà il titolo finale di Nostalgia. In seguito alla ripubblicazione il libro ha goduto in Romania di una fama notevole e vanta decine di riedizioni. Oggi, infine, il libro ha assunto rilevanza internazionale grazie anche alle traduzioni nelle maggiori lingue europee74.

Il libro è disponibile in due versioni: la prima si compone dei tre racconti lunghi Il Mendebile, I gemelli e REM; la seconda aggiunge al corpus originario altri due racconti brevi, che si posizionano in apertura e chiusura dell’opera, a mo’ di prologo ed epilogo: L’uomo della roulette e L’architetto.

Nostalgia è un’opera che si presta a molteplici piani di lettura, ed è impossibile restringere il campo ad un’unica interpretazione. Come per tutti i libri di Cǎrtǎrescu un primo tentativo di interpretazione può essere fatto sotto il segno del postmoderno, quindi attraverso l’analisi dei procedimenti parodici e ironici, della presenza del dettaglio quotidiano e della forte carica intertestuale. Si può poi procedere con un’analisi degli aspetti neo-romantici, della presenza insistente di elementi onirici e altri riconducibili al

74 Presentazione della raccolta Nostalgia per il Premio Letterario Acerbi a cura di Emilia David, nel capitolo

riservato a Mircea Cǎrtǎrescu, in «Premio Letterario Giuseppe Acerbi, Narrativa per conoscere e avvicinare i popoli», Gabrielli editori, Verona, 2005, p. 203.

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surrealismo, del dialogo con la mitologia, dell’influenza della psicoanalisi, dei dettagli autobiografici, della tensione poetica e così via. Si tratta di un’opera «complessa» e «aperta», dove non manca il piacere della trama, ma in cui si presentano costantemente al lettore questioni esistenziali e cosmiche, destinate a rimanere una verità parziale di un mondo frammentato.

I racconti di Nostalgia hanno la peculiarità di poter essere letti come episodi a sé stanti, in quanto distinti e compiuti; tuttavia ciò comporterebbe il rischio di perdere la coordinata generale che lega indissolubilmente le storie e che conferisce una densa organicità interna al libro.

Infatti, le storie di Nostalgia, specialmente quelle del trittico fondamentale, si presentano all’interno della raccolta come parte di un “organismo sistemico che matura progressivamente come un individuo durante il ciclo vitale”75. I tre racconti centrali si

dispongono in una crescita progressiva, e con l’aumentare della lunghezza delle storie, avanza simultaneamente l’età dei personaggi. La crescita dei personaggi, dal piccolo ed enigmatico Mendebile, agli adolescenti Andrei e Gina, fino agli adulti Vali e Nana, ci guida all’interno di questioni esistenziali sempre più profonde, in un complicarsi estremo del continuum realtà-allucinazione alla ricerca di un Paradiso originario: il Tutto.

La strada per giungere al Tutto è quella dei sogni. L’adulto, a cui ormai si sono chiuse le porte di accesso al Mondo, deve intraprendere una strada regressiva, fatta di labirinti onirici, per riappropriarsi degli occhi del bambino attraverso cui vi è accesso al mondo fantastico, al meraviglioso.

È attraverso questo rapporto paradossale tra avanzare dell’età e la crescita regressiva, che mira a riappropriarsi degli “occhi del bambino”, che il lettore, insieme a Nana, può arrivare alla fine dell’opera a scoprire cosa sia l’enigmatico REM, simbolo di “un ordine superiore del mondo”76:

Mi sono occorsi anni e anni, è stato necessario che io maturassi, che divenissi, insomma, quasi una vecchia, per cominciare a credere che comprendo veramente cos’è il REM, che non si trova lì, dentro al deposito, ma fuori di esso, che in realtà siamo noi il REM,

tu e io, e il mio racconto, con tutti i suoi luoghi e i suoi personaggi. […]. Che il nostro mondo

75 Recensione della raccolta Nostalgia a cura di Francesca Romana Paci, Motivazione del voto all’opera

Nostalgia, di Mircea Cǎrtǎrescu, in «Premio Letterario Giuseppe Acerbi», cit., p. 216.

76 Presentazione della raccolta Nostalgia a cura di Emilia David, nel capitolo riservato a Mircea Cǎrtǎrescu,

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è una finzione, che siamo eroi di carta e che siamo nati nel cervello, nella mente e nel cuore

di lui, colui che io ho visto. […]. Che forse finanche lui, nel suo mondo. […]. non è altro che

un prodotto di una mente molto più vasta, di un altro mondo, esso stesso fittizio. Anche lui, sì, adesso ne sono sicura, cerca febbrilmente un Ingresso verso quel mondo superiore, perché il nostro sogno, il sogno di tutti è incontrare il Creatore… Ma, ahinoi!, è possibile che il REM non sia comunque nulla di ciò che io credo di lui. Forse è soltanto una sensazione, una stretta al cuore davanti alla rovina di tutte le cose, dinanzi a ciò che è stato e che non sarà mai più. Un ricordo dei ricordi. Il REM è, forse, la nostalgia. O qualcos’altro. O tutte queste

cose allo stesso tempo. Non lo so, non lo so77.

Ecco cos’è la nostalgia: non è un valore temporale, è una ricerca costante di un paradiso perduto, mentre si è perduti in un mondo distrutto e frammentato, che può realizzarsi solamente raggiungendo il centro del nostro labirinto interiore:

Nostalgia è un libro neo-romantico, il titolo suggerisce un’idea di paradiso che può

essere perduto, che può essere lo spazio amniotico del ventre materno, la prima infanzia, ma innanzitutto il paradiso da cui tutti veniamo, che per me non ha valore temporale ma ha un senso metafisico. Nostalgia non è un ritorno al passato, per me, ma piuttosto un viaggio nel mio mondo interiore78.

Se la nostalgia è quindi la chiave di lettura dell’intera struttura di questo “romanzo non-romanzo”79 (come suggerisce lo stesso titolo), altri elementi intratestuali concorrono

a donare all’opera una forte coerenza interna.

Un primo elemento è certamente la presenza di Bucarest, una città polverosa e marcia, e al contempo multicolore e magica: “la mia Bucarest non ha legami con la polverosa città contemporanea, ma è una rappresentazione del mio essere, è un mio specchio architettonico”80. È così che il lettore, dalle strade e i luoghi che ormai ha

imparato a conoscere, come la cara via Ştefan cel Mare, può essere in un battito d’ali trasportato in sotterranei misteriosi, in scale a chiocciola sormontate da cupole immense, in luoghi a-temporali magici e densi di enigmi.

77 Mircea Cǎrtǎrescu, REM, in Nostalgia, a cura di Bruno Mazzoni, Voland, Roma, 2012, p. 387.

78 Dichiarazione di Mircea Cǎrtǎrescu nell’intervista rilasciata per “Stradanove, la via di comunicazione

per i giovani modenesi”, Mircea Cǎrtǎrescu, senza data, consultabile al link: http://www.stradanove.it/interviste/personaggi/mircea-cartarescu (consultato il 24/09/20).

79 Presentazione della raccolta Nostalgia a cura di Emilia David, nel capitolo riservato a Mircea Cǎrtǎrescu,

in «Premio Letterario Giuseppe Acerbi», cit., p. 203.

80 Dichiarazione di Mircea Cǎrtǎrescu nell’intervista rilasciata per “Stradanove”, cit., consultabile al link:

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