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Analisi dei fattori di rischio della recidiva postoperatoria di ematoma sottodurale cronico: studio retrospettivo su 322 pazienti.

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Indice tesi.

PARTE I: Introduzione p. 5

1.L’ematoma sottodurale cronico p. 6

1.1. Patogenesi p. 9 1.2. Evoluzione p. 14 1.3. Clinica p. 20 1.4. Diagnosi p. 23 1.4.1. TC Postoperatoria p. 24 1.5. Classificazioni p. 26 1.6. Terapia p. 28 2.Trattamento chirurgico p. 31 2.1. Approcci chirurgici p. 34 2.1.1. Burr-hole craniotomy (BHC) p. 34 2.1.2. Craniotomia p. 38 2.2. Irrigazione p. 40 2.3. Diagnosi p. 41 2.4. Rischi chirurgici p. 42 2.5. Recupero postchirurgico p. 43

PARTE II: TESI SPERIMENTALE p. 44 1. Obiettivo p. 45

2. Materiali e metodi p. 47

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pag. 3 2.2. Valutazione radiologica p. 52 2.3. Trattamento p. 54 3. Analisi statistica p. 55 4. Risultati p. 57 5. Discussione p. 67 6. Limitazioni p. 75 7. Conclusioni p. 76 Riferimenti bibliografici p. 78 Ringraziamenti p. 81

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1. L'ematoma sottodurale cronico:

L’ematoma sottodurale cronico (in inglese CSDH chronic subdural hematoma) è una patologia benigna, tipica dell’anziano, caratterizzata da una raccolta di sangue nello spazio tra l’aracnoide e la dura madre che si forma a seguito di sanguinamenti delle vene localizzate a ponte tra le due meningi più esterne. Bisogna saper distinguere un ematoma sottodurale cronico da patologie che possono risultare simili in TC cranica, tre cui l’igroma sottodurale formato da acqua che però può evolvere a ematoma sottodurale cronico.

L'ematoma sottodurale cronico rappresenta una delle patologie di più frequente riscontro nel reparto di neurochirurgia con una frequenza di circa il 5% tra i traumi cranici e un’incidenza de 1-2 ogni 100.000

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abitanti l’anno. Questo dato risulta avere un trend in aumento; ciò è spiegabile con l’invecchiamento della popolazione, infatti l’80% circa dei casi è rappresentata da una popolazione superiore agli ottant’anni.

In minima parte tale patologia, è dovuta ad alternazioni di natura congenita di fattori della coagulazione. Negli anziani, però, dove la patologia risulta essere più frequente, può associarsi ad atrofia cerebrale, la quale rende le pareti delle vene cerebrali molto più fragili in associazione ad un aumento dello spazio compreso tra la dura e l’aracnoide, che normalmente è uno spazio virtuale, ma che diventa reale proprio nel paziente anziano.

Tra gli altri fattori scatenanti si aggiungono sicuramente anche l’uso di anticoagulanti e il consumo di alcol. Molti pazienti che sviluppano ematoma sottodurale cronico riferiscono una storia di trauma.

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Comunicazioni post-traumatiche o post-chirurgiche tra lo spazio subaracnoideo e il sottodurale può aumentare il rischio di ematoma sottodurale cronico, così come trattamenti neurochirurgici di patologie vascolari che necessitano dell’apertura dello spazio subaracnoideo, correlano con aumentato rischio di presentare tale tipo di ematoma.

Soprattutto nei pazienti anziani, la disidratazione, l’atrofia cerebrale e patologie neurodegenerative aumentano notevolmente il rischio di CSDH.

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1.1 Patogenesi

Approssimativamente, l’ematoma sottodurale cronico varia dal color giallo al viola scuro, con una consistenza variabile dal liquido al semisolido. Una sottile e translucida membrana interna e una più spessa membrana esterna, incapsulano spesso l’ematoma. La consistenza dell’ematoma stesso e l’istologia delle membrane sono stati focus di studi per poter spiegare come l’ematoma si formi e si espanda.

Nel 1932, Gardner1 parlò di teoria del gradiente

osmotico come principale meccanismo

fisiopatologico dell’ematoma sottodurale cronico. Dal suo studio si evince come l’aumento del contenuto proteico nell’ematoma sottodurale cronico causasse l’ingresso di fluidi come una risultante dell’aumentata pressione oncotica. Nonostante

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questo tipo di ematoma contenga alti livelli di proteine e lipidi, Weir2 mostrò che in realtà l’ematoma sottodurale cronico risulta essere isoosmotico a entrambi il sangue e il liquido cerebro spinale.

Piuttosto che una forza osmotica essere alla base del passaggio di liquido nell’ematoma, all’analisi microscopica si è visto come, nel liquido dell’ematoma sottodurale cronico di ogni età si trovino eritrociti che indicano la, clinicamente silente, riemorragia o la continua perdita di sangue fresco nell’ematoma.

Come probabile causa di risanguinamento si è pensato alla presenza delle membrane. Queste membrane sembrano presentare vasi sanguigni, eosinofili, cellule muscolari lisce, fibroblasti,

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miofibroblasti sostenuti da una matrice di collagene ed elastina.

Le membrane si formano dallo sfaldamento dello strato durale, il che porta alla presenza di cellule durali in entrambi i lati dell’ematoma. Alcuni elementi di entrambe le membrane, interna ed esterna, somigliano molto al confine durale, nonostante la presenza di vasi sanguigni, eosinofili e l’attenuazione delle altre cellule crei un set membranoso ben diverso.

Le cellule dei vasi sanguigni sono normalmente assenti a livello di dura madre e aracnoide. Strutture neovascolari sono, invece, abbondanti nella membrana esterna che riveste l’ematoma sottodurale cronico, in cui sinusoidi anormali e dilatati condividono questo spazio con microcapillari che crescono rapidamente.

In entrambi i tipi di vaso, troviamo cellule endoteliali con superficie irregolare dovuta alla presenza di

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strutture simili agli pseudopodi che si estendono nel lume intravascolare. Eritrociti e piastrine in diverso stadio di degenerazione sono frequentemente trovati nello spazio perivascolare. Questi sinusoidi contengono gap-junction, che permettono la dispersione di cellule del plasma e addirittura cellule della linea eritrocitaria all’interno dell’ematoma.

La presenza dei mediatori dell’infiammazione nell’ematoma potrebbe potenziare il risanguinamento cronico di queste fragili strutture neovascolari. Callicreine, bradichinine e PAF ( platelet-activating factor) sono stati trovati a livelli significativi nel liquido dell’ematoma sottodurale cronico. Questi mediatori dell’infiammazione sono importanti stimolanti della vasodilatazione, aumento della permeabilità vascolare, aumento del tempo di coagulazione e rilascio di t-PA (tissue plasminogen activator) da parte delle cellule endoteliali.

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Altri studi hanno focalizzato la loro attenzione anche su una possibile alterazione del sistema delle prostaglandine, come ipotetico componente nella fisiopatologia dell’ematoma sottodurale cronico.

Per quanto riguarda il ruolo degli eosinofili, la loro degranulazione nella membrana esterna può essere la fonte di fattori fibrinolitici e mediatori dell’infiammazione alla base della distruzione delle cellule e della locale coagulopatia nell’ematoma sottodurale cronico.

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1.2 Evoluzione

Nelle prime decadi del 1800, Bayle pensò che ripetuti episodi di sanguinamento potevano essere la causa della continua espansione dell’ematoma.

L'esperienza clinica e le moderne tecnologie, quali TC e MRI insieme a tecniche di biologia molecolare, hanno finora supportato la tesi di Bayle.

Sicuramente, la presenza di una struttura neovascolare “difettiva” potenzia e rende più probabile il risanguinamento e il passaggio di proteine plasmatiche all’interno dello spazio sottodurale, ma questo non spiega totalmente l’evoluzione dell’ematoma sottodurale cronico.

I normali meccanismi emeostatici, dovrebbero essere capaci di arrestare questo processo molto prima che

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il sanguinamento risulti clinicamente significativo; invece, molte evidenze supportano la presenza di coagulopatie all’interno dell’ematoma.

All'analisi del fluido di due ricorrenti ematomi sottodurali cronici, Labadie e Glover3 videro che risultava aumentato il tempo di tromboplastina parziale e normale quello di protrombina; tuttavia il coagulo formatosi risulta essere strutturalmente più debole. Da ciò deriva il pensiero che il coagulo che si forma nell’ematoma in questione vada incontro a rapida degradazione. Ciò si spiegherebbe con gli elevati livelli di FDPs (fibrin degradation products) e bassi livelli di plasminogeno nel campione di fluido studiato. Infatti, FDPs inibisce la coagulazione, l’aggregazione piastrinica e la polimerizzazione della fibrina, stimolando invece l’attività del t-PA.

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In altri studi furono identificati bassi livelli di tutti i fattori della coagulazione, associati a rapida attivazione fibrinolitica a seguito della formazione

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Schema 1. Azione del plasminogeno nell’ematoma sottodurale cronico. [Youmans Neurosurgical surgery, sixth edition, chapter 37 page 533.]4

PLASMINOGENO

PLASMINA

t-PA PAI Fibrina, Fattore V,VIII,XI

VIII

Prodotti di degradazione della fibrina

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Questa aumentata accelerazione fibrinolitica può essere spiegata con il t-PA che trasforma il plasminogeno in plasmina e degrada la fibrina, da cui si ottengono prodotti di degradazione della fibrina stessa.

Dall’analisi del fluido dell’ematoma sottodurale cronico di 23 pazienti, Lim e i suoi colleghi studiarono la correlazione tra il rapporto di t-PA e PAI (plasminogen activator ihnibitor) e la dimensione dell’ematoma. Questi autori postularono che il PAI in realtà potrebbe rallentare l’iperfibrinolisi e ridurre la crescita dell’ematoma. La coagulopatia localizzata e la formazione di coaguli fragili con l’iperfibrinolisi nell’ematoma sottodurale cronico si associano ai già fattori

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importanti nel risanguinamento, quali formazione di membrane, vascolarizzazione difettosa.

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1.3 Clinica

Quadri clinici di ematoma sottodurale cronico sono notevolmente variabili e non esistono segni e sintomi che permettono di fare una diagnosi basandosi solamente sulla presentazione clinica.

Non risulta essere chiaro quale possa essere il meccanismo fisiopatologico causante i sintomi. L’ampia varietà di meccanismi include sicuramente le disfunzioni corticali che potrebbero spiegare la sindrome di Gerstmann associata a CSDH, effetti sui gangli della base, spiegherebbero i sintomi parkinsoniani, alterazioni della conduzione a carico delle fibre del tratto sono invece legate all’emiparesi e infine va inclusa la riduzione della perfusione della regione cerebrale.

L'ematoma sottodurale cronico rimane asintomatico nella maggioranza dei pazienti, ma l’aumento della

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pressione intracranica può eventualmente risultare in coma.

Tra questi due estremi, troviamo tutta una costellazione di segni e sintomi con cui l’ematoma sottodurale cronico può presentarsi, quali alterazioni sensorimotorie, neuropsichiatriche, disturbi dell’umore e del linguaggio, cefalea e riduzione della concentrazione.

Pur non impattando la scelta terapeutica, tra gli scores clinici che potrebbero avere valenza dal punto di vista scientifico, c’è quello di Bender e Christoff5. In questo abbiamo 4 gradi suddivisibili in:

1 Fully alert and conscious, normal mental function, few or no focal signs

2 Drowsy or lethargic, organic mental syndrome, focal neurological signs

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3 Very drowsy or stuporous, conspicuous organic mental syndrome,

pronounced focal signs

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1.4 Diagnosi

La TC cranica è lo strumento diagnostico di prima scelta in molti ospedali e permette di avere una diagnosi in pochi minuti.

In TC, l’ematoma sottodurale cronico ha l’aspetto di una falce che si estende tra la superficie corticale e quella ossea.

Le circonvoluzioni possono essere visibili e questo indicherebbe che lo spazio aracnoideo è preservato. Compressione delle circonvoluzioni omolaterali, del ventricolo e lo shift della linea mediana, sono di frequente riscontro in TC.

Mentre nel caso dell’ematoma sottodurale acuto, lo shift della linea mediana è compensato da un aumento della pressione intracranica; nel caso del sottodurale cronico shift superiori a 10mm difficilmente sono compensati e non danno una manifestazione sintomatica.

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1.4.1 TC postoperatoria

Una TC viene sempre ripetuta dopo l’intervento. Non è inusuale trovare una falda di fluido nello spazio sottodurale in una TC fatta precocemente dopo l’intervento, ma di solito non è più visibile al follow up. Nei casi in cui l’ematoma persista causando sintomi, deterioramento neurologico, cefalea persistente, è raccomandato ripetere l’intervento chirurgico.

Confrontando le immagini TC, risultano necessitare di reintervento i pazienti che erano stati sottoposti a due Burr-holes.

Dalle immagini TC postoperatorie è stato studiato come la presenza di aree di pneumoencefalo correlavano positivamente con la recidiva di CSDH.

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1.5 Classificazioni

La presentazione del CSDH in TC può essere molto varia e sono state fatte diverse classificazioni. (tabelle 1.4-1, 1.4-2)

TABELLA 1.5-1

TC CLASSIFICATION ACCORDING TO NOMURA AND COLLEAGUES6 1. Hyperdensity 2. Isodensity 3. Hypodensity 4. Mixed density 5. Layering type

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TABELLA 1.5-2

TC CLASSIFICATION ACCORDING TO NAKAGUCHI AND COLLEAGUES7 1. Homogeneous type 2. Laminar type 3. Separated type 4. Trabecular Type

Entrambe le classificazioni correlano positivamente con l’età dell’ematoma, tasso di recidiva e la quantità dell’essudato. Un aspetto isodenso in TC può

ostacolare la diagnosi, soprattutto in pazienti con ematoma bilaterale in cui non si ha asimmetria dei ventricoli o shift della linea mediana, nonostante la pressione intracranica possa risultare elevata a causa

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dell’ematoma che occupa bilateralmente lo spazio extracerebrale.

Fig.1.4-1 Esempio di ematoma di tipo mixed-density sinistro con shift della linea mediana verso destra e compressione ventricolo omolaterale.

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1.6 Terapia

La strategia terapeutica dell’ematoma sottodurale

cronico varia dal “watch and wait” all’approccio craniotomico.

La remissione spontanea dell’ematoma è un evento molto raro, ma è stato proposto un approccio farmaceutico che prevede la somministrazione di corticosteroidi. Nel loro studio, Glover e Labadie dimostrarono come il tasso di formazione delle membrane, in animali trattati con corticosteroidi, fosse notevolmente ridotto8. Il corticosteroide usato nello studio era il desametasone, farmaco con nota azione antiinfiammatoria e antiangiogenetica.

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Altri studi hanno discusso, invece, dell’uso di mannitolo e riposo a letto. Tuttavia, in questo genere di trattamento di notevole rilievo sarebbero gli effetti collaterali di un’immobilizzazione prolungata in pazienti anziani.

Non si hanno ancora parametri definiti, la cui presenza aiuta nella scelta di un approccio non chirurgico, ma pazienti asintomatici che presentano evidenze di CSDH in TC o MRI vengono accuratamente monitorati.

Diventa perentorio l’approccio chirurgico in quei pazienti che oltre alla presenza del CSDH in scansioni TC, si presentano sintomatici.

Importante questione sulla gestione sia peri che post operatoria, risulta essere quella riguardante la somministrazione o meno di anticonvulsivanti. Da una Cochrane review si evince che, dati i vari studi contrastanti tra di loro, non è possibile dare linee guida a riguardo. Si pensa che epilessia posttrauma o

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postchirugia, abbia una bassa incidenza nei pazienti con CSDH. Da un’analisi retrospettiva, Rubin e Rappaport trovarono un’incidenza del 5,6% di crisi epilettica preoperatoria contro un 3% riscontrato in letteratura e un 4,3% della postoperatoria contro un 1,8% in letteratura. Se lo guardiamo da un punto di vista fisiopatologico, foci epilettici hanno origine prevalentemente da lesioni corticali; mentre, l’ematoma sottodurale cronico è una lesione prettamente extracerebrale. Da un punto di vista anatomico, la parte viscerale della membrana fibrosa, non permette ai prodotti di degradazione del sangue di entrare in contatto con la corteccia e portare a manifestazioni epilettogene.

Un aumentato rischio rimane nei pazienti che, anche a seguito di chirurgia, presentano una membrana interna (o viscerale) discontinua.

Nell'outcome di questi pazienti va presa in considerazione la riespansione cerebrale che fa

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seguito all’intervento. Un'adeguata idratazione endovena in questi pazienti è correlata ad una precoce riespansione cerebrale e una ridotta frequenza di recidiva.

Tuttavia, l’idratazione in pazienti anziani deve essere condotta con particolare cautela. Infatti, nel 41 % di pazienti ultra 75enni sottoposti a intervento per CSDH, è stata dimostrata la presenza di iperemia in aree corticali che erano coperte dall’ematoma. Proprio questa iperemia potrebbe essere una delle cause di riemorragia postoperatoria, così come anche la sindrome da iperperfusione cerebrale in pazienti con delirio.

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2. Trattamento chirurgico

La chirurgia continua ad essere il “gold standard” per l’ematoma sottodurale cronico, consentendo un’immediata decompressione con miglioramente dell’outcome.

Nonostante rappresenti una delle patologie più frequenti in ambito neurochirurgico, i vari studi condotti finora non portato evidenze scientifiche tali per cui sia possibile stabilire quale approccio chirurgico possa essere considerato come “migliore” per il trattamento del CSDH. Questo si spiega con il fatto che il CSDH è un’entità non uniforme, con diverse manifestazioni che potrebbero richiedere diversi approcci.

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È importante, innanzitutto, definire parametri che aiutano a predire il rischio di recidiva e complicanze. Diversi studi hanno preso in considerazione diversi parametri tra cui il volume dell’ematoma con l’ipotetico deficit neurologico che potrebbe causare. Chiaramente il problema della recidivadell’ematoma sottodurale cronico non può essere separato da altri problemi quali il tasso di complicanze e le morbidità associate ai diversi tipi di trattamento e va sempre tenuto in considerazione che ciò che potrebbe apparire come il miglior tipo di approccio in un paziente, può invece risultare non adeguato in altri pazienti.

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2.1 Approcci chirurgici

Le principali tecniche chirurgiche nei pazienti con CSDH sono essenzialmente il Burr-hole craniotomy e Burr-hole craniotomy allargato (tra 5 e 30 mm), Craniotomy (sopra i 30mm). Burr-hole craniotomy e Craniotomy sono le due tecniche associate ad un minor tasso di recidiva.

2.1.1 Burr-hole craniotomy (BHC)

Quando si fa riferimento al Burr-hole si parla di un foro chirurgicamente posto a livello cranico. L'area dello scalpo a livello della quale deve essere eseguito il foro deve essere rasata e poi, per eliminare germi presenti sulla cute, questa stessa verrà preparata con

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soluzioni apposite quali il betadine. Questa procedura sarà utile per ridurre il rischio di infezioni.

Prima di eseguire un Burr-hole sarà necessario accertarsi, immagini TC, della posizione dell’ematoma e il foro dovrà essere fatto più o meno al centro dell’ematoma stesso.

Nei casi in cui venga fatta un’anestesia, il paziente dovrà essere intubato per garantire un’appropriata ventilazione, mantenendo un apporto di ossigeno e proteggere le vie aeree.

A questo punto il paziente viene posizionato in modo da facilitare la procedura e viene messo un catetere di Foley tramite il quale viene somministrato mannitolo. L'incisione sullo scalpo sarà il primo passo da fare in modo da allontanare la cute e avere accesso al piano osseo. Per eseguire il foro viene usato un trapano studiato appositamente per fermarsi quando il cranio è stato perforato in tutto il suo spessore, evitando la possibilità di creare danni al

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cervello. Il trapano dovrà essere posto perpendicolarmente al cranio. Con l’aiuto di un bisturi da dura si dovrà incidere la pachimeninge per dare all’ematoma una “via di fuga” dallo spazio sottodurale. Il sangue sottodurale può presentare più coaguli rispetto all’epidurale, quindi in alcuni casi servirà una rimozione dei coaguli per avere un efficiente drenaggio dell’ematoma e nel caso in cui fosse ancora in atto sanguinamento attivo, questo non va assolutamente tamponato.

Nel caso dovesse essere necessario, possono essere fatti due Burr-holes a pochi centimetri l’uno dall’altro.

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Fig. 2.1.1-1 Posizionamento di standard burr-holes. 1. Temporale; 2. Frontale (sopra la sutura coronale); 3. Parietale (sopra l’eminenza parietale).

Mark Wilson Oxford Desk Reference of Trauma Ed Smith, Greaves and Porter 2011

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2.1.2 Craniotomia

La craniotomia consiste invece in un’operazione chirurgica in cui un lembo osseo viene momentaneamente rimosso dal cranio per avere facile accesso al cervello.

Solitamente viene eseguita sotto anestesia generale, ma può anche essere fatta a paziente sveglio in anestesia locale.

Un intervento di craniotomia si compone di diverse fasi. La prima prevede la preparazione del paziente, la cui testa sarà posizionata grazie all’uso di un 3-pin skull fixation device (ved fig 2-1-2 da aggiungere) che sarà d’aiuto per mantenere la testa in una posizione fissa durante tutto l’intervento. A questo punto verrà prima detersa e poi fatta l’incisione a livello dell’area su cui verrà praticata la craniotomia. Piccoli burr-holes vengono praticati tramite il trapano per permettere al craniotomo di entrare

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facilmente e creare il lembo osseo che verrà messo da parte fino alla fine dell’intervento. Il passaggio successivo prevedere l’apertura della dura per consentire il drenaggio dell’ematoma. A seguito del drenaggio dell’ematoma, verrà richiusa la dura e riposizionato il lembo osseo che era stato messo da parte e risuturati muscoli e cute.

Fig.2.1.2-2 Esempio posizionamento testa per craniotomia con 3-pin fixation skull device9

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2.2 Irrigazione

Durante l’intervento viene di solito “irrigato” l’ematoma per aiutarne la completa rimozione o per lo meno diluirne il suo contenuto.

Non si hanno molti studi che mettono però a confronto pazienti trattati con irrigazione rispetto a chi non la fa. Dalla letteratura si evince che pazienti trattati con irrigazione e burr-hole non presentano una riduzione del tasso di recidiva.

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Si hanno molti dati che confermano l’utilità del posizionamento di un drenaggio a seguito di BHC. In diversi studi viene riportata la riduzione del numero di recidive per CSDH, in pazienti in cui era stato posizionato il drenaggio.

Il drenaggio viene di solito tenuto dalle 48 alle 72 ore e bisogna rimuoverlo con attenzione per evitare l’ingresso di aria nello spazio sottodurale.

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Come tutte le procedure chirurgiche, anche l’esecuzione di un Burr-hole e molto più della craniotomia si associa a un rischio legato sia alla procedura che all’anestesia soprattutto nel caso in cui venga fatta quella generale. Come sempre, i rischi legati alla procedura devono essere posti sulla bilancia con i benefici che se ne ricavano.

Tra i rischi per entrambe le procedure si ricordano la possibilità di presentazione di crisi epilettiche, sanguinamento, stroke, infezioni che possono interessare encefelo così come anche le meningi e la cute a livello della sede dell’incisione, poi ancora edema cerebrale, danno cerebrale più o meno importante, con alterazioni del sensorio, danni alla memoria, impaccio motorio e della parola e infine coma.

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La gravità della lesione detterà i tempi di recupero dei pazienti a seguito di Burr-hole o craniotomia. Di solito i pazienti vengono portati in terapia intensiva, soprattutto dopo craniotomia se eseguita in anestesia generale, qui sarà importante il controllo della pressione arteriosa e il monitoraggio per ridurre il rischio di sanguinamenti postoperatori. Anche senza evidenza di infezioni, a scopo preventivo possono essere somministrati antibiotici. Il lembo osseo ci mette circa un anno per guarire con formazione del callo osseo, quindi bisogna evitare sbalzi di pressione esterni, immersioni o voli aerei che potrebbero provocare l’insorgenza di crisi epilettiche.

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PARTE II: TESI SPERIMENTALE

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Lo scopo dello studio era quello di definire un’aventuale correlazione tra fattori indipendenti e la recidiva di ematoma sottodurale cronico. Abbiamo pensato alla recidiva come alla necessità per pazienti già stati sottoposti a Burr-hole o craniotomia, di andare incontro a reintervento per CSDH.

Abbiamo ipotizzato che trattamenti con anticoagulanti o antiaggreganti piastrinici, così come lo shift preoperatorio della linea mediana, lo spessore dell’ematoma e l’appartenenza a una delle quattro classi di Nakaguchi, poi patologie quali epatopatie, insufficienza renale cronica, ipertensione, cardiopatie e diabete mellito e l’essere stati sottoposti a craniotomia o Burr-hole con o senza anestesia al primo intervento e recente storia di trauma, potessero influenzare la recidiva di CSDH.

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Nello studio sono stati valutati 322 pazienti trattati chirurgicamente nel nostro ospedale e abbiamo retrospettivamente analizzato i fattori correlati alla ricorrenza di CSDH.

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Abbiamo utilizzato il sistema di ricerca di dati del nostro istituto per identificare pazienti sottoposti a intervento per ematoma sottodurale cronico tra il 2013 e il 2018.

Con uno studio retrospettivo, abbiamo valutato i reperti TC pre- e post-operatori e le cartelle cliniche di 369 pazienti ammessi al reparto di neurochirurgia dell’azienda ospedaliera- universitaria pisana di Cisanello, con diagnosi di ematoma sottodurale cronico e poi sottoposti a trattamento chirurgico.

Pazienti di cui mancavano dati riguardanti l’anamnesi farmacologica o per i quali non avevamo la TC pre-intervento, non sono stati presi in considerazione nello studio, nel quale sono analizzati 322 dei 369 pazienti. Per i criteri di inclusione vedi figura 1.1.

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Pazienti screenati per CSDH N = 369

(N

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Fig 1.1 Flowchart per scelta dei pazienti.

2.1 Popolazione di riferimento Pazienti con criteri adeguati

e analizzati N = 322

Criteri di non eleggibilità: -mancanza reperto TC preoperatorio

(N=17)

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La popolazione studiata comprendeva 322 pazienti con diagnosi di ematoma sottodurale cronico. Le caratteristiche demografiche dei pazienti sono riassunti nella tabella 1.

Di 322 pazienti, 225 erano di sesso maschile (69,9%), 79 di sesso femminile (30,1%), con un’età media di 79 anni.

È stata valutata la storia medica di questi pazienti, così come le comorbidità preoperatorie quali, ipertensione, cardiopatie, epatopatie, insufficienza renale cronica (IRC), diabete mellito (DM), uso di farmaci anticoagulanti o antiaggreganti piastrinici e una recente storia di trauma che sono stati studiati come fattori di rischio indipendenti per la recidiva

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Tabella 1. Caratteristiche demografiche e cliniche.

Statistica: frequenza assoluta (percentuale) o media (range)

Caratteristiche Statistica Numero di pazienti 322 Sesso Maschi 225 (69,9) Femmine 97 (30,1) Età 79 (39-100) Trauma 38 (11,8) Epatopatia 7 (2,2) IRC 20 (6,2) Cardiopatia 104 (32,3) DM 51 (15,8) Ipertensione 149 (46,3) Anticoagulanti NAO 4 (1,2) TAO 57 (17,7) Antiaggreganti piastrinici ASA 62 (19,2) PLAVIX 19 (5,9) TYKLID 11 (3,4) Doppia antiaggregazione 5 (1,5)

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2.2 Valutazione radiologica

Sulle scansioni TC preoperatorie sono stati misurati lo spessore dell’ematoma, lo shift della linea mediana, la sede dell’ematoma e la densità dello stesso ed è stata valutata la presenza di compressione del ventricolo omolaterale all’ematoma e l’effetto massa causato dall’ematoma sul parenchima sottostante.

In base alle immagini TC, abbiamo suddiviso i pazienti in quattro gruppi distinti sulla base dell’architettura dell’ematoma seguendo la classificazione di Nakaguchi: Homogeneous, laminar, separated e trabecular type.

Come è stato già fatto in altri studi quali lo studio di Ohba e colleghi del 201210, il laminar type è stato definito come un sottotipo dell’omogeneo,

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con una membrana iperdensa adesa alla membrana interna. Il separated type contiene invece due componenti con diversa densità posti quasi a formare due livelli, con la componente ipodensa situata sopra quella iperdensa. Il trabecular type è invece stato definito come il tipo di ematoma con contenuto non omogeneo per presenza di setti iperdensi che si estendono tra la membrana esterna e quella interna, con un background ipodenso.

La frequenza di ciascun tipo di ematoma secondo la struttura valutata in TC, è riportata nella seguente tabella Homogeneous Type 37,6% Laminar Type 14,6% Separated Type 15,2% Trabecular Type 32,6%

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2.3 Trattamento

I pazienti sono stati trattati con Burr-hole o craniotomia in anestesia locale o generale. La scelta dell’uno o dell’altro intervento chirurgico è dipeso delle caratteristiche dell’ematoma, in particolare lo spessore, e soprattutto dalla compliance del paziente. È stato sempre posizionato un drenaggio che è stato lasciato in sede nelle 48 ore successive all’intervento in tutti i pazienti.

Di 322 pazienti trattati per ematoma sottodurale cronico, 45 hanno subito una craniotomia, Burr-hole i 277 restanti e l’intervento è stato condotto in anestesia generale in 74 pazienti.

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3. Analisi statistica

I dati categorici sono stati analizzati con la frequenza assoluta e viceversa, quelli continui con la media, la deviazione standard o il range.

I confronti tra la variabile dipendente “ricorrenza” (nel nostro studio intesa come re intervento) e le variabili esplicative qualitative (sesso, recente storia di trauma, epatopatia, IRC, DM, ipertensione, cardiopatia, chirurgia, anestesia, sottotipi di Nakaguchi, tipo di farmaco usato per la scoagulazione, spessore massimo) sono stati effettuati con il test chi-quadro; mentre, i confronti tra la variabile dipendente “ricorrenza” e le variabili continue (shift ed età) con il t-test per campioni indipendenti. I tre fattori con p-value <0,1 e cioè spessore massimo superiore o uguale a 25mm,

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chirurgia e presenza del sottotipo trabecolare, sono stati analizzati con un modello multivariato basato sulla regressione logistica binaria.

I risultati dell’analisi multivariata sono stati espressi con l’odds-ratio associato al relativo intervallo di confidenza (IC) al 95% e con il coefficiente di regressione. La significatività è stata posta a 0,05. Tutte le analisi sono state condotte con l’uso della tecnologia SPSS v.25.

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4. Risultati

Nel nostro studio retrospettivo, di 369 pazienti trattati nel nostro reparto di neurochirurgia con diagnosi di ematoma sottodurale cronico tra il 2013 e il 2018, di 17 non avevamo una TC preoperatoria e di 30 non abbiamo trovato dati anamnestici. 322 sono stati i pazienti che alla fine abbiamo tenuto in considerazione nello studio.

Di questi, 225 pazienti erano maschi e 97 femmine con un’età compresa tra i 39 e i 100 anni (età media di 78 anni).

40 pazienti avevano riferito una storia di trauma recente. 257 pazienti avevano una storia di ematoma sottodurale cronico unilaterale; mentre, i restanti 65 paziente avevano reperti TC di ematoma bilaterale.

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40 pazienti (12,4%) ha avuto una recidiva di ematoma sottodurale cronico con necessità di reintervento. Il tempo medio tra la prima operazione e la recidiva è stato di circa un mese. Nelle tabelle IIa, IIb e IIc sono mostrati i dai dell’analisi univariata della relazione tra la ricorrenza di ematoma sotodurale cronico (intesa come rioperazione) e i singoli fattori di rischio presi in considerazione nello studio.

La recidiva era significativamente associata allo spessore dell’ematoma valutato con la TC preoperatoria. Di 322 pazienti, in 118 (36,6%) lo spessore dell’ematoma era superiore o uguale a 25mm (P=0,061). 11 dei 45 pazienti che avevano fatto la craniotomia piuttosto che il Burr-hole, erano andati incontro a recidiva di CSDH e all’analisi univariata è stato trovata significatività e associazione con la recidiva di ematoma (P=0,008).

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Studiando la relazione tra i diversi tipi strutturali di ematoma e il rischio di recidiva, abbiamo notato all’analisi univariata che c’è un rischio minore di recidiva di ematoma sottodurale cronico nei pazienti in cui alla TC preoperatoria era presente un ematoma non trabecolare (P=0,074).

Eseguendo l’analisi multivariata (tabella 3) tenendo conto dei tre fattori di rischio che all’univariata presentavano un p-value < 0,1, abbiamo confermato la significatività e l’associazione con la recidiva di CSDH nei casi sottoposti a craniotomia e in quelli che avevano un ematoma di spessore maggiore o uguale a 25mm. Invece, per quanto riguarda la relazione tra la recidiva e la presenza del tipo trabecolare di ematoma, all’analisi multivariata si trova un p-value di 0,119 che risulta essere molto vicino alla significatività e rimane un fattore di rischio che

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andrebbe studiato o comunque preso in considerazione per un ipotetico rischio di recidiva.

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Tabella IIa. Analisi dei fattori di rischio (clinici) per recidiva di CSDH.

Fattore di rischio Non recidiva Recidiva p-value Numero pazienti 282 40 Età 70,1 (9,6) 78,4 (7,2) 0,643 Sesso 0,699 Maschi 196 29 Femmine 86 11 Trauma 0,503 32 6 No 250 34 Epatopatia 0,880 6 1 No 276 39 IRC 0,735 18 2 No 264 38 Ipertensione 0,399 128 21 No 154 19 DM 0,877 89 15 No 193 25 Cardiopatia 0,452 89 15 No 193 25 Chirurgia 0,008 Craniotomia 34 11 Burrhole 248 29 Anestesia 0,396 5 0 No 277 40

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Tabella IIb. Analisi dei fattori di rischio (radiologici) per recidiva di CSDH.

Fattore di rischio Non recidiva Recidiva p-value Numero pazienti 282 40 Posizione 0,175 Destro 108 21 Sinistro 117 11 Bilaterale 57 8 Spessore massimo 0,061 ≥ 25 mm 98 20 < 25 mm 184 20 Shift 7,8 (8,5) 9,3 (4,2) 0,204 Nakaguchi 0,074 Trabecolare 87 18 Altri sottotipi 195 22

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Tabella IIc. Analisi dei fattori di rischio (farmacologici) per recidiva di CSDH.

Fattore di rischio Non recidiva Recidiva p-value Numero pazienti 282 40 ASA 0,325 52 10 No 320 30 PLAVIX 0,329 18 1 No 264 39 TYKLID 0,556 9 2 No 273 38 Doppia Antiaggreg. 0,396 5 0 No 277 40 NAO 0,448 4 0 No 278 40 TAO 0,684 49 8 No 233 32

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Tabella III. Analisi multivariata dei fattori di rischio per recidiva di CSDH.

CR: coefficiente di regressione

OR: Odds Ratio (con intervallo di confidenza al 95%)

Fattore di rischio CR OR Limite Inferiore Limite Superiore p-value Nakaguchi 0,544 1,723 0,869 3,419 0,119 (1) Trabecolare (0) Altri sottotipi Spessore 0,645 1,906 0,965 3,765 0,063 (1) ≥ 25 mm (0) < 25 mm Chirurgia 1,038 2,823 1,274 6,255 0,011 (1) Craniotomia (0) Burrhole Costante -2,628 0,072 0,000

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Tabella IIa mostra l’analisi univariata dei fattori di rischio clinici di recidiva nei 322 pazienti con ematoma sottodurale cronico. Studiando il p-value dei vari fattori riportati in questa tabella, si nota subito come una significatività si riscontra solo nel caso del tipo di intervento chirurgico cui il paziente veniva sottoposto. Il fattore di rischio di recidiva “chirurgia” è stato dicotomizzato in Burr-hole e craniotomia. Non è stata trovata significatività per nessuno degli altri fattori di rischio.

Tabella IIb mostra l’analisi univariata dei fattori di rischio radiologici di recidiva nei 322 pazienti con ematoma sottodurale cronico. Dall’analisi dei vari p-value si riscontra una significatività sia per lo spessore preoperatorio dell’ematoma, superiore o uguale a 25mm, sia per il tipo strutturale, in particolare hanno una minore associazione alla recidiva i sottotipi non trabecolari.

Tabella IIc riporta, invece, l’analisi univarita dei fattori di rischio farmacologici di recidiva nei 322 pazienti con ematoma sottodurale cronico presi in considerazione nello studio. Per nessuno di questi fattori di rischio studiati è stata riscontrata significatività statistica.

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Tabella III mostra i dati dell’analisi multivariata in cui sono stati esaminati solo i fattori di rischio che all’univariata avevano presentato significatività con un p-value < 0,1.

La significatività continua ad essere importata, anche nella multivariata, per lo spessore preoperatorio dell’ematoma e per il tipo di intervento chirurgico eseguito.

Lo spessore superiore o uguale a 25mm è

significativamente associato alla recidiva di CSDH con un p-value di 0,063, OR 1,906, IC 95% e 0,965-3,765. Altrettanto significativo risulta essere l’aver fatto craniotomia, piuttosto che burr-hole, con p-value di 0,011, OR 2,823, IC 95% e 1,274-6,255.

Nella multivariata il p-value del sottotipo strutturale di ematoma (se trabecolare o meno) perde in parte la sua significatività, essendo di 0,119, ma non tanto da non essere considerato o studiato come possibile fattore di rischio di reintervento per ematoma sottodurale cronico.

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5. Discussione

Per lo studio della recidiva di ematoma sottodurale cronico è importante innanzitutto definire cosa si intende per recidiva. Negli studi di Jack e colleghi e Stanisic e Pripp11 si definì la recidiva di CSDH a seguito di intervento chirurgico come la combinazione di recidiva postoperatoria dal punto di vista radiografico associata a disfunzione neurologica e necessità di reintervento.

Nello studio di Zhang e colleghi12, invece, la recidiva è intesa come una combinazione di ricorrenza radiologica e manifestazioni cliniche. In questo studio per recidiva si intente la necessità di reintervento in pazienti

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precedentemente sottoposti a chirurgia per trattare un ematoma sottodurale cronico, con evidenze radiologiche e cliniche.

La fisiopatologia dell’ematoma sottodurale cronico continua ad apparire complessa, così come anche la letteratura associata. Molti sono i fattori di rischio studiati per valutare la recidiva di CSDH. In questo studio sono stati divisi in tre gruppi: radiologici, clinici e farmacologici.

Per quanto riguarda i dati radiologici sono tutti stati studiati tramite le immagini TC. Scansioni TC dei pazienti con CSDH forniscono importanti informazioni riguardanti lo status intracranico e la tomografia computerizzata rimane l’indagine radiologica diagnostica di riferimento per questa patologia.

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Delle informazioni ricavabili dalle immagini TC che sono state valutate in questo studio, abbiamo trovato che due possono essere considerati fattori predittivi di recidiva di ematoma sottodurale cronico: (1) il volume preoperatorio dell’ematoma e (2) il tipo strutturale dello stesso, tenendo conto della classificazione di Nakaguchi.

VOLUME DELL’EMATOMA

Il volume preoperatorio dell’ematoma, determinato usando l’immagine TC, è, nel nostro studio, un predittore di recidiva postoperatoria di ematoma sottodurale cronico.

Nella nostra coorte di pazienti, volume preoperatori dell’ematoma inferiori a 25mm si associano a una prognosi di non recidiva molto alta (90,2 %), provando che pazienti con

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ematoma di volumi maggiori hanno un aumentato rischio di recidiva.

Maggiori dimensioni dell’ematoma possono essere attribuite all’atrofia cerebrale associata all’invecchiamento che potrebbe creare un potenziale spazio in cui l’ematoma cresce più facilmente. Inoltre l’atrofia cerebrale può essere la causa di un’espansione cerebrale postoperatoria inappropriata e rappresentare, quindi, un potenziale per la recidiva. Lo studio di Lee e colleghi13 suggerì che la chiave per lo sviluppo dell’ematoma sottodurale cronico fosse la presenza di un adeguato spazio sottodurale, che potrebbe originare proprio da un’atrofia cerebrale.

TIPO STRUTTURALE DELL’EMATOMA

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La modalità con cui si presenta l’ematoma sottodurale cronico in immagini TC, aiuta a identificare risanguinamenti recenti. La presenza di iperdensità correla fortemente con la recidiva di ematoma sottodurale cronico.

Da precedenti studi, come quello di Nakaguchi e colleghi, risulta che i quattro tipi strutturali di ematoma sottodurale cronico rappresentano quattro diversi stadi di evoluzione dell’ematoma stesso. Ognuno di questi stadi ha un diverso rischio di recidiva, probabilmente associato alla diversa composizione del sangue e delle sue proteine.

Nella nostra analisi abbiamo tenuto conto della classificazione di Nakaguchi, che divide strutturalmente l’ematoma sottodurale cronico in quattro tipi: homogeneous, laminar, separated e trabecular.

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Nel nostro studio, le frequenze di recidiva per ciascun tipo di ematoma sono: homogeneous 12%, laminar 8.5%, separated 6%, trabecular 18%.

I risultati ottenuti dai dati raccolti e dalla nostra analisi statistica ci dicono che nei 322 pazienti presi in considerazione nello studio, il presentare in scansioni TC preoperatorie un tipo di ematoma diverso dal trabecolare, correla con un basso rischio di recidiva e una prognosi di non recidiva del 89,9%. Dall’analisi multivariata si deduce che i tre tipi di ematoma diversi dal trabecular, quindi homogeneous, laminar e separated, non hanno un’importante associazione con rischio di recidiva di CSDH come invece avviene per il trabecular type.

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In questo studio il tipo di intervento chirurgico eseguito per drenare l’ematoma, in particolare l’aver fatto una craniotomia piuttosto che il Burr-hole, è un fattore di rischio indipendente di recidiva di ematoma sottodurale cronico.

Dal nostro studio si evince che le percentuali di recidiva, quindi di necessità di reintervento, di ematoma sottodurale cronico sono maggiori nel caso in cui il paziente veniva sottoposto a craniotomia (25%); mentre, in pazienti in cui veniva praticato un foro di trapano la percentuale di recidiva scende al 10,5 %.

Dalla letteratura si evince che molti altri studi si sono concentrati sulla valutazione di fattori di rischio quali l’uso di anticoagulanti o antiaggreganti, la concomitante presenza di patologie croniche, in particolare diabete, epatopatie, cardiopatie, nefropatie e

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l’ipertensione. Tutti questi fattori di rischio sono stati presi in considerazione e studiati anche sulla nostra casistica, ma dall’analisi statistica non sono emersi dati che ci permettono di valutarli come fattori di rischio indipendenti di recidiva di ematoma sottodurale cronico.

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6. Limitazioni

Questo studio su 322 pazienti trattati chirurgicamente per drenare un ematoma sottodurale cronico, è uno studio retrospettivo con tutte le limitazioni che uno studio del genere può presentare, potendo essere fonte di bias e variazioni.

Nonostante ciò, l’uso del modello di regressione logistica per poter arrivare all’analisi statistica multivariata dei fattori di rischio di recidiva di ematoma sottodurale cronico, rappresenta sicuramente un punto di forza dello studio stesso.

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7. Conclusione

In conclusione, grazie all’uso della tomografia computerizzata, potrebbe essere facile studiare pazienti che in base al volume e al tipo di ematoma, seguendo la classificazione di Nakaguchi, possono essere a rischio di recidiva postoperatoria.

Il volume preoperatorio dell’ematoma, così come il tipo strutturale dello stesso, entrambi valutabili dalle scansioni TC, rappresentano insieme al tipo di intervento chirurgico eseguito (craniotomia Vs. burr-hole), fattori di rischio indipendenti per la recidiva di ematoma sottodurale cronico.

In ogni caso, futuri studi prospettici potrebbe essere d’aiuto per definire ulteriormente fattori di

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rischio considerabili predittori di recidiva di CSDH.

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Riferimenti

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