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Sviluppo di catalizzatori nanostrutturati a base di Nichel per la produzione di idrogeno

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex

D.M. 270/2004)

in Chimica e Tecnologie Sostenibili

Tesi di Laurea

Sviluppo di catalizzatori

nanostrutturati a base di Nichel

per la produzione di idrogeno.

Relatore

Ch. Prof.ssa Michela Signoretto

Correlatore

Dott.ssa Federica Menegazzo

Laureando

Cristina Pizzolitto

Matricola 839569

Anno Accademico

2015 / 2016

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1

Ciò che conta non è fare molto,

ma mettere molto amore in ciò che si fa.

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2

Indice

1. Introduzione ... 4

1.1 Fonti alternative di energia ... 5

1.2 Steam reforming di etanolo ... 7

1.3 Dry reforming di metano ... 10

1.4 Catalisi eterogenea ... 12

2.Scopo ... 15

3.Parte Sperimentale ... 16

3.1 Approccio sintetico ... 16

3.1.1 Sintesi dei supporti ... 16

3.1.2 Introduzione del promotore ... 17

3.1.3 Introduzione della fase metallica ... 17

3.1.4 Indice riassuntivo dei campioni ... 17

3.2 Tecniche di caratterizzazione ... 18

3.2.1 Fisisorbimento di gas ... 18

3.2.2 Assorbimento atomico ... 21

3.2.3 Riduzione in temperatura programmata (TPR) ... 22

3.2.4 Ossidazione in temperatura programmata ... 22

3.2.5 Diffrazione ai raggi X ... 23

3.2.6 Microscopia elettronica a scansione (SEM) e dispersione energetica a raggi X (EDX) ... 24

3.2.7 Test catalitici ... 25

4 Risultati e discussioni ... 31

4.1 Caratterizzazioni preliminari ... 31

4.1.1 Fisisorbimento di azoto ... 31

(4)

3

4.2 Test catalitici ... 35

4.2.1 Dry reforming di metano ... 35

4.2.3 Steam reforming di etanolo ... 48

5. Conclusioni ... 58

(5)

4

1. Introduzione

L’energia è il motore della vita; è inscindibile dall’uomo poiché ne controlla tutte le attività garantendone la sopravvivenza alla ricerca di un benessere prolungato. Si osserva un crescente consumo di energia che proseguirà, secondo le stime, fino al 20401 a causa dell’incremento

demografico e allo sviluppo industriale degli stati non appartenenti all’OCSE (Organisation for

Economic Co-operation and Development) attualmente in via di sviluppo in aree quali Africa, Medio

Oriente e Sud-Est Asiatico2.

Come riportato nel BP Energy Outlook 20163, l’80 % del fabbisogno energetico globale è basato su

fonti fossili: petrolio, carbone e gas naturale che, grazie alla scoperta di fonti fossili alternative quali lo shale gas, non possono ancora considerarsi in esaurimento. Tali fonti però hanno problemi di sostenibilità ambientale, sociale ed economica. L’ubicazione dei giacimenti petroliferi infatti si trova in zone disomogenee del sottosuolo,4 comportando una totale dipendenza degli stati privi di

petrolio verso le decisioni e fluttuazioni geopolitiche dei possessori dell’oro nero; inoltre l’incremento di consumo di fonti fossili ha comportato l’aumento dell’inquinamento atmosferico e come conseguenza, il proliferarsi dell’effetto serra. La concentrazione di anidride carbonica in atmosfera infatti, ha subito un brusco innalzamento a seguito dell’aumento dell’industrializzazione e del consumo di combustibili fossili, causando effetti diretti sull’ambiente; altre ripercussioni più evidenti sono le variazioni climatiche con innalzamenti e abbassamenti di temperatura non usuali, le precipitazioni violente e l’innalzamento dei livelli di mari e oceani che può provocare, a lungo termine, la scomparsa delle terre emerse. La causa di queste variazioni climatiche e ambientali è

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5

l’impossibilità della componente infrarossa della radiazione solare di fuoriuscire dalla superficie terrestre poiché bloccata dalla presenza di specie assorbenti in atmosfera quali CO2, CH4, N2O, O3,

composti fluorurati e particolato atmosferico5 (i composti sono elencati in ordine crescente di

concentrazione in atmosfera). Queste costituiscono una barriera, riflettendo le radiazioni sulla superficie e causando un aumento di temperatura. Come già definito dal Protocollo di Kyoto nel 2006 e ribadito a Parigi nel dicembre 20156, è indispensabile che il livello dei gas serra, e più

precisamente della CO2, in atmosfera diminuisca. Tutti questi fattori hanno spinto i diversi stati alla

ricerca di fonti di energia alternative. Tra questi, l’Olanda sta sottoscrivendo una legge che entro il 2035 vieterà la vendita di automobili a benzina e a gasolio, promuovendo l’impiego di fonti alternative per l’ottenimento di energia7.

1.1 Fonti alternative di energia

Il primo passo per diminuire la produzione di inquinanti è stato fatto a Londra nel 1956, con le prime leggi statali per la regolazione delle emissioni di monossido di carbonio e idrocarburi (Clean Air Act). Attualmente la soluzione più diffusa per contrastare gli inquinanti è l’impiego dei catalizzatori a 3 vie all’interno dei mezzi di locomozione; questi convertitori catalitici sono in grado di abbattere CO, ossido di azoto e idrocarburi incombusti ma non riescono a limitare le emissioni di CO2 in atmosfera.

Per questo motivo i governi hanno incentivato l’uso di fonti di energia alternative quali: energia solare, eolica, geotermica e quella da biomasse. Il 23 giugno 2016 in Italia è stato firmato un nuovo decreto che emette incentivi per lo sviluppo delle energie rinnovabili diverse dal fotovoltaico al fine di dare uno slancio economico, ambientale e sociale al panorama energetico. Sono previsti 9 miliardi di euro di incentivi da emanare nei prossimi 20 anni.8 Queste tecnologie oltre a diminuire le

emissioni di CO2, possono essere scelte sfruttando le ricchezze territoriali di ogni Paese,

aumentando il grado di indipendenza dei paesi esportatori di combustibili fossili e offrendo posti di lavoro. In quest’ottica le biomasse stanno ottenendo grande successo in questi anni. Le biomasse sono state le prime fonti combustibili di energia, poiché venivano utilizzate già nell’antichità per il riscaldamento e per l’alimentazione del fuoco da cucina. La loro pirolisi però, che si verifica tra gli 800 °C e i 1000 °C in presenza di aria, non è oggigiorno vantaggiosa, vista la scarsa efficienza energetica9; per questo è necessario impiegarle diversamente, considerando le loro molteplici

potenzialità: hanno un basso contenuto di zolfo quindi non influenzano le emissioni di anidride solforica/solforosa che causano le piogge acide e non contribuiscono al bilancio di CO2 poiché questa

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6

è prodotta dall’utilizzo delle unità carboniose della biomassa impiegata, che deriva a sua volta dalla trasformazione della CO2 atmosferica attraverso la fotosintesi clorofilliana10.

Per questo motivo le biomasse sono attualmente impiegate per la produzione di biocarburanti. Inizialmente venivano utilizzate solo biomasse di prima generazione, le quali venivano impiegate per la produzione di bioetanolo e biodiesel. Per biomasse di prima generazione si intente la coltivazione dedicata di terreni per la produzione di piante adatte alla formulazione di biocarburanti. Questo ha portato però alla comparsa di problemi etici riguardanti l’impiego di terreni coltivabili per beni di seconda necessità anziché per la sussistenza umana11. Sono state quindi sviluppate

tecnologie diverse per portare alla formazione di biocarburanti di seconda generazione quali bioidrogeno, bioetanolo da biomasse lignocellulosiche, biodiesel, gas di sintesi e biometanolo. In questo caso si utilizzano scarti agroalimentari o forestali, permettendo di valorizzare un rifiuto e impiegarlo come risorsa.12

Il bioetanolo viene principalmente ottenuto dalla fermentazione del glucosio contenuto all’interno di piante quali canna da zucchero, mais e barbabietola da zucchero; oggigiorno però può essere ricavato, se pur con maggior difficoltà, dalla cellulosa presente nella frazione lignocellulosiche degli scarti agroalimentari e forestali13, a seguito della separazione da emicellulosa e lignina. Il bioetanolo

è un liquido facile da trasportare e immagazzinare avendo una bassa tossicità e volatilità; in Brasile viene impiegato direttamente come combustibile per motori, ma può anche essere utilizzato come additivo nelle benzine per aumentarne il numero di ottano. Oltre a queste applicazioni dirette, avendo un elevato rapporto idrogeno/carbonio (3/1), può essere convertito in idrogeno molecolare, visto il promettente impiego come vettore energetico del futuro.

L’idrogeno è una fonte pulita poiché l’unico coprodotto della sua combustione è l’acqua; è atossico e inoltre può essere impiegato all’interno delle fuell cells per produrre direttamente energia elettrica da energia chimica. In natura, l’idrogeno non si trova sotto forma di diidrogeno ma è presente in moltissime molecole come l’acqua e gli idrocarburi14: per questo motivo industrialmente viene prodotto a partire da fonti fossili mediante i processi di steam reforming di idrocarburi, gassificazione di carbone e ossidazione parziale di petrolio grezzo15. La percentuale maggiore è

ottenuta dallo steam reforming di metano, in presenza di un catalizzatore a base di Ni, alla temperatura di 800 °C16. Il syngas così ottenuto, può essere impiegato direttamente per la

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7

impiegato principalmente per la produzione dell’ammoniaca. Processi più sostenibili possono però essere sfruttati per ottenere questa molecola, quali la pirolisi delle biomasse, l’elettrolisi dell’acqua e lo steam reforming di alcoli come il bioetanolo17. Nonostante l’idrogeno possa essere considerato

una fonte alternativa per produrre energia pulita, è necessario affrontare le limitazioni derivate dalla sua natura. Esso infatti ha un notevole rapporto energia/peso ma ha un ridotto quantitativo di energia per unità di volume che richiede elevate pressioni per ridurre il volume occupato, causandone una pericolosità nello stoccaggio e come conseguenza nel suo trasporto18, oltre alla

necessità di spazi più grandi disponili all’interno dei veicoli19.

1.2 Steam reforming di etanolo

Lo steam reforming di etanolo (ESR) potrebbe essere un processo adeguato per produrre idrogeno da una fonte pulita, le biomasse, svincolandosi dai problemi riguardanti i combustibili fossili20.

Inoltre la reazione di ESR (reazione 1) ha una notevole efficienza poiché produce 6 moli di idrogeno per mole di etanolo.

Reazione 1: CH3CH2OH + 3 H2O 6H2 + 2 CO2 ∆H°298 = 173 KJ /mol

Nonostante le varie potenzialità già descritte in precedenza, la reattività dell’etanolo è molto elevata e questo può comportare la formazione di prodotti indesiderati a scapito della resa in idrogeno.

L’etanolo infatti può reagire con acqua come nella reazione 1, e a seconda delle condizioni di esercizio, produrre una quantità inferiore di H2 (reazione 2).

Reazione 2: CH3CH2OH + H2O 4H2 + 2 CO ∆H°298 = 256 KJ/mol

Inoltre l’etanolo può subire due reazioni endotermiche di decomposizione, la deidrogenazione a acetaldeide (reazione 3) e la deidratazione a etilene (Reazione 4). La scelta del catalizzatore e delle condizioni di reazione è indispensabile in questo senso poiché consentirebbe di modulare la selettività verso una reazione a scapito di un’altra21.

Reazione 3: CH3CH2OH H2 + CH3CHO ∆H°298 = 68 KJ /mol

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8

L’acetaldeide infatti può portare anch’essa alla formazione di idrogeno mediante la reazione di condensazione ad acetone (reazione 5) e le reazioni con acqua (reazioni 6 e 7), però può anche decomporre a metano (reazione 8):

Reazione 5: 2 CH3CHO CH3COCH3 + H2 + CO ∆H°298 = 5 KJ /mol

Reazione 6: CH3CHO + 3H2O 5 H2 + 2 CO2 ∆H°298 = 105 Kj /mol

Reazione 7: CH3CHO + H2O 3 H2 + 2 CO ∆H°298 = 105 KJ /mol

Reazione 8: CH3CHO CH4 + CO ∆H°298 = -19 KJ /mol

L’etilene invece può reagire con acqua e produrre idrogeno (reazione 9), ma anche polimerizzare, portando alla formazione di coke (reazione 10)

Reazione 9: 2H2O + C2H4 3 H2 + 2 CO ∆H°298 = 127 KJ/mol

Reazione 10: C2H4 polimero 2 H2 + 2 C ∆H°298 = -52 KJ/mol

Anche l’etanolo può a sua volta decomporre a metano (reazioni 11, 12)

Reazione 11: CH3CH2OH CH4 + CO + H2 ∆H°298 = 49 KJ /mol

Reazione 12: CH3CH2OH 3/2 CH4 + ½ CO2 ∆H°298 = -74 KJ/mol

C’è inoltre il coinvolgimento di reazioni di interscambio fra tali reagenti, come la reazione di metanazione (reazione 13), la Water Gas Shift (reazione 14) e la reazione di Boudouard (reazione 15).

Reazione 13: CH4 + 2 H2O 4 H2 + CO2 ∆H°298 = 165 KJ /mol

Reazione 14: CO + H2O CO2 + H2 ∆H°298 = -41 KJ /mol

Reazione 15: 2 CO CO2 + C ∆H°298 = -171,5 KJ /mol

È importante osservare che vista la presenza di idrogeno e di ulteriori reagenti di reazione, è possibile che si verifichino reazioni con consumo di idrogeno, le quali sono tutte esotermiche. Reazione 16: CH3CH2OH + 2 H2 2 CH4 + H2O ∆H°298 = -157 KJ /mol

Reazione 17: CH2CH2 + H2 CH3CH3 ∆H°298 = -136 KJ /mol

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9

Reazione 19: CO + H2 C+ H2O ∆H°298 = -131 KJ /mol

Reazione 20: CO2 + 4 H2 CH4 + 2 H2O ∆H°298 = -165 KJ /mol

Reazione 21: CO2 + 2 H2 C + 2 H2O ∆H°298 = -90 KJ /mol

Tra queste reazioni si può osservare come la 10, 15, 19 e 21 portino alla formazione di coke con possibile disattivazione del catalizzatore. Uno schema riassuntivo delle reazioni principali implicate nell’ESR è proposto in figura 2.

Figure 2: schema riassuntivo delle reazioni di ESR

La reazione di ESR, endotermica, sarebbe favorita a temperature superiori a 600 °C ma dovendo diminuire la produzione di CO, convertito in CO2 tramite la reazione esotermica di WGS, è necessario

trovare una temperatura di compromesso, pur impedendo il verificarsi delle reazioni esotermiche di consumo di idrogeno (da reazione 18 a 21) a basse temperatura. Per migliorare il processo è necessario l’impiego di un catalizzatore che, grazie alla scelta accurata delle caratteristiche strutturali, possa:

· Resistere a temperature relativamente alte di esercizio senza subire processi di sinterizzazione

· Massimizzare la resa in idrogeno, riducendo la formazione di coprodotti quali metano, acetaldeide e etilene

(11)

10 · Limitare la disattivazione da coke.

Allo stesso tempo, per valorizzare i coprodotti formati da ESR, è possibile impiegarli in reazioni parallele di produzione di idrogenoquali il dry reforming di metano.

1.3 Dry reforming di metano

La reazione di dry reforming di metano (MDR) può essere accoppiata in questo caso alla reazione di

steam reforming di etanolo al fine di abbattere i sottoprodotti di quest’ultima favorendo una

maggiore resa in idrogeno. Allo stesso tempo, tale reazione è degna di attenzione poiché consente di toccare tematiche ambientali ed economiche. Come descritto nella reazione 22 infatti, vengono impiegati come reagenti metano e anidride carbonica che sono tra i più diffusi gas serra; immagazzinandoli è quindi possibile abbatterli, convertendoli in gas di sintesi (syngas), miscela altamente utilizzata dal punto di vista industriale22.

Reazione 22: CH4(g) + CO2(g) 2CO(g) + 2H2 (g) ∆H°298 = 247 KJ/mol

Il syngas così ottenuto infatti, viene generalmente impiegato nella sintesi del metanolo, per reazioni di idroformilazione e per produrre idrogeno; il vantaggio principale di questa reazione (reazione 22) è però conferito dal giusto rapporto fra i prodotti (circa prossimo all’unità) che è adeguato per la reazione di Fisher-Tropsch (FTR)23. Grazie a questa reazione (reazione 23) è infatti possibile ottenere

catene lineari di idrocarburi da impiegare come combustibile, senza attingere alle riserve di petrolio. Reazione 23: per paraffine (2n+1) H2 + n CO CnH2n+2 + 2 H2O

Per olefine 2n H2 + nCO CnH2n + n H2O

Gli idrocarburi così formati sono privi di zolfo, azoto e metalli pesanti.

La reazione di MDR però, coinvolge anche reazioni secondarie che devono essere accuratamente evitate per impedire la formazione di coke, quali la reazione di Boudouard (reazione 15), la reazione di pirolisi del metano (reazione 24) e la reazione di decomposizione del monossido di carbonio (reazione 25)24:

Reazione 24: CH4 2 H2 + C ∆H°298 = 75 KJ /mol

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11

La reazione inversa alla Water Gas Shift (reazione 27)25 può consumare l’idrogeno prodotto dalla

MDR producendo vapor d’acqua che a sua volta può provocare la reazione di steam reforming di metano (reazione 28), la quale modifica il rapporto H2 : CO, rendendolo non adatto alla FTR.

Reazione 27: H2 + CO2 H2O + CO ∆H°298 = 41 KJ /mol

Reazione 28: H2O + CH4 3H2 + CO ∆H°298 = 206 KJ /mol

In Figura 3 è proposto uno schema riassuntivo delle reazioni coinvolte nel dry reforming del metano.

Anche in questo caso è necessario studiare attentamente il catalizzatore al fine di impedire la sua disattivazione a causa della deposizione del coke e aumentare la resa in idrogeno.

(13)

12

1.4 Catalisi eterogenea

Nelle reazioni di ESR e MDR è necessario utilizzare un catalizzatore che sia in grado di attivare la reazione di rottura del legame C-C nel primo caso e del legame C-H nel secondo e che al contempo sia selettivo e stabile per massimizzare la resa in idrogeno e ridurre la formazione di coprodotti. Questo catalizzatore deve inoltre resistere alla disattivazione dovuta alla deposizione di carbone sulla sua superficie e allo stress causato dalle condizioni di temperatura. In quest’ottica, è possibile impiegare un catalizzatore eterogeneo dove la funzionalità metallica ha la capacità di scindere il legame carbonio-carbonio, carbonio-idrogeno e carbonio-ossigeno e il supporto impartisce resistenza alla sinterizzazione della fase metallica e all’avvelenamento da coke, la causa più probabile di disattivazione26. I metalli cataliticamente più attivi in questo tipo di reazione sono i

metalli nobili27: platino, rodio e palladio, i quali nonostante l’elevata selettività verso tali reazioni,

hanno però un costo sostenuto che ne limita l’applicazione industriale28. Al contrario, grazie alla sua

attività e al costo limitato, il nichel è il metallo di transizione più usato in queste reazioni29; esso

infatti ha prezzo fluttuante ma che si colloca intorno a 10 €/kg a differenza dei 28000€/kg per il platino, i 23000 €/ Kg per il rodio e i 20000 € /kg per il palladio30. Allo stesso tempo però, il nichel è

molto meno attivo in queste reazioni, infatti dev’essere introdotto in percentuali di un ordine di grandezza superiore rispetto ai metalli nobili. Purtroppo questo metallo è facilmente disattivabile a causa della deposizione di carbone sulla sua superficie e alla sinterizzazione delle particelle. La sinterizzazione è causata da locali incrementi di temperatura dovuti alle reazioni esotermiche indesiderate che comportano la coalescenza delle particelle metalliche con conseguente diminuzione della dispersione e quindi dell’attività31. Al fine di superare questi limiti, la scelta del

supporto gioca un ruolo fondamentale; esso infatti agisce sinergicamente con la fase metallica favorendo una stabilità prolungata per tutta la durata del processo, un’elevata attività e selettività della reazione e riducendo la disattivazione da coke. Le proprietà che si ricercano maggiormente in un supporto adatto a questo sistema catalitico sono: i) alta resistenza meccanica e termica; ii) elevata interazione con la fase metallica; iii) alta area superficiale, per favorire la delocalizzazione della fase attiva; iv) limitata disattivazione da coke32. I supporti che possiedono alcune di queste

caratteristiche possono essere classificati in tre categorie: · Supporti acidi

· Supporti basici · Supporti redox

(14)

13

Questi materiali sono stati ampiamente studiati come supporti per nanoparticelle di nichel e per questo si conoscono le maggiori peculiarità. L’allumina è uno tra i supporti più diffusi per le reazioni di steam reforming; è un materiale molto stabile termicamente e che inoltre interagisce fortemente con la fase metallica, limitandone la dispersione e la sinterizzazione superficiale. Avendo proprietà acide però, è attivo verso reazioni di deidrogenazione che, come si è visto nel paragrafo 1.2, causano la formazione di coke33. Per diminuire questa sua capacità, sono stati studiati dei promotori basici

in grado di rallentare tale azione, quali per esempio ossidi di calcio, bario, manganese e stronzio34;

l’allumina presenta inoltre un limite a basse temperature (400-500 °C) poiché interagisce poco efficacemente con il vapore acqueo impedendo la sua scissione in unità H e OH35; anche in questo

caso quindi, richiede la combinazione con altri solidi porosi quali la zirconia. I catalizzatori supportati su ossidi di magnesio invece, hanno una maggiore resistenza alla disattivazione da coke grazie alle loro proprietà basiche, ma al contempo, formano una soluzione solida con il NiO diminuendo la riducibilità dell’ossido a Ni0, la vera fase attiva e quindi portando ad una bassa reattività.36 La silice,

data l’elevata area superficiale, potrebbe essere impiegata per disperdere superficialmente il nichel, diminuendo il processo di coalescenza; in questo caso però la resistenza termica è limitata, e ad elevate temperature si assiste al collasso della struttura37.

È possibile superare questi limiti strutturali con i catalizzatori redox, quali ceria e zirconia. Questi infatti possiedono molteplici potenzialità. La ceria può agire da pompa d’ossigeno grazie alla capacità di cambiare mutualmente stato d’ossidazione da 4+ a 3+38, portando alla formazione di

vacanze d’ossigeno nel network strutturale, che aiutano l’ossidazione di composti carboniosi e limitando la disattivazione da coke39. La ceria però, nonostante abbia una decisa interazione con la

fase metallica, ha una resistenza termica limitata; richiede quindi una co-funzionalità che sia in grado di migliorarla40. La zirconia al contrario presenta elevata resistenza meccanica e termica e

inoltre interagisce efficacemente con il nichel prevenendo la mobilità del metallo in superficie e come conseguenza, la sua sinterizzazione41. Tuttavia essa presenta acidità di Lewis che promuove

reazioni di deidratazione, comportando la deposizione del coke sui siti attivi.

Per superare i limiti intrinsechi di questi supporti, è possibile utilizzare un promotore strutturale, quale l’ossido di lantanio. Da un lato, può conferire basicità al supporto a base di zirconia, consentendo di ridurre l’acidità del sistema catalitico responsabile della deposizione del carbone, dall’altro, può permettere di rafforzare le proprietà meccaniche della ceria e migliorarne l’abilità

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14

redox42. Il La3+ infatti, penetra all’interno del reticolo cristallino della ceria, sostituendosi agli atomi

4+, e aumentando le vacanze d’ossigeno43.

Le proprietà descritte rendono questi sistemi catalitici potenzialmente adatti ad entrambe le reazioni (ESR e MDR); perciò, cambiando reagenti e condizioni di esercizio, è possibile produrre idrogeno da reazioni diverse, lavorando con il medesimo catalizzatore.

L’approccio sintetico ha importanza fondamentale nello sviluppo di un catalizzatore eterogeneo poiché influenza le caratteristiche strutturali del materiale, quali area superficiale, distribuzione del diametro dei pori e fase cristallina, che hanno un effetto diretto sul risultato della reazione. Come si è definito in precedenza, è necessario che la fase metallica venga dispersa adeguatamente sul supporto al fine di impedire la sua sinterizzazione e la nucleazione degli atomi di carbonio, che portano alla formazione di coke44.In questo caso il metodo di precipitazione è valido per permettere

la sintesi di materiali mesoporosi a base di ceria e zirconia45. L’introduzione della fase attiva inoltre

può avvenire in vari modi, ma l’impregnazione a secco è uno tra i metodi più efficaci e semplici per permettere una buona dispersione metallica superficiale.

(16)

15

2.Scopo

Lo scopo di questo lavoro di tesi è lo sviluppo di catalizzatori eterogenei nanostrutturati a base di nichel che siano attivi, selettivi e versatili verso le reazioni di produzione di idrogeno. Le reazioni scelte a tale scopo sono:

· steam reforming di etanolo · dry reforming di metano.

In particolare, si cercherà di determinare la possibilità di impiego di questi catalizzatori per reazioni che hanno condizioni di lavoro differenti. La scelta del supporto per queste reazioni è di importanza fondamentale, poiché interagisce sinergicamente con la fase metallica, migliorandone le

performance. Per questo verranno studiati tre supporti diversi:

· ceria

· zirconia sintetizzata da precursore contenente nitrati · zirconia sintetizzata da precursore contenente cloruri

Inoltre per incrementare le loro performance, verrà analizzato l’effetto dell’aggiunta dell’ossido di lantanio e mediante opportune caratterizzazioni, si cercherà di comprendere come l’approccio sintetico influisca nel risultato finale. L’ossido di lantanio verrà infatti introdotto in due modi diversi:

· Impregnazione a secco sul supporto · Coprecipitazione con il supporto.

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3.Parte Sperimentale

3.1 Approccio sintetico

3.1.1 Sintesi dei supporti

Per la sintesi dei supporti, è stato scelto il metodo di precipitazione. L’ossido di cerio è stato sintetizzato sciogliendo in due becker distinti, 50 g di urea in 100 mL di acqua e 30 g di ammonio cerio nitrato ((NH4)2[Ce(NO3)6]) in 100 mL di acqua. A completa solubilizzazione delle soluzioni, queste

sono state unite in un pallone munito di agitazione magnetica. Il pallone è stato immerso in un bagno a glicole e riscaldato a riflusso fino a 100 ° C per 5 ore. Il precipitato è stato filtrato su gooch e lavato più volte con acqua distillata per eliminare la presenza dei nitrati. Infine è stato essiccato in stufa a 110 °C per 20 ore.

Per la zirconia sono stati impiegati due diversi sali precursori:

· Il primo è il sale nitrato ZrO(NO3)2* 6 H2O; 27,6 g di questo sono stati solubilizzati in 200 mL di acqua distillata e mantenendo il pH costante a 8.5, sono stati gocciolati su di esso 50 mL di ammoniaca 5 M, al fine di portare alla precipitazione dell’idrossido. Dopo averlo mantenuto in agitazione per 1 ora e 30 minuti a temperatura ambiente, il precipitato è stato filtrato e lavato con 400 mL di acqua distillata per 6 volte. Questo campione verrà denominato “Zirconia (N)”.

· Il secondo è il sale cloruro ZrOCl2*8H2O; 26,7 g di questo sono solubilizzati in 80 mL di acqua distillata e mantenendo il pH costante a 8.5, è stato precipitato l’idrossido mediante l’introduzione di 50 mL di ammoniaca 5 M; terminata l’aggiunta, è stato lasciato in agitazione per 6 ore a 100 °C e il precipitato è stato filtrato e lavato con acqua distillata riscaldata per eliminare la presenza dei cloruri. Il precipitato è stato poi essiccato in stufa a 110 °C per 20 ore. Questo campione verrà denominato “Zirconia (Cl)”

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17

3.1.2 Introduzione del promotore

L’ossido di lantanio è stato introdotto in una percentuale del 6% in peso rispetto al supporto. Sono stati impiegati due diversi metodi di introduzione:

· Via impregnazione a secco: il sale di lantanio La(NO2)3*6H2O è stato solubilizzato in una quantità di acqua determinata dalla prova di bagnabilità e gocciolato in 10 g di supporto. Dopo l’essiccazione in stufa a 110 °C per 20 ore, il campione è stato calcinato a 550 °C in flusso di aria (30 mL/min).

· Via co-precipitazione: in questo caso il sale di lantanio è stato sciolto con il sale precursore del supporto ed è stata seguita la metodologia di precipitazione descritta in precedenza.

3.1.3 Introduzione della fase metallica

Il nichel è stato introdotto in una percentuale del 10 % in peso rispetto al supporto, mediante il metodo di impregnazione a secco, a partire dal sale precursore Ni(NO3)2 * 6H2O.

Dopo l’impregnazione, il campione è stato calcinato in aria (30mL/min) a 550 °C per 4 ore.

3.1.4 Indice riassuntivo dei campioni

Nella seguente tabella sono riportati tutti i catalizzatori sintetizzati con le relative sigle:

Supporti Con nichel Con nichel e lantanio

(introdotto per impregnazione)

Con nichel e lantanio

(introdotto per co-precipitazione)

Ce Ni/ Ce Ni/ La/ Ce Ni/La /Ce co

Zr (Cl) Ni/ Zr (Cl) Ni/ La /Zr (Cl) Ni /La / Zr (Cl) co

Zr (N) Ni/Zr (N) Ni/ La/ Zr (N) Ni /La / Zr (N) co

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3.2 Tecniche di caratterizzazione

3.2.1 Fisisorbimento di gas

La tecnica di fisisorbimento di gas è ampiamente utilizzata per lo studio superficiale di materiali porosi quali: catalizzatori, sostanze assorbenti, pigmenti, ceramiche e materiali edili. Essa permette di determinare area superficiale e distribuzione media del diametro dei pori di questi materiali, definendone le proprietà superficiali. Tali proprietà sono fondamentali nel caso dei catalizzatori eterogenei, soprattutto in reazioni gas-solido, al fine di comprenderne il comportamento catalitico nelle condizioni di reazione. Il principio alla base di questa tecnica è l’instaurazione di interazioni deboli, quali forze di van der Waals, con calore di assorbimento di circa 10 kJ/mol, tra la sostanza gassosa impiegata e il materiale poroso; è un fenomeno molto veloce che coinvolge tutti i gas al di sotto della loro temperatura critica. I materiali porosi analizzabili con questa tecnica sono stati classificati dalla IUPAC in tre categorie a seconda delle dimensioni dei pori:

· Microporosi: diametro dei pori inferiore ai 2 nm

· Mesoporosi: diametro dei pori compreso fra 2 nm e 50 nm · Macroporosi: diametro dei pori superiore ai 50 nm

Generalmente con la tecnica di fisisorbimento di gas è possibile analizzare i materiali micro e mesoporosi mentre per i macropori viene impiegata la tecnica di Porosimetria a mercurio. Per determinare l’area superficiale del materiale, intesa come area esterna ed interna accessibile del solido, viene inviato un flusso di gas, N2, che è fisisorbito sul campione alla sua temperatura di

condensazione, -196 °C. Conoscendo quindi l’area occupata dalla molecola gassosa è possibile calcolare l’area di tutto il solido. Tale molecola, a causa della non-selettività del fenomeno, oltre a formare un monostrato superficiale sul campione, interagisce con le altre molecole gassose già adsorbite sulla superficie, sempre attraverso forze deboli, portando alla formazione di un multistrato di gas. Per questo motivo è stata studiata un’equazione matematica, elaborata da Stephen Brunauer, Paul H. Emmett e Edwars Teller, la quale tiene conto di questo fenomeno. L’equazione B.E.T. è la seguente46:

• • (!" − !)= 1 •$ ∗ &+ & − 1 •$ ∗ & ! !"

(20)

19 Dove :

· V = volume di gas adsorbito alla pressione P · P0 = pressione di vapore dell’adsorbato

· Vm= volume di gas adsorbito necessario a formare un monostrato di gas

· C= costante che dipende dalla differenza fra il calore di adsorbimento e il calore di condensazione

In questo modo, riportando in ascissa •

•• mentre in ordinata •

(••"•) è possibile ottenere:

· Intercetta (I) = #

$∗&

· Pendenza (A)= &"#

$"&

Da questi parametri di retta si determina quindi il volume di gas adsorbito come monostrato (Vm):

'* = 1

+ +

-Infine per determinare l’area superficiale del campione viene impiegare la seguente formula: S BET= $∗ .∗/0

$

Dove:

· σ = area di una molecola di N2 alla temperatura di analisi ( 16,2 Å2 ) · Na = Numero di Avogadro

· m = massa del campione

Per determinare il volume dei pori del materiale si sfrutta il fenomeno della condensazione capillare in pori di dimensioni tra 2 e 20 nm con metodo BJH (Barret, Joyner, Halenda47):

2 = −45 '6 7869(:;: )

+ 2>

Dove:

· σ = tensione superficiale del liquido · Vl = Volume molare del liquido

(21)

20

Lo strumento impiegato è Micromeritics ASAP 2000 il quale fornisce le curve isoterme di adsorbimento di N2 dalle quali si ricava area superficiale e distribuzione del diametro dei pori. La

IUPAC ha suddiviso i materiali porosi in 6 diversi gruppi, a seconda delle curve di adsorbimento registrate, le quali sono rappresentate in figura 4.

(22)

21

3.2.2 Assorbimento atomico

La tecnica di assorbimento atomico è impiegata per determinare il tenore di nichel presente all’interno dei campioni. Al fine di analizzarli, è necessario eseguire una disgregazione preliminare che consente di estrarre il nichel dal campione e discioglierlo all’interno del solvente. Sono stati posti in un pallone 50 mg di catalizzatore con 5 mL di acqua regia (HCl : HNO3 in rapporto 3:1) e 5

mL di acqua milli-Q. Sono stati mantenuti a riflusso per 3 ore, raffreddati e portati a volume con acqua milli-Q in matracci da 50 mL. Per quantificare il nichel, è stato impiegato uno spettrofotometro Perkin-Elmer Aanalysts 100 con fiamma di atomizzazione ad acetilene ed aria in rapporto 1:3. La lampada impiegata è al nichel (lunghezza d’onda 341,5 nm). È stata impiegata una retta di taratura determinata da soluzioni standard con concentrazioni nell’intervallo 0 e 10 ppm. Per la determinazione della concentrazione dei campioni è stata impiegata la legge di Lambert-Beer, la quale correla l’assorbanza alla concentrazione:

• = " # Dove:

· A= assorbanza · L = cammino ottico · C= concentrazione

(23)

22

3.2.3 Riduzione in temperatura programmata (TPR)

Il TPR è una tecnica termoanalitica in cui viene seguita la variazione di composizione di una miscela gassosa riducente (5% H2/Ar), che passa attraverso il catalizzatore, al crescere lineare della sua

temperatura. L’impianto utilizzato per effettuare queste misure è rappresentato in figura 5.

Il TPR permette di ricavare utili informazioni sulla fase metallica: la posizione dei picchi ottenuti serve ad identificare i vari stati di ossidazione e l’eventuale presenza di interazioni con il supporto, mentre l’area dei picchi fornisce informazioni quantitative sulla riducibilità delle specie. Il TPR dà informazioni utili a definire le condizioni di riduzione adatte per un catalizzatore, evidenzia la presenza di diverse fasi del precursore, del loro stato di ossidazione e delle interazioni con il supporto. Può quindi essere utilizzato per studiare e ottimizzare la preparazione di un catalizzatore, nonché per verificare e controllare l’efficacia della preparazione.

Figure 5: Impianto riduzione in temperatura programmata (TPR).

50 mg di campione vengono inseriti all’interno di un reattore a U in quarzo, posto all’interno di un forno di riscaldamento. Il campione viene attraversato da un flusso di gas riducente, 40 mL/min, mentre la temperatura del reattore aumenta con velocità di 10 °C/min fino a 800°C. I gas vengono analizzati mediante detector a termoconducibilità (TCD).

3.2.4 Ossidazione in temperatura programmata

Questa tecnica permette di analizzare le specie ossidabili presenti nei campioni, quali il coke depositatosi dopo le reazioni di ESR e MDR. Il catalizzatore solido, scaricato dalla reazione, viene sottoposto a riscaldamento in temperatura programmata, in flusso di aria. Questa tecnica può fornire importanti informazioni riguardanti il tipo e la quantità di coke depositatosi nel campione. Con uno spettrometro di massa a quadrupolo (Genesys 422) viene infatti analizzata la CO2 prodotta

(24)

23

e l’O2 consumata in uscita dal reattore . 150 mg di campione vengono inseriti in un reattore in quarzo

e riscaldati fino a 800 °C con velocità di 10 °C/min in aria (30 mL/min).

3.2.5 Diffrazione ai raggi X

La diffrazione è una tecnica impiegata per determinare la struttura dei catalizzatori, in particolare: · Natura delle fasi cristalline presenti

· Concentrazione delle fasi nel solido · Dimensioni dei cristalli

I raggi X sono radiazioni elettromagnetiche di lunghezza d’onda compresa fra 10 nm e 1 pm, i quali entrano in profondità della materia, grazie al loro basso coefficiente di assorbimento e danno informazioni utili sulle posizioni atomiche. Il fenomeno della diffrazione consiste nell’interferenza fra le onde riflesse dagli atomi di una struttura cristallina quando questi sono colpiti da una radiazione (raggi X) con un angolo ϑ. Questo fenomeno viene descritto dalla legge di Bragg:

•• = 2 !"#$ Dove:

· n= ordine di diffrazione

· λ = lunghezza d’onda incidente

· d = distanza fra i piani che generano la riflessione · $ = angolo di incidenza del fascio

Il diffrattogramma è un grafico che riporta intensità in ordinata e angolo di legame in ascissa. Da questo grafico è possibile ottenere:

· dimensioni parametri di cella del campione dalla posizione angolare dei picchi · posizione degli atomi nella cella dall’intensità del picco

· cristallinità del campione dall’ampiezza a mezza altezza.

Le analisi sono state condotte utilizzando un diffrattometro automatico Philips PW 1829/00, con monocromatore sul raggio diffratto ed operante a 40kV e 30 mA.

Le misure sono state effettuate dal Professor Cruciani presso il dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Ferrara.

(25)

24

3.2.6 Microscopia elettronica a scansione (SEM) e dispersione energetica a raggi X (EDX)

Le analisi SEM permettono di ottenere immagini ad alta risoluzione del campione; il campione viene colpito da un fascio di elettroni sulla superficie e viene registrato il segnale elettronico in uscita. L’analisi EDX viene invece impiegata per identificare e quantificare le specie presenti nel campione. In questo caso sono stati analizzati i campioni prima e dopo la reazione di steam reforming di etanolo, previa separazione dal SiC; in questo modo è possibile verificare il ricoprimento superficiale delle specie al seguito della reazione, causata dal coke. Le immagini SEM sui campioni supportati su zirconia (Cl) sono state ottenute utilizzando uno strumento LEO 1525, dopo metallizzazione con grafite. I campioni sono stati investigati con un detector angolare selettivo per gli elettroni retrodiffusi (AsB), mentre la composizione elementare è stata determinata utilizzando uno strumento Bruker Quantas EDS. Le analisi sono state condotte dal Dott. Alessandro Di Michele presso il Dipartimento di Fisica e Geologia dell’Università degli Studi di Perugia.

Le immagini SEM accoppiate a EDX condotte sui campioni supportati su ceria sono state ottenute utilizzando uno strumento Hitachi Tabletop Microscope TM3000 accoppiato con microsonda EDX con software SwiftED3000. L’energia del fascio viene impostata a 15 KeV sia per l’analisi

morfologica che per quella elementare. Il campione è inserito all’interno della camera del SEM e fissato al portacampioni in metallo con scotch conduttore. Le analisi sono state condotte dalla Dott.ssa Angela Stortini presso il Dipartimento di Chimica e Tecnologie Sostenibili dell’Università Ca’ Foscari, Venezia.

(26)

25

3.2.7 Test catalitici Dry reforming di metano

Il sistema impiegato per i test catalitici di dry reforming di metano è illustrato in figura 8. È un impianto di laboratorio costituto da:

· 3 linee di immissione dei gas

· Una fornace riscaldante con termocoppia di controllo. · Un reattore a U con termocoppia di lettura

· Spettrometro di massa per analisi (Genesys 422)

Il reattore è in quarzo e contiene un setto poroso, anch’esso in quarzo.

Figure 6: Schema impianto Dry Reforming di metano

Procedura

· Preparazione del campione e caricamento · Riduzione in idrogeno

· Reazione

· Ossidazione in temperatura programmata · Analisi dei dati ottenuti

(27)

26 Preparazione del campione e caricamento

Il campione viene pastigliato e pressato e si ottiene una polvere di dimensioni superiori ai 0,4 mm, anche in questo caso per minimizzare le perdite di carico. Vengono caricati 100 mg di campione. Riduzione in idrogeno

Prima della reazione, il campione viene ridotto alla temperatura di 550 ° C in flusso di idrogeno (40 mL/min) per 1 ora. Viene poi raffreddato in He (30 mL/min) fino alla temperatura di 100 °C.

Reazione

La reazione viene condotta a 550 ° C per 17 ore. I gas sono fatti passare attraverso il catalizzatore e in tutta la linea per 30 minuti a 100° C, poi viene inserita la programmata di temperatura con 10 ° C /min, fino a 550 °C. La reazione di reforming è condotta con un flusso totale di 40 mL/min costituito per il 5% da metano e 5% di anidride carbonica, diluiti in He. Durante la reazione, i gas in uscita vengono inviati allo spettrometro di massa il quale analizza la miscela di reazione in continuo. Per determinare la quantità di prodotto ottenuto, è stata fatta una calibrazione preliminare.

Ossidazione in temperatura programmata (TPO)

Dopo le 17 ore di reazione, il campione viene raffreddato in He (30 mL/min) fino a temperatura ambiente. Al fine di valutare la quantità di coke depositatasi nel campione durate l’analisi, viene effettuata un’ossidazione in temperatura programmata. Vengono inviati 40 mL/min di una miscela di 5% O2/He, riscaldando con 10 ° C/min fino a 800 ° C.

(28)

27 Elaborazione risultati

La stabilità del catalizzatore viene valutata attraverso la produzione di idrogeno nelle 17 ore di reazione, mentre la reattività del catalizzatore, viene controllata nella prima mezz’ora d’analisi, in cui si osserva la crescente formazione di idrogeno in funzione della temperatura. In questo modo i dati verranno rappresentati mediante due grafici:

· Temperatura di attivazione in funzione del segnale della massa relativo al rapporto m/z. · Tempo di reazione in funzione del segnale della massa relativo al rapporto m/z.

Un tipico andamento della reazione è mostrato in figura 7.

Figure7. a) Andamento segnale in funzione della temperatura, b) andamento segnale in funzione del tempo di reazione.

100 150 200 250 300 350 400 450 500 550 0 2 4 6 8 10 12 14 Id ro g e n o p ro d o tt o ( u .a .) Temperatura (°C) a) 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 0 10 P ro d u zi o n e d i i d ro g e n o ( u .a .) Tempo di reazione (h) b)

(29)

28

Steam reforming di etanolo

Il Sistema impiegato per i test catalitici è illustrato in figura 6. È un impianto di laboratorio, automatizzato e computerizzato, Microactivity- Efficient MME15014 (Process Integral Development

Eng&Tech)48, costituito da:

· 3 linee di immissione di gas con loop di controllo · Pompa HPLC (Gilson 303) per introduzione del liquido · Hot Box

· Valvola a 6 vie che permette di bypassare il reattore · Reattore tubolare con termocoppia di lettura

· Fornace di riscaldamento del reattore con termocoppia di controllo

Figure 8: Schema impianto Steam Reforming di etanolo

Il reattore tubolare è in acciaio inossidabile SS316 di lunghezza 300 mm e diametro interno 9 mm. All’interno è dotato di un setto poroso in acciaio Hastelloy C con porosità di 20 µm, che permette di posizionare il catalizzatore in prossimità della termocoppia di lettura.

L’alimentazione è costituita da una miscela di acqua e etanolo in rapporto in moli 3 a 1, la quale viene inviata al reattore mediante una pompa HPLC con flusso di 0,02 mL/min. Il liquido preriscaldato a 80 °C, entra all’interno dell’hot box, la quale si trova a 150 °C. A questo punto

(30)

29

l’alimentazione si mescola al gas di trasporto (He a 230 mL/min) e viene inviata al reattore. La reazione viene tipicamente condotta a 550 °C.

Il gas in uscita vengono mantenuti a 150 °C ed inviati ad un Gas-Cromatografo (HP 6890) e ad uno spettrometro di massa a quadrupolo (Genesys 422) per analizzarli. I principali prodotti della reazione sono: idrogeno, metano, anidride carbonica, monossido di carbonio, acetaldeide, acqua e etanolo. Questi vengono separati impiegando due colonne cromatografiche: a setacci molecolari e Porapak T. I prodotti più leggeri (metano, idrogeno e monossido di carbonio), vengono separati nella prima, la quale è posta a 35 °C, mentre quelli più pesanti vengono separati nella seconda, variando opportunamente la temperatura. Per la determinazione quantitativa e qualitativa dei campioni è stata eseguita una calibrazione preliminare di tutti i componenti.

Procedura

· Preparazione del campione e caricamento · Riscaldamento del reattore

· Introduzione dell’alimentazione liquida · Test catalitico per 18 ore

· Analisi dei risultati ottenuti

Preparazione del campione e caricamento reattore

Il campione calcinato viene pastigliato, pressato e setacciato al fine di ottenere granuli di dimensioni medie di 0,3-0,4 mm. In questo modo si riproducono per tutti i campioni le stesse condizioni e si minimizzano le perdite di pressione in uscita dal letto catalitico. Nel reattore vengono caricati 150 mg di campione, i quali sono mescolati al SiC (VWR) con dimensione delle particelle 0,5 mm, in rapporto in volume 1:4. L’ordine di caricamento nel reattore è mostrato in figura 7. Il catalizzatore viene posto tra SiC con dimensione dei granuli 1,19 mm al fine di omogeneizzare il calore di reazione prima che arrivi al catalizzatore.

(31)

30

Figura 9: Schema caricamento reattore di steam reforming di etanolo

Riscaldamento del reattore

Il reattore viene riscaldato in flusso di He (230 mL/min) seguendo una programmata di temperatura di 10 ° C/min fino a 550 ° C. L’hot box è riscaldata fino a 150 ° C, sempre con 10 ° C/min.

Introduzione dell’alimentazione

L’alimentazione della reazione è costituita da una miscela di acqua / etanolo in rapporto in moli 3/1 che corrisponde al rapporto stechiometrico della reazione. Il flusso è di 0,02 mL/min e viene inviato al reattore appena è stata raggiunta la temperatura di 550 °C.

Test catalitico

Un programma computerizzato permette di eseguire analisi dei prodotti di reazione ogni 35 minuti. La reattività del campione viene monitorata per 18 ore.

Analisi dei risultati ottenuti

La composizione della miscela prodotti in uscita dal reattore viene determinata dall’integrazione dell’area dei picchi cromatografici. Dopo averne determinata la quantità, vengono calcolati i seguenti parametri catalitici.

· Conversione di etanolo: 1 −! (#$%)&%'*

!(+!)&%'* ∗ 100%

· Selettività dei prodotti: !

"#$& !() "#$& *+#

(32)

31

4 Risultati e discussione

Di seguito sono elencati tutti i campioni che verranno discussi in questo paragrafo.

Tabella 2. Sigle e colori di riferimento per i campioni impiegati per i test catalitici

4.1 Caratterizzazioni preliminari

4.1.1 Fisisorbimento di azoto

Tutti i campioni sono stati caratterizzati mediante la tecnica di fisisorbimento di azoto per determinare alcune importanti caratteristiche quali area superficiale e diametro medio dei pori. Le isoterme di adsorbimento-desorbimento di N2 per tutti i campioni sono mostrati in figura 10 e i dati

corrispondenti sono riportati in tabella 3. Tutti i campioni presentano isoterme di IV tipo secondo la classificazione IUPAC, con loop di isteresi caratteristico dei materiali mesoporosi, tuttavia si possono riconoscere significative differenze tra i campioni preparati a partire da supporti diversi. I catalizzatori preparati a partire da zirconia (Cl) mostrano loop di isteresi spostato a valori di P/P0

elevati (0,8), associati a pori la cui distribuzione media delle dimensioni è centrata sui 20 nm. Al contrario i sistemi supportati su zirconia (N) e ceria presentano isoterme il cui loop di isteresi parte a pressioni relative più basse (P/P0 0,4-0,6) coerentemente con pori più piccoli al di sotto dei 10 nm.

Tali evidenze sono confermate dalla distribuzione del diametro medio dei pori, calcolata attraverso BJH, riportata in figura 11. Tutti i sistemi supportati su ossido di cerio, indipendentemente dal metodo di introduzione della fase metallica, mostrano valori di area superficiale BET più elevati rispetto ai catalizzatori corrispondenti supportati su ossido di zirconio. Infatti il loop di isteresi per tutti i campioni contenenti ossido di cerio copre un range di pressioni relative più stretto ed è spostato a valori di P/P0 più bassi rispetto agli altri sistemi, presentando pori centrati su valori medi

più piccoli; questo giustifica i valori più elevati di area superficiale.

Ceria Zirconia (cloruri) Zirconia (nitrati)

Ni/Ce Ni/Zr(Cl) Ni/Zr(N)

Ni/La/Ce Ni/La/Zr(Cl) Ni/La/Zr (N)

(33)

32

Figura 10. Isoterme di adsorbimento/desorbimento di N2 per i campioni (a) supportati su zirconia (Cl) , (b) supportati su zirconia (N)

e (c) supportati su ceria. 0,0 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0 0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 V o lu m e a d s o rb it o ( c m 3 /g ) Pressione relativa (P/P0)

Ni/ Zr + Ni/La/Zr (Cl) + Ni/La/Zr (Cl) co a) 0,0 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0 0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 V o lu m e a d s o rb it o ( c m 3 /g ) Pressione relativa (P/P0)

Ni/Zr (N) + Ni/La/Zr(N) + Ni/La/Zr (N) co

b) 0,0 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0 0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 V o lu m e a s s o rb it o ( c m 3/g ) Pressione relativa (P/P0) Ni/ Ce + Ni / La / Ce + Ni / La / Ce co c)

(34)

33

Figura 11. Distribuzione media dei pori calcolata con metodo BJH per campioni a) supportati su zirconia (cloruri), b) supportati su zirconia (N) e c) supportati su ceria.

Tabella 3. Valori di area superficiale (m2/g) e del diametro medio dei pori (nm) per tutti i campioni.

Campioni BET area superficiale (m2/g) Diametro medio dei pori (nm) Ni/Zr (Cl) 53 17 Ni/La/Zr (Cl) 40 18 Ni/La/Zr (Cl) co 55 15 Ni/Zr (N) 33 10 Ni/La/Zr (N) 32 10 Ni/La/Ce (N) co 51 7 Ni/Ce 106 6 Ni/La/Ce 66 5 Ni/La/Ce co 76 4 1 10 100 0,0 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0 d V /d lo g (D ) d ia m e tr o m e d io ( c m 3/g ) Diametro medio (nm)

Ni/Zr (Cl) + Ni/La/Zr (Cl) + Ni/La/Zr (Cl) co a) 1 10 100 0,0 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0 d V /d lo g (D ) V o lu m e p o ri ( c m 3/g ) Diametro medio (nm)

Ni/Zr (N) + Ni/La/Zr (N) + Ni/La/Zr (N) co

b) 1 10 100 0,0 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0 d V /d lo g (D ) v o lu m e p o ri ( c m 3/g ) Diametro medio (nm) Ni/Ce + Ni/La/Ce + Ni/La/Ce co c)

(35)

34

È possibile osservare, come atteso, che i campioni preparati per doppia impregnazione (Ni/La/Ce, Ni/La/Zr (Cl) e Ni/La/Zr (N)) hanno aree superficiali più basse rispetto agli altri catalizzatori aventi lo stesso supporto. Questo è imputabile al metodo di preparazione che può aver portato ad una copertura di parte dei pori del supporto durante l’impregnazione; inoltre le successive calcinazioni del catalizzatore possono aver causato una parziale sinterizzazione della struttura.

4.1.2 Assorbimento atomico

Tutti i campioni sono stati sottoposti a misure di assorbimento atomico per determinare la percentuale effettiva di nichel presente al loro interno.

Campioni % nichel Ni/Ce 8,2 Ni/La/Ce 8,6 Ni/La/Ce co 8,2 Ni/Zr (Cl) 8,1 Ni/La/Zr (Cl) 8,5 Ni/La/Zr (Cl) co 7,9 Ni/Zr (N) 7,7 Ni/La/Zr (N) 7,7 Ni/La/Zr (N) co 7,4

Tabella 4. Percentuale effettiva di nichel presente all’interno dei campioni.

La quantità di nichel presente nei campioni è dell’8,0±0,4 % in peso rispetto al supporto. Durante la preparazione, tutti i campioni sono stati teoricamente additivati del 10 % in peso del metallo rispetto al supporto. La differenza tra il valore nominale ed effettivo che abbiamo riscontrato è imputabile al forte carattere igroscopico del sale di nichel.

(36)

35

4.2 Test catalitici

Dopo aver eseguito le caratterizzazioni preliminari, sono stati condotti per primi i test catalitici nell’impianto di dry reforming di metano, utilizzandolo come sistema modello per eseguire un primo

screening dei campioni. I migliori sono stati poi testati nell’impianto di steam reforming di etanolo.

4.2.1 Dry reforming di metano

Nell’impianto di dry reforming di metano sono stati studiati per primi i campioni supportati su ossido di zirconio al fine di verificare come l’approccio sintetico influenzi la reattività e stabilità dei materiali. Un confronto fra la reattività di Ni/Zr (N) e Ni/Zr (Cl) è presentato in figura 12. Le curve mostrano la produzione di idrogeno in funzione della temperatura, la quale offre importanti informazioni riguardo la reattività del campione. Minore è la temperatura di inizio reazione, migliore è il catalizzatore poiché in grado di reagire in condizioni più blande che sono industrialmente più appetibili.

La temperatura di inizio reazione è diversa per i due campioni; Ni/Zr(Cl) incomincia a produrre idrogeno a 380 °C, con un rapido incremento fino ai 550 °C. Ni/ Zr(N) invece presenta un andamento a campana con attività catalitica modesta fra i 480 °C e i 550 °C. Osservando il grafico di stabilità nel tempo, figura 13, la differenza di comportamento dei due supporti è ancor più marcata. Ni/Zr (Cl) raggiunge il massimo di produttività alla terza ora di reazione, mantenendosi stabile per tutta la durata dell’esperimento, a differenza del catalizzatore Ni/Zr(N) che non è attivo per questa reazione.

Figura 12. Idrogeno prodotto in funzione della temperatura per campioni di Ni/Zr (N) e Ni/Zr (Cl)

100 150 200 250 300 350 400 450 500 550 0 Pr o d u zi o n e d i H 2 ( u .a .) Temperatura (°C) Ni/Zr (Cl) e Ni/Zr (N)

(37)

36 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 0 Pr o d u zi o n e d i H2 (u .a .) Tempo di reazione (h) Ni/Zr(Cl) e Ni/Zr(N)

Figura 13. Idrogeno prodotto in funzione del tempo di reazione dei campioni Ni/Zr (Cl (verde), Ni/Zr (N) (rosa).

Le analisi TPR forniscono importanti informazioni sulla natura delle specie metalliche e sull’interazione di queste con il supporto, e sono in grado di fornire una spiegazione del comportamento catalitico di questi supporti.

0 100 200 300 400 500 600 700 800 900 -100 0 100 200 300 400 500 600 700 C o n s u m o d i H2 ( u .a .) Temperatura (°C) Ni / Zr (Cl) e Ni / Zr (N)

Figura 14. Grafico TPR di Ni/Zr(Cl) (verde) e Ni/Zr (Cl) in rosa.

In Figura 14 sono rappresentate le curve relative al consumo di idrogeno in funzione della temperatura per i campioni di Ni/Zr (Cl) in verde e Ni/Zr (N) in rosa. In entrambe le curve i picchi di

(38)

37

riduzione si collocano a temperature inferiori a 550 °C; essendo la reazione di dry reforming di metano condotta a questa temperatura, con precedente riduzione in H2, si può affermare che tutto

il nichel presente durante la reazione è in forma metallica, Ni0. L’unica possibile riduzione per

campioni a base di nichel è la transizione da Ni2+ a Ni0, quindi la presenza di più picchi di riduzione è

attribuibile alla forza diversa di interazione del nichel con il supporto49. Il campione Ni/Zr (N) ha 3

picchi caratteristici tra i 300°C e i 450 °C, indice della presenza di diverse specie NiO che interagiscono più o meno fortemente con il supporto. Nel caso del campione Ni/Zr(Cl) le specie di NiO presenti sono due, la prima con picco massimo di riduzione a 380 °C e la seconda a 550 °C; tra queste, la specie più abbondante è quella che interagisce più efficacemente con il supporto, poiché la sua temperatura di riduzione è la più alta50,51. Questa differenza di temperatura è in grado di dare

una spiegazione al comportamento catalitico di questi campioni. Il supporto preparato via cloruri instaura un legame più forte con la fase metallica: da ciò si può dedurre che questa forte interazione riduca il fenomeno della coalescenza del metallo e lo stabilizzi nel tempo52. La diversa reattività dei

due supporti può anche essere imputata alle dimensioni del nichel presente nei campioni. Sono state condotte analisi di diffrazione sui campioni ridotti alla temperatura di 550 °C, mettendosi quindi nelle stesse condizioni di reazione; ricordo infatti che i campioni vengono trattati in situ a 550 °C in idrogeno prima della reazione.

10 20 30 40 50 60 70 80 0 500 1000 1500 2000 2500 3000 3500 4000 4500 5000 2q Ni/Zr(N) e Ni/Zr(Cl) Ni0

(39)

38

Il nichel presente nei campioni si trova tutto allo stato metallico;attraverso analisi Rietveld è stato possibile determinare le dimensioni medie delle nanoparticelle di nichel presenti nei catalizzatori. Nel campione supportato su zirconia (Cl), il nichel ha dimensioni di 11 nm mentre nel campione supportato su zirconia (N) ha dimensioni di 44 nm. Questi valori influenzano cataliticamente la reattività del metallo poiché all’aumentare della grandezza delle particellediminuisce la dispersione della fase attiva; inoltre si assiste ad un incremento della disattivazione ad opera del coke, a causa della più veloce formazione di catene carboniose polimeriche53. Nonostante il campione preparato

via cloruri abbia prestazioni catalitiche migliori, si è deciso di aggiungere ad entrambi i campioni dell’ossido di lantanio, al fine di incrementare ulteriormente la reattività e stabilità di questi composti. Nella seguente figura sono riportate le curve relative alla produzione di idrogeno in funzione della temperatura per i campioni supportati su ossido di zirconio, via nitrati.

100 150 200 250 300 350 400 450 500 550 0 10 Pr o d u zi o n e d i H2 ( u .a .) Temperatura (°C)

Ni/La/Zr (N) co , Ni/La/Zr (N) e Ni/Zr (N)

Figura 16. Produzione di idrogeno in funzione della temperatura per i campioni di Ni/Zr(N) (rosa), Ni/La/Zr(N) (rosso) e Ni/La/Zr (N) co (arancione).

Si registrano tre temperature diverse di inizio reazione, 330 °C per Ni/La/Zr (N) co, 400°C per Ni/La/Zr (N) e infine 470 °C per i campioni di Ni/Zr(N). Aggiungendo quindi al campione Ni/Zr (N) dell’ossido di lantanio, si assiste ad un incremento dell’attività catalitica a bassa temperatura. Inoltre come si vede dai grafici di stabilità mostrati in figura 17, la produzione di idrogeno in entrambi i campioni trattati con il lantanio è superiore rispetto al campione Ni/Zr(N). I due campioni, mostrano un diverso comportamento catalitico. Il campione preparato per doppia impregnazione Ni/La/Zr (N)

(40)

39

rimane stabile per tutta la durata dell’esperimento, mentre il campione Ni/La/Zr (N) co si disattiva progressivamente. 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 0 1 2 3 4 5 6 Pr o d u zi o n e d i H2 ( u .a .) Tempo di reazione (h)

Ni/Zr (N),Ni/La/Zr (N) e Ni/La/Zr (N) co

Figura 17. Produzione di idrogeno in funzione del tempo di reazione dei campioni Ni(Zr(N) (rosa), Ni/La/Zr (N) (rossa) e Ni/La/Zr (N) co (arancione).

Nonostante si sia registrato un aumento di reattività del catalizzatore Ni/Zr (N) dopo l’aggiunta dell’ossido di lantanio, le performances catalitiche non sono ancora paragonabili a quelle del campione supportato su zirconia (cloruro) Ni/Zr(Cl), come mostrato in Figura 18.

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 0 12 Pr o d u zi o n e d i H2 ( u .a .) Tempo di reazione (h) Ni/Zr (Cl) e Ni/La/Zr (N)

(41)

40

Per questo motivo lo studio dei campioni supportati su zirconia (nitrati) non è proseguito.

Dopo aver osservato il miglioramento del comportamento catalitico per i catalizzatori di zirconia (nitrati) a seguito dell’aggiunta dell’ossido di lantanio, si è deciso di impiegare lo stesso promotore anche per i campioni preparati con zirconia (cloruri).

100 150 200 250 300 350 400 450 500 550 0 Pr o d u zi o n e d i id ro g e n o ( u .a .) Temperatura (°C)

Ni/La/Zr (Cl) co, Ni/Zr (Cl) e Ni/La/Zr (Cl)

Figura 19. Idrogeno prodotto in funzione della temperatura di campioni di Ni/Zr (Cl) (verde), Ni/La/Zr (Cl) (azzurro) e Ni/La/Zr (Cl) co (blu).

In figura 19 sono mostrati i grafici di reattività dei campioni Ni/Zr(Cl) verde, Ni/La/Zr (Cl) azzurro e Ni/La/Zr (Cl) co blu. La temperatura di inizio reazione è molto simile; il campione Ni/La/Zr (Cl) co reagisce ad una temperatura di 50 °C inferiore. Allo stesso tempo però, considerando l’andamento catalitico nel tempo, figura 20, si può osservare come tutti i campioni siano stabili nel tempo ma il campione Ni/Zr (Cl) abbia una produttività in idrogeno superiore rispetto agli altri due.

(42)

41 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 0 Pr o d u zi o n e d i H2 ( u .a .) Tempo di reazione (h)

Ni/Zr (Cl) , Ni/La/Zr (Cl) e Ni/La/Zr (Cl) co

Figura 20. Idrogeno prodotto in funzione del tempo di reazioni dei campioni Ni/Zr (Cl) (verde), Ni/La/Zr (Cl) (azzurro) e Ni/La/Zr (Cl) co (blu).

Analizzando gli scaricati della reazione mediante tecnica di ossidazione in temperatura programmata, figura 21, si è osservata la liberazione di una maggior quantità di CO2 per i campioni

meno attivi Ni/La/Zr (Cl) e Ni/La/Zr (Cl) co. Inoltre l’ampiezza del picco a 500 °C è molto più estesa per questi due campioni, con formazione di un secondo picco tra i 650°C- 700°C.

0 100 200 300 400 500 600 700 800 0 80 Pr o d u zi o n e d i C O 2 ( u .a .) Temperatura (°C)

Ni/Zr (Cl) , Ni /La/Zr(Cl) e Ni/La/Zr (Cl) co

Figura 21. Produzione di CO2 in funzione della temperatura ottenuto per ossidazione in temperatura programmata di Ni/Zr (Cl)

(43)

42

Possiamo attribuire tali picchi alla formazione di coke, imputabile probabilmente a una peggior dispersione della specie metallica superficiale. Il comportamento è spiegato anche in questo caso dai grafici TPR, mostrati figura 22. Nel caso dei campioni Ni/La/Zr (Cl) e Ni/La/Zr (Cl) co, i picchi si trovano a temperature inferiori rispetto al picco a 550°C del campione Ni/Zr(Cl).

0 100 200 300 400 500 600 700 800 900 0 C o n s u m o d i H 2 ( u .a .) Temperatura (°C)

Ni/Zr (Cl) + Ni/La/Zr (Cl) + Ni/La/Zr (Cl) co

Figura 22. Grafico TPR dei campioni Ni/Zr(Cl) verde, Ni/La/Zr(Cl) azzurro e Ni/La/Zr (Cl) co blu.

Quindi possiamo ipotizzare che la maggior disattivazione di questi catalizzatori, ad opera della deposizione del coke, sia dovuta dall’interazione più debole tra supporto e fase metallica. A causa dell’interazione meno efficace, il metallo è più soggetto a fenomeni di coalescenza superficiale che comportano, essendo le particelle metalliche molto vicine, il formarsi di catene polimeriche di carbone52. L’aggiunta del lantanio, in questo caso, non ha migliorato l’interazione nichel-supporto

e, di conseguenza, le performances catalitiche di questi campioni. Questa aggiunta ha comportato però una modifica strutturale della zirconia (Cl); in figura 23 sono mostrati i grafici XRD dei campioni: Ni/Zr(Cl) in verde, Ni/La/Zr (Cl) azzurro e Ni/la/Zr (Cl) co in blu.

(44)

43 10 20 30 40 50 60 70 80 0 2000 4000 6000 8000 10000 12000 14000 2

Ni/Zr (Cl), Ni/La/Zr (Cl) e Ni/La/Zr (Cl) co

La zirconia possiede tre diverse fasi cristalline stabili termodinamicamente: monoclina, tetragonale e cubica54. In questo caso si può osservare nella regione compresa fra 2Θ = 25- 35 ° per i campioni

Ni/Zr (Cl) e Ni/La/Zr (Cl) la coesistenza della fase tetragonale e monoclina, mentre per il campione Ni/La/Zr (Cl) co, si osserva un unico picco a 2Θ = 30,32 ° associato alla fase tetragonale. L’aggiunta dell’ossido di lantanio per co-precipitazione ha portato alla stabilizzazione della fase tetragonale nella zirconia. Tuttavia, non avendo osservato differenza nell’attività catalitica, si può affermare che questa non sia dipendente dalla fase cristallina della zirconia.

Si è deciso quindi di studiare un altro supporto, l’ossido di cerio. In figura 24 sono mostrati i comportamenti catalitici in funzione del tempo di reazione per i campioni Ni/Ce in viola e Ni/Zr(Cl) in verde.

(45)

44 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 0 Pr o d u zi o n e d i H2 ( u .a .) Tempo di reazione (h) Ni / Ce e Ni / Zr (Cl)

Figura 24. Produzione di idrogeno in funzione del tempo di reazione dei campioni di Ni/Ce (viola) e Ni/Zr(Cl) (verde).

Dal confronto fra la produzione di idrogeno in funzione del tempo dei due campioni, si è osservato come il campione di zirconia, Ni/Zr(Cl), sia il migliore anche in questo caso, poiché oltre a produrre una quantità superiore di idrogeno, si mantiene stabile nel tempo. Ni/Ce invece si disattiva lentamente durante la reazione.

0 100 200 300 400 500 600 700 800 900 0 200 400 600 800 1000 C o n s u m o d i H 2 ( u .a .) Temperatura (°C) Ni/Ce e Ni/Zr(Cl)

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