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Il conflitto fra tradizione e contemporaneità nella Finanza Islamica.

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Academic year: 2021

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Università degli studi di Pisa

Facoltà di Lettere e Filosofia

Corso di

Filosofia e forme del sapere

Il conflitto fra

nella finanza islamica

Il Relatore

Chiar.mo Prof. Tiziano Raffaelli

Il Correlatore

Chiar.mo Prof. Maurizio Vernassa

Anno accademico 2009/2010

Università degli studi di Pisa

Facoltà di Lettere e Filosofia

Corso di laurea specialistica in

Filosofia e forme del sapere

Tesi di laurea

Il conflitto fra tradizione e contemporaneità

nella finanza islamica

Raffaelli

Il Candidato

Andrea Giglioli

Chiar.mo Prof. Maurizio Vernassa

Anno accademico 2009/2010

Università degli studi di Pisa

tradizione e contemporaneità

Il Candidato

Andrea Giglioli

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INDICE

INTRODUZIONE ... 1

1. LA STORIA ECONOMICA DELL'ISLAM ... 5

Il Medioevo islamico ... 5

L'età moderna ... 8

La storia contemporanea dei Paesi della finanza islamica ...12

Storia dell'Islam nell'estremo oriente: i casi della Malesia e dell'Indonesia ...19

2. I PRINCIPI DELLA FINANZA ISLAMICA ... 25

Le fonti del diritto islamico ...25

Le scuole islamiche ...28

I divieti economici ...31

I principi sociali della Shari’a ...33

Note sulla giurisprudenza islamica ...35

3. ATTIVITÀ DI BANKING ... 41

Dai principi alla banca...41

La banca islamica ...42

I contratti partecipativi ...43

I contratti non partecipativi ...48

Contratti di vendita differita ...54

4. SUKUK E AZIONI ... 62

I Sukuk ...62

Le azioni societarie ...72

5. GLI STRUMENTI DERIVATI ... 76

I contratti forward ...76

I contratti Future ...82

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CASE STUDIES ... 109

6. IL MACONDA PARK APARTMENT PROJECT ... 111

Il processo in breve ... 111

Un'overview della struttura finanziaria ... 112

Alcuni aspetti particolari ... 114

Note conclusive ... 116

7. SUKUK ... 118

Qatar Global Sukuk ... 118

Saxony-Anhalt sovereign sukuk ... 120

East Cameron Sukuk ... 122

8. UN'ANALISI CRITICA ... 126

Gli esperimenti finanziari islamici ... 126

L'alleanza tra banchieri e scholars ... 128

Effetti globali sulla finanza islamica ... 133

Murabaha syndrome ... 137

Sfida alla regolamentazione ... 139

Un confronto etico ... 142

CONCLUSIONI ... 144

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Introduzione

La produzione mondiale di beni si basa oggi su due fattori: l'energia e la mano d'opera.

Prima della rivoluzione industriale era stata la collocazione delle materie prime a determinare la ricchezza delle aree interessate. Successivamente, fino a pochi decenni fa, è stata la volta della conoscenza tecnica a distinguere tra nazioni ricche e non, in quanto necessaria per lo sviluppo del settore industriale.

Ma dalla fine del XX secolo ad oggi, mentre i moderni sistemi di trasporto hanno favorito ancor più la delocalizzazione dell'industria rispetto alla posizione delle materie prime, i nuovi sistemi di comunicazione hanno permesso il diffondersi della conoscenza tecnica in ogni angolo del mondo. Così mentre l'occidente si arricchiva ed insieme alla qualità della vita alzava il costo della propria mano d'opera, l'estremo oriente acquisiva le conoscenze necessarie a sviluppare un sistema industriale con livelli di produzione di molto superiori a quelli euro-americani e attirava gli investimenti di tutto il mondo grazie alla sua mano d'opera a basso costo.

Questa fortunata combinazione pone i Paesi musulmani in una posizione di massima centralità nell'economia globale.

La fonte principale di energia è infatti, nonostante lo sviluppo delle tecnologie nucleari, il petrolio, o più in generale gli idrocarburi, ed i giacimenti più grandi di idrocarburi si trovano in Medio Oriente, la “patria” dell'Islam.

Per quanto riguarda la mano d'opera, invece, che è sempre più ricercata nei Paesi dell'estremo oriente, due tra i principali produttori manifatturieri sono oggi l'Indonesia e la Malesia, entrambi Paesi a maggioranza musulmana.

Questo dovrebbe dare un'idea di quanto sia importante, perciò, la struttura finanziaria di queste nazioni e quanto sia fondamentale che esista la compatibilità più ampia tra la finanza dei Paesi produttori e quella “occidentale” dei Paesi consumatori.

L'attenzione si focalizza dunque sulla finanza islamica, un settore economico in cui leggi e principi teologici influenzano la totalità del sistema modificando gli strumenti e la struttura a cui il mondo occidentale capitalistico è storicamente abituato.

Ma, come detto, la compenetrabilità delle due finanze, islamica e occidentale, è una necessità evidente all'attuale stato delle cose e ciò pone non pochi problemi di ordine concettuale ed etico all'interno del confronto tra i due “mondi”.

La finanza occidentale nasce e si sviluppa attraverso un continuo superamento degli ostacoli alla libertà commerciale. Per ogni prodotto che storicamente si è imposto sul mercato internazionale

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2 nascevano nuovi problemi: di tipo giuridico sulla regolamentazione delle transazioni commerciali e delle responsabilità, o di tipo logistico sui trasporti e sui tempi di consegna, o di tipo sostanziale, come la qualità e la quantità dei prodotti. A questo la finanza occidentale capitalistica ha sempre risposto creando nuovi e raffinati strumenti di scambio che annullassero le difficoltà, logistiche, giuridiche, sostanziali, convergendo sempre più verso un sistema super-standardizzato e, se si può dire, una metodologia matematico-analitica dello scambio dei prodotti.

È da questa mentalità che sono nate le borse e le loro camere di compensazione, sistemi, cioè, che rendessero lo scambio sempre più “istituzionalizzato” eliminando la mutualità intrinseca dello “scambio” verso un complesso di transazioni unilaterali con un'entità istituzionale che di volta in volta assume le parti del venditore o dell'acquirente. Tutto questo, ovviamente, per risolvere il più fondamentale problema del commercio: il rischio.

I moderni strumenti derivati hanno permesso di assicurare le transazioni commerciali in maniera sempre più completa, e l'intero sistema finanziario può essere visto come una gigantesca istituzione che ridistribuisce il rischio nel mercato mondiale secondo le leggi della domanda e dell'offerta: gli speculatori domandano rischio, i produttori lo offrono.

Se ora si considerano i principi teologici dell'Islam, balza agli occhi l'inevitabile conflitto che doveva sorgere quando le due realtà fossero entrate in contatto.

L'Islam nasce in un'epoca e un'area fortemente caratterizzata dal commercio manifatturiero e agricolo, perciò inevitabilmente l'ideologia islamica coinvolge l'argomento economico in maniera diretta e specifica. Sono numerosi i passi del Corano e gli ahadith del Profeta che si riferiscono esplicitamente al settore finanziario.

La differenza è che all'epoca gli scambi avvenivano al mercato nella piazza della città, con un incontro diretto tra compratore, in possesso del denaro sonante, e il venditore, in possesso dei prodotti da vendere (d'altronde esattamente come in occidente). Il mondo islamico copriva un'area geografica molto vasta e, più importante ancora, rappresentava un passaggio forzato delle preziose merci che dall'estremo oriente giungevano in Europa. Dunque l'aspetto internazionale del commercio era ben conosciuto con tutti i relativi problemi che anche oggi affliggono il mercato globale. Ma l'internazionalità commerciale era pur sempre legata alle condizioni e alla tecnologia del tempo.

La caratteristica principale dell'Islam è stata la sua capacità di “fissare” quelle condizioni commerciali (e ideologiche, che sono altrettanto, se non più, mutevoli di quelle economiche) attraverso i secoli. Con questo non si vuole criticare aprioristicamente il mondo islamico bollandolo come arretrato. Si vuole solo porre l'attenzione all'incredibile sforzo che questa realtà ha affrontato e sta affrontando nel relazionarsi, carica di un tale bagaglio culturale, con un mondo globale dominato

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3 dalla finanza occidentale. Per dare l'idea di quanto questo sforzo possa essere gravoso basti citare ancora una volta uno dei principi fondamentali dell'economia islamica: l'assunzione del rischio da parte dei produttori, l'esatto opposto della mentalità finanziaria occidentale.

D'altronde trattandosi pur sempre di commercio è naturale considerare il fattore rischio. Ma nella dottrina islamica il rischio deve essere sempre presente nella transazione. Esso è la prova che il profitto che ne scaturisce è “meritato”, cioè non va a scapito di una delle due parti ma entrambe beneficiano dello scambio.

Non si può non notare la forza etica di un tale argomento. La critica nasce nel momento in cui lo sviluppo economico legato alle nuove tecnologie modifica il substrato a cui l'etica economica si applica.

Lo scopo di questa tesi è proprio quello di analizzare lo sviluppo della moderna finanza islamica per produrre una critica costruttiva delle sue dinamiche ideologiche interne, mosse dal confronto conflittuale che l'ideologia islamica sta vivendo con l'ideologia capitalistica occidentale.

In particolare si cercherà di definire i temi fondamentali del dibattito interno alla finanza islamica apportando una semplice analisi dello stato dell'arte e delle proposte di innovazione provenienti dagli economisti e dai giuristi islamici.

A tal fine l'opera è suddivisa concettualmente in quattro parti:

Una prima di contestualizzazione che racchiude i primi due capitoli: nel primo viene descritta la storia economica del mondo islamico con una parte di approfondimento relativa alla recente storia politica ed economica dei Paesi più significativi relativamente alla finanza islamica attuale; il secondo capitolo verte invece sulla descrizione dei principi economici dell'Islam in modo da completare il quadro informativo necessario alla comprensione dell'analisi successiva.

La seconda parte delinea invece lo stato dell'arte della finanza islamica, con una suddivisione per capitoli che riflette le diverse branche della finanza: il terzo capitolo analizza i principali strumenti di banking islamico; il quarto invece prende in considerazione l'ambito azionario, ovvero dell'emissione di titoli sia corporate che di stato (sukuk); il quinto si concentra infine sugli strumenti derivati, l'ambito più critico dell'attuale sviluppo della finanza islamica nel suo tentativo di “comunicare” con la finanza occidentale.

La terza parte è caratterizzata da due case studies molto indicativi della compenetrazione tra la finanza islamica e il mondo occidentale. Il sesto capitolo è dunque relativo al “Maconda Park Project”, un caso di project financing compatibile con i principi della sharia per la realizzazione di un complesso residenziale negli Stati Uniti al quale hanno partecipato istituzioni bancarie islamiche. Il settimo capitolo, invece, propone diversi casi di emissioni di titoli obbligazionari (sukuk) secondo la regolamentazione della finanza islamica da parte di entità governative (nel qual caso i titoli

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4 prendono il nome di sovereign sukuk), e l’emissione di sukuk da parte di una compagnia petrolifera americana, la East Cameron, in questo caso senza la partecipazione di alcuna istituzione bancaria islamica.

Infine la quarta parte raccoglie nell’ottavo capitolo, allo scopo di stilare un'analisi critica conclusiva dello sviluppo moderno della finanza islamica, tutti gli aspetti critici trattati nei capitoli precedenti ed espone le differenti visioni economiche interne al dibattito tra economisti e tra giuristi islamici così come le critiche e le proposte provenienti dal mondo finanziario internazionale.

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