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La schiavitù contemporanea: il caso Guaranì nel sistema delle haciendas del Chaco boliviano

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Academic year: 2021

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Corso di laurea specialistica in Scienze per la Pace: cooperazione allo

sviluppo, mediazione e trasformazione dei conflitti

LA SCHIAVITU' CONTEMPORANEA:

Il caso dei Guaranì nelle haciendas del Chaco boliviano

Relatore: Candidato:

Prof.Gabriele Tomei Giacomo Picchi

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Indice dei capitoli:

INTRODUZIONE...5

CAPITOLO 1: Rapporto servo-padrone...7

1.1) Le origini della schiavitù: La figura servo-padrone...7

1.2) Il dominio coloniale...10

1.3) L'amministrazione dell'asservimento...14

- 1.3.1) “L'arte delle ripartizioni”...15

- 1.3.2) “Il controllo delle attività”...17

- 1.3.3) “La biopolitica”...20

1.4) Il dominio simbolico...22

- 1.4.1) “Il controllo sociale dei corpi”...22

- 1.4.2) “L'incorporazione del dominio”...24

- 1.4.3) “La violenza simbolica”...24

CAPITOLO 2 : La Schiavitù contemporanea...26

2.1) Vecchi e nuovi schiavi...27

- 2.1.2) Colonialismo, abolizionismo,esplosione demografica e globalizzazione...30

2.2) Le facce della nuova schiavitù...33

- 2.2.1) I debiti che non si estinguono mai...34

- Pakistan. Il sistema Peshgi...34

- Dove il mercato non arriva arrivano i criminali...39

- 2.2.2) Schiavi per contratto...40

- Brasile. Gli operai del carbone...40

- Serve o Domestiche?...46

- 2.2.3) Promesse di una vita migliore...50

- Haiti. Quando l'unica ricchezza sono i figli...50

2.3) Le ragazze che viaggiano...58

- 2.3.1) Le rotte africane...58

- 2.3.2) Le rotte dell'Est...63

- 2.3.3) Le nuove catene...68

(3)

- 2.3.5) Un ciclo di sfruttamento...76

- 2.3.6) Una lotta internazionale...79

2.4) Schiavi per necessità...81

- 2.4.1) Il Viaggio...81

- 2.4.2) Le nuove catene II...87

- 2.4.3) Mercato libero, lavoratori un po' meno...88

- Le grandi opere...89

- Peggio che in Africa...92

- Razzismo e violenza...97

- 2.4.4) Sull'orlo del precipizio...104

2.5) Conclusioni...106

CAPITOLO 3: Il popolo Guaranì...107

3.1) Introduzione...107

- 3.1.1) Dati generali...108

- 3.1.2) Sotto gruppi etnici...109

- 3.1.3) Lingua...111

3.2) Nande Reko – nostro modo d'essere...112

- 3.2.1) La tierra sin mal...112

- 3.2.2) Lo spazio sociale...115

- 3.2.3) L’ economia...117

- Un economia senza accumulazione...117

- Proprietà comune...119

-Forma di lavoro e cooperazione...120

- 3.4.4) Il Mais e la festa...121

- 3.4.5)La spiritualità...125

- 3.4.6) Struttura sociale...127

- 3.4.7) Assemblea...130

- 3.4.8) I quattro pilastri della cultura Guaranì...131

3.3) Una storia di resistenza e ricerca. …...133

- 3.3.1) Le origini e le migrazioni...133

- 3.3.2) Durante la colonia...135

- 3.3.3) L'opposizione agli spagnoli...136

- 3.3.4) Le missioni...138

(4)

- 3.3.6) Apiaguaiky Tumpa e la sconfitta di Kuruiuky...145

- 3.3.7) I guaranì nel XX secolo: 100 anni di silenzio...147

- 3.3.8) La guerra del Chaco...147

- 3.3.9) La riforma agraria: una vittoria per le haciendas...148

- 3.3.10) Il rinascimento Guaranì...151

- L'assemblea del pueblo Guaranì...152

- La marcia di Kuruiuky...153

CAPITOLO 4) Tra terra e “Libertà”...155

4.1) Introduzione...155

4.2 ) L'ascesa delle Haciendas...156

4.3) La formazione delle comunidades cautivas...160

- 4.3.1) Le comunidades Cautivas...161

- 4.3.2) La migrazione o le Comunità libere...162

- 4.3.3) Quanti Schiavi oggi?...163

4.4) Il mercato degli schiavi...164

4.5) Vecchie e nuove catene...166

- 4.5.1) La trappola del debito...166

- 4.5.2) Il padrone e il padrino...168

- 4.5.3) L'alcool crea dipendenza...169

- 4.5.4) “Incorporazione del dominio”...170

- 4.5.5) I contratti...172

- 4.5.6) Nessuna alternativa...173

4.6 ) La vita nelle comunità Comunidades cautivas...174

- 4.6.1) Gerarchia sociale nella hacienda...174

- 4.6.2) I peones...175

- 4.6.3) Le donne...180

- 4.6.4) I bambini...181

4.7) Vivere liberi non è facile...184

- 4.7.1) Le terre ricomprate...184

- 4.7.2) Senza padroni...186

CONCLUSIONI...189

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Introduzione

Today they say that we are free, Only to be chained in poverty. Good God, I think it's illiteracy; It's only a machine that makes money

(Slave driver, Bob Marley)

Il termine schiavitù richiama generalmente un'epoca passata, un periodo storico lontano e ormai concluso. Purtroppo, però, l'abolizione della schiavitù in tutti gli Stati del mondo non è bastata per porre fine a questa pratica, la tratta degli esseri umani e lo sfruttamento dei lavoratori hanno resistito alle leggi e alle convenzioni internazionali, dando vita a nuove forme di schiavitù che si sono adattate alle nuove legislazioni, ai nuovi contesti sociali e all'economia della globalizzazione neoliberista. La schiavitù contemporanea si è inserita così bene nel nuovo sistema economico internazionale che gli schiavi moderni superano del doppio i loro antichi predecessori.

Anche se maggiormente presente nei paesi del terzo mondo, il lavoro dei nuovi schiavi, nell'era globale, con la delocalizzazione delle imprese e le migrazioni, ha raggiunto ogni angolo del pianeta infettando l'economia globale, alterando i prezzi delle merci e abbassando gli standard delle condizioni di lavoro.

La tratta degli esseri umani porta enormi guadagni alle maggiori organizzazioni criminali del mondo, secondo le stime dell'ONU si tratterebbe di 32 miliardi di dollari ogni anno. Soldi che le varie mafie internazionali investono nel mercato delle armi e della droga, ma anche in settori dell'economia legale come quello edile, della ristorazione, dell'intrattenimento e dei trasporti.

Sempre più spesso i media riportano notizie di schiavi liberati nelle maggiori capitali europee, di lavoratori sfruttati nelle campagne italiane o statunitensi, di schiave sessuali scoperte nelle città tedesche o inglesi. La schiavitù contemporanea non riguarda solo i paesi “poveri” o “arretrati”, è un problema globale che ci riguarda tutti, che influenza i nostri consumi, le nostre spese, e i nostri rapporti di lavoro.

Questa ricerca nasce dall'interesse che da sempre ho provato per questo argomento, dalle scuole elementari fino all'università l'argomento di relazioni, tesi e tesine, è sempre stato questo. Dagli ebrei schiavi in Egitto, alla rivolta di Spartaco, fino ad arrivare alla tratta dei negri, quindi, mi sembrava giusto chiudere il mio ciclo di studi analizzando la schiavitù contemporanea.

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di sfruttamento dei lavoratori Guaranì mischia aspetti della nuova schiavitù con caratteristiche dell'antica forma di schiavitù. In queste terre alcuni elementi culturali Guaranì e il sistema feudale importato dall'Europa sono sopravvissuti alle riforme nazionaliste e alle riforme liberali, legandosi insieme in un rapporto di dipendenza reciproca, dando vita ad una forma di schiavitù molto difficile da inquadrare e da capire nella sua totalità. Con questa ricerca ho cercato di spiegare i rapporti che legano i Guaranì ai loro sfruttatori, di scoprire le cause per cui questi legami hanno resistito, e continuano a resistere, nel tempo, nonostante i grandi cambiamenti avvenuti in Bolivia. In particolare cercherò di analizzare come la schiavitù Guaranì per la sua particolarità non possa essere del tutto spiegata solo attraverso motivazioni di tipo economico o psico sociale.

Per compiere questa analisi sono partito dallo studio del rapporto servo-padrone descritto da Hegel e da Marx, che mi ha aiutato a definire le differenze e le similitudini tra la nascita dei rapporti di servitù in Europa e nel Chaco boliviano. Successivamente ho approfondito le caratteristiche del dominio coloniale attraverso il testo di Fanon “I dannati della terra”, il libro di Foucault “Sorvegliare e punire”, invece, mi è servito per individuare quei meccanismi di controllo e sottomissione, che le classi dominanti mettono in atto per salvaguardare i propri privilegi e per sfruttare le classi subalterne, infine attraverso le riflessioni di Bourdieu in “Il dominio maschile” ho cercato di individuare gli aspetti più strettamente psico-sociali che permettono il perpetuarsi di una situazione di dominio per lunghi periodi.

Nel secondo capitolo ho individuato, basandomi sugli studi effettuati da Kevin Bales, le diverse forme di schiavitù contemporanea riportando esempi di alcuni paesi, questa parte è stata utile per un successivo confronto dei diversi esempi con il caso boliviano. Inoltre in una seconda parte di questo stesso capitolo ho affrontato due esempi di schiavitù contemporanea che coinvolgono direttamente il nostro paese. Infine nel terzo e quarto capitolo ho affrontato il caso del popolo Guaranì, prima analizzando gli aspetti storici e culturali, indispensabili entrambi per capire affondo il problema della schiavitù. E nel quarto capitolo ho analizzato il sistema di schiavitù esistente nelle haciendas ganaderas (fattorie di allevamento del bestiame), analizzando la storia di queste ultime, e sopratutto il rapporto tra i proprietari terrieri e le comunità Guaranì da loro tenute in stato di schiavitù, ho puntato l'attenzione sui legami che legano i Guaranì ai patrones, e sul contesto economico e sociale che costringe i Guaranì e gli altri popoli indigeni a dover scegliere tra morire di fame o vivere da schiavi.

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CAPITOLO 1

IL RAPPORTO SERVO-PADRONE

Nel corso della storia la relazione tra il servo ed il suo padrone è stata analizzata da molti autori, in questo capitolo ci soffermeremo ad analizzare i pensieri di alcuni dei maggiori studiosi che hanno fornito i principali contributi per la comprensione di tale rapporto.

1.1) Le origini della schiavitù: La figura servo-padrone

Sicuramente Hegel è tra i filosofi che più di altri hanno posto al centro della propria ricerca il rapporto tra servo e padrone.

Secondo il pensiero di Hegel la nascita di questo rapporto si può far risalire alle diverse, ma complementari, esigenze che legavano il proprietario terriero e il contadino nell'Europa feudale. Il contadino, da una parte, aveva bisogno di terra da coltivare ma anche di essere protetto dai briganti e dai soldati. Dall'altra il proprietario terriero, aveva enormi disponibilità di terra e un esercito per la sua difesa, ma aveva anche bisogno di qualcuno che lavorasse queste terre.

E' facile capire come questi due bisogni differenti si completassero a vicenda dando così vita a questa relazione che durerà nel corso della storia fino, a divenire il “motore della storia” stessa. Una relazione che con il passare del tempo si modificherà molto, ma che manterrà le sue fondamentali premesse.

“Delle due autocoscienze impegnate nella contesa per il riconoscimento, l'una si mostra capace di

autonomia rispetto al legame naturale con la vita, al punto da metterla a repentaglio nella lotta; l'altra, troppo legata alla vita, ha paura di arrischiarla. Questo differente atteggiamento verso l'esistenza puramente biologica ha come risultato una relazione di ineguaglianza, nella quale chi ha saputo rischiare si afferma come autocoscienza indipendente e impone la propria signoria all'altra. Chi invece si è mostrato tanto asservito alla vita, da non averla potuta arrischiare, è costretto a soccombere non solo alla natura, ma anche al signore, e a riconoscerne l'indipendenza, subordinandoglisi dunque, in un rapporto di servitù” (Il testo filosofico, AA.VV: 199)

Hegel, nella fenomenologia dello spirito, utilizza l'esempio del rapporto servo-padrone per analizzare il movimento dialettico insito nella coscienza : “La coscienza è l'assoluta inquietudine dialettica”. Hegel in questo suo scritto descrive come il contadino, in cerca di protezione, offre, in cambio di quest'ultima, il suo lavoro al proprietario terriero che, in questo modo, diventa suo

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padrone, il servo, però, attraverso il suo lavoro si rende conto della sua forza, della dipendenza del padrone nei suoi confronti. Infatti, il padrone, utilizzando per vivere i prodotti lavorati dal servo ne diventa completamente dipendente. Non c'è uno scambio di ruoli ma una duplicità, secondo Hegel, la struttura dialettica della vita è in continuo movimento, così come la relazione tra il servo ed il suo padrone. Quella che inizialmente sembra essere l'autocoscienza, ossia il padrone, si scopre in realtà falsa autocoscienza.

“La verità della coscienza indipendente è di conseguenza, la coscienza servile. Questa da prima

appare bensì fuori di se e non come la verità dell'autocoscienza. Ma come la signoria mostrava che la propria essenza è l'inverso di ciò ciò che la signoria stessa vuol essere, così la servitù nel proprio compimento diventerà piuttosto il contrario di ciò che essa è immediatamente; essa andrà in se stessa come coscienza riconcentrata in sé, e si volgerà nell'indipendenza vera”

(Fenomenologia dello spirito, G.W.F. Hegel)

E' su questa base di pensiero che un altro importante filosofo fonda la sua analisi filosofica della relazione servo-padrone: Marx, che pur condividendo le analisi di base presentate da Hegel, propone una soluzione del tutto diversa.

Se Hegel pensava che il semplice ribaltamento dei ruoli non avrebbe risolto niente perché avrebbe portato semplicemente la stessa situazione ma con le parti invertite, secondo l'autore della fenomenologia dello spirito, il superamento di questa divisione può avvenire solo giungendo alla consapevolezza della insostenibilità delle figure servo-padrone, questa nuova coscienza sociale può essere acquisita attraverso il lavoro. Marx,al contrario, credeva che l'unica giustizia possibile fosse la eliminazione degli sfruttatori da parte degli sfruttati, l'unica soluzione possibile per arrivare ad una società senza classi. Il filosofo tedesco credeva che per raggiungere una società giusta, senza servi e senza padroni, i lavoratori dovevano prendere il potere con la forza, impadronirsi dei mezzi di produzione e dare vita ad una dittatura del proletariato che avrebbe portato in seguito alla nascita di una nuova società egualitaria e senza divisioni.

“Il programma prevede la conquista del potere politico da parte del proletariato, seguita da una fase di accentramento del potere statale nelle mani della classe rivoluzionaria come ''necessario punto di passaggio per giungere abolizione della distinzione in classi'' (dittatura del proletariato). Poiché tuttavia il potere politico '' è potere organizzato di una classe per l'oppressione di un altra '', con la vittoria del proletariato e con il superamento della divisione in classi ''il poter pubblico perderà il carattere politico.” (Il testo filosofico, AA.VV: 500)

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svolgendosi nelle coscienze delle persone, contribuiscono a delineare il modo di rapportarsi tra uomini e tra gruppi umani.

“Marx sostiene che in qualsiasi periodo storico ci saranno sempre solo due classi di importanza

centrale in una società. La loro lotta definisce il carattere essenziale di tale società ed è il prodotto da un lato delle differenze inconciliabili tra interessi di classe, dall'altro del fatto che gli interessi comuni di classe sono tanto forti da spingere i suoi membri a raggrupparsi insieme per un'azione comune” ( R.Wallace, A. Wolf, La teoria sociologica temporanea : 101)

Il lavoro e il modo di relazionarsi tra lavoratore e datore di lavoro plasma sia la coscienza degli uomini che della società, delinea i rapporti tra le varie classi sociali, influisce sulle relazioni personali, e spinge gli eventi storici, politici e sociali da una parte o dall'altra a secondo di chi, tra le due parti, riesce a mobilitarsi in modo più efficiente.

“Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in breve oppressori e oppressi furono continuamente in reciproco contrasto, e condussero una lotta ininterrotta ora latente ora aperta” (K. Marx, Mistére de la philosophie.)

Più recentemente altri studiosi si sono interessati al rapporto servo-padrone producendo opere che hanno contribuito in maniera fondamentale allo studio di questa relazione, in particolare Frantz Fanon (I dannati della terra,1961), Michel Foucault (Sorvegliare e punire,1975) e Pierre Bourdieu (Il dominio maschile,1998).

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1.2) Il dominio coloniale

Frantz Fanon, nella sua opera più importante, I dannati della terra, focalizza la sua attenzione sulle lotte per l'indipendenza dei paesi colonizzati, analizzando i comportamenti e le relazioni che legano le categorie di coloni e colonizzati.

Questo autore si trova costretto ad adattare le analisi Marxiste al contesto coloniale, ripensando le tesi del grande filosofo tedesco:

“Nei paesi capitalisti il proletariato non ha nulla da perdere, è quello che, eventualmente, avrebbe tutto da guadagnare. Nei paesi colonizzati il proletariato ha tutto da perdere. Rappresenta infatti la frazione del popolo colonizzato necessaria e insostituibile per il buon andamento della macchina coloniale” (Fanon,I dannati della terra.1961:62)

Ma una differenza ancora più fondamentale che riguarda i diversi contesti studiati dai due autori la possiamo ritrovare in questo altro estratto de “I dannati della terra”:

«Quando si scorge nella sua immediatezza il contesto coloniale, è evidente che ciò che divide il mondo è innanzitutto il fatto di appartenere o meno a una data specie, a una data razza. In colonia, l’infrastruttura economica è pure una sovrastruttura. La causa è la conseguenza: si è ricchi perché si è bianchi, si è bianchi perché ricchi. […] A dispetto dell’addomesticamento ben riuscito, nonostante l’appropriazione, il colono rimane sempre uno straniero. Non sono né le officine, né le proprietà terriere, né il conto in banca a caratterizzare in primo luogo la “classe dirigente”. La specie dirigente è innanzitutto quella che viene da fuori, quella che non assomiglia agli autoctoni, “gli altri”» (Fanon, I dannati della terra. 1961:7)

Nel contesto coloniale la differenza tra servo e padrone, è evidente, immediatamente individuabile, è una differenza biologica. Il colore della pelle segna il confine tra servi e padroni ed è un confine invalicabile, immutabile. Il padrone è colui che viene da fuori, il diverso, è l'occupante, lo straniero. Questa differenza ha senz'altro giocato un ruolo fondamentale nel rapporto che si è creato tra dominatori e dominati, rapporto che non poteva non prescindere dal razzismo.

La relazione tra colono e colonizzato, che traspare dalle pagine de “ i dannati della terra”, si fonda sulla violenza e sul disprezzo, è attraverso la violenza che il regime coloniale si è imposto alle società colonizzate e sempre con la violenza i governanti bianchi e gli eserciti invasori hanno trasformato le comunità indigene, ed è ancora con la violenza che queste ultime hanno riconquistato l'indipendenza.

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Lui cui non si è mai cessato di dire che non capiva altro che il linguaggio della forza, decide di esprimersi con la forza. Di fatto, da sempre, il colono gli ha enunciato il cammino che doveva essere il suo, se voleva liberarsi. L’argomento che sceglie il colonizzato gli è stato indicato dal colono e, per un ironico capovolgimento, è il colonizzato che, adesso, afferma che il colonialismo non capisce altro che la forza».(Fanon, I dannati della terra.1961:43)

Secondo il pensiero di Fanon, che ha partecipato come militante alla lotta di liberazione del popolo algerino, la violenza era l'unica lingua che i colonizzatori avrebbero potuto capire, così come i colonizzatori, una volta occupate le terre conquistate, sostenevano che la violenza era l'unico modo di potersi rapportare con i popoli colonizzati.

Il rapporto tra servo e padrone, in questo contesto analizzato da Fanon, veniva teorizzato in Europa attraverso idee profondamente razziste e messo in pratica nelle colonie attraverso la violenza.

Il colonizzatore ha lavorato, durante il suo dominio, per disumanizzare i popoli indigeni e renderli più vicini agli animali che agli uomini e per convincerli che solo con l'aiuto della civilizzazione europea sarebbero riusciti ad uscire da questa condizione animalesca. Infatti come scrive Fanon:

«Il risultato coscientemente ricercato dal colonialismo, era di ficcar in testa agli indigeni che la partenza del colono avrebbe significato per loro ritorno alla barbarie, incanagliamento, animalizzazione».(Fanon,I dannati della terra.1961:143)

Un esempio si può ritrovare nel linguaggio, quando gli europei descrivono i popoli colonizzati utilizzano termini solitamente associati alle bestie :

«Disciplinare, addestrare, domare e oggi pacificare sono i termini più impiegati dai colonialisti nei territori occupati» (Fanon,I dannati della terra1961:220)

A mio avviso, il linguaggio può essere considerato come lo strumento ideale per mantenere i rapporti di potere funzionali alle elités europee all'interno delle colonie. Infatti il linguaggio ha il potere di indirizzare i rapporti umani, e soprattutto i termini usati hanno la forza adeguata per stabilire e standardizzare una gerarchia tra i vari gruppi umani in relazione. I governi coloniali hanno tutto l'interesse a impedire che si crei un rapporto umano tra coloni e colonizzati sia i proprietari terrieri che i soldati non devono vedere nell'indigeno un altro essere umano, devono vedere una bestia che può essere dominata, sfruttata e uccisa senza rimorsi morali.

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termini, lo animalizza. E, difatti, il linguaggio del colono, quando parla del colonizzato, è un linguaggio zoologico. Si fa allusione ai movimenti serpeggianti dell’indocinese, agli effluvi della città indigena, alle orde, al puzzo, al pullulare, al brulicare, ai gesticolamenti. Il colono, quando vuole descrivere bene e trovare la parola giusta, si riferisce costantemente al bestiario. […] Il colonizzato sa tutto questo e ride di cuore ogni volta che si scopre animale nelle parole dell’altro. Poiché sa di non essere un animale. E proprio nel momento stesso in cui scopre la sua umanità, comincia ad affilare le armi per farla trionfare». (Fanon, I dannati della terra.1961: 9)

La separazione della popolazione nelle città coloniali costituisce un'altra prova della volontà dei padroni di impedire l'incontro, di evitare il crearsi di rapporti umani, di amicizia, di amore. Si cerca di impedire che l'europeo riconosca nell'indigeno un altro uomo, l'apartheid sudafricana ne è un esempio clamoroso, i neri, indigeni, servi da una parte, i bianchi, stranieri, padroni dall'altra. L'unico punto di incontro è il luogo di lavoro, ma anche qui i confini sono definiti, i contatti avvengono solo attraverso intermediari, neri perfettamente addestrati per trasmettere gli ordini dei padroni ai servi. Il colonizzato intravede il colono al di là delle inferiate della villa, dietro i vetri scuri dell'automobile, non può avvicinarsi e non può toccarlo. Il colono invece attraverso l'esercito, la polizia e le leggi riesce ad arrivare al colonizzato che però ai suoi occhi è solo un caso, un numero, uno dei tanti dipendenti. La relazione è ridotta al minimo e i due mondi si incontrano, si toccano solo nel momento dell'esplosione della violenza, si toccano attraverso la punta della frusta nella punizione, attraverso la lama del coltello nella rapina, si avvicinano solo nella battaglia o nell'attentato.

Nel contesto coloniale il rapporto tra dominatori e dominati assume una connotazione gerarchica, il governo coloniale utilizza una parte del popolo autoctono per sottomettere il resto della popolazione. “I dannati della terra” sottolinea questo aspetto confrontando la differenza nel rapportarsi alla colonizzazione tra gli indigeni della campagna e gli indigeni della città.

Nelle campagne, più isolate e dove i contatti con lo straniero sono più rari, le società tradizionali resistono più duramente ai cambiamenti imposti dai regimi coloniali, le rivolte sono più violente e più frequenti, l'opposizione al potere europeo consolida la coesione dei villaggi e la resistenza spesso si trasforma anche in un rafforzamento delle tradizioni e della cultura indigena.

Nelle città, invece, la popolazione dominata, più a stretto contatto con il dominatore straniero, è maggiormente permeabile alle novità imposte dalla colonizzazione, soprattutto a quelle novità che vengono spacciate dal regime coloniale come progresso e sviluppo, la nascita dei partiti nazionalisti e dei sindacati ne sono un ottimo esempio. Gli indigeni della città fanno proprie quelle forme di lotta politica e sociale tipiche delle società europee, da un lato, vedono le rivolte delle campagne come la resistenza di popolazioni arretrate e arcaiche al progresso della nazione e, dall'altro le utilizzano per minacciare i governi coloniali e ottenere i benefici per il proprio schieramento, in un

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certo senso, si mettono in mezzo tra la forza indipendentista e rivoluzionaria delle campagne e la repressione del governo coloniale. Preparando il terreno adatto per sostituirsi ai dominatori stranieri, evitando di dare troppa importanza ai movimenti delle campagne in modo da poterli dominare e controllare una volta raggiunta l'indipendenza.

“Queste differenze sono nate dalla storia coloniale, vale a dire dall'oppressione. Qui la metropoli si è accontentata di pagare qualche feudatario: là, dividendo per imperare, ha fabbricato di tutto punto una borghesia di colonizzati; altrove ha fatto colpo doppio: la colonia è nello stesso tempo di sfruttamento e di popolamento. Così l'Europa ha moltiplicato le divisioni, le opposizioni, forgiato classi e talvolta razzismi, tentato con tutti gli espedienti di provocare e di accrescere la stratificazione delle società colonizzate.” (J.P. Sartre, 1961, prefazione a “I dannati della terra”)

Fanon è molto critico su questo punto, e rimprovera sia ai sindacati che ai partiti nazionalisti l'errore di non aver sufficientemente politicizzato e sostenuto nella lotta i movimenti provenienti dalle campagne. I neri delle città hanno frequentato le scuole europee, si sono converti al cristianesimo , hanno imparato dagli Europei l'arte della rapina e dello sfruttamento, si sono innamorati del progresso e dello stile di vita occidentale. La lotta politica dei partiti nazionalisti non ambiva alla fine dello sfruttamento ma alla sostituzione degli sfruttatori. Mentre nelle campagne la lotta di liberazione era combattuta in nome della cultura indigena e del ritorno alla società tradizionale. In conclusione possiamo dire che nel contesto coloniale il rapporto servo-padrone è ridotto al minimo. Attraverso idee razziste si organizza la società e la città, la superiorità dell'uomo bianco viene affermata nel linguaggio e nelle leggi, la violenza è l'unico modo in cui servi e padroni posso rapportarsi l'uno all'altro, e così come i coloni hanno dovuto usare la violenza perché era l'unico modo di comunicare con i colonizzati, allo stesso modo i colonizzati devono usare la violenza per comunicare ai coloni la loro voglia di indipendenza.

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1.3) L'amministrazione dell'asservimento

«Storicamente, il processo con cui la borghesia divenne nel corso del diciottesimo secolo la classe politicamente dominante viene mascherato con l'istituzione di una cornice giuridica esplicita, codificata e formalmente egualitaria, resa possibile dall'organizzazione di un regime rappresentativo parlamentare. Ma lo sviluppo e la generalizzazione di meccanismi disciplinari costituirono l'altro lato - quello buio - di tali processi. La forma giuridica generale che garantiva un sistema di diritti, egualitari in linea di principio, era sorretta da questi minuscoli, quotidiani, fisici meccanismi, da tutti questi sistemi di micro-potere - essenzialmente non-egualitari ed asimmetrici - che noi chiamiamo discipline.» (Foucault,Sorvegliare e punire.1975: 241)

Foucault nella sua opera “Sorvegliare e punire” mette in evidenza come, nel periodo che va dal 1700 al 1800, le mutate condizioni economiche e sociali, come l'ascesa al potere della borghesia, portano a rivoluzionare il sistema giuridico e sopratutto il modo di punire coloro che hanno infranto le leggi. La nascita delle moderne prigioni, ma anche della scuola, delle cliniche e dei manicomi, è il frutto della volontà del potere di organizzare, ordinare e disciplinare la società.

Secondo Foucault la sparizione dei supplizi pubblici, delle torture e delle esecuzioni di piazza, riflette il bisogno di ordine e disciplina del nuovo potere borghese. Nelle esecuzioni pubbliche il sangue e il dolore dei prigionieri scatenavano nella folla del popolo passioni e sentimenti imprevedibili e incontrollabili, provocando altrettante reazioni, il pubblico poteva reagire violentemente contro il prigioniero, ma ugualmente si poteva anche schierare dalla parte del condannato stesso inscenando rivolte e disordini, queste erano tanto più probabili quanto più il popolo si riconosceva nel reato commesso dal prigioniero.

Tutto questa imprevedibilità e spontaneità era proprio l'opposto di quel che desiderava il potere, la borghesia aveva bisogno di umanizzare le punizioni e renderle nascoste agli occhi del popolo ma ben presenti nella sua mente.

“Le persone erano oramai disgustate dall'idea stessa di flagellazioni o impiccagioni pubbliche, o dal pensiero di andare la domenica a vedere i malati di mente. Tuttavia, secondo Foucault questo cambiamento non si verifico perché la società era diventata più “gentile,rispettosa e umana”. Piuttosto i vecchi metodi erano diventati incompatibili con l'intero apparato medico-legale emergente. Al posto della punizione fisica le nuove prigioni assicuravano “tanto l'effettiva cattura del corpo, quanto la sua osservazione perpetua” ; di fatto, il cambiamento affondava le proprie radici in nuovi e più efficaci “meccanismi e strategie di potere””

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Foucault, però, sostiene che questa trasformazione delle punizioni non nasce dallo spirito umanitario di una borghesia più attenta ai diritti umani, ma da una parte, per limitare la forza del sovrano, e dall'altra, per reprimere l'illegalismo dei beni, ossia quei reati (furti,rapine,omicidi) tipici degli strati più bassi della società, e tollerare maggiormente l'illegalismo dei diritti (truffa,corruzione) tipico della classe borghese.

“Una minuziosa osservazione del dettaglio e, nello stesso tempo, un'assunzione politica delle piccole

cose, per il controllo e l'utilizzazione degli uomini, percorrono l'età classica, portando con se tutto un insieme di tecniche tutto un corpus di procedimenti e di sapere, di descrizioni, di ricette e di dati. E' da queste inezie, senza dubbio, è nato l'uomo dell'umanesimo moderno.”

(Foucault, Sorvegliare e punire.1975: 153)

“Sorvegliare e punire” offre una dettagliata descrizione sui metodi e sugli strumenti che il potere mette in pratica per organizzare la società sulle basi della disciplina e dell'ordine:

1.3.1) “L'arte delle ripartizioni”

La clausura: “La specificazione di un luogo eterogeneo rispetto a tutti gli altri e chiuso su se

stesso. Luogo protetto dalla monotonia disciplinare.”(Foucault,1975: 154)

Il modello del convento viene applicato anche ad altri campi, il collegio si impone come regime d'educazione più efficace.

Tra il XVI e XVII secolo nascono le caserme, dal bisogno di stabilizzare l'esercito e controllare maggiormente le truppe, impedire saccheggi e violenze, arrestare le diserzioni e contenere le spese. Anche l'apparato produttivo si conforma a questa nuova tendenza nel secolo XVIII nascono “grandi

spazi manifatturieri, omogenei e nello stesso tempo ben delimitati.” Si cerca in questo modo di concentrare le forze di produzione e ricavarne il massimo vantaggio e allo stesso tempo evitare gli incidenti: furti, agitazioni, assenze. Controllare gli operai, “padroneggiare le forze di lavoro”, privilegiare l'ordine e la sicurezza, i quartieri dormitorio o gli alloggi per gli operai saranno il passo successivo di questa politica.

“Quadrillage”, il principio della localizzazione elementare o Quadrillage. Ad ogni individuo, il suo posto; ed in ogni posto il suo individuo.”(Foucault, Sorvegliare e punire.1975: 155)

Si tratta di analizzare e controllare le grandi masse, evitando i raggruppamenti pericolosi e incontrollati.

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“Bisogna annullare gli effetti delle ripartizioni indecise, la scomparsa incontrollata degli individui,

la loro diffusa circolazione, la loro coagulazione inutilizzabile e pericolosa ; tattica antidiserzione, antivagabondaggio antiagglomerazione.”(Foucault, Sorvegliare e punire1975: 155)

Lo stato vuole sapere come e dove reperire gli individui e stabilire con certezza le presenze e le assenze.

“di potere in ogni istante sorvegliare la condotta di ciascuno, apprezzarla, sanzionarla, misurare le

qualità od i meriti.”(Foucault, Sorvegliare e punire1975: 156)

Ubicazioni funzionali : “Vengono definiti determinati luoghi per rispondere non solamente alla necessità di sorvegliare, di interrompere le comunicazioni pericolose, ma anche per creare nuovi spazi.” Foucault propone l'esempio dell'ospedale marittimo nel porto militare di Rochefort, che in Francia sembra aver fatto da modello di efficienza.

“L'ospedale marittimo deve dunque curare, ma per ciò stesso deve essere un filtro, un dispositivo

che registra e incasella; bisogna che assicuri un controllo su tutto questa mobilità e questo brulichio; scomponendo la confusione dell'illegalità e del male. La sorveglianza medica delle malattie e dei contagi si accompagna a tutta una serie di altri controlli: militari sui disertori, fiscali sulle merci, amministrativo sui medicamenti, le razioni, le sparizioni, le guarigioni, le morti, le simulazioni. Di qui la necessità di distribuire lo spazio con rigore”

(Foucault, Sorvegliare e punire.1975: 156)

Foucault vede in questi cambiamenti la volontà di sorvegliare e controllare gli individui, anche l'ospedale è un luogo dove il potere esercita il suo dominio sugli individui, un luogo dove, oltre che analizzati, si vieni classificati e schedati, dove la vita del paziente è completamente in balia del dottore e dell'apparato ospedaliero. Un altro esempio riportato dall'autore e quello delle officine anche in questi luoghi la distribuzione dello spazio assume un ruolo centrale.

“Nelle officine che appaiono alla fine del secolo XVIII, il principio della suddivisione

individualizzante si complica. Si tratta di distribuire gli individui in uno spazio dove si possa isolarli e reperirli, ma anche di articolare questa su un apparato di produzione che ha esigenze proprie. Bisogna collegare la distribuzione dei corpi, la sistemazione spaziale dell'apparato di produzione e le diverse forme di attività nella distribuzione dei posti.”

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Lo spazio lavorativo viene organizzato in modo che la sorveglianza sia totale, che si possa facilmente constatare la presenza e l'efficienza degli operai; e allo stesso tempo la distribuzione dei posti taglia le comunicazioni inutili, recide i contatti non autorizzati, impedisce lo scambio di opinioni, si cerca di fare in modo che gli operai si sentano costantemente sotto controllo.

Il Rango. “Il posto occupato in una classifica”. La distribuzione degli individui a seconda dei loro meriti e delle loro capacità. Questo sistema viene utilizzato per impedire che si crei una solidarietà tra i componenti di un gruppo la disposizione delle persone con questi criteri aumenta la competizione, l'ambizione personale e la voglia di prevalere sugli altri. A questo proposito Foucault porta l'esempio della classe nei collegi.

“Il rango, nel secolo XVIII, comincia a definire la grande forma di ripartizione degli individui

nell'ordine scolare: file di allievi nella classe, nei corridoi, nei corsi; rango attribuito a ciascuno a proposito di ogni compito e di ogni prova; rango che ciascuno ottiene di settimana in settimana […] Assegnati dei posti individuali, rese possibile il controllo di ciascuno e il lavoro simultaneo di tutti; organizzò una nuova economia dei tempi di apprendimento; fece funzionare lo spazio scolare come una macchina per apprendere ma anche per sorvegliare, gerarchizzare ,ricompensare”

(Foucault, Sorvegliare e punire1975: 159)

1.3.2) “Il controllo delle attività”

L'impiego del tempo: “I suoi tre grandi procedimenti: stabilire delle scansioni, costringere a determinate operazioni, regolare il ciclo di ripetizione”.(Foucault,1975:163) Sicuramente nato nelle comunità monastiche si è diffuso anche ad altri settori della società, nei collegi, negli eserciti, nelle fabbriche, negli ospedali e nelle prigioni.

Foucault si riferisce alla suddivisione del tempo maniacale che viene fatta in questi istituti, il principio e quello di “non sprecare il tempo che Dio ti ha dato e che l'uomo ti ha pagato”, la giornata scolastica o lavorativa viene suddivisa in periodi ai quali è assegnata una specifica azione da compiere nei tempi e nei modi stabiliti. Questa economia del tempo riflette la necessità di sfruttare al meglio il lavoro di operai, soldati o studenti; ma allo stesso tempo è anche un altro modo per :

“assicurare la qualità del tempo impiegato: controllo ininterrotto, pressione dei sorveglianti,

annullamento di tutto ciò che può disturbare o distrarre; si tratta di costruire un tempo integralmente utile”(Foucault,sorvegliare e punire.1975: 164)

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Un altro modo per tagliare le comunicazioni inutili o pericolose per il sistema, per evitare lo scambio di opinioni che potrebbe portare ad una presa di coscienza, da parte degli operai, degli studenti o dei soldati, sulla loro comune situazione, un modo per reprimere la solidarietà tra gli individui, per impedire la loro organizzazione.

“Il tempo misurato e pagato deve essere anche un tempo senza impurità né difetti, un tempo di buona qualità, lungo il quale il corpo resta applicato al suo esercizio. L'esattezza e l'applicazione sono con la regolarità le virtù fondamentali del tempo disciplinare”

(Foucault, Sorveglia re e punire.1975: 164)

L'elaborazione temporale dell'atto: Foucault riporta le indicazioni fornite ai soldati su come devono muoversi durante la marcia, sottolineando come queste nel tempo (dall'inizio del secolo XVII a metà del secolo XVIII) si sono fatte sempre più dettagliate e complicate. La gestione del tempo collegata ai movimenti del corpo, secondo l'autore francese, è uno strumento che il potere utilizza per dominare gli individui, i soldati non devono pensare, anche un movimento naturale come camminare deve essere accuratamente pianificato in modo che tutti i soldati camminino allo stesso identico modo. Questo, insieme alle divise uguali, allo stesso taglio di capelli per tutti, rende i soldati indistinguibili l'uno dall'altro e interscambiabili, facendoli assomigliare e percepire agli occhi dei civili più come macchine da guerra che come uomini.

“Si definisce una sorta di schema anatomo-cronologico del comportamento. L'atto viene scomposto

nei suoi elementi, la posizione del corpo, delle membra, delle articolazioni, viene definita, ad ogni movimento sono assegnate una direzione, un ampiezza, una durata; l'ordine di direzione è prescritto. Il tempo penetra il corpo, e con esso tutti i controlli minuziosi del potere.”

(Foucault,Sorvegliare e punire.1975: 165)

Da questo procedimento ne consegue direttamente un altro:

La messa in correlazione del corpo e del gesto: “Il controllo disciplinare non consiste semplicemente nell'insegnare o nell'imporre una serie di gesti definiti; esso impone tra un gesto e l'attitudine globale del corpo la relazione migliore, che è condizione di efficacia e di rapidità. Nel buon impiego del corpo, che permette un buon impiego del tempo,niente deve rimanere ozioso o inutile ;tutto deve essere chiamato a formare il supporto dell'atto richiesto.”

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L'articolazione corpo oggetto: “La disciplina definisce uno per uno i rapporti che il corpo deve mantenere con gli oggetti che manipola” (Foucault,1975: 166)

Questa tecnica, descritta da Foucault sempre attraverso l'esempio delle esercitazioni militari, ha lo scopo di fondere il corpo con lo strumento di lavoro, il fucile per il soldato o la macchina per l'operaio o addirittura il quaderno e la penna per lo studente. Anche in questo caso si utilizzano una serie di prescrizioni dettagliatissime con lo scopo di rendere i movimenti meccanici e identici tra i vari soggetti.

“Su tutta la superficie di contatto tra il corpo e l'oggetto che esso manipola, il potere si introduce, li

collega. Costituisce un complesso corpo-arma, corpo-strumento, corpo-macchina. Siamo ormai lontanissimi da quelle forme di assoggettamento che non chiedevano al corpo che segni o prodotti, forme di espressione o il risultato di un lavoro. La regolamentazione imposta dal potere è nello stesso tempo la legge di costruzione dell'operazione. Appare così il carattere del potere disciplinare; esso non ha tanto una funzione di prelevamento quanto di sintesi, non tanto una funzione di estorsione del prodotto quanto di legame coercitivo con l'apparato di produzione.”

(Foucault,Sorvegliare e punire.1975: 167)

Il sistema di potere non ha l'intenzione di ottenere un prodotto finito da un lavoratore, ma piuttosto di costringere il lavoratore nel meccanismo produttivo, a non abbandonare il posto che l'economia ha riservato per lui. Tutte queste tecniche servono per far credere agli individui di trovarsi al posto giusto nel momento giusto, di compiere l'azione giusta nel momento più opportuno, di fare i giusti movimenti proprio quando servono quei movimenti, il potere cerca di nascondere le alternative, cerca di sopprimerne la spontaneità, cerca di omologare gli individui, facendogli credere di non avere altre scelte se non quelle imposte dal potere stesso.

L'utilizzazione esaustiva: “La disciplina organizza un economia positiva e pone il principio di una utilizzazione del tempo sempre crescente. Si tratta di estrarre dal tempo sempre più istanti disponibili e da ogni istante sempre più forze utili” (Foucault,1975: 167)

Il corpo investito da questi nuovi meccanismi di potere si fa più disponibile a “nuove forme di sapere”. Repressi gli istinti animali, a guidarne i movimenti rimangono solo i meccanismi che il potere mette in pratica.

“Il potere disciplinare ha come correlativo una individualità non solo analitica e cellulare ma anche

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La prigione, l'ospedale, ma anche la fabbrica e la scuola, secondo Foucault, sono i luoghi in cui il potere esercita il suo dominio. La suddivisione del tempo e la ripartizione degli spazi in questi luoghi assume forme maniacali, è con queste tecniche che gli individui vengono controllati, puniti o premiati a secondo dei comportamenti tenuti. Attraverso queste istituzioni si impone la disciplina nella società, controllando gli individui e punendo coloro che non si conformano alle leggi.

“Per Foucault la prigione e il manicomio sono esemplificazioni del mondo moderno. Tuttavia, sebbene siamo soliti vedere nell'avvento degli ospedali psichiatrici e nel declino della pena di morte i segni del progresso, Foucault li vede come epitomi di un mutamento nel modo in cui viene esercitato il potere sulla società, poiché sono l'incarnazione della disciplina e contribuiscono alla privazione della libertà. In questo modo tali istituzioni sono versioni più estreme, ma simili, alle altre dell'epoca moderna come la fabbrica e la scuola”

( R.Wallace, A. Wolf, La teoria sociologica temporanea : 414)

1.3.3) “La biopolitica”

Il concetto di biopolitica è fondamentale nel pensiero di Foucault, con le trasformazioni del XVIII-XIX secolo, si ha il passaggio da un potere aristocratico ad un potere borghese-capitalista, questo cambiamento porta anche un ribaltamento della vecchia simbologia del potere: da un potere legato al sangue e al diritto di vita e di morte su i suoi sudditi si passa ad un potere che garantisce la vita, è con questo cambio di prospettiva che il potere si guadagna l'accesso al corpo degli individui, la condizione di vita umana diventa un affare politico. Il concetto di biopolitica per Foucault, rappresenta il luogo di incontro tra il potere e la vita, è quella parte di azione politica che mette in pratica le tecniche e i procedimenti che servono per gestire le discipline del corpo dei cittadini.

“Si potrebbe dire che al vecchio diritto di far morire o di lasciar vivere si è sostituito un potere di far vivere o di respingere nella morte” (Michel Foucault, La volontà di sapere, Feltrinelli, 1978)

Il biopotere è una forma di potere che regge e regolamenta la vita sociale dall’interno, seguendola, interpretandola, assimilandola e riformulandola. La funzione più alta di questo potere è di investire la vita in ogni sua parte e il suo primo compito è quello di amministrarla. Il biopotere si riferisce anche a una situazione nella quale ciò che è direttamente in gioco nel potere è la produzione e la riproduzione della vita stessa e quindi del potere stesso. La sovranità biopolitica non cancella la sovranità in senso classico, ma la penetra, la attraversa, la modifica profondamente utilizzandola in

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funzione di un nuovo fondamento del potere che non è più il prelievo, ma la produzione. Il potere non avrà più bisogno di consumare periodicamente le forze, suo compito sarà quello di “incitarle, controllarle, sorvegliarle e potenziarle”.( Foucault,1978, La volontà di sapere : 120.)

La biopolitica agendo sulla vita e sui corpi dei cittadini diventa, secondo Foucault, lo strumento essenziale per la riproduzione del potere. La biopolitica si sviluppa intrecciandosi con le discipline che, secondo Foucault, a partire dalla prima metà del XVII secolo avevano disteso una fitta rete di forme organizzative per l’addestramento e il modellamento dei corpi distribuiti in spazi codificati (eserciti, manifatture, collegi, ospedali e prigioni). Le discipline sono il volano del nuovo obiettivo del potere moderno: la produzione. Le discipline si propongono di aumentare la produttività dei corpi e dei gesti di determinate molteplicità umane mediante un’analitica e una dinamica delle forze, con l’accoppiamento tra i corpi e i mezzi di produzione e di distruzione, con esercizi, addestramenti, esami e valutazioni al fine di generare individui obbedienti. Infine, le discipline elaborano una conoscenza esaustiva dell’individuo sottoponendolo a svariate modalità di sorveglianza, inscrivendolo in reticoli spazio temporali regolati da gerarchie, e controllandone l’evoluzione del comportamento con gli strumenti più diverse (registri, verbali, ispezioni). La biopolitica combinata con lo sviluppo delle discipline diventa uno strumento essenziale, è attraverso di essa che il potere riesce dominare individui obbedienti che a loro volta educheranno figli obbedienti e che si alleeranno con i dominatori per scovare e punire i dissidenti.

Il potere con le sue tecniche non si limita ad assoggettare i singoli individui, ma attraverso di essi domina e gestisce le masse. I procedimenti messi in pratica dal potere disciplinare, come il controllo del tempo, degli spazi e dei movimenti, ha lo scopo di forgiare un individuo che nasce già incastrato nei meccanismi stessi del potere, i tempi per lui sono già scanditi : la scuola, e il lavoro; si escludono le alternative, non c'è altro sapere valido se non quello dispensato negli edifici del “potere disciplinare”. Questo sistema, spinge i dominati a farsi complici del proprio dominatore, come sostiene Bourdieu con il concetto di “violenza simbolica” , che vedremo nel prossimo capitolo. Il potere ha lo scopo di rendersi invisibile e vi riesce attraverso le sue istituzioni, facendo credere agli individui di essere lo stato naturale delle cose; così come i colonizzatori tentarono di convincere gli indigeni che la colonizzazione fosse l'unica realtà possibile per loro, o così come la società maschilista concepisce naturale la dominazione della donna.

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1.4) Il dominio simbolico

Pierre Bourdieu, nel suo libro “Il dominio maschile” incentrato sullo studio delle società mediterranee, cerca di scoprire le radici del dominio dell'uomo sulla donna e, soprattutto, del suo perpetuarsi nel tempo. L'autore si domanda come sia possibile che certe situazioni di sottomissione possano essere sopportate senza una reazione.

Nei rapporti di genere, così come nel rapporto tra colonizzati e coloni studiato da Fanon, la differenza che divide i dominati dai dominatori si ritrova nel corpo: è ancora una differenza biologica.

“Questo rapporto sociale straordinariamente ordinario offre così un occasione privilegiata per

cogliere la logica del dominio esercitato in nome di un principio simbolico conosciuto e riconosciuto dal dominante come dal dominato – una lingua (o una pronuncia), una stile di vita (o un modo di pensare, di parlare, di agire) e, più generalmente una proprietà distintiva, emblema o stimmate, che raggiunge il massimo di efficienza in quella proprietà corporea perfettamente arbitraria e non predittiva che è il colore della pelle.” (Bourdieu, Il dominio maschile.1998: 8)

Il rapporto di genere può diventare un ottimo punto di vista per interpretare quelle situazioni di dominio che si basano, per identificare i servi e i padroni, su delle differenze ascritte. La schiavitù, in alcuni casi, e specificatamente nel caso Boliviano, che verrà descritto nel capitolo 3, è una di queste. Spesso è il colore della pelle che traccia il confine tra schiavi e padroni. Cosi come è la presenza o meno di un pene che divide dominatori e dominati nei rapporti di genere.

1.4.1) “La costruzione sociale dei corpi”

“La divisione tra i sessi sembra rientrare nel “ordine delle cose”,come si dice talvolta per parlare di ciò che è normale, naturale, al punto da risultare inevitabile. Essa è presente, allo stato oggettivato, nelle cose, […], in tutto il mondo sociale e, allo stato incorporato, nei corpi, negli Habitus degli agenti, dove funziona come sistema di schemi, di percezione, di pensiero e d'azione.”

(Bourdieu, Il dominio maschile.1998: 16)

L'assegnazione dei ruoli e degli spazi tra maschile e femminile, come ad esempio, al divisione del lavoro e della casa, sembra apparentemente rispettare un ordine naturale, già inscritto nel corpo e

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nel carattere degli individui, è uno schema comportamentale che nasce dalle diversità biologiche e si manifesta come una legge della natura. Tanto che, il dominio, per essere messo in pratica, non necessita della forza.

“La forza dell'ordine maschile si misura dal fatto che non deve giustificarsi: la visione androcentrica si impone in quanto neutra e non ha bisogno di enunciarsi in discorsi miranti a legittimarla” (Bourdieu,Il dominio maschile.1998: 17)

Questi schemi e questi comportamenti appartengono tanto ai maschi quanto alle femmine e anche la parte dominata si riconosce come tale giustificando le motivazioni del dominio.

La donna nasce, cresce e viene educata, in modo che ritrovi nel maschio il suo padrone, l'uomo viene educato e cresciuto in modo che trovi nella donna la sua serva.

“Quando i dominati applicano a ciò che li domina schemi che sono il prodotto del dominio o, in altri termini, quando i loro pensieri e le loro percezioni sono strutturati conformemente alle strutture stesse del rapporto di dominio che subiscono, i loro atti di conoscenza sono inevitabilmente atti di riconoscenza di sottomissione.” ( Bourdieu,Il dominio maschile.1998:22)

La “costruzione sociale dei corpi” è quel processo storico, culturale, e religioso, che attribuisce a certe parti del corpo dei significati socialmente determinanti, i quali, stabiliscono una differenza tra le diverse categorie di persone.

Le donne, nel giudicare la correttezza di certi comportamenti di altre donne, applicano misure di giudizio che sono il frutto di schemi di pensiero nati dalle regole imposte dal dominio maschile. Ossia, giudicano le altre donne attraverso gli occhi degli uomini, utilizzano quelle demarcazioni tra il decente e l'indecente che gli uomini hanno deciso per loro, dimostrandosi spesso le peggiori nemiche della donne che cercano di cambiare queste regole. Inoltre le madri trasmettono alle proprie figlie i valori da rispettare per mantenere una buona reputazione davanti la società perpetuando in questo modo il dominio maschile.

I coloni descritti da Fanon, cercavano di far credere ai colonizzati che il dominio imposto su di loro rappresentava un progresso per il popolo, perché lo avrebbe fatto uscire dalla barbarie della vita tradizionale e lo avrebbe portato nella civiltà moderna. Allo stesso modo gli uomini hanno fatto credere alle donne che la loro sottomissione, il rispetto ferreo di regole e divieti imposti dalla società maschilista, è l'unico sistema per condurre una vita fuori dal peccato.

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1.4.2) “L'incorporazione del dominio”

La società moderna basata sulla divisione sociale dei ruoli maschili e femminili, si è sviluppata creando meccanismi che hanno portato il sesso femminile a sentirsi e riconoscersi inferiore rispetto a quello maschile, questi meccanismi si possono ritrovare nel linguaggio, nelle diverse regole che uomini e donne devono seguire nel rapportarsi al sesso e alla società, nella divisione dei lavori, che affida alle donne quelli più umili e ripetitivi, nei diversi compiti assegnati all'interno della famiglia, nella morale popolare, che confina la donna ideale esclusivamente nel ruolo di “angelo del focolare” e nei dogmi religiosi, che spesso accostano la donna all'idea di peccato e di impurità.

“La visione androcentrica è così continuamente legittimata dalle stesse pratiche che essa determina: nella misura in cui le loro disposizioni sono il prodotto dell'incorporazione del pregiudizio sfavorevole contro il femminile che è istituito nell'ordine delle cose, le donne possono solo confermare costantemente tale pregiudizio.” (Bourdieu,Il dominio maschile.1998:42)

1.4.3) “La violenza simbolica”

“La violenza simbolica si istituisce tramite l'adesione che il dominato non può non accordare al dominante ( quindi al dominio) quando, per pensarle e per pensarsi o, meglio per pensare il suo rapporto con il dominante, dispone soltanto di strumenti di conoscenza che ha in comune con lui e che, essendo semplicemente la forma incorporata del rapporto di dominio, fanno apparire questo rapporto come naturale.” (Bourdieu, Il dominio maschile.1998:45)

Gli strumenti, che una donna ha a disposizione per interpretare il suo rapporto con l'uomo, si sono sviluppati all'interno di uno schema di pensiero costruito dal dominatore per perpetuare il suo dominio. Bourdieu riporta alcune “regole” sociali molto diffuse anche fra le donne come, per esempio, che l'uomo in una coppia deve essere più alto della donna, o più vecchio, o che debba avere uno stipendio più alto. Queste “consuetudini di pensiero” riflettono il fatto che anche le donne vogliono riconoscere una superiorità nel proprio uomo.

“La forza simbolica trova le sue condizioni di possibilità e la sua contro partita economica nell'immenso lavoro preliminare necessario per operare una trasformazione durevole nei corpi e produrre le disposizioni permanenti che essa scatena e risveglia; azione trasformatrice tanto più potente in quanto si esercita, essenzialmente, in modo invisibile con un mondo fisico simbolicamente strutturato e un'esperienza precoce e prolungata di interazioni abitate dalle strutture di dominio.”

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(Bourdieu, Il dominio maschile.1998:49)

La violenza simbolica viene definita da Bourdieu come: “la violenza esercitata su un attore sociale con la sua complicità” (Bourdieu, Wacquant; An invitation to reflexive sociology : 167). La violenza simbolica, prende forma da tutte quelle norme sociali e schemi di pensiero, nati dal pregiudizio contro la donna, e che si sono sedimentati nel tempo nelle culture mediterranee, invadendo tutti i campi del vivere sociale dalla religione, al lavoro, al sesso. La violenza simbolica è l'atteggiamento attraverso il quale la società costringe le donne ad accettare e rispettare queste norme, un atteggiamento che parte dall'educazione, una specie di guerra psicologica, le cui armi sono i pettegolezzi e l'onore di famiglia, in cui la vergogna, l'emarginazione e l'inferno sono utilizzati come minacce. E' una violenza invisibile perché è incorporata nel mondo in cui viviamo, fa parte delle cose e dei discorsi, si ritrova nelle scuole e nella religione, tanto nei maschi quanto nelle femmine, e non può essere percepita, proprio perché ci nasciamo dentro e per tutta la vita ci rimaniamo immersi.

“Ciò significa che sebbene gli individui accettino i sistemi di significato (la cultura) come legittimi vi è un processo di fraintendimento di quello che accade veramente. La riproduzione della posizione di un “campo” sono vissuti da tutti i giocatori come qualcosa di piuttosto diverso”

( R.Wallace, A. Wolf, La teoria sociologica temporanea : 129)

L'analisi di Bourdieu mette in evidenza come i pregiudizi che giustificano e mantengono una situazione di dominio di un gruppo umano, con determinate caratteristiche biologiche e sociali, “Campo”, su un altro, spesso, sono incorporati anche nel gruppo dominato.

Anche nelle situazioni di schiavitù troviamo spesso questo elemento di incorporazione del dominio , gli schiavi si convincono di essere incapaci di condurre una vita libera, si sentono inadeguati a svolgere lavori diversi da quelli che il sistema di schiavitù gli impone, così come le donne crescono con l'idea che il dominio maschile sia una cosa naturale e immutabile, allo stesso modo, gruppi umani che vivono da molto tempo una situazione di dominio, tendono a giustificarla utilizzando quella cultura e quel modo di concepire i rapporti di lavoro, che i padroni hanno creato apposta per mantenere la loro supremazia. E' per queste radici profonde, che affondano tanto nella mentalità dei padroni quanto in quella degli schiavi, che la schiavitù in certi contesti è così difficile da estirpare:

“Le passioni dell'habitus dominato (dal punto di vista del genere, dell'etnia, della cultura o della

lingua), rapporto sociale somatizzato, legge sociale convertita in legge incorporata, non sono di quelle che si possono sospendere con un semplice sforzo di volontà fondato su una presa di coscienza liberatoria” (Bourdieu, Il dominio maschile1998 : 50)

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CAPITOLO 2

LA SCHIAVITU' CONTEMPORANEA

La schiavitù ha da sempre accompagnato la storia dell'umanità, nel corso dei secoli milioni di uomini e donne sono stati comprati e venduti come una qualsiasi merce, ciò è accaduto nell'antico Egitto e nella Grecia antica, sotto l'impero Romano e nell'impero Inca, nella Cina Imperiale e nell'India dei Maraja, fino ad arrivare alle società schiavistiche degli Stati Uniti e del Brasile del XIX secolo. Con l'abolizione della schiavitù e del traffico di esseri umani questa pratica non è sparita ma si è trasformata ed è sprofondata nell'oscurità, il commercio di schiavi è passato dai governi alle varie mafie internazionali e locali, per questo trovare dei dati che diano un' idea sul numero di schiavi contemporanei è molto difficile, anche perché i governi tendono a nascondere che si pratichi la schiavitù nel proprio territorio per ragioni economiche - in quanto parte dell'economia di alcuni paesi del terzo mondo si regge sulla schiavitù - e per questioni di immagine nel contesto internazionale. Kevin Bales, uno dei più importanti ricercatori in fatto di schiavitù contemporanea, fornisce il dato di 27 milioni di schiavi (Bales, I nuovi schiavi,1999: 14), utilizzando la seguente definizione di schiavo:

“Un individuo costretto con la violenza o la minaccia di violenza a fini di sfruttamento economico”(Bales, I nuovi schiavi,1999: 11)

Ma, allo stesso tempo Anti-slavery international, una delle più antiche organizzazioni contro la schiavitù, fornisce una cifra ben più alta: di 200 milioni di schiavi in tutto il mondo. Nei primi anni novanta ogni anno due milioni di persone venivano costrette alla schiavitù: un giro di affari di 10 miliardi di dollari l'anno. (Skinner, Schiavi contemporanei 2008 :163)

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2.1) Vecchi schiavi e nuovi schiavi

E' nel secolo scorso che si incontrano le condizioni che cambieranno radicalmente questa antica istituzione. La tabella seguente, elaborata da Kevin Bales, può essere un buon punto da cui partire per analizzare le differenze tra la vecchia forma di schiavitù e la nuova.

Vecchia schiavitù Nuova schiavitù

Proprietà legale accertata Proprietà legale evitata

Alto costo di acquisto Bassissimo costo di acquisto

Bassi Profitti Elevatissimi profitti

Scarsità di potenziali schiavi Surplus di potenziali schiavi

Rapporto di lungo periodo Rapporto di breve periodo

Schiavi mantenuti a vita Schiavi usa e getta

Importanza delle differenze etniche Irrilevanza delle differenze etniche (Bales, I nuovi schiavi,1999: 20)

La grande disponibilità di schiavi e di conseguenza il loro basso prezzo, nella nostra epoca è sicuramente la differenza fondamentale che ha modificato profondamente il rapporto tra schiavi e schiavisti, quando, come in passato, lo schiavo rappresentava un investimento cospicuo per un proprietario, l'atto legale che attestava la proprietà era indispensabile per difendere il proprio investimento, infatti, proprio a causa dell'alto costo dello schiavo, non erano rari i furti ed era conveniente per un padrone intentare cause legali per riappropriarsi della “merce rubata”, così come era più conveniente ricatturare gli schiavi fuggiti sui quali, per rivendicarne la proprietà, era necessario un qualche documento legale che la provasse. Oggi nessun documento legale può provare l'appartenenza di un uomo ad un altro uomo, anzi, un simile documento, nei tribunali di molti paesi, potrebbe consistere in una prova di reato, quindi i padroni si guardano bene dal mostrare in pubblico documenti di questo tipo, anche se a volte, come spesso succede in India, per esempio, i padroni utilizzano documenti senza alcun valore legale per ingannare le proprie vittime che, essendo nella maggioranza dei casi analfabete e poco istruite, cadono nella trappola. In passato la proprietà legale di schiavi era uno strumento di estrema efficacia per la sottomissione dei lavoratori, dimostrava che la legge era dalla parte del padrone, che l'uomo ridotto in schiavitù non era più uomo ma cosa, era l'atto che sanciva la giustizia e la legalità della pratica schiavistica davanti al quale non si poteva né discutere né reclamare diritti. Oggi questo documento è stato rimpiazzato dalla violenza e dalla sottomissione psicologica, dai ricatti e dalle minacce, nessun

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padrone ammetterà mai in pubblico che un lavoratore gli appartiene, ma lo dimostrerà in privato con le catene e le botte. Per mantenere il controllo sui lavoratori i padroni oggi devono essere più creativi, i protettori delle prostitute nigeriane utilizzano la religione per terrorizzare le ragazze e obbligarle a prostituirsi, le schiave del sesso rumene o moldave si vendono, nell'Europa occidentale, sotto le minacce di morte dei loro familiari rimasti nel paese di origine. Al posto dei documenti si usa una violenza fisica e psicologica in cui il padrone attraverso la paura cerca di annientare la volontà della sua vittima facendole credere di non avere altra scelta, se non quella di obbedire ai suoi ordini.

Nel 1850, nel sud degli Stati Uniti, un bracciante poteva costare dai mille ai mille e ottocento dollari, corrispondenti a circa cinquanta/centomila dollari attuali.(Bales, I nuovi schiavi,1999: 20) Questo grosso investimento andava quindi protetto, la morte o la fuga di uno schiavo rappresentava una grossa perdita per un'azienda, la salute e l'integrità fisica del lavoratore erano anche un interesse del padrone. Per il proprietario risultava economicamente più conveniente curare lo schiavo in caso di malattia, alimentarlo adeguatamente, costruire delle abitazioni adatte a proteggere i propri investimenti dalla morte e dalle malattie, inoltre era più conveniente per lui far fare figli agli schiavi, perché era meno costoso allevare un bambino, che da adulto diventerà un lavoratore, che comprarne uno “nuovo”. In questo contesto l'uso della violenza fisica era estremamente limitato alle situazioni più gravi come la tentata fuga o agli atti che mettevano in discussione la supremazia dell'uomo bianco, anche se la violenza e la minaccia di violenza era uno dei sistemi utilizzati per assoggettare i lavoratori non era il principale, la legge, la religione, l'opinione pubblica, la società e la mentalità razzista, erano armi più efficienti e più convenienti da utilizzare.

Oggi, nell'India rurale si può comprare uno schiavo per una cifra che varia tra i 12 e i 23 dollari, (Bales, I nuovi schiavi,1999: 21) di solito, questi soldi sono quelli che il padrone da in prestito ad una persona, la quale dovrà restituire la somma attraverso il suo lavoro, naturalmente è il padrone che decide se il lavoratore ha lavorato abbastanza per ripagare il proprio debito e, grazie all'analfabetismo delle vittime e alla disonestà dei padroni, il debito raramente viene ripagato e spesso passa in eredità ai figli della vittima. Il lavoratore in questa situazione viene costretto a lavorare sotto la continua minaccia della forza, il suo sostentamento ricade esclusivamente su lui stesso, il quale deve provvedere alla casa e al cibo con le proprie forze, a volte per poter ricavare il cibo per sopravvivere, gli schiavi, nel “tempo libero” devono coltivarsi la terra concessa dal padrone o accontentarsi dei prodotti di scarto lavorati per il padrone, in caso di malattie l'unico modo per ottenere soldi necessari per l'acquisto delle medicine è chiedere un altro prestito, andando così ad allungare il periodo di schiavitù. Il “datore di lavoro” non ha alcun interesse a fornire cibo, riparo o medicine ai suoi lavoratori, per lui è molto più conveniente farsi pagare tutte queste cose in modo poi da aggiungerle al debito iniziale che con il passare del tempo, invece che diminuire

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aumenta, nonostante il lavoro gratuito dello schiavo. Se un lavoratore si ammala conviene liberarlo e comprarne uno nuovo visti i prezzi e l'abbondanza. Inoltre, non potendo vantare documenti di possesso legali, la violenza diventa lo strumento cardine della sottomissione, violenza che non ha nessun tipo di limite, al contrario della schiavitù del passato, un lavoratore ribelle può tranquillamente essere ucciso per dare l'esempio a tutti gli altri, si tratterà solo di ricomprarne un altro. Tutto questo è reso ancora più evidente dalla maggiore resa degli schiavi moderni rispetto ai loro antenati, i proprietari terrieri del sud degli Stati Uniti ricavavano dai loro schiavi un profitto del 5% annuo, in India i lavoratori vincolati da debito forniscono ai loro padroni un profitto annuo di oltre il 50% (Bales, I nuovi schiavi,1999: 22). Questo alto profitto è dato dal basso investimento iniziale e dall'alta quantità di lavoro che si riesce a strappare ai lavoratori, e nel caso dell'India stiamo parlando principalmente di lavoratori agricoli, settore che non è molto remunerativo soprattutto su bassa scala, per i lavoratori impiegati nella manifattura o nell'industria del sesso i profitti sono ancora maggiori. Con queste cifre si può capire bene il motivo per cui la schiavitù è tuttora così diffusa nel mondo, e anche il motivo della sua durata limitata nel tempo. Il profitto così alto fa si che l'investimento iniziale del padrone venga ripagato subito, e per questo il padrone cerca di estorcere allo schiavo quanto più lavoro possibile nel minor tempo possibile, senza curarsi della sua salute e della qualità della sua vita, perché una volta inutilizzabile lo scarterà per prendersene un altro. Per usare le parole di Kevin Bales possiamo parlare di “merce umana” e più specificatamente di “merce usa e getta”. La schiavitù nell'era globale è una schiavitù di breve periodo, temporanea. In passato, uno schiavo era schiavo per tutta la vita, per gli schiavi moderni invece si passa dalla libertà alla schiavitù a seconda delle situazioni che si presentano nella vita, basta una malattia, un periodo di disoccupazione o un funerale da pagare, accettare un prestito dalla persona sbagliata e si rimane intrappolati in un lavoro forzato e non pagato. Il periodo può essere di dieci anni o di qualche mese, dipende da quanto regge il fisico, una volta ammalato o infortunato, incapace di lavorare si ritorna liberi. L'esempio riportato da Bales è molto esplicativo:

“Questa forma di contratto fondato sul debito è estremamente redditizia. Una ragazza dai dodici ai

quindici anni può essere pagata dagli ottocento ai duemila dollari e i costi di gestione di un bordello sono davvero bassi. Il profitto annuo arriva spesso all'800%. Una ragazza può garantire una resa di questo tipo per non più di quattro,cinque anni. Dopodiché se si ammala o se è sieropositiva la si scarica” (Bales, I nuovi schiavi,1999: 23)

Con il passaggio dalla vecchia alla nuova schiavitù si è persa quella discriminante che in passato segnava la divisione tra schiavi e uomini liberi: la “differenza razziale”. La schiavitù tradizionale si basava fortemente su una divisione degli uomini in base al colore della pelle e da questa

Figura

Illustrazione 1: Missione di Santa Rosa (Cuevo)

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