TRA TERRA E “LIBERTÀ”
4.1) Introduzione
La conquista dei territori Guaranì, la cordilliera e il Chaco boliviano, non è stata fatta con le spedizioni militari, la strategia più efficacie si è rivelata essere quella intrapresa dagli allevatori di bestiame che, con le loro vacche, lentamente nel corso di due secoli, sono riusciti a strappare la terra alle comunità, e con inganni e trappole sono riusciti ad ottenerne il possesso legale dopo la guerra del Chaco e sopratutto dopo la riforma agraria. Gli stessi allevatori hanno instaurato un sistema di dipendenza tra le comunità Guaranì e le haciendas, le leggi coloniali, come quella del ponguaje abolita solo nel 1952, che obbligava gli indigeni ad prestare lavoro gratuito ai coloni, hanno permesso l'instaurarsi di rapporti di tipo feudale tra lavoratori e proprietari che sono arrivati fino ai giorni nostri.
Ex casa patronale, trasformata in scuola dopo l'acquisto della terra e la liberazione della comunità (Karatindi)
4.2) L'ascesa delle Haciendas.
Il territorio Guaranì, dagli spagnoli, è sempre stato messo in secondo piano nelle loro priorità, e fu considerato solo in funzione delle grandi miniere delle Ande. Il Chaco per i colonizzatori era solo un territorio inospitale in cui vivevano selvaggi mangiatori di uomini. Solo con la fondazione di Santa Cruz, nel 1561, la colonia iniziò a trovare interessanti questi luoghi che potevano servire come una veloce via di comunicazione e di scambio con l'Argentina e potevano essere utilizzati per crescere quei bovini da cui ricavare la carne da far mangiare ai minatori.
Le haciendas si svilupparono proprio per soddisfare quest'ultima esigenza, e dai d'intorni di Santa Cruz si spinsero sempre più a sud, alla ricerca di terre e di acqua, scontrandosi con le popolazioni indigene: primi fra tutti i Guaranì. Come abbiamo già accennato, la penetrazione europea in queste terre fu opera di questi pionieri, allevatori di bestiame, che con le loro vacche distruggevano i raccolti dei Guaranì costringendoli ad abbandonarli.
Alla fine del 1600 le haciendas si concentravano principalmente intorno a Santa Cruz, erano utilizzate per la coltivazione di mais, yuca, canna da zucchero, ecc. Le terre venivano occupate senza una legge che ne regolasse la distribuzione, spesso da cittadini poveri di Potosi o di La plata che non erano riusciti ad inserirsi in quelle città, per questo emigravano nelle terre basse con qualche vacca e si insediavano in un terreno “libero” impiantandovi piccole fattorie, spesso, a conduzione familiare. La assenza di una legge specifica fece scoppiare molti scontri tra i vari “aspiranti proprietari” che si contendevano le terre e le risorse di acqua. Tutto questo avvenne anche intorno alle città di Chargua e di Tomina dove nacquero insediamenti spontanei e inizialmente molto poveri. I Guaranì e la cordillera si trovarono accerchiati da ogni lato: gli agricoltori di Santa Cruz al nord, quelli di Tomina ad ovest, e quelli di Charagua a sud. L'unica via di fuga erano le pianure del Chaco, in questo periodo le comunità cercarono di difendersi attaccando e distruggendo le haciendas e impedendone lo sviluppo con razzie, rapimenti e attacchi ai convogli che trasportavano le merci. Ma l'introduzione del bestiame nel 1700 si dimostrò un flagello per l'economia Guaranì, le vacche influenzarono enormemente l'ecologia della cordillera, distruggevano i raccolti e costrinsero molte comunità ad abbandonare la propria terra. Durante il 1700 le Haciendas spostarono la loro economia dall'agricoltura all'allevamento, e questo gli permise di addentrarsi sempre più nei territori Guaranì della Cordillera.
“ Il secolo XVIII rappresentò il tempo decisivo per l'espansione degli allevamenti fino alla Cordillera. La colonizzazione con le vacche fu il metodo più efficace per intimorire i Guaranì, che si vedevano obbligati a retrocedere nei loro domini territoriali.”
Nel 1800, le haciendas, continuarono ad avanzare all'interno della cordillera, con l'appoggio dei nuovi villaggi, delle caserme militari, delle missioni religiose e della neonata repubblica Boliviana che cercava di unificare il proprio territorio,
La cordillera centrale venne a poco a poco riempita di vacche, ma il furto di terre più importante avvenne dopo la guerra del 1874 -75 che si dimostrò un vero disastro per i Guarnì, i quali persero molte terre fertili che dovevano essere spartite tra gli allevatori che avevano partecipato alla guerra. (vedremo in seguito che non andò così). Anche le missioni, che fino al secolo prima avevano cercato di contrastare l'avanzata degli allevatori, in questo periodo lasciarono i Guaranì senza appoggio e quando non si schierarono dalla parte delle haciendas rimasero imparziali.
“Nel settore Pilcomayo-sud, la hacienda sfrattò, in maniera sistematica, i gruppi Guaranì dalle proprie terre, costringendoli a rifugiarsi nelle missioni. Lo stesso era successo a Itaù, tra il 1835-45. L'arrivo alle rive del Pilcomayo, nel 1843, del generale Magarinos, con il pretesto di -colonizzare le vaste savane di Caisa e navigare il Pilcomayo- Fu l'occasione propizia per far sentire i Karai della regione più forti per strappare le terre Guaranì. Magarinos fomentò, inoltre lo sfruttamento del legname al fine di navigazione, fino al punto che, in pochi anni le terre della regione si trasformarono in deserti inospitali. Nel settore della cordillera occidentale, tra il 1830 e il 1840 un gruppo di allevatori espulse dalle proprie terre i comunitari di Nankaguasu e occupò le loro terre coltivate.” ( Pifarré, Historia de un pueblo.1989: 318)
Solo nel 1895 vennero introdotte nella regione 17000 capi di bestiame la maggior parte contrabbandate dall'Argentina, questo provocò una serie di disastri ecologici che trasformarono definitivamente la cordillera:
• L'allevamento si impose come modo di produzione dominante e quasi esclusivo.
• I pascoli naturali si esaurirono rapidamente, determinando una cronica crisi di mangime che persiste ancora oggi.
• Il modello dalla haciendas cancellò completamente lo stile di produzione Guaranì principalmente agricolo e per tradizione maggiormente adatto alle condizioni ecologiche delle regione.
Inoltre in questo periodo si assistette ad una trasformazione delle haciendas, i piccoli proprietari vennero sconfitti dai grandi latifondisti, la legge che prevedeva la ripartizione delle terre tra coloro che avevano combattuto nel 1874 venne applicata solo in funzione della grandi haciendas. Così i piccoli proprietari che avevano rischiato la vita combattendo contro i Guaranì si videro portare via le terre, per cui molti di loro erano morti, dai grandi proprietari terrieri di Santa Cruz, i piccoli
allevatori finirono, proprio come i Guaranì, per rimanere senza terra e molti furono costretti alla migrazione.
Le haciendas latifondiste ebbero un breve periodo di benessere, ma poi i disastri ecologici e la mancata innovazione, finirono per spezzare lo sviluppo della regione, la mano d'opera emigrava in altre regioni o in Argentina e i terreni diventavano sempre più poveri.
La consolidazione della presenza delle haciendas fino al centro della cordillera avvenne dopo la battaglia di Kukuyuki del 1892, in questo periodo si assistette ad un vero e proprio boom economico, che però, per i motivi appena detti, durò per pochi anni.
Il periodo d'oro delle haciendas iniziò contemporaneamente al declino del settore minerario boliviano. Se negli anni passati la carne allevata nelle terre basse prendeva la strada delle Ande, all'inizio del '900, gli allevatori del Chaco si arricchirono esportando i loro prodotti nel nord dell'Argentina dove le nuove città di Formosa, Salta e Jujuy fecero crescere notevolmente la domanda di carne. Gli allevatori poterono così aumentare i loro capi di bestiame grazie all'abbattimento dei costi di trasporto, e al contrabbando con l'Argentina.
Dall'Argentina venivano contrabbandati i vitelli per farli crescere e riprodurre nelle haciendas boliviane, dopo di che venivano rivenduti in Argentina. In questo circolo economico gli allevatori boliviani potevano aumentare le proprie mandrie e i macellatori argentini potevano comprare bestiame a poco prezzo. In poche parole l'economia della regione dipendeva completamente della esportazioni verso l'Argentina, e quando quest'ultima, all'inizio degli anni '20, cominciò a diminuire le importazioni il contraccolpo per molte haciendas boliviane fu fatale.
“Nella provincia di Hernando Siles, per esempio, dal 1920 al 1927 ci fu - una diminuzione di più della metà nella quantità di bestiame esportato-” ( Pifarré, Historia de un pueblo.1989: 411)
Le haciendas del Chaco entrarono in una crisi che è perdurata fino ai giorni nostri, da questa situazione ne uscirono vincitori ancora una volta i latifondisti che si accaparrarono le haciendas fallite e grazie alle loro influenze politiche riuscirono a mettere le mani sui finanziamenti stanziati dal governo dopo la riforma agraria del '53 e solo grazie a questi salvarono le proprie terre. Le cause di questa crisi si possono ritrovare nel modo di produzione degli allevatori boliviani, che consisteva, e consiste tutt'oggi, semplicemente nel lasciare libere le vacche facendoli mangiare tutto quello che incontrano, questo sistema crea una crisi ecologica in quanto la troppa pressione sui pascoli ne impedisce la rigenerazione, e porta anche ad una alta mortalità tra le vacche che essendo libere sono più esposte a malattie e incidenti.
nell'ambiente naturale (Boschi e prati) senza un attenzione ai mangimi, alla vegetazione naturale e alla stessa mandria, inoltre con un basso livello tecnologico e igienico-sanitario.”
(CIPCA, Saneamiento de la tierra en seis regiones de Bolivia. 2008: 100)
A questo si deve aggiungere il fatto che sia gli incentivi governativi, che i guadagni dei primi anni del '900, non sono stati usati per finanziare un investimento nel settore, creando infrastrutture e formando personale specializzato.
Le haciendas sono sopravvissute grazie all'utilizzo della mono d'opera Guaranì non pagata e grazie ai finanziamenti statali. Queste imprese appartengono alle famiglie più ricche della Bolivia per le quali la hacienda rappresenta solo una attività secondaria nei loro affari. Spesso vengono mantenute solo per mere ragioni di prestigio, in molti casi i proprietari abitano a Santa Cruz e si rifiutano di passare del tempo nel Chaco, considerato un luogo per soli contadini. Così queste fattorie vengono mandate avanti dai Guaranì che vi lavorano, spesso, comandati da uno dei figli, di solito il meno promettente, del proprietario. Il sistema produttivo è comunque restato lo stesso: inefficiente e distruttivo per l'ambiente. La hacienda, e più in generale il possesso della terra, è per queste famiglie un simbolo di prestigio sociale e di potere, per questo motivo continuano a sopravvivere anche se sono improduttive o addirittura in perdita.
“Gli allevamenti di bestiame non riuscirono ad instaurare imprese capaci di investire, crescere e migliorare le tecnologie i pochi casi di sviluppo imprenditoriale non hanno durato per molto tempo”
(CIPCA, Saneamiento de la tierra en seis regiones de Bolivia. 2008: 94)
Alla fine degli anni '90 la situazione della distribuzione della terra era piuttosto drammatica per le comunità Guaranì:
“Nel caso della provincia Cordillera, circa il 90% della terra si trovava in mano di privati e agli indigeni e contadini restava solo il 6%”
(CIPCA, Saneamiento de la tierra en seis regiones de Bolivia. 2008: 96)
Lo spirito della conquista, quello di occupare la terra e poi col tempo renderla produttiva, vive ancora oggi nel Chaco boliviano. Ai latifondisti di Santa Cruz non interessa rendere produttiva la loro terra quello che importa per loro è il solo fatto di possederla, di averne la proprietà legale. Questo serve per mantenere i rapporti di forza, avere la terra significa avere il potere, se i Karai possiedono la terra non possono possederla i Guaranì e se questi non la possiedono allora sono costretti a lavorare per i Karai, che sia come peones nelle haciendas nel Chaco, come tagliatori di canna da zucchero a Santa Cruz o in Argentina, o come raccoglitori di gomma nell'Amazzonia.
Alla fine di questo lungo processo si sono affermate quattro tipi di Haciendas. Che sono state individuate da una ricerca svolta dalla Defensoría del Pueblo, dal ministero di giustizia e dal consiglio delle Capitanie di Chuquisaca – CCCH (2005) Di questi solo due usano mano d'opera non pagata:
• Haciendas che si reggono esclusivamente sul lavoro non remunerato dei Guaranì.
• Haciendas che che utilizzano il lavoro di Guaranì non remunerati, e di lavoratori contadini stagionali.
(Equipo técnico del Programa “Fomento del Diálogo Intercultural en el Chaco Boliviano, Servicio Alemán de Cooperación Social Técnica – DED, Familias guaraní empatronadas - análisis de la conflictividad. 2008: 8)
4.3) La formazione delle comunidades cautivas
Fu alla fine del 1700 che i coloni spagnoli iniziarono a far lavorare gli indigeni nelle loro haciendas.
In questo periodo i patrones consideravano i Guaranì come parte della loro proprietà, molte comunità furono letteralmente comprate come un accessorio della terra in vendita. I proprietari li obbligavano a scegliere tra lasciare la loro terra o rimanere e lavorare per lui. In questo periodo la relativa abbondanza di mano d'opera e i pochi allevatori presenti sul territorio permettevano ai patrones di trattare i loro peones alla stregua di animali da lavoro. Nelle haciendas si usavano punizioni corporali, il cibo per i contadini consisteva negli avanzi lasciati dal padrone e dalla sua famiglia, i Guaranì erano trattati con disprezzo e il razzismo regolava tutti i rapporti all'interno della haciendas.
La situazione cambiò leggermente dopo la guerra del Chaco e dopo la riforma agraria. Infatti in questo periodo aumentarono gli allevatori: per effetto della riforma molti ex contadini della regione Andina si spostarono nelle terre basse e ottennero concessioni di terra. E inoltre diminuirono i lavoratori: la febbre gialla uccise molti Guaranì e la crescita della coltivazione della canna da zucchero nel Nord dell'Argentina richiamò molti peones che emigrarono in cerca di migliori condizioni di lavoro.
Le haciendas quindi dovevano contendersi la poca mano d'opera rimasta e cercarono di attirare i lavoratori promettendo cibo migliore, vestiti migliori ecc... Un altro “vantaggio” per i Guaranì si dimostrò essere quello di poter cambiare patron qualora si fossero trovati male in una haciendas,
potevano scappare in un altra a patto che il nuovo patron ripagasse il debito contratto con il precedente. Nonostante questi minimi miglioramenti la situazione delle famiglie schiave era comunque drammatica, anche dopo la riforma i rapporti tra lavoratori e padroni erano quelli tipici di un sistema feudale fondato sul razzismo. Con la riforma i karai si appropriarono delle terre migliori e i Guaranì si trovarono di fronte poche scelte.
Le risposte delle diverse comunità di fronte a alla avanzata dei Karai furono principalmente di 3 tipi.
4.3.1) Le comunidades cautivas
Come abbiamo visto il legame tra i Guaranì e la loro terra è molto forte, un vincolo sacro: la terra della comunità e della propria casa è il luogo dove si trovano gli ossi degli antenati, e dove le madri seppelliscono il cordone ombelicale dei propri figli. Lasciare quella terra significa per loro condannare gli spiriti dei loro morti alla dannazione.
“ Prima come seppellivate i morti ?
Venivano sepolti dentro la casa di famiglia. Gli antichi dicevano che se si seppelliscono lontano vengono rapiti da Anaguasu ( lo spirito del male).” ( Acebey, Quereimba. 1992: 207)
Inoltre lasciare la propria terra significava anche lasciare una parte di quelle conoscenze che si erano accumulate negli anni, come la conoscenza delle erbe medicinali, del ciclo delle stagioni, dei luoghi migliori per cacciare, per pescare, per raccogliere le piante o per seminare. C'è anche da dire che ormai le terre fertili disponibili erano molto poche e quelle rimaste o si trovavano in luoghi inaccessibili o erano comunque minacciate dalle haciendas confinanti.
Per questi motivi molte comunità decisero di rimanere nelle terre delle haciendas diventando quelle che oggi vengono chiamate Comunidades cautivas. Scelsero di lavorare per il Karai in condizioni di schiavitù a patto di poter vivere secondo la loro cultura. Infatti per il patron l'importante era che i suoi peones lavorassero dalla mattina alla sera, poi una volta tornati nelle loro case, per lui era indifferente se parlavano Guaranì o Castigliano se pregavano Gesù o gli spiriti del bosco. Come ci spiega Chumiray fu stabilito una specie di “patto di pace”:
“Per questa specie di “patto di pacificazione” il dominatore dovette accettare di nascosto, la egemonia culturale e religiosa del modo di essere Guaranì dentro la hacienda. E in cambio i
Guaranì riconoscevano il Patron come proprietario della terra della comunità, denominandola hacienda e legittimandolo davanti alla società creola e meticcia e allo stato, accettando a sua volta la propria situazione di schiavo a vita in cambio di legittimare in suo favore gli elementi culturali Guaranì come norma di vita dentro la hacienda.”
(Chumiray, apuntes para la historia del pueblo Guaranì' de Bolivia. 2005 : 13)
4.3.2) La migrazione o le comunità libere
Un'altra opportunità rimasta era quella della migrazione verso Santa Cruz o verso l'Argentina. Per alcuni Guaranì la migrazione era solo temporanea durante il periodo del taglio della canna da zucchero, (Zafra) ma per molti altri divenne definitiva. Anche in questi luoghi lo sfruttamento era ed è tutt'oggi la regola, il sistema del debito viene usato per ingannare i lavoratori e alla fine rimandarli a casa più poveri di prima.
“ i comunitari vanno alla zafra (taglio della canna da zucchero) di Santa Cruz restano la a lavorare per circa sei mesi e tornano senza niente. La zafra è solamente per mangiare un po'. Ora la maggioranza degli abitanti di questa comunità sono andati, e hanno lasciato le loro case abbandonate. Quando torneranno, non avranno neanche una gallina, perderanno anche la casa.”
( Valeriana Arumbari, intervista in Acebey, Quereimba. 1992: 264)
Inoltre il fenomeno migratorio è uno dei pericoli più evidenti per la sopravvivenza della cultura Guaranì, molti giovani sono attratti dalle promesse di soldi fatte dagli intermediari e si lasciano convincere a partire. La partenza dei giovani provoca squilibri nelle comunità e gli emigrati con il tempo passato lontano dalla comunità rischiano di perdere degli elementi fondamentali della loro cultura.
L'ultima opportunità di sopravvivenza è la vita nelle comunità libere, che inizialmente, nei primi anni del '900 si trovavano in zone remote e inaccessibili della regione, la vita in queste comunità è molto difficile per la cronica mancanza di terra e di altre risorse. Anche queste sono continuamente minacciate dai proprietari terrieri vicini e dalle imprese petrolifere che dopo la scoperta di gas e petrolio nella regione si stanno dando da fare per ottenere concessioni.
4.3.3) Quanti schiavi oggi?
La situazione di oggi e molto migliorata, come abbiamo già visto il popolo Guaranì si è dato una organizzazione che è diventata molto forte anche a livello nazionale, durante gli anni '90 la stessa APG con l'aiuto della chiesa è riuscita a liberare molte comunità schiave attraverso l'acquisto della terra, che descriveremo in seguito, passi importanti sono stati fatti a livello di salute e di educazione. Ma la situazione in alcune zone è ancora molto grave, molte famiglie vivono ancora in stato di schiavitù, in situazioni di isolamento e di forte negazione dei propri diritti.
Alla fine degli anni '70 Albo ci presenta questi numeri:
“Possiamo arrivare a stimare che la popolazione totale dentro le haciendas è tra un minimo di 4000 e un massimo di 6000 persone. Di questi la popolazione di origine Guaranì costituiscono più di un terzo (68%) del totale del personale permanente []. Queste cifre stimate indicano che tra il 12% e il 18% della popolazione totale Guaranì dell'area rurale della provincia cordillera al sud del rio Grande vive nelle Haciendas. La proporzione aumenta se si includono le varie migliaia di Guaranì concentrati nelle provincie di Hernando Siles e Luis Calvo di Chuquisaca, molti dei quali vivono nelle haciendas.” ( Albo, La comunità Hoy. 1990 : 278)
I numeri che ci forniscono studi più recenti non sono molto diversi: “Numero di famiglie schiave per dipartimento e municipio.
Dipartimento Municipio N° di Famiglie schiave
Santa Cruz Lagunillas 96
Santa Cruz Cuevo 353
Chuquisaca Huacareta 500
Chuquisaca Muyupampa 100
Total 1049
Fonte: Plan Interministerial Transitorio.”
(Equipo técnico del Programa “Fomento del Diálogo Intercultural en el Chaco Boliviano,
Servicio Alemán de Cooperación Social Técnica – DED, Familias guaraní empatronadas - análisis de la conflictividad. 2008: 9)
L'organizzazione internazionale del lavoro in uno suo rapporto sulla Bolivia (Bhavna Sharma, Anti- Slavery international.Contemporary form of slavery in Bolivia. 2006: 11) stima in 7000 il numero di Guaranì schiavi nelle haciendas.
4.4) Il mercato degli Schiavi.
I proprietari delle Haciendas avevano diversi modi per ottenere Guaranì da utilizzare come schiavi. Durante il periodo della conquista, dal 1700 fino alla battaglia di Kuruyuki, gli schiavi venivano catturati durante le guerre. I prigionieri di guerra venivano divisi tra gli allevatori che avevano partecipato alle battaglie, e una volta che i guerrieri Guaranì venivano sconfitti, i soldati passavano dalle comunità e si portavano via donne e bambini, che venivano in seguito rivenduti. Gli episodi più importanti avvennero dopo al guerra del 1874:
“ Le donne e i bambini dei Guaranì vennero ripartiti come bottino di guerra tra i soldati”