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IL RIESAME DELLE MISURE CAUTELARI ALLA LUCE DELLE RECENTI NOVITA' INTRODOTTE DALLA LEGGE N. 47/2015

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INDICE

Introduzione ... I

Capitolo I - Profili generali delle misure restrittive della libertá personale, anche alla luce della l. 47/2015

1. Premessa... 4

2. Le misure cautelari: principi e disciplina in materia di libertà personale .... 6

3. Procedimento applicativo ed esecutivo delle misure cautelari ... 15

4. L’esercizio della funzione difensiva attraverso il contraddittorio con la parte avversa: l’interrogatorio “di garanzia” ... 22

5. Vicende successive all’applicazione: in particolare, la revoca delle misure cautelari ed i suoi rapporti con il riesame ... 31

6. Cenni sulle impugnazioni in materia cautelare ... 36

Capitolo II - Il riesame: natura ed ambito di applicazione 1. Inquadramento storico – sistematico dell’istituto del riesame ... 51

1.1. Il giudice del riesame: il tribunale “della libertà” ... 56

2. La natura giuridica del procedimento di riesame ... 73

3. L’ambito oggettivo del riesame ... 86

3.1. I provvedimenti cautelari personali impugnabili ... 86

3.2. I provvedimenti cautelari reali impugnabili... 92

4. Legittimazione ed interesse ad impugnare: a) in materia cautelare personale ... 99

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Capitolo III - Il procedimento di riesame

1. L’atto introduttivo del procedimento: forma, contenuto, modalità e

termine di presentazione ... 122

2. Formalità preparatorie: avviso all’autorità giudiziaria procedente dell’avvenuta presentazione dell’istanza, trasmissione degli atti al giudice del riesame e loro acquisizione al procedimento ... 129

3. Fissazione della data dell’udienza e relativo avviso ai soggetti legittimati a comparire: l’instaurazione del contraddittorio ... 142

4. Lo svolgimento dell’udienza secondo le forme dell’art. 127 c.p.p... 155

4.1. La partecipazione delle parti all’udienza camerale: si rafforza il diritto dell’imputato a presenziare ... 161

4.2. Il legittimo impedimento a comparire dell’imputato e il diritto al differimento dell’udienza ... 172

4.3. Il diritto alla prova: nuovi motivi ed elementi addotti dalle parti nel corso dell’udienza ... 177

4.3.1. Segue: nuovi elementi ed indagini difensive ... 181

4.4. I poteri istruttori del tribunale del riesame ... 186

Capitolo IV - La decisione del riesame 1. La cognizione del Tribunale del riesame... 192

1.1. Sfera di controllo sulle misure cautelari coercitive ... 192

1.1.1. Il sindacato sui gravi indizi di colpevolezza... 194

1.1.2. Il sindacato sulle esigenze cautelari ... 201

1.2. Sfera di controllo sulle misure cautelari reali ... 210

1.3. Limiti alla cognizione del tribunale del riesame: osmosi tra cautela e merito ... 217

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1.3.1. Segue: i gravi indizi nel giudizio immediato “custodiale”... 221

1.4. Altri poteri del tribunale del riesame ... 223

1.4.1. Il sindacato sulla qualifica giuridica del fatto-reato ... 223

1.4.2. Il sindacato sulla competenza del giudice a quo ... 227

2. Le decisioni del Tribunale del riesame ... 233

2.1. Natura del termine per la decisione e inefficacia sopravvenuta della misura per inosservanza del termine ... 234

2.2. Pronuncia di inammissibilità della richiesta di riesame ... 245

2.3. Il riesame della legittimità del provvedimento: l’annullamento .. 248

2.4. Il riesame del merito del provvedimento ... 256

2.4.1. Conferma del provvedimento impugnato ed effetto integrativo della motivazione ... 261

2.4.2. Riforma del provvedimento impugnato ... 272

3. Effetti della decisione sul riesame: il “giudicato cautelare” ... 276

3.1. Segue: l’effetto estensivo ... 279

4. Vicende successive alla decisione finale ... 281

4.1. Impugnabilità dell’ordinanza di riesame: l’intervento della Corte di Cassazione ... 281

4.2. Rinvio al giudice del riesame a seguito di annullamento della Corte di legittimità ... 283

4.3. Esecutività dell’ordinanza cautelare ripristinata in sede di rinvio: cenni ... 287

Conclusioni ... 289

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I

INTRODUZIONE

L’importanza che la materia della libertà personale riveste all’interno della società civile ed in particolare in rapporto al processo penale, tanto da formare oggetto di un’ampia ed articolata tutela a livello costituzionale, ove è qualificata come diritto inviolabile (art. 13 Cost.), nonché a livello internazionale (artt. 5 e 6, n. 2, Convenzione europea dei diritti dell’uomo e artt. 9 e 14, n. 2, Patto internazionale sui diritti civili e politici), non può essere sottaciuta. Tale considerazione preliminare impone, pertanto, di fissare rigorosamente le condizioni per una sua restrizione durante l’iter procedimentale, tenuto conto della presenza della presunzione di non colpevolezza (art. 27 Cost.) che accompagna il soggetto fino alla sentenza definitiva di condanna. Partendo dall’esame delle misure cautelari, sia personali che reali – in quanto anche la restrizione/sottrazione delle cose costituisce un limite alla libertà delle persone –, e dei presupposti in presenza dei quali soltanto l’ordinamento ammette una limitazione della libertà personale (artt. 273 e 274 c.p.p.), il presente elaborato passerà ad analizzare le garanzie apprestate al soggetto destinatario del provvedimento cautelare ai fini dell’esplicazione del diritto di difesa (art. 24 Cost.).

Con l’evolversi dei sistemi processuali penali verso schemi sempre più accusatori, la preoccupazione di giustificare la restrizione della libertà

ante iudicatum e di apportare particolari garanzie nei confronti del

soggetto sottopostovi è divenuta via via più pressante, anche in considerazione del fatto per cui la misura cautelare è disposta come “atto a sorpresa”, senza la possibilità per la parte di contraddire sul punto e far valere le proprie ragioni. A fronte di ciò e nel senso di

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II

garantire un contraddittorio posticipato, il sistema cautelare ha visto la presenza dell’interrogatorio di garanzia (art. 294 c.p.p.) quale condizione necessaria ai fini della valida applicazione di una qualsiasi misura cautelare e, pertanto, adempimento obbligatorio per il giudice che ha emanato il provvedimento restrittivo: si tratta di un presidio ineludibile del diritto di difesa dell’indiziato rivolto a chiarire la sussistenza e la permanenza dei presupposti fondanti il provvedimento medesimo e che potrà eventualmente condurre alla revoca ovvero alla sostituzione della misura (art. 299 c.p.p.).

Tuttavia, dopo aver esaminato in linea generale gli strumenti impugnatori predisposti dal legislatore avverso i provvedimenti dispositivi di misure cautelari, tale elaborato si concentrerà maggiormente sull’istituto del riesame (art. 309 c.p.p.). Introdotto nei primi anni ’80, si tratta di uno strumento di controllo ispirato ad un’impronta di matrice garantista, giacché si prevede una tempestiva riesaminabilità, anche nel merito, del provvedimento che dispone la misura cautelare da parte di un organo ad hoc in posizione di terzietà, denominato nella prassi “Tribunale della libertà” (direttiva n. 59 della legge 16 febbraio 1987, n. 81). Si partirà dall’analisi storico-sistematica del riesame e dalla determinazione della sua qualificazione giuridica per poi delineare l’ambito di applicazione di tale rimedio e dei soggetti legittimati a proporre il ricorso avverso il provvedimento cautelare dinanzi al giudice dell’impugnazione, nel rispetto di forme, modalità e termini previsti dalla legge.

Il presente lavoro analizzerà, poi, più dettagliatamente il profilo dinamico e procedimentale del riesame, con l’esame delle molteplici novità introdotte dalla legge n. 47 del 2015 che hanno comportato un rafforzamento delle garanzie difensive, dapprima prevedendo la possibilità per l’imputato che ne abbia fatto richiesta di comparire personalmente all’udienza di trattazione del riesame (art. 309, commi

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III

6 e 8 bis, c.p.p.), nonché di chiedere un differimento della stessa (art. 309, co. 9 bis, c.p.p.) e, successivamente, rafforzando i poteri di controllo del Tribunale collegiale sulla motivazione del provvedimento.

Invero, si può affermare che l’elemento centrale attorno al quale si articola la riforma può essere ricondotto al rinforzato onere della motivazione sia del provvedimento cautelare genetico, sia del momento di controllo su quel provvedimento: sotto il primo profilo, infatti, si è previsto che la struttura dell’ordinanza cautelare contenga tutti gli elementi che ne costituiscono il presupposto (artt. 272 – 291 c.p.p.), i quali dovranno essere oggetto di autonoma valutazione da parte del giudice (art. 292, lett. c) e c-bis), c.p.p.) e trovare riscontro nella motivazione dell’ordinanza medesima. Qui si inserisce uno degli aspetti più significativi della rimodulazione del giudizio di riesame, ossia quello che attribuisce al Tribunale della libertà il potere di annullare – e non integrare – l’ordinanza cautelare che manchi della motivazione o dell’autonoma valutazione dei presupposti legittimanti l’adozione della cautela, nonché degli elementi addotti dalla difesa (art. 309, co. 9, c.p.p.).

Nell’ultima parte dell’elaborato, infine, saranno esaminate anche le altre alternative decisorie che definiscono la procedura de qua.

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4 CAPITOLO I

PROFILI GENERALI DELLE MISURE RESTRITTIVE DELLA LIBERTÁ PERSONALE, ANCHE ALLA LUCE DELLA L. 47/2015

1. Premessa. 2. Le misure cautelari: principi e disciplina in materia di libertà personale. 3. Procedimento applicativo ed esecutivo delle misure cautelari. 4. L’esercizio della funzione difensiva attraverso il contraddittorio con la parte avversa: l’interrogatorio “di garanzia”. 5. Vicende successive all’applicazione: in particolare, la revoca delle misure cautelari ed i suoi rapporti con il riesame. 6. Cenni sulle impugnazioni in materia cautelare.

1. Premessa

Una delle conquiste giuridiche più significative del secolo scorso è stata la raggiunta consapevolezza del valore rappresentato dalla persona umana e della necessità di qualificare l’ordinamento giuridico attraverso l’individuazione e la tutela dei diritti fondamentali ad essa riconducibili. Tra questi assume una posizione primaria il diritto alla libertà personale che, atteso il carattere peculiare e primordiale dell’interesse che vi è garantito, si configura come presupposto di tutti gli altri diritti di libertà, in quanto logicamente li precede e li condiziona a livello operativo, rendendone possibile la piena esplicazione1. Esso viene riconosciuto e riceve garanzie a livello sia costituzionale che sovranazionale, tanto che la sua limitazione

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durante lo svolgimento del procedimento penale – prima della definizione di quest’ultimo con sentenza irrevocabile – risulta essere incompatibile con un sistema costituzionalmente orientato, basato sul riconoscimento assoluto del bene libertà personale (art. 13, co. 2, Cost.) ed ispirato dalla presunzione di non colpevolezza (art. 27, co. 2, Cost.).

Di fronte al riconoscimento dei diritti di libertà l’autorità dello Stato vede circoscritta la propria capacità di interferenza nei riguardi dei titolari dei diritti stessi, essendo tenuta a rispettarne e tutelarne l’esercizio. Ciò significa che ogni individuo, in quanto titolare di un diritto di libertà, può pretenderne ed esigerne il rispetto da parte delle pubbliche autorità. I due profili, libertà individuale e autorità dello Stato, vanno valutati in un’ottica di confronto ed interrelazione in quanto l’autorità è al servizio della libertà e perde la posizione antitetica rispetto all’individuo, anche quando rivolge attenzione alla sicurezza quale profilo connaturato alla globale e generale evoluzione della persona2.

Questa impostazione personalistica è espressa dalla Costituzione nell’ art. 2, considerato il “raccoglitore” dei diritti non specificatamente contemplati, frutto degli inevitabili sviluppi culturali, politici e sociali3, in quanto garantisce i diritti non tradotti in modo specifico in altre norme costituzionali, tanto da assumere il ruolo di pilastro dell’ordinamento giuridico a cui devono richiamarsi tutti i diritti inviolabili dell’uomo. Tale disposizione individua nella persona il valore-base dell’ordinamento e consacra come fine ultimo dello Stato la massima tutela degli individui, sia come singoli che nelle formazioni sociali ove si esprime la loro personalità. Da questo punto di vista, il

2

A. DE CARO, Libertà personale e sistema processuale penale, Napoli, 2000, 168. 3

Così, AA.VV., La procedura penale, a cura di Riccio, Spangher, Napoli, 2002, 208; v. anche A. DE CARO, op. cit., 176.

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concetto di libertà personale supera il riferimento alla libertà dagli arresti, comprendendo sia la libertà fisica che la libertà morale, aspetti entrambi essenziali alla personalità dell’individuo. Inoltre, la stessa disposizione impone che i limiti posti alla libertà personale trovino legittimazione nell’adempimento di doveri inderogabili di solidarietà sociale, politica ed economica che lo Stato richiede ai suoi cittadini, in quanto costituiscono gli ambiti selezionati di possibile riduzione della valenza del bene nell’ottica del pieno sviluppo della personalità dell’individuo4.

Proprio la Carta costituzionale rappresenta il punto di partenza per l’analisi del procedimento cautelare e la sede ove sono tracciate le linee fondamentali del modello di procedimento che guideranno il legislatore in quelle situazioni in cui bisogna incidere sulla libertà personale, di circolazione e di disposizione di beni mobili ed immobili.

2. Le misure cautelari: principi e disciplina in materia di libertà personale

Il nuovo codice di procedura penale, entrato in vigore nel 1989, ha costruito – nel suo Libro IV – un sistema cautelare il più possibile aderente al modello delineato dall’art. 13 Cost. a cominciare dalla premessa per cui la libertà è la regola, mentre le misure dirette a limitarla sono l’eccezione che si configura nel corso dello svolgimento processuale5. Questo vale per l’imputato, ma anche per la persona sottoposta alle indagini preliminari (che è equiparata al primo in forza dell’art. 61 c.p.p.) fin dalla fase degli atti della polizia giudiziaria.

4 A. DE CARO, Presupposti e criteri applicativi, in AA.VV., Trattato di procedura penale, diretto da G. Spangher, vol. II, Prove e misure cautelari, tomo II, Le misure cautelari, a cura di A. Scalfati, 2008, 13.

5

V. GREVI, La libertà personale dell’imputato verso il nuovo processo penale, Padova, 1989, 263.

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7

L’art. 13 Cost. si apre con l’affermazione dell’inviolabilità della libertà personale che non rappresenta soltanto un’affermazione di principio, ma ha anche un significato normativo. Innanzitutto, definisce la regola destinata a rimanere ferma ove non risulti espressamente derogata nelle forme previste dalla Costituzione ed, inoltre, con riferimento alle situazioni nelle quali la legge stabilisce dei limiti alla libertà personale, questi dovranno ubbidire al criterio della stretta necessità e all’esigenza del sacrificio minimo compatibile con la tutela di altri valori meritevoli di protezione. Nel codice di rito – ed in particolar modo nel Titolo I del Libro IV in cui sono regolamentate le misure cautelari personali – viene accolta la concezione secondo cui la limitazione della libertà personale non è realizzata soltanto dalla totale privazione della libertà fisica, ma anche dalle altre forme coercitive realizzate dalle misure cautelari stesse. Questo si evince sia dal riferimento operato dalla norma d’esordio del titolo I, ossia l’art. 272 c.p.p., alla “libertà della persona”, piuttosto che alla “libertà personale”, e sia dalla presenza di strumenti estranei alle situazioni afferenti la sfera della libertà personale in senso stretto, in quanto coinvolgenti altri diritti dell’individuo6. Si tratta delle misure interdittive che interessano situazioni diverse da quelle tutelate dall’art. 13 Cost., quali, ad esempio, la capacità giuridica individuale e il diritto al lavoro, pur comunque potendo incidere sulla dignità umana e giuridica dell’imputato o della persona sottoposta alle indagini 7. In altri termini, nel Libro IV la libertà personale assume un valore più ampio della libertà dagli arresti, ma non tale da comprendere le limitazioni in cui si concretizzano le misure

6

F. PERONI, Le misure interdittive nel sistema delle cautele penali, Milano, 1992, 80. 7

E. MARZADURI, Misure cautelari personali (principi generali e disciplina), in Dig. disc. pen., VIII, Torino, 1994, 63.

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8

interdittive. Si è parlato di libertà personale come libertà, nel tessuto codicistico, di disposizione della persona nello spazio8.

La disposizione costituzionale dell’art. 13 riveste un’importanza fondamentale anche sotto altro profilo, quello relativo alla disciplina delle compressioni che la libertà personale può subire. Essendo la finalità del processo penale quella di accertare i fatti e la responsabilità del soggetto coinvolto, si fa spesso uso, infatti, di strumenti incidenti sulla sfera dei diritti fondamentali dello stesso. A tal fine la Costituzione riserva un’attenta disciplina che prevede che le limitazioni al diritto alla libertà personale possano avvenire soltanto nel rispetto di importanti garanzie, considerate le più qualificanti e presupposti in presenza dei quali si può addivenire al sacrificio di tale diritto, quali la riserva di legge e la riserva di giurisdizione. Esse tracciano il raggio d’azione dei controlli su tutti i provvedimenti che comportano una restrizione della libertà personale, intesa come degradazione giuridica dell’individuo, nel senso di menomazione o mortificazione della dignità o del prestigio della persona tale da poter essere equiparata all’assoggettamento all’altrui potere e realizzare, così, la violazione della massima garanzia dell’habeas corpus, che è diretta proprio a salvaguardare illegittime restrizioni della libertà9. È per questo che è richiesto un controllo ed una verifica sulle condizioni che hanno legittimato la privazione della stessa. Il legislatore costituzionale dispone al secondo comma della stessa disposizione che “non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale”, legittimandola, però, “per atto motivato dell’autorità giudiziaria” e “nei soli casi e modi stabiliti dalla legge”. Innanzitutto,

8

E. MARZADURI, op. cit., 63. 9

E. N. LA ROCCA, Il riesame delle misure cautelari personali, Milanofiori Assago – Torino, 2012, 8.

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spetta alla legge selezionare i “casi” e i “modi” in cui è ammissibile una limitazione della libertà personale, quindi non solo prefigurare la tipologia delle misure restrittive ma anche definirne presupposti e finalità, forme e procedure strumentali ai relativi provvedimenti. È una riserva di legge assoluta, poiché si attribuisce soltanto a questa e agli atti ad essa equiparati la disciplina relativa alle limitazioni alla libertà personale, senza alcun intervento di altre fonti alla stessa subordinate.

La norma costituzionale trova traduzione a livello codicistico nell’ambito del complesso delle disposizioni generali contenuto nel capo I (artt. 272-279 c.p.p.) – e specificamente all’art. 272 c.p.p. – attraverso l’affermazione del principio di legalità su cui si regge la materia cautelare, in base al quale “le libertà della persona possono essere limitate con misure cautelari soltanto a norma delle disposizioni del presente titolo”. La portata garantistica del principio si apprezza sotto il profilo della tassatività, in quanto diretto a vincolare alla previsione legislativa l’esercizio della discrezionalità del giudice in materia di limitazioni della libertà della persona.

Strettamente collegato al principio di legalità è il riconoscimento della riserva di giurisdizione che impone al legislatore di attribuire il potere di disporre limitazioni alla libertà personale solo ad un’”autorità giudiziaria”, individuata dall’art. 279 c.p.p. nel giudice che procede, al quale – in virtù del principio di separazione delle funzioni tra giudice e pubblico ministero – viene attribuita la competenza a decidere sull’applicazione, sulla revoca e sulle vicende modificative delle misure cautelari, spettando all’organo dell’accusa il potere di iniziativa10. Il giudice cautelare è individuato in base allo sviluppo del

10

La norma attributiva della competenza funzionale va correlata a quella dell’art. 291 c.p.p. dove è prevista una particolare disciplina per il caso del giudice che riconosca la propria incompetenza per qualsiasi causa che è tenuto a disporre la

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rapporto processuale, nel senso che la competenza funzionale segue la disponibilità materiale e giuridica degli atti. Questo significa che non esiste nel nostro ordinamento giuridico un giudice esclusivamente competente ad adottare provvedimenti cautelari, ma la decisione spetta di volta in volta al giudice di fase del procedimento penale11. La garanzia della riserva di giurisdizione, inoltre, trova riscontro nell’art. 111, co. 7 Cost., che, prevedendo la ricorribilità in Cassazione dei soli provvedimenti emessi da un organo giurisdizionale, sottolinea l’impossibilità che restrizioni significative alla libertà personale provengano da organi diversi dall’autorità giurisdizionale in senso stretto. Ciò non esclude che restrizioni minori possano essere disposte dal pubblico ministero – in quanto solitamente afferenti la fase investigativa – attraverso, ad esempio, atti di perquisizione, ispezione o di accompagnamento coattivo; nonché dalla polizia giudiziaria, potendo la stessa disporre, per il tempo strettamente necessario, il fermo della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini qualora rifiuti di fornire le proprie generalità ai fini della sua identificazione (art. 349, co. 4, c.p.p.). In sede di adozione dei provvedimenti limitativi della libertà personale, la discrezionalità del giudice è, però, limitata: il contenuto della riserva di giurisdizione si sostanzia, infatti, con l’indicazione dell’obbligo di motivazione del provvedimento adottato, in ossequio a quanto dispone il sesto comma dell’art. 111 della Carta costituzionale. L’autorità giudiziaria, cioè, dovrà motivare circa la sussistenza dei presupposti previsti dalla legge, onde permettere a colui che deve misura richiesta con lo stesso provvedimento con il quale dichiara la propria incompetenza. E’ una disciplina integrativa di quella prevista all’art. 27 c.p.p., ove si stabilisce che il giudice richiesto del provvedimento cautelare, qualora riconosca la propria incompetenza per qualsiasi causa, possa disporlo contestualmente alla declaratoria di incompetenza solo se sussistono le condizioni del provvedimento e se ci sia urgenza di soddisfare le esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p.

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difendersi di conoscere gli elementi specifici che stanno alla base del provvedimento adottato, la mancanza dei quali sarà condizione di invalidità che potrà essere rilevata dall’interessato ai fini di una pronuncia di nullità e, quindi, ai fini di un successivo controllo del merito del provvedimento da parte del giudice che deciderà dell’impugnazione.

La garanzia della riserva di giurisdizione, infine, al contrario della riserva di legge, non ha un carattere assoluto: infatti ci possono essere situazioni durante le quali, presentandosi l’esigenza di adottare al più presto una misura restrittiva della libertà personale, non è possibile attendere l’intervento dell’autorità giudiziaria. Il comma 3 dell’art. 13 parla di “casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge”, al ricorrere dei quali il potere di adottare “provvedimenti provvisori” incidenti sulla libertà personale viene attribuito a un’”autorità di pubblica sicurezza”. Tuttavia, essi devono essere comunicati entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria, con la conseguenza che, se da questa non verranno convalidati nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di effetto.

Nonostante la norma costituzionale statuisca i principi cardine in materia di restrizione della libertà personale, nulla dice riguardo le possibili finalità delle misure restrittive cui può essere sottoposto l’imputato ante iudicatum; è qui che emerge quello che è stato considerato “vuoto di fini” 12 che svela l’incapacità della disposizione a risolvere da sola i problemi della disciplina dei provvedimenti endoprocessuali sulla libertà dell’imputato. Allora, come elemento idoneo a risolvere la questione, emerge il fattore sistematico

12

G. DI CHIARA, Libertà personale dell’imputato e presunzione di non colpevolezza, in Una introduzione al sistema penale: per una lettura costituzionalmente orientata, G. Fiandaca – G. Di Chiara, Napoli, 2003, 310.

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dell’interpretazione delle norme costituzionali: infatti, l’unico spunto offerto dalla Costituzione per colmare e superare il “vuoto di fini” è desumibile dall’art. 27, co. 2 che, nel proclamare la presunzione di non colpevolezza dell’imputato “sino alla condanna definitiva”, esclude che questi possa vedersi limitata la sua libertà per una finalità di anticipazione della pena o per esigenze che presuppongano già accertata la sua colpevolezza. Impone, quindi, che tali limitazioni siano ammesse solo in vista della soddisfazione di esigenze cautelari o strettamente collegate al processo13.

La garanzia posta da tale disposizione è scomponibile in due distinti ambiti: la presunzione di non colpevolezza opera, anzitutto, come regola trattamentale, nel senso di vietare – fin quando non sopravviene una sentenza irrevocabile a carattere condannatorio – ogni trattamento che presuma l’imputato colpevole e che ipotizzi l’addebito come già accertato in via definitiva. Ed opera altresì come regola di giudizio, ponendo l’onere della prova in capo all’organo dell’accusa che dovrà provare la colpevolezza dell’imputato in modo da ottenere una sentenza di condanna. Ne deriva che l’inadempimento dell’onere probatorio gravante sul pubblico ministero condurrà ad una prova mancante, insufficiente o contraddittoria e, quindi, ad una pronuncia assolutoria. Ma se l’imputato non può considerarsi colpevole sino alla condanna definitiva, ecco allora che per incidere sulla sua libertà si rende necessario il raggiungimento di un quadro probatorio significativo che – seppur basato su elementi fino a quel momento acquisiti – faccia ritenere probabile una sua futura condanna14. Infatti la funzione della regola di trattamento di cui all’art. 27 Cost. non è quella di impedire l’applicazione di misure restrittive della libertà personale nei confronti

13

Corte Cost., 23 aprile 1970, n. 64. 14 A. DE CARO, op. ult. cit.

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dell’imputato, ma quella di evitare che la misura stessa venga applicata senza un adeguato supporto cognitivo e per perseguire obbiettivi sanzionatori15.

Da questo punto di vista, i gravi indizi di colpevolezza richiesti dall’art. 273 c.p.p. quale presupposto per l’applicazione della misura cautelare, rappresentano una “barriera cognitiva” coerente con il valore della regola di cui all’art. 27 Cost.16 Diventa allora prioritario sottolineare che la libertà dell’individuo può essere limitata solo in vista della soddisfazione di esigenze strumentali al processo, tipizzate dal codice di rito all’art. 274 quali situazioni ove, sulla base dell’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza, valori costituzionalmente orientati si trovano in pericolo. Ed è attraverso la predeterminazione di un quadro cautelare articolato secondo la tradizionale tripartizione dei pericula libertatis da valutarsi in modo concreto17 (pericolo per l’acquisizione o la genuinità della prova;

15

P.P. PAULESU, La presunzione di non colpevolezza dell’imputato, Torino, 2009,69. 16

P.P. PAULESU, op. cit., 67.

17 La legge 16 aprile 2015, n. 47 (Modifiche al codice di procedura penale in materia di misure cautelari personali. Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354 in materia di visita a persone affette da handicap in situazione di gravità) ha inserito nelle lettere b e c dell’art. 274 c.p.p. il requisito dell’attualità del pericolo di fuga e di quello che l’imputato commetta determinati reati, circoscrivendo l’ambito applicativo della misura cautelare ai casi in cui il pericolo arrivi a pregiudicare la funzione del processo o l’incolumità generale, senza che il giudice possa supporre o presumere l’esistenza di simili rischi. In altri termini, si è detto che è attraverso l’art. 27, co. 2 Cost. che si pretende che il rischio da scongiurare con la cautela sia attuale e non una semplice possibilità: se la presunzione di non colpevolezza autorizza la restrizione della libertà personale solo davanti al pericolo che determinati beni vengano compromessi, allora quel pericolo deve esistere nella realtà dei fatti ed essere riscontrato dal quadro probatorio acquisito; deve, cioè, essere attuale. In questo modo, non c’è più alcuno spazio per la misura cautelare quando il pericolo è presunto, dovendo il giudice concludere in maniera convincente che gli elementi addotti dal pubblico ministero a sostegno della sua domanda rivelano un pericolo tale da giustificare la compromissione della libertà. Qualora il giudice, in sede di controllo sulla sussistenza dei presupposti applicativi della misura alla stregua delle nuove norme sui pericula, non rintracci, tra tali elementi, alcun dato a sostegno dell’attualità del pericolo, è costretto a revocare la misura ex art. 299 c.p.p.; F. MORELLI, L’allentamento delle presunzioni legali e giurisprudenziali, in AA.VV., Le misure cautelari personali nella strategia del “minimo sacrificio necessario” (legge 16 aprile 2015, n. 47), a cura di D. Chinnici, Roma, 2015, 17 ss.

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pericolo di fuga; pericolo di commissione di delitti gravi o della stessa specie) che il legislatore ha colmato quel “vuoto dei fini” che si era lamentato con riferimento all’art. 13, co. 2 Cost. Ed è, dunque, in questo modo che il giudice può giungere all’elaborazione di una prognosi attendibile di pericolosità che tragga spunto da situazioni specifiche acquisite nel procedimento in corso. La previsione normativa sottolinea, da un lato, come si tratti di esigenze ciascuna autonomamente sufficiente a legittimare il ricorso allo strumento cautelare e, dall’altro, come nessuna misura possa essere disposta se non in base al concreto accertamento della sussistenza di una di tali esigenze.

In stretta connessione con i presupposti così individuati (il cui accertamento dovrà riflettersi nella motivazione del provvedimento applicativo della misura cautelare ex art. 292 c.p.p.) vengono enunciati nell’art. 275, commi 1 e 2, c.p.p. i criteri cui il giudice è tenuto a uniformarsi nel momento della scelta concreta della misura cautelare da applicare: innanzitutto il criterio dell’adeguatezza, in forza del quale il giudice, nell’individuare la misura da disporre, sarà obbligato a tener conto della “specifica idoneità di ciascuna” rapportandola alla “natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto”. A tale principio si raccorda, con funzione integrativa, il principio di proporzionalità in base al quale ogni misura “deve essere proporzionata all’entità del fatto e alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata”; questo vale a dire che il giudice, nell’adottare la misura più idonea, dovrà tener conto non solo dell’attitudine della stessa a soddisfare le esigenze cautelari, ma anche della sua congruità rispetto alla gravità del fatto addebitatogli, ovvero al quantum di pena che possa essere irrogato. L’uno e l’altro dovranno essere applicati alla luce del più generale principio di gradualità, in base al quale il giudice è sempre tenuto ad adottare la

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misura meno gravosa per l’imputato, purché risulti sufficiente a conseguire le accertate finalità cautelari18. Ne discende, in via consequenziale, un ulteriore principio che configura la custodia in carcere, ossia la misura che più gravemente incide sulla libertà personale dell’imputato, quale extrema ratio da adottarsi “soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata” (art. 275, co. 3, c.p.p.)19.

3. Procedimento applicativo ed esecutivo delle misure cautelari

Nel contesto della nuova disciplina delle misure cautelari e, in particolare, nella dinamica applicativa, assume un significato fondamentale la distribuzione delle competenze giudiziarie che riflette la netta ripartizione dei ruoli tra il pubblico ministero come organo richiedente e il giudice come organo decidente. Questo trova traduzione all’art. 291 c.p.p. che stabilisce il principio della domanda cautelare: più precisamente, al primo comma detta la regola secondo cui la competenza a disporre le misure appartiene al giudice che procede, il quale provvede sempre su richiesta del pubblico ministero tenuto a presentare al primo non solo “gli elementi su cui la richiesta si fonda” (al riguardo non è obbligato a trasmettere l’intero incarto investigativo, potendo selezionare il materiale d’accusa), ma anche

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V. GREVI, Misure cautelari, in AA.VV., Compendio di procedura penale, di P. Conso – V. Grevi – M. Bargis, Padova, 2014, 417.

19 Tale principio , per esigenze di difesa sociale, ha subito una deroga con riferimento agli imputati dei più gravi reati, soprattutto di criminalità organizzata, ai quali deve applicarsi la custodia carceraria “salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistano esigenze cautelari”. È una sorta di presunzione relativa di periculum libertatis che comportando un rovesciamento dell’onere della prova sul tema delle esigenze cautelari – in quanto si subordina l’astensione dal provvedimento restrittivo alla prova positiva della mancanza delle esigenze cautelari – si traduce in una anticipazione del trattamento sanzionatorio, prestando così perplessità dal punto di vista della presunzione costituzionale di non colpevolezza; E. MARZADURI, op. cit., 73.

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“gli elementi a favore dell’imputato”20, nonché eventuali “deduzioni e memorie difensive già depositate”. Sarebbe in questo modo rimessa alla discrezionalità del pubblico ministero la scelta degli atti da allegare alla richiesta21 necessari a giustificare l’adozione della misura cautelare. Una discrezionalità che, comunque, deve essere rispondente a quell’onere probatorio che incombe sull’accusa per l’intero corso del procedimento penale: l’art. 27, co. 2 Cost. impone al pubblico ministero di superare la presunzione di non colpevolezza che assiste l’indagato sino alla condanna definitiva. Questo appare necessario laddove si consideri che l’avvio del procedimento applicativo di misure cautelari – in quanto costituente “atto a sorpresa” – si caratterizza per l’assenza di un qualsiasi contraddittorio “anticipato”22. Da questo punto di vista, si configura come strumento surrogatorio il dovere del pubblico ministero di allegare alla richiesta gli elementi favorevoli all’imputato.

Il principio della domanda cautelare è idoneo a circoscrivere il potere decisorio del giudice entro i confini tracciati dal devolutum23: infatti,

egli è strettamente vincolato alla richiesta del pubblico ministero, tant’è che non potrà disporre una misura più grave, ma potrà

20

La mancata trasmissione al giudice degli atti contenenti gli elementi favorevoli alla persona nei cui confronti si procede determina la nullità dell’ordinanza applicativa della misura per violazione dell’art. 292, co. 2 ter, c.p.p.; tale nullità a regime intermedio si traduce in un vizio motivazionale del provvedimento che impone al giudice del riesame di valutare se tali elementi abbiano influito o meno sul convincimento del giudice di prime cure, salva la possibilità per il Tribunale del riesame di integrare l’apparato argomentativo; T. BENE, Forma ed esecuzione dei provvedimenti, in AA.VV., Trattato di procedura penale, cit., 156.

21 F. CORDERO, Procedura penale, Milano, 1993, 477. 22

La Suprema Corte ha ritenuto legittima la decisione sulla richiesta del pubblico ministero relativa all’adozione di una misura cautelare (specie se coercitiva) senza previo interpello della difesa, trattandosi di un provvedimento a sorpresa, la cui efficacia rischierebbe di essere vanificata dalla previsione di un contraddittorio; Cass., Sez. I, 29 giugno 1997,n. 5271, Ripa, in Mass. Uff., 208796.

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concederne una meno grave24. Inoltre, l’adozione di una misura cautelare in assenza di una richiesta da parte dell’accusa determina una nullità assoluta, insanabile e rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento ai sensi dell’art. 178, co. 1, lett. b), c.p.p.

Nell’ipotesi in cui, invece, il giudice destinatario della richiesta riconosca per qualsiasi causa la propria incompetenza ma, ricorrendo taluna delle esigenze cautelari previste dall’art. 274 c.p.p., accerti l’urgenza di provvedere, egli stesso dovrà disporre la misura contestualmente alla declaratoria di incompetenza. Successivamente troverà applicazione l’art. 27 c.p.p., ove si prevede la caducazione della misura così applicata qualora, entro venti giorni dalla trasmissione degli atti al giudice competente, questi non la confermi con proprio autonomo provvedimento25. Al di fuori dei casi di urgenza, il giudice dovrebbe dichiarare l’incompetenza e trasmettere gli atti al pubblico ministero.

L’esito del procedimento applicativo è costituito da un’ordinanza del giudice procedente, con la quale decide inaudita altera parte sulla richiesta di adozione della misura cautelare presentata dal pubblico ministero. Essa dovrà contenere tutti gli elementi che costituiscono i presupposti e le premesse della scelta del giudice e, in particolare, tra i requisiti elencati nell’art. 292, co. 2, c.p.p., quello relativo alla sua motivazione, in virtù del rispetto dell’obbligo di motivazione sancito al sesto comma dell’art. 111 Cost., che sorregge il corretto esercizio del potere giurisdizionale soprattutto se diretto ad incidere sulla libertà

24 Infatti, in materia di sostituzione delle misure cautelari, si subordina quella in peius alla richiesta del pubblico ministero nella direzione di un aggravamento dello status libertatis della persona, in ossequio alla regola generale fissata al primo comma dell’art. 291 c.p.p.

25

La trasmissione degli atti da parte del pubblico ministero presso altro giudice non infirma la validità della misura cautelare già disposta; Cass., Sez. IV, 25 novembre 2003, n. 45328, Pispisa, C.E.D.

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personale del soggetto e che persegue lo scopo di rendere più efficace il sindacato sulla motivazione del provvedimento, in sede di controllo successivo sullo stesso26. La motivazione, necessariamente sommaria, deve fondarsi su fatti e circostanze concrete in modo da consentire la ricostruzione dell’iter argomentativo che ha condotto il giudice ad adottare quella decisione, ma non può dar luogo ad una pronuncia anticipatoria del giudizio finale27; più precisamente, il giudice nell’esporre le ragioni che lo hanno indotto ad adottare la misura dovrà indicare, innanzitutto, le generalità dell’imputato o quant’altro valga ad identificarlo e descrivere sommariamente il fatto, indicando le norme di legge violate in modo da consentire all’indagato o imputato un effettivo esercizio del diritto di difesa. Non è, quindi, sufficiente il mero richiamo agli articoli di legge assunti ad oggetto della contestazione, in quanto la descrizione del fatto deve assicurare un’immediata e compiuta conoscenza28. Il provvedimento dovrà, poi, contenere l’esposizione delle specifiche esigenze cautelari e dei gravi indizi che giustificano la misura disposta con l’indicazione degli elementi che li sostanziano e delle ragioni per le quali si ritiene che costituiscano il fondamento del provvedimento29. Accanto a ciò si

26 A detta della Corte, ciò che rileva sotto il profilo processuale non è la richiesta del pubblico ministero diretta esclusivamente a sollecitare l’adozione della misura, ma l’ordinanza del giudice che assorbe integralmente la prima e che costituisce l’unico tema devoluto alla cognizione del Giudice del riesame; Corte Cost., 22 gennaio 1992, n. 4, in Giur. cost., 1992, 20.

27 G. SPANGHER, Le misure cautelari personali, in AA.VV., Procedura penale. Teoria e pratica del processo, diretto da G. Spangher, A. Marandola, G.Garuti, L. Kalb, vol. II, Milano, 2015, 79.

28

Conf. Cass., Sez. II, 20 marzo 2003, 1868, Di Feo, in Mass. Uff., 224651.

29 L’esposizione dei gravi indizi e delle esigenze cautelari e la rilevanza o meno degli elementi forniti dalla difesa, alla luce dell’art. 8 della l. 47/2015, devono essere oggetto di “autonoma valutazione” da parte del giudice, pena, ai sensi del nuovo art. 309, co. 9 c.p.p., l’annullamento del provvedimento in sede di riesame. Il giudice non potrà più soltanto richiamare il contenuto della richiesta del pubblico ministero o ricopiare gli atti a supporto, ma dovrà filtrare i vari elementi nei presupposti fissati dal legislatore; G. SPANGHER, op. cit., 81.

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impongono al giudice, sulla base della novella del 199530, due ulteriori adempimenti : alla lett. c-bis del secondo comma dell’art. 292 c.p.p. si richiede l’indicazione del motivo per cui sono ritenuti non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa e, nel caso in cui sia stata applicata la misura carceraria, le ragioni per le quali le esigenze cautelari non possono essere soddisfatte con altre misure31. Questa previsione è completata dal nuovo comma 3 bis dell’art. 275 c.p.p. che prevede un onere specifico di motivazione dell’applicazione del carcere in relazione all’impossibilità di ritenere adeguata a fronteggiare le esigenze cautelari l’applicazione degli arresti domiciliari con le procedure di controllo del braccialetto elettronico ex art. 275 bis, co. 1. Con riferimento alle esigenze cautelari, sotto il profilo del periculum di cui alla lett. a) dell’art. 274 c.p.p., quindi al fine di garantire l’acquisizione o la genuinità della prova, il giudice dovrà altresì predeterminare la durata della misura. L’ordinanza si completa con l’indicazione della data e della sottoscrizione del giudice.

La mancanza o la carente indicazione dei riferiti elementi dà luogo a nullità rilevabile anche d’ufficio32; in particolare, il comma 2 ter dell’art. 292 c.p.p. fa riferimento alla nullità dell’ordinanza cautelare che non contenga l’autonoma valutazione degli elementi a carico e a favore dell’imputato. Invero, ai sensi della normativa del 2015, il giudice deve procedere ad una autonoma valutazione degli elementi presentati: ciò significa che la motivazione sarà viziata se non dà

30 Legge 8 agosto 1995, n. 332, Modifiche al codice di procedura penale in tema di semplificazione, di misure cautelari e di diritto di difesa.

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Il legislatore del 2015 ha previsto anche alla lettera c-bis dell’art. 292 c.p.p., così come alla lettera c), il requisito della necessaria autonoma valutazione dei motivi per i quali sono stati ritenuti non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa e delle esigenze di cui all’art. 274 c.p.p. che, nel caso di applicazione della custodia cautelare in carcere, non possono essere soddisfatte con altre misure.

32 Si tratta di un’ipotesi speciale di nullità, non potendo costituire né una nullità di ordine generale, né una nullità relativa. Non è rilevabile né nel giudizio di merito, né dal giudice che ha disposto la misura cautelare e si ritiene che sia sanabile ex art. 185 c.p.p. e rimediabile dal giudice in sede di riesame; G. SPANGHER, op. cit., 78.

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analiticamente conto delle ragioni per le quali non sono stati accolti gli argomenti avversi della difesa. Sarà, infatti, nullo il provvedimento restrittivo la cui motivazione si risolva in clausole di stile o affermazioni apodittiche e sia priva di una valutazione effettiva degli elementi sia pro che a carico del destinatario del provvedimento stesso33.

L’avvio del procedimento esecutivo è diverso a seconda che si tratti di un’ordinanza custodiale o non custodiale: nel primo caso, l’art. 293, co. 1, c.p.p. prescrive che l’ufficiale o agente di polizia giudiziaria consegni all’imputato copia del provvedimento e una comunicazione scritta, redatta in forma chiara e precisa e tradotta, nell’ipotesi in cui l’imputato non conosca la lingua italiana, in una lingua a lui comprensibile, mediante la quale viene informato dei suoi diritti difensivi34. Anzitutto l’imputato ha la facoltà di nominare un difensore di fiducia che deve essere immediatamente informato (e nel caso in cui non sia stato nominato dovrà essere informato quello designato

ex art. 97 c.p.p.) e il diritto di avvalersi della facoltà di non rispondere;

inoltre, ha diritto di essere condotto davanti all’autorità giudiziaria non oltre cinque giorni dall’inizio dell’esecuzione se la misura applicata è quella della custodia cautelare in carcere o dieci se la persona è sottoposta ad altra misura cautelare ed, infine, il diritto di comparire dinanzi al giudice per rendere interrogatorio, di impugnare

33

D. CHINNICI, I nuovi parametri in tema di motivazione del provvedimento di restrizione cautelare della libertà personale e dell’ordinanza del tribunale de libertate, in AA.VV., Le misure cautelari personali nella strategia del “minimo sacrificio necessario” (legge 16 aprile 2015, n. 47), cit., 78. Anteriormente alla novella del 2015, la giurisprudenza escludeva che fosse annullabile l’ordinanza priva dell’autonoma valutazione degli elementi di fatto che integrano i gravi indizi di colpevolezza o la sussistenza delle esigenze cautelari, potendo essere oggetto di integrazione da parte del Tribunale del riesame; Cass., Sez. VI, 8 marzo 2012, Lupo, in Mass. Uff., n. 252178.

34

Si tratta di una previsione introdotta dal d. lg. 101/2014 attuativo della direttiva europea del 22 maggio 2012, n. 13, in tema di diritto all’informazione nei procedimenti penali.

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l’ordinanza che dispone la misura e richiederne la sostituzione o la revoca. Laddove si tratti di un’ordinanza non custodiale, si segue la disciplina ordinaria delle notificazioni all’imputato (art. 293, co.2 c.p.p.).

Dopo aver eseguito le suddette informazioni e redatto il verbale di tutte le operazioni compiute, l’ufficiale o l’agente incaricato dell’esecuzione lo trasmette immediatamente al giudice che ha emesso l’ordinanza e al pubblico ministero, facendo menzione della consegna della comunicazione relativa ai diritti difensivi dell’imputato (art. 293, co. 1 ter, c.p.p.). Una volta notificata ed eseguita, l’ordinanza è depositata presso la cancelleria del giudice che l‘ha emessa insieme alla richiesta del pubblico ministero e agli atti presentati da questi e dell’avvenuto deposito è notificato avviso al difensore35. Notifica e deposito sono adempimenti esecutivi non affiancati da una sanzione di nullità, ma rileva per il difensore l’eventuale ritardo nel deposito degli atti, in quanto è proprio attraverso la notifica del deposito che il difensore può meglio ottemperare alla sua assistenza difensiva al momento dell’interrogatorio di garanzia per produrre, eventualmente, la richiesta di riesame o di appello, di revoca o di sospensione della misura cautelare. Tuttavia, l’omessa notificazione al difensore dell’avviso di deposito del provvedimento cautelare non determina nullità, che consegue solo all’omesso deposito; è, quindi, necessario che il difensore sia messo a conoscenza del provvedimento36.

Si comprende, così, la portata garantistica della previsione di tali adempimenti, anche alla luce di quella introdotta nel 2001 che

35

Con la modifica del terzo comma dell’art. 293 c.p.p. operata dalla legge 332/1995, risulta ampliato l’ambito di esplicazione dell’attività difensiva a tutela dell’imputato. Egli non solo ha diritto di prendere visione, ma anche di estrarre copia – oltre che dell’ordinanza applicativa della misura – della richiesta del pubblico ministero e degli atti presentati con essa; Corte Cost., 24 giugno 1997, n. 192.

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prevede l’assistenza difensiva obbligatoria per lo svolgimento dell’interrogatorio di garanzia e che, oltre a sottolineare la centralità dell’istituto come primo effettivo momento di contraddittorio con il destinatario della misura, ne spiega anche l’ottica di un contraddittorio informato dal momento che solo il difensore può consultare gli atti depositati, sanando quel deficit di conoscenza da parte dell’imputato fornito dal pubblico ministero a base della richiesta.

4. L’esercizio della funzione difensiva attraverso il contraddittorio con la parte avversa: l’interrogatorio “di garanzia”

Il diritto al contraddittorio costituisce un presidio essenziale della giurisdizione, nonché uno dei suoi caratteri tipici, tanto che nessuna espressione della giurisdizione penale può prescindere dalla piena attuazione del contraddittorio. Tale principio, riferito al procedimento penale nella sua ampiezza, si atteggia in modo differente a seconda della fase procedurale nella quale si interviene: nonostante trovi la sua massima espansione nel momento della formazione della prova, nello specifico ambito della disciplina della libertà personale è inteso quale diritto ad intervenire dialetticamente, personalmente o a mezzo di difensore tecnico, in relazione alla misura cautelare e alle sue vicende. Tuttavia, nel nostro sistema, nonostante sia fisiologico che il contraddittorio preceda il provvedimento da adottare37, il giudice prima decide sulla base delle richieste e delle indicazioni dell’accusa e, solo dopo, la difesa ha la possibilità di far conoscere le proprie argomentazioni in sede di interrogatorio “di garanzia” o in sede di

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G. ILLUMINATI, Relazione, in AA.VV., Il G.i.p. e libertà personale. Verso un contraddittorio anticipato?, Napoli, 1997, 23.

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riesame, quale unico contesto in cui è garantito un reale contraddittorio tra le parti. Si tratta di una situazione atipica38 che, però, ha trovato l’avallo del Giudice delle Leggi, il quale ha affermato che l’esercizio della funzione difensiva può essere limitato per evitare una compromissione di esigenze prioritarie nell’economia del processo, che potrebbero essere vanificate da un contraddittorio “anticipato”39.

In altri termini, i provvedimenti applicativi di misure cautelari (ad eccezione della misura di cui all’art. 289 c.p.p.40), trattandosi di atti “a sorpresa”, possono vedersi sottratto l’interessato qualora venisse preavvertito per consentire l’esercizio del diritto di difesa preliminarmente alla loro emanazione. La loro efficacia, infatti, è connessa al fatto che il soggetto destinatario della misura non sa se e quando arriverà il provvedimento restrittivo. Dunque, la partecipazione procedimentale dell’indagato o imputato e del difensore può essere pretermessa per salvaguardare l’imprevedibilità della misura41, ma ciò non vuol dire che le garanzie difensive siano annullate; esse sono solo rinviate, potendosi esplicarsi in via successiva42.

38 G. ILLUMINATI, Relazione, cit., 24. 39

Corte Cost., 8 giugno 1994, n. 219.

40 La sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio prevista dall’art. 289 c.p.p. mira ad interdire temporaneamente in tutto o in parte all’imputato che sia pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio l’esercizio delle attività inerenti ad un pubblico ufficio o servizio. La particolarità della misura de qua è che costituisce l’unica forma di contraddittorio anticipato: nel senso che il giudice delle indagini preliminari – come dispone il secondo comma della medesima disposizione – che sia investito dal pubblico ministero di una richiesta di provvedimento sospensivo, prima di decidere, deve procedere all’interrogatorio dell’indagato, con le modalità di cui agli artt. 64 e 65 c.p.p. Con la l. 47/2015 si è previsto che, nel caso in cui la misura di cui all’art. 289 c.p.p. sia disposta dal giudice in luogo di una misura coercitiva richiesta dal pubblico ministero, l’interrogatorio seguirà le cadenze di cui all’art. 294, co. 1 bis, c.p.p.

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Corte Cost., 8 marzo 1996, n. 63. 42 Corte Cost., 8 giugno 1994, n. 219.

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Nonostante si tratti di atto “a sorpresa”, comunque, è pacifico che il difensore dell’indagato ha diritto di assistere al suo compimento, essendo dovuto l’invio dell’informazione di garanzia allorquando si debba compiere un atto al quale egli ha diritto di assistere , avuto anche riguardo a quanto dispone l’art. 111, co. 3, Cost., secondo cui la legge deve assicurare che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico. Pertanto, la notificazione dell’informazione di garanzia dovrebbe essere contestuale al compimento dell’atto ovvero il provvedimento con il quale viene disposto dovrebbe contenere tutti gli elementi previsti dall’art. 369 c.p.p. Ed appare parimenti necessaria la notificazione all’interessato delle informazioni sul diritto di difesa

ex art. 369 bis c.p.p.

L’art. 111 Cost., nell’enunciare i principi del giusto processo, richiede un effettivo esercizio del diritto di difesa, inteso non solo come diritto individuale, ma anche come garanzia di un corretto accertamento giurisdizionale e regola per il compimento di ogni atto che importi una compressione di un diritto costituzionalmente garantito. Ed infatti l’art. 365 c.p.p., in materia cautelare reale, impone al pubblico ministero, quando procede al compimento di atti di perquisizione e sequestro, di chiedere all’indagato se sia assistito da un difensore di fiducia ovvero, se ne sia privo, di designarne uno d’ufficio e l’eventuale omissione determina una violazione dell’art. 178, co. 1, lett. c), c.p.p. con conseguente nullità del sequestro.

Nell’ambito del procedimento applicativo dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, l’interrogatorio “di garanzia” rappresenta il primo strumento di difesa dell’imputato o dell’indagato sottoposto a restrizione personale, non essendo prevista una previa forma di contraddittorio, in quanto l’esecuzione della misura cautelare come atto “a sorpresa” potrebbe venir meno a causa della sua preventiva

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conoscenza. In relazione a questa situazione – ed in virtù della veste che il diritto di difesa assume quale diritto dell’accusato di partecipare al processo in contraddittorio con l’accusa43 – si è sentita l’esigenza di strutturare un meccanismo che consentisse alla persona sottoposta a misura cautelare di difendersi con la realizzazione di un contraddittorio differito davanti ad un organo giurisdizionale. La disciplina prevista per l’interrogatorio dell’indagato in stato di custodia cautelare risponde all’esigenza di potenziare la funzione difensiva dell’interrogatorio e di realizzare un controllo giurisdizionale sulle ragioni della misura cautelare, anche in attuazione delle indicazioni contenute nella Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e del Patto internazionale sui diritti civili e politici.

Trattasi di un istituto che è stato plasmato nel tempo. La prima modifica che ha interessato l’art. 294 c.p.p. (avvenuta ad opera dell’art. 13 d.lg. 14 gennaio 1991, n. 12) ha determinato ad escludere la necessità dell’interrogatorio di garanzia qualora il soggetto in

vinculis sia già stato interrogato nel corso dell’udienza di convalida

dell’arresto o del fermo. Successivamente, poiché tale meccanismo di garanzia era circoscritto alla sola custodia cautelare o agli arresti domiciliari44, la legge 332/1995 – modificando l’art. 294, co. 1, c.p.p. – ha ampliato l’ambito di applicabilità, facendovi ricomprendere tutte le misure cautelari personali, coercitive ed interdittive, ed ha stabilito che l’interrogatorio di garanzia effettuato dal giudice non possa essere preceduto da quello investigativo del pubblico ministero,

43

G. DI CHIARA, Diritto processuale penale, in Una introduzione al sistema penale: per una lettura costituzionalmente orientata, cit., 274.

44

L’art. 294, co. 1, c.p.p. prevedeva, infatti, l’obbligo del giudice di interrogare il soggetto in vinculis immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dall’inizio dell’esecuzione della custodia e l’obbligo di procedere a tale interrogatorio anche nei confronti della persona sottoposta agli arresti domiciliari non oltre quindici giorni. Nel caso di mancato espletamento dell’interrogatorio nei termini suddetti, era prevista la caducazione immediata della custodia cautelare ex art. 302 c.p.p.

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prevedendosi, tuttavia, che questi possa chiedere un’anticipazione dello svolgimento dell’interrogatorio da parte del giudice.

Infine, l’ambito di applicabilità della disciplina è stato ampliato sotto il profilo delle fasi processuali (art. 2 d.l. 22 febbraio 1999, n. 29, conv. in l. 21 aprile 1999, n. 109). Invero, l’originaria versione della disposizione prevedeva l’obbligo del giudice di procedervi solo quando la misura cautelare fosse stata disposta nella fase delle indagini preliminari, quindi non più quando il pubblico ministero avesse già esercitato l’azione formulando l’imputazione. A fronte di ciò la Corte Costituzionale45 - evidenziando un contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. – è intervenuta con una pronuncia di illegittimità della disposizione, nella parte in cui non prevedeva che il giudice procedesse ad interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare in carcere immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dall’inizio dell’esecuzione della custodia e fino alla trasmissione degli atti al giudice del dibattimento. E anche nella parte in cui non consentiva l’operatività dell’istituto oltre la fase delle indagini preliminari, ossia fino all’apertura del dibattimento46.

La motivazione del Giudice delle Leggi si concentra sulla funzione dell’interrogatorio e sull’individuazione dei tratti che lo distinguono da altre forme di audizione dell’imputato in vinculis, quali, ad esempio, l’audizione dell’imputato in sede di udienza preliminare ex art. 421 c.p.p., il cui contenuto non riguarda la misura cautelare, ma viene individuato in base alla funzione della fase stessa che è di controllo sulla fondatezza dell’accusa, quindi il giudice procederà ad interrogatorio con finalità probatorie. E questo spiega la natura eventuale e non obbligatoria della garanzia, che avviene, appunto, su richiesta dell’imputato. Attraverso questi stessi elementi la Corte

45

Sent. 3 aprile 1997, n. 77.

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distingue l’interrogatorio di garanzia anche dall’audizione della persona custodita in sede di riesame, ove, nonostante la materia trattata sia omogenea, si dibatte sui motivi del gravame, e dall’audizione della stessa in seguito a richiesta di revoca della misura cautelare che verte, invece, sui motivi nuovi posti a fondamento della richiesta stessa e diversi da quelli conosciuti dal giudice al momento dell’applicazione della misura cautelare. L’interrogatorio della persona in vinculis si configura come una garanzia minima ed indefettibile, insurrogabile con atti similari: la prima audizione deve avvenire da parte di un soggetto terzo ed estraneo all’attività investigativa che deve valutare le argomentazioni difensive, non prospettate al momento dell’adozione della misura. Infatti la logica della disciplina dell’istituto è quella di realizzare un contraddittorio posticipato sul provvedimento restrittivo, che, essendo adottato

inaudita altera parte e costituendo atto a sorpresa, non consente la

partecipazione del soggetto alla fase applicativa della misura. È per questo che il recupero del contraddittorio sulla decisione a cui l’interrogatorio tende deve essere caratterizzato da tempi brevi in modo che, nel caso in cui si accerti l’insussistenza dei presupposti applicativi della misura, questa possa essere revocata con il minor nocumento possibile47.

La funzione di garanzia difensiva dell’interrogatorio spiega anche l’attribuzione della competenza a procedervi al giudice, essendo diverso quello condotto dalla pubblica accusa il cui fine è investigativo48. Già la novella del 1995 rivendicava un distacco

47 V. BONINI, La Corte Costituzionale e la centralità dell’ “interrogatorio di garanzia” nella disciplina delle misure cautelari personali, in Legisl. pen., 1997, 865.

48 Tale diversità emerge dallo stesso art. 294 c.p.p. che, al terzo comma, afferma che la finalità dell’atto è di consentire al giudice di verificare la sussistenza delle condizioni di applicabilità della misura e delle esigenze cautelari, con la conseguente possibilità di revocarla o sostituirla ex art. 299 c.p.p. laddove ne sussistano le condizioni. Tale verifica non deve riguardare solo il momento dell’adozione della

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funzionale dal pubblico ministero e il conferimento al giudice di un potere di controllo cognitivo e decisorio sulle richieste di quest’ultimo. Ed infatti l’art. 294 c.p.p. amplia la cognizione del giudice cautelare, correggendo la stonatura prodotta da quella che è stata definita una “giurisdizione senza cognizione”: la norma è volta, da un lato, ad evitare che il primo contatto venga operato da autorità inquirenti in una situazione di debolezza psicologica del soggetto, e, dall’altro, a realizzare un controllo sulla sussistenza e persistenza dei presupposti di adozione della misura49. Da ciò deriva la differenza su un piano temporale degli interrogatori del giudice e dell’accusa, introdotta dalla legge del 1995 al sesto comma dell’art. 294 c.p.p. che accorda precedenza al primo, al fine di evitare che il pubblico ministero possa approfittare dello stato di soggezione della persona sottoposta a custodia cautelare per stimolare comportamenti collaborativi. Nel caso in cui questi proceda al compimento dell’atto violando il divieto posto dalla norma, i risultati sono colpiti dalla sanzione della inutilizzabilità per difetto di legittimazione (art. 191 c.p.p.), eccetto, tuttavia, l’ipotesi prevista dall’art. 388 c.p.p., secondo la quale il pubblico ministero può procedere all’interrogatorio della persona arrestata o fermata prima che si instauri il contraddittorio sulla convalida del provvedimento.

Il compimento dell’atto di garanzia è affidato ex art. 294 c.p.p. allo stesso giudice che ha deciso in ordine al provvedimento restrittivo che, se non vi ha già provveduto nell’udienza di convalida dell’arresto o del fermo di indiziato di delitto, vi provvede immediatamente e misura, ma deve avere ad oggetto anche la permanenza attuale dei presupposti della stessa, dal momento che tra l’adozione della misura e la sua esecuzione potrebbe intercorrere un lasso di tempo considerevole; R. E. KOSTORIS, sub art. 11, in AA.VV., Modifiche al codice di procedura penale. Nuovi diritti della difesa e riforma della custodia cautelare, a cura di A. Giostra, Padova, 1995, 147.

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V. BONINI, op. cit., 866. In tal senso, v. anche A. MARANDOLA, L’interrogatorio di garanzia dal contraddittorio posticipato all’anticipazione delle tutele difensive, Padova, 2006, 563 e ss.

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comunque entro cinque giorni dall’inizio dell’esecuzione della custodia, salvo impedimento dell’indiziato, nel qual caso il giudice ne dà atto con decreto motivato e il termine decorrerà dalla notizia della cessazione dell’impedimento. Inoltre il comma 1 ter della norma prevede che, nel caso in cui il pubblico ministero ne faccia istanza nella richiesta di custodia cautelare, l’interrogatorio dovrà avvenire entro quarantotto ore dall’inizio della custodia.

Laddove si tratti di persona sottoposta a misura altra dalla custodia in carcere, il termine è fissato in non oltre dieci giorni dall’esecuzione del provvedimento o dalla sua notificazione (art. 294, co. 1 bis, c.p.p.). L’inosservanza dei termini di cui ai commi 1 e 1 bis50 dell’art. 294 c.p.p. comporta, ai sensi dell’art. 302 c.p.p., la perdita di efficacia della misura della custodia cautelare e, pertanto, la liberazione dell’indiziato; viceversa, qualora il giudice non riesca ad effettuare l’interrogatorio entro il termine di quarantotto ore, così come richiestogli dal pubblico ministero ai sensi del comma 1 ter della medesima disposizione, si esclude che ne consegua la caducazione della custodia cautelare.

Tuttavia, la liberazione dell’indiziato non esclude che questi possa essere di nuovo sottoposto a custodia cautelare qualora il pubblico ministero lo richieda e ne ricorrano i presupposti, a condizione che sia

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La Corte Costituzionale con la sent. 4 aprile 2001, n. 95, in Giur. cost., 2001, 1, 599 si era pronunciata sull’incostituzionalità dell’art. 302 c.p.p., poiché il legislatore aveva omesso di adeguare tale disposizione, che prevedeva l’estinzione della sola custodia cautelare nel caso in cui fosse decorso inutilmente il termine per procedere ad interrogatorio, al nuovo ambito di applicabilità dell’art. 294 c.p.p. Dal momento che il termine di cui al primo comma bis non era corroborato da alcuna sanzione processuale e che l’interrogatorio esplica la medesima funzione in relazione a tutte le misure cautelari personali, posto che anche le misure coercitive diverse dalla custodia cautelare e quelle interdittive limitano la libertà della persona, incidono negativamente sull’attività di lavoro e costituiscono un impedimento alla vita sociale, la Corte dichiarò l’incostituzionalità dell’art. 302 c.p.p. nella parte in cui non prevedeva che le misure cautelari coercitive diverse dalla custodia cautelare e quelle interdittive perdono immediatamente efficacia se il giudice non procede ad interrogatorio entro il termine previsto dall’art. 294, co. 1 bis, c.p.p.

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