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Il mercato europeo dei fondi SRI: analisi delle caratteristiche e delle performance mediante l'utilizzo della DEA

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea magistrale

in Economia e Finanza

Tesi di Laurea

Il mercato europeo dei fondi SRI:

analisi delle caratteristiche e delle

performance mediante l'utilizzo

della DEA

Relatore

Prof. Antonella Basso

Laureando

Andrea Beraldin Matricola 816035

Anno Accademico 2011 / 2012

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Il mercato europeo dei fondi SRI: analisi

delle caratteristiche e delle performance

mediante l'utilizzo della DEA

INDICE:

INTRODUZIONE………..3 CAPITOLO 1: L’Investimento Socialmente Responsabile ed i Fondi comuni di

investimento etici

1.1. La finanza etica e l’investimento socialmente responsabile

1.1.1. Premessa...……….………….5 1.1.2. L’investimento socialmente responsabile………...7 1.1.3. L’evoluzione storica del movimento SRI…..……….………8 1.2. I fondi comuni etici d’investimento

1.2.1. Definizione………...12 1.2.2. Criteri e tecniche di selezione degli investimenti etici………….16 1.2.3. Il grado di eticità e la trasparenza dei fondi SRI………….…….25 CAPITOLO 2: Le performance dei fondi etici

2.1. Coniugare rendimento ed eticità………...28 2.1.1. Considerazioni teoriche……….29 2.1.2. Le analisi empiriche svolte in letteratura…………...……...……32

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2.2. Il pricing dei fondi etici……….43

CAPITOLO 3: Il metodo Data Envelopment Analysis (DEA) 3.1. Introduzione alla DEA: il modello di base………49

3.2. L’applicazione della DEA ai fondi comuni d’investimento etici………..58

CAPITOLO 4: Il mercato dei fondi socialmente responsabili in Europa 4.1. La situazione europea ……….………..63

4.2. Il mercato europeo dei fondi SRI per gli investitori retail……….67

CAPITOLO 5: L’applicazione del metodo DEA ai fondi etici europei 5.1. Il campione selezionato e l’applicazione della DEA………76

5.2. L’analisi empirica svolta………...81

5.2.1. Analisi dei fondi per paese di vendita ………..86

5.2.2. Austria………...89 5.2.3. Francia ………..92 5.2.4. Germania………...93 5.2.5. Gran Bretagna………...95 5.2.6. Italia………..97 5.2.7. Lussemburgo……….99 5.2.8. Olanda……….101 5.2.9. Svizzera………...103 5.2.10. Svezia………104

5.2.11. La situazione nei mercati minori ……….…….106

CONCLUSIONI……….…………110

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INTRODUZIONE

In questo lavoro si cercherà di tratttare in maniera quanto più possibile esaustiva il tema dell’investimento socialmente responsabile in Europa, in particolar modo quello effettuato attraverso l’acquisizione di quote di fondi comuni d’investimento etici (o fondi SRI), particolare tipologia di fondi che negli ultimi anni sta trovando larga diffusione.

La tematica, complessa ma al tempo stesso di stretta attualità, si presenta come una nuova frontiera del tradizionale investimento finanziario in fondi comuni, discostandosi però da quest’ultimo per una serie di elementi, primo fra tutti il fine. Questi strumenti finanziari, cercano, infatti, di combinare due aspetti apparentemente antiteci, ovvero il rendimento e l’eticità, cercando di spostare l’obiettivo finale; non si tratta più, dunque, di una mera massimizzazione del profitto, bensì vengono ricercati i rapporti ottimi tra quest’ultimo e la visione etica dell’investitore.

La trattazione cercherà in primis di chiarire gli elementi e le caratteristiche di questo settore, sviluppatosi in Europa solo in tempi recenti, provando a cogliere le differenze esistenti nei diversi mercati europei, dove una regolamentazione comune (nonostante sia estremamente necessaria) è ancora assente.

In particolare verranno presentate le diverse concezioni di investimento socialmente responsabile, le diverse varianti presenti nei mercati e i differenti sistemi di selezione etica (screening) delle attività attuati dai gestori dei fondi e dai practitioners.

Una volta chiarito che le ipotesi di un sacrificio etico (in termini di rendimento), di maggiori costi e maggiori commissioni, dovuti all’investimento in strumenti socialmente responsabili, non trovano conferma nella maggior parte delle evidenze empiriche e degli studi presenti in materia, si procederà con la presentazione del quadro europeo del mercato dei fondi SRI.

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Nella seconda parte del lavoro si è scelto di condurre un’analisi empirica sui fondi SRI attivi in Europa e disponibili per l’acquisto da parte della clientela retail; per fare questo si è scelto di restringere il campo ai soli fondi azionari.

Lo studio empirico, servendosi del Database messo a disposizione da Care Group, ha permesso di avere un quadro completo della situazione nei diversi mercati, sia per quanto riguarda i fondi domiciliati che per quanto riguarda quelli venduti in ogni paese.

Il vero punto di forza dell’analisi condotta, però, sta nel sistema di classificazione che si è scelto di utilizzare; mediante l’applicazione di uno strumento di analisi come la Data Envelopment Analysis è stato, infatti, possibile ordinare i fondi europei secondo classifiche comparative che tenessero in considerazione tutti gli aspetti rilevanti di questi strumenti, dai rendimenti ai costi e alle commissioni fino al grado di eticità.

In questo modo un investitore europeo che voglia comprendere le possibilità e le alternative che il proprio mercato interno o i mercati esteri offrono può trovare risposte dettagliate nel presente scritto.

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L’investimento socialmente responsabile e i fondi

comuni di investimento etici

1.1. La finanza etica e l’investimento socialmente responsabile

1.1.1. Premessa

L’etica è un concetto filosofico che si riferisce al rapporto esistente tra realtà e individuo indissolubilmente legato alla sua dimensione sociale; essa, etimologicamente riconducibile alla parola greca éthos può essere definita come l’insieme delle norme di condotta pubblica e privata prese a riferimento da un soggetto o da un gruppo di soggetti.

Si tratta, com’è evidente, di un concetto che si modifica in relazione al contesto di riferimento e alle caratteristiche dei soggetti che in questo contesto agiscono e che, pertanto, può racchiudere in sé elementi di soggettività e discrezionalità. Va sottolineato, inoltre, che nel tempo questo concetto è diventato sinonimo di codici e norme comportamentali e morali alle quali chi fa parte di un determinato gruppo sociale è tenuto ad aderire.

La finanza, pubblica e privata, è l’insieme degli strumenti e delle azioni che occorrono per recuperare capitali da investire in attività produttive: in primo luogo i risparmi.

Il legame fra questi due concetti, che apparentemente potrebbero sembrare antitetici, è stato oggetto di discussione nel corso degli anni, anzi si potrebbe dire dei secoli, in quanto (tralasciando le trattazioni Aristoteliche) già nel XVIII secolo iniziarono ad affermarsi i metodi matematici e gli approcci utilitaristici come gli unici strumenti in grado di valutare la realtà economica in modo oggettivo; la diretta conseguenza di questo atteggiamento è stata che l’economia non si è più occupata di valutare eticamente il comportamento umano.

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Negli ultimi decenni lo sviluppo della finanza ha raggiunto dimensioni inimmaginabili, che solo agli inizi del ‘900 sarebbero sembrate utopistiche, radicandosi nel sistema economico globale in un modo così profondo da diventarne parte integrante nonché imprescindibile. Date queste premesse e dato il sistema d’insieme, l’attività finanziaria si sviluppa caratterizzandosi prevalentemente per il suo fine meramente speculativo; essa vede nel profitto il suo principale obiettivo, da perseguire con mezzi e strumenti sempre più nuovi e sofisticati, indipendentemente dalle conseguenze che questi portano a livello di instabilità sistemica, che sono oramai sotto gli occhi di tutti.

In questo contesto, i nuovi percorsi di ricerca hanno rivalutato il ruolo dell’etica nell’analisi economica dei comportamenti umani, proponendo approcci alternativi; in tal senso un’attenzione particolare verso le questioni etiche nell’analisi dei fenomeni finanziari significa innanzitutto, sia per i risparmiatori che per i finanziatori, “porre una rinnovata attenzione alle conseguenze non economiche delle azioni propriamente economiche” (Ucodep, 2004).

Restituire al risparmio, al credito e agli investimenti finanziari la loro funzione sociale è dunque l’idea di fondo, nonché l’obiettivo, che si pone la finanza etica; in questo modo si vuol stabilire un rapporto (“legame sociale”) tra risparmiatori e finanziatori così che: i primi siano consapevoli delle conseguenze di natura non solo economica generate dall’impiego dei loro risparmi, mentre i secondi siano persone intenzionate ad investirli in attività che vadano incontro ai bisogni degli uomini e che consentano loro di partecipare ed aumentare il benessere sociale, di essere quindi “socialmente utili”.

La Finanza etica si configura dunque come un approccio alternativo all’idea di finanza comunemente inteso, un approccio che utilizza gli stessi strumenti e meccanismi di base (raccolta, intermediazione, prestito) ma che ne riassetta i valori di riferimento “mettendo al centro dei propri meccanismi la persona e non il capitale, l’idea e non il patrimonio, l’equa remunerazione dell’investimento e non la speculazione”. (Ucodep, 2004).

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Oggi, quindi, in presenza di innumerevoli proposte di finanza etica, diventa necessario, per non generare ulteriori confusioni, individuare una definizione di Finanza Etica1 che sia il più possibile chiara, coerente e soprattutto condivisa; bisogna però essere consapevoli del rischio che non esistendo nessuna norma nell’ordinamento giuridico italiano, ma anche in altri, riguardo l’uso della parola “etica” coniugato a prodotti finanziari, chiunque può utilizzare questo termine senza restrizioni di sorta (si veda Milano, 2001).

1.1.2. L’investimento socialmente responsabile

Legato al concetto di finanza etica vi è quello di investimento socialmente responsabile (ISR), il quale rappresenta il pensiero più ampio e sviluppato nel campo della finanza etica europea e forse mondiale. Da questo punto di vista attivo e proattivo l’investitore con un determinato livello di cultura finanziaria e di sensibilizzazione sociale si chiede quale sia il destino del suo denaro; la prima reazione è quella di opporsi al finanziare attività che egli considera inaccettabili dal punto di vista etico. In questo senso l’ISR si differenzia dal concetto di finanza etica che invece ha per protagonista un ente finanziario e sociale che distribuisce risorse (ad esempio con attività di microcredito) direttamente ai beneficiari.

Con ISR o SRI (Socially Responsible Investment) dunque si intende la pratica in base alla quale agli obiettivi della gestione finanziaria, cioè l’ottimizzazione del rapporto tra rischio e rendimento in un dato orizzonte temporale, vengono affiancate considerazioni di natura etica, ambientale, sociale e di governance (ESG); dette considerazioni risultano quindi imprescindibili nel processo d’investimento e vengono applicate nell’investimento responsabile

                                                                                                               

1  Con   la   risoluzione   n°   7/00275   dell’Ottobre   2003   la   Commissione   IV   della   Camera   dei   Deputati   ha   approvato   all’unanimità   la   mozione   sulla   Finanza   Etica   e   Solidale.   Grazie   a   tale   mozione   il   Governo   s’impegna   a   favorire   la   diffusione   della   stessa   come   possibile   strumento   aggiuntivo   di   sviluppo,   a   riconoscere   l’importanza   di   queste   iniziative   ai   fini   delle   politiche   d’inclusione  economica  e  sociale  e  a  lanciare  una  campagna  di  sensibilizzazione  dell’opinione   pubblica  e  all’affermazione  di  questo  efficace  strumento  di  lotta  alla  povertà.  L’approvazione   della   mozione   è   un   passo   fondamentale   nel   riconoscimento   del   valore   della   diffusione   della   Finanza  Etica  e  Solidale.  

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dalla fase di progettazione del prodotto all’analisi delle sue componenti sino alla scelta finale da parte dell’investitore.

Già da questa prima definizione si evince come l’ambito dell’ISR sia estremamente ampio e variegato; esso lascia, infatti, spazio ad interpretazioni che riguardano i molteplici e soggettivi aspetti dell’etica, che rendono i confini di questa materia estremamente sfumati.

Riprendendo quanto riportato da Eurosif2 nel suo ultimo studio si può affermare che: “SRI continues to embody aspects of a multi - faceted diamond in that its different shades and colours depend on the investor’s perspective” (Eurosif, 2010).

Risulta dunque indispensabile definire innanzitutto gli ambiti che rientrano nella sfera della responsabilità sociale (che verranno successivamente ap- profonditi), i quali possono essere così schematizzati:

Figura 1.1.: Aspetti dell’ESG.

Fonte: Anasf, 2010.                                                                                                                

2  Eurosif   (The   European   Social   Investment   Forum)   è   un   gruppo   pan-­‐europeo   la   cui   missione   è   di   stimolare   e   sviluppare   pratiche   di   investimento   socialmente   responsabile   e   migliori  modelli  di  corporate  governance.  I  membri  attuali  di  Eurosif  includono  fondi  pensione,   istituzioni   finanziarie,   istituzioni   accademiche,   associazioni   di   ricerca   e   ONG.   L’associzione   è   un’entita  not-­‐for-­‐profit  che  rappresenta  oltre  €600  mld  attraverso  i  suoi  membri.  I  principali   benefici   che   i   membri   ricevono   dall’appartenenza   ad   Eurosif   sono:   attività   di   lobbying,   informazioni   sull’investimento   socialmente   responsabile   e   iniziative   di   respiro   europeo   che   promuovono  lo  sviluppo  dei  settori  legati  all’ISR  e  alla  Corporate  Governance.  

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1.1.3. L’evoluzione storica del movimento SRI

Storicamente le prime forme di SRI risalgono al XVIII secolo, ovvero al momento in cui le correnti più rigorose del protestantesimo riconoscono l’incompatibilità rispetto alla dottrina cristiana delle scelte di investimento in attività economiche che facevano uso di schiavi o che erano direttamente collegate alla produzione e al commercio di armi, tabacco e alcolici, o coinvolte nel gioco d’azzardo. Il perseverare di questa tendenza si ritrova più compiutamente agli inizi del 1900 negli Stati Uniti dove, intorno al 1920, si aprì un primo grande dibattito sul tema del rapporto tra finanza ed etica; la Chiesa Mennonita, iniziatrice del dibattito, riteneva infatti non moralmente valido investire o depositare il risparmio in banche o attività economiche che investissero o svolgessero attività in contrasto con i principi morali cristiani. La prima grande conseguenza di questa discussione fu la creazione nel 1928 da parte dei mennoniti del primo fondo comune eticamente orientato, il Pioneer Fund, il quale cercava di investire il denaro raccolto escludendo quei tipi di società definite non etiche, i cosiddetti “titoli del peccato” (tabacco, alcool, armi…) e favorendone altre più meritevoli. L’importanza e la solidità del Pioneer Fund emersero sempre più nel corso degli anni, tanto che esso superò in maniera sostanzialmente positiva la crisi del 1929 e le depressioni finanziarie del XX secolo, tanto da arrivare ancora in vita fino ai giorni nostri sotto forma di gruppo di fondi, di cui solo alcuni però hanno mantenuto lo spirito etico originario (Ucodep, 2004).

L’affermazione dell’SRI in forme paragonabili a quelle odierne si colloca a margine della contestazione da parte delle organizzazioni studentesche universitarie americane nei confronti del coinvolgimento degli Stati Uniti nella guerra del Vietnam. Tra il 1960 e il 1970 per la prima volta anche il mondo laico (legato in questo caso ai movimenti pacifisti) mostrò apertamente interesse verso la destinazione del proprio denaro: iniziarono ad essere criticati gli investimenti di fondazioni e fondi pensione in imprese direttamente o indirettamente coinvolte

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nel conflitto, i quali erano presenti praticamente nella totalità dei portafogli gestiti.

Non esisteva negli USA, infatti, alcun fondo che non traesse profitto dalla guerra; per questo motivo nel 1971 due universitari metodisti fondarono il primo fondo comune di investimento socialmente responsabile moderno che escludeva i titoli della guerra o del “peccato” e che favoriva le società che dimostravano buone relazioni coi dipendenti e il rispetto dell’ambiente, il Pax World Fund, il cui scopo era: “contribuire alla pace nel mondo attraverso l’investimento in compagnie che producessero beni e servizi a sostegno della vita” (Regalli et al., 2005).

Un altro momento topico nell’evoluzione del concetto di SRI è rappresentato dalla lotta al regime segregazionista sudafricano intorno alla metà degli anni ’70, quando furono elaborati i cosiddetti “Sullivan principles”, principi comportamentali secondo i quali le imprese statunitensi che operavano in Sudafrica avrebbero dovuto applicare nei confronti dei lavoratori sudafricani gli stessi principi di equità e non discriminazione in vigore negli Stati Uniti. Presero così il via importanti iniziative di boicottaggio finanziario e di pressione sui manager e sui consigli di amministrazione delle multinazionali americane coinvolte in pratiche di apartheid che fecero registrare alcune clamorose vittorie.

Finalmente, a partire dagli anni ’80, il fenomeno dell’SRI iniziò a diffondersi anche in Europa: nel 1984 nel Regno Unito viene infatti lanciato il fondo Friends Provident’s Stewarship Trust da parte della Friends Provident, una compagnia assicurativa legata al movimento quacchero. In realtà già un anno prima, nel 1983, era nato l’EIRIS (Experts in Responsible Investments Solutions) una società di servizi, espressione della Chiesa Quacchera, che nasce con l’obiettivo di fare da supporto a tutti gli investitori o potenziali tali che volessero investire seguendo principi e linee etiche, attraverso la creazione di un ampio sistema informativo. L’EIRIS rappresenta tutt’oggi uno dei più autorevoli istituti in tema di finanza etica, le cui pubblicazioni annuali contenenti tutte le informazioni e gli aggiornamenti sugli sviluppi della materia fungono da guida per tutti gli

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investitori. Nonostante il mercato SRI in Europa abbia preso piede solo in epoca recente, va sottolineato come questo movimento si sia da subito contraddistinto per una elevata dinamicità e capacità di iniziativa, che ha portato all’introduzione in tempi relativamente brevi di importanti novità, come il Social Index, un paniere di azioni di società selezionate come leaders nelle performance sociali ed ambientali introdotto nel 2000. Da segnalare, inoltre, nello stesso anno la creazione del FTSE4GOOD, che rappresenta la famiglia degli indici sociali, e l’introduzione nel 2001 nel mercato americano dei Dow Jones Sustainability Indexes. Sempre nel 2001 è stato lanciato il già citato Eurosif, il quale pone l’accento sull’unione delle forze dei vari stati europei (Germania, Austria, Svizzera, Olanda, Italia, Inghilterra) proprio sulla questione degli SRI, diventando nel corso del tempo uno dei più importanti provider di informazioni su questo settore in Europa.

TIMELINE SRI SERVICES3

1928 – lancio del Pioneer fund, primo fondo comune eticamente orientato

1971 – lancio del Pax World Fund, primo fondo comune d’investimento socialmente responsabile moderno

• 1983 – nascita dell’EIRIS

1984 – lancio del primo fondo socialmente responsabile europeo, il Friends Provident’s

Stewarship

• 1991 – nasce la prima organizzazione associativa SRI, l’UKSIF • 2000 – introduzione del Social Index e del FTS4GOOD

2001 – nascita di Eurosif e lancio del Dow Jones Sustainability Indexes 2005 – la UK Climate Change Act diventa legge, la prima di questo tipo

• 2008 – si tiene in Gran Bretagna la prima “settimana nazionale dell’investimento etico”, un’iniziativa dell’UKSIF per promuovere l’investimento etico e sostenibile tra gli investitori retail

• 2010 – il mercato SRI raggiunge i 5 trilioni di euro, con un incremento dell’87% negli ultimi due anni

2011 – lancio della Global ESG Leaders Index family

                                                                                                               

3  Rielaborazione   propria   di   Industry   Timeline   (http://www.sriservices.co.uk/about-­‐ sri/evolution-­‐of-­‐sustainable-­‐and-­‐responsible-­‐investment).  

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Da questo breve riassunto sulla storia della finanza e del mondo etico più in generale, possono essere tratte alcune importanti osservazioni; in primo luogo si può osservare come i movimenti religiosi (in primis la Chiesa) e gli ambientalisti abbiano avuto un ruolo trainante sulla domanda di questi prodotti e abbiano contribuito in maniera decisiva allo sviluppo di questo settore sin dalle sue origini. Da un lato gli investitori religiosi hanno dimostrato, infatti, che determinati valori potevano essere inseriti all’interno di un processo d’investimento ancor prima che i fondi etici fossero accessibili al pubblico, mentre dall’altro lato gli ambientalisti hanno contribuito all’inserimento di molti criteri etici che riflettono i loro valori e quelli di molti altri potenziali investitori insoddisfatti.

Questa osservazione pone l’accento su un aspetto che contraddistingue la nascita di questi fondi e che può esser vista come un fattore determinante per il loro sviluppo futuro, ovvero il fatto che “the launching of these funds was demand driven rather than supply driven” (Kreander, 2001).

1.2. I fondi comuni etici d’investimento

1.2.1. Definizione

I fondi comuni di investimento etici o, come vengono più comunemente chiamati, fondi etici sono uno degli strumenti che rientrano nell’offerta di prodotti della finanza etica4, finalizzati al soddisfacimento delle esigenze di quella parte degli investitori orientati verso l’investimento socialmente responsabile e sensibili nei confronti delle tematiche ambientali e sociali.

                                                                                                               

4  L’attuale   contesto   della   Finanza   Etica   è   rappresentato   da   una   complessa   e   diffusa   presenza   di   svariate   attività   etiche   in   tutto   il   mondo.   In   particolare,   ad   oggi   si   utilizzano   per   attività   finanziarie   eticamente   orientate,   i   seguenti   strumenti:   fondi   comuni   di   investimento,   fondi   pensione,   banche   etiche,   cooperative   finanziarie,   cooperative   di   credito,   fondazioni   e   associazioni.  

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Questi fondi rientrano nella più vasta categoria dei fondi comuni di investimento ed in quanto tali possono essere distinti in base alle consuete classificazioni applicate ai prodotti tradizionali (mobiliari e immobiliari, chiusi e aperti, azionari–obbligazionari-bilanciati-liquidità-flessibili e relative specializ- zazioni); essi si caratterizzano e si distinguono per il fatto che investono il loro patrimonio in imprese, settori o aree geografiche che vengono selezionati sulla base di criteri etici più o meno rigorosi e sofisticati.

In Italia, riprendendo la definizione di Assogestioni,5 “si qualifica etico un fondo che sulla scorta di una propria definizione operativa del concetto di eticità:

- ha una politica di investimento che vieta l’acquisto di un insieme di titoli e/o privilegia l’acquisto di titoli sulla base di criteri diversi dalla massimizzazione del rendimento atteso e/o

- si attiene a un processo di investimento secondo principi diversi dalla sola massimizzazione del rendimento atteso (corporate governance del fondo)”.

Sempre secondo quanto riporta Assogestioni, “tale definizione è indipendente dalle specifiche modalità di applicazione dei criteri di eslusione/inclusione (comitato “etico” interno, società di consulenza, selezione esterna, benchmark)” (Assogestioni, 2009).

Senza entrare nel merito dei vari criteri di selezione e screening dei titoli utilizzati dai fondi etici, che verranno analizzati in seguito, da questa definizione si evince come siano lasciati ampi spazi alla libertà di ogni singolo fondo

                                                                                                               

5  Assogestioni   è   l'associazione   italiana   dei   gestori   del   risparmio.   Nata   nel   1984   per   iniziativa   delle   prime   società   di   gestione,   rappresenta   oggi   oltre   290   associati,   tra   cui   la   maggior  parte  delle  SGR  italiane  e  delle  società  di  investment  management  straniere  operanti   in   Italia,   diverse   banche   e   imprese   di   assicurazione   che   operano   nell’ambito   della   gestione   individuale  e  della  previdenza  complementare.  L’associazione  assiste  i  suoi  membri  offrendo   consulenza   e   supporto   tecnico   su   tematiche   legali,   fiscali,   operative   e   promuove   un   dialogo   costante  con  gli  operatori  del  settore  e  le  istituzioni  sui  temi  dell'investimento,  della  tutela  del   risparmio,   della   corporate   governance   e   dell'innovazione   regolamentare   e   operativa   dell'industria.  

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riguardo alla gestione, la quale deve attenersi fondamentalmente ai principi della finanza etica ma all’interno dei quali il fondo ha la piena libertà operativa.

Come chiarisce la Consob, questo modus operandi è da intendersi come quel “processo di investimento fondato sui criteri di selezione dei titoli che non si pongono, come fine esclusivo, la massimizzazione dei rendimenti (dato un certo grado di rischio) ma anche la salvaguardia di valori universali quali l’equità sociale, la protezione dell’ambiente e della salute, lo svolgimento dell’attività economica nel rispetto degli interessi di tutti gli stakeholder e più in generale dei cittadini” (Consob, 2007).

Detto questo, bisogna sottolineare come nel corso del tempo si siano moltiplicati i prodotti disponibili sul mercato che si definiscono “etici” e per questo motivo può risultare difficile per l’investitore comprendere quali tra essi possono davvero meritare questo aggettivo. A tal fine risulta importante effettuare una prima distinzione, classificando i fondi etici in due macrocategorie: i fondi caritativi e i fondi socialmente responsabili.

- I Fondi caritativi, in cui l’elemento etico che caratterizza l’investimento è rappresentato dalla solidarietà, prevedono che l’investitore offra in beneficienza una quota dei profitti o delle commissioni a organizzazioni no profit o ad iniziative di solidarietà; essi non utilizzano alcun criterio di selezione delle partecipazioni ma si limitano solamente ad indirizzare queste somme al sostenimento di iniziative solidaristiche. Questo tipo di fondi, definiti in letteratura come “charity” sono stati i primi a diffondersi nei mercati considerati giovani a livello di SRI, come Italia e Francia, e rappresentano tutt’ora una buona fetta del mercato; un’analisi di settore condotta su 31 fondi italiani nel 2009 mette in luce questa situazione ed evidenzia come 21 di questi fondi prevedessero la possibilità di donare parte dei profitti ad iniziative solidaristiche da parte dell’investitore o della società d’investimento (si veda Signori, 2009) (la situazione attuale, oggetto di

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questo studio sarà presentata nel capitolo 4). Sembra comunque evidente che in Italia il fatto di associare il concetto di etica al concetto di “solidarietà” trovi le sue basi in una vera e propria componente culturale e sociale spinta dai principi e dalla forte presenza della chiesa cattolica. Nella definizione di “Fondi socialmente responsabili”, sia a livello italiano che a livello internazionale, i fondi “charity” vengono esclusi in quanto prevale una accezione restrittiva dei fondi etici, dai quali questi vengono separati (si veda Viganò, 2001). Il motivo, come precedentemente anticipato, è da ricercarsi nelle modalità di investimento, dal momento che le società in cui il fondo investe (e da cui si ricavano gli utili) non sono sottoposte ad alcuno screening etico; questa tipologia di fondi, dunque, non si pone in un’ottica critica né rispetto all’uso del denaro né rispetto al modo di vivere le situazioni economiche come imporrebbero invece i principi della finanza etica ma si affida solamente alla devoluzione, la quale viene utilizzata per evidenziare le caratteristiche di eticità del prodotto ed agevolarne il collocamento.

- I Fondi socialmente responsabili sono caratterizzati dall’elemento etico della “responsabilità sociale”; questi fondi, infatti, operano una accurata selezione dei titoli da inserire in portafoglio i quali devono rispettare precisi parametri etici (come il rispetto dell’ambiente, dei lavoratori, degli stakeholder ecc..) caratterizzanti il fondo stesso, cercando di canalizzare il risparmio gestito verso aziende considerate meritevoli in questo senso. A questo scopo vengono istituiti i Comitati di controllo etico e nominati gli Advisor etici (società di certificazione etica), i quali rientrano per l’appunto nel sistema di controllo dell’eticità dell’investimento posto in essere. Il comitato etico è un organo, con funzioni consultive e di indirizzo, che definisce i criteri di eticità e le linee guida che la società gestore del fondo deve adottare nell’amministrazione dei fondi etici stessi. Anche in questo campo però

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molto spazio è lasciato alla libertà delle società di gestione stesse poiché ad oggi i comitati dei vari fondi (anche all’interno di uno stesso mercato) presentano notevoli differenze riguardo a molti aspetti come il loro ruolo, i processi di selezione dei membri, la frequenza delle riunioni, gli strumenti utilizzati per le comunicazioni agli investitori e le relazioni con gli esperti esterni (si veda Regalli at al., 2005). Gli advisor etici invece sono società e/o istituti di ricerca, riconosciuti a livello internazionale, che analizzano, controllano e classificano le imprese esprimendo un giudizio non solo finanziario ma anche sociale ed ambientale definito rating etico ed in molti casi si occupano della certificazione del portafoglio di investimento.

1.2.2. Criteri e tecniche di selezione degli investimenti etici

Sebbene non esistano parametri oggettivi universalmente riconosciuti per definire l’eticità di un investimento né regole generali nel processo di selezione degli investimenti etici, nella prassi è possibile individuare alcuni criteri, caratterizzati da gradi di complessità crescente, che consentono di effettuare delle distinzioni, così come proposto dalla maggior parte degli studi in materia.6

I vari fondi, gestori e fornitori (providers) di prodotti etici coprono un’ampia gamma di tematiche e utilizzano approcci diversi che mirano a soddisfare le esigenze dei rispettivi investitori e/o target di mercato; nell’ambito degli investimenti responsabili i principali approcci (strategie) che vengono utilizzati sono:

1. Screening etico: a) screening negativo; b) screening positivo;

2. Cause based investing (community investing); 3. Shareholder activism (shareholder advocacy);

                                                                                                               

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Ogni fondo utilizza un processo di selezione proprio il quale potrebbe prevedere una combinazione di tutti e tre questi approcci, o di due di questi o l’utilizzo di uno soltanto; a fronte di questa libertà di scelta le regole europee sulla trasparenza impongono che la scheda informativa sui prodotti, realizzata dalla società di gestione, debba esplicitare quali approcci vengano adottati, così come consigliato dal Codice Europeo sulla Trasparenza7 e dalla normativa

Consob.8

1. Lo screening etico può essere così suddiviso e definito:

a) Screening negativo o esclusione: è l’approccio comunemente più riconosciuto nell’ambito degli investimenti responsabili, oltre ad essere storicamente la strategia utilizzata dai primi fondi etici. Esso implica l’esclusione di aziende o settori che non rispettano gli standard ESG-E alla base della gestione di quel determinato prodotto. Anche se non necessariamente i criteri usati dalle Sgr nella gestione dei fondi etici devono essere identici, ne esistono alcuni che sono pressoché universalmente riconosciuti ed utilizzati; i principali elementi discriminanti nella valutazione sono: il settore di attività, le politiche ambientali, le politiche sociali e di governance (si veda la figura 1.1). Per quanto riguarda il settore di attività, si evita l’investimento in società che presentano un coinvolgimento nella fabbricazione e/o nel commercio di armi, tabacco, alcool, pornografia, gioco d’azzardo ed energia nucleare. I fondi americani, inoltre, guardano anche al rispetto della privacy, della proprietà intellettuale, della libera concorrenza, così come alla manipolazione genetica. Spesso le società di consulenza specializzate

                                                                                                               

7  European  SRI  Transparency  Code.  

http://www.eurosif.org/publications/european_sri_transparency_code.

8  La   Consob   ha   emanato   la   delibera   16190   del   29   Ottobre   2007   che   ha   previsto   lʼinserimento   del   libro   VII   (Disposizione   in   materia   di   finanza   etica   o   socialmente   responsabili),   composto   da   due   articoli   (art.   89   e   art.   90)   allʼinterno   del   Regolamento   Intermediari  n.  16190  del  29.10.2007  che  impone  obblighi  informativi  e  di  rendicontazione,  in   aggiunta   agli   obblighi   già   previsti   per   i   prodotti   finanziari,   per   i   soggetti   che   promuovono   prodotti  o  servizi  definiti  “etici”  o  socialmente  responsabili.  

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fissano una soglia limite per cui le aziende inserite nei fondi etici possono agire nel comparto “non socially responsible”; si tratta comunque di percentuali di fatturato molto basse. Per quanto riguarda le politiche ambientali, i settori più penalizzati sono quelli minerario e petrolifero. Col termine “politiche sociali” si intendono, invece, le relazioni con il mercato, i lavoratori, i consumatori, gli investitori e le comunità locali. Si evita di investire quindi in società che impediscono la libertà di associazione sindacale e non rispettano i diritti umani. Nel caso dell’investimento in bond statali, per esempio, uno dei più diffusi criteri negativi è rappresentato dalla presenza di un regime oppressivo lesivo delle libertà dei cittadini. La selezione sui bond emessi da enti governativi presenta tuttavia caratteri di rilevante imprecisione, perché non sempre è possibile ipotizzare ex ante quali progetti verranno finanziati con gli introiti derivanti dal collocamento del debito.

b) Screening positivo o inclusione. In aggiunta ai criteri negativi i gestori di fondi socialmente responsabili possono adottare anche criteri positivi finalizzati all’inclusione di imprese che, secondo alcuni parametri sociali, contribuiscono allo sviluppo sostenibile. Come per i criteri negativi, anche quelli positivi possono presentare gradi di articolazione e complessità crescente in quanto possono attenersi alla sfera delle politiche ambientali sociali o di governance piuttosto che ad aspetti interni o esterni delle politiche aziendali. I criteri di inclusione basati sul rispetto delle politiche ambientali selezionano le imprese che contribuiscono allo sviluppo sostenibile dell’ambiente e che quindi, ad esempio, usano fonti di energia rinnovabili, tutelano l’ambiente mettendo in pratica misure preventive sulle immissioni inquinanti o adottano pratiche coerenti nella scelta dei processi produttivi e della qualità dei prodotti; i fondi che manifestano particolare enfasi su questo aspetto vengono spesso definiti “fondi verdi”. Altri fondi piuttosto che focalizzarsi sui settori economici virtuosi si concentrano sulle imprese virtuose all’interno di ogni settore economico,

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secondo il cosiddetto approccio “Best in class”; la selezione così effettuata avviene attraverso l’applicazione di un rating di sostenibilità alle imprese. Così, per esempio, un fondo che investe sul petrolio può adottare un approccio “Best in class”, selezionando la compagnia petrolifera con la migliore gestione ambientale. Questo approccio consente ai gestori di combinare criteri etici e finanziari. Se più imprese hanno uno stesso rating derivante dallʼapplicazione dei criteri convenzionali di rischio e rendimento, il gestore può ulteriormente selezionarli applicando i prescelti criteri ESG, così da identificare la società con la migliore performance complessiva (Anasf, 2010).

2. Il Cause-based investing, che letteralmente viene tradotto con “investimento basato sulle cause”, sta ad indicare la possibilità di finanziare e sostenere investimenti/ partecipazioni al capitale/ finanziamenti mirati verso coloro che rientrano nella categoria dei soggetti considerati “non bancabili” dalle istituzioni finanziarie tradizionali. Tale strategia ha come obiettivo il supporto di cause particolari o di precise attività meritevoli attraverso l’applicazione di condizioni o tassi agevolati. Questa strategia viene sovente interpretata secondo un’altra accezione, quella di “community investing” (che a livello di SRI comprende anche il microcredito), in quanto il denaro raccolto viene spesso investito per sostenere comuntà locali, creando ad esempio posti di lavoro o fornendo alloggi ai senza tetto.

3. L’ultima, ma particolarmente importante, strategia utilizzata nella gestione di portafogli etici è lo Shareholders advocacy (o activism); essa comprende apposite politiche di azionariato attivo applicabili nei confronti delle società emittenti prescelte per l’investimento, al fine di condizionarne il comportamento in funzione dei criteri di responsabilità sociale. L’azionariato attivo, infatti, permette alla società di gestione di esercitare pressioni affinché le imprese nelle quali investe mantengano un elevato profilo di responsabilità sociale, e

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rinnovino, nel tempo, il proprio impegno nella tutela dell’ambiente, nel rispetto dei diritti umani e dei lavoratori, nella promessa di una gestione manageriale trasparente. Tali pressioni possono assumere la forma di semplici contatti con i vertici dell’azienda, attraverso cui la Sgr si limita a richiedere maggiori informazioni, cercando un confronto diretto sulle questioni che attengono al profilo socio-ambientale dell’azienda (politiche di soft engagement); in altri casi, la Sgr che ha acquistato titoli di una società quotata può scegliere di utilizzare l’esercizio del diritto di voto in sede di assemblea degli azionisti come strumento pregnante di orientamento del comportamento della società (politiche di hard engagement). 9

I programmi di azionariato attivo tendono a essere più fluidi e dinamici, al passo con i temi di attualità (e dʼinteresse per i gestori). Un investimento esclusivamente basato su tale approccio, non dovrebbe essere offerto sulla base dellʼimpegno rispetto ad una specifica tematica, a meno che il gestore del fondo si impegni a mantenere un dato impegno su base continuativa. Così, i fondi che praticano lʼazionariato attivo, senza però effettuare uno screening sul loro portafoglio, non sono tradizionalmente commercializzati come fondi SRI, anche se recentemente si sono tuttavia verificati dei cambiamenti in tal senso (si veda Anasf, 2010).

La classificazione sopra proposta non è l’unica che può essere adottata per effettuare una distinzione basata sulle strategie e sui criteri di selezione, in quanto società impegnate nel supporto e nello sviluppo degli investimenti sostenibili propongono classificazioni alternative; è questo il caso di Ethibel10 ed Eurosif.

                                                                                                               

9  L’azionista  che  partecipa  alle  assemblee  delle  società  di  cui  ha  acquistato  i  titoli  cerca  di   proporre  iniziative  riguardanti  la  corporate  governance  o  la  responsabiltà  sociale  dell’azienda.   Un   esempio,   riportato   in   Duprè   (2004),   è   quello   di   Coca-­‐Cola   e   PepsiCo   alle   quali   è   stato   chiesto  da  alcuni  fund  manager  di  aumentare  l’ammontare  di  plastica  riciclata  utilizzata  nella   produzione  di  nuove  bottiglie.  

10  Il  gruppo  Ethibel  è  un’associazione  senza  scopo  di  lucro  che  si  occupa  di  consulenza  e   ricerca.  Nata  nel  1992  a  Bruxelles  per  volontà  di  una  serie  di  ONG  impegnate  nel  campo  della   finanza   socialmente   responsabile,   dell’azionariato   critico,   della   cooperazione   allo   sviluppo   e   del   commercio   equo   e   solidale,   si   occupa   di   temi   connessi   alla   responsabilità   sociale   delle   imprese   e   agli   investimenti   socialmente   responsabili,   in   modo   da   bilanciare   il   progresso   economico,  la  protezione  dell’ambiente  e  la  giustizia  sociale.  

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Per quanto riguarda Ethibel essa propone una particolare classificazione dei fondi SRI, la quale riconduce le categorie individuate a periodi temporali distinti, classificati in quattro generazioni di fondi etici:

- Fondi di prima generazione: applicano solo criteri negativi;

- Fondi di seconda generazione: applicano screening sia positivo che negativo in merito a tematiche di interesse sociale e ambientale;

- Fondi di terza generazione: sono quei fondi che, oltre a quanto previsto per i fondi di prima e seconda generazione, considerano anche la gestione dell’impresa nel suo complesso analizzando le politiche interne, le relazioni con l’ambiente sociale, gli impatti dell’attività di produzione sul territorio e gli aspetti etici delle politiche economiche della società;

- Fondi di quarta generazione: oltre a prestare attenzione agli aspetti precedentemente analizzati, valutano il dialogo con gli stakeholders ed il rispetto dei loro diritti.

A completamento del quadro delle diverse classificazioni degli SRI in base ai differenti metodi di selezione di titoli ed imprese vi è la distinzione proposta da Eurosif nel 2002 tra Core SRI e Broad SRI (Eurosif, 2003). Questo approccio mira ad aiutare gli investitori a semplificare quella che è a tutti gli effetti una materia molto articolata, all’interno della quale sono presenti molti approcci differenti; la scelta di Eurosif non è stata quella di proporre una classificazione netta e statica ma, al contrario, una classificazione dinamica, che tenga conto dei cambiamenti che avvengono in questo mercato, come dimostrano per esempio le modifiche effettuate dalla società nel 2010 su ciò che rientra nell’ambito del Core SRI.11

                                                                                                               

11  La  precedente  suddivisione  proposta  da  Eurosif  (in  vigore  fino  al  2010)  che  distingueva   tra   Core   e   Broad   SRI,   prevedeva   per   esempio   l’inclusione   nel   primo   di   tutti   quei   fondi   che   effettuavano   “ethical  exclusion”   mentre   nel   secondo   tutti   quelli   che   utilizzavano   “norm  based  

screening”   .   Con   l’evolversi   del   mercato   questa   soluzione   lasciava   spazio   a   fraintendimenti   e  

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Ad oggi la suddivisione tra Core e Broad SRI prevede:

o Core SRI è composto dalle seguenti strategie (con possibili combinazioni): - Norms and values based exclusions – con norms based exclusion viene

inteso il processo di identificazione ed esclusione, dall’universo dei possibili investimenti, di quelle società che violano determinati principi (tipicamente quelli legati agli standard internazionali in tema di legalità, etica e ambiente); forma di SRI molto popolare in Norvegia e Svezia. Con values based exclusions, invece, si fa riferimento alle esclusioni in cui vengono applicati più di due criteri negativi o filtri. Questa strategia è la più utilizzata (come evidenziato in Figura 1.2), ed è molto diffusa in Olanda e nei paesi del nord Europa;

- Best in class – approccio già trattato, che prevede la scelta delle cosiddette “too performing companies” all’interno di un determinato settore o categoria; l’approccio best in class è molto utilizzato in paesi come Belgio, Finlandia e Francia;

- SRI thematic funds – rappresenta la categoria all’interno della quale ricadono tutti quei fondi monotematici la maggior parte dei quali è rappresentata da quelli che investono nel settore dell’energia pulita (sebbene il range di tematiche in cui questi fondi investono sia in continua espansione).

Figura 1.2: Strategie Core SRI

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o Broad SRI è composto da tre differenti strategie (che possono essere combinate tra loro):

- Simple exclusions – esclusione di fondi, che prevede l’utilizzo di non più di due criteri negativi; molto diffuso in paesi come Italia, Belgio e Svezia;

- Engagement – con questo termine viene intesa la strategia che mira, mediante l’utilizzo dell’investimento finanziario, a coinvolgere e a far pressione sulle imprese in modo da orientarle verso comportamenti socialmente responsabili. Essa è molto diffusa nel Regno Unito ma risente molto delle differenze culturali tra i vari paesi europei ed è quindi soggetta a diverse interpretazioni all’interno dell’Unione Europea;

- Integration – “is the explicit inclusion by asset managers of ESG-E risk factors into traditional financial analysis” (Eurosif, 2010). Essa rappresenta la strategia più importante all’interno del segmento Broad, in quanto vede 2,8 trilioni di euro gestiti secondo questa pratica nel 2010, la maggior parte dei quali in Belgio e Olanda.

Figura 1.3: Strategie Broad SRI

Fonte: Eurosif (2010).  

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Parlando in termini generali, i “Broad SRI practitioners” tendono ad essere i grandi investitori istituzionali, che considerano questo segmento il più importante nonché di maggior interesse dal momento che risulta essere il meno selettivo, con la diretta conseguenza che il volume gestito di queste masse è notevolmente più elevato rispetto a quello Core (si vedano le figure 1.4-1.5-1.6).

Figura 1.4: Core e Broad SRI in Europa, 2002-2009.

Fonte: Eurosif (2010).

Figura 1.5: Percentuale di Core e Broad SRI sul totale degli assets

gestiti per nazione.

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Figura 1.6: Investitori Istituzionali vs Retail per nazione.

Fonte: Eurosif (2010).

Nonostante Eurosif cerchi di separare quanto più chiaramente possibile i confini di questi due segmenti, essi non sempre sono ben definiti, a causa del fatto che molte tecniche che appartengono a due diversi settori vengono usate di concerto, come per esempio ethical exclusion ed engagement. Questo rende più difficoltosa una distinzione e classificazione netta di quali fondi rientrino nell’uno o nell’altro settore ed emerge il rischio di un doppio conteggio di quelle attività che stanno sia nel Core che nel Broad SRI; per evitare questo problema Eurosif ha scelto di inserire queste masse gestite solamente all’interno del Total Core SRI.

1.2.3. Il grado di eticità e la trasparenza dei fondi SRI

Negli ultimi dieci anni il mercato dei fondi SRI è incrementato notevolmente, tanto che i fondi comuni catalogati con questa etichetta sono passati da circa 300 a più di 800 in Europa. Questo esponenziale quanto veloce sviluppo ha fatto sì che chiunque si affacci a questo settore, sia esso un investitore istituzionale o retail, riscontri grandi difficoltà nella scelta e nell’identificazione del prodotto che più si addice alle sue necessità e ai suoi

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valori, a causa anche della mancanza di una regolamentazione chiara ed univoca. La situazione europea si presenta quindi molto variegata poiché tra i fondi che si definiscono etici si trovano, di fatto, realtà con modelli di gestione diversi.

Per una scelta corretta e consapevole, che conduca alla selezione dei prodotti che meglio soddisfano le finalità etiche dell’investitore, risulta ovviamente determinante conoscere i criteri adottati dai gestori, ma questo non può considerarsi sufficiente. I potenziali investitori dovrebbero, infatti, riuscire ad esaminare concretamente i principi a cui si ispirano le scelte di investimento dei fondi che intendono acquistare, cosa non sempre fattibile (data la poca trasparenza) e comunque non facile; essi dovrebbero prendere in esame tutte le documentazioni sui vari fondi e sui relativi gestori per poter avere un quadro chiaro e completo di tutte le peculiarità, con il rischio di non essere comunque in grado poi di effettuare una valutazione comparativa efficace.

Per tale motivo recentemente si è cominciato ad utilizzare un indicatore numerico che fornisca una sintesi dei vari aspetti legati alla responsabilità sociale e sostenibile dei fondi di investimento. Sulla base di tale valore numerico, i fondi socialmente responsabili possono essere ordinati e suddivisi in classi di rating; si è iniziato quindi a parlare di rating etico dei fondi di investimento, intendendo con tale locuzione un sistema di ordinamento e classificazione dei fondi etici costruito sulla base di considerazioni relative ad aspetti legati alla responsabilità sociale e sostenibile dei fondi, in analogia con quanto avviene con i sistemi di rating finanziario (per approfondimenti si veda Funari, 2011).

Il rating etico mette insieme diversi aspetti importanti che riguardano tutto ciò che in un rating finanziario non viene considerato e che deve essere assolutamente preso in considerazione in questo tipo di valutazioni, come per esempio i valori, i principi, i metodi seguiti e la disponibilità di informazioni (Koellner et al., 2005).

Con il crescente sviluppo di questi strumenti hanno iniziato a diffondersi numerose società specializzate, che nascono con il duplice scopo di effettuare questa raccolta di informazioni e di rielaborare i dati ottenuti, in modo da

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agevolare gli investitori fornendo per ciascun fondo monitorato un punteggio finale, che sintetizza in un unico valore i diversi aspetti legati alla performance sociale dei fondi analizzati. A livello europeo alcune delle società che offrono questi servizi sono ad esempio: Ofe (Osservatorio finanza etica), GOE (Gesellschaft fur Organisation und Entscheidung m.B.H.), Care Group, Ethical Investors e NIS (Natural Investment Services).

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Le performance dei fondi etici

2.1. Coniugare rendimento ed eticità

Come già precedentemente anticipato, il mercato dei fondi SRI negli ultimi anni ha avuto un incremento notevole, sottolineato dall’aumento continuo del numero di fondi e delle attività gestiti in un’ottica socialmente responsabile e sostenuto dal crescente interesse delle SGR verso questo settore; quest’ultime, infatti, ampliano la gamma di fondi etici al loro interno, arrivando in alcuni casi ad avere una dimensione completamente etica (in Italia “Etica SGR” ne è un esempio)12. Questo sviluppo esponenziale può essere giustificato sicuramente dalla crescente attenzione degli investitori verso tematiche ambientali-sociali nonché nei confronti dell’insieme di valori che ognuno di questi fondi incorpora, ma questo forse non è sufficiente. Se dimostrato, il contraltare del “sacrificio etico” in termini di rendimento, dovrebbe essere infatti, almeno in parte, un freno alla diffusione di questi strumenti, o perlomeno un deterrente abbastanza influente.

Fin dalle origini di questa nuova concezione d’investimento ci si è chiesti quale potesse essere la dimensione del “sacrificio etico” che l’investitore deve sopportare, dal momento che coloro che si affacciano a questo mondo sono pur sempre investitori ed in quanto tali si attendono rendimenti in linea col profilo di rischio che andranno ad assumere (fermo restando che si tratta comunque di persone che antecedono i valori etici ai rendimenti13). Diviene fondamentale dunque condurre delle analisi mirate relativamente alle performance di questi

                                                                                                               

12  Etica  SGR,  nata  nel  2003,  è  l’unica  società  di  gestione  del  risparmio  italiana  ad  istituire  e   promuovere   esclusivamente   fondi   comuni   d’investimento   socialmente   responsabili   (Sistema   Valori   Responsabili)   con   lo   scopo   di    rappresentare   i   valori   della   finanza   etica   nei   mercati   finanziari.  

13  Come  si  legge  in  Hoffman  at  al.  (2009):  “Ethical  investors  are  also  motivated  by  the  belief  

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fondi per capire se esista o meno questo sacrificio e se esso sia in qualche modo legato alle decisioni di selezione adottate dai fondi o se sia riconducibile a maggiori costi ed oneri a carico degli acquirenti.

In merito all’analisi dei rendimenti è possibile fare delle prime osservazioni basate sugli studi teorici, principalmente legati ai fondamenti della gestione di portafoglio, per poi vedere in dettaglio quanto riportato dagli studi empirici svolti dai maggiori studiosi sul tema nei mercati SRI più sviluppati.

2.1.1. Considerazioni teoriche

Da un punto di vista teorico, i fondi che applicano criteri ESG (Enviromental, Social, Governance) nella selezione dei titoli da detenere vedono restringersi l’universo di scelta rispetto ai comuni fondi di investimento: secondo la teoria finanziaria, ponendo dei limiti alle scelte di investimento, il portafoglio di titoli risultante potrebbe essere meno efficiente di uno privo di vincoli. Ridurre il panorama d’investimento potrebbe dunque contribuire ad aumentare il rischio complessivo a causa della ridotta diversificazione possibile. Secondo la teoria di Markowitz14, infatti, scegliere di ridurre i titoli da inserire in portafoglio al sottoinsieme dei titoli di imprese che rispettano criteri di responsabilità sociale comporta una rinuncia rilevante in termini di rendimento, causato da una riduzione della diversificazione con l’effetto di incrementare il rischio. Regalli et al. (2005) riporta come “alcuni studi hanno effettivamente dimostrato che, calcolando la performance dell’investimento etico in termini di varianza, utilizzata quale tradizionale quantificatore di rischio, esiste un “sacrificio etico” (dato dalla differenza tra la varianza di un portafoglio non vincolato e la varianza di un portafoglio esclusivamente etico): esso è tanto più marcato quanto maggiore sarebbe la possibilità di diversificazione.”

                                                                                                               

14  Harry   Markowitz,   economista   statunitense   premio   Nobel   per   l’economia   nel   1990,   fu   uno   dei   più   importanti   studiosi   in   tema   di   ottimizzazione   della   rendita   dei   portafogli;   egli   elaborò   agli   inizi   degli   anni   ’50   la   cosiddetta   “teoria   di   portafoglio”,   presentata   nell’articolo   “Portfolio  selection”  del  1952.    

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Vi sono però alcuni aspetti che portano a ritenere sopravvalutato questo sacrificio etico dell’investimento. Esso non deve essere, infatti, valutato solo in termini di rischio: una migliore valutazione della rinuncia sopportata dall’investitore etico richiederebbe di confrontare le frontiere rischio-rendimento ottenibili sia con i titoli del portafoglio etico, sia con i titoli del portafoglio globale, data una struttura di covarianze e di rendimenti dei titoli medesimi.

Il contributo di un titolo alla varianza del portafoglio di mercato è infatti dato principalmente dalla somma ponderata delle covarianze del titolo con gli altri titoli sul mercato: all’aumentare del numero di titoli sul mercato, il contributo della sola varianza diventa sempre più piccolo. Questo significa che il danno prodotto sulla performance del portafoglio etico si riduce in modo considerevole al crescere del numero dei titoli presi in considerazione. Ne consegue che quando il numero di titoli su cui si può investire cresce in misura sufficiente, la frontiera rischio-rendimento del portafoglio etico che ci si trova a gestire risulta assolutamente simile a quella tradizionale.

In linea teorica ci si può dunque aspettare che il sacrificio etico possa determinare una frontiera efficiente15 più ripida, ma, in pratica, tale maggiore “costo” sarebbe destinato a decrescere fino a divenire irrisorio quando nel portafoglio è inserito un numero sufficientemente ampio di titoli etici (si veda Regalli et al., 2005). In tal caso, dunque, la diversificazione potenziale ed il profitto raggiungibile dall’investitore socialmente responsabile sono molto simili a quelle di un investitore che non si concentra sugli investimenti etici (per ulteriori approfondimenti sul tema si veda Becchetti-Fucito, 2000).

Sempre secondo la teoria di Markowitz, basterebbero solamente 30 titoli per garantire una diversificazione “ottima”, quella che permette cioè di eliminare il rischio non sistematico. Se il gestore di un fondo comune quindi riesce a creare un portafoglio sufficientemente diversificato, i titoli di un fondo etico saranno

                                                                                                               

15  Con   “frontiera   efficiente”   si   intende   la   curva   che   identifica   i   portafogli   dominanti   in   termini  di  rischio-­‐rendimento.  

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esposti al solo rischio di mercato (β) ed il sacrificio etico tenderà a scomparire. Richiamando gli assunti sottostanti al Capital Asset Pricing Model (CAPM), per concludere, si ricordi che esso presuppone l’esistenza di un solo mercato di riferimento; ma la realtà si discosta significativamente dai modelli teorici: constatata dunque l’esistenza di più mercati, agendo su più di essi (non correlati tra loro) anche parte del rischio sistematico β può essere limitata. E’ questo il caso di numerosi fondi etici, che attuano una diversificazione non domestica e possono così ridurre ulteriormente i rischi; Regalli et al. riprendendo uno studio di E. Capital Partners in Perrini (2003), che opera un confronto settoriale e geografico tra universo investibile tradizionale e universo socialmente responsabile, riporta che “L’analisi dimostra che lo screening etico non è così restrittivo da limitare la possibilità di diversificazione settoriale o geografica che garantisce il contenimento dei rischi. Non esistono settori completamente esclusi dai fondi responsabili: i più penalizzati sono comunque quello dei servizi pubblici (per la presenza di imprese che utilizzano energia nucleare) e anticiclici (perché vi sono numerose aziende che producono bevande alcoliche e tabacco). Non emergono nemmeno penalizzazioni in termini di asset allocation geografica: gli indici di diversificazione tra universo investibile tradizionale e responsabile presentano infatti valori piuttosto omogenei; il Paese in cui si investe meno sono gli Stati Uniti, dove numerose sono le multinazionali che agiscono in settori non etici.”

Riguardo al profilo di rischio di questi fondi è interessante inoltre richiamare uno dei lavori di Moskowitz16, studioso che per primo iniziò ad analizzare le imprese degli Stati Uniti nella metà degli anni settanta, cercando di capire quali fossero le migliori imprese per cui lavorare (“best companies to work for”); i sostenitori del settore SRI ritengono, infatti, che proprio perché i fondi etici investono principalmente in queste imprese, essi possono considerarsi meno rischiosi di quelli tradizionali: le società più responsabili sono, infatti, quelle che

                                                                                                               

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presentano migliori rapporti coi fornitori, la clientela, i sindacati, i dipendenti. Ciò produrrebbe effetti benefici sulla qualità dei prodotti e creerebbe una sorta di “garanzia di stabilità” nel lungo periodo di queste aziende. Per tali motivi, i sostenitori dell’SRI concludono che i titoli socialmente responsabili sarebbero, se pur nel lungo periodo, più performanti. Essi, infatti, disporrebbero di importanti informazioni (per l'appunto “etiche”) che il mercato finanziario ancora non comprende appieno, e che pertanto non vengono incorporate nei prezzi. Si ammette pertanto l’assenza di una perfetta efficienza dei mercati finanziari. Si può dunque concludere che non sembrano sussistere convincenti motivazioni teoriche a giustificazione di eventuali minori rendimenti dei fondi SRI rispetto a quelli tradizionali.

2.1.2. Le analisi empiriche svolte in letteratura

La letteratura in materia di performance dei fondi etici è estremamente ampia; gli studi cercano di analizzare e combinare gli aspetti finanziari con quelli dell’etica provando a superare i numerosi problemi che ciò comporta. Per farlo gli autori utilizzano punti di vista e strategie differenti: alcuni misurano le performance di questi fondi rispetto ad un benchmark, altri lo fanno comparando gruppi di fondi etici e fondi comuni, altri ancora restringono il range di studio ai soli mercati principali (USA, UK, Germania) ed infine ogni autore inoltre utilizza metodi di calcolo differenti, dai più tradizionali (indice di Traynor, indice di Sharpe ed Alpha di Jensen) a modelli multifattoriali più complessi.

Il dibattito teorico relativo alle potenziali virtù dei fondi etici può esser dunque strutturato su diversi piani; Hamilton-Statman-Jo (1993) analizzano tre ipotesi riguardo alle performance dei fondi etici. La prima è che l’investimento socialmente responsabile non aggiunge né distrugge valore in termini di rendimento aggiustato per il rischio poiché la responsabilità sociale d’impresa non è prezzata dal mercato. La seconda ipotesi, invece, suggerisce che i portafogli socialmente responsabili hanno rendimenti attesi minori rispetto ai

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