« Disciplina generale del Trust con particolare riferimento a fenomeni di carattere elusivo dei
trust in ambito internazionale »
Col. t.ST Danilo Massimo Cardone Guardia di Finanza
Nucleo Speciale Entrate
SOMMARIO
• CARATTERISTICHE, FINALITÀ ED UTILIZZO DEL TRUST
• DISCIPLINA DEL TRUST INTERNO AI FINI DELLE IMPOSTE DIRETTE
• RESIDENZA DEL TRUST
• TRUST INTERPOSTO
• CASI PRATICI
CARATTERISTICHE, FINALITÀ ED
UTILIZZO DEL TRUST
Classificazioni del Trust
• discretionary trusts, nei quali viene attribuita totale discrezionalità al trustee nella messa a disposizione dei frutti del trust a favore dei beneficiari, ferma restando la possibilità per il settlor di vincolare l’attività del trustee attraverso la sottoscrizione di una letter of wishes, ovvero un trustee memorandum (all’interno della quale formulare i propri desideri circa la destinazione dei beni conferiti) e la nomina di un protector, ossia di un guardiano che, all’occorrenza, può anche procedere alla revoca del trustee, qualora la sua condotta non sia conforme ai dettami imposti dal disponente
• purpose trust, nei quali non necessariamente viene
identificato un beneficiario, bensì piuttosto un obiettivo
da perseguire, destinando i fondi della trust property
Finalità del Trust
I trust vengono solitamente istituiti per finalità di ottimizzazione della gestione del patrimonio familiare, risultando particolarmente efficaci ai fini della gestione di patrimoni intestati a minori o a soggetti colpiti da incapacità, ovvero laddove si renda comunque necessario affidare a professionisti esperti un complesso di assets i cui benefici vadano destinati a soggetti terzi.
Sono molteplici gli impieghi possibili:
• migliore gestione fiscale e immobiliare del patrimonio conferito, ovvero una maggiore tutela del patrimonio dai creditori
• beneficenza (c.d. charitable trusts)
Il Rapporto intitolato Economic and Financial Analysis of commercial and private Trust in the United Kingdom ha individuato le finalità commerciali per cui può essere impiegato il Trust:
• Pension Trust: sono utilizzati per la gestione di fondi pensione, con l’obiettivo di separare il patrimonio degli ex lavoratori da quello del datore di lavoro
• Unit Trust: sono fondi comuni in cui vengono segregati i singoli patrimoni (c.d units), gestiti da operatori professionali in veste di trustee
• Employee benefit trust: sono veicoli istituiti al fine di gestire quote azionarie di società (solitamente non quotate sui mercati regolamentati) assegnate ai dipendenti con incarichi dirigenziali
Finalità commerciali del Trust
• Subordination trust: la loro costituzione presuppone l’esistenza di un creditore secondario che deve essere liquidato successivamente a un altro (c.d. senior creditor); ciò consente di privilegiare taluni creditori rispetto ad altri, attribuendo al trustee il compito di provvedere al pagamento delle somme dovute, dopo l’assegnazione delle medesime al trust da parte del disponente;
• Securisation trust: sono strutture che vengono generalmente costituite in tandem con società dedicate (c.d. special purpose vehicles), le quali emettono prestiti obbligazionari o titoli azionari speciali, destinando i fondi all’acquisto di pacchetti azionari o altri beni, ovvero mettendo i fondi raccolti a disposizione dei soggetti che hanno costituito il trust e la SPV;
per esempio, tali operazioni – realizzate mediante strutture e società costituite in Delaware – sono state utilizzate da numerosi istituti di credito italiani per l’emissione di c.d. preference shares, ossia di titoli azionari privilegiati emessi sul mercato americano per raccogliere fondi da destinare alla capitalizzazione degli stessi istituti di credito italiani
Finalità commerciali del Trust
• Sinking fund trust: sono strutture costituite ad hoc per raccogliere e gestire fondi da destinare a future iniziative d’investimento, ovvero a ripagare un finanziamento già contratto;
• Custodian trust: vengono utilizzati per gestire partecipazioni azionarie in società quotate su mercati regolamentati, a seguito di accordi fra azionisti qualificabili come patti di sindacato; in sostanza, viene attribuito al custodian il compito di gestire tutti i pacchetti azionari a favore di una pluralità di disponenti, che possono cedere le proprie quote all’interno del trust senza particolari formalità, risultando il medesimo l’unico azionista della società per conto di tutti i disponenti.
Finalità commerciali del Trust
Alcune considerazioni circa l’utilizzo del Trust
La particolare natura del trust può rendere tale strumento particolarmente attraente per la commissione di illeciti, non soltanto di carattere fiscale.
Difatti, l’elevato livello di privacy che garantisce in molte giurisdizioni off-shore circa l’identità del disponente e dei beneficiari effettivi dei frutti derivanti dalla gestione degli assets conferiti ha privilegiato il ricorso al trust per la strutturazione di complesse operazioni di passaggio generazionale, ovvero più semplicemente per la distrazione di risorse da sottrarre alla pretesa di creditori, investitori o di chiunque possa avanzare pretese a seguito della commissione di illeciti da parte del disponente.
È evidente che l’interposizione di un trust off-shore può rappresentare una misura molto efficace per far perdere le tracce circa la titolarità di disponibilità finanziarie, ovvero circa l’intestazione di beni mobili e immobili ovunque localizzati
Alcune considerazioni circa l’utilizzo del Trust
Nel rapporto Ocse, Behind the corporate veil. Using Corporate Vehicles for illicit purposes, pubblicato nel 2001 è stato evidenziato che l’uso distorto dei trust è stato favorito dalla scelta operata in diverse giurisdizioni off-shore di:
• non imporre l’indicazione nell’atto istitutivo del trust dei dati identificativi del disponente e dei beneficiari effettivi
• concedere al settlor di esercitare un potere gestorio sui beni conferiti nel trust, attività che - secondo lo schema tradizionale del trust – compete in via esclusiva al trustee
• consentire l’adozione nell’atto istitutivo del trust della c.d. flee-clause
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Sul piano fiscale, come testimoniato dall’attenzione dedicata ai trust anche dall’Ocse, il constatato reiterato utilizzo distorto di tale strumento ha indotto le autorità fiscali dei Paesi a fiscalità ordinaria ad attribuire priorità all’azione di contrasto ai più pericolosi fenomeni evasivi perpetrati mediante l’impiego di tali veicoli, finalizzato a nascondere la titolarità di beni mobili e immobili, nonché di società e disponibilità finanziarie detenute in Italia e all’estero da parte di soggetti residenti, con l’obiettivo di celare la sussistenza di rilevanti indici di capacità contributiva, in capo ai soggetti disponenti e ai beneficiari effettivi dei frutti di tali gestioni patrimoniali.
Alcune considerazioni circa l’utilizzo del Trust
Disciplina del trust interno ai fini delle imposte dirette
L’articolo unico della Legge Finanziaria 2007, modificando l’art. 73 del TUIR, ha definitivamente sancito l’appartenenza del trust ai soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società, in particolare si fa riferimento a:
• ai trust residenti nel territorio dello Stato che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (enti commerciali)
• ai trust residenti nel territorio dello Stato che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (enti non commerciali)
• ai trust non residenti, per i redditi prodotti nel territorio dello Stato (enti non residenti)
Inoltre lo stesso articolo individua, ai fini della tassazione, le seguenti tipologie di trust:
• trust trasparenti, i cui redditi vengono imputati per trasparenza ai beneficiari individuati
• trust opachi, i cui redditi vengono direttamente attribuiti al trust medesimo, non essendo i beneficiari espressamente individuati
• trust misti, in cui il reddito accantonato sarà tassato in capo al trust, mentre il reddito attribuito ai beneficiari sarà imputato a questi ultimi.
DISCIPLINA DEL TRUST INTERNO AI FINI
DELLE IMPOSTE DIRETTE
La residenza del trust
Ai sensi dell’art. 73, comma 3, del TUIR, un soggetto IRES si considera residente nel territorio dello Stato se ha:
• la sede legale nel territorio dello Stato
• la sede dell’amministrazione nel territorio dello Stato
• l’oggetto principale dell’attività svolta nel territorio dello Stato
Inoltre, al fine di individuare la residenza di un trust, occorre far riferimento alle disposizioni contenute nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni.
Difatti, è possibile che l’operatività dei trust dia luogo a problematiche di tassazione transfrontaliera, con eventuali fenomeni di doppia imposizione o, all’opposto, di elusione fiscale.
In concreto, un trust può integrare il presupposto impositivo in più Stati, quando, ad esempio, il trust fund è situato in uno Stato diverso da quello di residenza del trustee, ovvero del disponente e dei beneficiari.
Appare utile rammentare che, ai fini convenzionali, il trust deve essere considerato come “persona” anche se tale clausola non è espressamente menzionata nei singoli accordi bilaterali; l’unica convenzione che fa esplicitamente riferimento ai trust è quella sottoscritta dall’Italia con gli Stati Uniti d’America.
Adempimenti del trust
Quale soggetto passivo d’imposta, sia esso “trasparente”,
“misto” o “opaco”, il trust è tenuto ad adempiere agli specifici obblighi previsti per i soggetti IRES, ad iniziare dall’obbligo di presentare annualmente la dichiarazione dei redditi.
Inoltre il trust residente dovrà necessariamente dotarsi di un proprio codice fiscale e, qualora eserciti attività commerciale, di una propria partita IVA.
Tutti gli adempimenti tributari del trust sono assolti dal
trustee. Naturalmente, qualora ci si trovi in presenza di una
trust company che amministra più trust, il trustee dovrà
presentare una dichiarazione per ciascuno di essi.
Il trasferimento dei beni nel trust
Il trasferimento di beni in un trust ai fini delle imposte sui redditi è disciplinato in maniera differenziata, a seconda del soggetto che effettua l’operazione e della tipologia di bene trasferito.
Qualora il trasferimento riguardi beni relativi all’impresa (beni merce, beni strumentali, beni patrimoniali), questi fuoriescono dalla disponibilità dell’imprenditore in quanto destinati a finalità estranee all’impresa.
Ciò comporta per il disponente il conseguimento di componenti
positivi di reddito da assoggettare a tassazione secondo le
disposizioni del TUIR, nonché l’assoggettamento ad IVA ai
sensi dell’art. 2, comma 2, n. 5 del D.P.R. n. 633/1972.
Il trasferimento di beni diversi da quelli che generano ricavi (beni strumentali, beni patrimoniali dell’impresa) produce plusvalenze o minusvalenze rilevanti ai fini della determinazione del reddito d’impresa ai sensi degli articoli 58, 86 e 87 del TUIR.
Nel caso in cui il trasferimento nel trust abbia ad oggetto un’azienda, si farà riferimento alla disciplina prevista dall’art. 58, comma 1, del TUIR, che esclude il realizzo di plusvalenze in caso di trasferimento d’azienda per causa di morte o per atto gratuito.
Nel caso di beni diversi da quelli relativi all’impresa, il trasferimento al trust, in assenza di corrispettivo, non genera materia imponibile ai fini della imposizione sui redditi, né in capo al disponente non imprenditore né in capo al trust o al trustee.
Il trasferimento dei beni nel trust
Profili elusivi del trust “off-shore”
Il forte grado di protezione e la scarsa trasparenza esistente tra i soggetti attori del particolare rapporto giuridico che si viene a creare con il trust consentono l’utilizzo distorto di tale istituto.
A titolo esemplificativo, quest’ultimo può avere come fine illecito la costituzione di uno schermo fittizio, per occultare il reale possesso dei beni in modo da eludere il fisco, ovvero ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa.
Da anni il ricorso ai cosiddetti trust off-shore, costituiti in paradisi fiscali (dotati di normative ad hoc, con effetti “ermetici” ed “oscuranti”), è molto diffuso in capo a talune categorie di contribuenti, che intendono sfuggire alla lente delle Amministrazioni finanziarie di tutto il mondo.
Nello specifico, tra le problematiche scaturenti dall’utilizzo dei trust in ambito internazionale rilevano, in particolare, potenziali profili elusivi connessi:
• all’effettiva residenza fiscale del trust
• alla sua potenziale interposizione fittizia.
RESIDENZA DEL TRUST
La residenza fiscale del trust
La residenza fiscale del trust o del suo trustee è una variabile importante poiché da essa dipende il regime fiscale al quale il trust stesso verrà sottoposto Sotto questo punto di vista l’art. 73, comma 3, del TUIR, introduce due casi di attrazione della residenza del trust in Italia, di seguito riportati:
“si considerano residenti nel territorio dello Stato, salvo prova contraria, i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Paesi che non consentono lo scambio di informazioni (paesi non inclusi nella cosiddetta “white list”
approvata con decreto del Ministro delle Finanze 4
settembre 1996 e successive modificazioni) quando almeno
uno dei disponenti ed almeno uno dei beneficiari siano
fiscalmente residenti nel territorio dello Stato”.
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La norma menziona gli “istituti aventi analogo contenuto” a quello di un trust in modo da tenere conto della possibilità che ordinamenti stranieri disciplinino istituti analoghi al trust ma assegnino loro un nomen iuris diverso.
Per individuare quali siano tali istituti, occorre fare riferimento agli elementi essenziali e caratterizzanti l’istituto del trust stesso.
Inoltre, al fine di stabilire in quale momento la residenza fiscale di un disponente e di un beneficiario attrae in Italia la residenza fiscale del trust, non sembra rilevare la necessità che la residenza italiana del disponente e del beneficiario sia verificata nello stesso periodo d’imposta.
Invece, con riferimento al beneficiario, la norma è applicabile ai trust con beneficiari individuati.
La residenza fiscale del beneficiario attrae in Italia la residenza fiscale del trust anche se questa si verifica in un periodo d’imposta successivo a quello in cui il disponente ha posto in essere il suo atto di disposizione a favore del trust.
Ai fini dell’attrazione della residenza in Italia è, infine, irrilevante l’avvenuta erogazione del reddito a favore del beneficiario nel medesimo periodo d’imposta.
La residenza fiscale del trust
La residenza fiscale del trust
Secondo caso:
“si considerano residenti nel territorio dello Stato, salvo prova contraria, i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Paesi che non consentono lo scambio di informazioni (paesi non inclusi nella cosiddetta “white list”
approvata con decreto del Ministro delle Finanze 4
settembre 1996 e successive modificazioni) quando,
successivamente alla loro costituzione, un soggetto
residente nel territorio dello Stato effettui in favore del trust
un’attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di
beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali
immobiliari, anche per quote, nonché vincoli di destinazione
sugli stessi.
Presunzione di residenza
È applicabile la presunzione di residenza di cui
all’art. 73, comma 5 bis, del TUIR, in presenza di un
trust nell’ambito della catena di controllo?
Disposizione antielusiva (art. 73, comma 5 bis, T.U.I.R.):
D.P.R. 22 dicembre 1986, nr. 917 Art. 73 – Soggetti passivi
[…omissis…]
5 bis. Salvo prova contraria, si considera esistente nel territorio dello Stato la sede dell'amministrazione di società ed enti, che detengono partecipazioni di controllo, ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, del codice civile, nei soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1, se, in alternativa:
a) sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, del codice civile, da soggetti residenti nel territorio dello Stato;
b) sono amministrati da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato
[…omissis…]
Presunzione di residenza
In tema di requisito soggettivo della presunzione di residenza, la circolare dell’Agenzia delle Entrate nr. 28/E del 2006, interpretando estensivamente la norma di cui all’art. 73, comma 5 bis, del TUIR, ha evidenziato che “la norma è applicabile anche nelle ipotesi in cui tra i soggetti residenti controllanti e controllati si interpongano più sub-holding estere. La presunzione di residenza in Italia della società estera che direttamente controlla una società italiana, renderà operativa, infatti, la presunzione anche per la società estera inserita nell'anello immediatamente superiore della catena societaria; quest'ultima si troverà, infatti, a controllare direttamente la sub-holding estera, considerata residente in Italia”.
Circolare nr. 28/E del 04.08.2006
1 ° Caso
Si applica la presunzione di residenza
Trust italiano
soggetto estero (non ubicato in paradiso fiscale)
impresa italiana
2° Caso
La presenza di un trust interrompe catena di controllo (il patrimonio del trust non può essere sottoposto al controllo di soggetti diversi dal trustee): tuttavia, in presenza di non-trust, sarà applicabile la presunzione residenza.
TRUST estero
Soggetto
italiano impresa
italiana
soggetto estero
Controllo indiretto tramite subholding interposte
Dimostrata l’inesistenza dei trust (sotto il profilo sia fiscale che
civilistico), è da ritenersi operativa la presunzione di cui all’art 73,
comma 5 bis, del T.U.I.R., in quanto l’essenza simulatoria dei trust
non interrompe la catena di controllo e le persone fisiche residenti in Italia finiscono per controllare, anche indirettamente(ovvero per il tramite di ulteriori subholding), soggetti esteri che, a
loro volta, controllano un soggetto giuridico italiano .Esterovestizione del trust
Anche le disposizioni in materia di esterovestizione delle società previste dall’articolo 73 del TUIR, commi 5-bis e 5-ter, sono applicabili ai trust ed in particolare a quelli istituiti o comunque residenti in Paesi compresi nella emananda white list, per i quali non trova applicazione la specifica presunzione di residenza di cui all’articolo 73, comma 3, del TUIR, così come modificato dalla Legge Finanziaria del 2007.
Inoltre, secondo l’Agenzia delle Entrate, la norma potrebbe essere applicata anche nell’ipotesi in cui tra i soggetti residenti controllanti e controllati si interpongono più sub-holding estere.
In questo caso, infatti, la presunzione potrà essere applicata anche per la società estera inserita nell’anello immediatamente superiore della catena societaria e cioè nei confronti della sub-holding controllante il soggetto esterovestito.
TRUST INTERPOSTO
Il trust interposto
Sotto il profilo fiscale, i trust istituiti e gestiti al fine di realizzare una mera interposizione nel possesso dei beni e dei relativi redditi, non sono considerati validamente operanti in quanto non si verifica il reale spossessamento dei beni.
Questi, infatti, permangono in tutto o in parte in capo al disponente, che li gestisce e ne dispone a suo piacimento.
Secondo la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 61/2010, fattispecie atte a rendere il trust “fiscalmente inesistente”
sono:
• trust che il disponente (o il beneficiario) può far cessare liberamente in ogni momento, generalmente a proprio vantaggio o anche a vantaggio di terzi
• trust in cui il disponente è titolare del potere di designare
in qualsiasi momento se stesso come beneficiario
• trust in cui il disponente (o il beneficiario) risulti, dall’atto istitutivo ovvero da altri elementi di fatto, titolare di poteri in forza dell’atto istitutivo, in conseguenza dei quali il trustee, pur dotato di poteri discrezionali nella gestione ed amministrazione del trust, non può esercitarli senza il suo consenso
• trust in cui il disponente è titolare del potere di porre termine anticipatamente al trust, designando se stesso e/o altri come beneficiari (cosiddetto “trust a termine”)
• trust in cui il beneficiario ha diritto di ricevere attribuzioni di patrimonio dal trustee
• trust in cui è previsto che il trustee debba tener conto delle indicazioni fornite dal disponente in relazione alla gestione del patrimonio e del reddito;
Il trust interposto
• trust in cui il disponente può modificare nel corso della vita del trust i beneficiari
• trust in cui il disponente ha la facoltà di attribuire redditi e beni del trust o concedere prestiti a soggetti dallo stesso individuati
• ogni altra ipotesi in cui il potere gestionale e dispositivo del trustee, così come individuato dal regolamento del trust o dalla legge, risulti in qualche modo limitato o anche semplicemente condizionato
Il trust interposto
Trust e Controlled Foreign Companies
Le considerazioni sin qui svolte con riguardo alla possibilità di applicare la presunzione di residenza di cui all’art. 73, comma 5 bis, del TUIR si ritiene possano essere estese, mutatis mutandis, alla normativa in tema di Controlled Foreign Companies, di cui agli articoli 167 e 168 del TUIR (come modificati, da ultimo, dalla legge 3.8.2009, n. 102).
Art. 167
Se un soggetto residente in Italia detiene, direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciarie o per interposta persona, il controllo di una impresa, di una società o di altro ente, residente o localizzato in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis, i redditi conseguiti dal soggetto estero partecipato sono imputati, a decorrere dalla chiusura dell'esercizio o periodo di gestione del soggetto estero partecipato, ai soggetti residenti in proporzione alle partecipazioni da essi detenute….
Art. 168
Salvo quanto diversamente disposto dal presente articolo, la norma di cui all'articolo 167, con l'esclusione di quanto disposto dal comma 8-bis si applica anche nel caso in cui il soggetto residente in Italia detiene, direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciarie o per interposta persona, una partecipazione non inferiore al 20 per cento agli utili di un'impresa, di una società o di altro ente, residente o localizzato in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis…
CASI PRATICI
1° Caso
trust holding
Si applica la disciplina della C.F.C.
Trust italiano
società o altro ente estero ubicato in Paesi non rientranti nella
white list (*)
(*) Fatte salve le previsioni di cui ai commi 8 bis e 8 ter dell’art. 167 TUIR, richiamate dall’art 168 TUIR.
2° Caso
37 Trust estero per
cui non si applichi la presunzione di
residenza art.
73, co 3, TUIR
soggetto estero con
sede in paradiso
fiscale
Soggetto italiano disponente
Si applicano l’ art. 37, co. 3, DPR 600 e artt. 167-168 TUIR
Inserendo un trust nell’ambito di un gruppo di imprese, ad un livello non apicale, il trust stesso interrompe la catena di controllo (requisito soggettivo non soddisfatto). Se, tuttavia, si è in presenza di un non-trust (es. disponente italiano che si identifica nel beneficiario e con poteri di controllo e ingerenza sul trustee ), si applica CFC 37
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3° Caso
38
soggetto estero con
sede in paradiso
fiscale
Soggetto italiano disponente
Per il trust con sede in paradiso fiscale si applica la presunzione di residenza di cui all’art. 73, co. 3, TUIR; poi applicabile C.F.C.
Trust estero costituito in
paradiso fiscale, ricorrendo i presupposti di
cui all’art. 73, co.3, TUIR
4° Caso
St. Michael Trust Corp. vs. her Majesty The Queen Respondent 2012: March 13; 2012: April 12
1. St. Michael Trust Corp. (SMTC) è il trustee di 2 trust, disposti da un soggetto residente nei Caraibi:
Fundy Settlement
Summersby settlement
2. I beneficiari sono residenti in Canada 3. SMTC è residente nelle Barbados
I trust realizzano ingenti plusvalenze dalla cessione di azioni detenute in due società di partecipazione residenti in Canada.
plusvalenza
trust
SMTC considera esenti le plusvalenze ai sensi della Convenzione contro doppie imposizioni Canada- Barbados: tassazione solo nel Paese di residenza del cedente = Barbados
TRUST RESIDENTI IN BARBADOS
4° Caso
RESIDENZA TRUST St. Michael considera il trust
residente nelle Barbados, poiché il trustee è residente nelle Barbados.
LA PARTE LA CORTE
residenza trust
=
residenza trustee
I trust sono residenti in Canada perché il centro volitivo/ il managment relativo alla gestione e controllo degli assets è stata effettuata dai principali beneficiari, che erano residenti in Canada.
Il trust non è una business person come una società, quindi la direzione centrale e il test di controllo è inapplicabile ai trust
la legge collega un trust al trustee e quindi la residenza del trust deve essere la residenza del trustee.
Il legame trust-trustee cui SMTC fa riferimento non è un principio di applicazione generale ricollegabile alla normativa fiscali. Trust = taxpayer
Come con le imprese, la residenza di un trust dovrebbe essere determinata con riferimento al luogo in cui «la sua reale attività viene svolta» (De Beers), che è dove la direzione centrale e il controllo del trust sono effettivamente esercitati.
5° Caso
Risoluzione A.E. n. 400/E del 23 ottobre 2008
Il Trust potrebbe fungere quale elemento di una catena partecipativa (di controllo e/o collegamento), nel contesto dell’applicazione delle norme CFC.
A tal proposito, si può far riferimento alla questione esaminata dall’Agenzia delle Entrate nella risoluzione n. 400/E del 23 ottobre 2008 e riguardante la problematica interpretativa prospettata da una società italiana (di seguito,
“Alfa S.p.A.”) la quale partecipava, in via paritetica, con un’altra società francese (di seguito, “Beta”), operante nel settore aerospaziale, al gruppo di interesse economico di diritto francese (di seguito, “Gamma”).
50% 50%
Alfa
S.p.A. Beta
Gamma
Gamma aveva costituito delle società ad hoc per la commercializzazione di aerei nei confronti della clientela, la quale acquistava dallo stesso, a prezzi di mercato, grazie a finanziamenti bancari a lungo termine.
Le azioni di tali società, inoltre, erano state fiduciariamente intestate da Gamma a dei trust non discrezionali, dei quali la stessa era il disponente ed unico beneficiario.
Tra le società istituite ad hoc, tre risultavano residenti in Stati a regime fiscale privilegiato.
In relazione a tale problematica l’istante aveva chiesto se alle partecipazioni indirette al 50% degli utili delle società costituite ad hoc, potesse essere applicata la normativa CFC italiana.
5° Caso
Risoluzione A.E. n. 400/E del 23 ottobre 2008
Gamma
TRUST
AZIONI