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Su la maschera: indagine sul fenomeno del cosplay

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Academic year: 2021

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Silvia Frigerio

Relatore - Franco Cavani Correlatore- Matteo Vegetti

Su la maschera

Indagine sul fenomeno del cosplay

3.

1. 2.

3.

1. Action-figure

Ripresa realizzata a casa di Christine e Nenad (estratto dal documentario).

2. Applicazione del tatuaggio

Scena realizzata il 17 luglio a Rimini (estrat-to dal documentario).

3. Nicola Conti e Tanja Jovanovitch Fotografia scattata in sala pose durante le riprese di alcune scene.

(2)

Abstract

Ricordate quando da piccoli giocavate a “facciamo fin-ta che...”? Il “cosplay” è una versione da “grandi” di quel gioco.

È la pratica di vestire i panni di personaggi storici o di finzione provenienti da fumetti, serie televisive, video-giochi, libri e film.

La fantasia si manifesta nella realtà attraverso l’uti-lizzo di costumi, trucchi e accessori anche in maniera piuttosto teatrale.

Non è carnevale, non è teatro, non è nato in Giappo-ne, può essere praticato da chiunque a qualunque età, esistono dei professionisti. Le fiere sono ovunque e si moltiplicano ogni anno.

È come un mondo nascosto in piena vista.

Tuttavia nessuno ha mai pubblicato un’analisi di ciò che veramente mi premeva sapere: il “perché”.

Tutti indossiamo delle maschere nella quotidianità, ma quali sono le ragioni che spingono, seppur per un periodo di tempo limitato e in luoghi ben precisi, un adolescente o un adulto a vestirsi e comportarsi come qualcuno che esiste solamente in un universo fittizio?

Svolgimento

Inizialmente ho cercato di comprendere il fenomeno del “cosplay” scomponendo le sue parti: “costume” e “play”. Per fare ciò ho consultato alcuni libri di psicolo-gia, sull’immedesimazione, il ruolo, il gioco, il gioco di ruolo e infine sull’abbigliamento.

Successivamente ho indagato quali fossero le origini storiche di questa pratica, sfatando il mito che fosse giapponese. Tuttavia, anche raccogliendo tutte queste informazioni e analizzando diversi esempi, ancora non avevo trovato il “perché”. Ho quindi deciso che sarebbe stato compito del mio progetto svelare le motivazioni. Non potendomi inventare la risposta, mi sono organiz-zata per contattare dei praticanti. Dopo aver impor- tunato per giorni dei perfetti sconosciuti ho potuto in-contrare, seguire in fiera, visitare le case e intervistare i “cosplayer”: Christine, Nenad, Nicola, Tanja, Miriam, Gianica e Ondina. Ciò mi ha permesso di raccogliere immagini e testimonianze personali sul fenomeno in maniera autentica e genuina e di lavorare con persone

davvero gentili e disponibili. Il materiale raccolto du-rante questi incontri è stato poi elaborato in un docu-mentario.

Conclusioni

Non avevo mai viaggiato e incontrato così tante per-sone per un progetto prima d’ora. È stato strano af-fidarsi a degli estranei, stringervi amicizia e imparare più di ciò che il progetto necessitasse.

Non ho realizzato il documentario del secolo, ma ho dato un punto di vista più umano su un fenomeno ge-neralmente considerato solo in superficie.

Ci vuole un particolare coraggio e una certa autoironia per praticare “cosplay”, ma da ciò che ho visto, ne vale sicuramente la pena.

Se è vero, come si dice, che chi legge vive cento vite, lo stesso vale, in un certo

senso, per chi pratica “cosplay”.

Sono figlia e sorella di gamers appassionati, faccio parte di una guggen e ho

sem-pre avuto la passione per i fumetti e l’animazione. Per questi motivi e per il fascino

che mi suscita, anche solo a livello visivo, ho scelto come tema della mia tesi

pro-prio il “cosplay”.

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