• Non ci sono risultati.

Un dipinto ignoto di Carlo Maratti a Pietrasanta. Variazioni sul tema della Santa Francesca Romana

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Un dipinto ignoto di Carlo Maratti a Pietrasanta. Variazioni sul tema della Santa Francesca Romana"

Copied!
17
0
0

Testo completo

(1)

S O M M A R I O

MAUROPRATESI: Longhi 1918 e il caso De Pero

A N T O L O G I A D I A R T I S T I

Un ‘San Sebastiano’ di Nicolas Régnier a Capodimonte (Giuseppe Porzio)

- Per Pietro della Vecchia in Cadore (Letizia Lonzi) - Un dipinto ignoto di

Carlo Maratti a Pietrasanta. Variazioni sul tema della Santa Francesca Romana

(Cristiano Giometti) - Un nuovo disegno del giovane Solimena (Simona Ca-rotenuto) - Secular paintings by Domenico Piola (Mary Newcome Schleier)

A P P U N T I

Attributions traditionnelles et identifications certaines: dessins de N. Circi-gnani, V. Strada, G. Baglione, P.F. Mola, A. Gherardi et G.D. Piastrini pour

des travaux romains (Catherine Loisel) R I C E R C H E D ’ A R C H I V I O

Il contratto per la ‘Presentazione della Vergine al tempio’ di Giovanni de’ Vecchi a Sansepolcro (Lothar Sickel)

S

ERVIZI

SE

E

DITORIALI

PARAGONE

Rivista mensile di arte figurativa e letteratura

fondata da Roberto Longhi

ARTE

Anno LXV - Terza serie - Numero 117 (775) Settembre 2014

(2)

MARIACRISTINABANDERA, DANIELEBENATI, CARLOBERTELLI, PIERPAOLODONATI, ELENAFUMAGALLI, MINAGREGORI, MICHELLACLOTTE, ANTONIOPAOLUCCI, BRUNOTOSCANO

Segreteria di redazione

NOVELLABARBOLANI DIMONTAUTO ALICETURCHI

Traduzione dei riassunti a cura di

FRANKDABELL

PARAGONEARTE IS A PEER-REVIEWED JOURNAL

Direzione

Via Gino Capponi, 26 - 50121 Firenze tel. 055 2479411 - fax 055 245736 E-mail: redazione.arte@paragone.it

Amministrazione

S

ERVIZI

SE

E

DITORIALI Via Antonio Canova, 75 - 50142 Firenze

Servizio clienti: tel. e fax 055 784221

E-mail: servedit@paragone.it - www.paragone.it

Alpi Lito, Firenze

(3)

Un dipinto ignoto di Carlo Maratti a Pietrasanta. Variazioni sul tema della Santa Francesca Romana

Nel 1833, il carrarese Emanuele Repetti (1776-1852) dava alle stampe il primo fascicolo del Dizionario geografico, fisico, storico della

Toscana, monumentale opera di carattere enciclopedico la cui

pubbli-cazione sarebbe terminata soltanto nel 1846. Lo storico e geografo ori-ginario di Carrara visitò diverse località, esaminò i documenti di molti archivi e, in soli due anni e mezzo, riuscì a mettere insieme il materiale necessario per la compilazione del Dizionario1. Le voci del testo si

com-pongono di un accurato profilo storico dei vari centri, seguito dalla descrizione delle “chiese e stabilimenti pubblici”, per poi terminare con alcuni censimenti antichi e l’elenco dei paesi del contado.

Riguardo a Pietrasanta, “nella marina della Versilia”, Repetti scrive che si tratta di “città nobile, testè terra cospicua, un dì castello di frontiera con insigne collegiata (S. Martino)”2. Dopo essersi

di-Maratti a Pietrasanta

(4)

lungato nella descrizione del suddetto duomo e dell’altra importante chiesa di Sant’Agostino, l’erudito cita anche il piccolo oratorio dedi-cato a Santa Francesca Romana, “della famiglia Masini-Luccetti”, che “all’unico suo altare ha una tela dipinta dal noto Carlo Maratta”3.

Repetti non specifica la fonte da cui attinse la notizia ma è assai pro-babile che egli abbia visitato di persona l’edificio ottenendo ragguagli di prima mano da qualche membro del casato. Alcuni anni più tardi, Vicenzo Santini (1807-1876), scultore e conoscitore locale, nonché autore dei Commentari storici sulla Versilia centrale, riprende l’infor-mazione e l’arricchisce di alcune interessanti spigolature. Santini ri-percorre la storia della famiglia Luccetti a partire dal suo fondatore Giovanni Luccetto da Camaiore, detto “l’Abate”, che, alla metà del XV secolo, “prese casa nella contrada di Via Maestra di sotto”. Un certo spazio nel testo è dedicato alla figura di Andrea, vissuto alla metà del Seicento, il quale “abitò qualche tempo in Roma, e di là ri-tornato, nel 1682 fondò la Commenda con un assegno di stabili 8,000 scudi”. Inoltre “abbellì l’Oratorio di S. Francesca, per il quale com-mise il Quadro a Carlo Maratta”4. Si torna dunque a citare il dipinto

del maestro marchigiano ma questa volta in un contesto più definito e dai contorni più nitidi soprattutto in virtù del soggiorno di Andrea Luccetti a Roma negli anni settanta del Seicento e quindi di una plau-sibile conoscenza tra committente e artista.

La notizia dell’esistenza di una tela di Maratti a Pietrasanta non ha poi trovato ulteriore riscontro nella letteratura critica successiva e ad accrescerne l’oblio ha senza dubbio contribuito il fatto che l’o-ratorio, di proprietà privata, è chiuso al pubblico e da lungo tempo non è più officiato. L’unica segnalazione si deve a Mario Mencaraglia che, nel 1998, ha compilato la scheda di catalogo di Soprintendenza confermando l’autografia di Maratti sulla scorta delle notizie di San-tini5. Un sopralluogo nel piccolo edificio di culto ha permesso di

cer-tificare la presenza della pala raffigurante ‘Santa Francesca Romana che riceve Gesù Bambino dalla Madonna alla presenza dei Santi Pie-tro e Agostino’ /tavole 15, 17/, collocata sull’unico altare presente e ancora in ottimo stato di conservazione grazie a un restauro promosso dai proprietari nel corso degli anni ottanta del Novecento6. Si tratta

senza dubbio di un’opera di eccellente qualità, eseguita con tecnica sicura e costruita attraverso una serie di citazioni tratte da altre com-posizioni marattesche che inducono a individuarne l’autore proprio nel maestro stesso7. Inoltre la presenza di talune figure già

compiu-tamente elaborate in precedenti contesti e qui riprodotte con

immu-Maratti a

(5)

tato assetto formale permette di restringere l’arco cronologico della realizzazione del dipinto di Pietrasanta tra il 1672 e l’inizio del lustro successivo, quando il committente Andrea Luccetti lasciò definitiva-mente Roma per fare ritorno in patria.

Sulla scorta di una pratica consolidata, il maestro marchigiano orchestra il quadro secondo un susseguirsi serrato e ininterrotto di personaggi che, partendo in basso a sinistra con Sant’Agostino, pro-segue a destra con Santa Francesca Romana con l’angelo e San Pietro per culminare nel gruppo della Vergine col Bambino in braccio, assisa su una nuvola e immersa in una calda atmosfera dorata. La prima impressione è quella di trovarsi di fronte a qualcosa di già visto e ripercorrendo il catalogo di Maratti se ne riconosce facilmente il prototipo nella famosa pala con ‘San Francesco di Sales presentato da San Nicola di Bari alla Madonna e Gesù Bambino, con Sant’Am-brogio seduto in un paesaggio’ oggi alla Pinacoteca Comunale di Ancona /tavola 16/. L’opera fu commissionata da Giovanni Pietro Nembrini nell’ottobre del 1671 e, diversamente da quanto riportato da Bellori che racconta di un viaggio del pittore nelle Marche, fu di-pinta a Roma l’anno seguente e inviata ad Ancona a impreziosire l’altare maggiore della chiesa di San Nicola di Bari8. La natura

mo-numentale del dipinto centinato, la cui altezza raggiunge i quattro metri, consente al maestro di diluire le figure in un moto ascensionale arcuato, dal Sant’Ambrogio fino alla Vergine che lo sovrasta, lascian-do la possibilità di inserire, in basso a sinistra, uno scorcio paesaggi-stico con la veduta del monte Conero. La riduzione di scala della tela di Pietrasanta, alta all’incirca la metà (222 cm) e di forma ret-tangolare, determina una compressione della composizione e l’eli-minazione di qualsivoglia connotato topografico; tuttavia ad acco-munarla al più noto prototipo è ancora il medesimo impianto strut-turale che fa perno sul santo assiso nell’angolo inferiore sinistro e sulla Madonna col Bambino alla sommità, riprodotti in questa sede in maniera pressoché identica e variati soltanto in piccoli dettagli funzionali alla diversa disposizione e all’iconografia. Nella versione di Ancona il Sant’Ambrogio è seduto di tre quarti e rivolge lo sguardo verso l’alto, al di fuori dello spazio pittorico, indossa la mitria ve-scovile, un pesante piviale e tiene appoggiato sulla gamba sinistra un libro aperto. Nell’opera in esame il santo, oltre al libro, tiene la penna nella mano destra mentre del pastorale si scorge la voluta api-cale dietro la sua figura; il capo ora è libero della mitria, poggiata ai suoi piedi nell’angolo estremo del dipinto, e gli occhi sono alzati Maratti

a Pietrasanta

(6)

verso la Vergine alle sue spalle. Ed è proprio questo gruppo a pre-sentare una somiglianza palmare con quello di Ancona di cui ricalca movenze e atteggiamenti, nell’adagiarsi rigonfio del manto della Ma-donna, nel docile divincolarsi del Bambino /tavole 16, 20/, e ancora nel timido sporgersi dell’angelo al loro fianco. Maratti, tuttavia, non si limita a queste citazioni e anche per la figura inginocchiata della santa titolare torna ad attingere al suo repertorio passato, e in parti-colare ad alcune soluzioni elaborate in gioventù in due tele conservate entrambe ad Ascoli Piceno.

La prima, firmata e datata 1654 sul tergo, fu acquistata nel 1916 dal Comune di Ascoli sul mercato antiquario romano e palesa la sua precocità d’esecuzione per la forte impronta sacchiana dello stile9.

La santa dei poveri di Roma /tavola 18/, con l’abito nero e il manto bianchissimo del convento delle oblate benedettine di Tor di Specchi da lei fondato, è assisa su un trono di nubi e affiancata da un angelo protettore che la accompagna tradizionalmente sin dalle prime im-magini risalenti al tempo della sua canonizzazione (1608)10. A breve

distanza di tempo, Maratti torna a confrontarsi con la figura della santa e dalla somiglianza generica del primo esempio, passa a ela-borare nella pala della chiesa di Sant’Angelo Magno ad Ascoli una raffigurazione che sarà poi citata letteralmente nel dipinto di Pie-trasanta. Nel 1655, gli abati olivetani Emidio Ciucci e Angelo Lenti avevano chiamato un drappello di giovani artisti della scuola romana a rinnovare gli altari dell’antica basilica ascolana e, nel febbraio del-l’anno seguente, il maestro licenziò la tela con la ‘Visione di Santa Francesca Romana’ giocata sul crescendo diagonale dei personaggi /tavola 19/, legati tra loro da un intenso colloquio di sguardi11.

L’as-sorta figura della Vergine, ispirata ai modelli di Sacchi e Duquesnoy ma di un classicismo ancor più severo, sostiene il Bambino che si offre allo sguardo rapito e al contatto con la santa. Quest’ultima, in-ginocchiata nell’angolo inferiore destro della tela, indossa una veste nera su cui si staglia un manto bianchissimo che le incornicia deli-catamente il profilo e le ricade dal braccio e sulle gambe con anda-mento ampio e solchi profondi che esaltano la gradazione di toni e, al contempo, evocano la consistenza plastica di una scultura in mar-mo. La stessa figura, questa volta genuflessa sopra una nuvola e con entrambe le mani ben visibili per la lontananza del Bambino, è ri-petuta nella tela di Pietrasanta in ogni singolo dettaglio, come si evince dalla trascrizione quasi sovrapponibile di tutti i risvolti del manto. Dietro di lei vi è sempre un angelo ma di dimensioni assai

Maratti a

(7)

minori rispetto a quello di Ascoli Piceno e recante un libro aperto in cui si leggono alcuni passi dell’Antico Testamento12; e ancora una

vigorosa figura di San Pietro di cui si scorge la parte superiore del busto e con la chiave ben in vista, trattenuta nella mano destra. Il santo, dalla barba folta e ariosa, volge il capo, con fare repentino, verso il Bambino e in tale portamento si avvicina alla figura del San Giuseppe nella grande pala con la ‘Fuga in Egitto’, eseguita nel 1664 su commissione di papa Alessandro VII per la cappella del voto di Siena, e replicata in piccolo in un rame conservato alla Galleria Cor-sini di Roma13.

Sulla base di questi indiscutibili riferimenti formali, si rafforza il convincimento che Maratti abbia ricomposto nell’opera oggi a Pie-strasanta due brani pittorici di sua invenzione ma lontani nel tempo e nello spazio: nella parte sinistra il gruppo della Madonna con Bam-bino, angeli e Sant’Agostino ricavati dalla pala Nembrini di Pesaro databile al 1672, mentre a destra la Santa Francesca Romana inviata a Sant’Angelo Magno di Ascoli nel remoto 1655. Un lavoro di ricu-citura non nuovo per il maestro ma, nel nostro caso, manifesto in modo eclatante, forse anche per la sede periferica a cui la tela era in-dirizzata. Del resto Maratti era solito trattenere gran parte degli studi e dei disegni preparatori per i suoi quadri e di certo possedeva ancora, nel terzo quarto del XVII secolo, il foglio con l’intera composizione della ‘Visione di Santa Francesca Romana’, poi passato nella colle-zione di don Livio Odescalchi e oggi al Teylers Museum di Haarlem, in cui la struttura della pala è ormai definita e l’angelo trattiene tra le mani un libro assai grande, sparito nella redazione definitiva di Sant’Angelo Magno ma riconoscibile con un formato analogo in quel-la di Pietrasanta14. Sempre tra le carte del maestro era presente anche

il disegno raffigurante il corpo della santa, conservato al Kunstmu-seum di Düsseldorf, qui studiato privo di abiti per definirne la posi-zione e il profilo del volto da sottinsù15. E proprio in questo foglio

entrambe le mani di Francesca sono ben visibili come nella pala in esame, mentre in quella di Ascoli la destra risulta coperta dalla figu-rina radiosa di Gesù. Dunque attraverso la costituzione di un perso-nale ‘archivio visivo’ della produzione dagli juvenilia al presente16,

Maratti era in grado di creare opere del tutto nuove riadattando di-verse invenzioni del passato con una certa libertà, soprattutto allor-quando la sede di destinazione risultava essere decentrata, come nel caso della ‘Santa Francesca’ di Pietrasanta.

Cristiano Giometti

Maratti a Pietrasanta

(8)

N O T E

Desidero ringraziare i proprietari dell’oratorio di Santa Francesca Romana, che mi hanno permesso di studiare il dipinto fornendo le relative fotografie che qui si pubblicano. Inoltre ringrazio con affetto Stella Rudolph per aver condiviso con me molte riflessioni sull’opera e Maurizio Bottazzi per la perfetta messa a punto di alcune immagini. Il dipinto è stato presentato dallo scrivente alle giornate di studio internazionali del 12-13 maggio 2014: Carlo Maratti e la sua fortuna, Ro-ma, Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Corsini.

1“Dopo due anni e mezzo di laboriose ricerche, e di continue peregrinazioni,

con sorpresa di tutti gli amici suoi, annunciò di avere già raccolti i materiali bastanti a por mano alla stampa del Dizionario. Ed infatti nel 1833 ne mandava in luce il primo fascicolo, e senza mai rallentare di zelo, mercé una perseveranza infaticabile, potè vederne compiuta la pubblicazione nel 1846, appunto allora che egli compiva il suo 70°. anno” (Elogio di Emanuele Repetti, letto dal socio ordinario Avv. Marco Tabarrini, nell’Adunanza solenne dell’Accademia dei Georgofili del 26 dicembre 1856). La metodologia di questo genere di studi era già stata tracciata dall’illustre naturalista fiorentino Giovanni Targioni Tozzetti che, circa un secolo prima, aveva compiuto numerose indagini per raccogliere informazioni sulla topografia, la geo-grafia e la cultura della regione, confluite poi nelle Relazioni d’alcuni viaggi fatti

in diverse parti della Toscana.

2E. Repetti, Dizionario geografico, fisico, storico della Toscana, Firenze, 1841,

IV, p. 216.

3Ivi, p. 231.

4V. Santini, Commentari storici sulla Versilia centrale, Pisa, 1862, VI, p. 173. 5Si veda la scheda OA 09 00503203 presso la Soprintendenza BAPSAE di

Lucca e Massa Carrara.

6Informazione orale gentilmente fornita dai proprietari, Pietrasanta, 10 aprile

2010.

7Sul pittore (Camerano, 18 maggio 1625-Roma, 15 dicembre 1713), oltre ai

fondamentali studi di Stella Rudolph citati di seguito in questo testo, si ricordano i contributi di A. Mezzetti, Contributi a Carlo Maratti, in ‘Rivista dell’Istituto Na-zionale di Archeologia e Storia dell’Arte’, nuova serie, IV, 1955, pp. 253-354; D.L. Bershad, The newly discovered testament and inventories of Carlo Maratta and his

wife Francesca, in ‘Antologia di Belle Arti’, nuova serie, 25-26, 1985, pp. 65-84; P.

Zampetti, Pittura nelle Marche. Dal barocco all’età moderna, Firenze, IV, 1991, pp. 34-67; S. Rudolph, Niccolò Maria Pallavicini. L’ascesa al tempio della Virtù attraverso

il mecenatismo, Roma, 1995, ad indicem (1995a); L. Bortolotti, Maratti (Maratta), Carlo, voce in Dizionario biografico degli italiani, Roma, LXIX, 2007, pp.

444-451; Il Magistero di Carlo Maratti nella pittura marchigiana tre Sei e Settecento, a cura di C. Costanzi e M. Massa, Milano, 2011.

8“Correndo intanto l’anno 1672 Carlo di nuovo fece passaggio alla patria,

già lungo tempo che non vi si era trasferito (…). Ma nel tempo che Carlo si trattenne in Ancona non lasciò d’operare invitato dal signor Gio. Pietro Nembrini al quadro del maggior altare della Chiesa dedicato a San Nicola di Bari de’ Padri dell’Orato-rio” (G.P. Bellori, Le vite de’ pittori scultori e architetti moderni, Roma, 1672, ed. a cura di E. Borea, Torino, 1976, pp. 602-603). In realtà, i documenti dell’Archivio di Stato di Roma (30 Notai Capitolini, notaio Abinantes, uff. 9, vol. 428, Procura: cc. 270r.-v., 299r.; Contratto: cc. 269r.-v., 300r.) dimostrano che Nembrini nominò

Maratti a

(9)

suo procuratore Francesco Antonio Mainardi affinché facesse le sue veci alla stipula del contratto con Maratti, redatto in Roma il 3 novembre del 1671, e seguisse le fasi del lavoro. Per la ricostruzione della vicenda ci sia permesso il rinvio a C. Gio-metti, Carlo Maratta intorno al 1670: novità e precisazioni, in ‘Ricerche di Storia dell’Arte’, 96, 2008, pp. 65-76. Per gli stessi atti, conservati presso l’Archivio di Stato di Ancona (Atti del Notaio Giacinto Cicconi, anno 1671, cc. 590r. e v.-591r.), si veda C. Costanzi, Spigolature marattesche. Appunti e riflessioni su alcune opere di

Carlo Maratti nelle Marche, in Il Magistero di Carlo Maratti, cit., pp. 40-57,

segna-tamente p. 47, che non segnala i documenti romani. Sull’opera in rapporto con i disegni preparatori si veda S. Rudolph, in L’idea del bello. Viaggio per Roma nel

Seicento con Giovan Pietro Bellori, catalogo della mostra a cura di E. Borea e C.

Gasparri, Roma, 2000, II, p. 465, n. 8.

9Sul retro della tela si legge “1654/ DONÒGIOVANNI/ ETBELARDINO/ MON

-TERSELLI/ ALLAMADONNA DELLAPACE/ PINXITCAROLUSMARATTI”. Per il dipinto,

conservato presso la Pinacoteca Civica di Ascoli, si vedano A. Mezzetti, op. cit., pp. 270-271, 318-319; G. Gagliardi, La Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno, Ascoli Piceno, 1988, p. 35; S. Rudolph, Carlo Maratti e la sua patria Camerano, in Un

gioiello del barocco romano a Camerano. La chiesa di Santa Faustina e la cappellania istituita da Carlo Maratti, a cura di S. Rudolph, Milano, 2007, p. 68; C. Costanzi, op. cit., pp. 43-44.

10Sul tema si rimanda a V. Casale, L’arte per le canonizzazioni. L’attività arti-stica intorno alle canonizzazioni e alle beatificazioni del Seicento, Torino, 2011, pp.

101-104.

11Riguardo alla datazione del dipinto Bellori fornisce due versioni contrastanti:

nel manoscritto della Biblioteca di Rouen lo colloca negli anni settanta, al tempo dei lavori per la famiglia Altieri, tra la pala della cappella alla chiesa della Minerva (‘San Pietro che presenta alla Vergine cinque santi canonizzati da Clemente X’, 1672) e l’affresco con l’‘Allegoria della Clemenza’ (1673-1675 ca.) nel palazzo al Gesù (G.P. Bellori, op. cit., ed. 1976, p. 595), mentre nell’edizione della Vita di Ma-ratti pubblicata per la prima volta (insieme a quelle di Reni e Sacchi) nel 1731 da Fausto Amidei, e solo in un volume a sé stante nel 1732 (p. 14), ne parla come di un’opera giovanile, eseguita nel periodo dei primi interventi in Sant’Isidoro risalenti al 1653. Per la ricostruzione della commissione degli abati Ciucci e Lenti su base documentaria si rimanda a G. Fabiani, Artisti del Sei-Settecento in Ascoli, Ascoli Pi-ceno, 1961, pp. 135-137. Per il disegno preparatorio conservato al Teylers Museum di Haarlem (inv. A 55) si veda B.W. Meijer, I grandi disegni italiani del Teylers

Mu-seum di Haarlem, Milano, s.d. (ma 1985), n. 75; S. Rudolph, Disegni del Maratti a souvenir di sue opere nelle Marche, in Il disegno antico nelle Marche e dalle Marche,

atti del convegno (Monte San Giusto, 22-23 maggio 1992) a cura di M. Di Giam-paolo e G. Angelucci, Firenze, 1995, pp. 131-144 (1995b). Sulla complessa vicenda della biografia marattesca scritta da Bellori e completata dall’abate Vincenzo Vittoria si rimanda a S. Rudolph, Vincenzo Vittoria fra pitture, poesie e polemiche, in ‘Laby-rinthos’, VII-VIII, 1988-1989, pp. 223-266, segnatamente p. 265.

12Si tratta del Salmo 72: “TENUISTI/ MANUM/ MEAM/ ET IN/ VOLUNTATE/ TUA

DEDU/ XISTI ME/ ET CU(M) GLO/ RIA SUSCE/ PISTI ME/ PSAL(MUS)/ LXXII”.

13L’opera, eseguita in pendant con la ‘Visitazione’ ancora in situ, dalla fine

del Settecento è conservata presso la villa Chigi di Castelfusano. Si vedano in pro-posito V. Golzio, Documenti artistici del Seicento nell’archivio Chigi, Roma, 1939, p. 85; S. Rudolph, I dipinti eseguiti da Carlo Maratti nel 1663-1664 per la cappella

Maratti a Pietrasanta

(10)

del Voto nel Duomo, in Le pitture del Duomo di Siena, a cura di M. Lorenzoni,

Milano, 2008, pp. 46-51. Per il rame della Galleria Corsini si rimanda a S. Rudolph, in L’idea del bello, cit., II, pp. 461-462, n. 5.

14Per la provenienza Odescalchi del disegno di Maratti ad Haarlem si

ri-manda all’introduzione di B.W. Meijer, op. cit., pp. 60-68.

15Per il disegno (inv. FP 8245) di Düsseldorf si veda E. Schaar, A. Sutherland

Harris, Die Handzeichningen von Andrea Sacchi und Carlo Maratta. Kataloge des

Kunstmuseums Düsseldorf. Handzeichningen I, Düsseldorf, 1967, p. 90, n. 186,

tav. 37.

16Sulla “costituzione di un archivio visivo di quanto (Maratti) andava

rea-lizzando in pittura” si veda S. Rudolph, op. cit., 1995b, p. 134.

S U M M A R Y

This is the first scholarly publication of a painting by Carlo Marattiwith Saint Francesca Romana Receiving the Christ Child from

the Virgin, in the Presence of Saints Peter and Augustine in an oratory

in Pietrasanta. The work is in very good condition and is mentioned in nineteenth-century sources, but the private character of the small place of worship that houses it has led to its being forgotten, even in the city in which it is located. The painting is of excellent quality and is composed of a series of citations from other works by Maratti; this allows it to be dated to between 1672 and about 1675.

Maratti a

(11)
(12)
(13)
(14)
(15)
(16)
(17)

Riferimenti

Documenti correlati

appartenenza documentaria ISRS - Tecnica di scrittura a pennello/ nero ISRT - Tipo di caratteri lettere capitali.. ISRP - Posizione retro telaio, basso destra ISRI -

Ritenuto di dotare il presente atto della clausola di immediata esecutività in relazione all’urgenza di consegna dei locali entro il mese di dicembre;.. di Palermo per

• precedenti esperienze maturate presso enti diversi da quello che realizza il progetto in settori analoghi a quello del progetto: max 3 punti (periodo massimo valutabile pari a

E sarà poi il medesimo pensiero che animava lo stesso Beccaria, allorquando – unitamente ai due altri colleghi componenti la “Giunta delegata per la riforma del

Generalmente la gestione del multilinguismo è molto più rigorosa e sem- plice rispetto ai film occidentali con inserti in cinese, in parte perché favo- rita anche dalla

La semplice e normale – nella dimensione civilistica – rappresentanza nella quale un soggetto dà mandato ad un altro soggetto, munendolo di poteri ed,

Commento: si ribadisce che, nonostante i poteri di polizia del sindaco siano senza dubbio aumentati, il potere di controllo del prefetto e quindi del Ministero dell’Interno

LA SCONFITTA DELLA MORTE Con questa mostra festeggia- mo una nuova importante acquisizione delle Gallerie Nazionali: il modello monumentale eseguito da Pierre-Étienne Monnot per la