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Google books: cronistoria e considerazioni su un progetto internazionale all’italiana

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Academic year: 2021

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Gli articoli nel Forum possono non rispecchiare le posizioni del Comitato esecutivo regionale e del Comitato di redazione di Bibelot, rappresentando contributi sul piano dell'informazione e dell'opinione.

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Google books: cronistoria e

considerazioni su un progetto

internazionale all’italiana!

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ERICA MASSA!

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La vicenda di Google Books racchiude tante contraddizioni, ormai tipiche della cultura Made in Italy: una cattedrale nel deserto che fonda il suo inizio su promesse non mantenute, prosegue tra ritardi burocratici, chiusure di progetto anticipate e si conclude con lavoratori precari rispediti a casa nell'indifferenza generale.

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Ma procediamo con ordine: è il 2010 quando l'allora Ministro dei Beni Culturali, Sandro Bondi, promette una grande Biblioteca italiana su Google. Impegnate nello sforzo di inserire un milione di volumi on-line le tre Biblioteche Nazionali: Roma, Firenze e Napoli. A quattro anni da allora, il lavoro si ferma a 270 mila volumi: dei sei anni di lavoro ipotizzati, tutto si è fermato dopo circa 24 mesi (ed altrettanti di annosi iter burocratici). In realtà anche negli accordi con Google la cifra utopica del milione di libri scende a 340 mila, una cifra comunque ben lontana da quella raggiunta.

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La figura a livello internazionale è tapina, l’accordo preso con Google, che aveva stanziato i fondi per i macchinari, non è stato rispettato: nessuna grande biblioteca on-line, quindi, e nessun progetto concluso. Nonostante gli sforzi anche da parte politica (la senatrice Di Giorgi ha fatto un'interrogazione parlamentare per concludere il progetto) e nonostante le continue promesse di riprendere il progetto, è quasi un anno che è tutto fermo.

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È quasi un anno che circa 80 catalogatori e catalogatrici, impegnati nelle tre Biblioteche per il progetto sono a casa e da lavoratori precari sono diventati disoccupati. E a loro, assunti direttamente dal Ministero, che hanno messo la propria professionalità al servizio delle biblioteche, che hanno lavorato per due anni tutti i giorni per otto ore al giorno, il Ministero non deve niente? Non deve delle spiegazioni? Non deve delle scuse? È sintomatico del degrado culturale se si consuma un’ingiustizia del genere senza la denuncia di nessuno, neanche dei colleghi stabilizzati che hanno lavorato insieme per due anni. Se non si uniscono le forze di tutti i lavoratori, se i colleghi stabilizzati non capiscono che anche il loro futuro è in discussione, se non tentano di lottare a fianco dei lavoratori precari, non si riuscirà ad uscire da questa situazione di sospensione di diritti che i lavoratori precari stanno vivendo.

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Il progetto di Google, basato sui precari, è solo l’ultimo risultato di anni di “precarizzazione" del lavoro nelle biblioteche. È infatti sintomatico che si investano diversi milioni di euro in un progetto pur pregevole e di rilievo, senza però pensare di dare la precedenza ad assunzioni nelle biblioteche che non hanno avuto assunzioni da un numero altissimo di anni. In questo senso, la condizione in cui oggi versa la Biblioteca Nazionale di Firenze è esemplificativo: l'organico è all'osso, tanto che l'andamento ordinario della Biblioteca è assicurato solo quando ci sono volontari del servizio civile o stagisti. Del resto, che la Biblioteca Nazionale sia una fabbrica di precari e di lavoro non stabilizzato, non è una novità. La storia di L., una precaria che vuole mantenere l'anonimato, rende bene l’idea: il suo cursus honorum in Nazionale inizia negli anni Novanta, con 600 ore di volontariato non retribuito. Continua a lavorare per la Biblioteca Nazionale, per circa dieci anni con le cooperative cui è stato per lungo tempo affidato il servizio esternalizzato di catalogazione: lavoro retribuito a cottimo,

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poiché il lavoratore guadagna secondo la quantità di libri che riesce a catalogare. Poi i servizi esternalizzati si sono contratti e L., dopo circa dieci anni, si è ritrovata senza lavoro. Allora ha fatto altre 600 ore di volontariato. La perfetta conclusione – per il momento - del suo curriculum precario, è proprio il progetto Google Books. L. è una professionista, ha contribuito all'andamento della Nazionale per più di dieci anni, gran parte retribuita dalle cooperative, buona parte con ore di volontariato non retribuite e in minima parte direttamente assunta dal Ministero. Il ringraziamento che le viene dato è quello di essere mandata a casa a tempo indeterminato, in attesa e nella speranza di riprendere a lavorare. 


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Il progetto di Google Books è fermo ma non è morto: è da settembre che ai lavoratori che si trovano nella triste condizione di questuare per riprendere la propria attività, viene risposto che il progetto ripartirà: è solo questione di tempo. E intanto loro aspettano. Chissà cosa. Forse il Ministero si è reso conto del ‘pericolo’ di aver assunto direttamente dei lavoratori? Forse sta pensando di risolvere tutti i suoi problemi avvalendosi di un privato che faccia da tramite con questi lavoratori? Forse il progetto Google sta per diventare l’ennesima esternalizzazione?

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I n t a n t o , n e l l ’ i n d i f f e r e n z a g e n e r a l e , professionisti qualificati, con esperienza decennale, sono trattati in maniera indegna, nell’indifferenza più o meno generale, non solo dei colleghi con cui hanno lavorato, ma anche delle RSU, dei rappresentanti sindacali, che ben lontani dall’essere rappresentanti sindacali si comportano come rappresentanti di corporazione.

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Ed anche nell’indifferenza dell’associazione di categoria, l’AIB, che evidentemente ancora non ha inserito nella sua mission la difesa professionale e contrattuale della propria categoria. Il che è molto grave, perché non c’è Bibliopride che tenga, se l’orgoglio bibliotecario riguarda solo chi ha avuto il merito, ma anche la fortuna, di non vivere o di aver superato indenni il precariato, il cottimato e tutta la selva di instabilità contrattuale che invece molti altri colleghi si trovano a vivere.

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