INSEDIAMENTI UMANI, POPOLAMENTO, SOCIETÀ
collana diretta da
Francesco Panero e Giuliano Pinto
CENTROINTERNAZIONALE DISTUDI SUGLIINSEDIAMENTIMEDIEVALI DIPARTIMENTO DILINGUE ELETTERATURESTRANIERE ECULTUREMODERNE
DELL’UNIVERSITÀ DITORINO
LE COMUNITÀ
DELL’ARCO ALPINO OCCIDENTALE
a cura di
F
RANCESCOP
ANEROCherasco 2019
Le ricerche sono state parzialmente finanziate e il volume è stato pubblicato con contributi dei seguenti Enti: Centro Internazionale di Studi sugli Insediamenti Me-dievali, Dipartimento di Lingue e Letterature Straniere e Culture Moderne del-l’Università di Torino.
Comitato scientifico del Convegno: Enrico Basso, Luca Bellone, Laura Bonato,
Enrico Lusso, Pierpaolo Merlin, Marco Novarino, Francesco Panero, Paolo Rosso, Chiara Simonigh, Lia Zola.
CENTROINTERNAZIONALE DISTUDI SUGLIINSEDIAMENTIMEDIEVALI
Palazzo Comunale - Via Vittorio Emanuele II, 79 - 12062 Cherasco (CN) Tel. 0172 427010 - Fax 0172 427016
www.cisim.org ISBN 978-88-94069884
PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA
2019
Atti del Convegno «Le comunità dell’arco alpino occidentale: culture, strutture socio-economiche, insediamenti, antropologia storica»
(Torino e La Morra 27 e 28 aprile 2018)
Ove non indicato diversamente, le fotografie sono degli autori dei testi. L’autoriz-zazione alla pubblicazione delle immagini è stata richiesta dagli autori agli Enti conservatori.
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Grenoble sede della corte delfinale: architettura e forma urbana ENRICOLUSSO
Dopo alcuni studi pionieristici riferibili agli ultimi decenni del secolo scorso1, in anni recenti la storiografia subalpina ha focalizzato a più riprese la propria attenzione su temi collegati alla nascita, allo sviluppo e alla se-dimentazione istituzionale dei principati territoriali nei secoli finali del me-dioevo e nella prima età moderna, dedicando, per la prima volta, ampio spazio a problematiche connesse con la promozione e la committenza ar-chitettonica2. Non altrettanto può dirsi a proposito dell’area transalpina. Studi puntuali – e di buon livello – certo non mancano3; tuttavia non
esi-1Si vedano, a titolo esemplificativo, i contributi di G. CHITTOLINI, La formazione dello stato
re-gionale e le istituzioni del contado. Secoli XIV e XV, Torino 1979; R. COMBA, Le villenove del
principe. Consolidamento istituzionale e iniziative di popolamento fra i secoli XIII e XIV nel Piemonte sabaudo, in Piemonte medievale. Forme del potere e della società. Studi per Giovanni Tabacco, Torino 1985, pp. 123-141; G. CASTELNUOVO, Principati regionali e organizzazione del
territorio nelle Alpi occidentali: l’esempio sabaudo (inizio XIII-inizio XV secolo), in L’orga-nizzazione del territorio in Italia e Germania: secoli XIII-XIV, a c. di G. CHITTOLINI, D. WIL -LOWEIT, Bologna 1994 (Annali dell’Istituto Storico Italo-Germanico, 37), pp. 81-92.
2Cfr., nuovamente senza pretese di completezza ma per dare conto del progresso degli studi, A. MARZI, I borghi nuovi dei marchesi di Monferrato, in «Monferrato arte e storia», 12 (2000), pp.
41-62; A. LONGHI, Principati territoriali e difese collettive: il caso dei Savoia-Acaia, in Ricetti
e recinti fortificati nel basso Medioevo, Atti del convegno (Torino, 19 novembre 1999), a c. di R. BORDONE, M. VIGLINO, Torino 2001, pp. 105-134; ID., Architettura e politiche territoriali nel
Trecento, in Architettura e insediamento nel tardo medioevo in Piemonte, a c. di M. VIGLINO, C.
TOSCO, Torino 2003, pp. 23-69; D. IACOBONE, Città e cittadelle in età medievale e moderna.
Dall’esperienza viscontea al fronte bastionato, Milano 2007; E. LUSSO, F. PANERO, Castelli e
bor-ghi nel Piemonte bassomedievale, Alessandria 2008; S. BELTRAMO, Il marchesato di Saluzzo tra
Gotico e Rinascimento. Architettura, città, committenti, Roma 2015; E. LUSSO, Interventi
pro-blematici di riordino insediativo lungo l’arco alpino occidentale, in Fondare abitati in età me-dievale: successi e fallimenti. Omaggio a Rinaldo Comba, Atti del convegno (San Giovanni Val-darno, 15-16 gennaio 2016), a c. di F. PANERO, G. PINTO, P. PIRILLO, Firenze 2017, pp. 81-113.
3Relativamente alle aree immediatamente confinanti con il territorio piemontese si citano, a ti-tolo di esempio, R. MARIOTTE-LÖBER, Ville et seigneurie. Les chartes de franchises des comtes
de Savoie. Fin XIIe-1343, Annecy-Genève 1973 (Mémories et documents publié par l’Académie
Florimontane, 4); M.H. GELTING, La communauté rurale, rouage de l’administration fiscale:
l’exemple de la Maurienne, XIVe-XVe siècle, in Le Alpi medievali nello sviluppo delle regioni
contermini, a c. di G.M. VARANINI, Napoli 2004, pp. 17-34; B. ANDENMATTEN, Gli insediamenti
urbani fra aristocrazia locale e potere sabaudo: il caso del paese di Vaud (XIII-XIV sec.) e delle zone limitrofe, ibid., pp. 167-180; F. MOUTHON, Savoie médiévale, naissance d’un espace rural LE COMUNITÀ DELL’ARCO ALPINO OCCIDENTALE,
stono contributi di sintesi né, soprattutto, si registra alcun interesse speci-fico verso gli esiti materiali della “costruzione” dei singoli territori dina-stici. Le traiettorie della storiografia, si sa, sono spesso divergenti, in ra-gione delle curiosità personali degli studiosi e/o della disponibilità di do-cumentazione utile.
Nondimeno esistono ragioni culturali per avviare, anche nei territori d’Oltralpe, studi orientati all’analisi di come le politiche dei principi ab-biano influito, nei tempi e nei modi, sui processi di programmazione urbana e di produzione architettonica: com’è da tempo noto, lo spartiacque alpino ha rappresentato a lungo, più che una barriera, una cerniera, uno spazio permeabile agli scambi – economici, culturali, demografici – privo di con-fini netti, oltre che sotto il profilo geografico, dal punto di vista politico4. Si pensi, per esempio, al caso dei domini angioini nei secoli XIII e XIV5, all’organizzazione del principato sabaudo6oppure proprio, per quanto in-teressa in questa sede, all’articolazione politica del Delfinato, ampiamente sviluppato sui due versanti alpini, con appendici che si protendevano in profondità in alcune vallate torinesi e cuneesi7.
Il presente saggio, lungi dal volere ricomporre in maniera esaustiva il complesso mosaico istituzionale e culturale dei territori originariamente
(XIe-XVesiècles), Chambéry 2010; N. CARRIER, F. MOUTHON, Les communautés montagnardes
au Moyen Âge, Rennes 2010; Y. FRIZET, Louis XI, le roi René et la Provence, Aix-en-Provence
2015; ID., Munificence et stratégie de Louis XI en Midi provençal, Rennes 2017.
4Sul tema si vedano, a vario titolo, E. CASTELNUOVO, Le Alpi crocevia e luogo di incontro delle
tendenze artistiche nel XV secolo, in «Ricerche di storia dell’arte», 9 (1978-1979), pp. 5-12; Le Alpi. Storia e prospettive di un territorio di frontiera - Les Alpes. Histoire et perspectives d’un territoire transfrontalier, a c. di V. COMOLI, F. VERY, V. FASOLI, Torino 1997; Le Alpi medievali cit.; Il popolamento alpino in Piemonte. Le radici medievali dell’insediamento moderno, a c. di F. PANERO, Cherasco-Torino 2006; P. MERLIN, F. PANERO, P. ROSSO, Società, culture e istituzioni di una regione europea. L’area alpina occidentale fra medioevo ed età moderna, Torino 2013.
5Cfr. R. COMBA, Le premesse economiche e politiche della prima espansione angioina nel
Pie-monte meridionale (1250-1259), in Gli Angiò nell’Italia nord-occidentale (1259-1382), Atti del convegno (Alba, 2-3 settembre 2005), a c. di R. COMBA, Milano 2006, pp. 15-28; P. GRILLO, Un dominio multiforme. I comuni dell’Italia nord-occidentale soggetti a Carlo I, ibid., pp. 31-101; MERLIN, PANERO, ROSSO, Società, culture e istituzioni cit., pp. 231-233.
6G. CASTELNUOVO, Ufficiali e gentiluomini. La società politica sabauda nel tardo medioevo, Milano 1994, pp. 55 sgg.; ID., Lo spazio sabaudo medievale: modelli, gerarchie, frontiere, in «Ar-chivio per l’Alto Adige. Rivista di studi alpini», LXXXVIII-LXXXIX (1994-1995), pp. 483-490; A. BARBERO, Il ducato di Savoia. Amministrazione e corte di uno stato franco-italiano, Roma-Bari 2002; MERLIN, PANERO, ROSSO, Società, culture e istituzioni cit., pp. 237-240.
7A. DUSSERT, Les états du Dauphiné aux XIVeet XVesiècles, Grenoble 1915, pp. 40-119; MER -LIN, PANERO, ROSSO, Società, culture e istituzioni cit., pp. 237-240.
soggetti alla giurisdizione dei conti d’Albon, ha tuttavia l’ambizione di trac-ciare un primo quadro, anche metodologico, di riferimento, ponendosi in buona sostanza due obiettivi specifici: dapprima analizzare le dinamiche ur-bane della città di Grenoble connesse alla progressiva stabilizzazione della presenza della corte delfinale, quindi delineare, per quanto in forma ne-cessariamente parziale, un paragone con alcune realtà subalpine – soprat-tutto quelle più prossime culturalmente e geograficamente al Delfinato – su alcune tematiche che, in prospettiva, emergono come potenzialmente rile-vanti al fine di una più chiara definizione dei nessi e degli intrecci cultu-rali sviluppatisi nei secoli finali del medioevo a cavallo della catena alpina.
1. Grenoble e i Delfini: nascita e sviluppo di una “capitale”
La presenza delfinale in Grenoble, città di origine romana con una robusta tradizione di governo vescovile8, fa la propria comparsa nel 1226-1227 in relazione alla fondazione e alla conseguente costruzione della
prevostura di Sant’Andrea9, voluta da Guigues V del casato di Borgogna
all’indomani della catastrofica alluvione che colpì l’abitato nel 1219 (fig. 1)10. Il complesso, collocato presso i margini nord-occidentali del-l’area urbana, entro la cerchia muraria e non lontano dalla porta nova11, da subito assurse al ruolo di mausoleo dinastico, tanto che il delfino, nel pro-prio testamento del 1237, vi fondava una cappella destinata ad accogliere
la propria sepoltura e quella dei successori12. Come avremo modo di
ve-dere più nel dettaglio in seguito, la scelta localizzativa della collegiata sa-rebbe stata determinante per i destini urbanistici della città, rappresentando, di fatto, il primo tassello nel programma di definizione spaziale di una vera e propria enclave istituzionale (e insediativa) alternativa al potere del ve-scovo anche da un punto di vista puramente topografico. Il complesso della cattedrale di Notre-Dame, di cui restano significative tracce della prima fase romanica, sorge infatti presso il limite nord-orientale della città, in po-sizione pressoché diametralmente opposta rispetto al baricentro
dell’abi-8Cfr., per una sintesi, A. BARDIN DEMONTJOYE, A. LEMONDE-SANTAMARIA, La ville des
possi-bles, Grenoble épiscopale, in Grenoble. Histoire d’une ville, dir. R. FAVIER, Grenoble 2010, pp.
30-37.
9J.-J.-A. PILOT, Notice sur l’église de Saint-André de Grenoble, Grenoble 1851, pp. 3-4. 10A proposito dell’alluvione si vedano A. PRUDHOMME, Histoire de Grenoble, Grenoble 1888, pp. 103-105; BARDIN DEMONTJOYE, LEMONDE-SANTAMARIA, La ville des possibles cit., p. 37.
11Archives Départementales de l’Isère (d’ora in poi ADIsère), 8B171, f. 30v (1375). 12PRUDHOMME, Histoire de Grenoble cit., p. 110.
Fig. 1 - La prevostura di Sant’Andrea in uno scatto fotografico di Emile Duchemin della fine del sec. XIX (Bibliothèques Municipales de Grenoble).
tato. L’antagonismo con il vescovo, alla cui signoria i delfini erano, in Gre-noble, ancora teoricamente soggetti, non si manifestò comunque solo a li-vello simbolico13: in quegli stessi anni, infatti, essi provvedevano a conce-dere una prima carta di franchigia agli abitanti della città14, scelta che, ine-vitabilmente, acuì le tensioni con il potere episcopale.
Se già nelle scelte delfinali del secondo quarto del XIII secolo è possi-bile leggere con chiarezza la volontà di trasformare Grenoble in uno dei capisaldi del principato, è tuttavia negli anni ottanta del secolo, in conco-mitanza con l’avvio di quella convenzionalmente definita troisième race dei delfini, ossia la dinastia di La Tour, che il programma di promozione della città assunse una propria evidente consapevolezza. È comunque utile ricordare come all’epoca, al pari di quanto è possibile registrare in ambito subalpino, Grenoble non fosse l’unico ambito residenziale frequentato dalla corte, e, con ogni probabilità, neppure il più rilevante: sono, infatti, noti soggiorni, talvolta anche prolungati, presso Vienne15, Gap16, Saint-Marcel-lin (originaria sede del Consiglio nei cui pressi fu fondata, dopo il ricono-scimento papale dell’ordine degli Antoniti nel 1297, la celebre abbazia di
Saint-Antoine)17 e, soprattutto, Romans, che per alcuni decenni avrebbe
continuato a svolgere la funzione di principale centro di coordinamento ter-ritoriale del Delfinato18.
Anche in ragione di ciò, la storiografia ha mostrato la tendenza a indi-viduare nell’intorno cronologico che va dal 1339 al 1356, ovvero quando il titolo di delfino divenne appannaggio del primogenito del re di Francia
13A. BADIN DEMONTJOYE, A. LEMONDE-SANTAMARIA, La ville delphinale, in Grenoble cit., pp. 38-49, in part. p. 38.
14La compilazione definitiva delle franchigie di riferimento per la popolazione grenoblese data al 1244 (J.-J.-A. PILOT, Histoire municipale de Grenoble, Grenoble 1843, pp. 21-26); tuttavia la prima carta in cui il delfino compare associato al vescovo con poteri giurisdizionali sulla città ascende al 1226 (PRUDHOMME, Histoire de Grenoble cit., pp. 107-108).
15C. FAURE, Histoire de la réunion de Vienne à la France (1328-1454), in «Bulletin de l’Aca-démie Dalphinale», s. IV, XIX (1907), pp. 7-362, in part. pp. 57 sgg. Un palacium dalphinale de Vienne è ancora citato nella piena età moderna: ADIsère, B3343, 29 gennaio 1554.
16J. ROMAN, Histoire de la ville de Gap, Gap 1892, pp. 62 sgg. Una «maison de monsieur le dal-phin» in Gap è menzionata ripetutamente a partire dalla fine del XIV secolo: ADIsère, 7B43, nn. 1 (22 aprile 1373), 2 (18 gennaio 1391).
17A. LEMONDE, Du Conseil delphinal au Parlement de Dauphiné, in Le Parlement de Dauphiné, dir. R. FAVIER, Grenoble 2001, pp. 11-23, in part. pp. 13, 15. A proposito dell’abbazia antonita cfr. P. QUARRÉ, L’église abbatiale de Saint-Antoine-en-Viennois, in Congrès archéologique de
France, CLXXX, Dauphiné, Paris 1974, pp. 411-427.
18M. MERMET, Histoire de la ville de Vienne de l’an 1040 à 1801, Vienne 1854, pp. 162 sgg.; BADIN DEMONTJOYE, LEMONDE-SANTAMARIA, La ville delphinale cit., p. 42.
(1349)19, la scelta di Grenoble quale effettiva “capitale” del principato al-pino20. In realtà, la penetrazione politica dei delfini in città può essere an-ticipata, come si è accennato, di qualche decennio, più precisamente quando essi si affiancarono – e, man mano, sostituirono – al vescovo nel sostenere la presenza in città dei Predicatori. Dopo la concessione vescovile del 1288, secondo cui essi «possent construhere et edifficare domum ordinis eorum […] in loco ubi dicitur versus Pertuseriam»21e la cessione, due anni dopo, della chiesa di San Pietro foris portam22, Humbert I donava ai frati, nel 1291, la «platea que dicitur Brolium», con il diritto di chiuderla e allonta-nare il foro boario che lì aveva sede23. L’anno successivo egli prendeva il neonato convento sotto la propria protezione24e nel 1301, grazie a una ricca donazione, si apprestava a sostenere l’intento dei frati di «fundari, reformari et refici seu reparari domus et monasterium conventuale […] situm iuxta portam Trioniam»25. Si giunse così al 1342, anno in cui lo stesso Humbert confermava la cessione, stabilita nel 1334, delle rendite del pedaggio della città ai Predicatori per permettere loro di portare infine a termine la fabbrica del convento26. Le iniziative delfinali non si limitarono peraltro alla sola promozione di istituzioni religiose. Verso il 1327, per esempio, Guigues VIII istituiva la zecca27, menzionata nel 1455 come parte integrante del-l’articolato sistema dei palazzi delfinali28.
Gli anni quaranta-cinquanta del XIV secolo segnano comunque, inne-gabilmente, il momento in cui l’attenzione delfinale si focalizzò definiti-vamente ed esclusidefiniti-vamente su Grenoble, dando avvio a una serie di
inter-19V. CHOMEL, Rois de France et Dauphins de Viennois. Le “transport” du Dauphiné à la France, in Dauphiné, France. De la principauté indépendant à la province (XIIe-XVIIIesiècles), dir. V.
CHOMEL, Grenoble 1999, pp. 59-90.
20BADIN DEMONTJOYE, LEMONDE-SANTAMARIA, La ville delphinale cit., pp. 42 sgg.
21Nécrologe et cartulaire des Dominicains de Grenoble, ed. par C.U.J. CHEVALIER, Romans 1870, p. 9, doc. 1 (28 luglio 1288). La porta Pertuserie si apriva nel tratto meridionale delle mura urbane: BADIN DEMONTJOYE, LEMONDE-SANTAMARIA, La ville delphinale cit., p. 49. Cfr.
anche ADIsère, 8B170, f. 29v (1375).
22Nécrologe et cartulaire des Dominicains cit., pp. 25-26, doc. 3 (3 luglio 1290). 23Ibid., pp. 26-27, doc. 4 (aprile 1291).
24Ibid., pp. 27-28, doc. 5 (23 novembre 1292). 25Ibid., p. 30, doc. 8 (28 novembre 1301).
26Per la donazione del 1334 cfr. ibid., pp. 36-38, doc. 12 (31 marzo 1334) e 38, doc. 13 (15 aprile 1334); la conferma del 1342 è conservata presso ADIsère, B4313, doc. 1 (16 gennaio 1342).
27Si veda PRUDHOMME, Histoire de Grenoble cit., pp. 160-161 e, per alcuni aspetti, W.R. DAYjr.,
Fiorentini e altri italiani appaltatori di zecche straniere (1200-1600): un progetto di ricerca, in «Annali di storia di Firenze», V (2010), pp. 9-29, in part. p. 15.
venti di potenziamento delle strutture difensive29, che interessarono per la prima volta anche il cosiddetto bourg de l’Île (la porta Insule è citata per la prima volta nel 137530) e il sobborgo sulla destra dell’Isère, murato ne-gli stessi anni31. Nel primo caso, ancora testimoniato dalla sopravvivenza della torre d’angolo nord-orientale32, un ruolo decisivo nello stimolare l’ini-ziativa può essere attribuito alla presenza del convento di San Francesco, fondazione risalente al XIII secolo di cui molto poco si conosce33oltre al fatto che, come confermano le rappresentazioni iconografiche di età mo-derna, sorgeva presso la platea Fratrum minorum, non lontano dalla citata torre, dalla porta Insule e dalla porta Fratrum (fig. 2)34.
Non pare irrilevante, in ragione dei nessi che sembra possibile istituire tra le politiche delfinali anche in direzione della Provenza, che la graduale stabilizzazione della corte in città sia conseguente all’assunzione del governo del Delfinato nel 1334 da parte proprio di Humbert II, il quale aveva trascorso parte della giovinezza a Napoli presso la corte di Robert d’Anjou35. Uno dei suoi primi, eloquenti, atti ufficiali fu, infatti, la fonda-zione, in accordo con il vescovo, dello studium di Grenoble36.
2. Il complesso dei palazzi delfinali
Il momento di passaggio dall’idea di una città che rappresentasse e co-stituisse una delle sedi della corte delfinale a una città immaginata e vissuta nei propri spazi come “la” capitale è, con ogni evidenza, da individuare nel 1340, anno in cui il Consiglio delfinale si trasferiva – senza più
abbando-narla – a Grenoble37. Ciò determinò una prima conseguenza di grande
ri-29A proposito del rapporto tra la progressiva stabilizzazione residenziale di una corte principe-sca e l’irrobustimento delle strutture chiamate a proteggere l’abitato prescelto si veda LUSSO, PA -NERO, Castelli e borghi cit., pp. 92-128.
30ADIsère, 8B171, f. 27 (1375).
31MONTJOYE, LEMONDE-SANTAMARIA, La ville delphinale cit., p. 46.
32Tradizionalmente datata al 1381 (ibid.), in realtà è anch’essa menzionata come turris domini
dalphini nello stesso 1375: ADIsère, 8B171, ff. 28v-29v (1375).
33PRUDHOMME, Histoire de Grenoble cit., pp. 130-131. Per una sintesi delle vicende legate alla presenza minoritica a Grenoble si veda S. GAL, Obéissance et déviance chez les Franciscains:
l’exemple des couvents de Grenoble aux XVIe-XVIIesiècles, in Identités franciscaines à l’âge des
réformes, dir. F. MEYERET, L. VIALLET, Clermont-Ferrand 2005, pp. 500, in part. pp.
483-484.
34ADIsère, 8B171, ff. 28v-29v (1375).
35PRUDHOMME, Histoire de Grenoble cit., pp. 161-162. 36Ibid., pp. 172-175.
Fig. 2 - La Tour de l’Île, caposaldo difensivo dell’ampliamento murario nord-orientale a protezione del convento di San Francesco (foto E. Lusso).
lievo urbanistico: l’avvio di una serie di lavori di potenziamento, in senso residenziale, e di ampliamento, della domus «cum turre, fundamentis tur-rim, muris, edificiis, curia» che Guigues VII aveva acquistato nel 1267 presso la platea Sancti Andree, aperta di fronte all’omonima collegiata38, e che nel 1342, per impulso di Humbert II, sarebbe divenuta sede della Ca-mera dei conti, acquisendo di conseguenza l’appellativo di delphinalis39.
Una trentina d’anni dopo la decisione di trasferire il Consiglio prendeva avvio un’ampia campagna edilizia destinata a modificare in via permanente il settore nord-occidentale della città. Sino a quel momento la sede del go-verno era costituita dalla sola domus citata, collocata immediatamente a ri-dosso delle strutture settentrionali della chiesa di Sant’Andrea, la quale, anche per tale ragione, si caratterizza per la presenza di un unico portale di accesso aperto sul fianco sinistro e affacciato direttamente sulla platea omonima40. In quell’anno si dava avvio alla costruzione di un nuovo com-plesso, anch’esso posto lungo i margini della piazza, ma a nord, dirimpetto all’ingresso della collegiata. Esso, tuttora esistente e divenuto in seguito sede del Parlamento41, fu pensato proprio per ospitare la Camera dei conti e il Consiglio delfinale, mentre l’edificio originario venne destinato a sede della Tesoreria.
L’articolazione dei due edifici è ricostruibile, per la verità un po’ fati-cosamente e con ampi margini di incertezza, a partire dalle filze dei conti di cantiere, conservati a partire dal 1378. Prima di addentrarci nell’analisi appare comunque utile proporre una considerazione di carattere generale: a giudicare dal tenore dei documenti, si direbbe che, per tutto il XIV e parte del XV secolo, la residenza dei delfini fosse fissata presso il palazzo della Tesoreria. Solo a partire dal 1423 si ha notizia dell’esistenza di un edifice destinato tanto alla sede della corte quanto «pour la Chambre de nos com-ptes»42, cui all’epoca si stava lavorando con una certa alacrità. Tuttavia,
an-38MONTJOYE, LEMONDE-SANTAMARIA, La ville delphinale cit., p. 42. Originale in ADIsère, B3316, n. 2 (19 novembre 1267).
39PRUDHOMME, Histoire de Grenoble cit., p. 188, nota 3.
40Citazioni esplicite della platea Sancti Andree, oltre che nel documento di acquisto della casa, sono in ADIsère, B3309, f. 47v (4 settembre 1381); ADIsère, B3310, ff. 25 (12 maggio 1381), 60v (14 maggio 1384) e 26 (17 dicembre 1383), dove è descritta come «platea ante curiam do-mini nostri dalphini et ecclesiam Beati Andree».
41Cfr., per una sintesi, D. CHANCEL, C. GÉRON, Les bâtiments du Parlement de Dauphiné et leurs
transformations jusqu’à la fin du XIXesiècle, in Le Parlement de Dauphiné cit., pp. 25-40, in part.
pp. 26-30.
42ADIsère, B3291, doc. 2 (27 maggio 1423). Nell’occasione si precisa che «le quel edifice de-sià est grandement avancé».
cora nel 1455, la domus Thesaurarie, «sita prope ecclesiam Sancti Andree» e dunque corrispondente al primitivo edificio, era quella «in qua domini nostri residenciam facit»43.
Il nuovo complesso, sviluppato forse a partire da un nucleo di edifici preesistenti44e dotato di un’articolazione architettonica relativamente sem-plice, era con ogni probabilità a manica singola e allineava una serie di torri. Una ospitava l’archivio delle scritture45, l’altra, definita magna, la Ca-mera dei conti46. Di certo l’edificio si sviluppava su due livelli: al piano terra era una sala bassa, aperta da finestre vetrate47, una camera inferiore48 e, sebbene documentata solo sporadicamente, una segreteria, posta al di sotto della camera del consiglio49. Al primo piano trovavano posto un’aula superiore50, la magna sala del consiglio51, un’altra magna sala a questa consequenziale52, probabilmente quella detta in alcune occasioni del
con-43ADIsère, B3384, 20 dicembre 1455. Nell’occasione sono menzionati numerosi ambienti pri-vati: tra gli altri, si ricordano la camera da letto del delfino e quella in «qua dominus noster man-sit cum sua familia et domesticis diebus et horis quibus fiebant tornamenta et ioustre». 44BADIN DEMONTJOYE, LEMONDE-SANTAMARIA, La ville delphinale cit., p. 44 ritengono che tale edificio abbia preso forma a partire dal 1378, un’ipotesi che, considerando l’assenza di docu-menti contabili più antichi, non può essere né confermata né sdocu-mentita. CHANCEL, GÉRON, Les
bâ-timents du Parlement de Dauphiné cit., p. 25 affermano invece, senza però indicare la fonte di tale informazione, che la sua costruzione sia stata avviata nel 1418-1419. Di sicuro, come si dirà, non soppiantò mai del tutto, almeno entro i confini cronologici del medioevo, la primitiva sede delfinale.
45ADIsère, B3309, f. 1 (1378): «turrim in qua Dalphinatus scripture servantur»; ADIsère, B3310, f. 11v (6 aprile 1383): spese «pro faciendo hostia turris dicti palacii in qua scripture domanium dalphinali servantur».
46ADIsère, B3309, f. 39 (17 novembre 1379).
47Ibid, f. 17v (15 settembre 1378): spese «pro aptando la verrere que est in sala bassa». Essa è poi menzionata nel 1421 come chambre basse, collocata «dessoubts la chambre du conseil»: ADIsère, 7B44, 3 maggio 1421; 10 maggio 1421. Altre menzioni in ADIsère, B3378, nn. 98 (23 ottobre 1439), 99 (2 ottobre 1439).
48ADIsère, B3309, f. 40v (31 marzo 1380). A onor del vero, dal momento che anche in questo caso ritorna il riferimento a fenestre verrerie, non si può escludere che essa coincida con la sala bassa.
49ADIsère, 7B44, 3 maggio 1421.
50ADIsère, B3309, f. 1 (1378). L’ambiente ritorna nel 1420 come chambre haulte: cfr. oltre, nota 84 e testo corrispondente.
51Ibid., f. 40v (31 marzo 1380). Si ha notizia di spese sostenute nel 1378 «pro tendendo pannum in sala consilii retro sedem domini»: ibid., f. 19v (27 febbraio 1378). Tale ambiente ritorna nel 1442 come «chambre haulte ou len tient le Conseil dalphinaul»: ADIsère, 7B45, n. 240 (3 no-vembre 1422).
52ADIsère, B3309, f. 40 v (31 marzo 1380). Si tratta, con ogni probabilità, della grand sale
sistorium53, accanto alla quale – ma separata da una cappella «cum orato-rio»54– era posto il computorium, la camera dei conti “fisicamente” detta55. Una serie di passaggi, probabilmente aperti, permetteva il collegamento tra i vari ambienti: uno di questi, menzionato con buona frequenza nei docu-menti, metteva in comunicazione diretta la domus consistorii e la camera dei conti56. Mancano invece indicazioni topografiche utili per collocare la camera nova menzionata nel 138157.
Gli spazi privati dei delfini, che davano forma al palacium dalphini pro-priamente detto, sviluppato a partire dalla torre citata sin dal XIII secolo58, erano collocati, come riferito, presso la Tesoreria, e risultano ricostruibili e descrivibili in maniera piuttosto precisa. Il complesso era, con ogni proba-bilità, organizzato attorno a una corte interna, ricordata occasionalmente con il nome di curia palacii59. All’interno degli appartamenti, nel 1379, presso la guardaroba della camera superiore60, accanto al granaio61, era or-dinata la costruzione di una cappella in legno62, con finestre a crociera
53ADIsère, B3310, f. 23v (1382). Nell’occasione si fa riferimento esplicito a una magna sala
consistorii, altrimenti detta magna aula «consistorii dalphinali»: ibid., f. 31v (29 novembre 1384).
54Ibid., f. 1v (23 maggio 1378).
55ADIsère, B3309, f. 40v (25 aprile 1380); ADIsère, B3310, f. 23v (1382). Essa è menzionato genericamente come camera Dalphinalium computorum: ibid., ff. 29 (1 giugno 1383), 29v (29 novembre 1384), 38 (10 luglio-25 settembre 1378), 63 (3 luglio 1385).
56ADIsère, B3309, f. 49v (24 giugno 1382); ADIsère, B3310, ff. 1v (24 maggio 1380), 26 (24 dicembre 1381), 38 (18 dicembre 1378), 54 (3 febbraio 1385), 63 (3 luglio 1385).
57ADIsère, B3309, f. 48 (4 settembre 1381).
58Cfr. sopra, testo corrispondente alla nota 38. Nel 1382 essa è citata, senza ulteriori precisazioni, come «turrim dalphini dicti palacii»: ibid., f. 50 (1 agosto 1382). Si tratta probabilmente della stessa che, nel 1379, si ordinava di demolire e ricostruire «quia aliter reparari non poterat»: ADIsère, B3310, f. 1v (23 maggio 1378). Qualche anno dopo si provvedeva ad ammassare pie-tre «ante turrim dalphini», evidentemente in previsione della sua ricostruzione: B3309, f. 47 (4 settembre 1381).
59Ibid., f. 27 (10 maggio 1379). Nel 1382 è menzionata una «camera que respicit in curia»:
ibid., f. 46 (7 agosto 1382). Altre menzioni in ADIsère, B3310, ff. 26 (22 agosto 1383), 36v (26 novembre 1383), 40 (24 maggio-12 giugno 1378), 47 (22 ottobre 1383-20 aprile 1385). 60Cfr. oltre, nota 62. Un’altra menzione della guardaroba in ADIsère, B3309, f. 46 (7 agosto 1382).
61ADIsère, B3310, f. 22v (23 agosto 1383): spese «pro faciendo unum calaperium inter me-dium capelle noviter facte in dicto palacio et granerium». Altre menzioni al granaio in ADIsère, B3309, ff. 19v (20 settembre 1378), 41 (1380).
62Ibid., f. 35 (16 novembre 1379): «capella […] ordinata per dominum gubernatorem dalphini in palacio a parte Ysere, iuxta gardam robam camere superioris». Che fosse in legno è sugge-rito dall’indicazione che «debet fondare dictam capellam super tribus poillonis querquoris»: ibid., f. 35v (16 novembre 1379). Qualche anno dopo sono poi registrate spese «ad ponendum trabes capelle nove»: ibid., f. 50 (15 agosto 1381).
aperte lungo i fianchi e affacciate verso l’Isère e la curia63. Si tratta evi-dentemente di ambienti posti al primo piano, al pari della camera domini, riscaldata da un fornellum64, della camera superiore65 e della camera alta (forse coincidenti)66, il cui collegamento verticale era garantito da due vi-sete (viretti, ossia torri scala)67che davano accesso a un sistema distribu-tivo di gallerie e logge, articolate su due piani e affacciate verso il giar-dino68. La principale era posta tra una sala bassa e la magna quoquina69, do-tata di fornellum o chaminea70e dispensa71, e comunicava con l’aula
supe-63Ibid., f. 35v (16 novembre 1379): si ordina di realizzare «a parte curie seu platee dicti palacii in dicta capella quatuor fenestras que erunt ad duas croyserias» e «a parte Ysere […] duas fe-nestras croysatas».
64Ibid., f. 43v (maggio 1380). 65Ibid., f. 46 (7 agosto 1382).
66Ibid., f. 39v (17 novembre 1380). Nel 1456 si fa menzione di una camera magna «turris que est in angulo […] magne aule»: ADIsère, B3384, 12 luglio 1456.
67ADIsère, B3309, ff. 14v (17 giugno 1378): «pro visetis dicti palacii fiendis»; 19 (18 dicem-bre 1378): spese sostenute «pro elevando gradarios visete prope quoquina»; 21 (8 marzo 1379): spese «pro faciendo visetam inferiorem sale et quoquine»; 21v (17 settembre 1378): pagamenti «ad […] fiendum et edifficandum in dicto palacio videlicet due visete seu vix necessarie, prima una in coangulo hospicii ante puteum et intus quoquinam et aulam bassam et la despensa per quam ascendetur a platea seu logia inferiore supra in aulam superiorem et logiam prope dictam aulam et ab inde ad gradaria de super quoquina existente. Alia vero iuxta turrim de thesauro que fundabitur ante hostium dicte turris in platea ibidem inter quos muros existentes per quam ascen-detur a dicta platea super in qualibet camera dicte turris usque ad alteram masionem de supra»; 24v (7 maggio 1379): pagate le maestranze «qui complevuntur dictam visetam inferiorem et ho-stium novum quoquine»; 26v (9 maggio 1379): lavori «in faciendo hoho-stium novum quoquine, charronando viseta de super et faciendo gradaria que dessendunt de viseta supra logiam supe-riorem»; 27 (14 maggio 1379): spese sostenute per l’acquisto di «ferrolletis positis in despensa et in hostis visete»; 29v (30 maggio 1379): spese «pro recoperiendo visetam sale versus grane-rios et in coperiendo dictum palacium»; 39v (17 novembre 1380): menzionato «unum hostium in introhitu vizete turrim palacii»; 45 (3 agosto 1380): acquisti di materiali «ad opus vizete et turris dicti palacii».
68Galerie inferiores o basse sono menzionate ibid., ff. 5 (24 maggio1378), 6v (2 giugno 1378), 13 (9 giugno 1379); ADIsère, B3310, ff. 36v (23 giugno 1383), 39v (12 giugno 1384), 40 (12 giugno 1384); la logia superior è invece citata ibid., f. 17 (7 maggio 1379). Nel 1383 è ricordata l’esistenza di galarie «retro iardinum dicti palacii»: ibid., f. 38 (2 ottobre 1383). Il giardino è poi documentato ADIsère, B3309, f. 19v (20 febbraio 1378); ADIsère, B3310, f. 61v (27 aprile 1384).
69Cfr. sopra, nota 67. Altre menzioni alla cucina ADIsère, B3309, f. 27 (14 maggio 1379); ADIsère, B3310, ff. 8 (2 giugno 1383), 17 (14 maggio 1379), 46 (1 febbraio 1384); ADIsère, B3384, 12 luglio 1456.
70Il fornellum magne quoquine, collocato presso il granaio, è menzionato in ADIsère, B3309, f. 42v (28 maggio 1380); per la chaminea quoquine cfr. ibid., f. 19v (20 settembre 1379); ADIsère, B3310, ff. 12 (6 marzo 1379), 13 (26 maggio 1379).
riore. Nei pressi era anche la cucina piccola72, il cellerium73 e l’ingresso principale (magnum introytus) alla curia74. L’altra era collegata alla torre del tesoro75, che da documenti più tardi si direbbe una delle torri della cortina muraria che proteggeva la città, in quanto posta in diretta relazione con i
barbacana76. Le citate cucine, com’è facilmente intuibile, erano collocate al piano terra del palazzo, insieme ad altri vani (per esempio il fornellum
parve camere77) menzionati occasionalmente nei conti dei secoli XIV e XV. Completavano il tutto una serie di ambienti di servizio, tra cui stalle per cavalli, anch’esse affacciate verso il giardino78, ma verosimilmente separate dal blocco principale dell’edificio anche in ragione della probabile collo-cazione extramuraria del primo. Un complesso di certo a sé stante – ma prossimo al palazzo che ospitava la Tesoreria, dal momento che era
de-scritto «prope ecclesiam Beati Andree Grenopolis iuxta menia ville»79 –
ospitava le carceri, collocate esplicitamente in una domus «extra dictum palacium» (fig. 3)80.
I registri superstiti di conti rappresentano una vera e propria miniera di informazioni, non limitate ai soli palazzi grenoblesi, ma spesso riferite a im-prese architettoniche portate avanti in altri centri o complessi architettonici
72ADIsère, B3310, ff. 12 (6 marzo 1379), 42 (11 novembre 1379).
73ADIsère, B3309, f. 46 (7 agosto 1382); ADIsère, B3310, f. 61v (27 aprile 1384). 74Ibid., f. 38 (18 giugno 1383). Altra menzione ADIsère, B3384, luglio 1455.
75Cfr. sopra, nota 67. Altre indicazioni utili in ADIsère, B3309, ff. 39v (17 novembre 1379): men-zionato «unum hostium in introhitu vizete turris palacii»; 45 (3 agosto 1382): acquisti di mate-riali «ad opus vizete et turris dicti palacii». La torre del tesoro è invece menzionata ibid., f. 46v (9 agosto 1382); ADIsère, B3310, ff. 8 (24 maggio 1383), 9 (agosto 1382), 19 (19 settembre 1383), 70 (20 dicembre 1386). Altre menzioni alla chambre du tesor in ADIsère, B3378, nn. 18 (27 aprile 1439), 93 (19 settembre 1439).
76Ibid., nn. 15 (4 maggio 1439), 93 (19 settembre 1439). 77ADIsère, B3310, f. 21v (21 giugno 1384).
78Nel 1379 sono documentate spese «pro ferrando fenestras stabuli novi a parte iardini» – ADIsère, B3309, f. 29v (4 luglio 1379) – che doveva sorgere non distante dagli stabula antiqua – ibid., f. 50v (15 agosto 1382). Per le stalle, in generale, cfr. ibid., ff. 9v (31 luglio 1379), 17 (22 settembre 1378); ADIsère, B3310, ff. 38v (19 giugno 1378), 61v (27 aprile 1384); ADIsère, B3378, nn. 81 (14 agosto 1439), 96 (8 novembre 1438). A proposito del giardino, è da notare come fosse a ridosso del corso dell’Isère, tanto che nel 1455 si registrano spese «pro conserva-tione iardini ipsius domus adversus impetum acque», estese anche «in locis et plateis adicenti-bus»: ADIsère, B3384, 20 dicembre 1455.
79ADIsère, B3310, f. 64v (1 marzo 1386).
80Ibid., f. 1v (23 maggio 1378). Altre menzioni alle carceri ADIsère, B3309, f. 29v (30 maggio 1379); ADIsère, B3310, ff. 49 (30 agosto 1384), 51 (3 febbraio 1385), 51v (11 marzo 1385), 58v (2 settembre 1383), 61 (26 maggio 1384), 62 (27 aprile 1384), 62v (25 marzo 1385), 63v (28 giu-gno 1385).
soggetti al diretto controllo delfinale. Interessante, per esempio, la notizia riportata nei conti del 1378 della decisione di procedere alla costruzione di una cappella in marmo e alabastro presso l’abbazia di Saint-Antoine,
col-locata «retro magnum altare […] in medio paretis»81, che in qualche modo
evoca la permanenza di rapporti, quanto meno simbolici, con il borgo di Saint-Marcellin, uno di quelli che sino a pochi decenni prima avevano avuto un ruolo di spicco nella geografia residenziale dei delfini82.
Tornando però ai palazzi di Grenoble, a partire dal 1419 si registra l’av-vio di una serie di spese riferibili al potenziamento, anche in senso
resi-Fig. 3 - Progetto di rifacimento del tetto della Tesoreria, databile al 1378, anno in cui sono ricordati acquisti di materiali e tegole «pro recoperiendo et aptando domum The-saurarie dalphini» (ADIsère, B3309, f. 18, 14 dicembre 1378 per la citazione; ADIsère, B3310 per il disegno).
81ADIsère, B3309, ff. 7 (3 giugno 1378): sono menzionate esplicitamente spese «extrahendi la-pides alabaustri» e lavori di estrazione «subtus malbreriam»; 30v (11 novembre 1380): spese per «capella regis fienda apud Sanctum Anthonium de lapidibus malbrerie», in relazione alle quali era stipulato un «tractatum inter dominum gubernatorem ex una parte et Anequinum Bernardum operarium et lathomum ex altera […] ad edifficandum in ecclesia Sancti Anthonii retro magnum altare dicte ecclesie et in medio parietis dicte ecclesie retro capella regis domini nostri dalphini». 82Cfr. sopra, testo corrispondente alla nota 17.
denziale, delle strutture del nuovo edificio. Tra le tante notizie, si ricordano la costruzione del comptoner neuf (o haulte)83e di una chambre contigua84, di eschalliers monumentali di collegamento per la camera dei conti85, di
una nuova grant porte affacciata su piazza Sant’Andrea86 e di una
tour-nelle87di collegamento per la grant sale haulte (fig. 4)88.
Agli anni 1438-1444 datano invece interventi di abbellimento delle strutture residenziali dell’originario palazzo delfinale, che dunque non solo sopravvissero, ma furono mantenute in uso. A titolo esemplificativo si ci-tano il cospicuo numero di fenetres croysees aperte nella grosse tour89, nella camera bassa90, nella camera «dessus la posterle de l’ostel»91, nella cham-bre haulte92e nel muro verso Sant’Andrea93; il camino della «chambre de monsieur le tesorier devers le cloistre Saint-Andrey»94; la nuova porta del giardino95e, sotto il profilo più schiettamente artistico, l’incarico attribuito al pittore e vetraio Jean de Vertambo per la realizzazione delle armi del re e del delfino in piombo nelle vetrate della camera del tesoro96 e, qualche
83Ripetute menzioni in ADIsère, 7B44, 8 gennaio 1420. L’ambiente è citato con l’appellativo
haulte ibid., 2 marzo 1420: spese «pour couvrir la comptoner haulte […] fait faire de nouvel». Altre menzioni in ADIsère, 7B45, n. 241 (22 dicembre 1442).
84ADIsère, 7B44, 27 aprile 1420, dove è specificata anche la posizione. Ibid., 10 agosto 1420: menzionate le «fenestres de la chambre».
85Ibid., 18 maggio 1420. In quella data, oltre a vari riferimenti agli scaloni, si registrano paga-menti ad Aymard Richard macon per la posa di «pierres pour la croisee de la voulte qui sera dessoubts les eschelliers de la chambre des comptes». Ibid, 8 giugno 1420: pagamenti a Fran-çois Longin tailleur de pierre per «la pierre qui sera la clef de la croisee de la voulte qui sera des-soubts les eschaliers entre le deux pillers qui portent les dits eschalliers»; ibid., 39 giugno 1420: indicazioni circa la collocazione dello scalone, che «montera en la chambre des comptes»; ibid., 13 luglio 1420: la scala è definita esplicitamente grant.
86Ibid., 12 gennaio 1421: spese per ferri e serrature «de la grant porte de la maistre entree». Un’altra citazione in ADIsère, B3378, n. 85 (1 agosto 1439).
87ADIsère, 7B45, nn. 212 (18 settembre 1443), 241 (22 dicembre 1442), 247 (27 luglio 1443). 88Ibid., n. 241 (22 dicembre 1442). Nel 1439 la sala è descritta come «grant chambre haulte […] dessus le grant comptoer bas»: ADIsère, B3378, nn. 15 (4 maggio 1439), 18 (27 aprile 1439). 89ADIsère, 7B45, nn. 212 (16 novembre 1443), 263 (14 settembre 1443).
90Ibid., nn. 240 (3 novembre 1442), 241 (22 dicembre 1442).
91ADIsère, B3378, n. 81 (14 agosto 1439). Altre menzioni ibid., nn. 18 (27 aprile 1439), 93 (19 settembre 1439), 98 (23 ottobre 1439), 101 (14 novembre 1439). Ibid., n. 69 (14 dicembre 1438) la camera è detta “nuova”.
92ADIsère, 7B45, n. 241 (22 dicembre 1442). 93ADIsère, B3378, n. 93 (19 settembre 1439). 94Ibid., n. 63 (22 novembre 1438).
95ADIsère, 7B45, n. 247 (27 luglio 1443). 96Ibid., n. 241 (22 dicembre 1422).
anno più tardi, per il rifacimento delle «verrerias fenestre croysiate» nella camera da letto del principe97.
Estemporanea, ma significativa della volontà sia di caratterizzare in senso monumentale sia di aggiornare le strutture del palazzo vecchio, è la menzione nel 1434 di lavori al campanile Sant’Andrea, probabilmente con-centrati nella realizzazione della cuspide e dei pinnacoli laterali che ancora lo caratterizzano98. D’altronde la collegiata mai aveva perso il proprio va-lore simbolico per la dinastia e per i membri più influenti della corte: nel 1409 il delfino Louis de Valois aveva ordinato il restauro del sepolcro di-nastico nella chiesa99, mentre trent’anni più tardi Nicolas Erland, «thesau-rarius generalis Dalphinatus», disponeva la costruzione di una cappella per la propria sepoltura100. Charles de Bouville, governatore del Delfinato, già nel 1385 aveva invece provveduto a erigerne una dedicata a
Sainte-Marie-97ADIsère, B3384, 22 dicembre 1455.
98ADIsère, 7B31, 14 novembre 1434. In generale, cfr. anche PILOT, Notice sur l’église de
Saint-André cit., pp. 7 sgg.
99Eloquentemente definita «nostra collegiata Sancti Andree»: ADIsère, 7B31, 7 aprile 1401. 100ADIsère, B4216, 18 novembre 1439.
Fig. 4 - C. Pegeron, Parlamento di Grenoble, litografia, ca. 1840 (Bibliothèques Mu-nicipales de Grenoble).
Madeleine nell’imminenza della propria morte101, dimostrando così una si-gnificativa convergenza devozionale rispetto alle politiche di culto soste-nute in quegli stessi anni dagli Anjou con il finanziamento della fabbrica del convento dei Predicatori di Saint-Maximin-la-Sainte-Baume, dedicato proprio alla Maddalena102.
La presenza della corte delfinale non si limitò, tuttavia, a stimolare in-terventi sugli edifici destinati ad accoglierla o a rappresentarla. Secondo dinamiche riconoscibili in altri contesti urbani eletti a sede del potere e de-gli apparati amministrativi103, la stabilizzazione residenziale del principe stimolò infatti un ulteriore, estensivo, potenziamento delle difese della città: avviato al cadere del XIV secolo con la realizzazione di nuove porte104e il progressivo adeguamento delle strutture esistenti all’impiego delle arti-glierie105, nel 1444 fu integrato da un ampliamento del circuito murario, descritto nel dettaglio tre anni dopo106, destinato a inglobare il convento di San Domenico – il cui cantiere era stato concluso verso il 1384107– e il sobborgo che, nel frattempo, vi era cresciuto intorno (fig. 5).
L’impressione che se ne ricava è quella di un cerchio che si chiude, di un ciclo che giunge alla sua naturale conclusione, esaurendosi. Fatte salve le iniziative ancora intraprese per adeguare le strutture dei palazzi delfinali alle mutevoli esigenze del comfort, gli interventi a scala urbana, prima della stagione di grandi trasformazioni per adeguare le opere difensive alle esi-genze della guerra moderna108, trovavano la loro ideale conclusione lad-dove la vicenda del rapporto tra i delfini e lo spazio urbano grenoblese aveva avuto il proprio ideale inizio: nell’area della «platea que dicitur Bro-lium» e del convento dei Predicatori.
101Ibid., 12 dicembre 1385. La cappella sarebbe stata acquisita, cinque anni più tardi, da En-guerrand de Enduro, consigliere del re (ibid., 21 febbraio 1390).
102FRIZET, Munificence et stratégie cit., pp. 29-60. 103Cfr. oltre, testo corrispondente alle note 109 sgg. 104PRUDHOMME, Histoire de Grenoble cit., pp. 222-228.
105Per esempio ADIsère, 7B31, 26 marzo 1433: si pagano muratori per il rifacimento del muro «iuxta turrim a parte capelle Beate Marie […] cum bombarderia in pede».
106Nécrologe et cartulaire des Dominicains cit., pp. 54-55, doc. 24 (18 ottobre 1444) e pp. 55-60, doc. 25 (24 ottobre 1447) rispettivamente. Nel 1464 il Delfino ordinava poi l’ampliamento dei fossati che circoscrivevano il perimetro murario: ibid., pp. 65-66, doc. 29 (6 luglio 1464). 107Ibid., pp. 53-54, doc. 23 (30 dicembre 1384).
108Si veda, al riguardo, la forma del circuito murario restituita nei disegni militari di età moderna (per esempio, Anonimo, Le vrai portraict de la ville de Grenoble, in F. DEBELLEFOREST, La
co-smographie universelle de tout le monde, II, Paris 1575, tav. 322). Più in generale, per le vi-cende del XVI secolo cfr. S. GAL, Grenoble, une ville entre ses princes et ses principes, in
3. Modelli mentali e soluzioni architettoniche sui due versanti alpini
Le vicende conosciute da Grenoble nei secoli finali del medioevo sono paragonabili, mutatis mutandis, a quelle riscontrabili nei borghi subalpini che, a partire perlopiù dal XIV secolo, assunsero il ruolo di poli di coordi-namento territoriale per i principati maggiori. Si tratta, in buona sostanza, di dinamiche rilevabili soprattutto nelle politiche avviate e sostenute dai marchesi di Monferrato e di Saluzzo, mentre il contesto sabaudo, che pur si sviluppava a cavallo delle Alpi, risulta paradossalmente marginale e meno ricettivo nei confronti del cambiamento.
Rispetto al marchesato paleologo si osserva una significativa conver-genza cronologica, circoscrivibile a due precisi momenti (gli anni quaranta-settanta del XIV secolo e la prima metà del successivo), delle principali fasi di penetrazione istituzionale e delle concomitanti iniziative di trasfor-mazione delle strutture urbane e residenziali che accompagnarono una
pre-Fig. 5 - Anonimo, Le vrai portraict de la ville de Grenoble, incisione, 1575 (in F. DE
senza progressivamente più stabile della corte109. Questa si espresse non solo attraverso opere di potenziamento difensivo, di riordino degli spazi pubblici e di adeguamento architettonico e funzionale dei castelli mar-chionali, ma anche con la promozione di conventi e istituzioni religiose, orientando sistematicamente l’attenzione verso gli ordini mendicanti, Mi-nori e Predicatori in primis110. La differenza più evidente tra i due contesti geopolitici è che la presenza della corte delfinale a Grenoble, rispetto a ciò che si registra in alcuni centri del Monferrato quali Pontestura, Moncalvo, Trino e Casale, pare precocemente assumere tratti più marcatamente “ur-bani”: non è infatti nota la presenza di un castello nella città del Delfinato, mentre i Paleologi, almeno sino al primo Cinquecento e con la sola ecce-zione della curia di Trino, di creaecce-zione trecentesca ma trasformata, rife-rendosi a modelli di verosimile ascendenza veneziana, in vero e proprio
palacium solo a partire dagli ultimi anni sessanta del XV secolo111, scelsero sistematicamente sistemazioni «in castro» (fig. 6)112.
Sotto questo punto di vista, la realtà delfinale pare più simile a quella sa-luzzese. Sin dai decenni centrali del XV secolo la corte marchionale pare precocemente orientarsi verso opzioni residenziali «in palacio», documen-tabili soprattutto nel caso di Revello, mentre a Saluzzo il palacium che i marchesi possedevano non lontano dalla collegiata (poi cattedrale) di Santa Maria rimase sempre subordinato al castello, almeno entro l’orizzonte cro-nologico del Quattrocento113.
109LUSSO, PANERO, Castelli e borghi cit., pp. 92-130.
110Si vedano, per alcune riflessioni generali, L. PATRIA, Teodoro Peleologo e gli ordini
mendi-canti nelle terre del marchesato, in «Quando venit marchio grecus in terra Montisferrati». L’av-vento di Teodoro I Paleologo nel VII centenario (1306-2006), Atti del convegno (Casale Mon-ferrato, Moncalvo, Serralunga di Crea, 14-15 ottobre 2006), a c. di A.A. SETTIA, Casale
Mon-ferrato 2008, pp. 129-194; E. LUSSO, I conventi del principe. Fondazioni dei Predicatori e
stra-tegie urbane nel Monferrato paleologo, in Gli ordini mendicanti e la città. I frati predicatori, a c. di D. LANZARDO, B. TARICCO, Cherasco 2009, pp. 89-120.
111ID., I Paleologi di Monferrato e gli edifici del potere. Il caso del «palacium curie
marchio-nalis» di Trino, in «Tridinum», IV (2007), pp. 23-57. È tuttavia da osservare che l’edificio, nelle fasi in cui fu utilizzato, mai perse la propria connotazione di residenza temporanea.
112Cfr. ID., Il castello di Casale come spazio residenziale. Note per una storia delle
trasforma-zioni architettoniche in età paleologa, in «Monferrato arte e storia», 21 (2009), pp. 7-29, in part. pp. 22-24.
113ID., La committenza architettonica dei marchesi di Saluzzo e di Monferrato nel tardo
Quat-trocento. Modelli mentali e orientamenti culturali, in Architettura e identità locali, I, a c. di L. CORRAIN, F.P. DITEODORO, Firenze 2013 (Biblioteca dell’«Archivum Romanicum», 424), pp.
423-438, in part. pp. 435-436; ID., Il nuovo paesaggio urbano, in Saluzzo, città e diocesi.
Cin-quecento anni di storia, «Bollettino della Società per gli Studi Storici, Archeologici ed Artistici della Provincia di Cuneo», 149 (2013), pp. 121-141, in part. pp. 133-135.
Fig. 6 - Corte interna del palacium curie marchionalis di Trino, realizzata nel 1483-1484 (foto E. Lusso).
Fig. 7 - F. Orologi, Revelo, disegno a penna, 1551-1559 (in F. OROLOGI, Brevi ragioni di fortifficare, ms. in Biblioteca Nazionale di Firenze, Magliabechiano XIX, f. 74).
L’edificio sorto presso quello che a buon conto può essere considerato, dopo Saluzzo, il principale centro di gravitazione marchionale è noto alla
storiografia, per quanto conservato in condizioni assai compromesse114.
Ciò si deve anche alla bella veduta dello scomparso prospetto sud-occi-dentale, a logge sovrapposte, realizzata da Francesco Orologi negli anni cinquanta del XVI secolo (fig. 7)115. Considerazioni di natura topografica – la posizione rispetto alle mura, cui era allineata la facciata dell’edificio, dominato sul lato verso il borgo dalla torre cilindrica che ospita al piano no-bile l’abside della cappella palatina – e architettonica, nonché una com-plessiva rilettura critica delle fonti, suggeriscono che il palazzo fosse arti-colato attorno a due corti porticate adiacenti, corrispondenti ad altrettante macrofasi edilizie riferibili alla committenza di Ludovico I (verso il 1460 per il blocco nord-orientale, in larga parte ancora conservato) e di Ludovico II e della moglie francese Marguerite de Foix (dopo il 1490 e, soprattutto, nel 1504-1514 per la seconda corte)116.
Da un lato, dunque, l’edificio, per quanto privo di funzioni militari – demandate, queste, alla fortezza che dominava il borgo dalle pendici del
Monte Bracco117–, mostra significative convergenze formali non solo con
il castello di Saluzzo, ma anche con tutti quei complessi che, chiamati a essere contemporaneamente sede di corte e contenitori di funzioni di go-verno, tesero, soprattutto in area padana, a svilupparsi per nuclei autonomi (in genere due) articolati attorno a corti che divenivano sistematicamente
114L’ultimo studio specifico sull’edificio si deve a C. BONARDI, Revello: Il palazzo marchionale
e le sue gallerie di candidi marmi, in Ludovico II marchese di Saluzzo. Condottiero, uomo di Stato e mecenate (1475-1504), Atti del convegno (Saluzzo, 10-12 dicembre 2004), a c. di R. COMBA, II, La circolazione culturale e la committenza marchionale, Cuneo 2006
(Marchiona-tus Saluciarum monumenta, studi, IV), pp. 595-610.
115F. OROLOGI, Brevi ragioni di fortifficare, 1551-1559, ms. in Biblioteca Nazionale di Firenze,
Magliabechiano XIX, f. 74.
116I riferimenti cronologici sono in BONARDI, Revello cit., pp. 598-605; e, soprattutto, in EAD.,
Il palazzo dei marchesi di Saluzzo in Revello nei documenti di archivio, in Atti del corso di cul-tura castellana, Torino 1982 (Quaderni dell’Istituto Italiano dei Castelli Sezione Piemonte Valle d’Aosta, 3), pp. 119-131. Per quanto riguarda invece la proposta di un articolazione su due corti adiacenti, cfr. R. COMBA, A. LONGHI, E. LUSSO, Le basi scientifiche dei modelli di edifici storici
nel Museo della Civiltà cavalleresca, in Guida al Museo della Civiltà Cavalleresca. Il marche-sato di Saluzzo e l’Europa, «Bollettino della Società per gli Studi Storici, Archeologici ed Arti-stici della Provincia di Cuneo», 151 (2014), pp. 161-167, in part. p. 166.
117E. GAROGLIO, La fortezza di Revello, Revello 2010, pp. 17-26; BELTRAMO, Il marchesato di
loggiate laddove prevalevano gli usi pubblici118. Dall’altro non si può fare a meno di notare, al di là della scelta stessa di un palazzo in luogo di un ca-stello come spazio residenziale privilegiato, non a caso stabilizzata al tempo in cui Marguerite assunse la reggenza del principato119, la presenza di so-luzioni generali e di dettaglio, come il fronte loggiato aperto verso il giar-dino extramurario, che evocano in maniera esplicita l’articolazione del pa-lazzo della Tesoreria di Grenoble.
Non sono in grado di stabilire sino a che punto tali assonanze possano essere intese come un riflesso della maggior vicinanza geografica tra i due principati poiché si riscontrano occasionalmente anche in altri contesti ter-ritoriali, in primis, nuovamente, il marchesato di Monferrato120. Certo è che mi sento di escludere, per evidenti ragioni cronologiche, una migrazione di modelli dall’area subalpina a quella delfinale: in fin dei conti, anche vo-lendo assumere come riferimento le prime menzioni quattrocentesche, il palazzo di Revello prese forma con svariati decenni di ritardo rispetto a quelli grenoblesi. Tuttavia, se si legge la vicenda revellese nel suo com-plesso, resta il dubbio che i modelli adottati più che dalle esperienze delfi-nali possano derivare da quelle angioine: penso innanzitutto allo
stratifi-cato palazzo di Aix-en-Provence121, che Ludovico II non poté fare a meno
di visitare quando assunse la carica di luogotenente del re di Francia nel pe-riodo 1487-1490122.
Al di là di tutto, il grande interesse che suscita l’esempio di Grenoble ri-siede nella capacità dimostrata dai delfini, indipendentemente dalla linea di-nastica di appartenenza, di perseguire la realizzazione di una vera e propria
enclave residenziale, cresciuta attorno al nucleo originario che più di tutti
coagulava, anche dal punto di vista simbolico, la loro presenza in città: la
118E. LUSSO, Tra fortezza e palazzo: confronti fra il castello di Saluzzo e le residenze dei
mar-chesi di Monferrato, in Saluzzo; Sulle tracce degli antichi castelli. Dalla ricerca alla divulga-zione, Atti del convegno (Saluzzo, 7 giugno 2008), a c. di R. COMBA, E. LUSSO, R. RAO, Cuneo
2011 (Marchionatus Saluciarum monumenta, studi, XII), pp. 29-43. 119BONARDI, Revello cit., pp. 596-598.
120Per esempio, nel già citato palazzo marchionale di Trino: nel 1468 un documento risulta re-datto «super logis versus iardinum»: Archivio di Stato di Torino, Corte, Monferrato protocolli, vol. 9, f. 65 (24 febbraio 1468). Cfr. anche LUSSO, I Paleologi di Monferrato cit., pp. 40 sgg.
121Si vedano M. BELS, N. NIN, Autour du Palais, Aix-en-Provence 1997, pp. 22-29; M. FRAIS
-SET, Le palais comital d’Aix, in Roi René 1409-2009, Aix-en-Provence 2009, pp. 18-23.
122A. BARBERO, La politica di Ludovico II di Saluzzo tra Francia, Savoia e Milano (1475-1504), in Ludovico II marchese di Saluzzo cit., I, Il governo del marchesato fra guerra, politica e di-plomazia, Cuneo 2005 (Marchionatus Saluciarum monumenta, studi, III), pp. 229-254, in part. pp. 245-246.
collegiata di Sant’Andrea. Come si è avuto modo di precisare, entro la metà del XV secolo partecipavano a questo sistema la residenza della corte, la Camera dei conti e la zecca, tutte affacciate sulla piazza che dal complesso religioso traeva nome. Accanto alla chiesa, dominata dalla torre campana-ria su cui era installato l’orologio della comunità123, e rivolta verso il corso dell’Isère era poi la Tesoreria. Di essa, lungo rue Hector Berlioz, dove si apriva la porta nova, sopravvivono alcune parti, riferibili in buona misura al cantiere avviato alla fine del XIV secolo: esse, in considerazione della posizione perimuraria, corrispondono con ogni probabilità alla torre del te-soro – che, come detto, coincideva con una delle torri della cortina mura-ria124– e relativo viretto (fig. 8).
Ancora più interessante e peculiare è il rapporto dialettico che tale si-stema di palazzi stabilì con il più antico complesso cattedrale, giungendo, attraverso una scelta topografica che difficilmente può ritenersi casuale, a rappresentare quasi plasticamente la contrapposizione tra il potere delfi-nale e quello vescovile. Una situazione affine può essere rilevata anche a Saluzzo, ma le similitudini non sembrano andare oltre il puro formalismo: nel centro destinato a divenire capitale del marchesato omonimo, il castello, che condivide un rapporto analogo con la pieve di Santa Maria, in realtà ac-quisì tale posizione avvicinandosi, nei decenni finali del XIII secolo, al principale luogo di culto del borgo125. Quando poi l’abitato acquisì la dignità di città divenendo sede vescovile nel 1511, l’erezione della chiesa – già promossa a collegiata nel 1481 e ricostruita nelle forme odier-ne126 – in cattedrale fu un’operazione orchestrata dal marchese Ludo-vico II127e dunque, al di là degli attriti che occasionalmente emersero tra il potere politico e quello religioso, non sembra legittimo scorgere in tale con-testo alcun riflesso di un antagonismo paragonabile a quello della società grenoblese.
123PRUDHOMME, Histoire de Grenoble cit., p. 231; PILOT, Notice sur l’église de Saint-André cit., pp. 39-43. Menzioni in ADIsère, 7B31, 16 dicembre 1444.
124Cfr. sopra, testo corrispondente alla nota 76.
125L. LOSITO, Saluzzo fra medioevo e rinascimento. Il paesaggio urbano, Cuneo 1998, pp. 23 sgg. Se ne parla anche in LUSSO, Tra fortezza e palazzo cit., p. 31 e nota 12.
126Si veda A. LONGHI, La costruzione della collegiata di Saluzzo e la cultura del cantiere negli
ultimi decenni del Quattrocento, in Saluzzo, città e diocesi cit., pp. 143-172.
127E. CANOBBIO, Ludovico II e le istituzioni ecclesiastiche del marchesato, in Ludovico II cit., I, pp. 57-77, in part. p. 62-64.
Fig. 8 - La torre del tesoro, una delle poche parti superstiti, insieme al viretto angolare e alla finestra a crociera, del palacium delphinalis (foto E. Lusso).
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