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Le Strutture vitree della Galleria Energetica. Modellazione del comportamento statico.

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Academic year: 2021

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(1)

F

A

COLTÀ

DI

INGEGNERIA

Corso di Laurea Magistrale in

INGEGNERIA

DELLE

COSTRUZIONI

CIVILI

Tesi di Laurea

“Le Strutture Vitree della Galleria Energetica.

Modellazione del comportamento statico.”

Candidata: Maddalena Giammattei

Relatori:

Prof. Ing. Maurizio Froli Ing. Gerardo Masiello Ing. Vincenzo Mamone

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Ai miei genitori e a Emanuele

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“La superficie della terra cambierebbe moltissimo se l’architettura in mattoni venisse eliminata e ovunque sorgesse al suo posto l’architettura di vetro. Sarebbe come se la terra si ricoprisse di gioie preziose in smalto e brillanti. La magnificenza di un simile spettacolo è addirittura inimmaginabile. E ovunque avremmo sulla terra splendori e delizie più grandi di quelle che si trovano nei giardini delle Mille e una notte. Avremmo un paradiso sulla terra e non sentiremmo più il bisogno di guardare con nostalgia al paradiso nel cielo”. Paul Scheerbart, Architettura di vetro, 1914

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Sommario

Il presente lavoro di tesi ha come oggetto lo studio e la modellazione di un telaio realizzato interamente con il sistema costruttivo TVT (Trave Vitrea Tensegrity), un sistema misto vetro-acciaio. Il frame in esame è composto da una trave di 12 metri presollecitata e da due colonne di circa 6,40 metri.

L’intero telaio è realizzato mediante l’assemblaggio di parti in vetro di forma triangolare e rettangolare, che vengono precompresse grazie ad un sistema di barre metalliche ottenendo in questo modo, da un insieme di elementi disgiunti, un portale precaricato, in cui gli elementi in acciaio lavorano solo trazione, ed il vetro esclusivamente a compressione.

Il portale preso in esame fa parte della Galleria Energetica, un edificio di notevole pregio architettonico e di elevato contenuto tecnologico, realizzata mediante una sequenza di telai di forme e dimensioni diverse, tutti costruiti interamente in vetro e in acciaio. Rivestendo l’intero volume con dei pannelli in vetro dotati di celle fotovoltaiche, che ne costituiscono sia la copertura che le pareti perimetrali, si ottiene un edificio interamente vitreo.

Il telaio, grazie al sistema costruttivo TVT con il quale è stato progettato, risulta rispettare in pieno la progettazione fail–safe, secondo la quale deve essere soddisfatta oltre alla gerarchia strutturale, anche la ridondanza. Quest’ultima viene perseguita grazie alla predisposizione di pannelli in vetro di tipo stratificato, mediante i quali, grazie all’interposizione dello strato di interlayer in PVB fra le due lastre, è possibile garantire che anche in caso di rottura del vetro, permanga una buona capacità portante post-critica. Per quanto riguarda la gerarchia strutturale, questa è ottenuta a seguito di una progettazione dei singoli elementi che preveda e che faccia in modo, che si verifichi sempre prima della crisi del vetro, il raggiungimento dello snervamento dell’acciaio. Così facendo è possibile conferire all’intero elemento strutturale un comportamento duttile pur essendo realizzato con materiale fragile per natura.

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I

Indice

Introduzione ... 1

1. Il Vetro nella Storia ... 4

1.1 Evoluzione storica del Vetro ... 4

1.2 Il Vetro, Materiale da Costruzione ... 8

1.2.1 Il Vetro del XVIII e del XIX secolo: Serre, Gallerie, Stazioni. ... 8

1.2.2 Il vetro del XX e del XXI secolo ... 11

1.2.2.1 Le Facciate ... 11

1.2.2.2 Le Coperture ... 17

1.2.2.3 Le Travi ... 20

1.2.2.4 I Pilastri ... 24

1.2.2.5 Gli Involucri Vitrei ... 26

1.2.2.6 Le Free Forms ... 28

2. I Processi Produttivi del Vetro ... 32

2.1 Composizione del Vetro ... 32

2.2 Processi produttivi ... 35

2.2.1 Vetro Tirato ... 35

2.2.2 Vetro Colato ... 36

2.2.3 Vetro Float ... 37

2.3 Proprietà Chimico-Fisiche del Vetro ... 39

2.3.1 Il Vetro di Silice e le sue Proprietà ... 41

2.4 Proprietà Meccaniche ... 45 2.5 Proprietà Termiche ... 48 2.6 Proprietà Chimiche ... 49 2.7 Proprietà Termiche ... 50 2.8 Proprietà Ottiche ... 50 2.9 La Tempra... 51 2.9.1 La Tempra Termica ... 51 2.9.2 La Tempra Chimica ... 53 2.10 Vetri Stratificati ... 54 2.11 Vetri Laminati ... 55 3. TVTα, TVTβ e TVTγ ... 57

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II

3.1 Introduzione ... 57 3.2 Il Prototipo TVTα ... 58 3.3 Il Prototipo TVTβ ... 59 3.4 Il Prototipo TVTγ ... 61 3.4.1 Descrizione Generale ... 62

3.4.2 Gerarchia e Ridondanza Strutturale ... 63

3.4.3 Comportamento Meccanico della Trave ... 64

3.4.3.1 “Fase 0” o Fase di Precompressione del Vetro ... 65

3.4.3.2 “Fase 1” o Fase di Esercizio ... 66

3.4.3.3 “Fase 2” o Fase di Collasso ... 67

4. Proprietà dei Materiali Utilizzati ... 69

4.1 Introduzione ... 69

4.2 Vetro ... 69

4.2.1 Vetro Indurito Termicamente (Heat Strengthened glass) ... 70

4.3 Inter-layer, PVB ... 72

4.4 Acciaio Inox ... 74

4.5 Alluminio ... 76

5. Il Portale TVT ... 78

5.1 Introduzione ... 78

5.2 Descrizione del Portale TVT ... 84

5.2.1. Elementi Costituenti ... 87

5.2.1.1 I Pannelli in Vetro ... 88

5.2.1.2 La Carpenteria Metallica ... 90

6. Modellazione agli Elementi Finiti ... 110

6.1 Codice di Calcolo ... 110

6.2 Modelli Numerici agli Elementi Finiti ... 111

6.3 Modello Portale TVT 1a ... 113

6.3.1 Elementi Finiti utilizzati ... 115

6.3.1.1 Modellazione con gli Elementi Beam ... 116

6.3.1.2 Modellazione con gli Elementi Plate ... 126

6.3.2 Combinazioni di Carico ... 131

6.3.3 Condizioni di Vincolo ... 134

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III

6.4 Modello Portale TVT 1b ... 141

6.4.1 Completamento del Modello ... 143

6.4.2 Risultati delle Analisi ... 143

6.5 Confronto tra Telaio TVT1a e Telaio TVT 1b ... 149

6.6 Modello Modulo TVT 2a ... 151

6.6.1 Combinazioni di Carico ... 152

6.6.2 Risultati delle Analisi ... 153

6.7 Modello Modulo TVT 2b ... 155

6.7.1 Elementi Finiti utilizzati ... 156

6.7.1.1 Modellazione con gli Elementi Beam ... 157

6.7.1.2 Modellazione con gli Elementi Plate ... 160

6.7.2 Condizioni di Carico, di Vincolo e Proprietà dei Materiali ... 163

6.7.3 Risultati delle Analisi ... 164

6.8 Confronto tra Modulo TVT 2a e Modulo TVT 2b ... 166

7. Telaio Semplificato ... 168

7.1 Introduzione ... 168

7.2 Telaio Unifilare Semplificato – Tipo 1 ... 169

7.2.1 Modelli A e B ... 169

7.2.2 Modello C privo di imperfezioni ... 172

7.2.2.1 Descrizione della Modellazione agli Elementi Finiti ... 173

7.2.2.2 Condizioni di Carico ... 174

7.2.2.3 Condizioni di Vincolo ... 176

7.2.2.4 Risultati delle Analisi... 176

7.2.3 Modello C con imperfezioni ... 179

7.2.3.1 Descrizione della Modellazione agli Elementi Finiti ... 179

7.2.3.2 Condizioni di Carico ... 180

7.2.3.3 Condizioni di Vincolo ... 181

7.2.3.4 Risultati delle Analisi... 181

7.2.4 Estrapolazione Diagrammi F - δ ... 183

7.2.5 Definizione e Analisi del Modello Unifilare Semplificato ... 195

7.3 Telaio Semplificato – Tipo 2 ... 197

7.3.1 Elementi Finiti utilizzati ... 198

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IV

7.3.1.2 Schematizzazione del Nodo Metallico ... 202

7.3.1.3 Schematizzazione dei Pannelli Rettangolari ... 204

7.3.1.4 Schematizzazione dei Pannelli Triangolari ... 206

7.3.2 Risultati delle Analisi e Controllo dell’equivalenza ... 207

8. La Galleria Energetica ... 210

8.1 Descrizione Generale del Progetto... 210

8.2 Definizione della Posizione dei Portali ... 212

8.3 Analisi dello Stato di Sollecitazione della Galleria ... 215

8.4 Definizione delle Azioni ... 216

8.4.1 Carichi Permanenti Strutturali e non Strutturali ... 216

8.4.2 Sovraccarichi Accidentali ... 217

8.4.3 Azione della Neve ... 217

8.4.4 Azione del Vento ... 218

8.4.5 Azione della Temperatura ... 220

8.5 Combinazioni di Carico ... 220

8.6 Analisi Svolte ... 222

9 Conclusioni ... 225

9.1 Confronto fra le Analisi Svolte ... 225

9.2 Conclusioni ... 228

Bibliografia ... 231

Normativa di Riferimento ... 232

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Introduzione

Il presente lavoro di tesi ha come obiettivo lo studio e la modellazione di un portale realizzato con il sistema costruttivo TVT (Travi Vitree Tensegrity), un sistema misto vetro-acciaio, la cui tecnologia è stato ideata e brevettata dal Prof. Ing, Maurizio Froli. L’analisi del telaio rappresenta il naturale passo successivo che è stato intrapreso a seguito della realizzazione e della sperimentazione del prototipo TVTγ, che ha fornito risultati incoraggianti.

Con questo lavoro si intende quindi passare dalla trave, ad un elemento costruttivo con il quale poter realizzare intere strutture tecnologicamente avanzate ed esteticamente piacevoli, andando a rispondere alla crescente domanda di involucri trasparenti e al desiderio di smaterializzazione degli edifici stessi.

Il portale in oggetto è realizzato con un traverso orizzontale di 12m di lunghezza e due piedritti verticali di circa 6,40m, tutti gli elementi sono ottenuti dall’unione di pannelli in vetro di forma triangolare e rettangolare che vengono tenuti insieme e precompressi da un sistema di tiranti in barre d’acciaio; il vetro assorbe gli sforzi di compressione, l’acciaio quelli di trazione e la crisi della struttura avviene in modo duttile per snervamento dell’acciaio.

La tesi è sviluppata in 9 capitoli, ciascuno dei quali tratta i seguenti argomenti:

 Capitolo 1: Il vetro nella storia, con dei richiami circa i primi utilizzi del vetro sino alle innovazioni più recenti;

 Capitolo 2: Descrizione dei processi di produzione del vetro, delle diverse tipologie, delle proprietà chimiche, fisiche e meccaniche;

 Capitolo 3: Breve descrizione dei componenti e del comportamento meccanico dei prototipi TVTα, TVTβ e TVTγ;

 Capitolo 4: Caratteristiche meccaniche dei materiali impiegati;

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 Capitolo 6: Descrizione dettagliata dei modelli agli Elementi Finiti realizzati per valutare il comportamento globale del telaio;

 Capitolo 7: Descrizione dettagliata dei modelli agli Elementi Finiti Semplificati realizzati, con i risultati delle analisi numeriche effettuate;

 Capitolo 8: Descrizione generale della Galleria Energetica, con le analisi effettuate mediante il modello semplificato;

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Capitolo 1

1. Il Vetro nella Storia

1.1 Evoluzione storica del Vetro

L’arte vetraria ha origini antichissime che risalgono ad oltre tremila anni fa, già nella preistoria l'uomo conosceva l'ossidiana, una pietra vetrosa di origine vulcanica, originata per rapido raffreddamento della lava , essa aveva un aspetto traslucido, di color nero o verde scuro, quasi mai trasparente con la quale venivano fabbricati armi e utensili.

È difficile stabilire con certezza quale popolo possa vantarne la scoperta, che probabilmente avvenne per invenzione fortuita. Così Plinio il Vecchio racconta la scoperta del vetro secondo una antica leggenda fenicia:

“Quella parte della Siria che si chiama Fenicia e che confina con la Giudea include nel monte Carmelo una palude che si chiama Candebia. Si crede che da là nasca il fiume Belo, che dopo aver percorso cinque miglia sfocia in mare, nei pressi della colonia Tolemaide. Il suo corso è lento, le sue acque non sono buone a bere e tuttavia sono usate nelle cerimonie sacre; il suo letto è limoso, profondo e riversa nel mare le sue sabbie solo con la bassa marea.

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Figura 1: Forno per la fusione del vetro, incisione da Georgius Agricola (1494-1555), De re metallica libri XII

Basilea, 1557.

Perciò queste brillano, finché non sono agitate dalle onde e ripulite così dalle impurità; inoltre esse furono utilizzate solo nel momento in cui si pensò che avessero proprietà aspre e astringenti, tipiche dell’acqua salmastra. E proprio in un così piccolo litorale, non più largo di cinquanta passi, molti secoli fa ebbe origine il vetro. Si narra che una nave di mercanti di soda sia lì approdata; i mercanti, riversatisi sulla spiaggia, cominciarono a preparare le cibarie, ma non essendovi una pietra adatta a sostenere il focolare, posero sotto i calderoni dei pani di soda (“nitrum”) che avevano preso dal loro carico, ma quando li accesero dopo che essi si furono impastati con la sabbia, un rivo di nuovo, trasparente liquido cominciò a fluire: questa fu l’origine del vetro”

La leggenda contiene delle verità sulla composizione del vetro e sulla diffusione di questo materiale ad opera dei Fenici. Il vetro nasce infatti dalla combinazione della silice, minerale contenuto nelle sabbie dolci, combinata con la calce (carbonato di calcio); la fusione è favorita da una sostanza alcalina, la soda: quest'ultima era ricavata nell'antichità dalle ceneri delle alghe o di piante costiere. La sabbia del fiume Belo, in Fenicia, era molto adatta e ricercata per la fabbricazione del vetro. Inoltre quasi sicuramente, furono i mercanti e navigatori Fenici a diffondere gli oggetti e le tecniche del vetro nel bacino del Mediterraneo.

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La più antica manifattura, che sorse nell'Asia occidentale, forse nelle regioni mitanniche o urriane della Mesopotamia, risale all'età del Bronzo, intorno alla metà del terzo millennio a.C. Probabilmente fu la naturale conseguenza dell'impiego di smalti vitrei per la decorazione di vasellame, tegole, oggetti vari e di altre tecniche di lavorazione della ceramica. I più antichi reperti archeologici sono costituiti da perline, sigilli, intarsi e placche. Le più antiche tecniche di lavorazione, infatti, permettevano soltanto la produzione di oggetti di piccole dimensioni, per lo più destinati ad usi rituali o a scopo ornamentale. I primi recipienti di vetro, provenienti da quest'area, risalgono invece ai secoli XVI e XV a.C., e si tratta prevalentemente di vasi a beccuccio.

Indubbiamente il vetro ha rappresentato un elemento importante sia nella civiltà egiziana dove veniva indicato col termine iner en wedeth che significa pietra del tipo che scorre. I primi reperti rinvenuti in Egitto, risalgono all'epoca faraonica e portano il cartiglio del faraone Thutmose III della XVIII dinastia. In quel periodo gli egiziani condussero alcune vittoriose spedizioni in Mesopotamia, in Siria e in Palestina e probabilmente appresero la composizione e i metodi di fusione proprio da alcuni prigionieri, esperti vetrai. In questo periodo le manifatture Egizie produssero una gran varietà di oggetti come perline, scarabei, amuleti, pomoli per mobili e intarsi, come testimoniato dai ritrovamenti nella tomba di Tutankhamon.

Figura 2: Coppa i vetro soffiato, di origine egiziana, risalente al VII secolo a.C. con manico applicato ed effetto

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Figura 3: Papiro con geroglifici raffigurante il processo di produzione del vetro.

La produzione vetraria raggiunge il massimo splendore nell'Impero romano a cui si attribuisce l'invenzione della canna da soffio che viene fatta risalire intorno al 20 a.C. Il vetro è ormai un materiale di uso comune; si fabbricano vasi, bottiglie e si ha notizia anche delle prime lastre. Nel IX secolo inizia la lavorazione del vetro a Venezia che rimarrà il punto di riferimento europeo per questa tecnica per circa 8 secoli. Nel 1291, al fine di evitare pericoli di incendio, la lavorazione del vetro viene confinata nell'isola di Murano.

E’ nel 1369 che si ha la prima notizia della lavorazione degli specchi a Murano. Alla metà del XV secolo risale l’invenzione a Murano ad opera di Angelo Barovier del cristallo, un vetro così limpido e decolorato da essere computabile al cristallo di rocca. Nel 1568 sono presenti nell'isola 46 fabbriche di vetro. Nel XVII secolo inizia la produzione del vetro scientifico e ottico e lo sviluppo dell'arte del taglio; sorge la prima fabbrica di specchi in Francia a Cherbourg.

Tra il XVII e XVIII secolo si assiste allo sviluppo dell'arte vetraria in Inghilterra, nei Paesi Bassi ed in Boemia dove vengono messe a punto nuove composizioni (cristallo di Boemia).

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Nel 1825 nasce a Boston la prima fabbrica americana di vetro. Nel 1881 vi fu la fondazione del primo laboratorio scientifico per vetro a Jena. L'invenzione del vetro di sicurezza avviene intorno al 1928. Nel XX secolo fiorisce la ricerca scientifica nel campo del vetro e si moltiplicano gli istituti di controllo e di studio in tutto il mondo. Nel 1931 prende piede l'utilizzo dei blocchi di vetro e delle fibre di vetro in edilizia. Nel 1948 inizia la produzione in serie di tubi per televisori. Nel 1954 viene istituita a Murano la Stazione Sperimentale del Vetro. Negli anni ’60 è brevettato il processo float per la produzione di lastre di vetro.

1.2 Il Vetro, Materiale da Costruzione

1.2.1 Il Vetro del XVIII e del XIX secolo: Serre, Gallerie, Stazioni.

Se è vero che al momento della sua comparsa il vetro venne utilizzato soprattutto per realizzare utensili e oggetti di uso quotidiano, dando loro un certo prestigio grazie alla somiglianza con le gemme preziose, in seguito venne impiegato per lo più per la produzione di infissi e di finestre, grazie alle sue caratteristiche di trasparenza e di capacità isolante.

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E’ nel medioevo che, per rispondere alle esigenze architettoniche delle grandi cattedrali gotiche con le loro ampie superfici traforate, si sviluppa la produzione della vetrata, realizzata da pezzi di vetri assemblati su intelaiature metalliche e colorati con una tecnica simile a quella dello smalto su vetro.

Ma è con il boom economico e industriale nell'Inghilterra della seconda metà del '700 che investe anche il campo della produzione delle lastre in vetro, con progressi tecnici e un sempre più vasto consumo, che porta alla diminuzione dei prezzi di vendita e all'utilizzo del vetro associato al ferro per la realizzazione di grandi e luminose coperture.

Figura 5: Palm House dei Bicton Gardens, Devon, John Claudius Loudon, 1818-1838.

Uno dei primi interessanti utilizzi del vetro in architettura moderna, è rintracciabile nella serra costruita a St. James Park a Londra: un edificio che doveva espletare una funzione particolare e che doveva quindi avere caratteristiche specifiche. In questo caso si trattava infatti di sfruttare il più possibile la luce del sole per far sì che gli ambienti interni fossero molto luminosi e al riparo dagli agenti atmosferici. Ecco che il vetro dava un grosso vantaggio, poiché, nonostante fosse un materiale delicato da trattare, aveva dimostrato di avere grandi qualità e possibilità strutturali.

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Con la realizzazione e lo studio del il Crystal Palace a Londra, Sir Joseph Paxton affronta anche il problema del riscaldamento e della ventilazione degli edifici caratterizzati dalla presenza di grandi superfici in vetro.

Figura 6: Crystal Palace Londra, Sir Joseph Paxton, 1851

Altri importanti esempi sono le gallerie, le cupole e le coperture delle stazioni realizzati tra la metà e la fine dell’800, nei quali si ritrovano grandi lucernari in ferro e vetro come nella Galerie d'Orléans del Palais Royal di Percier e Fontaine (1829), Les Grandes Halles a Parigi di V. Baltard (1853), la Galeries des Machines a Parigi di Dutert e Contamin (1889).

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Figura 8: Stazione di Paddington, Londra, Isamabard Kingdom Brunel e Matthew Digby, 1854.

1.2.2 Il vetro del XX e del XXI secolo

1.2.2.1 Le Facciate

Il vetro, associato all'acciaio, assume una nuova e importante funzione negli anni venti all'interno del movimento internazionale del Modernismo, le cui ideologie concepiscono l'arte decorativa non fine a se stessa, bensì carica di significati semantici e funzionali, non privi di qualità morfologica, per il quale il vetro è luce, spazio, ottimismo.

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Negli Stati Uniti questo stile si diffonde con l'arrivo dalla Germania di Ludwig Mies van der Rohe (1886-1969) e con la costruzione di palazzi di vetro dalla strutture d'acciaio per i quali si procede sempre di più nella direzione della prefabbricazione, vista l’incidenza del consto della forza lavoro. Sulle strutture esistenti viene applicata una ossatura di montanti e di traversi alle quali vengono fissate le lastre di vetro.

Una delle prime facciate continue completamente prefabbricata viene realizzata da Eero Saarienen per il General Motors Techinical Center di Warren (1954-1956).

In questo esempio vengono utilizzati pe la prima volta profili elastici in neoprene, già utilizzati nelle automobili, grazie alle quali non è più necessario alcun tipo di fermavetro di metallo che eserciti pressione. Le guarnizioni si diffonderanno rapidamente e diventeranno uno degli elementi fissi della tecnologia delle facciate.

Negli anni sessanta giugnono sul mercato diversi sistemi costruttivi con profili integrati in gomma sintetica i quali, accanto alla funzione di tenuta, premono anche la lastra di vetro contro il telaio. Norman Foster impiega questi profili nel 1970, per la prima volta in un edificio a due piani del Fred Olsen Amenity Centre nel porto di Londra e qualche anno più tardi nel IBM Techinical Park (1975-1980).

Dal 1960 in poi grazie al silicone si passa all’incollaggio diretto della lastra di vetro al telaio, il silicone non serve più solamente come sigillante ma sostiene anche la parte del carico della lastra. L’esigenza era quella di nascondere i profilati eliminando dalla vista i telai, rendendo in questo modo protagonista la superficie vetrata. Tale tecnologia viene importata in Europa con la tecnica VEC (Vitrage Ex-térieurCollé). Un particolare esempio di utilizzo di questa tecnologia è quella che si riscontra nell’ Headquarter D&G di Milano, nel quale con l’incollaggio delle lastre di vetro ad un telaio inserito nella struttura sottostante, si è potuto realizzare una facciata senza telai e senza fissaggi.

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Figura 10: Headquarter D&G, Milano, Piuarch, 2006.

Nonostante la tecnica VEC faccia uso di sottili membrature, il desiderio di smaterializzazione porta allo studio e allo sviluppo di una diversa metodologia al fine di conferire al vetro una struttura privandolo della presenza fisica del supporto metallico. Ciò si sta verificando con l’esperienza delle vetrate strutturali sospese, grazie al contributo dello studio RFR di Parigi. La struttura, in queste facciate, si trasla, si distanzia dalla superficie vetrata e quest’ultima viene semplicemente vincolata per punti e all’occorrenza sospesa come una tenda di vetro.

L’idea di appendere grandi lastre di vetro invece di posarle in opera in verticale e quindi di evitare il pericolo di inflessione viene perseguita negli anni 50 da Otto Hahn, idea che rimane tale fino al 1964, in cui si registra il primo esempio nel Museo Wilhelm Lehmbruck di Duisburg. Per vetri isolati il suo impego resta tuttavia per lungo tempo poco interessante a causa delle limitazioni delle dimensioni delle lastre dovute a motivi produttivi.

Un ulteriore sviluppo della vetrata si ha grazie a Norman Foster, che trae fonte di ispirazione dai progetti avveniristici di Mies Van der Rohe che progetta il primo esempio di facciata continua appesa con fissaggio per punti.

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Figura 11: Mock-up of glass Skyscraper, Berlino, Mies Van der Rohe, 1922.

Figura 12: Administrative center Iswich, Iswich, Norman Foster, 1971-1975.

In questo caso le lastre sono fissate alla lastra superiore con piastre di fissaggio avvitate. L’intera facciata di tre piani è appesa alla soletta di copertura superiore ed è rinforzata contro le spinte del vento da controventi di vetro a mezza altezza che sono appesi ai soffitti all’interno dell’edificio.

Una facciata di vetro appesa e posteriormente sorretta da fermavetro per punti viene realizzata nel 1986 per il Museo della Scienza e della Tecnica del Parc de

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la Villette di Parigi. A differenza dell’edificio di Foster in questo caso non sono presenti le solette di interpiano, per questo, Peter Rice sviluppa una facciata appesa, fissata per punti fermavetro a livello, con una struttura di cavi posteriori tesi per la trasmissione delle spinte dal vento. Il vetro assume in questo caso la funzione di trasmissione del carico. Viene sperimentato così per la prima volta il sistema di RFR.

Figura 13: Green House, Le Villette, Parigi, Peter Rice RFR, 1986.

Altro importante esempio da richiamare nell’ambito delle facciate vitree è quella realizzata per l’Hotel Kempinski e si tratta di uno dei più validi esempi di una rete di cavi piana rivestita da vetri. Per gestire la deformazione di questo sistema, i cavi vengono adeguatamente precompressi ma nonostante questo accorgimento, le lastre devono essere fissate alla rete di cavi in modo snodato, per questo motivo i sistemi di fissaggio assumono grande importanza, tali sistemi assumono la conformazione a “tasca”.

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Figura 14: Green House, Le Villette, Parigi, Peter Rice RFR, 1986, vista dall’interno.

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1.2.2.2 Le Coperture

La copertura vetrata viene spesso prevista all’interno di un progetto con lo scopo di conferire particolare enfasi ad opere architettoniche di grande rilevanza. Particolarmente significativa è la realizzazione di coperture a guscio, che possono essere realizzate anche con bassi spessori. Grande contributo in questo ambito è pervenuto da Jorg Schlaich e dal suo studio nell’ambito delle coperture a doppia curvatura su una struttura smaterializzata di sostegni. Il reticolo fondamentale delle loro strutture portanti è composto da una rete quadrangolare di barre piatte. Questa rete quadrata piatta può essere disposta in qualsiasi forma in modo da sviluppare forme di strutture portanti curvate a piacere.

Un primo impiego costruttivo di questo principio costruttivo, si ha nella copertura della corte del Museo Storico della città di Amburgo, realizzato nel 1990.

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Figura 17: Hamburg History Museum court roof, vista di insieme.

Un altro esempio di copertura vetrata che si sposa perfettamente con la struttura esistente che sovrasta è quella del Castello Juval in Val Venosta. Per motivi di tutela del monumento, si è scelta una copertura che dia l’impressione di galleggiare sull’edificio,

visto il

limitato numero dei punti di imposta. Le lastre di vetro sono sorrette da travi reticolari a traliccio leggero in direzione del colmo.

Figura 18: Glass Roof Juval Castle, Merano, 1998, Ingenieur Team.

Altri esempi molto importanti sono la copertura del Cortile del British Museum, del Maximilian Museum di Augsburg, della DG Bank di Berlino e della

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Abbazia Neumunster, delle quali si riportano a seguire delle immagini per completezza.

Figura 19: British Museum, Londra, 2000, Foster and Partners, Happold.

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Figura 21: Copertura della DG Bank, Berilino, Ing Schlaich, Bergermann & Partners, Arch Frank O Gehry &

Associates, 1998

Figura 22: Copertura della DG Bank, Berilino, 1998, Sezione longitudinale e Sezione Trasversale.

1.2.2.3 Le Travi

Una lastra di vetro disposta con carichi applicati parallelamente al piano medio può svolgere la funzione di trave. Nelle travi di vetro la sollecitazione può

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essere calcolata con la teoria delle lastre o, in caso di elevato rapporto L/H, con la teoria delle travi.

Visto che il fattore che maggiormente condiziona l’effettiva resistenza a flessione della trave è rappresentato dal tipo di lavorazione dei bordi inferiori, per migliorare la resistenza a trazione, i progettisti preferiscono il vetro temprato, ricorrendo altresì all’assemblaggio di più lastre di vetro, che dispongono di una maggiore quantità di materiale resistente nella zona sollecitata a trazione oltre che una maggiore rigidità alla flessione trasversale e alla torsione.

Figura 23: Travi di vetro stratificato del laboratorio di ricerca dei musei di Francia (Grand Louvre).

Le due estremità della trave vengono solitamente inserite in apposite scarpe metalliche, con accoppiamento per attrito ed opportuna interposizione di uno strato elastico che consente di evitare tensione localizzate dovute a momenti di incastro.

E’ possibile migliorare il comportamento fragile del vetro dotando il bordo della lastra di elementi di materiale dotato di una maggiore resistenza a trazione e duttilità, in grado di assorbire con sicurezza le forze trazione. In questi sistemi ibridi è fondamentale valutare le caratteristiche meccaniche dei materiali, per assicurarne una effettiva collaborazione strutturale. Tra le diverse soluzioni ibride possibili, oltre alla TVT che verrà descritta dettagliatamente nel capitolo 4, si ricorda:

- Trave in vetro stratificato con cavo teso con un apposito sistema a dado inserito sul bordo inferiore;

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- Trave con fascia in fibra di carbonio, posta in aderenza sul profilo inferiore; - Travi multistrato con interposta, parallelamente a quella di vetro, una lastra di materiale polimerico, ad esempio PVB o Centry Glass. Questi materiali offrono la stessa caratteristica trasparenza del vetro e sono in grado di garantire una portata residua in caso di cedimento del vetro; - Un sistema di lastre stratificate, ispirato ai principi costitutivi del legno

lamellare, incollate fianco a fianco. Questa soluzione tecnologica consente di superare i limiti dimensionali imposti dalla lunghezza dei formati e di coprire luci maggiori. Un esempio di questa tipologia, di luce 21m, è stato presentato al GlassTec di Düsseldorf, studiata e realizzata durate il PhD del Dott. Erich Trosch.

Un esempio di utilizzo delle travi in vetro è l’edificio Avenue Geroges di Parigi, progettato mediante la consulenza di Ove Arup & Partners e della Saitn-Gobain, riguardante la realizzazione di una vetrata a pianta a semicerchio di 77 mq avente 7.20m di raggio e posta a 24 m dal piano di calpestio dell’ingresso. Le travi in oggetto sono state realizzate con elementi vitree stratificati con interposizione di PVB.

Figura 24: Edificio Avenue Gereges, Parigi, 1995 Wilmotte & Granger, Arup.

Altri esempi di utilizzo di travi in vetro si ritrovano sia nella realizzazione di passerelle che di coperture come evidenziato dalle immagini seguenti.

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Figura 25: Passerella Pedonale, Rotterdam, 1994, Rob Nijsse.

Figura 26: Yuracucho Glass Canopy, Tokyio, 1996, L. DEwhurst and T. MacFarane.

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Figura 28: Ink Roof, Monaco, 2001, Ludwig and Weiler.

Figura 29; Thermal Bath Roof, Badenweiler, 2004, Schlaich Bergermann und Parther.

1.2.2.4 I Pilastri

Nei pilastri, generalmente compressi, il materiale vetro sembrerebbe poter manifestare la sua massima possibilità applicativa, a patto di realizzare vincoli di estremità che assicurino la completa assenza di momenti flettenti parassiti. Si va incontro però a difficoltà dovute alle limitate dimensioni delle lastre prodotte che con il procedimento float hanno spessore massimo di 19 mm, solo in rari casi si arriva a 25 mm. Pertanto volendo limitare la snellezza a 1/50 (lato/altezza), sarà necessario

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comporre fra loro varie lastre per ottenere sezioni di inerzia accettabile mediante incollaggio.

Sebbene il vetro abbia buona resistenza a compressione, la rottura fragile innescata da possibili sollecitazioni a flessione rende problematica l’affidabilità strutturale dei pilastri in vetro.

Per ovviare all’inconveniente si può ricorrere ad un sistema strutturale ridondante, prevedendo che in caso di completo cedimento di un pilastro, globalmente la struttura sia in grado di resistere ai normali carichi di esercizio, in attesa del ripristino dell’elemento collassato.

Altro sistema è il “fail safe” che consiste nell’uso di elementi a più strati, in cui esistono strati iun grado di sostituire lo strato portante in caso di rottura. I pilastri in vetro multistrato sono strutture particolarmente snelle.

Un esempio dell’utilizzo dei pilastri in vetro si ha nel foyer dell’amministrazione comunale di Saint-Germain-en-Laye, dove hanno il compito di sorreggere una copertura di grandi dimensioni che sovrasta un atrio di 24 m per 24 m. Per evitare il pericolo di pressoflessione, i sostegni sono stati realizzati a forma di croce.

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1.2.2.5 Gli Involucri Vitrei

La costante tendenza verso la massima trasparenza possibile conduce al tentavo di realizzare edifici interamente in vetro, senza elementi metallici portanti. Vista la mancanza di esperienza pratica in merito, numerosi architetti e ingegneri hanno effettuato negli ultimi anni molti esperimenti in questa direzione, di cui fa parte il padiglione per sculture creato nel 1986 da Benthem e Crouwel a Sondbeek, dotato oltre alle pareti portanti anche di una copertura in vetro orizzontale dotata di una minima curvatura necessaria per l’allontanamento delle acque sorretta da travi maestre in acciaio.

L’architetto Rick Mather nel 1992, progetta la prima struttura interamente vitrea, un giardino d’inverno, avente non solo superfici di parete e della copertura in vetro, ma anche travi e sostegni.

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Figura 32: Glass Pavilion Reinbach, 1999, Ludwig and Weiler.

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Figura 34: Apple cube Manhattan, New York, 2006, Eckersley O'Callaghan.

1.2.2.6 Le Free Forms

Una nuova architettura detta dalle “forme libere”, si è sviluppata negli ultimi anni, parallelamente alla crescente diffusione delle strutture a guscio, di quelle spaziali e di luci libere sempre più vaste. Si tratta di forme irregolari che necessitano perciò di sistemi progettuali, tecnologici e strutturali differenti rispetto alle tipologie tradizionali. Sono elementi affascinanti ed audaci e difatti la loro realizzazione pone sistematicamente problemi di ingegnerizzazione: la cosiddetta fase di “razionalizzazione" del progetto architettonico una razionalizzazione finalizzata a rendere fattibile l'intervento in termini prettamente economici.

La geometria difatti può essere definita “a forma libera” (free-form), non regolare, non basata su superfici Euclidee planari. Privi di vincoli formali i progetti tendono a realizzare la fusione con l’ambiente circostante e nella fattispecie questo processo si concretizza in una serie di accorgimenti quali la scelta del metodo di pannellizzazione della superficie, dei materiali per il rivestimento dell'involucro, dello schema statico e del sistema costruttivo.

Il vetro è praticamente il solo materiale utilizzato per la realizzazione dell’involucro della free form avendo tutte le caratteristiche meccaniche ed estetiche richieste per questo particolare tipo di strutture.

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Si riportano in seguito delle immagini a titolo esempio, riguardanti le più famose strutture realizzate.

Figura 35: Facciata Stazione di Strasburgo, 2005, RFR, Seele Gmbh.

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Figura 37: Yas Marina Hotel Abu Dabhi, 2009, Waagner Biro.

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Figura 39: Ponte dei Mari, Polo fieristico di Milano Rho-Pero, Arch. Fukas, 2006.

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Capitolo 2

2. I Processi Produttivi del Vetro

2.1 Composizione del Vetro

Il vetro è composto da una miscela omogenea di varie sostanze, definita miscela vetrificabile , che assume una consistenza pastosa se riscaldata a una temperatura variabile fra i 1300 e i 1400 °C e che diventa lavorabile intorno ai 1500 °C. Componente essenziale della miscela è la silice , impiegata nella forma di sabbia silicea , mentre le altre sostanze vengono aggiunte allo scopo di facilitare la fusione (fondenti) , per rendere stabile la struttura del vetro , cioè per impedire la cosiddetta "devetrificazione" (stabilizzanti) e per conferire particolari caratteristiche al materiale stesso (affinanti , coloranti , opacizzanti); allo scopo di facilitare l'avvio del processo di fusione si aggiungono anche rottami di vetro, ovvero elementi di vetro da riciclare.

Oltre alla composizione della miscela assume particolare importanza anche la dimensione dei componenti, in quanto, se i frammenti sella miscela sono troppo fini, assimilabile a polveri, si corre il rischio della loro dispersione nella camera fusoria e nell’ambiente attraverso i fumi, prima che si abbia la reazione; se viceversa i

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frammenti componenti la miscela sono troppo grandi non si riesce a farli fondere completamente, generando problemi di omogeneità della miscela. Un ulteriore aspetto di primaria importanza è la qualità della miscelazione che deve comprendete anche di piccole quantità di acqua variabili tra il 2% ed il 4%, che ha la funzione di contrastare la separazione tra le fasi.

I fattori che determinano l’ottenimento di una buona carica sono:

 La curva granulometrica delle materie prime: una grana fine produce fase liquida a bassa temperatura; una grana più grossa permette l’eliminazione dei gas;

 Il peso specifico dei vari componenti: sostanze con diverso peso specifico tendono a smiscelarsi; il problema viene risolto con l’impiego di silos diversi, uno per ciascuna delle sostanze fondamentali, oppure con l’utilizzo di silos con forme particolari;

 Lo stato superficiale delle materie prime: un fattore importante per la miscelazione è l’umidità presente per cui si lavora “ad umido”, ossia in presenza di acqua la quale favorisce l’omogeneizzazione delle materie prime ma deve poi essere eliminata nel riscaldamento con apporto di energia;

 La resistenza all’agglomerazione.

Il ciclo produttivo del vetro si articola nelle seguenti fasi:

1)  Preparazione della carica e miscelazione: fase iniziale in cui si cerca di ottenere un composto omogeneo;

2)  Fusione: in questa fase si forma un corpo fuso omogeneo e questo è possibile grazie alla perdita d’acqua presente negli elementi in cui la carica è composta, alla formazione di anidrite carbonica e solforosa, per dissociazione dei carbonati e dei solfati;

3)  Affinazione e omogeneizzazione: in questo step, si passa all’eliminazione delle parti non fuse e delle bolle di gas ancora presenti;

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4)  Formatura: si da vita alla forma che il vetro deve assumere, nell’ambito delle lastre piane può avvenire per tiratura, nel caso di vetro tirato, per rullatura se si realizza vetro colato o infine mediante il procedimento float, al fine di produrre il vetro float stesso.

5)  Raffreddamento e Ricottura: in questa ultima fase si riscaldano nuovamente le lastre e successivamente si raffreddano, in modo da eliminare le eventuali tensioni residue.

I forni a crogiolo, di limitate dimensioni, sono utilizzati per produzioni limitate (10 – 100 Kg di vetro). Sono realizzati con mattoni refrattari e, se utilizzano bruciatori (in alternativa alle resistenze elettriche) per il riscaldamento, possono essere forniti di recuperatori. Questi sono sostanzialmente camere in refrattario, spesso a struttura alveolare, spesso se ne realizzano due che funzionano alternativamente. La durata di una produzione è dell’ordine delle 24 ore.

Nel forno a bacino il processo produttivo è in continuo. Le materie prime, dopo aver subito la fase di fusione e affinazione, vengono convogliate attraverso una “gola” alla zona di omogeneizzazione e raffreddamento. Tale passaggio viene reso necessario perché il liquido proveniente dalla prima zona altrimenti sarebbe ricco di bolle. Così facendo, invece, riesce a passare solo la fase vetrosa più pesante, senza lasciare passare le bolle di gas.

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2.2 Processi produttivi

2.2.1 Vetro Tirato

Le lastre di vetro tirato sono ottenute mediante “tiratura” meccanica che può realizzarsi da un bagno di vetro fuso, in verticale, come viene specificato dal metodo Fourcault; oppure orizzontale, secondo il procedimento Libbey Owens altrimenti si può avere una combianazione della tiratura verticale orizzontale che segue il procedimento di Pittsburg.

Figura 41: Procedimento Libbey- Owens, tiraggio del vetro orizzontale.

Il metodo Fourcault prevede che il vetro venga fatto passare attraverso coppie di rulli dove si raffredda gradualmente, dopo essere stato tirato verticalmente fino ad un’altezza di circa 12 metri. Nel metodo Libbey-Owens il vetro viene fatto salire per circa 1 m, tirato direttamente dal forno di fusione, e fatto piegare, poi, su un cilindro da dove prosegue orizzontalmente per essere raffreddato e laminato attraverso una galleria lunga circa 60 m.

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Figura 42: Procedimento Pittsburg, tiraggio combinato del vetro.

Nel sistema Pittsburg, che come abbiamo detto è una combinazione dei due metodi il vetro viene tirato dal forno, esattamente come accade nel metodo Libbey- Owens, ma poi avanza verticalmente come descritto per il primo processo.

Il vetro tirato, che dal 1987 è diventato merce di importazione in quanto ne è cessata la produzione, presenta sulla superfice leggere ondulazioni che sono dovute al processo di lavorazione, esso è prodotto negli spessori dai 2 ai 12mm.

2.2.2 Vetro Colato

Il vetro sotto forma di lastra, prima della venuta del vetro float era in parte realizzato per colata, estrusione o laminazione ma con questi metodi si ottenevano e si ottengono ancora oggi delle superfici dotate di facce non otticamente parallele, dando origine a difetti visibili anche ad occhio nudo. Per risolvere il problema del mancato parallelismo delle facce si potrebbe ricorrere a particolari lavorazioni come la lucidatura meccanica, ma essa comporta elevati costi. Per questo motivo oggi produzione di vetri colati è riservata alla realizzazione dei vetri a destinazione speciale o per fini decorativi. Tre essi si citano:

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Figura 44: Vetro Retinato.

il vetro stampato che realizzato mediante la stampa di un disegno in rilievo su

una superficie della lastra tra questi il più famoso è lo "stampato C", utilizzato su porte e frigoriferi e non è di conseguenza lucido trasparente. Altro esempio è il vetro

retinato, il quale viene prodotto incorporando una rete metallica al suo interno e

viene impiegato per sicurezza nelle zone sotto luce di parapetto delle vetrate. Può essere anche di aspetto colorato. Per il vetro retinato non è applicabile il processo di tempra, a causa della presenza della rete metallica.

2.2.3 Vetro Float

La presente è la tipologia di produzione del vetro in assoluto più largamente utilizzata al mondo. Viene così chiamato dal nome del più diffuso procedimento di fabbricazione industriale del vetro, "FLOAT" appunto, messo a punto da Sir Alastair Pilkington (Gran Bretagna) alla fine degli anni '50. Il nome FLOAT viene dal verbo Inglese "to float" che significa "galleggiare" e deriva dal fatto che, ad un certo punto del processo, il nastro di vetro in formazione si trova a galleggiare su uno strato di stagno fuso (liquido).

Quando Sir Pilkington iniziò a sviluppare il suo procedimento, l’obiettivo era quello di ottenere, a costi inferiori, il vetro della qualità necessaria alla produzione di

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finestrini per auto, specchi ed altri impieghi in cui fosse necessaria l’assenza di aberrazioni visive. Fino ad allora, essendoci contatto tra le lastre di vetro ed i rulli di trasporto, le superfici restavano segnate e dovevano essere quindi successivamente molate e lucidate per renderle otticamente perfette nel prodotto finale, ma come è stato precedentemente detto queste, sono operazioni molto costose.

Ai materiali grezzi, opportunamente pesati e miscelati, costituiti da sabbia di silice, soda, calce, altri ossidi come allumina o magnesio per migliorare le qualità fisiche del vetro ed eventuali ossidi metallici coloranti, viene aggiunto del rottame di vetro per abbassare la temperatura di fusione. Il miscuglio vetrificabile è dunque introdotto in un forno dove viene fuso ad una temperatura prossima ai 1550° C. Il vetro allo stato pastoso è poi versato su di un bagno di stagno fuso a circa 1000° C ove, presentando una densità maggiore, galleggia. Alcuni dispositivi permettono l’accelerazione o il rallentamento dello spandersi del vetro per determinare lo spessore delle lastre, standardizzato tra i 2 e i 22 mm.

Figura 45: Linea di Produzione del vetro float.

Il prodotto è poi "lucidato a fuoco", cioè riscaldato ancora su entrambi i lati per ottenere così due superfici perfettamente parallele, cioè immuni da imperfezioni. All’uscita dal bagno di stagno, il nastro di vetro è praticamente ormai rigido e passa attraverso tunnel di raffreddamento che ne abbassano la temperatura da circa 600° C alla temperatura ambiente, preparandolo per le successive operazioni di taglio.

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2.3 Proprietà Chimico-Fisiche del Vetro

Il vetro è un materiale solido amorfo formatosi per progressiva solidificazione di un liquido viscoso, che si ottiene per mezzo della fusione di minerali cristallini che compongono la miscela.

Figura 46: Struttura del Vetro.

E’ noto che i solidi presentano in scala microscopica un reticolo cristallino e quindi le molecole che compongono il solido stesso sono disposte ordinatamente. Se in tale condizione il solido in oggetto viene riscaldato, viene ad incrementarsi lo stato di agitazione delle molecole attorno alla loro precisa posizione nel reticolo, fino a che non viene raggiunto il punto di fusione; la struttura cristallina viene meno e le molecole cominciano a scorrere le une rispetto alle altre. Viceversa, nel caso di raffreddamento effettuato lentamente, di un liquido al di sotto della sua temperatura di fusione si verifica la formazione graduale di cristalli che danno origine al solido caratterizzato dalla sua struttura molecolare ben ordinata.

Se invece, il processo di raffreddamento dallo stato liquido è veloce (si parla anche di sotto-raffreddamento), esso fa sì che le molecole permangano allo stato liquido, ovvero esse restano disordinate al di sotto della temperatura di fusione visto che la velocità del processo non rende possibile la formazione di nuclei di accrescimento per iniziare la cristallizzazione. Inoltre, visto che l’incremento di viscosità al diminuire della temperatura è notevole, si raggiungerà una situazione per

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la quale non sarà più possibile la formazione del reticolo cristallino. All’aumentare della viscosità le molecole si aggregano per formare prima la pasta di vetro e quindi il solido amorfo, nel quale le molecole si aggregano in maniera disordinata, ma sufficientemente coesa per mantenere la rigidezza. Quanto appena descritto è quello che viene definito stato vetroso.

Figura 47: Processo di cristallizzazione.

Il fattore più importante che si ricava dal diagramma riportato in figura 42 è la temperatura di trasformazione o di transizione Tg, definita come temperatura di passaggio da liquido sottoraffreddato a vetro: al di sotto di Tg la viscosità del materiale aumenta al punto da poter essere considerato un solido.

La Tg non è un valore ben determinato, in quanto dipende dalla velocità di raffreddamento; se il raffreddamento è veloce la transizione allo stato vetroso avviene più velocemente, quindi a Tg maggiori e il volume specifico si blocca a valori più alti. Ad un raffreddamento più lento corrisponde una temperatura di transizione minore e una densità maggiore. In termini molto generici, si può immaginare che nella fase di raffreddamento le strutture unitarie costituenti il liquido (molecole, atomi, ecc.) possono inizialmente ruotare e avvicinarsi le une alle altre. Se avviene la vera e propria solidificazione le strutture unitarie si uniscono ordinatamente e

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possono poi solo avvicinarsi. Se invece si forma un vetro, si passa prima attraverso un liquido sottoraffreddato dove, in parte, c’è ancora possibilità di rotazioni, e quindi al vetro vero e proprio, dove i movimenti sono simili a quelli del cristallo.

Per quanto descritto la storia di realizzazione del vetro ha notevole importanza e risulta essere molto influente riguardo le qualità fisiche e chimiche del vetro risultante.

2.3.1 Il Vetro di Silice e le sue Proprietà

Il vetro maggiormente impiegato nelle costruzioni è il vetro silicato sodo-calcico la cui composizione chimica, fissata dalla norma EN 572-1:2004.

Figura 48: Tetraedro silicico.

Nel caso di questa tipologia di vetro la silice è composta da unità fondamentali rappresentate dai tetraedri silicici [SiO4]4-. Sia nella silice cristallina che allo stato

vetroso, i tetraedri sono collegati fra loro tramite i vertici, ovvero tramite gli atomi di ossigeno, che creano un legame misto ionico - covalente con l'atomo di silicio al centro del tetraedro. Ogni atomo di ossigeno è in comproprietà con due diversi tetraedri in modo da formare il collegamento e proprio per questa proprietà vengono denominati "ossigeni pontanti".

Mentre alcune proprietà del vetro di silice come l’isotropia assoluta, che gli conferisce proprietà ottiche, la stabilità chimica, il basso coefficiente di espansione termica e l’elevato modulo elastico (70 GPa) determinato dalla grande rigidità sono eccellenti, altre caratteristiche sono indesiderabili, come la fragilità che influisce sulla

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resistenza, la quale viene abbattuta fino a valori che vanno da 100 a 1000 MPa o le elevate temperature di lavorazione. Si può dunque modificare la composizione dei vetri al fine di migliorarne le proprietà fisiche o per conferire proprietà particolari, utili alle specifiche applicazioni.

Figura 49: Struttura di cristobalite (A) da cui si ottiene la struttura disordinata del vetro (B).

Bisogna specificare che, a causa del carattere ionico dei legami chimici della silice, l'introduzione di atomi di sostanze diverse (e quindi la creazione di difetti puntiformi) è condizionata dalla necessità di conservare la neutralità elettrica. Per questo motivo il vetro si combina principalmente con ossidi.

In base all'effetto prodotto sulla struttura o sulle proprietà del vetro, le sostanze introdotte sono suddivise secondo una serie di categorie. In funzione di come si legano al reticolo, gli ossidi vengono suddivisi in tre categorie:

Ossidi formatori di reticolo

Sono denominati "formatori di reticolo" gli ossidi che obbediscono alle regole definite da Zachariasen (nel 1932) riguardo alla struttura delle sostanze vetrogene:

- uno ione di ossigeno è legato a non più di due cationi;

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- I poliedri di coordinazione condividono angoli, ma non lati o facce; - almeno tre vertici del poliedro sono condivisi.

Le regole sono soddisfatte da SiO2 , GeO2 , P2O5 , B2O3 , As2O3 . Questi ossidi

sono detti formatori di reticolo perché hanno proprietà tali da formare vetri, da soli o in combinazione fra di loro.

Ossidi modificatori di reticolo

Fanno parte dei modificatori di reticolo gli ossidi dei metalli alcalini (Na2O ,

K2O , Li2O) e alcalino - terrosi (MgO, CaO, BaO) e l'ossido di zinco (ZnO). Quando

queste sostanze vengono introdotte in una struttura vetrosa possono modificarla, ma non sono in grado di vetrificare a loro volta, perciò restano incluse nel materiale sotto forma di impurità. Fra i modificatori di reticolo, i cationi monovalenti, essendo legati più debolmente, sono caratterizzati da una maggiore diffusività, mentre i cationi bivalenti, con un legame più forte, diffondono con più difficoltà, a vantaggio della stabilità chimica.

Ossidi intermedi

Vengono denominati "intermedi" gli ossidi che non sono in grado di formare un vetro da soli, ma che in quantità limitate possono entrare a far parte di un reticolo vetroso costituito da ossidi formatori di reticolo. Fanno parte di questa categoria BeO, Al2O3, TiO2, ZrO2 .

La suddivisione in ossidi formatori di reticolo, modificatori e intermedi appena vista non è una suddivisione rigida: il comportamento di alcuni ossidi, ad esempio il piombo può assimilarsi sia ai modificatori che ai formatori del reticolo.

Fondenti

I fondenti sono ossidi modificatori di reticolo aggiunti per abbassare la temperatura di fusione e di rammollimento della silice, al fine di facilitare la lavorazione del vetro. Quando vengono introdotti nel vetro, i fondenti si legano all'ossigeno, che perde la caratteristica "pontante", cioè non è più utilizzabile per connettere i tetraedri silicici. In questo modo la riduzione di ossigeni pontanti

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provoca l'abbassamento della viscosità e di conseguenza l'abbassamento della temperatura di transizione vetrosa, rendendo possibile la lavorazione del vetro a temperature di processo raggiungibili con più facilità. Oltre ad abbassare la temperatura di fusione della silice, i fondenti hanno la proprietà di allungare l'intervallo di temperature entro il quale il vetro solidifica, cioè l'intervallo di lavorazione, rendendo il vetro più "lungo".

I fondenti più comuni sono Na2O e CaO e danno luogo al vetro sodico - calcico,

che è il vetro più diffuso ed economico. Altri fondenti diffusi sono l'ossido di potassio, K2O, che può sostituire in parte o del tutto l'ossido di sodio, e l'ossido di litio, Li2O, che

però va inserito solo in piccole quantità, a causa della tendenza a devetrificare. Stabilizzanti

L'introduzione di ossidi nel vetro di silice può abbassare notevolmente la resistenza chimica.

Gli ossidi di calcio (CaO), magnesio (MgO), bario (BaO), piombo (PbO), zinco (ZnO), l'allumina (Al2O3) e l'anidride borica (B2O3) vengono detti stabilizzanti perché

rendono i vetri meno soggetti ad alterazioni chimiche rispetto a quelli costituiti solamente di silice e di ossidi alcalini, sostituendosi a una parte della soda e rinforzando il reticolo vetroso.

Affinanti

La silice fusa è un fluido viscoso, nel quale si trovano disperse numerose bolle gassose, che si formano in conseguenza alla decomposizione dei carbonati o a causa dell'inclusione di aria e umidità nelle materie prime. Per la maggior parte delle applicazioni del vetro è importante riuscire ad eliminare tutte le porosità, attraverso un processo che prende il nome di "affinazione" del vetro. Per effettuare l'affinazione sono necessari dei composti, detti affinanti, che si decompongono ad alta temperatura (oltre 1200°C), liberando bolle di ossigeno le quali, risalendo nel fuso, assorbono le porosità che incontrano fino a raggiungere la superficie. Una volta aggiunti gli affinanti, si porta il materiale a temperature elevate (1450°C), in questo modo la

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ridotta viscosità permette una rapida eliminazione delle bolle. Gli affinanti più comuni sono nitrati, solfati e anidride arseniosa.

Coloranti

Coloranti (in genere ossidi di metalli), decoloranti e opacizzanti sono composti che vengono inseriti nel vetro per conferire trasparenza, opacità o determinati colori.

Di particolare importanza sono i decoloranti, che attraverso un principio fisico (sovrapposizione di un colore complementare che annulla colorazioni indesiderate, come ad esempio il verde del ferro) o chimico (ossidazione o riduzione dell'elemento colorante, che così mitiga l'intensità del colore) correggono la tonalità del colore assunta dal vetro. Il decolorante più importante è il biossido di manganese.

Tabella 1: Composizioni chimiche percentuali dei vetri commerciali più comuni.

2.4 Proprietà Meccaniche

Le proprietà meccaniche del vetro vengono in larga parte influenzate dalla composizione della miscela e dai processi di lavorazione a cui viene sottoposto il materiale.

Il modulo elastico: esso deve rispettare la legge di Hooke, dipendente dalla miscelazione delle varie componenti. Con l’introduzione di ossidi di metalli alcalini, si

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ha una diminuzione del modulo elastico, viceversa inserendo Al2O3 e B2O3 in vetri

alcalino-silicati si produce un incremento di E.

Figura 50: Variazione del modilo di Young in fuzione della composizione chimica.

Il modulo elastico così come la resistenza a trazione vengono misuarte generalmente con una prova di flessione, questo perché una prova di trazione necessita provini di forma ben determinata, di difficile realizzazione per quanto riguarda il vetro. Rispettando quando prescritto dalla normativa ASTM si può misurare il modulo elastico anche utilizzando la risonanza acustica, in quanto la frequenza di risonanza dipende, oltre che dalle dimensione e da alcune caratteristiche di forma del campione, dal proprio dal modulo elastico.

Tipologia di Vetro Modulo di Young E [GPa]

Vetro di silice 70 Vetro soda-lime 66 Vetro allumino-silicato 91 Vetro boro-silicato 60

Figura 51: Valori dei Moduli Elastici per diverse tipologie di vetro.

La resistenza a trazione: essa assume valori particolarmente alti, fino all'ordine di 10-30 GPa, grazie alla forza del legame chimico precedentemente descritto, che lo compone, ma il noto comportamento estremamente fragile fa s’ che si formino delle fratture o microfratture durante le operazioni di formatura e lavorazione. A causa delle lesioni si verifica un notevole abbassamento della resistenza reale, a causa della concentrazione delle tensioni all'apice delle cricche, che per materiali fragili è

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particolarmente gravoso. La resistenza del vetro dipende perciò dalla qualità della superficie e dalla composizione ed è dell'ordine di 100 MPa per prodotti usuali, può giungere a 1000 MPa per prodotti a superficie integri ed esente da difetti.

La resistenza a frattura: tale caratteristica risulta essere strettamente legata alla resistenza a trazione sopradescritta, essa è funzione dell’ambiente di prova, della velocità di applicazione del carico, dallo stato superficiale e dall’estensione e dalla composizione del campione. La resistenza diminuisce nei campioni sottoposti ad abrasione, ed maggiore in quelli con superficie pristina, essa viene incrementata all’aumentare della velocità di applicazione del carico e al diminuire della temperatura e del tenore di umidità.

La resistenza a compressione: è un parametro fondamentale per il vetro in quanto rappresenta la sua caratteristica principale grazie alla quale può essere utilizzato nelle strutture. La resistenza a compressione è estremamente alta, fino a 1 GPa e a differenza della resistenza a trazione, a compressione il materiale non risente molto delle cricche superficiali.

Il coefficiente di Poisson: anche questo parametro dipende dalla composizione, ma varia di poco, assumendo valori compresi nell'intervallo 0,23 - 0,26.

La densità: dipende, come visto in precedenza, dalla temperatura e dalla composizione. Per il vetro di silice, a temperatura ambiente, essa vale ρ = 2,2 g/cm3.

La durezza: dipende dalla densità e dalla forza dei legami chimici, perciò nei vetri essa cambia con la composizione. Viene misurata attraverso prove di penetrazione, in particolare per i vetri si utilizzano la prova Vickers e la prova di microdurezza di Knoop. La durezza viene espressa secondo la scala di Mohs.

La resistenza ad abrasione: è un parametro estremamente variabile, in quanto dipende, oltre che dalla composizione, dalla qualità superficiale del pezzo. Si misura attraverso apposite prove di abrasione.

La fatica statica: detta anche tenso-corrosione è un fenomeno che provoca un cedimento del materiale, quando sottoposto per lungo tempo ad un carico statico. E'

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dovuta alla combinazione di corrosione chimica e tensione, che agiscono in modo sinergico, amplificando a vicenda gli effetti sul materiale. Per questo motivo, il fenomeno della fatica nel vetro è legato all'effetto tensocorrosivo dell'acqua, ossia alla reazione che avviene all'apice dei difetti (le zone più sollecitate) fra il reticolo vetroso e l'acqua stessa (sotto forma di umidità nell'aria).

2.5 Proprietà Termiche

Le caratteristiche termiche più importanti sono la conducibilità termica e il coefficiente di espansione termica.

La conducibilità termica dei vetri è generalmente bassa, a causa della forma del reticolo vetroso, che a causa del forte disordine strutturale non riesce a trasmettere le onde termoelastiche. Il valore della conducibilità varia (di poco) in base alla composizione, ma resta limitato intorno a valori di 1,7

e aumenta

leggermente con la temperatura.

Tipici coefficienti di dilatazione

sono: x10-7 °C-1

Vetro di silice 5.5 Silice 96% (Vycor glass) 8 Borosilicati (per uso domestico o di

laboratorio) 33

Borosilicati (per uso elettrico) 33-45 Sodico - calcico (piano e contenitori) 85-90 Sodico - calcico (elettrico) 92

Vetri ottici al piombo 90-100

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2.6 Proprietà Chimiche

La resistenza chimica del vetro, detta anche durabilità, è generalmente eccellente, soprattutto nei confronti di soluzioni acide, grazie alla natura forte dei legami chimici che lo costituiscono. L'unico composto in grado di attaccare il vetro rapidamente è l'acido fluoridrico, che aggredisce la silice decomponendo il reticolo vetroso. L'attacco di altri acidi consiste in uno scambio tra gli ioni alcalini del vetro (sodio e potassio) e i cationi di idrogeno dell'acido; tuttavia questo processo è strettamente legato alla diffusione e può essere controllato. Soluzioni basiche possono produrre una corrosione o dissoluzione del reticolo più o meno accentuata in funzione del pH della soluzione e a seconda della composizione del vetro.

Un altro tipo di resistenza chimica è la resistenza idrolitica del vetro: esso è solubile in acqua, e può essere intaccato anche a contatto con l'umidità atmosferica. L'introduzione di ioni alcalino-terrosi (Ca2+, Mg2+,Ba2+) aumenta notevolmente la

stabilità chimica: grazie al legame molto forte che costituiscono con il reticolo vetroso riducono la mobilità degli ioni alcalini Na+ e K+, ostacolandone la diffusione.

La resistenza chimica dipende perciò dalla composizione chimica del vetro e dalla combinazione degli ossidi introdotti. In linea generale aumenta a seguito dell’introduzione di allumina, ossido di calcio, ossido di zinco ed ossido di bario e diminuisce a seguito dell’introduzione di ossidi alcalini. Come già visto nel paragrafo 1.4.2, un vetro di elevatissima stabilità chimica si può ottenere riducendo al minimo la presenza di alcali nel vetro e introducendo uno stabilizzante, come l'anidride borica, che essendo formatore di reticolo forma con la silice un vetro borosilicato, lavorabile a temperature molto minori del vetro di silice e altrettanto stabile.

La durabilità si misura in base alla perdita di peso per unità di superficie, a seguito dell' immersione in un solvente. L'esito della prova dipende fortemente da diverse condizioni di prova, che devono essere riportate assieme ai risultati ottenuti: tipo di solvente, temperatura del bagno, tempo di immersione, assieme alla perdita di peso, espressa generalmente come percentuale del peso iniziale costituiscono la misura della durabilità.

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2.7 Proprietà Termiche

Il vetro a temperatura ambiente può essere considerato un isolante elettrico, viceversa se esso viene riscaldato a temperature maggiori di 800°C diventa un conduttore. La dipendenza della temperatura è dovuta al carattere ionico della conduzione: la mobilità ionica è infatti legata strettamente alla temperatura, secondo le leggi di Fick. La resistività è proporzionale alla viscosità, motivo per cui la legge che lega la resistività elettrica r (in Ohm cm) alla temperatura è simile a quella della viscosità:

log r = A +

dove A, B, To sono costanti e T è la temperatura.

Questa proprietà viene sfruttata per fondere il vetro in forni interamente elettrici. Il vantaggio della fusione elettrica è quello di ridurre moltissimo le emissioni inquinanti in ambiente e per questo motivo il forno elettrico è definito per legge “a ridotto impatto ambientale”.

2.8 Proprietà Ottiche

La proprietà della trasparenza alle radiazioni visibili (ossia con lunghezza d'onda λ compresa fra 0,39 e 0,80 µm) è probabilmente la proprietà più importante del vetro. Essa è dovuta alla struttura amorfa: in mancanza di grani orientati, che bloccano il passaggio dei fotoni della luce, questi ultimi sono in grado di filtrare nel materiale. Per essere trasparente e incolore il vetro deve essere omogeneo, almeno entro una scala confrontabile con la lunghezza d’onda della luce, ed avere un basso assorbimento nei confronti di tutte le lunghezze d’onda della luce. Se il vetro contiene delle disomogeneità, si creano zone a diverso indice di rifrazione ( perché dipende dal materiale), che opacizzano il vetro o lo rendono traslucido.

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